FARMACI DEL SISTEMA NERVOSO
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Antipsiotici
Ansiolitici ed Ipnoinducenti
Antidepressivi
Antiepilettici
Antiparkinsoniani
Anticolinesterasici
Nootropi
Anestetici Generali Polmonari
Anestetici Generali Parenterali
Curarici
Analgesici centrali e locali
Antiemicranici
Antivertiginosi
Antipiretici
Antiepilettici - Maggiori informazioni sull’epilessia
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ANTIPSICOTICI
I farmaci antipsicotici sono utilizzati nei disturbi di tipo psicotico che comprendono schizofrenia,
disordini di tipo affettivo e psicosi secondarie a lesioni del SNC (alcolismo, traumi), in particolare
la schizofrenia, che colpisce l’1% della popolazione mondiale, ed ha carattere familiare.
I segni clinici tipici sono divisi in positivi (allucinazioni e deliri), e negativi (demenza,
impoverimento o perdita delle risposte emozionali e autoesclusione dal contesto socio-ambientale).
L’alterazione della neurotrasmissione dopaminergica è alla base di questa patologia, in quanto gli
emisferi cerebrali dei pazienti schizofrenici subiscono una progressiva atrofia ed il numero dei
recettori di tipo D2 risulta aumentato rispetto al sano.
L’intervento terapeutico si basa sul blocco recettoriale D2-like (D2,3,4). Ciò determina una
facilitazione iniziale della trasmissione dopaminergica con un aumentato rilascio di dopamina
nell’amigdala, nello striato, nell’accumbens e nella corteccia prefrontale, così come un’attivazione
dei nuclei A9 e A10 (vedi trasmissione dopaminergica – fumagalli). L’incremento iniziale tende a
diminuire progressivamente, accompagnato da un’ulteriore aumento del numero dei recettori.
Le classi di farmaci sono divise in due gruppi:
• Antipsicotici tipici o classici: fenotiazinici, tioxantenici e butirrofenonici.
• Antipsicotici atipici: benzamidi, dibenzodiazepinici, difenilbutilpiperazinici (pimozide).
La classe di antipsicotici tipici ha azione sui recettori D2-like e sui recettori α-adrenergici,
serotoninergici, istaminergici, muscarinici.
L’azione sui recettori D2-like si traduce in un effetto antipsicotico, accompagnato, a volte, da:
• Parkinsonismo: legato al tipo ed alla dose del farmaco.
• Discinesia tardiva: patologia tardiva ad esordio brusco, che colpisce il 10% dei pazienti,
caratterizzata da movimenti bruschi del volto, della lingua, degli arti e del tronco.
• Iperprolattinemia: blocco dei recettori dopaminergici sull’adenoipofisi.
Il blocco su gli altri tipi di recettori si traduce in:
• Recettori muscarinici: con aumento della pressione oculare, secchezza delle fauci, ritenzione
urinaria, stipsi.
• Recettori α-adrenergici: ipotensione ortostatica e tachicardia riflessa con sedazione.
• Recettori istaminergici: potere sedativo ed antiemetico.
• Recettori serotoninergici: azione sedativa e possibilità di interferenza con il senso dell’appetito.
La classe di antipsicotici atipici ha effetto antipsicotico e basta, con scarse azioni su altri tipi
recettoriali, ma ognuno con degli effetti collaterali ben precisi.
ANTIPSICOTICI TIPICI
Fenotiazinici
Clorpromazina, Flufenazina e Trifluperazina
Farmacodinamica. Bloccano i recettori D2, ma anche i recettori istaminergici, muscarinici, αadrenergici e serotoninergici.
Farmacocinetica:
• Assorbimento gastrointestinale: presenza di cibo ed antiacidi rallentano l’assorbimento.
• Picco di concentrazione ematica: 2-4 ore per os, molto meno per intramuscolo (no I passaggio).
• Legame proteine plasmatiche: 85%.
• Preferenza di legame: tessuti ricchi in lipidi – SNC, percui Æ
• Emivita plasmatica: 30 minuti.
• Emivita tissutale: anche 30 ore.
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• Metabolismo epatico ed eliminazione renale (1% del farmaco eliminato puro).
• Farmacoinduzione spesso presente soprattutto a livello cerebrale.
Indicazioni e posologia. Indicati nella schizofrenia, così come nel controllo del vomito in caso di
somministrazione di antineoplastici o per vomito da chirurgia.
• Clorpromazina: 300-800 mg/die per os; 25-30 mg/die im.
• Flufenazina: 1-20 mg/die per os; 1-2 mg/die im.
• Trifluoperazina: 6-20 mg/die per os; 1-2 mg/die im.
Reazioni avverse. Parkinsonismo, discinesia tardiva, iperprolattinemia, a volte ipotensione e
sedazione.
Interazioni con altri farmaci. Interferenza con altri farmaci deprimenti il SNC: anestetici, alcol
etilico e oppiacei – aumento. Interferiscono negativamente con gli antiparkinsoniani e levodopa.
Tioxantenici
Fluopentixolo, Clopentixolo, Cloprotixene
Farmacodinamica. Blocco dei recettori D2-like, α-adrenergici e serotoninergici, ma non
muscarinici e istaminergici (no attività antiemetica e no stipsi, secchezza fauci ecc…).
Farmacocinetica. Molto simili ai fenotiazinici.
Indicazioni e posologia. Sono indicati come tranquillanti e antipsicotici e 1 po’ antidepressivi.
• Cloprotixene: 15-45 mg/die fino a 100-600 mg/die per os.
• Fluopentixolo: 2-8 mg/die fino a 20-25 mg/die per os.
• Clopentixolo; 5-25 mg/die per os e 100 mg/die im.
Reazioni avverse. Sindromi extrapiramidali (parkinsonismo), ipotensione ortostatica, agitazione
psicomotoria e iperprolattinemia.
Interazioni con altri farmaci. Interferenza con altri deprimenti.
Butirrofenonici
Aloperidolo, Droperidolo
Farmacodinamica. Blocco D1 e D2-like. Blocco dei recettori H1, alcuni per 5-HT. Scarso blocco
muscarinico e α-adrenergico. Inibiscono i riflessi spontanei e diminuiscono l’attività motoria.
Farmacocinetica.
• Assorbimento gastrointestinale.
• Picco ematico: 3-6 ore dopo per os. 20 minuti dopo im. I picchi decrescono velocemente nei
primi 40 minuti, specialmente per l’aloperidolo, e poi lentamente.
• Legame proteine plasmatiche: 90%.
• Emivita: 12-22 ore per ev e oltre 36 ore per im.
• Metabolizzazione epatica ed eliminazione renale (solo 1% del farmaco eliminato puro).
Indicazioni e posologia. Indicati nelle psicosi e nelle sindromi di ipereccitabilità del SNC, o nella
preparazione alla narcosi. Possono essere utili in caso di nausea e vomito cronici o da intervento.
• Aloperidolo: 2-20 mg/die per os; 2-5 mg/die im.
• Droperidolo:: 25 mg ev.
Reazioni avverse. Parkinsonismo, poco l’ipotensione ortostatica, stipsi, disturbi
dell’accomodazione ecc… Forte iperprolattinemia.
Interazioni con altri farmaci. Con tutti i deprimenti, come gli altri.
ANTIPSICOTICI ATIPICI
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Benzamidi
Levosulpiride
Farmacodinamica. Ha elevata affinità per D2 e niente per gli altri, quindi ha scarsi effetti
collaterali, solo che determina forte iperprolattinemia, ginecomastia e galattorrea.
Indicazioni. Nell’emicranica, nell’apatia e come antidepressivo.
Posologia. 50-75 mg/die come antiemicranico, 200-400 mg/die come antipsicotico.
Dibenzodiazepinici
Clozapina
Farmacodinamica. Ha elevata affinità per i D2-like, soprattutto i D4 che, localizzati nelle strutture
limbiche (nucleo accumbens, corteccia prefrontale ecc…), piuttosto che nel sistema
extrapiramidale, offrono controllo della sfera emotiva e non danno sballo parkinsoniano.
Indicazioni. Antipsicotico in casi refrattari alle terapie convenzionali. Perché?
Reazioni avverse. Turbe dell’emopoiesi Æ AGRANULCITOSI.
Posologia. 50-120 mg/die per os.
ANSIOLITICI E IPNOINDUCENTI
Sebbene l’ansia e l’insonnia abbiano quadri clinici completamente differenti, i farmaci implicati nel
loro trattamento sono gli stessi, in quanto un farmaco ansiolitico ha sempre un certo effeto sedativoipnotico. Fino al 1961 si utilizzavano i barbiturici, che hanno, però, la grossa pecca di avere, a dosi
elevate, la capacità di inibire il centro cardio-respiratorio e di bloccare il sonno REM; sono
utilizzati, al giorno d’oggi, solo in campo anestesiologico e per la cura di alcune forme di epilessia.
Le benzodiazepine, i glicolici e gli antagonisti recettoriali della serotonina sono, ad oggi, usati per
l’ansia e per indurre il sonno. In particolare le benzodiazepine costano poco e non hanno gravi
effetti collaterali. Gli antagonisti recettoriali della serotonina hanno, inoltre, anche particolari
indicazioni nelle turbe dell’umore – vedi Antidepressivi.
Benzodiazepine – BDZ
Diazepam, clordiazepossido, clorazepato, prazepam, medazepam, nordiazepam, lorazepam,
oxazepam, flumazenil
Farmacodinamica. Ne esistono circa 20 per l’uso clinico.
Le loro azioni consistono in:
• Riduzione dell’ansia e dell’aggressività.
• Sedazione ed induzione del sonno.
• Riduzione del tono muscolare e alterazione della coordinazione motoria.
• Attività anticonsulvivante.
• Non bloccano il centro cardio-respiratorio.
• Non bloccano il sonno REM.
Questi effetti si esplicano grazie al riconocimento specifico di un sito sui recettori GABAA, sui
quali hanno un potente effetto stimolatorio, con aumento della frequenza dell’apertura di questi
recettori-canale al cloro; ciò si traduce in una attività ansiolitica. Sia il GABA che le BSZ si
comportano come modulatori allosterici positivi dei GABAA.
L’esistenza di un sito per le BDZ ha fatto presuppore la presenza di uno stimolatore endogeno. Le
molecole identificate sono un polipeptide di 18 aminoacidi, definito ODN (Octo-DecaNeuropeptide), ed un derivato β-carbolinico, definito CCE, ma sono agonisti inversi, in quanto sono
ansiogeni ed anticonvulsivanti. ! Esistono, probabilmente, altre molecole di origine extranervosa,
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probabilmente di origine epatica, coinvolte nelle alterazione di tipo neuropsichiatrico in caso di
patologie epatiche. Il trattamento con agonista selettivo quale il flumazenil può servire per
controbilanciare queste alterazione
Farmacocinetica, Indicazioni e Posologia.
BDZ ANSIOLITICHE
Le BDZ come diazepam, clordiazepossido, clorazepato, prazepam, medazepam sono
metabolizzate a nordiazepam. Questi ha emivita di circa 30 ore e ciò spiega perché molte BDZ,
anche se somministrate a intervalli regolari, hanno una lunga durata d’azione.
• Somministrazione per os.
• Picco massimo di emoconcentrazione dopo circa 1 ora.
• Ev (diazepam in caso di grosso male).
• Im comporta assorbimento lento.
• Legame alle proteine del plasma 80-90%; hanno alta solubilità e si accumulano nei tessuti con
molti lipidi, superano il filtro placentare.
• Volume di distribuzione molto alto, circa 1L/kg.
• Metabolizzazione epatica ed eliminazione dei glucurono-coniugati per via renale.
