19 dicembre 2015 delle ore 13:09 Please, continue (Hamlet) Compagnia Yan Duyvendak Crediamo di sapere tutto sull’Amleto. Ma a un certo punto quel tutto si ribalta, la storia viene filtrata attraverso un procedimento penale ai danni dell’Amleto stesso, e le conseguenze che traiamo risultano diverse, sia a livello teatrale sia a livello morale. Quando leggiamo l’opera di Shakespeare, mai penseremmo di considerare l’Amleto un omicida punibile con l’ergastolo perché ha ferito mortalmente Polonio scambiandolo per un topo. L’Amleto è la personificazione delle nostre frustrazioni, il soggetto che giustifica in nome delle proprie sofferenze la follia e l’assassinio. Ma basta cambiare punto di vista, basta traslare il dramma nel contemporaneo, pensare come se tutto questo fosse realmente accaduto: cosa faremmo se un ragazzo di poco più di venti anni, iscritto all’università, magari un po’ ubriaco, uccidesse il padre della propria ex? Sarebbe colpevole? O magari lo giustificheremmo e quindi lo considereremmo innocente? Togliendo la poesia le cose si complicano e la nostra propensione all’immedesimazione con il personaggio diminuisce esponenzialmente, e il sentimento di un senso di giustizia morale, più o meno soggettiva e più o meno determinata dalla società nella quale viviamo, tende a prevalere. Può dunque il nostro senso di giustizia essere così dettato da fattori esterni? Yan Duyvendak & Roger Bernat mettono in scena un processo con tutti i canoni del reale, con pubblici ministeri, avvocati e giudici veri, creando una storia ispirata a fattori di cronaca vera e adottando la trama dell’Amleto di Shakespeare come plot di base. Please, continue (Hamlet) risulta un format vincente per poter essere replicato ovunque: ogni città nel quale viene presentato chiede la partecipazione dei principi del foro locale, e questo ne determina l’attendibilità e l’adattabilità nella location ospitante. Ma è proprio con questo sistema che si insinua il dubbio della fallibilità della giustizia. Lo stesso reato, le stesse prove in tutti i paesi, ma in base al giudice, e forse anche un po’ alla bravura degli avvocati che rappresentano le parti, la sentenza può essere ribaltata completamente, passando ad esempio dall’accusa di omicidio colposo con dodici anni di reclusione fino all’assoluzione completa perché il reato non sussiste, come è avvenuto in Italia nelle serate del 29 e 30 novembre. Dopo aver affrontato più di 70 processi, grazie al collettivo Zona K, lo spettacolo è sbarcato a Milano negli spazi dell’Unicredit Pavilion. Interessante dunque vedere come questa messa in scena, che potremmo tranquillamente definire una performance, ci faccia riflettere su un unico aspetto della storia dell’Amleto, l’omicidio di Polonio, e che trasformi questo in tema preponderante dello spettacolo. Una lettura diversa, un diverso approccio al testo, per riflettere però sulla sua complessità e sulla pazzia del protagonista, che risulta in fondo essere la nostra nel momento in cui pensiamo alla nostra immedesimazione in lui durante la lettura del dramma. Questa performance teatrale può dunque essere considerata teatro? Cosa vuol dire fare teatro se non il presupporre l’empatia con quanto avviene in scena, assecondando un patto omesso del "facciamo che io sono” e la possibilità di riflettere sul nostro vivere attraverso quanto viene detto sul palco?! In questi termini una rappresentazione di questo tipo potrebbe essere eletta allo stesso tempo migliore e peggiore teatro possibile, o comunque testimonianza di geniale intuizione dei due autori svizzera e di forte adattabilità di un’opera non ancora passata di moda. Giulia Alonzo 29 – 30 novembre 2015 Unicredit Pavilion, Milano Please, continue (Hamlet) Compagnia Yan Duyvendak Un’idea di Yan Duyvendak & Roger Bernat In scena Attori: Francesca Cuttica, Francesca Mazza, Benno Steinegger Partecipazione straordinaria di: Umberto Ambrosoli, Alessandro Bastianello, Gherardo Colombo, Oscar Magi, Ilio Mannucci Pacini, Mario Mantero, Isabella Marenghi, Adriano Scudieri, Salvatore Scuto pagina 1