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Diego Fusaro

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Diego Fusaro
Evasione, la lotta al contante non serve a nulla.
Se non a dare più controllo a chi ha il potere
Siamo nel bel mezzo di un massacro di classe. Lo gestisce l’aristocrazia finanziaria bancocratica
contro il precariato, ossia l’unione del ceto medio declassato e il proletariato flessibilizzato. È
quanto ho provato a spiegare nel mio studio Glebalizzazione. La lotta di classe al tempo del
populismo (Rizzoli, 2019).
È nel quadro di questa lotta di classe asimmetrica che si spiega, ad esempio, la lotta che i signori del
competitivismo no border hanno ingaggiato contro il contante. Che la vera ratio di tale lotta non
possa essere ravvisata nella “battaglia contro l’evasione fiscale”, ossia con la categoria con cui il
discorso pubblico la legittima e la nobilita, è evidente.
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fiscale
A corroborarlo è, in primis, il fatto che gli stessi sostenitori di tale battaglia, i signori del capitale
liquido-finanziario, sono i primi a eludere la tassazione, peraltro in forme legali legate vuoi alla già
rievocata irrisorietà della tassazione a cui sono sottoposti (tra l’1 e il 5%), vuoi alle migrazioni dei
capitali rese possibili dai paradisi fiscali e dalle società off-shore.
In realtà, se letta in trasparenza, la lotta contro il danaro contante è un obiettivo che rientra appieno
nel programma della nuova lotta di classe, rectius del massacro di classe gestito univocamente dal
polo dominante dei globocrati finanziari: la rimozione del contante, infatti, si accompagna di
necessità al suo trasferimento nei circuiti di quel sistema bancario che, lungi dall’essere un luogo
neutro e “sicuro”, è saldamente nelle mani della classe dominante. Quest’ultima, come si è visto, se
ne avvale per gestire il proprio dominio di classe, fondato sulla leva del debito e del raggiro
finanziario.
Sicché il trasferimento del danaro contante nei circuiti del sistema bancario coincide, di fatto, con la
sua traslazione diretta nelle mani dell’élite liquido-finanziaria. Questa, oltretutto, potrà impiegarlo
ad libitum per i propri interessi e per le proprie truffe, che, dopo il 2007, sono sempre più all’ordine
del giorno e che sempre incontrovertibilmente coincidono con un danno per i dominati e con un
trionfo per i dominanti.
Accanto a questo motivo, ve ne sono altri degni di nota. Tra i quali spicca l’istanza panottica già
evocata come cifra della nuova società di controllo totale che si è venuta istituendo in misura
crescente dopo il tornante storico del 1989. La “tracciabilità” permanente, sempre giustificata in
nome della lotta all’evasione, rientra appieno tra le prerogative di un nuovo ordine mondiale che,
alla maniera del sistema panottico delineato da Bentham, sempre controlla i suoi sudditi nei loro
spostamenti e nelle loro azioni, nelle loro scelte e, ove possibile, nei loro pensieri.
Ciò avviene con un duplice e sinergico obiettivo: da un lato, in nome della sacra fames di dati e di
informazioni, utili per la produzione, per i circuiti della pubblicità e, in generale, per il
funzionamento stesso della civiltà dei consumi. Dall’altro, in vista di quel controllo e di quella
sorveglianza che risultano particolarmente utili per il polo dominante e per il suo controllo dall’alto
degli eventuali movimenti di protesta e, magari, di rivoluzione del basso.
Né, in ultimo, si deve obliare il fatto che la virtualizzazione del danaro resa possibile dalla
soppressione del contante comporta una fisiologica perdita del contatto con la materialità della
banconota e con la misura del limite: favorisce intrinsecamente, mediante l’uso di carte di credito e
mediante un rapporto sempre meno materiale con il danaro, quell’indebitamento del soggetto che,
come si è visto, costituisce una leva fondamentale del nuovo dominio di classe finanziario, centrato
sull’antropologia dell’homo indebitatus.
La classe dominante liquido-finanziaria non produce ricchezza, ma lucra con speculazioni e con
l’uso irresponsabile delle leve del debito. Una volta di più, nel rovesciamento della profezia di
Marx, non i lavoratori, bensì i banchieri cinici e i cosmomercatisti di tutto il pianeta si sono uniti in
un’inedita Internazionale liberal-finanziaria. Essa è composta da soggettività parassitarie, che non
producono ricchezza, ma che, mediante escogitazioni finanziarie e usurocratiche, la sottraggono a
chi realiter la produce mediante il lavoro.
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diritto a spendere i soldi come diavolo vogliono”
Su questa stessa lunghezza d’onda, la sempre invocata “lotta all’evasione fiscale” – mot d’ordre
della politica come mera continuazione dell’economia con altri mezzi – è spietata per i redditi fissi
e risulta orientata unicamente all’immiserimento programmato della vecchia borghesia e del
vecchio proletariato: tale “lotta” coesiste aporeticamente, in Europa, con paradisi fiscali per gli
apolidi mondialisti della finanza, i quali sempre beneficiano – giova ribadirlo – di forme di
esenzione o di tassazioni irrisorie.
Tale aspetto, peraltro, concorre a suffragare la falsità del teorema del trickle down, secondo il quale
la prosperità dei ricchi favorirebbe anche quella di tutti gli altri. Una sua variante, particolarmente
in auge, è quella secondo cui dagli sgravi fiscali attuati dalla governance liberista a beneficio dei
signori del capitale liquido-finanziario scaturirebbero aumenti generali nei livelli occupazionali e
nei redditi. Il teorema del “gocciolamento dall’alto verso il basso” si trova già, ad esempio, nelle
Diciotto lezioni sulla società industriale, il corso di Raymond Aron alla Sorbona nel 1955-1956: vi
esprime la convinzione secondo cui la crescita economica determinerebbe una migliore ripartizione.
I rapporti sono, in realtà, invertiti: la prosperità dell’esigua minoranza dei ricchi membri
dell’oligarchia globalista si basa sulla povertà delle moltitudini precarizzate, essendo il capitale non
una cosa statica, ma una relazione asimmetrica dinamica.
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