• Aumento degli effetti nell’anziano per diminuzione dell’attività epatica.
Queste sono indicate nella terapia ansiolitica, grazie all’emivita più lunga (20-70 ore), tutti per os:
• Diazepam: 5-40 mg; ev 1-2 mg fino a 10 mg è usato nello stao di male epilettico.
• Clordiazepossido: 10-100 mg.
• Clorazepato: 10-30 mg.
• Medazepam: 10-50 mg.
• Desmetildiazepam: 5-10 mg.
• Clobazam: 10 mg. Insieme al clonazepam sono usati come farmaci di seconda scelta nelle crisi
di piccolo male (2 mg/3-4 volte/die).
• Nitrazepam: 5 mg.
• Flunitrazepam: 2mg.
Diazepam e Clonazepam usati anche come rilassanti muscolari.
BDZ IPNOINDUCENTI
Le BDZ come il lorazepam e l’oxazepam hanno un’emivita molto più breve e, grazie a questa
proprietà sono utilizzati come ipnoinducenti e nelle depressioni ansiose.
• Lorazepam: 1-2 mg per os prima di coricarsi.
• Temazepam: principale metabolita attivo è l’oxazepam; 10-20 mg per os prima di coricarsi.
• Triazolam: emivita di 4-5 ore; 0,25-0,50 mg per os prima di coricarsi.
BDZ AD ATTIVITÀ AGONISTA
Discorso a parte va fatto per il flumazenil, che è una imidazobenzodiazepina con attività
antagonista per il sito delle BDZ. Ha un’emivita molto breve ed è metabolizzato ad acido
carbossilico, escreto al 90% con l’urina. È usato a dosagi di 0,2-1 mg in anestesia, nel trattamento
delle intossicazioni da barbiturici e nella encefalopatia epatica.
REAZIONI AVVERSE
• Effetti tossici da somministrazione acuta: no cardio-repressione, ma sballo. Usare flumazenil.
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• Reazioni avverse da dosi terapeutiche: sonnolenza, stati confusionali, difficoltà di coordinare i
movimenti volontari. Con trattamento cronico, perdita di efficienza.
• Tolleranza e dipendenza da BDZ: legate a variazioni recettoriali. Si possono riscontrare crisi
d’astinenza dopo interruzione brusca di trattamenti per 2-4 mesi. Si manifestano con
peggioramento dell’ansia, nervosismo, vertigini, tremori, rigidità muscolare, diarrea,
• Varie: astenia, stati confusionali, agitazione e aggressvità, irritabilità, aumento peso corporeo,
perdita libido ed eiaculazione, disturbi cerebellari, aumento sudorazione.
Interazioni con altri farmaci. Potenziamento dell’attività di altri neurodeprimenti, anche alcol!
Benzodiazepine di seconda generazione
ZOLPIDEM, CGS 9896, TRIFLUADOM
Non fanno né più né meno di quelli di prima generazine. In particolare lo zolpidem, per la breve
durata d’azione, ha grande attività ipnoinducente rispetto alla anticonvulsivante ed ansiolitica.
GLICOLICI
MEPROBAMATO, MEBUTAMATO, TIBAMATO
Meprobamato
Questi ha intensa attività rilassante la muscolatura volontaria (effetto ansiolitico secondario), ed è in
grado di bloccare i riflessi polsinaptici. È somministrato per os 200-400 mg/3-4 volte/die.
Raggiunge picco massimo in 1-2 ore. Ha un’emivita plasmatica di circa 10 ore. È metabolizzato a
livello epatico ed è escreto con le urine. Determina induzione degli enzimi metabolizzanti, per cui
determina farmacoabitudine.
Mebutamato
Ha attività minore del cugino sopra. Ha forte attività ipotensivante centrale, potendo essere
somministrato alla dose di 150-300 mg/2-3 volte/die in associazione ad altri farmaci antipertensivi.
ANTAGONISTI E AGONISTI RECETTORIALI DELLA SEROTONINA
RITANSERINA, SUMATRIPTAN, BUSPIRONE
Anche la 5-HT potrebbe essere implicata nella genesi dell’ansia perché:
• Le BDZ hanno attività inibente anche sui nuclei del rafe.
• La distruzione sperimentale di questi neuroni previene l’insorgenza dell’ansia.
Ritanserina
È un antagonista dei recettori 5-HT2; somministrata per 10-20mg per os ha spiccata attività
ansiolitica.
Agonisti recettoriali pre-sinaptici 5-HT1A
Questa famiglia di farmaci agisce sui recettori presinaptici 5-HT1A che determinano, una volta
attivati, aumento dell’attività autoinibente sui neuroni serotoninergici nel nucleo del rafe. questi,
come le BDZ, necessitano un tempo di latenza prima di avere effetti terapeutici.
Buspirone
Alla dose al die di 20-30 mg; ha emivita media di eliminazione di 2-3 ore. È escreto principalmente
con le urine ed in forma metabolizzata.
Sumatriptan
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Attiva anche i recettori 5-HT1D, presenti principalmente a livello della S.N. alle dosi di 50-100 mg è
usato come ansiolitico, mentre alle dosi maggiori di 100 mg ha attività antiemicranica.
Questi farmaci non hanno effetti collaterali quali sedazione, incoordinazione motoria e astinenza,
ma possono determinare nausea, astenia, cefalea o vertigini.
ANTIDEPRESSIVI
I disturbi psichiatrici che riguardano il tono dell’umore si differenziano dalla schizofrenia perché
sono caratterizzate dalla comparsa, più o meno ciclica, di depressione e/o mania. La depressione si
inquadra come sfiducia in se stessi, apatia, senso di colpa ingiustificato, riduzione dell’attività
motoria e incapacità di prendere deicisioni. La mania è l’opposto, ovvero il soggetto ha troppa
fiducia in se stesso, è esuberante. La depressione è bipolare se si alternano depressione e mania,
unipolare se è solo depressione.; quest’ultima può essere endogena, definita psicotica, ed esogena,
definita reattiva o neurotica, derivante da condizioni o eventi socio-ambientali.
Alla base di questi disturbi si suppone vi siano alterazioni e modificazioni specifiche in alcuni
sottotipi recettoriali per NA e 5-HT (teoria monoaminergica).1 Questi dati permettono di effettuare
terapie con farmaci che aumentano la concentrazione di NA e 5-HT negli spazi extracellulari.
Sebbene le modificazioni biochimiche sul turnover di questi neurotrasmettitori siano immediate, gli
effetti terapeutici si presentano dopo almeno 2-3 settimane. Il farmaco determina, inizialmente,
una desensibilizzazione recettoriale: in particolare induce riduzione del numero e della sensibilità
di recettori β e α2, e, nonostante aumenti la concentrazione di 5-HT nei nuclei del rafe, induce
desensibilizzazione dei recettori in aree come la corteccia prefrontale. Al termine di questo periodo
di desensibilizzazione, le concentrazioni di amine, già alte, possono agire sui recettori, in modo tale
che il farmaco esplichi il suo effetto farmacologico.
! Un ruolo importante, in questo caso, è fornito da farmaci antagonisti selettivi 5-HT1A
presinaptici: questi farmaci svolgono una azione facilitatoria nel release di 5-HT e consentono di
potenziare il rilascio di serotonina nella corteccia prefrontale già dopo le prime somministrazioni di
antidepressivi. Ciò permette, quindi, di ridurre il periodo di latenza del farmaco e potenziare i suoi
effetti.
ANTIDEPRESSIVI TIPICI
Antidepressivi Triciclici
IMIPRAMINA, DESIPRAMINA, CLOMIPRAMINA, AMITRIPTILINA, NORTRIPTILINA, PROTRIPTILINA
Questi farmaci sono molecole a struttura fenotiazinica con differenza che l’anello centrale presenta
un atomo aggiunto.
Farmacodinamica. Bloccano selettivamente i carrier di membrana atti al reuptake, con accumulo
di NA e 5-HT. Si legano, inoltre, con bassa affinità, ai recettori muscarinici ed istaminergici
bloccandone l’attività. Bloccano, inoltre, diversi recettori per la serotonina.
Farmacocinetica.
• Somministrazione ed assorbimento per os.
• Legame con proteine plasmatiche 90-95%.
• Volume di distribuzione molto ampio: presenza di diversi siti di legame aspecifici in molti
tessuti Æ bassa percentuale di eliminazione e sequestro extravascolare (dialisi poco efficace).
1
Nel SN di alcuni soggetti depressi è stato riscontrata una minore concentrazione del metabolita della serotonina 5HIAA. Contraddizioni: alcuni farmaci come amfetamina e cocaina che aumentano le concentrazioni di amine negli
spazi extracellulari non eliminano la depressione, creando euforia nel sano. In più i farmaci β-adrenolitici e
serotoninolitici non inducono depressione.
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• Emivita plasmatica: imipramina e desipramina 8-20 ore, protriptilina fino a 75 ore.
• Metabolizzazione: N-demetilazione ed idrossilazione formano metaboliti attivi, glucuroconiug.
• Eliminazione con le urine.
Indicazioni e posologia. Sono indicati nei disordini dell’affettività con successo del 60-80%. Altre
indicazioni sono l’enuresi, dolore cronico indefinito, stati fobici ossessivo-compulsivi, catalessia/
narcolessia, attacchi di panico. Sono somministrati per via orale, e la concentrazione massima è
stabilita empiricamente, e ci si ferma a 150 mg raggiunta aumentando di 25 mg ogni 2-3 giorni.
• Clomipramina e desipramina: da 75 a 300 mg.
• Nortriptilina: da 75 a 150 mg.
• Amitriptilina: da 75 a 200 mg.
• Protriptilina: da 20 a 40 mg.
Reazioni avverse. In base all’attività muscarinolitica si possono preentare secchezza delle fauci,
stipsi, visione sfuocata, ritenzione urinaria ecc… In base all’attività istaminolitica si può presentare
sedazione. L’aumento della concentrazione di NA nei centri vasomotori del tronco encefalico
sarebbe responsabile dell’ipotensione ortostatica.
Interazione con altri farmaci.
• Farmaci deprimenti il sistema nervoso: depressione dei centri bulbari cardio-respiratori, come
l’alcol etilico.
• Farmaci che competono per gli enzimi microsomiali epatici: neurolettici ed altri; aumento delle
potenzialità per metabolizzazione epatica.
• Farmaci che si legano alle proteine plasmatiche: ASA, fenilbutazone o altri; potenziamento.
• Antipertensivi bloccanti i neuroni adrenergici: guanetidina e betanidina; dato che utilizzano gli
stessi carrier per le monoammine inattivati dai triciclici. Possono essere inattivati e creare crisi
ipertensive.
• In caso di abuso per suicidio: stato di delirio, allucinazioni con depressione delle funzionalità
neurovegetative con aritmie di natura centrale (irresponsive al trattamento con β1-adrenergici –
uso di fisostigmina, farmaco inibente il metabolismo dell’Ach a livello sinaptico).
INIBITORI DELLE MAO-A
FENELZINA, IPRONIAZIDE, PARGILINA, CLORGILINA, TRANILCIPROMINA
Le MAO-A metabolizzano principalmente NA e 5-HT e sono i bersagli molecolari delle I-MAOA.2 Questi farmaci si legano in maniera covalente ed irreversibilie a questi enzimi, bloccandone
l’attività anche per settimane. Questi farmaci giocano un ruolo importante, inoltre, nel metabolismo
di amine esogene, come la tiramina (vino, formaggi). Il blocco delle MAO-A è responsabile dei
gravi effetti collaterali legati all’assunzione di alimenti contenenti amine esogene.
