Tragiche risonanze shakespeariane Barocco shakespeariano La letteratura barocca si oppone alla tradizione rinascimentale basata su regole codificate, come la regolarità, la misura, l'equilibrio, proponendo invece la ricerca del meraviglioso, la libera invenzione, il gusto del fantastico. Viene meno il pensiero umanistico-rinascimentale che si fondava sul riconoscimento della dignità dell'uomo e sulla fiducia nella corrispondenza armoniosa tra uomo (microcosmo) e universo (macrocosmo). Le forme pastorali e mitologiche utilizzate a tal scopo, indicano da una parte il tentativo di approfondire il mondo fantastico come specchio del reale ma anche dell'inverosimile, e dall'altra invece la formazione di una nuova realtà mondana incapace di penetrare autenticamente nel tessuto di costume. In conseguenza delle scoperte scientifiche, geografiche che alterano la dimensione del mondo e del cosmo noto, viene alterato l'equilibrio presente nel Rinascimento tra uomo e universo. Di conseguenza la letteratura barocca tende a manifestare il senso di precarietà e di relativismo delle cose note e dei loro rapporti. Non è un caso che la meraviglia, posta come canone estetico dalla poesia, e la metafora esprimano le perdite di certezze e di una natura fissa degli oggetti del mondo, sostituite da apparenze ingannevoli. Quindi le due facce della letteratura barocca sono sia la ricerca di una realtà sempre più sfuggente ed imprecisa, sia la manifestazione di una chiara delusione per il mondo concreto, e di una necessità di evadere verso un mondo illusorio. Si allargano gli spazi delle arti a figure, temi e contenuti tradizionalmente considerati non affrontabili nella letteratura (per la bassezza dei contenuti). La nuova realtà è dunque, come già detto, caratterizzata dalle nuove scoperte geografiche, scientifiche (microscopio, circolazione del sangue studiata da William Harvey), astronomiche (Niccolò Copernico, Giordano Bruno, Galileo Galilei, Isaac Newton, Keplero). A questo proposito il critico Giovanni Getto aggiunge che a differenza del Medioevo e del Rinascimento "la civiltà barocca al contrario non ha una sua fede e una sua certezza [...]. La sua unica certezza è nella coscienza dell'incertezza di tutte le cose, dell'instabilità del reale, delle ingannevoli parvenze, della relatività dei rapporti tra le cose".Un celeberrimo esempio di questa nuova temperie culturale è dato dal monologo di Amleto nell'omonima tragedia di William Shakespeare ("Essere o non essere, questo è il dilemma"). Amleto dimostra di essere l'eroe del dubbio, un antieroe lacerato dall'incertezza, in un mondo che ha perduto ogni fiducia nelle capacità conoscitive della ragione. Nel Barocco vi è anche una componente ludica: l'opera viene scritta con l'intento di stupire il lettore. Nel genere lirico vi è un'ironia di fondo, si dissolvono i canoni petrarchisti della donna come modello di bellezza semidivina. Inoltre viene enfatizzata l'idea del doppio: le cose non si mostrano mai per quello che sono, a dimostrazione dell'artificiosità della natura umana. La finzione è il tratto fondamentale del genere letterario ed artistico: l'uomo è un insieme di maschere diverse che usa a seconda delle occasioni. L'idea del doppio è presente per esempio in modo evidente nelle vicende del Don Chisciotte di Miguel de Cervantes.. Si possono poi citare illustri esempi nel teatro. Calderón de la Barca nel suo dramma La vita è sogno mostra una vicenda che è un continuo scambio tra realtà e finzione, senza che il protagonista riesca a distinguerle ed il messaggio del capolavoro del drammaturgo spagnolo è proprio che la realtà è sogno. La vita, come tutti i sogni, è caratterizzata da illusorietà, fugacità del tempo, vanità delle cose. L'esistenza è quindi illusoria e inconsistente. Nell'Amleto di William Shakespeare giungono a corte degli attori girovaghi a cui il principe danese chiede di mettere in scena una vicenda che è quella dell'Amleto stesso: gli spettatori vedono così i personaggi della tragedia che diventano a loro volta spettatori della stessa tragedia di cui sono protagonisti. 1. Quadri di un’esposizione barocca: i dedalici corridoi della pinacoteca di Prospero Nell opera cinematografica di Peter Greenaway prendono corpo forme, immagini e simboli della cultura cinqueseicentesca , rielaborati è filtrato attraverso la lente del regista inglese per palesarne la profonda sintonia con i moduli stilistici e contenutistici del nostro secolo. Il film in questione è una trasposizione dell opera forse più barocco di Shakespeare, The Tempest . Nel film di Greeneway si fondono lo sperimentalismo barocco dello stesso Shakespeare (es. introduzione delle masque, elemento di esaltazione dell arte scenica). Le sue non sono altro che creazioni artificiali. Il cinema di Greeneway ha la caratteristica di essere teatrale e pomposo, ma soprattutto manipolato. L autore vuole che il pubblico si renda conto di essere difronte ad una messa in scena, affinché ne apprezzi la