La stampa del ventennio 1. La repressione La stampa italiana alla vigilia della marcia su Roma ricca di contraddizioni Mussolini prima della marcia contava su un numero non trascurabile di sostenitori nel campo della stampa: Vi era lo scontato appoggio del suo organo personale il “Popolo d’Italia” varie testate nate fasciste quali: il “Popolo di Trieste”, “Cremona Nuova”, la “Voce di Mantova”, “Istria Nuova” altre testate convertite al fascismo: “Il Resto del Carlino” di Bologna, il “Piccolo” di Trieste e la “Gazzetta di Venezia” godeva anche dell’avallo di una parte della pubblicistica liberale che nella prospettiva di una rivoluzione socialista un governo fascista sarebbe stato di stimolo e in un secondo momento si sarebbe potuto costituzionalizzarsi inizio ottobre 1922 (poco prima della marcia) “Il Corriere della Sera” (organo dell’opinione pubblica liberale) parlava dell’esigenza di un governo con lo spirito liberale e la risoluzione fascista auspicando esecutivo in grado di contrastare gli aspetti antilegalitari operanti nel fascismo e garantire spazio ai tradizionali ceti dirigenti (idea che si rafforzò con la formazione del neogoverno che annoverava anche rappresentanti del mondo liberale e cattolico maggio 1925 a distanza di alcuni anni dalla marcia su Roma Alberto Albertini direttore del “Corriere della Sera” ripercorrendo momenti che avevano preceduto l’ascesa mussoliniana avrebbe scritto al suo capo-redattore che “Il Corriere” avendo capito l’ineluttabilità del movimento aveva insistito perché il ministro Facta si dimettesse e lasciasse posto a ministeri che potessero assorbire costituzionalmente le forze che minacciavano di prendere vie illegali questa ricostruzione trova conferma nei documenti di quelle giornate, tra cui una lettera invita da lui stesso il 2 novembre 1922 al collaboratore del corriere Ugo Ojetti che aveva manifestato la sua solidarietà per la sospensione del giornale per 24 ore atteggiamento che tenta di indirizzare per la via migliore il Governo Mussolini e nota che il primo Consiglio dei Ministri si propone di attuare molte idee proposte dal Corriere atteggiamento analogo è manifestato da altri organi di stampa non fascisti: o o o o liberal-conservatrice “Nazione” di Firenze guidata dal futuro direttore del Corriere Aldo Borelli la frassatiana “Stampa” di Torino che lavorava per favorire l’ingresso del fascismo nell’alveo dei poteri costituzionali il “Corriere Mercantile” di Genova da 1916 passato ai fratelli Perrone e alla Federazione degli armatori liberi (che dal 1919 fu unica proprietaria) maggiore accentuazione dei toni favorevoli al fascismo dell’“Idea Nazionale” (giornale nazionalista fondato a Roma nel 1911) e della “Tribuna”; Mussolini non si fece particolari remore di carattere morale o deontologico aveva una visione ben poco liberale del ruolo della stampa 2 novembre 1922 Lettera inviata da Mussolini al senatore Salvatore Barzilai (presidente della Federazione nazionale della stampa) non lasciava dubbi sulle sue intenzioni dichiarò di voler salvaguardare la stampa se essa si fosse dimostrata degna di un simile trattamento -> aggiunse inoltre che la libertà di stampa non era un diritto, bensì un dovere Fin dal novembre 1922 agli studi legge contro i possibili “abusi” della stampa poi accantonata Maggio 1923 capo Ufficio stampa della presidenza del consiglio Cesare Rossi dava il via a una prima organizzazione “razionale della stampa filo-fascista e nazionale” Ottobre 1923 lo stesso Rossi chiedeva ai prefetti di fornirgli un quadro dettagliato dei giornali diffusi in ogni provincia, per inserirli in uno schedario che comprendeva informazioni su direttori, redattori, tendenze politiche, finanziatori e composizione dei consigli di amministrazione Mussolini nel frattempo ribadiva la sua filosofia di gestione del potere pubblicando sulla rivista di cui era fondatore e direttore “Gerarchia” articolo dal titolo “Forza e consenso” evidenziava che il favore delle masse fosse una variabile “mutevole” quanto “le formazioni della sabbia in riva al mare” unico metodo efficace per evitare il malcontento era la “forza” Primi provvedimenti del suo governo, però, non presentavano un programma preciso uso di strumenti per la raccolta di informazioni sui giornali (a cui attribuiva esagerata importanza, forse per via del suo passato giornalistico) inizialmente si mosse cercando di ridurre al silenzio le voci contrastanti più che ad alimentare consenso fascista Giornate che seguirono marcia di Roma evidente strategia della violenza fin dalla loro costituzione spesso rivolta a giornalisti e sedi di giornali che in quei giorni si inasprì molte sedi di giornali furono visitate dalle camicie nere perché non venissero avanzate critiche o riserve es. sedi del “Paese, “Voce repubblicana”, “Avanti!”, “Mondo”, “Rivoluzione Liberale”, “Ora”, “Comunista”, “Giornale di Sicilia”, “Vita del Popolo”, “Epoca”… ecc 18 dicembre 1922 azioni squadre fasciste a Torino che lasciarono a terra 22 persone e non risparmieranno la sede del gramsciano “Ordine Nuovo” Alle opere di devastazione si aggiungeranno azioni ai danni di edicole che vendevano giornali di opposizione violenze scoordinate lasciate alla libera licenzia dei singoli fasci locali su cui persino il governo dimostrava nei loro confronti uno scarso potere di controllo e influenza, con l’accondiscendenza delle forze dell’ordine A prova di ciò corrispondenze tra il sottosegretario agli Interni Aldo Finzi, le prefetture del regno e le gerarchie del partito nei giorni a seguire della marcia su Roma si percepisce in esse il limitato potere di controllo Es: caso del bimestrale napoletano “La Scintilla” prefetto di Napoli ad Aldo Finzi invia risposta il 18 novembre 1922 in cui si dice impossibilitato di persuadere i fascisti sulla revoca dell’imposta sospensione del giornale Es: caso analogo per la “Gazzetta dell’Emilia” di Modena locali non riuscirono ad essere sgomberati dall’occupazione fascista Prima fase caratterizzata da disordine e connivenza tra polizia e squadre fasciste con il passare dei mesi anche i toni di indole normalizzatrice delle direttive provenienti dal centro muteranno intenzione del governo di non reprimere le violenze ai danni dei giornali e anzi incoraggiarle Cambio di prospettiva si nota nell’analisi dei rapporti primavera-estate del 1923 che Mussolini aveva iniziato a inviare ai prefetti limitandosi all’attenzione di uno dei giornali d’opposizione sottoposti a maggiore pressione (il socialista “Avanti!”), ma anche ad altri giornali critici quali “La Giustizia” e “Il Mondo” Telegrammi di Mussolini al prefetto di Milano: 28 giugno 1923 Avanti! ha ripreso “certa baldanza imbecille” invitando il prefetto a far sì che i socialisti non nutrissero illusioni Poi 6 ottobre 1923 Mussolini minaccia la chiusura del giornale attraverso il prefetto per misure di ordine pubblico Prima ancora di qualsiasi provvedimento legislativo ruolo della stampa pesantemente limitato dall’azione delle squadre, dall’avvallamento della polizia e dagli interventi delle prefetture della magistratura e del governo “Avanguardia” organo della federazione giovanile comunista chiuso per ben 4 volte dalla questura della capitale con ridicole motivazioni formali Azioni di intimidazione che fece sì che moltissimi giornali minori che corressero la propria linea politica in favore del fascismo furono indotti anche a un atteggiamento critico verso quelle testate (seppur moderate) come il “Corriere della Sera” e “La Stampa” che potevano permettersi maggior indipendenza e riuscivano a interpretare sentimenti del pubblico borghese moderato Violenza e minacce provocarono allontanamento dai giornali di collaboratori e lettori e eventuali finanziatori (soprattutto di testate minori) che si lasciavano intimidire da possibili ritorsioni Es: “Il Popolo” il direttore Giuseppe Donati scriveva a Luigi Alberini cercando sostegno economico in quanto i suoi finanziatori erano “latitanti” per via dei timori inculcati dal governo Si moltiplicarono inoltre le iniziative delle federazioni provinciali del Pnf che promossero inviti se non obblighi dei propri iscritti di astenersi dalla lettura di giornali come il “Corriere della Sera” (10 luglio 1923 la federazione del Pnf di Mantova obbligava i suoi iscritti a non leggere il Corriere per tre mesi; ma ancora più rilevante fu quello fatto da gruppi di fascisti che la sera del 9 luglio presero di mira il furgone postale del treno proveniente da Milano che conteneva copie del Corriere della Sera a cui diedero fuoco poi in piazza Garibaldi a Parma e poi la cosa fu replicata il giorno dopo per “La Giustizia” e l’ “Avanti!” a Bologna Mussolini voleva che molti giornali si sarebbero autosospesi per via di una crisi economica indotta dai pochi finanziamenti e dal poco apprezzamento del pubblico Infatti, in relazione all’ “Avanti!” 14 dicembre 1923 Mussolini invia telegramma al prefetto di Milano - chiedendo che fosse necessario che il giornale continuasse a essere stampato e non avesse una morte violenta In un secondo momento i controlli delle prefetture e del Pnf si sarebbero rafforzati per cogliere ogni possibile espressione di debolezza o contraddizione es: gennaio 1925 linea di difesa contro “La Giustizia” che cercava di riunire giornali antifascisti in difesa del Direttore del “Corriere della Sera” Albertini che fu danneggiato in quanto venne fatta fallire la Banca Albertini in suo possesso cercando di creare campagna che veicolasse il messaggio che essa avesse danneggiato i piccoli risparmiatori GLI INTERVENTI SULLE PROPRIETÀ Dopo ascesa Mussolini aveva come obiettivo di far tacere i giornali di opposizione e riaffermare il suo potere sulla stampa del Pnf ma dopo nacque l’esigenza di conquistare appoggio incondizionato della stampa liberale a maggiore tiratura per fare ciò cercò di favorire ascesa di nuovi proprietari che appoggiassero il fascismo e indurre i vecchi a farlo in cambio di contropartite a livello politico Gli editori delle principali testate (che erano anche tra i maggiori gruppi industriali e finanziari del paese) abbastanza disponibile a conformarsi alle aspirazioni di Mussolini Inoltre magri profitti e perdite per la gestione editoriale delle testate decurtati dall’aumento del costo della carta, scioperi dei trasporti ecc editori colsero segnali rassicuranti del fascismo che avrebbe impresso un carattere regressivo alla politica fiscale, avrebbe dato slancio ai profitti delle imprese e avrebbe attenuato la carica rivoluzionaria del movimento operaio Giornale economico “Il Sole” principale portavoce delle rivendicazioni degli industriali lombardi poco dopo la marcia su Roma chiedeva al fascismo un “completo risanamento finanziario e un ritorno deciso al privato” Giugno 1923 uno dei proprietari del “Corriere della Sera” il senatore Mario Crespi chiedeva a Luigi Albertini di porre il giornale su una linea di prudente moderazione e indulgenza verso il nuovo governo All’atto pratico -> rimescolamento dei pacchetti azionari non stravolse gli assetti proprietari ma a differenziarsi fu il carattere capillare degli interventi governativi ruolo attivo del Pnf e i toni duri manifestati dagli emissari dell’esecutivo nelle fasi delle negoziazioni Serie di interventi per la sistemazione della stampa filo fascista e nazionale alcuni di essi manifesti nella lettera di Mussolini al capo ufficio stampa della presidenza del consiglio Cesare Rossi: aiuto a favore del “Resto del Carlino” trattamento di benevolenza per il “Popolo d’Italia”, l’ “Impero”, l’ “Idea Nazionale” la soppressione di “Epoca”, “Il Mondo” e “Nuovo Paese” fondazione del nuovo quotidiano “Corriere Italiano”: o creato a Roma nell’agosto 1923 da Filippo Filippelli e il coinvolgimento di alcuni grandi industriali (Ilva, Terni, gruppo Odero e Fiat) o sin dall’inizio linea normalizzatrice accanto alla “Stampa” e al “Resto del Carlino” nell’auspicare una revisione in senso liberal-conservatore, ma anche come organo di esatta interpretazione del pensiero di Mussolini o precoce chiusura per via del coinvolgimento del suo direttore Filippelli nell’affare Matteotti per la ridefinizione degli assetti proprietari il fratello di Benito, Arnaldo (direttore del Popolo d’Italia) svolse ruolo di intermediario tra governo e mondo degli affari nel primo quadriennio del governo fascista, alla fine di una serie di complesse operazioni che portarono a mettere nelle mani di proprietari e direttori filofascisti i principali giornali Mussolini ottenne che erano gli industriali ad aver bisogno del fascismo per crescere e sopravvivere in un vicendevole scambio tra interessi pubblici del fascismo e interessi privati delle imprese. In casi estremi saranno i proprietari dei giornali a consegnare a Mussolini le loro quote azionarie per dimostrare il possesso dei requisiti morali e politici; in altri casi saranno i proprietari stessi a mettere alla guida dei propri organi dei gerarchi fascisti I PRIMI PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI: IL DECRETO DEL LUGLIO 1923 I primi provvedimenti erano di natura negativa tesi a ostacolare quanto di esistente potesse nuocere al fascismo piuttosto che a sostituirlo con qualcosa di nuovo 12 luglio 1923 Mussolini dichiara uscita del decreto sulla stampa firmato dal re tre giorni dopo provvedimento si proponeva di combattere gli “abusi” delle opposizioni nel campo dell’informazione e riformava vecchio istituto dei gerenti (coloro che firmavano le testate diventandone responsabili di fronte alla legge) chiedendo che essi dovessero essere o il direttore del giornale o uno dei principali redattori decreto che raccolse largo consenso anche tra opposizione, ma in realtà strumento di rafforzamento di controllo sulle varie testate, tant’è che prefetto poteva diffidare o dichiarare decaduto il gerente di una testata con potere d’arbitrio assoluto. i principali organi di stampa di area cattolica e liberale (se si escludono il “Mondo” di Giovanni Amendola e di Alberto Cianca, il “Corriere della Sera di Albertini e la “Stampa” di Frassati e Salvatorelli) reagirono minimizzando la portata e le conseguenze del decretoanche perché tra il pubblico di lettori molti non vedevano negativamente una normalizzazione nel paese attraverso una costituzionalizzazione del fascismo Vi era percezione nel pubblico che il fascismo potesse essere espressione di una nuova politica di governo in grado di dare prestigio al paese al di fuori dei confini nazionali 22 luglio l’Associazione della stampa romana (principale delle associazioni che aderiva alla Federazione nazionale della stampa (la Fnsi)) rispose al decreto con un ordine del giorno di opposizione ma venne ripresa dalla Fnsi che chiedeva sospensione immediata del provvedimento Federazione inviò delegazione presso capo del governo che accordò una linea morbida infatti sospese temporaneamente pubblicazione del decreto sulla “Gazzetta Ufficiale” (anche indotto dal re) ma si riservò la facoltà di riproporlo non appena le circostanze fossero state più propizie Dunque Mussolini ritenne che non fosse ancora conveniente uno stravolgimento della linea dei maggiori giornali liberali e piuttosto fosse necessario mantenere un contatto mediato con l’opinione pubblica borghese anche perché molte testate intimorite cercavano autonomamente forme di convivenza con il governo L’UFFICIO STAMPA DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO Gennaio 1923 prima riorganizzazione e ristrutturazione dell’Ufficio stampa della presidenza del consiglio (nel 1925 ribattezzato Ufficio stampa del capo del governo) che poi sarebbe stato principale centro di emanazione della politica del regime in campo propagandistico e culturale primo capo dell’ufficio dopo marcia su Roma fu Cesare Rossi 8 agosto 1923 Ufficio venne sganciato dalle dipendenze del ministero dell’Interno e posto sotto il diretto controllo della presidenza del consiglio svolse funzioni di raccolta di informazioni riservate vi è una documentazione risalente al biennio 1922-24 su presenza di informatori sul libro paga e sulla pratica delle intercettazioni telefoniche Compiti di raccolta di info affidati a giornalisti di secondo piano (spesso precari presso agenzie di stampa) senza scrupoli infatti nel libro paga di Cesare Rossi nel primo biennio fu presente il nome dello squadrista Amerigo Dumini uno degli esecutori del rapimento e dell’uccisione di Matteotti. Ufficio avrebbe svolto ruolo primario negli interventi di soppressione di giornali e nella fondazione di nuovi, ma anche di elargizione di finanziamenti a singole testate “amiche”. Inizialmente finanziamenti dell’Ufficio stampa vennero corrisposti mensilmente attraverso i fondi segreti che il ministero dell’interno elargiva tramite il sottosegretario Aldo Finzi aiuti che finanziavano quotidiani e periodici provinciali del Pnf (es “La Scure” del Pnf di Piacenza, “Polemica” di Napoli, “Costruire” di Pisa, “L’assalto” di Perugia…) –> spesso finanziamenti rendevano vita difficile ad altri fogli fascisti locali meno controllabili dal governo Nei primi anni di potere mussoliniano Ufficio stampa intensificò rapporti con le prefetture Inoltre fin da marzo-maggio 1924 ordini inviati da Ufficio ai quotidiani ma solo dalla crisi Matteotti le disposizioni ai giornalisti (le cosiddette veline) avrebbero assunto caratteri significativi Dopo allontanamento di Cesare Rossi (coinvolto nell’omicidio Matteotti) --> a capo dell’Ufficio messo il conte Giovanni Capasso Torre di Pastene (fino al 1928) Compiti di vigilanza e propaganda fino ad allora avevano solo due sezioni (Stampa interna e Stampa estera) ampliati ruolo di pianificazione nelle strategie del fascismo in ambito propagandistico Alla guida dell’Ufficio stampa da settembre 1928 il giornalista Lando Ferretti e poi dal dicembre 1931 Gaetano Polverelli. Quest’ultimo si deve la decisione che si fece concreta nel 1934 di dare vita una Sezione propaganda, con il compito di diffondere all’estero l’opera di regime. Polverelli -> zelante fascista tra i fondatori del fascio di Roma mirò al rafforzamento del mito del duce e a costruire l’immagine di una “nuova Italia” a partire da questo periodo gli interventi dell’Ufficio stampa saranno frequenti e minuziosi in ogni aspetto dei