Farmacodinamica. Gli I-MAO-A impediscono il metabolismo endocellulare di NA 5-HT,
aumentandone la concentrazione; sono maggiori, quindi, le molecole che sfuggono ai trasportatori
vescicolari e che raggiungono liberamente lo spazio extra-cellulare. Come i triciclici, anche gli IMAO hanno effetti terapeutici dopo alcune settimane, in quanto è stata osservata
desensibilizzazione dei recettori β-adrenergici e di alcuni autorecettori per 5-HT. A differenza dei
triciclici questi farmaci non inducono sedazione, bensì inducono, per lo meno nelle prime
settimane di trattamento, stato di euforia ed eccitazione.
Farmacocinetica.
• Assorbimento rapido per os.
• Attività biochimica già dal 2° giorno, ipereccitabilità ed euforia prima settimana, effetti
terapeutici dalla seconda o terza settimana
2
Le MAO-B metabolizzano principalmente la DA e la selegilina, un I-MAO-B, è utilizzata nella terapia del Parkinson.
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• Effetto pirata: legame covalente ed irreversibile delle I-MAO con effetti duraturi a distanza,
anche 2-4 settimane dalla sospensione della terapia.
• Metabolismo con scissione del gruppo idrazinico, con la formazione di metaboliti attivi,
inattivati mediante acetilazione.
Indicazioni e posologia. Sindromi maniaco-depressive. Per os. Il dosaggio varia:
• Iproniazide: 20-50 mg/die.
• Fenelzina: 45-75 mg/die.
• Tranilcipromina: 10-30 mg/die.
Reazioni avverse.
• Effetti cardiovascolari: ipotensione ortostatica. Può sembrare assurdo in base all’aumento di NA
nei centri bulbari, ma è, probabilmente, spiazzata nelle terminazioni da DA e octopamina.
• Attività atropino-simile: secchezza fauci, stipsi, ritenzione urinaria, visione sfuocata ecc…
• Aumento dell’appetito: diventi un secchio di merda assurdo.
• Effetti epatotossici: negli epatopatici non somministrare fenelzina e iproniazide.
Interazioni con altri farmaci.
• Sensibilizzazione ai simpaticomimentici indiretti: grazie all’accumulo di catecolamine.
Tiramina può determinare crisi ipertensive.
• Triciclici: crisi ipertensive ed ipereccitazione, aumento dell’attività motoria.
• Sintomatologie abnormi da alterazioni del metabolismo: petidina (analgesico oppioide) – severa
iperpiressia con grave ipotensione e coma. Si formano metaboliti assurdi neurotossici.
ANTIDEPRESSIVI ATIPICI O DI SECONDA GENERAZIONE
Questi nuovi farmaci non sembrano essere più efficaci degli altri, ma hanno di gran lunga migliore
tollerabilità e sono dotati di scarsi effetti collaterali.
Inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina
FLUOXETINA, SERTRALINA, FLUVOXAMINA, PAROXETINA, CITALOPRAM
Fluoxetina
Questo farmaco blocca la ricaptazione e non sembra avere interferenze con altri n.t. L’emivita del
farmaco e del suo metabolita attivo norfluoxetina è misurabile in giorni. possono modificare
l’attività di enzimi accoppiati al citocromo P-450 e la loro concentrazione può aumentare con
triciclici. È somministrata per os, 20-80 mg/die ed ha indicazione nei disturbi bipolari e negli
attacchi di panico. Non sono presenti altri effetti, come sedazione ed effetti anticolinergici, ma
possono presentarsi nausea, vomito e ansia. In associazione con altri antidepressivi si possono
manifestare ipertermia, rigidità muscolare, mioclono, disturbi neurovegetativi e di tipo psicotico.
Aspettare perlomeno 2 settimane per cambio terapia.
Sertralina
Si è dimostrata in vitro molto più efficace, ma subisce l’effetto di primo passaggio ed il suo
metabolita attivo N-desmetil-sertralina è efficace al 10% e l’emivita si riduce di molto, fino a 2236 ore. Può interferire con P-450. È indicata nei disturbi bipolari e unipolari. Si somministra per
os, da 50 a 250 mg/die max. Ha effetti secondari atropino-simili.
Fluvoxamina
È assorbita molto per via orale. La sua metabolizzazione non forma molecole attive e l’emivita è
molto bassa (15 ore). È usata per la depressione e può essere somministrata con dosi da 100 a 300
mg/die. È da evitare l’associazione con gli I-MAO-A. Nausea, emicrania e insonnia possono
accompagnare la somministrazione.
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Paroxetina
È la migliore. Ha assorbimento orale del 100% con una emivita di circa 24 ore, data l’assenza di
metaboliti attivi. È indicata nella depressione. Ha pochissimi effetti atropino-simili (affinità 15
volte minore rispetto agli altri) e non lega i recettori serotoninergici. È somministrata
giornaliermente: 20-30 mg. Può causare nausea e sonnolenza.
Citalopram
Blocca la ricaptazione di 5-HT e determina up-regulation degli α1 e down-regulation dei β2. Ha
emivita di circa 33 ore. I metaboliti sono poco attivi. Si somministra per os 10-30 mg/die. Si
sconsiglia l’uso con altri antidepressivi.
Bloccanti reversibili delle MAO
MOCLOBEMIDE E BROFAROMINA
Determinano inibizione dei processi di deaminazione di NA, 5-HT, H e della sessa DA. Confrontati
con il triciclico amitriptilina, gli effetti non variano. Sembrano avere, però, minori effetti collaterali
e risultano efficaci nel ridurre ampia varietà di sindromi depressive. Per os 10-40 mg/die.
Benzodiazepine
ADINAZOLAM, ALPRAZOLAM
Sono molecole triazolobenzodiazepiniche in grado di sensibilizzare i neuroni ippocampali alla 5HT. Determinano dipendenza e perciò sono poco usati.
AGONISTI PARZIALI DEI RECETTORI 5-HT1A
BUSPIRONE, IPSASPIRONE, GEPIRONE
Quando le concentrazioni di 5-HT sono molto basse, il Buspirone (controlla anche ansiolitici –
ipnoinducenti) agirebbe attivando i recettori per la serotonina, rispristinando il tono serotoninergico.
Insieme ai derivati gepirone e ipsapirone è usato nei disturbi bi- ed unipolari. Per os 10-30 mg/die.
Farmaci a struttura eterociclica
MIANSERINA
La mianserina blocca i recettori α1 e α2 post-sinaptici, i recettori 5-HT2 e 5-HT1C e H1, legando
molto poco ai recettori muscarinici. È ottimo antidepressivo, ma ha potere sedativo, pochi effetti
atropino-simili, ma ha gravi effetti collaterali come agranulocitosi e anemia aplastica. Evitare le
associazioni con I-MAO, si somministra per os 10-30 mg/die.
Solfo-Adenosil-L-Metionina – SAMe
È distribuito in un cuofano di cellule per l’omeostasi di diversi processi cellulari, come la
permeabilità di membrana e, nei neuroni, nel metabolismo di n.t.. È utilizzato in sintomi
depressive da alterato turnover di NA o 5-HT o alterata sensibilità β: depressione. È anche usato
nell’artrosi primaria o secondaria, nelle mialgie, nelle periartriti scapolo-omerali, nelle
lombosciatalgie, negli stati dismetabolici quali insufficiente transmetilazione e transulfurazione. Ev
o im 100/200 mg/die/15-20 giorni a cicli.
Litio
Farmacodinamica. È un catione monovalente che mima l’azione del sodio durante il potenziale
d’azione, ma resta intrappolato nelle cellule. Determina una perdita di potassio. L’aumento di litio
sembra aumentare il release di n.t. Il blocco della via dell’inositolo fosfato semrbra, inoltre,
interferire con recettori metabotropici inibendo diverse neurotrasmissioni.
Farmacocinetica.
• Assorbimento gastro-intestinale.
• Picco di concentrazione massima in 4-8 ore.
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• Eliminazione in urine: 50% nelle prime 12 ore e poi il resto nell’arco di 1 settimana
(intrappolamento).
• Necessità di monitoraggio: concentrazione terapeutica 0,8 – 1,5 mmol/l.
Indicazioni. Stati maniacali.
Reazioni avverse.
• Poliuria seguita da sete per inibizione della vasopressina.
• Ritenzione sodica ed iperincrezione di aldosterone.
• Alterazioni tiroide.
• Nausea, vomito, tremori, stato confusionale, convulsioni, coma.
Interazioni con altri farmaci. Aumento tossicità con aloperidolo e diuretici tiazidici.
Elettroshock – Terapia Elettroconvulsiva
La terapia elettroconvulsiva sembra essere efficace al 60-80% nel trattamento delle crisi maniacodepressive. L’unico elemento biochimico a favore, però, risulta essere la riduzione del numero e
della sensibilità dei recettori β-adrenergici.
ANTIEPILETTICI
L’epilessia (crisi epilettica) rappresenta un insieme di patologie di interesse neurologico che hanno
alla loro origine l’ipereccitabilità di una più o meno limitata popolazione neuronale, con la
comparsa di una sintomatologia clinica identificata nella crisi. La malattie epilettica interssa lo
0,5% della popolazione e si manifesta in forme molteplici (idiopatica o secondaria). Le crisi
prevedono l’insorgenza dell’alterazione bioelettrica epilettogena in un focus più o meno
circoscritto: i neuroni interessati hanno un’aumentata capacità di scaricare impulsi ad alta frquenza,
che possono diffondere o meno alle zone circostanti. È divisa in due gruppi principali: crisi parziali
e crisi generalizzate. Le crisi parziali prevedono l’insorgenza della scarica epilettogena in un focus
specifico e che si diffonde alle zone vicine. Le crisi generali prevedono l’insorgenza della scarica
epilettogena contemporaneamente in diverse zone del SN. Le crisi parziali ad evoluzione
generalizzata sono crisi inizialmente parziali ove la scarica epilettogena colpisce, poi, tutto.
CRISI PARZIALI
Sono divise in semplici e complesse:
• Semplici: sintomatologia variabile da fenomeni vasomotori o neurovegetativi, fino a
modificazioni della sfera affettiva, senza mai perdita della coscienza.
• Complesse: si accompagnano sempre a perdita della coscienza.
• Crisi parziali con evoluzione a crisi generalizzate.
Tali crisi durano qualche minuto e dopo il recupero il soggetto non ricorda nulla. ! Il focus
epilettogeno è, in genere, nel lobo temporale.
CRISI GENERALIZZATE
Si dividono in convulsive e non convulsive:
• Convulsive: crisi cloniche, tonico-cloniche.
• Non convulsive: assenze, crisi miocloniche, toniche, atoniche.
Tali crisi prevedono sempre la perdita della coscienza. Esiste, inoltre, un altro piccolo gruppo di
crisi, non rispondenti, però, alla attuale classificazione (crisi non classificabili).
Si verifica perdita della coscienza se si ha compromissione della FRA e tronco encefalico. SI
verificano disturbi di tipo neurovegetativo se è colpito l’ipotalamo ant/post.
MECCANISMI ALLA BASE
I meccanismi alla base dell’ipereccitabilità neuronale sono tutti di plasticità sinaptica che si
accompagnano a modificazioni di varie popolazioni recettoriali a livello della membrana cellulare.
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• Kindling: una serie di impulsi a bassa frequenza, se somministrati ogni giorno per qualche
settimana ad una popolazione nuronale, induce uno stato di ipersensibilità per cui questi
stimoli, inizialmente inefficaci, saranno in grado di indurre crisi epilettiche.
• LTP: long term potentiation; vedi trasmissione glutammatergica (030).