costruzione e la struttura , rendendole dunque rappresentazioni di un’altra rappresentazione. Tale film risulta dunque essere una sorta di specchio della rappresentazione stessa, che ri -flette sulle capacità traspositive dell arte. Prospero’s book è perciò una sorta di enciclopedia multimediale( poiché contiene al proprio interno tutte le arti, dalla musica alla poesia alla pittura ecc..). Nella sua “Ultima tempesta” ( titolo del film in italiano) l autore “dipinge” la propria serie concatenata di quadri e tele viventi che citano dipinti celebri della storia della letteratura e dell arte. Il film come l autore spiega è intessuto di shifting mirrors, ovvero di specchi mobili che segnano il passaggio da una scena all altra. Nella scena della mostra si nota l assenza sulle pareti del capolavoro del Barocco: las meninas, opera che presenta uno specchio in grado di ingannare la vista dello spettatore. infatti lo scopo dello stesso Velasquez consta nel moltiplicare un immagine, dentro altre immagini 2. Il testo doppio, contorto e spiraliforme di Hamlet A Morelli afferma che “è proprio alla comunicazione scenica che il dramma affida il compito di trasmettere la sua pluralità. Lo stesso personaggio di Hamlet si barrica dietro una serie di io imprestati ed effimeri che ne vanificano e sommergono la sostanza di uomo , facendogli assumere solo quella di attore, di maschera. Alla fine il protagonista identifica e cerca negli altri personaggi i pezzi sparsi del proprio io ; ma come suggerisce A. Vitale è l opera medesima che trova nei singoli spettatori il riflesso scheletrico di una visione deformata , perché ciascuno di essi, ricostruendone una diversa storia, darà sempre vita a una composizione mista , un insieme di cocci messi insieme. 3. L intrigo di Iago In Othello è Iago a impersonare “ lo specchio” del trucco, della calcolata finzione che Shakespeare decide di esibire nell incarnazione di un personaggio la cui stessa essenza metateatrale avrebbe far dovuto riflettere lo spettatore sui rischi, i pericoli insiti nell artificio di una forma di comunicazione assunta. Inoltre L ambivalenza della fabula di Iago è l espressione dell instabilità e confusione concettuale di un epoca ricca di tensioni ed incertezze. Iago, infatti manipola , ribalta l ordine del dramma introducendo un punto di vista opposto che deforma ogni elemento della storia ufficiale, la qual, alla fine, oscilla tra i molteplici vettori in campo. In questo contesto si annulla la possibilità di un centro unico, di una verità ultima, perché quest ultima invece di manifestarsi integralmente si sdoppia e varia a ogni mutare di prospettiva. La ragnatela assieme al fazzoletto diventa perciò metafora del tessuto testuale , “trama” , superficie in cui si intersecano i decori e i ricami grotteschi del tessitore di “intrighi” . Othello e Iago sembra si guardino allo specchio, come il negativo è il positivo, come l Es è il Super Io di una stessa maschera culturale. Othello infatti, mentre prima si specchiava in Desdemona , in seguito finisce per riflettersi solo nell immagine frammentata Visioni neobarocche, Shakespeare e il cinema Greeneway riunisce poesia, letteratura,teatro e pantomima, pittura, musica, canto barocco e cadenze rock come lo specchio entro cui intravedere complesse costruzioni simbolico-visuali. Incapace di afferrare là realtà il cinema deve diventare extra, meta ed essere modellato dalla letteratura, dalla musica e soprattutto dalla pittura, considerata come primo livello di riproduzione del reale. Creare per lui è una messa in cornice. Hamlet di Laurence Oliver Il testo filmico di Hamlet di Laurence Oliver del 48 ci sembra incarnare alcune sollecitazioni neobarocche. L intero film è un circolare Flashback di tutti gli eventi di cui parla il testo shakespeariano ; un ritorno su se stesso. All interno del film il regista fa legare i diversi ambienti del castello facendolo diventare un corpo vivo, metafora dell animo e della mente labirintica e sconvolta di Amleto. Tutto il castello assurge dunque a metafora visiva della psicologia e del comportamento malinconico ed introspettivo di Amleto. Quasi tutte le scene del film avvengono nelle zone chiuse del castello enfatizzando la natura claustrofobica del dramma. E Amleto vi appare sempre in una posizione isolata e solitaria , solitamente elevata rispetto a quella assunta dagli altri personaggi, quasi come se fosse continuamente su un palcoscenico intento a recitare e osservare le vicende. Nel castello, poi, ogni personaggio sembra occupare uno spazio ven definito, come nella mente di Amleto: così, la camera da letto è collegata alla figura di Geltrude ; alla grande sala del trono è connessa la figura spettrale del re Amleto e del suo assassino ; ai lunghi corridoi incorniciati da enormi archi è collegata l immagine di Ofelia. E attraverso gli spazi si estrinsecano anche i rapporti che legano i vari personaggi tra di loro. Si pensi alla “ scena d amore a distanza” in cui Amleto e