fogli, non solo riguardo ai contenuti ma anche alle dimensioni, la veste grafica, l’impaginazione, fotografie e disegni Mussolini infatti per enfatizzare la propria figura si vantò di controllare ogni singolo foglio pubblicato sui giornali nazionali anche se non del tutto vero per lo più leggeva articoli principali e editoriali di maggior prestigio L’UFFICIO STAMPA DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA Vi era anche un altro centro organizzativo e di controllo sulla stampa ovvero l’ufficio stampa del pnf la cui presenza e ruolo ribaditi dopo il gran Consiglio del fascismo nell’ottobre 1923 Ufficio stampa del Pnf aveva struttura semplice: o o o si occupava della distribuzione di materiale propagandistico si occupava della gestione amministrativa della stampa di partito, su cui esercitava anche funzioni di controllo politico si faceva carico di sostenere tutte le pubblicazioni legate ai ministeri, le corporazioni, ai gruppi giovanili e universitari e alla Scuola di mistica fascista stampa di infimo genere e poco letta ma capillarmente distribuita alla fine degli anni Venti 2/3 dei quotidiani di provincia erano controllati dal Pnf o guidati dai segretari federali del fascio (che usavano i giornali come strumenti per scalate personali ai vertici del regime) gran parte dei fasci locali disponeva di organi propri con tiratura di poche migliaia di copie limitatamente alla stampa quotidiana vi sono le statistiche relative al 1929 che forniscono un quadro significativo: il “Popolo di Brescia” (uno dei principali quotidiani del Pnf) aveva una tiratura di 24mila copie giornaliere, la “Gazzetta” di Messina di 12.300 fino ad arrivare al “Giornale del Friuli” di Udine e la “Provincia di Bolzano” che arrivavano a 2400/2300 copie. Eccessivo proliferare di fogli locale di partito un problema per il fascismo prima della marcia di Roma in un convegno a Milano del 17 ottobre 1922 era stato auspicato un maggior controllo sulla stampa di partito e venne stabilito il divieto di dare vita a organi senza la preventiva autorizzazione dei dirigenti nazionali . Nel 1923 il Gran consiglio del fascismo decise che indipendentemente dalla natura del giornale a partire dal 1° settembre 1923 si sarebbe dovuto pubblicare un solo giornale di partito per ogni provincia Nel frattempo l’ufficio stampa del Pnf aveva diramato un comunicato contenente la lista degli organi da considerare “ufficiali” -> alla quale facevano riferimento i finanziatori che volevano entrare nelle grazie del fascismo 1925organi ufficialmente riconosciuti dal Pnf erano un centinaio ma non vi furono soste nel fenomeno di proliferazione di nuovi organi tanto che nel 1926 il segretario del partito Augusto Turati fu costretto a ridimensionarli e nel giro di un anno fu attuata la soppressione di oltre 30 organi locali Gennaio 1929 con una registrazione notarile venne affidata a Luigi Rezzola (amministratore del “Popolo di Brescia”) -> la gestione amministrativa di tutti i giornali dipendenti dal partito Rezzola assunse la carica di “procuratore ispettore” ed era unico responsabile dell’Ispettorato giornalistico del Pnf: o ispettorato creato nel 1927 da Turati solo per risollevare le sorti di tre giornali del Pnf: “Alpenzeitung”, la “Provincia di Bolzano” e “Il Brennero” di Trento o aveva inizialmente ruolo informale ma poi con la registrazione del 1929 venne trasferito a Roma e dotato di una struttura più organizzata assumendo l’incarico della sistemazione delle aziende giornalistiche acquistate dal partito, nella gestione di queste e nella cura del loro sviluppo garantendo ai singoli giornali i vantaggi di una direzione amministrativa centrale Per risolvere i problemi della stampa di partito fine anni Trenta 27 novembre 1939 con il nuovo segretario Ettore Muti fu deciso di trasferire 15 quotidiani e 45 settimanali dipendenti dal partito sotto la gestione finanziaria e organizzativa del ministero della Cultura popolare: o o o vi era la pratica da parte della segreteria di partito di inviare ordini non solo alla stampa di partito, ma anche a quella di “informazione” a partire dalla segreteria di Roberto Farinacci pratica consolidata nel tempo soprattutto con la nomina di Achille Starace a segretario del partito (dicembre 1931) che inondava le redazioni con sue personali osservazioni per risollevare il livello scadente della stampa di partito 4 aprile 1940 fu decisa la creazione di un Ente stampa sotto le competenze del Minculpop -> presidenza affidata prima ad Andrea Bonomi e poi a Carlo Scorza ufficio di corrispondenza con sede a Roma serviva una ventina di quotidiani minori come “L’Unione Sarda” di Cagliari o il “Popolo del Friuli” di Udine e una quarantina di settimanali svolse ruolo di agenzia di stampa per quei giornali i cui mezzi erano insufficienti e si propose il compito di uniformare il livello della stampa (lettore di organi locali aveva stesse info del lettore della stampa nazionale) Ufficio stampa del Pnf mai all’altezza delle aspettative sia per sovrapposizione parziale di ruoli con l’Ufficio stampa del capo del governo e con l’Agenzia Stefani sia per il livello mediocre dei responsabili alla guida LA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA E IL SINDACATO FASCISTA DEI GIORNALISTI Al momento dell’ascesa del fascismo i giornalisti italiani erano nella loro maggioranza organizzati in due associazioni nazionali: il piccolo Sindacato nazionale fascista dei giornalisti (il Snfg): o nato a Bologna poco prima della marcia su Roma iniziativa di un comitato di cui faceva parte Giorgio Pini (futuro redattore capo del “Popolo d’Italia” o la sezione romana (tra le principali) era stata fondata nel 1922 da un gruppo di giornalisti fascisti tra cui: Giuseppe Bottai, Roberto Forges Davanzati ed Ermanno Amicucci o inizialmente il Snfg non ebbe forza per contrastare con metodi legali il predominio della Fnsi la Federazione nazionale della stampa italiana (la Fnsi) o nata nel 1908 con compiti di tutela della categoria o formalmente nelle mani del segretario generale Giovanni Biadene o da settembre 1920 guidata dal consigliere repubblicano Giuseppe Meoni o riuscì a consolidare sua influenza nella categoria grazie anche all’atteggiamento di “benevola attesa” nei confronti del fascismo –> così forte che i membri della Snfg capirono che per contrastarlo dovevano farsi strada al suo interno vi era una terza associazione che si costituisce a Milano nel 1911 dal ruolo marginale Associazione della Stampa cattolica italiana fine settembre 1923 per le elezioni del nuovo direttivo dell’Associazione della stampa romana i giornalisti fascisti presentarono un proprio candidato il nazionalista Enrico Corradini presentato con una campagna di propaganda attuata da Cesare Rossi e i giornali da lui controllati e finanziati) ciònonostante venne sconfitto dal liberale moderato Alberto Bergamini (direttore del Giornale d’Italia) 27 gennaio 1924 Snfg tenne in Campidoglio il suo primo congresso nazionale con il comitato che annoverava nomi come Gaetano Polverelli il congresso fece registrare la partecipazione di 500 giornalisti, tra cui lo stesso Mussolini in cui si assicurò al sindacato una maggiore legittimazione Poco prima del delitto Matteotti in occasione del rinnovo delle cariche direttive dell’Associazione della stampa romana i giornalisti fascisti tentarono di mettere un nuovo candidato nel posto lasciato libero da Alberto Bergamini (che si era dimesso probabilmente a causa di un’aggressione subita un mese prima che forse era a sfondo politico) ma il nuovo candidato Vincenzo Riccio venne nuovamente sconfitto da un candidato democratico, Roberto Bencivenga non valsero a niente le proteste dei fascisti sul fatto che Bencivenga fosse un generale in pensione e non un giornalista professionista IL DELITTO MATTEOTTI E L’APPROVAZIONE DELLA NUOVA LEGISLAZIONE Questione dell’applicazione del decreto 15 luglio 1923 che era stata accantonata da Mussolini venne risollevata nelle settimane che seguirono l’assassinio di Matteotti spartiacque decisivo per il processo di fascistizzazione del settore stampa 10 giugno 1924 scomparsa del deputato socialista Matteotti e notizie sulla sua uccisione portarono governo sull’orlo della crisi i giornali di opposizione appartenenti all’area socialista e comunista e alcune frange del Partito popolare chiedevano le dimissioni di Mussolini l’organo della stampa liberale per eccellenza il “Corriere della Sera” (ma linea simile fu quella anche della Stampa di Torino) intraprese campagna di rivelazioni in cui veniva puntato indice su collusioni fra il governo e gli ambienti in cui l’uccisione del deputato socialista era maturata rimaneva comunque la pregiudiziale antisocialista e anticomunista del Corriere, che rendeva difficile un fronte di opposizione coeso al fascismo ma a ciò era comunque affiancata una forte matrice antifascista che da quel momento si rinsaldò Questo mutato atteggiamento che consisteva in una perdita della speranza di costituzionalizzazione del fascismo fu accolto prima con favore dai lettori tanto che crebbe la tiratura dei giornali non filo governativi e calarono le vendite degli altri es: o l’“Unità” arriva a tirare 34000 copie (che a fine 1924 raggiungeranno le 40000) o l’“Avanti!” arrivò a tirare 71.500 copie solo a Milano e 150.000 in tutta Italia o “Il Mondo” di Alberto Cianca ben 110.000 copie dato significativo in quanto il giornale si andava distinguendo per alcuni scoop giornalistici tra cui i primi estratti del “memoriale” di Cesare Rossi pubblicato il 27 dicembre 1924 Togliatti avrebbe sottolineato in una lettera del 7 ottobre 1924 al comitato esecutivo dell’Internazionale comunista che prese corpo l’esistenza di un “fronte giornalistico borghese antifascista molto compatto”, che sarebbe riuscita a conquistare consenso dell’opinione pubblica e di raggiungere centinaia di migliaia di lettori aggiungendo che se il blocco delle opposizioni avesse condotto un’azione politica contro il fascismo della stessa ampiezza e con la stessa tenacia come quella condotta dalla campagna di stampa, la situazione politica italiana sarebbe mutata successe che anche la stampa combattentistica che inizialmente non avevano visto di cattivo occhio l’ascesa di Mussolini iniziarono a manifestare maggiore distacco dal governo es “Il Mattino” di Napoli e “La Nuova Sardegna” di Sassari i giornali filo governativi quali “Gazzetta del Popolo”, “Messaggero”, “Resto del Carlino”, “Tribuna”, “Popolo d’Italia” si limitarono ad esprimere la condanna del delitto invitando Mussolini a un’azione risoluta contro i responsabili, ma attaccando anche gli altri giornali che venivano accusati di approfittare della vicenda per attaccare il governo. Questa dura campagna giornalistica dell’opposizione di stampa spinse Mussolini ad applicare il decreto 15 luglio 1923 pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” dell’8 luglio 1924 con un ulteriore decreto pubblicato tre giorni dopo che aggravava alcuni punti del precedente provvedimento come la facoltà di sequestrare un giornale indipendentemente dal procedimento di diffida conseguenza di ciò: o o dal luglio al dicembre 1924 l’“Avanti!” fu sequestrato 36 volte e nel 1925 ben 62 l’ “Unità” fu sequestrata 23 volte nel 1924, 77 nel 1925 e 46 nel 1926 (anno in cui ebbe due periodi di sospensione) le misure approvate rimettevano in auge gli articoli 52, 58, 59 del vecchio Statuto albertino e l’articolo 3 della legge comunale e provinciale (applicata dal governo Di Rudinì durante le giornate di Milano del 1898) dunque prescrizioni che sono in realtà dirette derivazioni di marca conservatrice, elaborate precedentemente questi provvedimenti da un lato esprimevano il desiderio di Mussolini di sciogliere tutte le principali associazioni regionali della stampa dall’altro manifestavano l’esigenza di mantenere in vita un sistema che consentisse di agire di volta in volta (modulando in base alle circostanze) 22 luglio 1924 riunione del Gran Consiglio, di poco successiva al decreto Mussolini disse che non si mobilita un esercito per sfondare pochi fogli di carta reazione dell’opinione pubblica fu limitata questione dell’informazione interessava nel complesso poco ai non addetti ai lavori infatti il ministro Federzoni inviò una circolare governativa (11 luglio 1924) per aver notizie sull’impressione destata dall’entrata in vigore del decreto e su 70 risposte dei prefetti ben 37 ne attestavano un’ampia e diffusa indifferenza sul fronte della reazione dei giornalisti reazioni dure il 17 luglio il comitato direttivo della Fnsi sottoscrisse unanime sotto la presidenza di Meoni un documento di forte critica al governo esprimendo la loro intenzione di resistere -> anche le maggiori testate si mossero contro il decreto si pronunciarono esplicitamente “L’Italia” di Milano il 23 luglio con l’adesione di 11 testate (tra cui il “Corriere della Sera”, la “Stampa” e il “Mattino” di Napoli ) fu costituito un Comitato per la difesa della libertà di stampa per la prima volta anche la stampa di tendenza liberale si opponeva con decisione ai provvedimenti del governo Come mai le reazioni furono timide inizialmente? Per spiegarlo bisogna ricorrere agli interessi di cui la stampa era portavoce e alle rivendicazioni di cui la Fnsi si faceva portatrice Nel primo dopoguerra il processo di acquisizione delle maggiori testate da parte dei grandi trust economici e finanziari aveva raggiunto notevoli dimensioni anche gli obiettivi delle associazioni federate alla Fnsi mutavano concentrandosi su aspetti previdenziali e retribuitivi (con minore interesse per le garanzie alla libertà di espressione) i dirigenti della Fnsi (es uomini come Meoni e Bencivenga) in stretti rapporti con i maggiori gruppi finanziari e industriali del paese ed erano sensibili ai valori del patriottismo e dell’ordine sociale LA SVOLTA DEL 3 GENNAIO Tra il 31 dicembre 1924 e il 1°gennaio 1925 quasi tutti i giornali di opposizione (“La Stampa”, “La Giustizia”, l’ “Avanti!”, “L’Unità” e “Il Nuovo Paese”) sottoposti a sequestro 3 gennaio 1925 Mussolini pronunciava alla Camera dei deputati un discorso, che annunciava nel giro di 48 ore l’avvio di un chiarimento “su tutta l’area”. Anche nelle due settimane successive buona parte dei giornali di opposizione sequestrati, nonostante gli strategemmi come quello de “L’Unità” di riportare stralci desunti da giornali fascistissimi come il “Popolo d’Italia”. Una delle conseguenze di questo clima gravissimi danni economici a carico degli editori e anche per direttori di testate che godevano di una quota azionaria rilevante (come Frassati e Albertini) fu difficile perché dovevano rendere conto al consiglio di amministrazione che non poteva accettare le perdite di una protratta sospensione Contraccolpo alla stampa causato dal discorso di Mussolini riassunto dalla lettera di Alberto Albertini inviata il 6 gennaio 1925 all’amico Ugo Ojetti in cui dice che hanno loro “mozzato la lingua” e non potendo parlare a mezza voce preferiscono tacere Un’altra risposta giornalistica fu una petizione al re promossa dalle tre principali testate (La Stampa, Il Corriere della Sera e il Giornale d’Italia) sulla base di un testo di Luigi Salvatorelli, sottoscritto poi dai responsabili di 25 quotidiani. Clima di tensione alimentato da campagne diffamatorie fondate su attacchi personali ai singoli direttori attuata da vari giornali fascisti ma non solo anche diversi interventi di censura e di sequestro attuati dalle prefetture e dal segretario nazionale del Pnf e dai vari segretari federali Convergere di interventi che impedirono ai giornali una qualsiasi forma di contromisura inizio 1925 inizieranno a vedere la luce i primi fogli antifascisti clandestini es “Non mollare!” a cui collaboreranno Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Piero Calamandrei e i fratelli Nello e Carlo Rosselli LA LEGGE 31 DICEMBRE 1925 Forti resistenze della Fnsi dopo discorso del 3 gennaio convinsero deputato e giornalista fascista Ermanno Amicucci (che intensificò la sua influenza all’interno del Snfg) di cercare di giungere al più presto a una liquidazione della libera organizzazione di rappresentanza dei giornalisti In una serie di colloqui svoltisi nell’estate del 1924 Amicucci espose al duce le riforme legislative che aveva maturato per mettere in scacco il settore giornalistico Amicucci pensò di contrapporre a un progetto di legge affidato ai ministri Federzoni e Oviglio un progetto di natura politico-giuridica per armonizzare la materia dei precedenti decreti Il disegno di legge dei due ministri fu reso pubblico il 10 dicembre 1924 si caratterizzava per un’impostazione sanzionatoria esso sanciva il carattere delittuoso delle infrazioni commesse a mezzo stampa e indicava le procedure contro i trasgressori Sempre il 10 dicembre Amicucci propose nel corso dell’assemblea dei deputati giornalisti il suo controprogetto : esso ruotava attorno alla creazione dell’albo dei giornalisti (vecchia aspirazione della categoria) riproposta in un contesto di condizionamenti pesanti con obiettivo di pianificare la selezione politica dei futuri professionisti La normativa di Amicucci prevedeva inserimento dei giornalisti nella categoria delle libere professionisti sebbene essi fossero subordinati agli editori e non avevano una specifica preparazione A questa contraddizione creò una seconda proposta creazione di un corso di studi che formasse i futuri giornalisti per abilitarli all’esercizio della professione Progetto prevedeva anche la codificazione del contratto di lavoro giornalistico per dare tutela giuridica al contratto nazionale di categoria Infine stabiliva obbligo per ciascun giornale di chiarare al governo e ai lettori quali fossero i suoi proprietari Buona parte ci queste proposte si muoveva sul terreno che sarebbero state accettate con un atteggiamento meno rigido da parte dei giornalisti verso il governo valide ragioni per giustificare una scelta di collaborazione Il progetto cercava di squilibrare a favore del sindacato i termini del compromesso tra regime e i proprietari delle testate e ritagliare al Snfg prerogative nell’inquadramento della categoria forma di controllo sindacale sui giornalisti implicava significativi risvolti sulla gestione degli