• PDS: paroxysmal depolarising shift; effetto di depolarizzazione parossistica; è un evento
elettrofisiologico tipico del neurone epilettico. È un plateau di depolarizzazione.
• PTP: post-tetanic potentiation; progressivo aumento dell’efficienza sinaptica con aumento della
liberazione dei neurotrasmettitori in risposta a treni di stimolazione.
In questi eventi sembrano essere implicati alterazioni del sistema glutammatergico (eccitatore) e
GABAergico (inibitore).3 Le attuali terapie farmacologiche prevedono, infatti, modulazione dei
recettori GABAergici e/o glutammatergici, conivolti nel regolare l’eccitabilità di membrana.
FARMACI ANTIEPILETTICI TRADIZIONALI
Questi farmaci risolvono solo per il 50-80% l’incidenza o la gravità delle crisi. Effetti collaterali:
• Acuti non dose-correlati: rash cutanei, leucopenia, piastrinopenia, epatotossicità e pancreatiti.
• Acuti dose-correlati: sonnolenza, irritabilità, ipotonia, reazioni psicotiche, disturbi cerebellolabirintici, disturbi gastroenterici.
• Cronici: neuropatie degenerative centrali e periferiche, fenomeni autoimmuni, iperplasia
gengivale, epatopatia e anemia megaloblastica.
Fenobarbital
Farmacodinamica. È un barbiturico che, al contrario degli altri tipicamente sedatici (pentobarbital,
tiopental ecc…) ha forte potere anticonvulsivante (anche antispastico), riducendo la durata e
l’intensità delle convulsioni:
• Si lega ad un sito specifico per i GABAA all’interno del canale al cloro, aumentando l’attività.
• Riduce l’iperattività dei singoli neuroni.
• Azione aspecifica su assetto lipidico di membrana – stabilizzazione.
• Effetti sui canali al cloro con modificazione della capacità di sblocco.
• Affinità per alcuni AMPA e KA con blocco funzionale.
Farmacocinetica.
• Assorbimento gastrointestinale.
• Legame al plasma al 50%.
• Emivita da 50 a 150 ore.
• Metabolizzato al 75% in fegato; altro 25% nelle urine puro (acido bebole – alcalinizzazione
aumenta la sua quota escreta).
• Determina forte farmacoinduzione anche degli enzimi metabolizzanti – riduzione emivita.
Indicazioni e posologia. Per os, im, ev 0,03-0,1 g/3-4 volte/die. È indicato per le crisi parziali e
generalizzate con convulsioni tonico-cloniche.
Reazioni avverse. Effetto sedativo (si preferisce la fenitoina), determina anemia megaloblastica,
reazioni di ipersensibilizzazione e osteomalacia.
Interazione con altri farmaci. Determina riduzione delle concentrazioni plasmatiche di:
digitossina, desametasone, prednisolone, clorpromazina, vitamina D (osteomalacia), contraccettivi
3
Pretrattamento con antagonisti selettivi per i recettori NMDA prevengono la formazione di LTP. Il trattamento
profilattico per un paio d’anni con farmaci anticonvulsivanti può ridurre l’incidenza di crisi epilettiche post-traumatich
in soggetti che avevano riportato una lesione cerebrale di tipo focale.
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orali (perdita di effetto), warfarin, diazepam, chinidina, β-bloccanti, triciclici, fenitoina – necessario
aumentare le dosi.
FENITOINA
Farmacodinamica. Ha effetti sovrapponibili a quelli del fenobarbital (eccetto azione su GABAA):
• Interferenza con i canali al sodio.4
• Farmaco uso-dipendente: si lega ai canali al sodio solo quando attivi (non interferisce
normalmente, ma frena i treni di scarica ad alta frequenza).
• Riduzione entrata di Ca2+: blocco di enzimi Ca2+-dipendenti (anche le chinasi) – effetti inibitori.
Farmacocinetica. Ha struttura simile al fenobarbital.
• Assorbimento gastrointestinale.
• Legame plasmatico al 90%.
• Metabolismo: ossidazioni e coniugazioni con induzione. Eliminazione con urine.
• Saturazione metabolica: oltre le concentrazioni range terapeutico si ha saturazione degli enzimi
del suo metabolismo, con l’aumento delle concentrazioni del farmaco e sballo di effetti.
• Range terapeutico molto ristretto: 40-100 µM – necessario monitoraggio.
Indicazioni e posologia. Per os 100mg/2-8 volte/die. Nelle crisi parziali e gener. convulsive.
Reazioni avverse. Si presentano per concentraizoni > 150-200 µM:
• Neurologiche: atassia, cefalea, stato confusionale, NO SEDAZIONE.
• Ematologiche: anemia megaloblastica.
• Altre: iperplasia gengivale, irsutismo, rash cutanei, malformazioni fetali (palatoschisi).
Interazion con altri farmaci. Spiazzamento (salicilici, fenilbutazone) e farmacoinduzione
(fenobarbital – alterazione del metabolismo della fenitoina).
CARBAMAZEPINA
Farmacodinamica. Si correla ai triciclici. Determina interferenza con la conduzione per il sodio e
previene i PTP.
Farmacocinetica.
• Assorbimento gastrointestinale lento.
• Max concentrazione plasmatica in 6-8 ore.
• Legame plasmatico 70-80% - concentrazione in saliva uguale.
• Emivita 30 ore.
• Farmacoinduzione forte con diminuzione dell’emivita (<15 ore).
• Metabolismo epatico con formazione di eposside-10,11, ancora più attivo. 2-4% in urine puro.
Indicazioni e posologia. Per os 200 mg/2-3 volte/die (fino a 400 mg) è indicata nelle crisi parziali
semplici e complicate, nella nevralgia essenziale de Trigemino (attività simil-epilettogena dei
neuroni del ganglio di Gasser), psicosi bipolari e come antiaritmico (classe IA).
Reazioni avverse.
• Neurologiche: sonnolenza, vertigini, atassia, disturbi mentali o motori.
• Riduzione diuresi, attività gastrica e alterazioni cardiovascolari.
• Effetti atropino-simili: secchezza fauci, nausea, stipsi (anche diarrea), cefalea.
• Sovradosaggio: modificazioni psicomotorie, agitazione, tremori, convulsioni, perdita coscienza.
Interazioni con altri farmaci. Con altri antiepilettici emivita ridotta fino a 6-8 ore. Aumento con
alcuni antibiotici macrolidi, calcio-antagonisti (verapamil, diltiazem), isoniazide.
4
Utilizzata anche nella tachicardia sopraventricolare (1g/24 ore ev) e aritmie sopraventricolari o ventricolari da
intossicazione digitalica.
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ACIDO VALPROICO
Farmacodinamica. Il Valproato (acido dipropilacetico) è un modulatore positivo della
trasmissione GABAergica, determinando blocco degli enzimi GABA-TRANSAMINASI e
SEMIALDEIDE-SUCCINICO-DEIDROGENASI, con aumento dei livelli di GABA. Ha anche azione
inibitoria sul sodio fenitoina-simile.
Farmacocinetica.
• Assorbito rapidamente gastrointestinale e picco in 1 ora.
• Emivita 4-14 ore e legame al 90%.
• Metabolizzato nel fegato ed eliminato in urine e bile.
Indicazioni e posologia. Nelle crisi e nelle assenza. Per os 2-3 g/die (bambino 30-60 mg/Kg/die).
Reazioni avverse. Caduta dei capelli, nausea, vomito, tossicità epatica e pancreatica, azione
teratogena con spina bifida. Sovradosaggio hai sballo con depressione cardio-respiratoria, miosi ecc
Interazioni con altri farmaci. Con altri farmaci del SNC si ha aumento dell’attività degli altri.
ETOSUCCIMIDE
Farmacodinamica. Appartiene alla classe dei succimidi ed è una manipolazione chimica del
fenobarbital. Determina depressione della reattività neuronale, aumento della soglia di eccitabilità e
riduzione della quantità di mediatori disponibili ai terminali sinaptici.
Farmacocinetica.
• Assorbimento gastroenterico.
• Emivita 30-60 ore.
• Ristretto range terapeutico 40-100 µg/ml
• Passa la barriera placentare e si trova anche nel latte.
• Metabolismo nel fegato con eliminazione urinari (20%).
Indicazioni e posologia. Per os 250-500 mg/die. Nelle assenze.
Reazioni avverse. Tipo gastroenterico (anoressia, vomito, dolori addominali, diarrea), tipo
ematopoietico (anemia aplastica e agranulocitosi).
Interazione con altri farmaci. Potenzia l’attività di altri farmaci del SNC.
BENZODIAZEPINE
Diazepam, Clobazam e Clonazepam
Vedi “ansiolitici ed iponoindicenti”.
Farmacodinamica. L’attività ansiolitica/antiaggressiva si svolgerebbe a livello limbico, mentre
l’attività ipnoinducente si svolgerebbe a livello della formazione reticolare bulbo-pontina. Al
contrario dei barbiturici inducono minori effetti collaterali al risveglio, prevengono gli incubi.
Farmacocinetica. Vedi l’altro capitolo. Hanno discreto range di concentrazioni terapeutiche:
• Diazepam e clonazepam: 0,02 – 0,09 µg/ml.
• Clobazam: 0,1 – 1 µg/ml.
Raggiungono lo steady state molto velocemente (1-3 giorn).
Indicazioni e posologia.
• Diazepam: 1-2 mg/die fino a 10 mg – male epilettico.
• Clonazepam e clobazam: 2mg/3-4 volte/die – assenza (piccolo male).
NUOVI FARMACI ANTIEPILETTICI
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VIGABATRIN
Farmacodinamica. Il Vigabatrin o γ-vinil-GABA è una manipolazione del GABA. Questi si lega
irreversibilmente alle GABA-TRANSAMINASI (effetti farmacologici che durano nel tempo). Ha
azione antiepilettica migliorando tutte le altre performaces.
Farmacocinetica.
• Assorbimento gastrointestinale.
• Picco in 2 ore; forma racemica.
• Legame plasmatico scarso.
• Emivita 5-12 ore.
• Eliminazione al 60% renale puro.
Indicazioni e posologia. Per os 1-3g/die usato nelle crisi parziali e generalizzate ma non x assenze.
Reazioni avverse. Sonnolenza, alcune reazioni di tipo psicotico, aumento del peso corporep.
Interazioni con altri farmaci. Aumenta l’emivita della fenitoina.
FELBAMATO
Farmacodinamica. Appartiene alla famiglia di ansiolitici glicolici. Interagisce con il sito per la
glicina sui recettori NMDA con aumento della soglia di eccitabilità.
Farmacocinetica. Ha assorbimento gastrointesinale, con legame scarso (25-30%); emivita di circa
30 ore, metabolismo epatico ed eliminazione con le urine.
Indicazioni. Tratta le crisi parziali e generalizzate.
Reazioni avverse. Diplopia, sonnolenza, alterazioni del camp visivo, cefalea, atassia e sin. Gas.int.
Interazione con farmaci. Rallenta eliminazione di fenitoina e acido valproico, riduce i livelli
plasmatici di carbamazepina, aumenta i livelli del metabolita epossido-10,11.
OXCARBAZEPINA
Farmacodinamica. È un derivato della CARBAZEPINA. È un profarmaco, perché la sua azione è
svolta dal metabolita DHC (diidro-idrossicarbazepina). Ha le stesse azioni.
Farmacocinetica, posologia ed indicazioni.
• Assorbimento gastrointestinale.
• Picco massimo in 3-8 ore.
• Concentrazione di DHC (emivita 20-25 ore) > 10 volte di oxcarbazepina (emivita 5 ore).