Ofelia si osservano attraverso un corridoio d archi: la profondità di campo coinvolge lo spettatore in un sorprendente paradosso ottico perché sia lo spazio sullo sfondo che quello in primo piano, sono contemporaneamente a fuoco ; ciò non fa che evidenziare la distanza che separa i due giovani amanti e sembra preannunciare il triste destino che li vedrò divisi. Di uguale rilevanza sono inoltre i movimenti dal passo verso l alto, e di ritorno, verso il basso: quei flussi verticali sono collegati al senso di smarrimento e di confusione e di ricerca di Amleto della vetta e dell uscita dal labirinto. Così, Amleto dopo essersi messo in scena per l ultima volta sul “palcoscenico della morte”, la sequenza con cui si chiude il film ripercorre a ritroso il labirinto percorso con cui esso ha vuoto inizio, andando a rivedere uno per uno tutto i luoghi in cui la drammatica vicenda si è sviluppata , concludendosi con la stessa immagine con cui è iniziata. Othello di Orson Wells Orson Wells fu in grado di ricreare la versatile struttura architettonica del testo teatrale shakespeariano attraverso un vorticoso montaggio ed un insolito uso delle inquadrature tali da impedire alla mente di riunire spazialmente i diversi elementi della scena. Anche nel film, lo stile di Othello viene contaminato dallo stile di Iago. Si pensi alla famosa sequenza in cui il Moro, avvelenato è caduto vittima della ragnatela di sospetti intessuta dall abile alfiere, fugge sulla spiaggia che circonda il castello a Cipro. Nel testo shakespeariano la retorica che governa la narrazione di Othello cade nel caos più completo, specchio di un mondo che è andato in pezzi. Ancora una volta, il film comincia dalla fine; con una scena a lutto, un lento corteo funebre; una lunga sequenza in cui la macchina da presa si muove da angoli diversi – dall alto , dal basso, in linea orizzontale e verticale. Il risultato non può che farci ricordare la sequenza finale del funerale di Amleto n e all suggestione contribuiscono la scelta del bianco e del nero. Il primo piano del volto capovolto di Othello con cui si apre il film è che sembra una copia al negativo di quello di Amleto, ricomposto per il suo ultimo viaggio. Solo che, stavolta la macchina da presa non si muove come se fosse in un labirinto ma cogliendola frammentata , come se apparisse riflessa in un percorso di specchi. Nel film si susseguono innumerevoli immagini di rete, sbarre e ragnatele; sopra tutte però si erge la gabbia che imprigiona Iago, simbolo del suo tramato ed in cui, alla fine, verrà pure lui imprigionato, diventando da predatore predato, da intrappolatore intrappolato. In questo momento la camera da presa precipita nel caos più totale, passando dall esterno all interno della gabbia e viceversa, ad osservare contemporaneamente colui che guarda ed è guardato e ciò che il suo sguardo coglie. Nella terza scena del terzo atto il Moro passa dalla felicità alla disperazione per opera, dapprima, dell abile metodo litotico operato da Iago che consta nella tecnica della negazione, per passare poi all effetto dello specchio in cui Iago fa letteralmente da specchio a Othello e gli fa vedere tutta la vicenda non con gli occhi, bensì con l immaginazione; in tal modo lo suggestiona per portarlo alla definitiva crisi interiore. Nel testo wellesiano, questo intricato procedimento è reso attraverso un complesso gioco di rifrazioni: mentre Iago parla, Othello si guarda allo specchio e la sua immagine riflessa vi appare opaca ne poi, poco alla volta, diventa distorta mentre anche il volto di Iago compare dietro allo specchio in un evidente effetto di proiezione, sostituzione e raddoppiamento. Quest uso ingegnoso di specchi e immagini riflesse deformano gli oggetti, le inquadrature e le prospettive. Quando tutto si è consumato( l inganno , il delitto, il suicidio, la tragedia) la cinepresa sembra quasi placarsi per un istante e sostare, come un grande occhio, sulla finestra della cripta, che si apre in alto a rivelare, Cassio e i soldati nell atto di assistere all ultimo monologo di Othello. L inizio e la fine possono, così, finalmente congiungersi attraverso l immagine del viso del generale ripresa dall alto che ci ricorda, capovolta, l inquadratura che apre il film Othello fra corpo fantasmatico e mediateatro Mediateatro= teatro ibrido, di contaminazione, dalla duplice natura in cui il linguaggio dei media viene teatralizzato , monumentalizzato , mantenendone intatta la suggestione percettiva. “ il mediateatro ci ha insegnato un limite: la morte del teatro coincide con l impossibilità di non rappresentare un corpo.” Un fenomeno neobarocco può essere considerato l Othello messo in scena dal gruppo di Flaso Movimento nel luglio 1982, opera che ingloba altri materiali e che può essere definita una vera e propria opera multimediale. Un'altra alternativa del Othello è Che cosa sonore nuvole ? Di Pier Paolo Pasolini; opera interpretata da un gruppo di marionette parlanti, metà uomini e metà pupazzi.