albi e sulla selezione e la preparazione dei futuri professionisti Obiettivo di Amicucci non era di salvare i giornalisti da una fascistizzazione autoritaria, ma di porre il sindacato al centro di un processo di riforma come esempio qualificante di quello stato sindacale che il fascismo si proponeva di realizzare La risposta di Mussolini al progetto giunse quasi subito dicendosi disponibile ad accogliere tutti gli emendamenti dicendo anche di considerare da ora in poi il progetto sulla stampa un argomento di carattere tecnico 18 dicembre 1924 commissione parlamentare incaricata dell’esame del disegno di legge OviglioFederzoni di cui Amicucci fu membro -> voto unanime per lo stralcio sulle disposizioni relative ai reati a mezzo stampa e il loro passaggio al processo di riforma dei codici legge ridotta a 8 articoli su aspetti tecnici: o o Creazione albo dei giornalisti Nascita della figura del direttore responsabile riconosciuto dal procuratore generale presso la Corte d’appello e dalla pubblica schedatura dei proprietari economicamente responsabili per i danni arrecati a terzi dai loro giornali transizione relativamente morbida (non che non avesse usato violenza e coercizione negli anni precedenti) ma forse condusse questa linea anche per timore di vedere un abbandono in massa dei quadri giornalistici con le inevitabili ripercussioni sull’opinione pubblica borghese ad ogni modo strategia non priva di incertezze, che si desume dai tempi lunghi che intercorsero tra l’annuncio di ogni misura e la loro effettiva applicazione: Un anno tra la presentazione del primo decreto (luglio 1923) e la sua applicazione (luglio 1924); 6 mesi tra il disegno di legge governativo (dicembre 1924) e la sua approvazione alla Camera (giugno 1925) Altri 6 mesi per trasferimento e approvazione in Senato insieme alla conversione in legge dei precedenti decreti (dicembre 1925) Con questa legge Mussolini tentava di mostrare il suo volto acquiescente così da ottenere senza grosse coercizioni l’appoggio di cui necessitava per legittimare il suo potere di fronte all’opinione pubblica moderata Idea di Amicucci era che il sindacato di categoria, attraverso un processo di autofascistizzazione, avrebbe potuto autonomamente trasformare il giornalismo italiano in un costruttore di consenso in ambito nazionale e veicolo propagandistico in ambito internazionale vedendola così legge 31 dicembre 1925 segna passaggio da arbitraria applicazione di strumenti classici dell’autoritarismo a un tentativo di controllo alla base sorta di autodisciplina di categoria Le reazioni della Fnsi al disegno Oviglio-Federzoni --> furono molto negative e si espressero con appello della Fnsi a deputati e senatori proprio il 3 gennaio 1925 nel giorno del discorso di Mussolini ma anche il progetto Amicucci fu accolto da malcontento sia per imposizione di un possesso di titoli minimi per esercitare sia per la sua impostazione generale che per la Fnsi mirava a inserire i giornalisti in un meccanismo che avrebbe assoggettato le loro prestazioni agli scopi fascisti Ciononostante, il 10 febbraio 1925 il consiglio nazionale della Federazione della stampa respingevano il progetto Oviglio-Federzoni (38 voti contrari, due favorevoli e 1 astenuto) ma fu vicino ad accogliere alcune proposte di Amicucci Dunque Amicucci pensò che il passo successivo fosse quello di liberarsi della Fnsi togliendo la terra sotto ai piedi a varie associazioni regionali per conquistare la maggioranza nel direttivo nazionale cercando di approfittare delle propensioni opportunistiche dei giornalisti che respingevano gli attacchi alla libertà di espressione ma non erano insensibili all’offerta di alcuni vantaggi a cui da sempre aspiravano e infatti molti giornalisti accettarono senza troppo entusiasmo ma non inconsapevolmente il compromesso offerto dal fascismo Informativa di polizia del 22 novembre 1926 si documentava il fatto che molti giornalisti, fascisti dell’ultima ora, che tentavano di nascondere il proprio antifascismo ma non vi rinunciavano così nella situazione giornalistica a Roma su 100 giornalisti militanti solo il 40% vantava una fede pura, la restante parte era sospetta o avversa Esame della nuova legge sulla stampa trasferito in aula il 20 giugno 1925 con annuncio di Mussolini che era deciso a chiudere entro l’anno il ciclo di provvedimenti in “difesa dello stato” (discussione parlamentare preceduta di qualche giorno da raduno di aderenti al sindacato fascista che volevano nuove norme sull’istituzione dell’ordine professionale) approvazione rapida in quanto i rappresentanti della residua opposizione disertarono l’aula in segno di protesta Convertiti in legge i decreti 15 luglio 1923, n.3288 e 10 luglio 1924, n.1081 la nuova legge inoltre male armonizzava in alcuni passaggi con i decreti appena votati Il ministro della Giustizia Rocco (successore di Oviglio) si disse favorevole alla proposta di Amicucci di tutela legislativa del contratto di lavoro giornalistico promettendo la presentazione di un apposito disegno di legge Emendamento relativo alla creazione dell’ordine recepito nell’articolo 7 sanciva l’istituzionalizzazione di un ordine dei giornalisti in ogni sede di corte d’appello e permetteva esercizio della professione ai soli iscritti all’albo Per quanto riguardava il regolamento ai requisiti d’iscrizione ministro dell’Interno Federzoni assicurò Amicucci che prima di ogni decisione sarebbe stato consultato il sindacato o una rappresentanza di parlamentari giornalisti Il principio di trasparenza sul finanziamento ai giornali fu recepito nell’articolo 3 anticipata una regola di garanzia (in ben altro contesto) riproposta in Italia nel 1981 con la legge 416 di “riforma dell’editoria” Venne fatta cadere invece la proposta sull’istruzione professionale La nuova legge fu approvata con 261 voti favorevoli e 5 contrari Mussolini decise di non forzare i tempi al Senato e voleva aspettare di vedere gli effetti concreti ma 16 dicembre 1925 definitivamente approvata con 150 voti favorevoli e 46 contrari pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 5 gennaio 1926. Ciò avvenne solo dopo l’estromissione degli Albertini dal Corriere della Sera grazie a un cavillo legale (22 novembre 1925) e dopo il fallito attentato a Mussolini dell’onorevole Tito Zaniboni LA LIQUIDAZIONE DELLA FEDERAZIONE DELLA STAMPA Parte normativa della rivoluzione giornalistica realizzata con l’approvazione della legge 31 dicembre 1925 n.2307 intitolata “Disposizioni sulla stampa periodica” ciò avvenne anche grazie alla conquista della Fnsi avvenuta pochi mesi prima 2 ottobre 1925 beneplacito alle azioni dei prefetti nei capoluoghi regionali dopo firma del patto di Palazzo Vidoni (che sanciva rappresentanza esclusiva dei lavoratori da parte dei sindacati fascisti) Decisione di riconoscere un solo sindacato per ogni impresa di lavoratori ha conseguito un rapido scioglimento delle associazioni giornalistiche di Roma, Milano, Genova, Torino e il loro commissariamento dei 40 delegati regionali componenti il consiglio generale della Fnsi solo 9 mantennero il posto ad ogni modo i fascisti si presentavano in maggioranza schiacciante Il 6 dicembre si dimessero Meoni e il direttivo federale lasciando posto ai giornalisti Ermanno Amicucci, Gastone Gorrieri, Telesio Interlandi e Giorgio Pini governo della federazione formato da Raffaello Nesti, Garzia Cassola e Fausto Boninsegni 26 maggio 1926 fusione tra la Fnsi e la Snfg soggetto che prese il nome di Sindacato nazionale fascista dei giornalisti italiani nel dicembre 1926 in seguito al riconoscimento giuridico dei sindacati fascisti, l’organizzazione venne inquadrata nella Federazione nazionale dei sindacati fascisti intellettuali Fine 1926 al termine le gestioni commissariali delle Associazioni regionali di stampa nomina dei nuovi dirigenti sindacali locali da parte della Confederazione nazionale dei sindacati fascisti In gennaio convocato a Roma il direttorio del Snfg composto dai segretari freschi di nomina a febbraio venne nominato Amicucci come segretario nazionale da queste basi il tentativo di autofascizzazione dei giornalisti italiani grazie al supporto di Amicucci che avrebbe tentato di sancire il diritto ad organizzarsi con relativa autonomia usando questo spazio il Snfg avrebbe espresso nei 5 anni successivi al 1927 il suo massimo sforzo di razionalizzazione del settore GLI ULTIMI AGGIUSTAMENTI AL CORRIERE E ALLA STAMPA Relazione del comandante della compagnia carabinieri di Asti 23 luglio 1924 elenco dei quotidiani maggiormente diffusi: o o o o o Gazzetta del Popolo liberale-filofascista La Stampa democratica d’opposizione Il Secolo di Milano democratico filofascista Il Corriere della Sera liberale d’opposizione Il Mondo di Roma democratico d’opposizione In particolare, il Corriere e La Stampa godevano di un prestigio anche internazionale e di buon seguito nell’opinione pubblica moderata motivo per il quale il fascismo non aveva osato sopprimerle con un atto di imperio senza contare le ricadute economiche che questo avrebbe portato Mussolini non avrebbe potuto godere di credito a livello internazionale fino a che non avesse avuto esplicita approvazione di un giornale come il Corriere della Sera La situazione del Corriere conobbe una prima svolta nel novembre 1925 quando i fratelli Crespi con un pretesto formale sciolsero il sodalizio degli Albertini riscattando le quote sociali e affidando la direzione a Pietro Croci soluzione di transizione che accontentava Mussolini, non umiliava gli Albertini e non sollevava eccessive obiezioni Dopo Croci, Ugo Ojetti (storico collaboratore del giornale, futuro direttore e ormai da tempo avvicinatosi al fascismo) aveva cercato di orientare il nuovo direttore parlando di un alleggerimento di linea da parte del governo nei confronti del Corriere e così il Corriere avrebbe dovuto essere tranquillo e signorile Marzo 1926 avvicinamento di Croci con Ojetti non soddisfece del tutto il governo anche se Ojetti protestava il fatto che il Corriere fosse utile al governo, ma lui non poteva essere un giornalista soltanto ufficioso alle dipendenze della prefettura con Ojetti il Corriere era diventato un giornale abbastanza asettico per quanto allineato al regime aveva ridotto gli editoriali per puntare su resoconti elogiativi e cronachistici delle azioni governative Settembre 1928 direzione ormai passata al fascistissimo Maffio Maffii i fratelli Crespi grazie ai buoni uffici dell’amministrazione del giornale (Eugenio Balzan e il fratello del duce Arnaldo) parteciparono alla corresponsione di un contributo di un milione di lire come offerta pro erario e pro famiglie numerose offerta che fece godere al Corriere (dopo le accuse di antifascismo da parte di Giuseppe Bottai) di un anno di vita tranquilla questa fu la prima di una serie di offerte elargite dai Crespi grazie ad Arnaldo Mussolini offerte che Farinacci avrebbe chiamato “trionfo del compromesso” Per quanto riguarda la Stampa dopo il 3 gennaio 1925 aveva ridotto all’osso la parte editorialistica circoscrivendola alla poidlitica internazionale o economica 29 settembre 1925 aveva dovuto comunque subire una sospensione a causa di un intervento prefettizio potendole riprendere solo 34 giorni dopo (il 3 novembre) senza considerare gli effetti in termini economici 9 novembre Salvatorelli e il direttore Frassati (a cui fu liquidata la quota azionaria) lasciarono il giornale e la gerenza del quotidiano fu affidata a un uomo meno sgradito al regime Gigi Michelotti Ottobre 1926 la Fiat diede vita alla Società editrice La Stampa sotto la guida diretta di Giovanni Agnelli alla direzione del giornale venne chiamato Andrea Torre (ministro della Pubblica istruzione nel secondo governo Nitti e candidato nel listone del 1924) Torre era persona di complesso moderata ma prescelto per il suo gradimento presso la famiglia Agnelli e negli ambienti governativi ma anche per i suoi propositi di non fascistizzare con troppa virulenza un giornale che era stampato in un centro ad elevata presenza operaia LA FINE DEL DISSENSO 19 marzo 1926 governo dava l’annuncio di un provvedimento che avrebbe pesato su tutti i giornali nell’ambito della politica protezionistica del ministro delle Finanze Giuseppe Volpi aumento dal 1°aprile del 1926 del dazio sulle importazioni di carta da due a cinque lire-oro al quintale due conseguenze: o o Aumento del prezzo dei quotidiani da 25 centesimi a 30 riduzione della concorrenza interna che porta a favorire il maggior produttore di carta italiano le Cartiere Burgo Decisione del governo di ridurre a un massimo di sei il numero di pagine dei quotidiani per imprimere alla stampa un carattere sobrio e riducendo gli spazi per i sensazionalismi e per la cronaca nera invitando i giornalisti ad assumere un approccio più asciutto e fascista e meno retorico numero di quotidiani esistenti in Italia durante il Ventennio sarebbe sceso da 120 nel 1919 a 110 nel 196 a 73 nel 1933 per risalire leggermente solo nel 1938 (con 76) Numero della pagine lenta ripresa decreto del regime approvato il 18 giugno 1935 con le nuove politiche autarchiche lo fissa a sei pagine per 5 giorni alla settimana e otto per i restanti che avrebbe indotto a passare dalle 7 alle 8 colonne per pagine e a ridurre il corpo dei caratteri utilizzati 31 ottobre 1926 Anteo Zamboni attentò la vita del duce scatenando feroci rappresaglie delle squadre fasciste contro i pochi giornali e giornalisti in grado di opporre una qualche resistenza Giorno successivo 1° novembre Federzoni ordinava ai prefetti di sospendere le pubblicazioni di numerosi giornali, tra cui “Il Mondo”, “La Voce Repubblicana”, “L’Avanti!”, “L’Unità”, il “Gazzettino di Venezia” e alcuni fogli cattolici 5 novembre Consiglio dei ministri nel procedere allo scioglimento dei partiti antifascisti e dichiarare decaduti i 120 deputati aventiniani deliberava anche la revoca della gerenza per tutti i giornali d’opposizione sancendone la soppressione per i giornali sospesi si avviarono trattative per una sistemazione definitiva es: per il Gazzettino di Venezia si impose al proprietario e direttore Giampiero Talamini un codirettore vicesegretario della federazione veneziane del Pnf ovvero Giuseppe Toffano soluzione che avrebbe fatto tornare il giornale in edicola il 18 novembre 1926 e avrebbe permesso un’epurazione interna “Il Lavoro” di Genova tornò in edicola il 5 maggio 1927 mantenendo il vecchio direttore Giuseppe Canepa con le assicurazioni del presidente della Società editrice Lodovico Calda sulle intenzioni del giornale di non disturbare il regime “Il Lavoro” nel 1932 tirava 60mila copie e godette per lunghi periodi di moderata indipendenza dal regime caso anomalo Mussolini concesse questo trattamento per dimostrare all’opinione pubblica che il regime poteva tollerare un giornale timidamente “critico” a patto che si compensassero le critiche con esplicite adesioni “Il Lavoro” di Genova e il piccolo “Corriere dello spettacolo” di Roma nel 1929 unici due giornali etichettati dal Pnf come apolitici Ad ogni modo insieme ai giornali fascistissimi il regime avrebbe tollerato anche giornali meno allineati in quanto Mussolini sapeva che il lettore borghese avrebbe digerito il fascismo fattosi stato ma non avrebbe accettato la violenza verbale di certi suoi fogli Fine 1925 Mussolini ha ordinato al corrispondente politico del Corriere Aldo Valori di “non mettere il Corriere in camicia nera” e lo stesso vvalori nel 1927 avrebbe confidato a Ojetti che la maggior parte dei dipendenti non erano fascistissimi, ma questo non era neanche richiesto e utile Nelle città in cui si stampavano due quotidiani non fu mai organo vicino al partito a detenere il primato delle tirature es “Il Lavoro” nel 1936 tirava 70mile copie a differenza del filofascista “Il Giornale di Genova” che ne tirava 32mila. Emblematico anche il caso del “Popolo d’Italia” –> inizio anni Trenta si manteneva sulle 100mila copie quando il Corriere ne tirava 600mila o giornali come due quotidiani del pomeriggio come l’”Ambrosiano” e “Il Secolo-La Sera” ne tiravano oltre 100mila In Germania in cinque anni i quotidiani controllati dal partito nazionalsocialista raggiungono cifre di diffusioni soddisfacenti in Italia le dirette emanazioni del partito non conseguiranno mai percentuali di vendita superiori al 10% della tiratura complessiva nazionale 2. La formazione di un nuovo modello di giornalista 5 marzo 1927 --< Mussolini disponeva divieto di dare vita a nuovi giornali, quotidiani o periodici scopo del provvedimento era quello di tranquillizzare gli editori dei giornali sopravvissuti e si affiancava con il ridimensionamento della stampa del Png inoltre si volevano evitare altre possibili fonti di preoccupazione dati i difficili raddrizzamenti della stampa già esistente Febbraio 1927 fratello Arnaldo confida a Mussolini di auspicare una sostanziale sistemazione del settore della stampa Lo stesso Mussolini avrebbe parlato in un telegramma a Farinacci del 1927 di abuso della critica libera riguardo un articolo definito “democratoide massonizzante aventinesco” Rimaneva irrisolto il fatto che molti elementi nelle redazioni non fossero allineati al regime tutti i giornalisti scrivevano con la mente rivolta a un solo lettore, Mussolini agosto 1927 lettera ai direttori del capo Ufficio stampa della presidenza del consiglio Giovanni Capasso Torre: dove invitava i direttori a non far ricadere in eccesso le descrizioni del Duce A questo punto doveva intervenire il Sindacato fascista con i provvedimenti che erano stati presi dal punto di vista organizzativo la struttura del Snfg era stata ridisegnata dal neo-segretario Amicucci: 25 associazioni di stampa della vecchia federazione sostituite da 11 sindacati regionali e interregionali Consiglio generale formato da 42 membri sostituito da un direttorio nazionale composto dagli 11 segretari regionali, un rappresentante dell’Associazioe mutilati e un amministratore Alla base della riforma obiettivo di semplificare la struttura del sindacato allineandosi alla politica di subordinazione della legge 3 aprile 1926 maggiori controlli Decreto n1130 del 1 luglio 1926 diritto di iscrizione alle associazioni sindacali ai cittadini che avevano dimostrato una buona condotta morale