• Non si modifica in seguito a somministrazione cronica.
• 300-1800 mg/die.
• Indicazioni come per la carbazepina.
a.
Reazioni avverse. Rash cutanei, cefalea, sedazione, sonnolenza e atassia. Effetto
iponatriemico ⇑.
Reazioni con altri farmaci. Limitato potere inducente per Warfarin, fenobarbital e testosterone.
LAMOTRIGINA
Farmacodinamica. Azione bloccante sui canali del sodio con riduzione del release di Glu eAsp.
Determina protezione a livello ippocampale
Farmacocinetica. Assorbimento gastro-intestinale, legame 50-60%, metabolismo epatico con
coniugazione. Emivita 15-50 ore. Scarso potere farmaco-inducente.
Indicazioni e posologia. Per os 120-140 mg/die in associazione con valproato è indicata per le crisi
non responsive a terapia normale.
Reazioni avverse. Rash cutanei, astenia, sonnolenza, doplopia, cefalea e vertigini.
Interazioni. Carbazepina, fenobarbital e fenitoina ⇓ emivita a 6-8 ore, valproato ⇑ a 90.
GABAPENTINA
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Farmacodnamica. Ha azione ancora sconosciuta, probabilemente simile al vigabatrin.
Farmacocinetica. Come il vigabatrin. Ha emivita di 5-6 ore.
Indicazioni e posologia. Per os 50-500 mg/die nel trattamento di crisi insensibili a terapia normale.
Reazioni avverse. Solo sonnolenza, astenia, vertigini, nausea ed aumento peso corporeo.
ANTIPARKINSONIANI
Il morbo di Parkinson comprende una serie di sindromi neurologiche caratterizzate da una grave e
progressica compromissione della coordinazione motoria, che interessa soprattutto l’età
avanzata. I sintomi principali sono:
• Tremore a riposo.
• Rigidità muscolare.
• Ipocinesia.
• Demenza: meno frequente, presente solo se si associa degenerazione neuronale.
La malattie presenta forme idiopatiche e forme secondaria all’azione cititossica di diversi fattori
ambientali (di difficile identificazione – virus, sostanze chimiche ecc…). Si distinguono tre stadi:
• I: malattia lieve in fase iniziale.
• II: malattia conclamata e compensata.
• III: malattia scompensata e complicata dalla terapia cronica con dopaminomimetici.
La sintomatologia parkinsoniana è legata a distruzione progressiva dei neuroni dopaminergici
della Substantia Nigra del mesencefalo; insorge quando il contenuto di DA è < 60-80%. Si pensa
siano implicati anche altri sistemi come quello colinergico e GABAergico (vedi trasmissione
dopaminergica – 026). In queste zone si sviluppa una ipersensibilità come da denervazione:
aumento del turnover della DA, aumento del numero dei recettori, per mantenere il tono n.t.5
! Si pensa, inoltre, che esistano fattori neurotossici endogeni derivanti dalla metabolizzazione di
sostanze naturalmente presenti nel SNC, derivanti dall’azione delle MAO-B. Una azione
neurotossica simile è tipica del MTPT (metil-fenil-tetraidropiridina – metabolita attivo è il MPP+).
Il trattamento profilatticon selegilina, un I-MAO-B previene tutto ciò.
La terapia farmacologica prevede l’uso di farmaci atti a ristabilire l’equilibrio tra tono colinergico e
dopaminergico a livello dei gangli della base.
Farmaci attivi sul sistema dopaminergico
LEVODOPA
Farmacodinamica. L’aumento dei livelli di DA determina effetti neuromuscolari nel 75% dei
pazienti con diminuzione della rigidità e della bradicinesia. I tremori diminuiscono con il tempo.
Migliora la depressione. Le levodopa non determina nel parkinsoniano diminuzione della
prolattinemia e di Gh, per modificazioni che si instaurano nel sistema tuberoinfundibolare. Dopo 23 anni dall’inizio della terapia si osserva un calo dell’efficacia legata alla progressione patologica.
Farmacocinetica.
• Assorbimento intestino tenue, influenzato da molti fattori, quali velsvuot. Gastrico, pH ecc…
• Picco in 1-3 ore.
• La maggior parte del farmaco (95%) è decarbossilato in circolo e solo l’1% va nel SNC:
necessità di alte dosi.
• Possibilità di due scappatoie:
• Inibizione delle carbossilasi periferiche: carbidopa o benserazide; aumentano notevolemente
l’emivita con possibilità di diminuire i dosaggi di 4-8 volte.
5
Analisi con SPET dimostrano l’aumento dei recettori D2 e la diminuzione dopo trattamento con levodopa.
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• Uso di I-MAO-B: selegilina; ritarda l’insorgenza della sintomatologia parkinsoniana e,
propabilmente, impedisce la formazione di metaboliti neurotossici.
• 30 metaboliti dal fegato eliinati con le urine: DOPAC (acido idrossifenilacetico) e HVA (acido
omovanillico) i maggiori – 55%.
Indicazioni e posologia. Massimo 2g per os in associazione con carbidopa 200 mg tutto 3-4 volte.
Reazioni avverse:
• Inizio terapia – uso acuto: nausea, ipotensione, anoressia, disritmie e distubi come allucinazioni,
insonnia, psicosi – finiscono in 1-3 settimane.
• Uso cronico: movimenti coreiformi volto e arti (disequilibrio tra dosi terapeutiche e tossiche) e
sindrome on-off (bruschi cali della concentrazione di levodopa nel SNC).
Interazione con altri farmaci.
• I-MAO aspecifici: potenziamento della DA con alterazioni varie.
• Anticolinergici: rallentamento svuotamento gastrico e diminuzione assorbimento levodopa.
• Complessi vitaminici ricchi in piridossina: aumento delle decarbossilasi piridossino-dpendenti
ed aumento del metabolismo extracellulare della levodopa.
BROMOCRIPTINA – ERGOT-DERIVATO
Farmacodinamica. Potente D2-agonista nel SNC. Ha effetti antiparkinsoniani molto efficaci edha
reaziono avverse come movimenti coreiformi e sindromi on-off molto più lievi. È usato anche come
inibitore della secrezione di prolattina.
Farmacocinetica.
• Assorbimento duodenale e legame al 95-98%.
• Picco dopo 1,5-2,5 ore con emivita di 3 ore.
• Metabolizzazione elevata al primo passaggio: bassa biodisponibilità.
• Metabolismo epatico ed eliminazione con bile e feci.
Indicazioni e posologia. Per os 1,5 md/die fino a 2,5 mg/die nei parkinsonismi. È indicato anche
in galattorrea, disturbi della fertilità, amenorrea. Si può arrivare ad un massimo di 100 mg/die.
Reazioni avverse.
• Trattamento acuto: nausea, vomito, ipotensione, stanchezza e vertigini, prima dose Æ collasso.
• Trattamento cronico: disturbi di tipo psichiatrico, discinesie ed intolleranza all’alcol,
vasospasmi periferici con pallore.
Interazione con altri farmaci. Evitare associazione con altri ergot-derivati per ipertensione.
SELEGILINA - (L-DEPRENIL)
Farmacodinamica. È un potente I-MAO-B.6 Ritarda la comparsa della sintomatologia
parkinsoniana ed evita la formazione di metabolita neurotossico.
Farmacocinetica.
• Assorbimento orale e picco in 30 min-3 ore.
• Metabolismo epatico con demetilazione.
• Elimiazione in 3 giorni in urine (70%) e feci.
Indicazioni e posologia. Per os 5-10 mg/die in parkinsoniani trattati con levodopa e con sindromi
on-off, discinesie o acinesia.
Reazioni avverse. In associazione con levodopa determina iperattivazione del sistema
dopaminergico con allucinazioni, stato confusionale, insonnia, agitazione psicomotoria, nausea,
anoressia. Bisogna ridurre la dose di levodopa.
6
Per questo si possono assumere sostanze che contengono simpaticomimetici come la tiramina (vino formaggi) senza il
problema dell’iperattivazione catecolaminerica con ipertensione ecc…
Å alexys3 Æ
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AMANTADINA
Farmacodinamica. Potenzia significativamente la liberazione di dopamina a livello dei nuclei della
base e sembra essere molto più efficace degli anticolinergici.
Farmacocinetica. Assorbita nel tratto gastrointestinale raggiunge il picco in 4 ore. Elimizione nelle
urine immodificata per il 50% e nelle prime 12 ore.
Indicazioni e posologia. È indicata nel Parkinson per os 100mg/3 volte/die. È indicata anche come
antivirale (virus influenzale A2).
Reazioni avverse. È il maggiormente tollerato. Può determinare rramente nausea, stipsi, vomito o
anoressia, oppure incubi, allucinazioni, stato confusionale (come levodopa e bromocriptina) lievi.
Interazioni con farmaci. Aumenta l’attività degli altri antiparkinsoniani e potenzia gli effetti
indesiderati dei farmaci anticolinergici.
Farmaci ad azione anticolinergica
BIPERIDENE, TRIESIFENIDILE, ORFENADRINA, PROCICLIDINA, BORNAPRINA, METIXENE,
CICRIMINA
Farmacodinamica. Hanno attività antimuscarinica selettiva per i recettori del SNC: tremore ridotto
Farmacocinetica. Assorbimento tratto gastrointestinale e picco in 30 minuti. Metabolismo epatico
con idrossilazione ed allontanamento con le urine.
Indicazioni e posologia. Indicati nei parkinsonismi di varia natura, nelle sindromi extrapiramidali
da farmaci: ballismo, discinesia, acatisie, atetosi, corea; nelle forme spastiche da lesioni cerebrali,
negli attacchi di rigidità muscolare post-ictus, sclerosi multipla, nevralgia del trigemino.
• Biperidene: 2mg/die fino a 5-6 mg/die per os.
• Triesifenidile: 6-10 mg/die per os.
• Orfenadrina: 100-150 mg/die per os (ottima 250 mg/die, max 400 mg/die).
• Prociclidina: 8-20 mg/die.
Reazioni avverse. All’inizio effetti atropino-simili più nausea, stanchezza o torpore, apatia o
tacicardia. Necessaria riduzione delle dosi. Sorveglianza necessaria in pazienti con infarto
miocardico. Possibile ritenzione urinaria in pazienti con ieprtrofia prostatica.
Interazione con altri farmaci. Rallentano lo svuotamento gastrico e per questo possono ritardare
l’assorbimento di levodopa e altri.
ANTICOLINESTERASICI
I farmaci anticolinesterasici – antiChE – inibiscono l’enzima responsabile della degradazione
dell’acetilcolina, facendola accumulare a livello dei siti recettoriali colinergici, simulando, quindi,
gli effetti della stimolazione eccessiva del sistema colinergico in tutti i distretti del SNC e P.
Esistono due tipi di enzimi conosciuti, entrambi con l’unità catalitica legata a residui di collagene o
a glicolipidi che ne consentono l’ancoraggio alla membrana cellulare:
• ACETILCOLINESTERASI VERA: localizzata a livello delle sinapsi nervose, nello spazio sinaptico
ed idrolizzano specificamente l’Ach.
• BUTIRRILCOLINESTERASI: ubiquitarie (plasma, pelle, SNC, gastrintestinale, fegato), idrolizzano
diversi substrati come butirrilcolina, acetilcolina, procaina, succinilcolina e benzoilcolina.
Il sito attivo dell’enzima presenta un sito anionico ed un sito esterasico. L’idrolisi dell’Ach
prevede il legame del gruppo acetilico dell’Ach trasferito al sito esterasico, con formazione di
enzima acetilato e liberazione della colina. L’enzima acetilato si idrolizza e si formano, poi, enzima
attico ed acido acetico.