e politica tutti gli altri avrebbero dovuto dichiarare pubblicamente dei loro precedenti atteggiamenti politici nuova legge vietava la costituzione di nuovi ordini professionali e delegava loro prerogative al sindacato a cui competevano decisioni sulle ammissioni agli albi (requisito fondamentale per esercitare la professione) in tal modo allontanamento inevitabile dei giornalisti non graditi al regime Regio decreto del 26 febbraio 1928 stabilì che: l’albo dei giornalisti fosse formato da tre elenchi: professionisti, praticanti e pubblicisti non potevano essere iscritti all’albo i giornalisti che si sono macchiati di comportamenti in contraddizione con gli interessi della Nazione Ridefinita la figura del direttore responsabile giornalista perché doveva essere iscritto all’albo dunque garantendo una giusta selezione anche dei futuri direttori Decretata istituzione della Commissione superiore per la stampa ufficialmente insediatasi nelle sue funzioni il 1°maggio 1929 organo giurisdizionale che avrebbe riesaminato i ricorsi contro il deliberato dei comitati regionali del sindacato I CRITERI DI SELEZIONE DEI GIORNALISTI Esiti dell’opera di epurazione contraddittori Una delle principali cause dell’esclusione dagli albi fu ad esempio la trascorsa militanza nelle file di partiti democratici valutati riverberi che tale militanza avesse negli effetti presenti opzione obbligata perché azione diversa sarebbe stata facilmente contrastata data l’ex militanza socialista del duce stesso Durezza per i corrispondenti italiani all’estero e meccanismo di censura occulta per i corrispondenti stranieri dall’Italia (che dovevano rivolgersi a professionisti non sgraditi al regime e essere iscritti all’Associazione della stampa estera) Febbraio 1928 primi casi di esclusione per assenza di titoli scolastici e professionali minimi Inoltre, maggiore accanimento verso quei giornalisti che avevano assunto atteggiamento critico verso il fascismo dopo il delitto Matteotti o che nel maggio 1925 avevano firmato il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” (di Benedetto Croce in risposta a quello degli intellettuali fascisti redatto da Giovanni Gentile) Laboriosa dialettica che coinvolse da un lato le prefetture del partito e del sindacato con propositi favorevoli a un’epurazione e dall’altra i direttori dei giornali che seppur zelanti fascisti non volevano privarsi di uomini di valore su accuse indimostrabili si aggiunsero a ciò i problemi di contabilità e amministrazioni legati all’attuazione di procedure di licenziamento in massa Giornalisti risposero per lo più con atteggiamento remissivo es dicembre 1927 il corrispondente del Corriere della Sera rivelava al direttore che gran parte dei collaboratori anche quelli non fascistissimi finirono per adattarsi al nuovo stato di cose accettando di lavorare in modo conformista Molti giornalisti la cui posizione verso il fascismo era più ambigua tentarono di ingraziarsi i dirigenti del sindacato mettendo accento su un passato scevro di passioni politiche emblematici alcuni casi, con il redattore capo della Stampa Gino Pestelli che avrebbe dato tributo professionale al fascismo o Arrigo Cajumi, Giuseppe Cassone (che dichiarò poi adesione incondizionata al fascismo) e Fulvio Rossi (non negando degli alti e bassi nei confronti del Regime, ora aveva deciso di firmare la dichiarazione di fedeltà) anche loro della Stampa Cajumi scrisse il 4 maggio 1927 a Turati una memoria difensiva per attenuare preclusioni verso di lui del sindacato e ancora un anno dopo si dichiarava favorevolissimi al Regime fino a dire che avrebbe voluto ottenere la tessera del Partito Nazionale Fascista Il corrispondente romano del “Giornale di Sicilia” Achille Mango si spinse a rinnegare il proprio atteggiamento passato Le dichiarazioni di pubblica ritrattazione si intensificarono con il procedere del lavoro del sindacato giornalisti sì erano in un’atmosfera di intimidazione, ma per molti l’esigenza era di mantenere la loro professione che unica fonte di reddito Vi saranno anche casi di opposizione o significativo silenzio come Giuseppe Scalarini, Giovanni Amendola, Piero Gobetti pagheranno le loro scelte con pestaggi, umiliazioni e con la vita Diversa la posizione dei giornalisti pubblicisti che non rischiavano la loro immediata esclusione, al massimo un declassamento dal sindacato all’albo LA POSIZIONE DEGLI EDITORI E DEI DIRETTORI Prima fase -> obiettivo del Snfg era di escludere giornalisti con minimo sospetto di antifascismo A parte le discussioni con i vari direttori e editori spesso venne messa in dubbio la pretesa del sindacato di rappresentare tutta la categoria 25 giugno Ugo Ojetti di fronte all’intervento del segretario del sindacato lombardo Landro Ferretti chiedesse al segretario del partito Turati di interporre i propri uffici per consentire a lui e ai suoi collaboratori di lavorare in pace Un mese dopo il segretario nazionale del Snfg Amicucci in una lettera a Turati dipingeva la situazione della Stampa di Torino che faceva sentire la sua organizzazione come impotente in quanto Torre e Agnelli dichiarassero che la lista dei redattori della Stampa fosse stata approvata dal Capo del Governo e non accettassero le deliberazioni del sindacato da notare che fascismo non poteva permettersi un muro contro muro con gli editori per assicurarsi completa nazionalizzazione della stampa con rischio di doversi accollare gli oneri economici della gestione tutt’al più un radicale cambiamento avrebbe portato minori tirature che avrebbero avuto senza dubbio ricadute negative Al contrario era stato deciso di consolidare rapporti con i grandi potentati finanziari ed economici dopo essersi assicurato il potere di condizionare direttori responsabili delle testate tale compromesso non garantiva a Mussolini invadenza assoluta nelle questioni interne ai vari organi di stampa limitava anche le aspirazioni di intransigenza del sindacato così Amicucci voleva proporre questione al Gran consiglio del fascismo Infatti, 16 novembre 1927 dichiarazione in cui era riaffermata la funzione educativa della stampa ed era manifestata l’esigenza che i posti di direzione e di comando all’interno delle singole testate fossero affidati a Camicie Nere fedelissime epurazione notevole 28 novembre Amicucci si premurò di inviare a tutti i segretari generali del sindacato un telegramma in cui chiedeva che gli fossero inviati gli elenchi dei giornalisti antifascisti rimasti nei giornali che sarebbero dovuti essere allontanati Ugo Ojetti del Corriere venne sostituito dall’allora direttore della Gazzetta del Popolo Maffio Maffii Amministrazione della Stampa fu costretta a licenziare Luigi Michelotti e assumere al suo posto l’onorevole Vincenzo Buronzo e Luigi Collino a fianco del direttore Andrea Torre Notevole il caso di Arrigo Cajumi impiegato come corrispondente politico da Roma e da Ginevra accuse di aver valorizzato due redattori antifascisti e perché in un articolo aveva fatto tagliare frasi come il “miglioramento che tutto il popolo desidera” accuse totalmente ridicole Ad ogni modo nonostante dichiarazioni del Gran consiglio molti proprietari di testate rimarranno insofferenti alle ingerenze del sindacato Agnelli grazie alle sue pressioni riuscì a farsi assicurare da Mussolini che La Stampa si sarebbe potuta mantenere su una linea moderata con il passare del tempo anche Agnelli avrebbe ammorbidito la linea allineandosi alle maggiori garanzie di ortodossia politica che il fascismo richiedeva ai giornali Tra il bivio di dare battaglia in difesa del valore professionale di alcuni giornalisti o garantirsi il sostegno politico e anche finanziario del governo quasi tutti i proprietari optarono per la seconda ipotesi disfavore del pubblico avrebbe danneggiato a poco a poco ma ostilità di Mussolini avrebbe potuto recedere il tutto dalle basi. Inizio 1928 gran parte delle testate erano affidate a uomini fidati e gli incarichi di carattere politico delle singole redazioni erano di fascisti di piena ortodossia Mussolini ringrazierà Amicucci sostenendo che il giornalismo fascista deve essere strumento della Rivoluzione fascista nel 10 ottobre 1928 convocò direttori di 70 quotidiani in cui disse che il problema della stampa era ormai incanalato nel fascismo in modo positivo e che avrebbe rivendicato per il suo regime l’aggettivo di totalitario inoltre sostenne che la stampa nazionale era come un’orchestra, in cui il “la” (ovvero la direttiva generale era uguale per tutti) ma la diversità degli strumenti (ovvero il tono multiforme dei giornali) era garantita ciò avrebbe garantito una divina armonia LE DIMENSIONI DELL’EPURAZIONE Biennio 1927-28 -> epurazione del Sindacato fascista 1893 giornalisti su un totale di 3736 fu loro negata l’iscrizione all’albo se si limita il calcolo dei giornalisti propriamente detti (professionisti) il numero è sensibilmente inferiore e inoltre a fine 1929 gli iscritti all’albo era salito a 4116 anche grazie a dei rientri di giornalisti allontanati 1931 rientro di 124 giornalisti abbastanza moderazione Parecchi giornalisti non fascisti riuscirono ad evitare la radiazione ricorrendo a dichiarazioni di resipiscenza, altri difesi da finanziatori di testate, altri fecero valere le amicizie tra le gerarchie fasciste, inoltre spesso vi era esigenza di mantenere delle firme rinomate per l’opinione pubblica colta come quella di Sibilla Aleramo che si era mostrata avvicinarsi al fascismo e infatti Mussolini scrisse al direttore del Corriere Maffio Maffii che la reintegrasse Il sindacato però rimarcava la linea dura per attuare un’opera di ripulitura es Giorgio Pini (direttore del Resto del Carlino) scrisse a Turati che i giornali fascisti accettavano la collaborazione di ex antifascisti anche firmatari del manifesto I giornalisti rimasero intrappolati in quel meccanismo perverso che Filippo Sacchi (critico cinematografico del Corriere escluso dall’albo e dal sindacato) battezzò come “automazione dell’entusiasmo” consenso si trasformava in una secrezione organica che viene fuori senza bisogno che ci pensi Chi aspirava a una carriera e chi voleva tenersi il posto doveva accettare l’adulazione e la menzogna e per la vergogna sarà attenuata in qualche modo dal non essere da soli o attuando qualche piccola azione di sabotaggio come il taglio di una riga o la sostituzione di un sinonimo IL SINDACATO ANCORA PROTAGONISTA Politica di Amicucci del do ut des passante per forme di garanzia quali l’albo e la codificazione del contratto nazionale di lavoro ma anche vantaggi nel campo mutualistico e previdenziale e per il trasferimento dalla sfera privata a quella pubblica di molti interessi organizzati della categoria, come l’Istituto di previdenza e l’Ufficio di collocamento per giornalisti. Il primo eretto a ente morale il 25 marzo 1926 ebbe competenze quali assicurazioni sulla vita e sugli infortuni, assistenza fiscale e medica anche creazione di casa di cura per giornalisti bisognosi di una lunga convalescenza Il secondo creato sulla base di una convenzione firmata il 22 febbraio 1929 dall’Associazione nazionale fascista editori di giornali e del Snfg compito di mantenere stretti i rapporti tra sindacato e segretario generale del partito Tra aspetti qualificanti del Snfg di Amicucci fu la firma del 5 marzo 1928 a un innovativo contratto nazionale di categoria di 27 articoli e di un regolamento integrato di tre convenzioni speciali tra le sue caratteristiche fu lo sforzo di attenersi allo spirito della bottaiana Carta del lavoro e adeguare vecchi parametri contrattuali al nuovo ordinamento fascista 1930 Bottai definì il contratto nazionale dei giornalisti il primo fra i collettivi di categoria a essere conforme alla Carta del lavoro al contrario della legislazione e la prassi corporativa fascista in generale Contratto prevedeva: o o risarcimento per i giornalisti in caso di licenziamento equivalente a un anno di retribuzione per i direttori e sei mesi per i redattori (a cui si aggiungeva un mese per ogni anno di servizio prestato) pensione a sessant’anni o o somma da destinare agli eredi in caso di morte prematura grazie a somma versata dagli editori all’Istituto nazionale delle assicurazioni agevolazioni in caso di infortuni su lavoro, malattia e disoccupazione categoria dei giornalisti formalmente inquadrata nella Confederazione dei professionisti e degli artisti nell’ambito del lavoro autonomo equivoco mai pienamente risolto dal fascismo il teorico di regime Arturo Assante coniò la figura del libero professionista addetto ad una pubblica funzione inizio 1927 come base di partenza diminuzione di tutti gli stipendi di tutti i lavoratori dello stato influenzata da contesto economico sfavorevole seguito alle politiche di rivalutazione della lira LA SCOMMESSA DELL’ISTRUZIONE PROFESSIONALE Snfg si propose di organizzare la professione giornalistica a partire dalla formazione tecnico-professionale, culturale e politica dei propri associati Risultati immediati, ma di minor peso della strategia furono l’apertura di nuovi circoli della stampa presso le sedi regionali del sindacato e la pubblicazione di alcuni manuali e opuscoli per migliorare lo stile, il linguaggio e la preparazione politica dei giornalisti Intervento che avrebbe dovuto ridisegnare figura del giornalista la scuola professionale per ovviare all’inadeguatezza del sistema che da un lato prevedeva iscrizione all’albo per esercitare la professione e dall’altro non indicava un corso di studi per accedervi la proposta inoltre dava vita a un meccanismo che assegnasse al sindacato un ruolo primario nel collocamento della manodopera (ponendo limiti al potere dei finanziatori sulle assunzioni). Premessa ideale per la creazione della scuola data dal regolamento sull’albo professionale del febbraio 1928 che imponeva il possesso di una licenza di scuola media superiore per l’accesso alla professione giornalistica necessari dunque requisiti scolastici minimi Proposta per preparazione tecnica e professionale dei giornalisti avanzata in occasione del congresso nazionale del Snfg svoltosi a Roma il 10 marzo 1928 decisa istituzione di due insegnamenti universitari in storia del giornalismo e in legislazione della stampa con sede presso facoltà di Scienze politiche di Perugia a cui poi se ne aggiungeranno degli altri tra cui presso atenei di Trieste (affidato a Francesco Fattorello), ateneo di Ferrara (al direttore del Corriere Padano Nello Quilici) e Università cattolica di Milano (conte Giuseppe Della Torre, direttore dell’Osservatore Romano). Obiettivo prioritario del sindacato scuola che avrebbe presentato elementi di forte innovazione e porsi in antitesi alla tradizionale impostazione accademica della scuola del periodo liberale bollata da Amicucci come formalistica e cristallizzatrice Luglio 1928 - articolo pubblicato sulla Nuova Antologia Amicucci esprimeva giudizi severi su limiti e arretratezza dell’intero complesso giornalistico nazionale e sull’indole pseudo-letteraria di quasi tutti i giornalisti scuola che si sarebbe dovuta organizzare come una sorta di antiscuola con il compito di combattere l’inerzia fisica e mentale del giornalista puntando a creare dei veri reporters formati alla cultura del fascismo Amicucci inoltre non trascurava dibattito sulla modernizzazione degli strumenti di raccolta e di interpretazione delle notizie e sulle strategie di ampliamento del pubblico dei lettori forzando il dibattito alle esigenze propagandistiche del regime Molto apprezzate da Amicucci scuole di stampo americano sul modello di quella creata da Pulitzer presso la Columbia University anche se anomala l’ammirazione per il modello americano disprezzato dagli altri fascisti Modello americano idealizzato dal segretario per la Scuola fascista di giornalismo era espediente tecnico per meglio controllare i giornalisti, ma soprattutto era l’espressione di un atteggiamento culturale di una corrente fascista che voleva mostrare il proprio approccio razionale per risolvere i problemi in campo formativo nella speranza che il giornalismo fascista assumesse uno spessore scientifico e ideologico Reazioni alle proposte di Amicucci poco entusiastiche non per quanto riguarda gli insegnamenti universitari, piuttosto per la Scuola di giornalismo avversione verso un progetto totalmente teorico, scolastico e dall’altro timore dei giornalisti senza titoli di essere declassati inizialmente cauto sostegno di Mussolini, in un secondo momento si convincerà che non sarebbe stato utile insistere su aspetti dagli esiti incerti Ad ogni modo novembre 1929 dietro se pressioni approvato decreto che modificava articolo 4 del regio decreto 26 febbraio 1928 stabilendo equivalenza tra diploma rilasciato da scuola professionale e pratica professionale di 18 mesi Inaugurazione della scuola 21 gennaio 1930 classificata come “istituto di cultura superiore, abilitato a rilasciare un diploma equivalente ad una laurea per l’esercizio della professione” programma ispirato a modello Pulitzer insegnamenti erano sia teorici sia pratici con prevalenza dei secondi previste visite alle redazioni Es materie nozioni generali su notizie giornalistiche o di cronaca concittadini, resoconti giudiziari, fotografie, disegni caricature poi corrispondenze all’estero, informazioni politiche, critica letteraria e artistica, arte di scrivere articoli programma modificato dando prevalenza ad aspetti teorici curriculum diviso in 4 grandi tipologie didattiche Politica, Istituzioni militari, Letteratura e Tecnica giornalistica. Attestato finale permetteva l’iscrizione all’albo dei professionisti senza bisogno dei 18 mesi di pratica redazionale vita della scuola breve chiuse nel 23 giugno 1933 su decisione del successore di Amicucci alla segreteria del sindacato Aldo Valori o cause fallimento: limitati finanziamenti, inesistente insegnamento pratico di tecniche giornalistiche e insufficiente preparazione di molti docenti o nonostante scuola avesse ottimi principi come ad esempio l’apertura della scuola a molte donne in un sistema fascista e giornalistico prettamente maschilista alcuni motivi ideali del progetto della Scuola di giornalismo si ritroveranno nella riforma della scuola voluta da Bottai a fine anni Trenta di adeguare le strutture educativi ai processi di modernizzazione economica e tecnologica e assicurare un approccio scientifico adeguato agli obiettivi che il fascismo si proponeva di raggiungere sul piano formativo in quegli anni rivista “Il Giornalismo” trimestrale di studi sulla stampa periodica pubblicato nel 1939 attento alle metodologie didattiche e formativa della nuova scienza del giornalismo tedesca nel cui comitato di direzione facevano parte Amicucci, Giorgio Pini ad esempio LA MARGINALIZZAZIONE DELLA CATEGORIA Fino al 1931 la direzione di Amicucci alla guida del sindacato non fu oggetto di riserve, anche perché incontrava il favore di Mussolini e delle gerarchie fasciste Agosto 1931 ottenne la riconferma della guida nonostante il 27 giugno 1931 (durante terzo congresso nazionale) fosse stato lui stesso a manifestare intenzione di lasciare l’incarico per dedicarsi al rinnovamento della Gazzetta del Popolo (di cui era direttore dal 1927) Fine 1931 avvenne un fatto ricco di implicazioni destituzione di Giovanni Giuriati dalla carica di segretario del Partito nazionale fascista e la nomina al suo posto di Achille Starace a cui corrispose con tempismo il risollevamento della questione dei lauti compensi al direttore della Gazzetta Amicucci fornì chiarimenti ma il nuovo segretario rispose con atteggiamento di totale freddezza Inversione di tendenza anche per via della Scuola di giornalismo che si manifestava sebbene illiberale ma in una condizione di dinamicità nei confronti del giornalismo non gradita a partito e governo Infine congiuntura economica della crisi del 1929 alto tasso di disoccupazione in crescita controproducente con una struttura che ava illusioni di pieno impiego Per finire vi fu di nuovo la voce che si levò da parte degli editori impotenti di poter assumere a loro discrezione a causa della legislazione voluta da Amicucci Nel periodo compreso tra 1929 e 1932 Mussolini estromise da posizioni di vertice alcune figure di maggiore spicco del regime, tra cui Giuseppe Bottai e raffreddò interesse per le tematiche corporative Maggiori teorici del corporativismo furono progressivamente emarginati e con loro alcuni esponenti come Amicucci che avevano visto nel fascismo un mezzo per attuale cambiamento delle strutture economiche e sociali esistenti Dicembre 1931 al posto di Lando Ferretti a capo dell’Ufficio stampa del capo del governo subentrò Gaetano Polverelli (dotato di rigidezza e pignoleria intensificò volume delle intromissioni nella compilazione dei giornali e vi furono istruzioni invasive che lasciarono residui margini di indipendenza dei giornalisti) Nuovo capo ufficio stampa dispose elenchi di cose che andavano diffuse e cose da censurare, imponendo contrazione della cronaca nera Ciò creò proteste da parte degli editori come visibile da rapporto di gennaio 1932 in cui si dicono le amministrazioni dei giornali furibonde per il nuovo capo che eccede i limiti della minimissima libertà Aumento delle disposizioni ai giornali da parte dell’Ufficio Stampa si fondava su due ragioni: o o diramazione di elementi per la propaganda d’Italianità e di Regime iniziata con il Decennale intensificata opera di controllo della stampa soprattutto sui periodici che ignorano il Regime clima che condizionò anche il destino di Amicucci 5 dicembre 1932 costretto a rassegnare le dimissioni senza nessun tipo di opposizione da parte sua nonostante fosse stata una sorta di destituzione Ciò forse sia per un precedente desiderio di abbandono sia perché con la firma del nuovo contratto di lavoro giornalistico del febbraio 1932 pensò di aver portato a termine la propria missione al sindacato garantendo ai giornalisti diritti quali il mantenimento del posto di lavoro in caso di chiamata alle armi La segreteria fu affidata temporaneamente al commissario governativo ex nazionalista moderato Aldo Valori segnale di Mussolini di riportare sindacato nei limiti di una gestione meno invasiva delle prerogative del governo Nuova fase di riorganizzazione del settore giornalistico coronamento ufficiale con approdo di Galeazzo Ciano all’Ufficio stampa del capo del governo (agosto 1933) e con la propensione all’imitazione del modello tedesco Esplosione dello strumento delle veline con accentuata deresponsabilizzazione del ruolo dei giornalisti sintomo di quanto Mussolini si fosse persuaso che le nuove leve di giornalisti (create con le strutture educative del fascismo) non avrebbero saputo partorire una nuova stampa funzionale alla causa del regime Pianificazione a priori delle informazioni prevalse esigenza di ottenere dai giornalisti asservimento gerarchico come richiesto dagli altri funzionari dello stato Agosto 1933 nella stampa vi erano ancora figure di spicco della democrazia Ottobre 1930 entrato in vigore il nuovo codice penale Rocco che toccava questioni della stampa integrando e aggravando norme della legge del dicembre 1925: o o veniva gerarchizzata la struttura giornalistica direttore diventava responsabile accanto all’autore di ogni reato commesso a mezzo stampa aggravate le pene nel caso di vilipendio imputato colpevole pena di minimo 1 e massimo 6 anni di carcere e multa da cento a 2mila lire con il testo unico di pubblica sicurezza approvato nel 1931 regolato lo strumento del sequestro in via amministrativa esteso a una serie di casi in modo tale che fosse permesso praticamente sempre solo dopo un decennio dall’ascesa del fascismo, regime totalitario si diede avvio alla trasformazione dell’Ufficio stampa della presidenza del consiglio in una struttura autonoma e dotata di strumenti operativi adeguati sul modello creato da Goebbels a due mesi dall’ascesa di Hitler. 3. La costruzione di un nuovo modello di stampa Dato interessante con prove con dati che hanno oscillazioni sensibili ma tiratura dei principali fogli nazionali negli anni Trenta è incrementata significativamente incremento in contrasto con tendenza precedente (probabilmente contrazione causata da rialzo dei prezzi, riduzione del numero delle pagine e dal rifiuto di una parte dei lettori di attingere a organi prostrati totalmente al governo Secondo le statistiche del ministero della Cultura popolare i tre giornali che durante il fascismo vantavano maggior diffusione: il Corriere della Sera (1926= 440mila copie al giorno; 1930=580mila; 1939=680mila) la Gazzetta del Popolo (1926=110mila; 1931=242mila; 1939=385mila) La Stampa (1926=170mila; 1932=180mila; 1939=293mila) Incrementi anche per altre due testate Il Giornale d’Italia e Il Messaggero Ragioni di questa espansione influenzata anche dalla riduzione del numero complessivo di quotidiani furono anche il maggior numero di pagine dedicate agli eventi sportivi, introduzione alle edizioni pomeridiane e serali, maggiore efficienza delle redazioni nel reperimento e nella divulgazione delle notizie A ciò si aggiunsero avvenimenti di particolare rilievo ascesa al poter di Hitler in Germania con le conseguenze quali impresa coloniale italiana e guerra di Spagna Assuefazione all’informazione politicamente monocorde dunque interesse su rubriche di evasione e di svago IL “REGNO DELLA NOIA”? Giornali del regime strumenti prostrati al potere politico per educare e inorgoglire ma gli strumenti per fare ciò non brillanti retoricamente A predominare messaggi propedeutici all’azione e alla mobilitazione con aggettivazione sovrabbondante, abuso di superlativi, ricorso alla ripetizione e all’assonanza linguistica e ricerca del ritmo espedienti che derivavano anche dall’esigenza di nascondere una pochezza di contenuti Espressioni di critica inesistenti o diluite in quadri magniloquenti che azzeravano qualsiasi ripercussione negativa figura del duce continuamente esaltata –> in ciò probabilmente si raggiunse apice del servilismo e del ridicolo Tutti i giornali si adegueranno a questa linea mistificante veicolando immagine di un paese ideale non corrispondente a quello reale sforzandosi di veicolare immagine di un paese ideale non corrispondente a quello reale e di liberare lettore dallo sforzo di autonoma interpretazione Sulla rivista di Giuseppe Bottai “Critica Fascista” articolo di agosto 1928 ascrivibile a Gherardo Casini intitolato il “regno dell’uniformità e della noia” -> in cui si faceva riferimento al tono “terribilmente” uniforme della stampa fascista in cui si bandiva ogni tendenza al ragionamento raccolse pochi consensi all’interno del mondo fascista, anche se alcuni teorici del giornalismo tra cui Arturo Assante diceva che molti volevano adempiere all’idea di orchestra di Mussolini, per mantenere delle voci difformi nella forma, ma che dovessero essere comunque uniformi ai precetti fascisti motivo per cui era accettato una sorta di pluralismo ma secondo un modello di varietà concorde che non andasse contro all’uniformità Ad ogni modo anche il modello della varietà concorde non fu mai in realtà perseguito e quando vi erano interpretazioni difformi erano più per l’inefficienza del sistema che per una scelta deliberata Una parte dei lettori pur non sapendo della macchinazione dietro alla stampa non credeva spassionatamente ai passaggi edulcorati dipinti ma il regime aveva i vantaggi di eliminare l’espressione di una opinione pubblica e di limitarne alla base il processo di formazione ciò a maggior ragione con le informazioni inventate di sana pianta o totalmente taciute Un campo in cui il regime investì per forzare la realtà e ridisegnarla in base alle sue esigenze fu quello della cronaca nera Fin dal 1925 il ministro dell’Interno, Luigi Federzoni aveva ordinato attraverso circolari ai prefetti di sequestrare tutti i giornali che indugiavano su delitti di sangue, adulteri e simili l’anno successivo Mussolini impose ordine tassativo di smobilitare la cronaca nera fascismo temeva che la cronaca nera potesse distogliere l’attenzione dalle pagine politiche e poi era un tipo di notizia che danneggiava il processo di creazione di una tensione positiva, in grado di generare coesione sociale e senso di appartenenza a una grande nazione la stampa non doveva farsi portavoce di messaggi negativi soprattutto in vista dell’immagine esportata all’estero che non doveva mostrare una disgregazione sociale nel paese Direttore di un quotidiano non poteva muoversi agevolmente come esplicitato nell’agosto 1929 dal direttore del Resto del Carlino Giorgio Pini a Franco Ballarini (amministratore delegato della società che pubblicava il giornale) dove lamentava il fatto che siccome si dovessero eliminare polemiche, cronaca nera, notizie tragiche ed emozionanti o scandalistiche e dunque non catturavano l’interesse del pubblico (o come il Corriere che si salvava in quanto aveva i mezzi per permettersi servizi esteri e interni) aggiungendo che senza soldi nessuno poteva fare un grande giornale di informazione negati gli spazi di autonomia della stampa conseguenza è la presenza di pagine (quelle meno propagandistiche) che raggiungeranno durante il regime un livello in qualche modo superiore alle analoghe pagine nel periodo liberale maggiori testate reagirono di fronte ai vari limiti impostigli cercando seguito nella massa di lettori con la trattazione di temi popolari che trasmettevano valori positivi dell’ordine e del consenso percorrendo la strada dell’intrattenimento caso esemplare è quello della Gazzetta del Popolo di Torino diretta dal 1927 al 1939 da Amicucci OLTRE LA POLITICA: LE NUOVE FUNZIONI DEI GIORNALI Esperienza della Gazzetta del Popolo condizionò rinnovamento di molti altri giornali fascisti anche se modello unico e livello ineguagliato Gazzetta del Popolo contraddistinta per allineamento alle direttive condotte con zelo talvolta eccessivo ma al di fuori dell’ambito politico avrebbe promosso iniziative che sarebbero state di influenza anche dopo il crollo del regime una delle caratteristiche fu quella di contrapporre al modello Times senza fotografie e illustrazioni un prodotto meno convenzionale non legato alla tradizionale impaginazione verticale, spiccata asimmetria delle pagine e titolazione accattivante e con notevole ricchezza e diversificazione di rubriche Giulio De Benedetti (direttore del giornale fino al 1930) definì il progetto un disegno di stampo populistico che favorisse fenomeni di aggregazione sociale con il coinvolgimento del lettore nella vita del giornale significativa decisione di Amicucci e De Benedetti fin dal loro primo giorno di direzione di pubblicare sulla pagina della cronaca cittadina la rubrica “Lettori interrogateci, noi vi risponderemo” per legare intimamente il giornale ai propri lettori Amicucci ancora una volta propone le linee guida per il rinnovamento, in questo caso della stampa fascista linee colte da Mussolini solo a fine 1932 quando tramite una circolare predisposta dal capo Ufficio stampa Polverelli e articolata in 37 punti di cui uno intitolato “Rinnovare il tipo del giornale” diede prova di aver colto esigenza di una svolta imponendo ai giornali rinnovamento per improntarli a ottimismo e fiducia nell’avvenire Iniziative della Gazzetta: Una delle prime Gara demografica piemontese battaglia promossa anche dal regime precedentemente --> intendeva dare nuovo vigore a tradizioni che l’urbanizzazione sembrava minacciare attraverso approccio emotivo e sentimentale Organizzazione di gite ed escursioni all’aria aperta o di feste natalizie e pasquali per bambini Soggiorni estivi in località marine e montane Accordi con compagnie teatrali per offrire rappresentazioni a prezzi dimezzati 1929 giornale promosse concorsi a premi come Concorso pronostici sportivi o dal 1932 Una domanda al giorno (che aveva anche scopo educativo) 1929-1932 rubriche settimanali con divisione in settori da soddisfare tutte le categorie sociali e tutta la famiglia Trattazione di argomenti vari (evitando argomenti austeri come quelli proposti dalle riviste fasciste “Il Balilla” o la “Rivista del Dopolavoro”, che in genere erano poco lette e ricevute per abbonamento dagli enti pubblici) o Modello Gazzetta del Popolo vicino alle riviste americaneggianti “Topolino”, “Il Monello” o le riviste femminili “Annabella” e “Grazia” o Evidente dai titoli di alcune rubriche: “La cucina e il focolare”, “Fuorisacco”, “Sezione per i piccoli”, “Mamme per i vostri bambini” … tentativo di colmare vuoto esistente tra stato e cittadini e valorizzare ricorrendo a prassi educative moderne tradizioni culturali, artistiche, turistiche prettamente italiane sorta di contraddizione tra obiettivi tradizionalisti e metodi moderni usati per raggiungerli nel tempo avrebbe mostrato i suoi limiti Gazzetta anticipatrice di un tipo di giornalismo leggero e vivace che si sarebbe sviluppato in Italia solo a partire dal secondo Dopoguerra Inoltre la Gazzetta aveva puntato anche su un miglioramento della distribuzione Il peso delle iniziative della Gazzetta costrinse al rinnovamento i quotidiani limitrofi, prima di tutto La Stampa e poi anche i quotidiani milanesi che attuarono pesanti contromisure Per quanto riguarda La Stampa, nel 1932 ha un nuovo direttore Alfredo Signoretti (direttore fino al crollo del regime) sotto il profilo tecnico il giornale riuscì a eguagliare il concorrente concittadino anche su volere della famiglia Agnelli che voleva rimanere al passo con i tempi Al Corriere della Sera rinnovamento con maggiori cautele Settembre 1929 Aldo Borelli diventa nuovo direttore del giornale (lavorò in precedenza all’Agenzia Stefani, fece il corrispondente politico del Mattino di Napoli e durante la Prima guerra mondiale fece il corrispondente di guerra alla Nazione di Firenze e ne fu anche il direttore nel 1924 e infine fu anche segretario regionale toscano del Sindacato fascista dei giornalisti) sotto la guida di Borelli il Corriere venne completamente fascistizzato anche se il tono rimase abbastanza sobrio puntò sul livello elevato dei corrispondenti e sull’assenza ddi errori formali Solo dal 1933 fu decisa introduzione delle prime illustrazioni e a fine 1934 inserite le prime fotografie legate all’attualità (arricchimento di cui lo stesso Borelli ringrazierà personalmente Amicucci adulandolo) Interessante anche il metodo usato dal Corriere per eludere i vincoli imposti dal governo sulla cronaca nera difficili da spiegare in uno spazio ristretto si decise di ricorrere alle “scenette” ovvero di ricavare dai commissariati di polizia serie di vicende derivanti da equivoci, piccoli litigi sedati o scherzi come detto dal redattore capo del Corriere Oreste Rizzini al sottosegretario per la Stampa e la propaganda Dino Alfieri dunque scene che vengono alterate, sviluppate fatte sfociare in un roseo finale da cui trarne una morale che ne giustificasse la pubblicazione obiettivo duplice: o o Soddisfare i lettori meno preparati a scritti più gravi e favorire la lettura degli articoli e della propaganda politica inserendo vicino un’allegra narrazione Diffondere la conoscenza dell’opera benemerita quotidianamente esplicata dai funzionari di Pubblica Sicurezza Questa fase caratterizzata dal problema dei giornali di cercare di distinguersi in un secondo momento interverrà anche la tensione che animava i rapporti tra le gerarchie fasciste e le intromissioni dei centri di potere locali LA STAMPA PERIODICA All’interno della stampa fascista vi era una quasi totalità di giornali omologati al regime –> parziale eccezione fu rappresentata dalla stampa periodica unico campo in cui anche alcune riviste ufficiali riuscirono a ottenere una relativa autonomia forse per la minore diffusione e risonanza e obiettivi di questo tipo di stampa legata meno a esigenze propagandistiche Ad esempio “Critica Fascista” che riuscì spesso a uscire dal grigiore di contenuti del panorama pubblicistico di quegli anni Sotto il profilo strettamente tipografico anni Trenta approdo in Italia di un sistema di stampa che avrebbe rivoluzionato intero mercato dei periodici il rotocalco sistema che consentiva tempi molto rapidi e meno costosi di riproduzione (soprattutto per le fotografie) Due settimanali come “Omnibus” diretto da Leo Longanesi e “Tempo” su cui investiranno Rizzoli e Mondadori archetipi di questo nuovo modello di stampa dalla grafica seducente, impostazione brillante e polemica e pagine arricchite da immagini e fotografia “Omnibus” a cui collaboreranno alcune tra le migliori firme dell’epoca si distinguerà