Farmacodinamica. I farmaci sono divisi in tre gruppi.
Å alexys3 Æ
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• Inibitori reversibili a breve durata: edrofonio. sono caratterizzati da un ammonio
quaternario. Si legano al sito anionico dell’enzima. Il legame è fugace. L’edrofonio è l’unico
utilizzato in clinica per diagnosi di miastenia grave – vedi dopo.
• Inibitori reversibili a lunga durata: si legano al sito anionico dell’enzima con legame duraturo
• Ammine quaternarie: neostigmina, piridostigmina, ambenonio, demecario.
• Ammine terziarie: fisostigmina.
• Inibitori irreversibili: esteri organofosforici – malathion, parathion, ecotiopato, paraoxon.
Questi sono composti fosforici pentavalenti e legano covalentemente, mediante il fosforo, il sito
catalitico serinico, formando esteri fosforilati. L’enzima fosforilato è molto stabile; il recupero
dell’attività enzimatica è legato alla sintesi di nuove molecole in qualche settimana.
! – N.B. Le ammine quaternarie (edrofonio, neostigmina, piridostigmina, ambenonio, demecario)
hanno affinità alta verso la placca motrice. Le ammine terziarie (fisostigmina) e gli esteri
organofosforici hanno maggiore affinità verso il sistema autonomo, perché non polari ed
attraversano la barriera emato-encefalica.
Æ EFFETTI SULLE SINAPSI COLINERGICHE AUTONOME – spt la neostigmina.
• Aumento secrezioni (attività post-gangliare).
• Aumento peristaltismo (stimolazione cellule gangliari plesso diAuerbach e muscoli).
• Broncocostrizione (attività post-gangliare).
• Bradicardia (stimolazione recettori muscarinici post-sinaptici Æ ⇓ GC).
• Ipotensione (effetto ipertensivo da stimolazione gangliare simpatica + effetto ipotensivo da
stimolazione gangliare parasimpatica).
• Miosi, fissazione e accomodazione (dopo 30 minuti) + caduta p. intra ocul.
Æ EFFETTI SULLA GIUNZIONE NEUROMUSCOLARE
Prolungamento del tempo di decadimento del potenziale di placca + asincronia nell’eccitamento
(fascicolazioni) e fibrillazione. Se resta per troppo tempo si ha blocco della depolarizzazione. Si
usano anche per revertire la curarizzazione da curarici competitivi (vedi capitolo anestetici).
Æ EFFETTI SUL SISTEMA NERVOSO CENTRALE
Determinano effetto eccitante che può accompagnarsi a convulsioni, cui seguono una depressione
con perdita della coscienza e depressione cardio-respiratoria. Gli effetti centrali sono antagonizzati
dall’atropina, essendo muscarino-dipendenti.
Farmacocinetica. La farmacocinetica varia in base al tipo di farmaco.
• Farmaci ammonici quaternari: edrofonio, neostigmina, piridostigmina. Sono metabolizzate ad
opera di esterasi plasmatiche. Escreti per via renale. L’emivita della neostigmina è di 1-2 ore.
• Farmaci ammine terziarie: fisostigmina. È assorbita a livello gastrointestinale, dai tessuti
sottocutanei, dalle mucose (come la congiuntiva7). Metabolizzata da esterasi plasmatiche.
• Esteri organofosforici: ad eccezione dell’ecotiopato, sono altamente liposolubili e volatili e
assorbiti attraverso tutte le vie – farmaci puttani! Sono escreti con le urine per idrolisi.
Indicazioni e posologia.
• Atonia gastrointestinale e vescicale: neostigmina 0,5 mg sottocute, ripristina l’attività
muscolare in 10-30 minuti. L’uso di neostigmina bromuro (15-30 mg) ripristina in 2-4 ore.
• Glaucoma: fisostigmina (0,25-0,5%) o ecotiopato (0,03-0,25%) collirio. L’uso di ecotiopato è
legato a comparsa di opacità lenticolare e difetti indesiderati.
• Miastenia grave: malattia autoimmunitaria caratterizzata da anticorpi verso i recettori nicotinici
di placca e riduzione del loro numero anche al 70-90%. Il paziente è facilmente stancabile, ha
secchezza mucosale, alterazioni della funzionalità dei muscoli (debolezza e affaticabilità) con
remissioni ed esacerbazioni. Stress psicofisici, mestruazioni, possono esacerbare tutto.
7
L’instillazione congiuntivale può causare effetti sistemici per assorbimento via mucosa nasale.
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• Neostigmina: 7,5-15 mg – intervallo tra 2 e 4 ore per altra somministrazione.
• Piridostigmina: 30-60 mg – intervallo tra 3 e 6 ore.
• Ambenonio: 2,5-5 mg – intervallo tra 3 e 8 ore.
Ci possono essere effetti collaterali, antagonizzabili dall’atropina o altri antimuascarinici.
• Diagnosi di miastenia grave: edrofonio cloruro 2mg ev rapida – fascicolazion lingua in sano.
• Decurarizzazione: in caso di curarici competitivi – neostigmina.
• Intossicazione da antimuscarinici: fisostigmina.
• Alzheimer: miglioramento della demenza e ritardo della comparsa.
Tossicologia. Le intossicazioni possono essere accidentali (assorbimento cutaneo o polmonare), a
scopo omicida/suicida (ingestione). Si hanno segni e sintomi da iperstimolazione muscarinica e
nicotinica (vedi trasmissione colinergica – 027).
• Effetti oculari: miosi, fissazione, accomodamento.
• Effetti respiratori: broncocostrizione.
• Effetti gastroenterici: aumento della motilità ecc.
• Effetti vescicali: minzione frequente.
• Effetti da assorbimento cutaneo: fascicolazioni muscolari e sudorazione.
• Effetti muscarinici: bradicardia, ipotensione, difficoltà respiratoria, atassa, perdita del linguag.
Si antagonizzano con l’atropina
! Gli esteri organofosforici possono determinare demielinizzazione periferica (inibizione di
esterasi mieliniche) – antagonizzare con aldossine (non passano la barriera ematoencefalica) –
MINA (derivato potenete che passa la barriera).
NOOTROPI
Piracetam, Oxiracetam, Pramiracetam, Aniracetam
La classe eterogenea dei nootropi racchiude tutti quei farmaci psicotrofi capaci di svolgere un
ruolo di supporto e di miglioramento per il metabolismo neuronale. Si tratta di derivati del fosforo,
aminoacidi e derivati, ormoni, vitamine, vasodilatatori ed emodinamidi cerebrali. In queste due
ultime classi ricordiamo: proxazolo, vincamina, diidroalcaloidi della segale cornuta, Ca2+antagonisti, acetilcarnitina ed i derivati pirrolidonici.
Questa classe di farmaci spicca per l’assenza di importanti effetti collaterali quali sedazione,
alterazione dell’attività motoria ecc., RAF tipiche di altri farmaci che agiscono sul sistema nervoso.
Esercitano, inoltre, un effetto diretto sulle più alte funzioni integrative cerebrali, migliorando
l’attività mentale e gnosica.
Farmacodinamica. I farmaci nootropi incrementano l’efficienza dei processi cognitivi (attività
nootica), facilitano l’apprendimento, promuovono il trasferimento di informazioni tra gli emisferi,
contrastando, in generale, gli effetti dell’invecchiamento cerebrale e di danni vari (alcol,
intossicazione da barbiturici o altri prodotti chimici, altitudine, ipossia, ischemia,
elettroconvulsione), senza, però, indurre alterazioni significative del comportamento, come
sedazione o eccitazione, né alterando le funzioni del sistema nervoso autonomo.
Non agendo su sistemi recettoriali specifici, l’attività di questi farmaci si esplica a vari livelli:
• Neurochimico sinaptico, promuovendo la sintesi proteica e fosfolipidica, risatabilendo un
nuovo equilibrio funzionale.
• Capillare, regolando le differenze artero-venose della concentrazione di alcune sostanze:
aumento dell’estrazione di O2, di glucosio, diminuzione del rapporto lattato/piruvato.
• Biochimico cellulare, aumentando il consumo di O2 e facilitando la sintesi di ATP.
• Ionico, favorendo l’ingresso di ioni Ca2+ accelerando il rilascio di acetilcolina.
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• Sinaptico, attivando il sistema HACU (High Affinity Choline Up-take), che entra in azione
legando la colina e, grazie all’associazione con CAT (colina acetiltransferasi), aumenta la
quota di acetilcolina per la neurotrasmissione.8 Riducono, inoltre, l’attivita delle A-CHE.
Indicazioni, farmacocinetica e posologia.
I farmaci nootropi della classe “acetam”, derivati pirrolidonici, sono indicati per: trattamento delle
funzioni cognitive, come varie forme di demenza e disturbi mentali secondari ad alcol. Anche in
patologie come Alzheimer, Parkinson, invecchiamento cerebrale, disturbi del microcircolo,
nell’ictus e nei danni centrali ischemici. Usati, infine, come risveglianti.
• Piracetam: Per os 0,8 g/3 volte/die; ev o im 1g/2-3 volte/die; massima concentrazione
plasmatica in 30-40 minuti, emivita di 5-7 ore che aumenta nell’anziano acciaccato, si concentra
molto nel SNC ed è escreto via reni puro (85-100%).
• Oxiracetam: per os 0,4-0,8 g/die; im o ev 1g/die; come il piracetam, ma si distribuisce in tutti
gli organi e maggiormente nel fegato e rene. Ha emivita di 300 minuti dopo per os e 140 minuti
dopo iv.
• Pramiracetam: assorbimento rapido. Ha escrezione prevalentemente urinaria. Picco plasmatico
in 4-6 ore. ! Fa eccezione perché usato solo nel revertire i disturbi mnesici indotti da
elettroconvulsione e da scopolamina.
• Aniracetam: 1,5 g/1 o 2 volte/die per i disturbi della memoria di origine degenerativa o
vascolare nell’anziano.
ANESTETICI GENERALI
I farmaci usati come anestetici sono quelli che inducono la narcosi. Per narcosi si intende quel
complesso di fenomeni reversibili, indotti da particolari sostanze, caratterizzari da sospensione
temporanea della vita di relazione, senza che siano interrotte le funzioni della vita vegetativa, in
particolare la circolazione e la respirazione. I caratteri della narcosi sono:
• Acinesia: soppressione dei movimenti volontari.
• Amnesia: perdita della coscienza, ricordo e memoria.
• Analgesia: abolizione della sensibilità dolorifica.
• Anestesia: abolizione della sensibilità generale.
• Areflessia: assenza dei riflessi della vita di relazione.
• Atonia: rilasciamento del tono dei muscoli scheletrici.
I farmaci che fanno tutto questo sono detti narcotici; agiscono selettivamente sul SNC in senso
cranio-caudale, interessando in sequenza la corteccia, i centri meso-diencefalici, i centri spinali e
cerebellari e, solo per dosi tossiche, i centri bulbari.
I narcotici devono rispondere a determinati quesiti:
• Rapidità di induzione della narcosi.
• Breve durata e pronta reversibilità d’azione.
• Rapido risveglio.
• Mancanza di sensazioni sgradevoli e di reazioni avverse alle dosi narcotiche.
• Ampia zona maneggevole.
• Massima costanza dell’azione narcotica.
Il quadro generale della narcosi può essere così schematizzato:
I. Stadio di analgesia e amnesia: il paziente prova all’inizio analgesia senza amnesia, poi si
instaura anche l’amnesia.
8
N.B. Questo sistema è, in genere, alterato in condizioni di invecchiamento cerebrale e nel morbo di Alzheimer.