per taglio moderno e accattivante e per un atteggiamento irriverente e non totalmente acritico verso il fascismo tale da causare irritazione e indurre il regime stesso di cessarne le pubblicazioni dopo solo due anni di vita Anche la stampa periodica femminile relativa autonomia che avrebbe proposto un’immagine della donna maggiormente emancipata rispetto a quella monocorde e stereotipata della donna fascista divulgata dalla propaganda di regime o o Periodici come “Il giornale della donna” di Paola Benedettini Alferazzi o mensili come “Vita Femminile” e “Italianissima” ruolo di maggiore aderenza alla propaganda ufficiale ponendosi in sintonia con le politiche sociali proposte dal regime Altre riviste si dimostreranno invece poco legate a questi modelli come “Novella” (1920) “Gioia” “Grazia” e “Eva” Periodici dedicati soprattutto alla moda, ai pettegolezzi, ai romanzi a puntate, a consigli sulla casa e infarciti di fotografie delle star dello spettacolo o delle famiglie reali modelli di vita che non erano conformi ai modelli proposti dal regime Al proprio interno contenevano comunque riferimenti al modello di donna prediletto dal regime madre esemplare, casalinga, morigerata e parca Ma presenti molti richiami alla donna sportiva, alla donna letterata e alla donna consumatrice di moda Un posto di particolare rilievo occupato dai giornali satirici “Il naso Rosso”, “La Galleria di Milano”, “Il Codino Rosso”, “Monsignor Perrelli”, “Asino”, “Becco Giallo” L’“Asino” nato a Roma nel 1892 su posizioni socialiste-anticlericali sotto influssi di Guido Podrecca e del caricaturista Gabriele Galantara che guidò la rivista dopo due anni di sospensione dal 1921 fu oggetto di numerosi interventi di diffida e sospensione, frutto di un maggior tono di durezza antigovernativa, come evidente da carteggio tra prefetto di Milano e organi di polizia nel 1923 dove si accusava l’Asino di vignette caricaturali a discapito del duce settimana dopo Mussolini chiese personalmente al prefetto di Milano di agire con maggior durezza contro il foglio satirico e il prefetto disse che avrebbe minacciato di chiudere la loro tipografia Sotto nuova incitazione del duce che vide vignetta dell’Asino ripubblicata anche da Avanti! chiese di procedere a provvedimenti dove si chiese a Longoni di non stampare più il giornale In realtà chiusura forzata del giornale avvenne nel settembre 1925 (siccome nel 1923 il giornale tirava 25mila copie) Il Becco giallo invece nasce nel gennaio 1924 su iniziativa di Alberto Giannini, dapprima sostenitore della causa antifascista che poi nel 1933 divenne sostenitore del regime creando anche giornale Il Merlo giallo di natura filofascista questo foglio satirico aveva molti esponenti dell’Asino, tra cui Galantara e il giornale ebbe subito un grande successo che lo portò a tirare da 50mila copie a 450mila e fu chiuso forzatamente nel 1926 i collaboratori del periodico provarono una nuova pubblicazione “Attaccabottoni” che ebbe vita breve da giugno 1926 a ottobre di quell’anno Vi furono anche esempi di stampa fascista tra cui “Marc’Aurelio” nato nel 1931 a Roma su iniziativa del redattore del “Popolo di Roma” Oberdan Cotone e redattore sportivo Vito De Bellis collaboratori erano quelli del Becco giallo tra cui Galantara ormai però professionisti conformi al fascismo sebbene mantennero un taglio non proprio su misura di Mussolini ma approccio non fu mai polemico verso il fascismo sebbene il tono disincantato non convinceva del tutto il regime il tono dissacrante del giornale sarà presto smorzato perdendo la sua vena satirica e con l’arrivo della guerra in Etiopia sarà la retorica della guerra a farsi martellante tra le sue pagine forzandone gli accenti razzistici 1936 su successo del “Marc’Aurelio” nascerà “Bertoldo” giornale piuttosto leggero Giornali satirici terreno abbastanza insidioso per i fascisti unico luogo in cui inizialmente si riuscirono a vedere ridicolizzati gli atteggiamenti del duce e il servilismo dei suoi gerarchi evidente il timore del regime per questo tipo di stampa anche dopo la fascistizzazione piena promemoria di Alfieri del 1937 che voleva imporre bavaglio alla stampa satirica e date indicazioni ai direttori dei giornali per evitare di sbagliare queste indicazioni metteranno in gioco sia lo spirito sia la ragion d’essere di questo tipo di stampa (infatti una delle indicazioni recitava l’invito a evitare ogni forma di ironia a danno delle istituzioni o invito a combattere l’ibridismo di razza facendo apparire come inferiori fisicamente e moralmente le razze di colore) Per quanto concerne mondo del fumetto -> grande sviluppo in questo periodo -> proposto il modello politicizzato, austero, retorico mondo fondato sul pregiudizio, sull’etnocentrismo, sull’esaltazione della disciplina, sulla supremazia della razza italica, sull’intolleranza verso gli avversari politici e sul maschilismo espressioni di questo genere di stampa furono “Il Giornale dei Balilla” e “La Piccola Italiana” periodici che raggiungeranno ottima tiratura come il primo che raggiunse le 250mila copie (anche se questa diffusione dovuta dall’obbligo delle scuole di abbonarvisi) Tollerate alcune pubblicazioni che riprendevano modelli e eroi dei fumetti americani (perché non valutate le ripercussioni politiche degli stessi) come “Topolino” giunto in Italia nel 1932 e nel giro di poco tempo prese il sopravvento sugli eroi del “Corriere dei Piccoli” o come “L’Avventuroso” che riproduceva le strisce di “Gordon Flash” e “Mandrake” dal 1936 il ministero della Cultura popolare comprese il potere destabilizzante di queste pubblicazioni ma solo nel 1938 furono banditi tutti i fumetti oltreoceano tranne “Topolino” Inconsapevoli che la caratterizzazione di questi eroi fosse inscindibile dai contenuti da loro espressi e dal fatto che proprio nei contenuti risiedeva il loro successo sostituirono tali personaggi con eroi autarchici (goffi, ridicoli e patetici) che riscontreranno poco clamore negli adolescenti 1938 anno del “Manifesto della letteratura giovanile” congresso di specialisti della letteratura per ragazzi sotto la presidenza di Filippo Tommaso Marinetti documento in 15 punti che indicavano agli autori la linea a cui riferirsi per non incorrere nella censura del regime valori ispirazioni: la fede in Dio, l’orgoglio italiano, patriottismo assoluto, ottimismo giocondo e festoso, amore del pericolo e per la vita militare, esaltazione della poesia della guerra, l’ambizione individuale e l’adorazione del nuovo Vendite della pubblicistica per ragazzi subì un crollo a fine 1941 in coincidenza con le prime gravi sconfitte militari delle truppe dell’Asse LA NUOVA STAGIONE DELLA TERZA PAGINA Anni Trenta spazi di libertà nulli concessi ai quotidiani italiani terza pagine assunse posizione di rilievo alcuni quotidiani si distingueranno per un ampio spazio riservato alle nuove tendenze letterarie Ad esempio il “Corriere Padano” di Ferrara nato in aprile 1925 su iniziativa di Italo Balbo il giornale era espressione ufficiale del fascismo ferrarese, ma in ogni caso abbastanza indipendente dal punto di vista politico alla sua pagina culturale collaboreranno autori del calibro di Elio Vittorini, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo e Giorgio Bassani e ampi spazi dedicati anche a opere di scrittori europei e americani Un terza pagina di buon livello fu quella del Corriere della Sera fedele a impostazione tradizionale ma che si avvaleva di collaboratori di prestigio: Grazia Deledda, Luigi Pirandello, Giovanni Papini, Ada Negri, Emilio Cecchi e l’ex direttore Ugo Ojetti e firma storica del giornale Gabriele D’Annunzio Discorso analogo per la terza pagina di La Stampa che si propose di dare spazio non solo a temi letterari ma arti figurative, teatrali, musicali avvalendosi delle firme di Leonello Vincenti e Emilio Cecchi Maggior rilievo terza pagina della Gazzetta del Popolo che prese il nome di Diorama Letterario -> in cui pubblicarono articoli, recensioni e stralci di opere autori come Ungaretti, Marinetti, Palazzeschi, Montale, Quasimodo, Paul Valery, Umberto Saba, Moravia curata da Lorenzo Gigli (intellettuale di formazione nazionalista e organico al fascismo fin dalla sua ascesa) il Diorama avrebbe promosso una serie di inchieste volte ad ampliare gli orizzonti del mondo letterario nazionale con la pubblicazione di pezzi e recensioni su numerosi autori stranieri tra cui Ezra Pound, Thomas Mann, Marcel Proust e James Joyce settembre 1931 danno vita a interessante “Inchiesta mondiale sulla poesia” a cui avrebbero partecipato autori italiani come Ungaretti, Montale, Quasimodo e autori stranieri come Jean Cocteau e Jacques Maritain L’obiettivo del direttore Amicucci e del suo collaboratore Gigli fu quello di rendere terza pagina della Gazzetta un prodotto apprezzato da un pubblico amplio che non fosse solo composto da specialisti Tentativo anche dei collaboratori di Diorama di presentarsi come un gruppo intellettuale autonomo se pur dichiaratamente funzionale alla politica ufficiale rilevante anche l’apertura dei fascistissimi Amicucci e Gigli ad autori non pienamente consoni al regime come gli ex rondisti Vincenzo Cardarelli e Bruno Barilli e collaboratori di Solaria come Aldo Capasso e Bonaventura Tecchi e infine ex collaboratori del Baretti quali Umberto Saba e Eugenio Montale ciò avvenne solo per assicurare al giornale collaborazione di autori di valore motivo per cui si possa spiegare presenza anche di Moravia i cui libri erano stati banditi dalla Commissione per la bonifica libraria (di cui Amicucci era membro) IL “POPOLO D’ITALIA”: IL GIORNALE DI MUSSOLINI Ruolo particolare rivestito da “Popolo d’Italia” quotidiano nato a Milano il 15 novembre 1914 su iniziativa di Benito Mussolini Giornale organo di battaglia a disposizione del capo del fascismo usato dal duce per consolidare la sua ascesa politica è proprio nel suo ufficio da direttore che ricevette il 29 ottobre del 1922 il telegramma dell’aiutante di Vittorio Emanuele III con l’invito a recarsi a Roma per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo Giorno successivo alla guida posto il fratello Arnaldo Mussolini che mantenne incarico fino alla sua morte nel 1931 Attraverso i suoi interventi, con pesanti interventi su tutta la stampa italiana il giornale elaborava, esponeva, enfatizzava le strategie del capo del fascismo mantenendo sempre vivo il mito dal punto di vista politico Arnaldo cercò di sostenere le ragioni del centrismo mussoliniano si distinse per atteggiamento di notevole prudenza verso la Chiesa cattolica, l’istituzione monarchica e i vertici del mondo imprenditoriale Sotto il profilo editoriale giornale per tutto il ventennio ebbe caratteristiche e toni tipici delle pubblicazioni ufficiali del regime, con quasi totale assenza di dialettica interna e un livello particolarmente alto di militanza di collaboratori (da Polvereli a Podrecca tutti devotissimi al duce) Popolo d’Italia organo sempre uguale a se stesso Da dicembre 1936 con arrivo di Giorgio Pini come capo redattore (ma praticamente come direttore) e su stimolo del duce giornale subì processo di rinnovamento Al Popolo d’Italia fecero capo numerose riviste fra cui “Gerarchia”, “La rivista illustrata del popolo d’Italia”, “Historia”, “Il Balilla”, “L’illustrazione fascista” gestione di queste pubblicazioni pesò notevolmente su bilancio del giornale quadratura per cui contribuirono e le azioni di taglieggiamento operate dalle gerarchie di partito ai danni di molte banche per obbligarle ad acquistare a tariffe sovrafatturate e proibitive pagine pubblicitarie sulle colonne del giornale Quasi tutte le testate nonostante le tirature del giornale non fossero delle migliori 92mila copie nel 1927 (34mila erano abbonati) mostrarono sempre grande deferenza nei suoi confronti ma solo perché sapevano degli stretti rapporti tra Arnaldo e il duce per rientrare nelle grazie del direttore del direttore Arnaldo - molti giornali consideravano un dovere morale offrire gratuitamente le loro primizie giornalistiche al Popolo d’Italia atteggiamento adottato dal direttore dell’Agenzia Stefani, Manlio Morgagni dove disse a Borelli (direttore del Corriere)che non avrebbe potuto dare a vantaggio di un giornale l’opera dei collaboratori dell’agenzia e faceva unica eccezione per il giornale del Duce Il Popolo d’Italia situazione privilegiata che nessuno avrebbe mai contestato pubblicamente anche se era causa di malumori 1936 con Giorgio Pini miglioramento del Popolo d’Italia (negli anni Trenta tiratura arrivata a 140 mila copie) Pini si impegnò per ravvivare l’impaginazione del giornale, ricorrendo a corsivi e a editoriali dal tono graffiante e in cui anche il duce avrebbe fatto sentire la propria voce Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il Popolo d’Italia avrebbe difeso strenuamente le scelte del regime e gli sforzi bellici fino a concludere la sua esistenza in coincidenza con il primo crollo di Mussolini nel luglio 1943 STAMPA NAZIONALE E STAMPA FASCISTA Qualche limitato margine di manovra da parte di una parte della stampa dovuto a diversi elementi Non privo di risvolti Il fatto che editori decidessero di porre alla direzione di una testata un uomo politico e non un semplice giornalista Da una parte la relativa differenziazione tra giornali fu in parte voluta, in parte tollerata, in parte subita dal regime sia per le influenze di particolari contesti ambientali sia per il diverso peso politico dei direttori responsabili sia per scarsa coesione manifestata dagli organi periferici preposti al controllo Spesso lamentele presso ufficio stampa del capo del governo riguardo prefetti e segretari federali che davano diverse interpretazioni alla censura delle notizie alcune testate un po’ più di franchigia rispetto ad altre testate sotto controllo di prefetti più intransigenti A ciò si sommavano a volte interventi fatti per capriccio o giochi di potere legati all’ambito locale A peggiorare efficienza del sistema disguidi di natura tecnica frequente la dimenticanza di contr’ordine su alcuni veti aboliti o sospesi lamentato ad esempio da Maffio Maffii direttore del Corriere in una lettera inviata nel 1928 a Lando Ferretti Anche l’intransigente segretario nazionale del sindacato dei giornalisti Amicucci fu costretto ad ammettere che l’azione di ripulitura aveva impedito diversificazione nell’impostazione politica dei giornali La rivoluzione giornalistica operata dal fascismo secondo Amicucci era riuscita a far sopravvivere una stampa nazionale che operava nell’orbita dello stato e di una stampa fascista che era il vero strumento politico del Regime Stampa fascista non era emblema di un’assoluta coerenza di indirizzo come una stampa di un governo totalitario dovrebbe imporre esistenza di distorsioni e incongruenze avrebbe demotivato a lungo andare i reporters alla ricerca di notizie Molti cronisti finiranno per parafrasare quanto esposto nei comunicati dell’Agenzia Stefani da evitare qualsiasi situazione di contrasto Spesso riproposte metafore o perifrasi o addirittura messo a disposizione dei veri e propri prontuari che a partire da qualsiasi avvenimento si potesse risalire a una qualche massima mussoliniana Furono le pagine di intrattenimento che diedero migliori prove del giornalismo fascista giornalismo più capace di distogliere l’attenzione del lettore dall’occuparsi di questioni politiche piuttosto che a coinvolgerlo con la retorica di regime LE LOTTE FRA QUOTIDIANI I rinnovamenti dei quotidiani avviata negli anni Trenta non esenti da costi il rinnovamento della Gazzetta del Popolo pesò nelle casse della Società idroelettrica piemontese che era tra le proprietarie del giornale dopo il tentativo di scalata avviato da gruppo di industriali capitanato da Giovanni Agnelli per salvare la Sip dal tracollo intervenne Mussolini stesso che nel novembre 1933 trasferì la società nell’Iri Allo stesso tempo Agnelli e Frassati (ex direttore della Stampa) entrarono nel nuovo consiglio di amministrazione che avrebbe avuto riflessi sui rapporti fra i due giornali Marzo 1935 su iniziative di Agnelli la Sip decise di proporre alla Stampa un accordo per raggiungere in tempi stretti sensibili economie e per porre freno alla corsa al rinnovamento patto di non belligeranza tra i due giornali che si estese successivamente anche ai quotidiani milanesi e in particolare al Popolo d’Italia e al Corriere della Sera Il direttore della Gazzetta del Popolo Amicucci dopo l’approvazione della legge 5 febbraio 1934 che aveva creato le corporazioni rivestì ruolo di vicepresidente della corporazione della Carta e della stampa -> decise dunque di svolgere trattativa Prima ricognizione presso direttore del Corriere, Aldo Borelli e presso Vittorio Valletta (membro del consiglio di amministrazione della Stampa) coinvolgendo anche direttore amministrativo del Popolo d’Italia Giulio Barella descrizione del quadro non proprio edificante dello stato della distribuzione dei giornali e cercare un accordo per ridurre le spese esagerate e l’accanimento di una concorrenza cercando convivenza sulla lealtà punti posti per l’accordo da Borelli molti e a detta del direttore amministrativo della Stampa Cesare Fanti erano penalizzanti per i giornali di Torino e fece ostruzione quindi questioni si allungarono fatalmente (es tra i punti abolizione totale di tutti i servizi di trasporto che non fossero quelli ferroviari, abolizione della distribuzione gratuita, dello strillonaggio ecc) Inoltre era prospettata un’anticipazione per i giornali milanesi che non avrebbe permesso ai giornali di Torino di giungere in tempo Amicucci convinse Fanti a limitare le richieste alla questione riguardante la tiratura del Corriere con edizioni di sole 8 pagine per 3 giorni alla settimana fino a cedere per 8 pagine due giorni alla settimana Ad ogni modo sebben raggiunta la firma questione ebbe degli strascichi i quotidiani milanesi chiesero intervento governativo che avvenne il 25 luglio 1936 circolare ai prefetti che dispose il divieto di usare mezzi meccanici per trasporto dei quotidiani al di fuori dei comuni di pubblicazione favore del governo ai giornali milanesi Molte distorsioni a livello di distribuzione continuarono ad operare caso in cui Gazzetta del Popolo di Amicucci durante la guerra di Spagna raggiungeva la vendita di 550 copie al giorno a Siviglia tra i reparti italiani contro le 20 copie di Corriere e Stampa ragioni della sproporzione emersero nella primavera 1937 fiduciario locale Miguel Garcia Palomo con compensi extra differenziava i prezzi dei giornali in modo che la domanda si mantenesse nelle proporzioni desiderate Tensioni fra giornali non superate attraverso la concertazione corporativa ma dagli aiuti erogati dal governo anche in questo ambito prevalse l’obiettivo dell’esecutivo di garantirsi il sostegno dei maggiori gruppi industriali e finanziari del paese 4. La svolta. In Italia come nel Terzo Reich? Mussolini non raggiunse il risultato sperato per la manipolazione della stampa e la propaganda sia per i deboli fondamenti nel campo della sociologia e della psicologia della comunicazione sia in assenza di vere e proprie esperienze simili a quella fascista unica stampa analizzata era quella staliniana Al contrario di Hitler che riuscì a far tesoro dell’esperienza e degli errori compiuti da Mussolini in un decennio di potere In primo luogo, Mussolini non godeva di un potere impositivo assoluto doveva comunque subire una forma di condizionamento da parte degli editori perché non voleva e non poteva assicurarsi i pacchetti di maggioranza dei principali giornali Poi, la scelta di affidarsi per il confezionamento dei giornali almeno in parte allo spirito di iniziativa dei vari direttori che provocò discrepanze Alcuni direttori ebbero accesso di ardore rimproverato anch’esso dal regime infatti duce mandò telegramma al prefetto di Torino nel 1930 invitando a far moderare l’atteggiamento della Gazzetta del Popolo che facendo intendere i miracoli finiva pe sabotare l’opera del governo Aldo Valori disse che in genere i giornalisti si sono adattati al ruolo con indolenza e fiacchezza di carattere e molti direttori sebbene di fede fascista avrebbero adottato linea di relativa tiepidezza Significativo come il direttore del Corriere della Sera Ugo Ojetti scrivesse a Ferretti di evitare neologismi come la parola totalitaria, parola ignota in Italia Caso del “Lavoro” di Genova e la sua relativa indipendenza vista favorito il covare di tendenze pericolose come una linea di avversione alla struttura dello stato fascista (come espresso in un’informativa del 1932) piccoli segnali sintomatici dell’assenza di una pianificazione pienamente funzionale che potesse coordinare gli sforzi in maniera coerente Carenze di un sistema che aveva coinvolto un numero eccessivo di centri di potere apparentemente animati da obiettivi comuni ma condizionati da equilibri interni alle gerarchie fasciste locali Negli anni Trenta un qualsiasi quotidiano nella stessa giornata riceveva: i comunicati ufficiali dell’Agenzia Stefani, le note del capo Ufficio stampa, quelle del prefetto e del segretario federale del Pnf e i telegrammi dello stesso Mussolini giornale in posizione complessa che doveva mediare tra esigenze localistiche e quelle di carattere generale a peggiorare la situazione si aggiungeva l’atteggiamento di un serie di soggetti la cui azione interferiva con quella dell’Ufficio stampa del capo del governo cui erano delegati i compiti di gestione nei campi dell’informazione e della cultura es politica dinamica perseguita dal ministero dell’Educazione nazionale sotto la guida di Giuseppe Bottai Problemi che si riproponevano amplificati nella gestione della propaganda all’estero di cui si occuparono non solo organismi dipendenti dal ministero degli Affari esteri ma anche ambasciate, Pnf e vari enti culturali Se il sistema di manipolazione dell’informazione fosse stato meglio coordinato avrebbe evitato il verificarsi di quei sbandamenti che gli informatori del regime interpreteranno come latente tendenza antifascista Agosto 1933 ascesa del genero di Mussolini Galeazzo Ciano come responsabile dell’Ufficio stampa segno di una svolta per l’organismo I modi meno spigolosi crearono un’atmosfera migliore all’interno dell’Ufficio stampa Una delle prime iniziative predisporre una relazione sull’organizzazione del ministero per la Propaganda e l’educazione popolare tedesco con intenzione di crearne in Italia una analoga Per migliorare la fase di raccolta e distribuzione delle informazioni maggio 1934 fece distaccare dalle prefetture dei sette maggiori centri italiani (Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Palermo) altrettanti giornalisti con il ruolo di addetti stampa 6 settembre 1934 creazione del sottosegretariato per la Stampa e la propaganda alle dipendenze del capo del governo alla guida posto Galeazzo Ciano Processo di ristrutturazione dell’apparto avviato elevazione delle tre vecchie sezioni in cui era organizzato l’Ufficio stampa del capo del governo (Stampa italiana, Stampa estera, Propaganda) al rango di direzioni generali: o o Direzione della Stampa italiana espansione di funzioni e avvio di rapporti stabili con i principali soggetti dell’organizzazione giornalistica: dal sindacato nazionale fascista dei giornalisti all’Istituto di previdenza per giornalisti Direzione generale della Stampa estera estese notevolmente le sue funzioni oltre a raccogliere e vagliare materiale pubblicistico proveniente dagli altri stati e diffondere notizie all’estero riguardanti l’Italia si diede un’organizzazione che potesse aggiornare elenchi dettagliati di tutte le pubblicazioni estere critiche verso il regime in modo da poterne vietare ingresso e circolazione nel paese impresse anche nuovo lancio alla sua azione di controllo sull’operato dei giornalisti stranieri che lavoravano in Italia Il nuovo sottosegretariato avrebbe assorbito da altri ministeri prerogative e competenze, con la scontata resistenza dei titolari delle stesse: Dal ministero delle Corporazioni e dal ministero dell’Interno furono trasferite le competenze sulla produzione e quelle sulla censura cinematografica Dal Commissariato del turismo trasferite le competenze sul turismo Dai ministeri delle Corporazioni, dell’Educazione nazionale e dell’Interno assorbite competenze sul teatro, sulla musica e sulla censura teatrale logica di ciò per centralizzare il controllo coerente su tutto ciò che concerneva la propaganda (giornali, radio), cultura (libri) e tempo libero (cinema e teatro) dunque nuovo organo venne ad assumere caratteristiche di un ministero infatti Ciano ebbe il privilegio di partecipare alle riunioni del consiglio dei ministri da settembre 1934 in base a decreto ministeriale firmato da Mussolini 24 giugno 1935 il sottosegretariato per la Stampa e la propaganda promosso al rango di ministero: o o Rimasero inalterate le funzioni del Pnf sui suoi giornali e quelle dell’Ente radio Rurale e del ministero dell’Educazione nazionale sui programmi radiofonici per le scuole Rimasero in mano al ministero dell’Interno le prerogative sulla censura e i sequestri di giornali tutto ciò strideva con la pretesa del nuovo ministero di riunire in un’unica struttura sia funzioni propagandistiche sia di repressione contro gli abusi Questo problema superato solo nell’ottobre 1935 con l’attribuzione al ministero di Ciano della facoltà di sequestrare in via amministrativa qualsiasi pubblicazione contraria agli ordinamenti politici e sociali posti ancora sotto il ministero Istituto Luce, Discoteca di stato e gli enti provinciali per il turismo Ministero delle Comunicazioni acquisizione delle prerogative di controllo sulla radiodiffusione e sulla televisione il successore di Ciano Dino Alfieri (aprile 1937) creò l’Ispettorato per la radiodiffusione e la televisione 25 ottobre 1936 regio decreto aveva stabilito una nuova ristrutturazione del ministero, ricalcando le 7 sezioni in cui era organizzato il ministero per la Propaganda e l’educazione popolare del Reich: creazione di 6 direzioni generali: o Stampa italiana o Stampa estera o Turismo o Propaganda o Cinematografia o Teatro o Direzione generale per i Servizi amministrativi, gli affari generali e il personale settima, creata poco dopo questo decreto le ultime 4 sezioni riprendevano i nomi alla lettera dell’organizzazione tedesca Stampa italiana ed estera in Germania erano raggruppate con il nome di Stampa mentre le competenze tedesche attribuite alla sezione Radio delegate all’apposito Ispettorato Unica caratteristica che differenziava in maniera significativa i due organismi era la presenza in Italia della direzione per il Turismo, che al suo posto in Germania invece vi era quella dell’Educazione popolare (per Goebbels era uno strumento di Propaganda tra le masse lavoratrici) strategia di trasferimento si riflesse sulla composizione dei quadri dirigenti del nuovo ministero ---> numero di dipendenti del dicastero fece registrare una crescita (1936 dipendenti ministero della Stampa e propaganda: 183 impiegati; 1938: 800 impiegati) Dicastero diventa nel 1937 ministero della Cultura popolare con alla guida Dino Alfieri nel 1938 il Minculpop ottenne prerogativa di trasmette tutti i comunicati predisposti dall’Agenzia Stefani 1939-1940 in cui nel frattempo è passato sotto la guida di Pavolini rileva le competenze su controllo sull’Ente stampa e sull’Ente radio rurale dal Pnf Attività di controllo e di censura ministero della Cultura popolare a fine anni Trenta si trovava a vagliare massa enorme di materiale: o 1937 direzione per la Stampa italiana controllava 81 quotidiani, 132 periodici politici, 3860 riviste e 7000 bollettini parrocchiali o Mole del lavoro di orientamento anche molto vasto 1937 1494 comunicati dal punto di vista pratico la direzione generale della Stampa italiana si occupava di inviare richiami ai giornali, tributare elogi scritti, diramare disposizioni telefoniche, emanare comunicati stampa, inviare notizie desunte dalla stampa estera rapporto giornaliero per il duce e attuava provvedimenti di sequestro e censura (livello di zero evidente dalla censura ad esempio di Eva per alcune fotografie considerate immorali) 24 ottobre 1936 siglato l’ Asse Roma-Berlino avvicinamento tra Italia e Germania rapporto amichevole di Alfieri e Pavolini con Goebbels, il quale nel dicembre 1936 scrisse ad Alfieri che nel campo della tecnica delle notizie i due governi avessero un comune interesse alla collaborazione Maggio 1937 direzione per la Stampa italiana avviò esame su larga scala di alcune pubblicazioni di propaganda pervenute dalla Germania per studiare qualcosa di analogo per le categorie popolari italiane 22 maggio 1939 sottoscritto Patto d’acciaio nuovo rafforzamento legame anche per effetto di una firma a Venezia nell’agosto 1939 di un accordo tra ministro della Cultura popolare Dino Alfieri e il capo ufficio stampa del partito nazionalsocialista Otto Dietrich costituita anche Unione della stampa tedescoitaliana che permetteva ai due ministri di segnalare i temi da trattare e i toni da imprimere questa prerogativa con la guerra si trasformerà in una vera e propria ingerenza soprattutto dei tedeschi Inoltre vi fu anche la pratica da parte dell’ambasciatore italiano a Berlino di inviare gli articoli di Goebbels che saranno poi distribuiti ai vari organi di stampa italiani LE RICADUTE SUI GIORNALI DEL PROCESSO DI CENTRALIZZAZIONE: L’ESPLOSIONE DELLE VELINE Crescita ricorso alle veline istruzioni scritte che proibivano la pubblicazione di una notizia, indicavano il risalto da darle e proponevano ex novo temi e argomenti precisandone impostazione, aggettivazione, lunghezza, contenuti, veste grafico-tipografica e gli scopi da raggiungere Verso le ore 13 Mussolini restituiva al capo Ufficio stampa i comunicati che gli erano stati precedentemente consegnati e che non aveva provveduto personalmente a cestinare il responsabile del dicastero impartiva gli ordini necessari per diffondere il materiale all’Agenzia Stefani o ai giornali del pomeriggio materiale battuto rapidamente con macchine da scrivere in varie copie su carta velina Molte disposizioni indicavano addirittura titolo, carattere di stampa, numero delle colonne, frequenza del ricorso alle lettere maiuscole, proporzioni nell’utilizzo dei sinonimi di ogni singolo articolo Le direttive di massima erano impartite a voce ai giornalisti convocati quotidianamente al Viminale del capo Ufficio stampa di queste i singoli giornali producevano diverse copie per uso interno Le comunicazioni riservate a un singolo giornale inviate per lettera o telegramma dal capo Ufficio stampa es reprimenda del ministro Alfieri al direttore del Corriere della Sera Aldo Borelli (del 17 ottobre 1937) consente di dedurre l’impostazione dura A fine anni Trenta si giunse a 4000 ordini di censura e oltre 400 reprimende indirizzate ai singoli giornali in un anno dai funzionari del ministero I funzionari ministeriali erano persuasi dell’importanza della suggestione e del coinvolgimento emotivo sui meccanismi di fabbricazione del consenso ad esempio cercando di emulare su carta stampata il simbolismo e l’enfasi dei discorsi del duce che coinvolgevano le masse Difficile mantenere sempre viva la tensione attraverso i giornali a causa la ripetizione ossessiva di determinati messaggi per quanto fosse efficace rischiava di divenire un’accettazione passiva degli stessi, che non era quanto auspicato in quanto si voleva elevare il livello di mobilitazione Informazione impostata su titoli, frasi brevi e memorabili che potessero liberare il lettore dalla fatica di riflettere Vi era anche una preoccupazione di non eccedere nei toni per non sfiorare nel ridicolo a questo proposito vi erano informatori del regime che riportavano umori e consenso e in base a questi si aggiustava il tiro Ad esempio resoconto sul fatto che ci fossero fatti menzogneri che non favorissero la benevolenza dell’opinione pubblica, soprattutto all’estero Interventi sulla stampa riguardavano qualsiasi aspetto della vita quotidiana foto o immagini (a prova di quanto ci tenessero all’apparato iconografico) es vennero vietate foro in cui si mostrava la tosatura delle pecore o in cui apparivano persone che si stringono la mano Divieto di dare corpo alla percezione che le cose non funzionassero all’interno del paese es mostrare code, notizie su parti in condizioni eccezionali.. Giornalisti obbligati a inventare fatti di sana pianta o ad obbedire a disposizioni che imponevano di scrivere falsità –> su ciò Dino Alfieri nel 1936 disse che il Ministero non dava ordini segreti ma solo chiarimenti e arrivò addirittura ad affermare che la stampa fascista diceva sempre la verità al contrario di quella democratica che alterava la realtà In quegli anni però interessante che il mestiere del giornalista fosse diventato a livello di salario vantaggioso, ma anche per agevolazioni di carriera politica ciò però doveva far i conti con l’accettazione degli ordini centrali senza remore 1938 approvazione leggi razziali giornalisti costretti dal Minculpop a scrivere un articolo firmato sui difetti della razza Ad ogni modo sebbene il sistema fosse migliorato dopo Ciano esso dava l’impressione di un intervento meticoloso e pervasivo ma non sempre razionale e coerente per quanto fossero zelanti spesso si limitavano ad attendere disposizioni del duce o del ministro stesso Molti dei funzionari in realtà non avevano appropriata preparazione nel campo delle teorie dell’informazione a differenza dei colleghi tedeschi dunque spesso dispensavano direttive banali o contradditorie ad es tra le figure di maggior rilievo, Celso Luciano che era ufficiale dell’Esercito con ottime capacità organizzative ma con una forma mentis da burocrate o l’addetto alla sezione Stampa italiana Gastone Silvano Spinetti assunto per conto di Polverelli e non aveva preparazione per la propaganda I funzionari del Reich ritenevano infatti che i colleghi italiani fossero troppo permissivi nelle direttive alla stampa perché sostanzialmente non sufficientemente preparati i funzionari italiani rispondevano che il regime potesse permettersi di lasciare l’interpretazione ai giornali a differenza della Germania perché i giornalisti italiani avevano lavorato per 17 anni nell’Era Fascista In un rapporto della polizia politica del 1935 viene fatto notare come Alfieri fosse insicuro e non desse disposizioni precise ai giornalisti, non comprendendo neanche le necessità del settore Spesso vi erano anche fughe di informazioni date dall’inefficienza dei servizi della Stampa italiana fughe fatte notare anche dalla pubblicazione di alcune direttive riservate come attestato da Dino Alfieri scrivendolo a Ciano -> che scrive anche che il Duce ha detto di ridurre al minimo le direttive esercitando sui giornali azione più repressiva che preventiva IL RUOLO DELL’AGENZIA STEFANI L’Agenzia Stefani fu la prima moderna agenzia di stampa in Italia Nasce a Torino il 26 gennaio 1853 su modello di altre agenzie grande sviluppo soprattutto grazie all’esclusiva che le fu garantita durante la prima guerra mondiale dei dispacci dello Stato maggiore dell’Esercito e dal 1920 il ruolo di tramite di tutte le informazioni ufficiali dello stato si sviluppò dunque sul modello atipico di impresa privata tanto che per la nomina di direttore e di alcune tipologie di corrispondenti all’estero fosse necessario l’assenso del governo Dall’8 aprile 1924 l’agenzia fu sottoposta al controllo di un fedelissimo di Mussolini ovvero Manlio Morgagni all’epoca l’agenzia contava 14 uffici sparsi per l’Italia e circa 62 addetti, 160 corrispondenti italiani e 12 all’estero 1939 aumento degli uffici 32 (di cui 16 all’estero) 261 corrispondenti in Italia e 65 all’estero Dal punto di vista amministrativo l’agenzia rimase formalmente indipendente, ma di fatto fu posta al totale servizio del fascismo che in cambio le garantì una serie di agevolazioni, finanziamenti, franchigie speciali sulle trasmissioni telegrafiche l’Agenzia inoltre poteva intervenire su indicazione del governo sulle info raccolte attraverso i suoi canali e a trattarle secondo le esigenze della propaganda Presenza di unica agenzia con tali prerogative da un lato garantiva all’informazione la necessaria uniformità dall’altra veniva meno esigenza di crearsi un’organizzazione di raccolta delle notizie ma la presenza di tale apparato rendeva il sistema macchinoso infatti all’agenzia venne data anche la prerogativa di diramare tutti i comunicati