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II. Stadio di eccitazione: delirio ed eccitazione, a causa della liberazione dei meccanismi
automatici inferiori dal controllo dei centri corticali (aree inibitorie centrali). Respirazione e
polso irregolari. Si presentano anche incontinenza e convulsioni.
III. Stadio di anestesia chirurgica: si instaura quando il respiro diventa regolare e si estende fino
al termine della respirazione spontanea. Questo stadio si può suddividere ulteriormente in altri
4 livelli:
a. Narcosi lieve: scompare la motilità volontaria, in indebolisce o scompare la motilità
riflessa. Gli occhi appaiono fissi i deviati, pupilla miotica, riflesso alla luce presente.
Muscolatura degli arti è rilasciata. Vomito assente e mandibola serrata.
b. Narcosi media: occhi fissi ma centrali con papilla tendente alla dilatazione, riflesso alla
luce tendente alla scomparsa. I riflessi tutti tendono ad essere assenti o diminuiti. Si ha
clono della mandibola.
c. e d. Narcosi profonda: cornea secca e la midriasi è forte. Riflessi scomparsi e muscoli
intercostali paralizzati. Il respiro è debole ed è presente ipotensione. La mandibola è
rilasciata.
IV. Depressione bulbare: cessa la respirazione spontanea e i centri vasomotori sono depressi.
Senza un supporto respiratorio e circolatorio possono insorgere coma e morte.
Æ inserisci preanestesia – pagina 194.
ANESTETICI GENERALI
ANESTETICI PER VIA POLMONARE
Alotano, enflurano, isoflurano, metossiflurano, ciclopropano, protossido d’azoto, etere
divinilico, cloruro di etile, cloroformio, etilene, acetilene, tricloroetilene.
La profondità dell’anestesia generale varia direttamente con la pressione parziale (tensione)
dell’anestetico a livello cerebrale, mentre il grado di induzione o di risveglio dipende dalla
modificazione della tensione in un dato tempo. Per ogni anestetico esiste una curva che esprime il
rapporto tra tensione e tempo e si può calcolare in quanto tempo l’anestetico raggiunge la
concentrazione alveolare minima che, a pressione di 1 atmosfera, provoca l’immobilità nel 50% dei
pazienti esposti ad uno stimolo nocivo (MAC). Æ risulta ovvio, quindi, che la potenza intrinseca di
ogni anestetico dipende dal valore del MAC (al diminuie di questo valore corrisponde un aumento
della capacità anestetica del farmaco, che può essere modificata associando altri farmaci (ad
esempio anelgesici), ed è influenzata da altri fattori, come l’età e la temperatura corporea.
ALOTANO
È un farmaco altamente liposolubile (accumulo nei tessuti e lunga azione). Il MAC è o,75 e si
riduce in presenza di protossido d’azoto o con preanestesia con morfina.
Farmacodinamica.
• SNC: effetti deprimenti sul simpatico. Aumenta il flusso ematico e riduce il metabolismo e le
resistenza vascolari Æ utile in pz con perfusione insufficiente.
• Cardiocircolatorio: deprime pressione arteriosa, inotropo negativo, deprime centro vasomotore e
favorisce insorgenza di aritmie. Riduce le resistenze periferiche totali.
• Respiratorio: deprime il respiro con tachipnea, determina aumento pCO2, deprime centro del
respiro ma non irrita l’albero respiratorio né induce aumento secrezioni.
• Rene: aumenta le resistenze vasali e riduce il FPR.
• Fegato: influenza attività epatica con aumento livelli sierici di GOT, GPT ecc… può indurre
gravi epatopatie. Due vie metaboliche. Se pO2 > 10 mmHg si ha via ossidativa con prodotti che
fungono da apteni Æ epatite fulminante da ipersensibilità. Se pO2 < 10 mmHg si ha via riduttiva
con formazione di intermedi reattivi che determinano lipoperossidazione Æ necrosi epatica.
• Cute: dilatazione dei vasi Æ cute calda e rosea.
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• Secrezioni: diminuite.
• Utero: depressione motilità uterina.
Farmacocinetica. 12-15% metabolizzato nel fegato, eliminazione per via respiratoria e renale. Il
maggiore metabolita è l’acido trifluoroacetico la cui eliminazione dura 3-4 settimane.
Indicazioni e posologia. – Induzione 2-4%, mantenimento 0,5-1,5%.
Rapida induzione e rapido risveglio. Ha scarso potere analgesico. È indicato in terapia pediatrica
anche perché induce raramente nausea e vomito. È indicato negli interventi con necessità di campo
esangue, nelle operazioni all’occhio e per operazioni brevi. È indicata nei soggetti diabetici e nei
pazienti con disturbi respiratori.
Reazioni avverse. Può determinare eccitabilità (5%), brividi (24% - risposta dei centri
termoregolatori), cefalea (60% - modificazioni dell’emodinamica cerebrale). Può determinare
depressione respiratoria, contrazione della diuresi. Può determinare ipertermia maligna.
Controindicazioni. Insufficienza cardiaca, pazienti digitalizzati, negli epatopatici, nei tossicomani,
negli ipertiroidei, in caso di feocromocitoma, in ostetricia, nei soggetti allergici, nei soggetti già
sottoposti ad anestesia con alotano da meno di un anno e negli interventi chirurgici di lunga durata.
ENFLURANO
Conosciuto anche come ethrane, è non infiammabile ed ha MAC 1,68, ridotto a 0,56 con
protossido al 70%. È poco liposolubile.
Farmacodinamica.
• Cardiocircolatorio: riduce la pressione arteriosa, deprime la contrattilità miocardica, aumenta le
resistenza arteriose e riduce quelle periferiche mesenteriche.
• Respiratorio: depressione senza tachipnea, determina aumento secrezioni e broncodilatazione.
• Fegato: non danneggia, ma sono riportati casi di necrosi epatica.
• Intestino: deprime motilità e tono intestinale.
• Rene: riduce il FP e la FG.
• Utero: non deprime la contrattilità uterina.
• Muscoli: buon rilasciamento muscolare.
• Occhio: riduce il tono endo-oculare
Farmacocinetica. È metabolizzato per 2-8% a livello epatico. È eliminato soprattutto con il respiro
e attraversa la barriera placentare.
Indicazioi e posologia. – induzione 2-2,5%, mantenimento 1-1,5%. Indicazioni come alotano.
Reazioni avverse. Vomito post-operatorio, brividi e cefalea. È controindicato nei diabetici perché
determina iperglicemia.
ISOFLUORANO
È un isomero dell’enfluorano. Ha MAC 1,15. Non richiede stabilizzanti.
Farmacodinamica. Provoca induzione e risveglio più rapidi dell’enfluorano.
• SNC: deprime il metabolismo e riduce il flusso ematico cerebrale, protegge
dall’ipossia/ischemia.
• Cardiocircolatorio: poche o nulle interazioni col cuore. Riduce la pressione arteriosa. Non
sensibilizza il miocardio alle catecolamine.
• Respiratorio: riduce il volume corrente e aumenta la frequenza respiratoria. Deprime al risposta
ventilatoria all’ipossia e all’ipercapnia. Determina intensa irritazione delle vie aeree.
• Fegato: non induce epatotossicità.
• Muscoli: buon rilasciamento muscolare con poca richiesta di curarici depolarizzanti.
• Rene: riduzione di FPR e FG. Effetti tossici con aumento della fuoremia (> 50 µmol/l).
• Utero: rilascia la muscolatura uterina in base alle concentrazioni.
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Farmacocinetica. Va usato in circuito chiuso, somministrato con vaporizzatori speciali con O2,
N2O, narcotici, analgesici o miorilassanti.
Posologia. – Induzione 1,5-2%, mantenimento 0,8-2%.
METOSSIFLUORANO
Conosciuto anche come penthrane, non è infiammabile né esplosivo. Ha MAC 0,16% (+ mostro!).
Farmacodinamica.
• Cardiocircolatorio e respiratorio: determina intensa depressione centro respiratorio, determina
ipotensione, riduce la contrattilità cardiaca, rallenta il ritmo sinusale.
• Muscoli: discreto rilassamento muscolare.
• Fegato: può danneggiarlo con segni di insufficienza epatica,
Farmacocinetica. Il 50-70% del farmaco assorbito e degradato a livello epatico con declorazione o
rottura del legame etereo.
Posologia. – Induzione 1,5-2%, mantenimento 0,2-0,8%.
CICLOPROPANO
È infiammabile e molto solubile nei liquidi organici. Ha MAC 9,2%. Determina induzione e
risveglio rapidamente.
Farmacodinamica.
• Cardiocircolatorio: aritmie per effetto dell’ipossiemia, azione sensibilizzante alle
catecolammine, determina aumento della pressione per aumento rilascio di catecolammine.
• Respiratorio: depressione respiratoria, broncocostrizione, shock da ipercapnia (⇑), irritazione
vie aeree.
• Muscoli: buon rilasciamento.
• Rene: riduzione della Fge del FPR.
• Utero: deprime la contrattilità uterina.
• Cute: vasodilatazione cutanea.
Farmacocinetica. Assorbito ed eliminato rapidamente per via polmonare.
Reazioni avverse. Nausea, vomito, cefalea, ipotensione, aritmie da ipoventilazione e shock ipercap.
PROTOSSIDO D’AZOTO – N2O
Conosciuto anche come gas esilarante, gode di buone proprietà analgesiche. Può ostacolare
l’assunzione di O2, per cui va somministrato sempre con O2.
Farmacodinamica.
• Cardiocircolatorio: deprime l’attività contrattile miocardica.
• Respiratorio: aumenta il volume respiratorio/minuto, non irrita le vie aeree.
• Muscoli: determina desensibilizzazione dei muscoli lisci alla NA, ma ha scarsi effetti sui
muscoli striati.
• Utero: scarsi effetti.
• Rene: riduzione del FG, FER e escrezione di acqua e sodio.
Farmacocinetica. Ben assorbito ed eliminato dai polmoni.
Reazioni avverse. Poche perché è molto ben tollerato e determina scarse reazioni post-operatorie.
ETERE ETILICO – NON USATO +
È attualmente in disuso per la zona maneggevole piccola. È molto irritante per le vie aeree e per
l’albero bronchiale, ma non altera il sistema cardiovascolare. Provoca un buon rilasciamento
muscolare, anche nell’utero. Determina vasodilatazione cutanea e determina molto spesso nausea,
vomito. Ha anche potere detergente cutanea, espettorante, antisettico e rubefacente.
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ETERE DIVINILICO
È usato perché dà rapida induzione e risveglio, inducendo buon rilasciamento muscolare. È meno
irritante dell’etere etilico, ma deprime la motilità uterina. Fenomeni degenerativi epatici e renali.
ETILCLORURO – CLORURO DI ETILE
È esagerato, ma molto tossico e deve essere usato solo per poco. Deprime il miocardio e determina
nausea e vomito post-operatori.
CLOROFORMIO – TRICLOROMETANO
È molto velenoso ed ha scarso margine di sicurezza. Determina buon rilasciamento muscolare ed ha
scarsa azione irritante su vie aeree. È epatotossico, nefrotossico e miocardiotossico. Ha azione
antisettica, rubefacente, antipruriginosa, antielmintica, analgesica e sedativa.
ETILENE – NON USATO +
ACETILENE
È poco tossico, infiammabile, esplosivo; determina risveglio ed induzione rapida, ma rilasciamento
muscolare insufficiente. Determina ipotensione arteriosa e frequente vomito post-narcotico.