ufficiali e i discorsi del partito e le notizie sul duce (competenza che prima spettava solo all’Ufficio stampa) se comunicato della Stefani giungeva in ritardo o non giungeva i direttori erano costretti a non pubblicare il servizio anche se già pronto con i conseguenti danni per giornale e lettori Casi di inefficienza furono tali da indurre molti organi di stampa ad attrezzarsi per captare le agenzie estere al posto dei comunicati Stefani e pubblicare il contenuto di queste in maniera mascherata Notizia subiva percorso macchinoso sottoposta a meccanismo di autocensura del giornalista della Stefani poi giungeva alla sede romana dell’agenzia che operava rimaneggiamenti del caso e sottoponeva nel caso il materiale al giudizio dell’Ufficio stampa notizie trasmesse attraverso comunicati telegrafici dove addetti giornali andavano a ritirarli rielaborazione attuata dal giornalista a cui era affidata la stesura dell’articolo entrava in gioco la censura a posteriori esercitata da ministero per la Stampa e la propaganda o delle prefetture che potevano impedire la sua pubblicazione o la distribuzione del giornale LA CAMPAGNA ANTISEMITA Inizialmente, fatta esclusione alcuni singoli esponenti campagna antisemita rilievo modesto Le posizioni razziste certo non erano estranee al movimento dopo ascesa di Mussolini atteggiamento dello stato verso gli ebrei era stato modificato ma su disposizioni vaghe la posizione ufficiale si raggiunse nel periodo 1936-1943 Stampa dopo approvazione delle leggi compito di convincere i cittadini non solo dell’esistenza ma della rilevanza di un problema ebraico dunque richiesta massima mobilitazione primo segnale dell’avvio di una pianificata politica razziale fascista si ebbe in seguito la conquista dell’Etiopia Tra 1936/1937 nei territori dell’Africa italiana legislazione che imponeva separazione tra italiani e indigeni Furono decisivi i rapporti tra Germania e Italia sulla scelta della persecuzione antiebraica e la presenza nell’entourage di Mussolini di una serie di personaggi di cui erano noti i sentimenti antisemiti come Achille Starace, Emilio De Bono, Galeazzo Ciano ciò convinse Mussolini a dare rilievo alla questione razziale come una lotta per la vittoria della civiltà greco-romana su quella giudeo-cristiana Aprile 1937 uscita del libro di Paolo Orano “Gli ebrei in Italia” dopo questo tutta la stampa si premurò a pubblicare articoli antisemiti A parte un piccolo momento di esitazione di Mussolini sull’effettiva attuazione della campagna dal 1938 tutti i quotidiani si attivarono su questo fronte (anche quelli a maggior tiratura come la Stampa e il Resto del Carlino) vennero boicottate notizie che mettessero in buona luce gli ebrei o che ascrivessero a loro sentimenti e meriti patriottici Quindi si misero ad attaccare chi mettesse in dubbio le ragioni ideali dell’antisemitismo ad esempio il direttore Rino Alessi del “Piccolo” di Trieste mise in dubbio l’approccio meramente biologico del razzismo attaccato duramente da “Il Regime Fascista” di Farinacci Dal “Tevere” e dal “Resto del Carlino” violenta campagna contro gli studenti ebrei profughi in Italia 14 luglio 1938 sul “Giornale d’Italia” di Roma pubblicato con titolo “Il fascismo e il problema della razza il cosiddetto Manifesto degli scienziati razzisti da questo momento stampa si fa dura contro gli ebrei e contro chi li difende Anche lo stesso Mussolini fece risentire la sua voce attraverso un suo articolo non firmato ma a lui attribuibile del 26 luglio sul “Popolo d’Italia” 6 ottobre seduta de Gran consiglio del fascismo diede avallo politico alla persecuzione di stato contro gli ebrei salutata con entusiasmo da tutta la stampa nazionale da allora ogni passo compiuto fu sempre preceduto da violentissime campagne di stampa volte a sensibilizzare i lettori su quanto sarebbe successo Clima di martellanti pressioni sull’opinione pubblica tra settembre e novembre 1938 configurazione di una legislazione razziale compiuta e articolata e così iniziano a esserci le prime pubblicazioni di propaganda razziale “Diritto razzista”, “razza e civiltà” e soprattutto “la difesa della razza” quest’ultimo diretto da Telesio Interlandi -> fu impostato sottoforma di rassegna con vantate pretese scientifiche Fu l’Ufficio studi e propaganda sulla razza sotto il ministero della Cultura popolare a occuparsi della battaglia giornalistica antisemita Legge del 29 giugno 1939 stabilì radiazione dei giornalisti ebrei dall’albo con divieto di esercitare professione dopo la già avvenuta soppressione della stampa ebraica 11 settembre 1938 il Popolo d’Italia dichiarava la presenza di almeno 60 direttori ebrei su 530 giornali stampati a Milano e veniva invocata l’epurazione che diventò legge il 17 ottobre 1938 revoca di gerenza a carico di tutti gli ebrei direttori Settembre 1938 sotto la presidenza del ministro della Cultura Popolare Dino Alfieri insediata la Commissione per la bonifica libraria che fece ritirare le opere di circa 900 autori non solo ebrei ma ritenute non compatibili con i nuovi valori espressi dal fascismo LA MOBILITAZIONE PER LE GUERRE: DALLA CAMPAGNA D’ETIOPIA ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE Mesi precedenti alla guerra d’Etiopia migliori esperienze di controllo dell’informazione maturate dal regime in oltre un decennio di potere In questi particolari frangenti obiettivi di Mussolini contrastare la propaganda antifascista attiva su piano internazionale e creazione di entusiasmo attorno all’impresa perseguiti da un lato con un’azione di denigrazione dell’Etiopia e un’opportuna dosatura dei giudizi anti-inglesi; dall’altro con un’operazione di convincimento dell’opinione pubblica sulla certezza di una guerra giusta e necessaria ricorso a pregiudizi antiafricani Opera dei colonizzatori italiani descritta con tinte edulcorate uomini al fronte quando non in battaglia sembrava si mobilitassero per la costruzione di ponti e infrastrutture per sollevare le popolazioni africane dal loro triste destino tacendo sull’uso di gas, violenze sommarie contro gli indigeni, sulle temporanee sconfitte militari patite dalle truppe e ogni elemento non funzionale all’immagine di una guerra giusta e giustificabile Guerra d’Etiopia permetterà al ministero per la Stampa e la propaganda di perfezionare tecniche usate durante la prima guerra mondiale tanto che gli organismi della propaganda saranno abbastanza pronti per il secondo conflitto mondiale vi sarà poi solo la costituzione di un Ufficio di mobilitazione civile e di un servizio di ascolto radiofonico e radiotelegrafico dall’estero Interessante confezionamento di notizie attivate in occasione della guerra in Africa Orientale preceduta dalla trasformazione del sottosegretariato per la Stampa e la propaganda in ministero autonomo Nelle fasi di preparazione delle operazioni militari il ministero predispose in loco ad Asmara di preciso _> un apposito ufficio stampa gestito da militari ma totalmente politico nei vertici direttivi guida di tale ufficio che fu operativo dal 1° settembre 1935 fu affidata a Raffaello Casertano Fu predisposta la presenza al suo interno di due ufficiali superiori uno del ministero della Guerra e uno del ministero delle Colonie, di due redattori della Stefani e di due funzionari della direzione generale della Stampa estera oltre ad alcuni radiotelegrafisti e alcuni dipendenti dell’Istituto Luce 20 settembre fu affiancato un secondo ufficio stampa per le operazioni del fronte sud a Mogadiscio affidato a Domenico Pettini (deputato fascista) All’Ufficio di Asmara spettava la trasmissione al ministero per la Stampa e la propaganda di tutte le notizie sulle operazioni italiane in Etiopia, raccolta di materiale fotografico e cinematografico, esercizio della censura e inoltro ai quotidiani delle corrispondenze dei giornalisti accreditati e il supporto tecnico e logistico a favore di questi ultimi Dunque, i due uffici di Asmara e Mogadiscio raccoglievano informazioni e le rimaneggiavano telegrafavano tre volte al giorno sotto forma di comunicati ufficiali al ministero delle Colonie Ministero delle Colonie sotto la supervisione del sottosegretario Alessandro Lessona (perché il titolare era lo stesso Mussolini) passava le informazioni ricevute al ministero per la Stampa e la propaganda che taglia e riformulava le informazioni in modo adeguato per darli ai quotidiani Anche i giornalisti inviati sul luogo delle operazioni potevano predisporre le loro corrispondenze ai giornali di appartenenza limitata osservazione diretta degli avvenimenti consentita comunicati ufficiali del ministero precedevano sempre le corrispondenze dal fronte mentre la struttura organizzativa a cui spettava il compito di produrre e divulgare l’immagine ufficiale rimase a Roma Ad ogni modo sterile il ruolo dei corrispondenti in quanto le notizie arrivate ai quotidiani dovessero essere interpretate secondo le disposizioni provenienti dalle prefetture o direttamente dai ministeri Numero elevato di centri di poteri interessati dal tragitto di notizie sollevò una serie di conflitti di competenza e la pretesa dei responsabili dei vari dicasteri di intervenire sui flussi di informazioni con autonome indicazioni carattere macchinoso del sistema Vi fu anche la guerra di Spagna in cui il regime svolse la propaganda ponendo l’accento sull’enfasi e la retorica per alimentare il mito della crociata cattolica e antibolscevica anche il duce sarebbe intervenuto con suoi articoli sul “Popolo d’Italia” da dicembre 1936 in ogni caso numero inviati in Spagna inferiore di quelli in Africa meno coinvolgimento emotivo per la guerra in Spagna rispetto che per quella africana Fu con la Seconda guerra mondiale che crolla tutta l’impalcatura retorica e propagandistica fino a che nel 1942 tutto il pubblico detesta la stampa fascista e i suoi giornalisti IL BILANCIO DI UNA PROSPETTIVA Organizzazione stampa cammino ondivago e non sempre coerente Primo triennio Mussolini fece affidamento alle azioni di intimidazione, censura e rimaneggiamenti più o meno forzati delle proprietà Poi approvazione di una legislazione che dimostrasse buona disposizione verso i giornalisti delegando compito di un modello di stampa fascista a un organo di rappresentanza il Sindacato nazionale fascista dei giornalisti Opera del Snfg del primo decennio contraddittoria da un lato i dirigenti del sindacato si proposero di realizzare un miglioramento del prestigio sociale dei giornalisti (quasi come educatori) e dall’altro li ingabbiarono in ogni sorta di restrizione Conquiste come l’albo dei giornalisti, il contratto di lavoro corporativo, l’istituto di previdenza e l’ufficio nazionale di collocamento -> in realtà funzionali a processo di assoggettamento più che di valorizzazione Dichiarazioni di indipendenza dei giornalisti e dei direttori fascisti dalla grande industria e dal capitale finanziario si scontreranno con l’esigenza per il regime di garantirsi l’appoggio dell’una e dell’altro per conservare il potere Inizialmente modello di modoernizzazione che coniugasse svecchiamento dal profilo tecnico-editoriale e la ricerca di nuove soluzioni in campo professionale con autoritarismo politico, veline e censura A mancare al fascismo furono la forza finanziaria e la convenienza politica per accollarsene in toto il peso subentrando nelle proprietà dei giornali ai grandi gruppi editoriali Inizio anni Trenta svolta Mussolini centralizza il controllo sull’informazione togliendo ai giornalisti fascisti qualsiasi residua pretesa di iniziativa autonomo con pianificazione a priori delle informazioni Tendenza all’imitazione del modello tedesco con uso delle veline e deresponsabilizzazione del ruolo dei giornalisti Con scoppio del conflitto cortocircuito dei sistemi di informazione non liberi buona efficienza nell’alimentare il consenso e maggiore debolezza nell’estirpare il dissenso soprattutto con ampliamento della frattura tra realtà propagandata e quella realmente vissuta L’ULTIMA ESPERIENZA Dopo crollo del 25 luglio 1943 e rinascita del fascismo in versione repubblicana stampa aspirava a mantenere inalterata la sua rilevanza nelle strategie di manipolazione dell’opinione pubblica sebbene il pubblico desse poco credito ormai al fascismo Scarsi margini operativi concessi dai tedeschi dunque Mussolini pensò di giocarsi la carta della propaganda Nuovo regime fascista cercò di creare consenso o comunque contenere il dissenso su un gruppo dirigente screditato dall’opinione pubblica e favorire il sorgere di sentimenti ostili verso i nemici della patria Dopo la nascita della repubblica sociale italiana il ministero della Cultura popolare fu ricostituito e riorganizzato dal giovane ministro Fernando Mezzasoma con decreti che centralizzassero e snellissero la struttura Ispettorato per la radiodiffusione unificato con vecchie direzioni generali per Stampa con i nomi di direzione generale della Stampa e radio interna e di direzione generale della Stampa e radio estera. Cinema e teatro unica direzione dello Spettacolo Le altre funzioni svolte dai prefetti trasferite agli addetti stampa rappresentanti ufficiali del ministro delle province Nelle intenzioni del ministro i direttori dei quotidiani dovevano avere il ruolo di tramiti tra ministero e redazioni Formale abolizione delle norme sulla censura preventiva 22 dicembre 1943 in applicazione ai principi del Manifesto di Verona del novembre 1943 sollevava il problema dell’adeguato controllo sulle redazioni Agosto 1944 apparato propagandistico della Rsi fu completato con costituzione di un Comitato consultivo per la propaganda formato da 5 giornalisti di provata esperienza Organizzazione di Mezzasoma meno complessa e più gestibile di quella del Ventennio ma dovette fare i conti con le inefficienze e i disservizi presenti nelle redazioni senza contare che il grosso dei comunicati ufficiali (80/90%) giungeva ai quotidiani dall’Agenzia Stefani (passata dal 12 marzo 1944 sotto la presidenza di Luigi Barzini senior che si muoveva in difficoltà con le cattive comunicazioni telegrafiche, telefoniche, postali e anche a causa di un dissesto finanziario) Tra gli stessi giornalisti fedeli a Mussolini contrapposizione netta tra chi riteneva di proseguire come prima del crollo e chi pensava fosse necessario un rinnovamento con maggiore indipendenza e libertà dei giornalisti per questo motivo nel dicembre 1943 Mussolini aveva deciso di censurare gli atteggiamenti di molti giornali nelle prime settimane di vita della Rsi però poi il 31 maggio 1941 a fronte delle pubbliche polemiche giornalistiche si convinse a ripristinare fino a nuovo ordine la censura preventiva su tutte le pubblicazioni quotidiane e periodiche In un apparato politico-amministrativo debole come quello della Rsi anche settore stampa non immune ai controlli dei tedeschi -> frequenti lettere dall’ottobre 1943 dal ministro Mezzasoma a Mussolini per indurlo a intervenire presso i comandi germanici La situazione non mutò neanche dopo la concessione di una formale autonomia organizzativa concessa al ministro della Cultura popolare da parte dell’ambasciatore del Reich in Italia Rudolph Van Rahn teoricamente i tedeschi avevano la prerogativa di stabilire quali notizie rientrassero in questa categoria Sovrapposizione dell’azione del ministero a quella invasiva dei tedeschi diventerà problema principale tedeschi che non solo si garantirono diritto alla censura ma si riserveranno il diritto di ordinare la pubblicazione di articoli e direttive sulla tiratura dei giornali Febbraio 1944 agenzia Stefani - stipula accordo con servizio informazioni tedesco Dnb (che diramava u servizio di informazioni italiano per tutti i grandi giornali e per la Stefani che diffondeva a periodici minori) Tedeschi attivarono azione autonoma di propaganda attraverso tre canali soprattutto -> i propaganda Staffel (reparti organizzati territorialmente con uffici a Milano, Bologna e Padova), l’ufficio stampa dell’ambasciata tedesca con sede presso i consolati di Milano, Torino, Genova, Firenze e Trieste che controllavano stampa italiana, infine una rete di fiduciari e informative alle dipendenze di Rudolf Van Rahn Da ottobre 1943 Rahn rese obbligatoria pratica di convocare presso ambasciata tedesca di Fasano del Garda conferenze stampa settimanali a cui erano tenuti a partecipare un rappresentante del Minculpop e la sezione propaganda del gruppo di armate B conferenze davano direttive di massima Neo-fascismo repubblicano fallisce nuovamente pretese di controllo efficace troppe inefficienze tecnicoorganizzative, troppe invadenze dall’esterno Contrasti poi tra giornalisti di tendenze moderate e quelli intransigentemente proiettati su recupero delle radice squadristiche del fascismo con aggiunta di atteggiamenti di ritrosia nell’entrare nella mischia da parte di alcuni giornalisti che si metteranno comunque a disposizione del neogoverno fascista Le testate cattoliche si comportarono spesso con un misto di sentimenti spesso in critica, spesso in lode, talvolta astenendosi dal commentare Dei numerosi quotidiani che avevano appoggiato la linea del partito popolare dopo marcia su Roma e congresso del 1923 pochi mantennero le posizioni soprattutto testate che erano emanazione diretta del partito popolare o nate dopo fascismo per contrastarlo es “Lavoratore” di Torino(fiero oppositore del monopolio fascista), “L’Idea popolare” di Bergamo(chiuso nel 1924), “L’Idea” di Treviso (chiusa anche questa), “Le Battaglie del Mezzogiorno” di Napoli, il “Domani d’Italia” e la “Voce popolare” di Modena Vi erano poi alcune testate la cui esistenza era legata al nome di autorevoli esponenti popolari come “Il Nuovo Trentino” di Alcide De Gasperi o i due organi ufficiali del partito (“il Popolo Nuovo” diretto da Giulio De Rossi e “il Popolo” diretto da Giuseppe Donati) moltissime di queste testate non resistettero alla riduzione delle entrate a causa dei ripetuti sequestri Vi furono molti giornali che però appoggiarono il fascismo almeno inizialmente come la rivista “Civitas” di Filippo Meda o “Il Cittadino” di Genova (finchè diretto da Achille Pellizzari) Vi fu anche stampa filofascista controllata dalle oligarchie conservatrici che riuscirono a teorizzare le congruenze tra gli obiettivi dei fascisti e quelli dei cattolici.