TRICLOROETILENE
Determina induzione e risveglio lenti. Eliminato al 70% dai polmoni, induce vasodilatazione
cerebrale, aritmie, diminuisce il volume respiratorio corrente; deprime motilità uterina. Non è
epatotossico né nefrotossico ma induce vomito, cefalea, eruzioni erpetiche periorali.
RUOLO DI QUESTI FARMACI IN GRAVIDANZA
Questi attraversano rapidamente il filtro placentare. A dosaggi anestetici non determinano effetti
depressivi sul feto e neonato, ma a dosaggi anestetici possono determinare depressione respiratoria.
Durante il travaglio si possono verificare complicanze materne (allergie ed anafilassi, depressione
respiratoria…), fetali (depressione cardiocircolatoria) e neonatali (depressione cardio/respiratoria).
ANESTETICI PER VIA PARENTERALE
Barbiturici, Narcotici ev Steroidei, Propanide, Etomidato, Ketamina, Propofolo, Metoexitone,
Acido γ-idrossibutirrico (γ-OH)
L’anestesia per via parenterale è quella, tra le extrapolmonari, più praticata. Tutti i farmaci sono
composti lipofili che attraversano la barriera emato-encefalica in modo rapido e si distribuiscono
nell’organismo superando anche il filtro placentare. Alcuni, come propanidide, sono eliminati in
maniera veloce, altri, come il tiopentone, in maniera più lenta. Dopo la narcosi con questi farmaci, il
recupero è lento rispetto agli anestetici inalatori, ad eccezione della propanidide.
L’assorbimento, per via iniettiva, è completo, mentre la distribuzione è condizionata dal flusso
ematico regionale e dalla capacità degli organi, dalla tensione dell’anestetico e dall’entità del
legame farmaco proteico. La velocità con cui l’anestetico raggiunge l’equilibrio (organi/sangue) è
⇑⇑ alla perfusione dell’organo ed ⇑⇓ alla capacità dell’organo.
! Gli anestetici si legano, inoltre, in modo reversibile alla plasmaproteine, soprattutto le albumine, e
ciò condiziona la quota libera di farmaco. Æ possibilità di spiazzamento.
All’inizio della somministrazione la concentrazione del farmaco nell’organo bersaglio aumenta,
con la velocità variabile (vedi sopra). Il sangue arterioso ha, in base al tempo, una tensione sempre
minore di farmaco, per cui, dopo un certo tempo, questi tende a lasciare gli organi con bassa
capacità ed alta perfusione (cervello, cuore e rene), accumulandosi in quelli a bassa perfusione ed
alta capacità (muscoli e tessuto adiposo). Raggiunto l’equilibrio, gli scambi cessano.
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La diminuzione della tensione dell’anestetico nel sangue dipende, inoltre, dalla clearance renale e
metabolica del farmaco e, se elevata, determina diminuzione della concentrazione del farmaco nei
tessuti a bassa capacità (cervello, cuore e rene). Il risveglio, in questi casi, è legato, essenzialmente,
ad una diminuzione della tensione dell’anestetico e ad un sequestro da parte degli organi ad alta
capacità (muscoli e adipe) – fenomeni di redistribuzione principalmente.
Le differenza principale dell’anestesia parenterale è legata alla quantità maggiore assorbibile
dall’organismo (per gli anestetici inalatori si ha una limitazione legata alla ventilazione alveolare).
BARBITURICI
Questi farmaci sono i derivati della manilurea, con struttura chimica caratterizzata da un nucleo
fondamentale malonilureico. Il primo barbiturico di sintesi è stato il barbital o veronal. A seconda
della sostituzione in posizione 2, si hanno: a) derivati dell’acido barbiturico se R in 2 = O, b)
derivati dell’acido tiobarbiturico se R in 2 = S (monotio, bitio, tritio), c) derivati dell’acido
imminobarbiturico se R in 2 = NH. Tutti i barbiturici hanno reazione acida (tranne di tetrasostituit).
I farmaci barbiturici sono divisi in base alla loro durata d’azione:
• Ultra-breve – 10-15 minuti: tiopentone, esobarbital; sono inattivati in fegato e muscoli ed
eliminati con l’emuntorio renale. Sono impiegati nella narcosi chirurgica ev.
• Breve – 2-3 ore: secobarbital, ciclobarbital; come sopra.
• Media – 68 ore: pentobarbital, allobarbital; in parte distrutti ed in parte eliminati
dall’organismo. sono usati come ipnotici, prenarcotici, narcotici di base o crepuscolari.
• Lunga – 6-12 ore: barbital e fenobarbital. Sono distrutti dall’organismo solo in piccole
quantità ed eliminati con le urine. Sono usati come ipnotici.
Farmacodinamica. L’azione dei barbiturici è quella di innalzare la soglia di eccitabilità
neuronale, prolungando l periodo refrattario: depressione delle risposte sinaptiche con inibizione
del rilascio di n.t. a livello pre-sinaptico, e stimolazione diretta del recettore GABAA, con aumento
della conduttanza al cloro, a livello post-sinaptico (azione a livello del sito ionoforo). A livello
metabolico aumentano le concentrazioni di glicogeno e fosfati ad alta energia.9 Le attività possedute
sono:
• Ipnotica: i circa 20-40 minuti. È pronta, intensa e costante. Può indurre assuefazione. Per i
problemi al risveglio si usano, ora, le benzodiazepine.
• Narcotica: tipica dell’anestesia, interessa il sistema nervoso centrale in modo globale ed in
senso cranio-caudale. Mancano o sono assenti i fenomeni di eccitazione iniziale. La depressione
avviene inizialmente a livello della FRA e, poi, si estende alle altre zone cerebrali.
! La potenza di questi farmaci aumenta all’aumentare di sostituzioni in posizione 5, così come la
zona maneggevole diventa più ampia in corrispondenza dell’azoto e nei tiobarbiturici. Esiste la
possibilità di avere sensibilità individuale (+ nei maschi e nelle femmine non gravide).
Farmacocinetica. La somministrazione endovenosa va praticata lentamente, poiché l’infusione
rapida può portare a caduta pressoria fino a shock, apnea e laringospasmo. L’assorbimento è buono.
Il legame con le proteine plasmatiche è alto (75-80%) e può subire spiazzamento da ASA e
sulfonamidici. Tendono a concentrarsi nei tessuti. Il più liposolubile è il tiopentone (azione ultrabreve), mentre il meno liposolubile è il pentobarbital (azione media). Il legame è anche influenzato
dal pH del sangue. L’alcalinizzazione determina diffusione da organo a sangue, con riduzione
dell’effetto ipnotico. I barbiturici sono alterano la funzionalità epatica e sono auto- ed eteroinduttori. Esistono diverse vie metaboliche: a) ossidazione, b) N-dealchilazione, c) desulfurazione
dei tiobarbiturici, d) rottura dell’anello manilureico. Sono eliminati con le urine. La tolleranza si
stabilisce per meccanismo farmacocinetico (autoinduzione enzimatica) e farmacodinamico
(adattamento).
Indicazioni e posologia. Le indicazioni variano in base alla durata dell’attività del farmaco.
9
Effetti fondamentali sfruttati anche in caso di edema, ischemia ed infarto cerebrali.
Å alexys3 Æ
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• Azione ultra-breve: anestesia parenterale ed induzione della narcosi – perdita della coscienza
con lieve stato narcotico per 5-15 minuti – in questo stato si può praticare l’anestesia per inal.
• Breve ed intermedia: sedativi ed ipnotici.
• Lunga: anticonvulsivanti (epilessia) e pre-narcosi.
• Azione medio-lunga: allobarbital, provarbital e amobarbital – insonnia e pre-narcosi o narcotici
di base – probarbital, amobarbital, pentobarbital, butobarbital.
Reazioni avverse.
• Ostruzioni delle vie aeree: caduta della mandibola, della lingua, laringospasmo, aspirazione di
materiale estraneo, catarro nelle vie respiratorie.
• Danneggiamento dei centri bulbari: iperdosaggio ed ipersensibilità indiv., centrale o riflessa.
• Alterazioni cardiovascolari da insufficiente ematosi o da preesistenti affezioni coron/miocar.
• Eccitabilità anziché depressione.
• Neuralgie e reazioni allergiche.
Controindicazioni. Tutti i soggetti con alterazioni epatiche, deperimento e nelle infiamm resp.
NARCOTICI ENDOVENOSI STEROIDEI
A questa categoria di farmaci appartengono l’idrossidione succinto e l’alfatesina, trovando
applicazione nelle narcosi brevi. Questi farmaci interagiscono con GABAA, aumentando l’affinità
della zona di riconoscimento per le BDZ. Questi sono 700-1000 volte più potenti del pentotal.
L’idrossidione può determinare tromboflebiti nel sito d’inoculo.
L’alfatesina è una miscela di due farmaci, l’alfaxolone e l’alfadolone. Ha attività ipnotica potente,
ma non analgesica. Il risveglio è rapido e tranquillo ed il recupero della coscienza avviene in circa
30 minuti. È metabolizzata a livello epatico ed eliminata con le urine. Le attività:
• Cervello: riduzione del flusso ematico e pressione endocranica.
• Cardiovascolare: depressione miocardica, tachicardia, vasodilatazione periferica.
• Respiratorio: vasocostrizione, depressione attività centrale fino ad apnea, broncospasmo.
• Muscoli: modesto rilasciamento ma niente su utero (e feto).
Le reazioni avverse sono tremori, tosse , singhiozzo, laringospasmo, reazioni allergiche, nausea e
vomito post-operatori. È indicata come anestetico di breve durata, induttore dell’anestesia ed
agente di mantenimento; può essere usata in associazione con atropina, analgesico o tranquillante. È
utilizzata in anestesia ambulatoriale, in neurochirurgia e neuroradiologia ed in ostetricia. Prudenza
in ipertesi, coronaropatici ed epatopatici.
PROPANIDIDE
Non è utilizzata in Italia. Induce narcosi intensa ma breve (3-5 minuti). Ha effetto analgesico buono,
con risveglio rapido e completo, senza effetti spiacevoli. Può indurre eccitazione nervosa,
ipertensione e tachicardia, iperventilazione. Ha modesti effetti sulla muscolatura. Non va usata in
soggetti con insufficienza epatica, deficit di coliesterasi (aumento effetto anestetico). È usata negli
interventi brevi o per l’induzione.
ETOMIDATO
È un derivato imidazolico con azione GABA-mimetica; si lega al sito ionoforo Cl- nel complesso
del recettore del GABAA. determina rapida induzione dell’anestesia, rapido risveglio, con effetti
deprimenti cardiovascolari e respiratori minimi e transitori, senza liberazione di istamina. Ha
proprietà ipnotiche ma è privo di attività analgesica ed antiepilettica.
Nel sistema nervoso riduce il consumo di ossigeno; aumenta la frequenza cardiaca e determina
modica riduzione della pressione arteriosa. Può indurre apnea. Non interferisce con il fegato. induce
ipotonia muscolare (ma anche tremori, ipertonia e mioclonie). Aumenta il tono uterino. Inibisce la
steroidogenesi surrenalica. Può indurre nausea, vomito. È indicato in pz sensibilizzati per altri f.
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KETAMINA
È un derivato della fenciclidina. L’azione di questo farmaco è definita dissociativa, a cause della
depressione del talamo corticale che si oppone alla stimolazione di altre aree quali bulbo,
mesencefalo e sistema limbico. Il risveglio è tipicamente accompagnato da attività onirica,
accompagnato da riso, pianto, grida. La ketamina è un antagonista recettoriale competitivo
NMDA e funge da modulatore uso-dipendente.
Determina aumento flusso ematico cerebrale, aumento dell’attività cardiaca e delle pressioni
arteriosa e venosa, deprime scarsamente il respiro. Può aumentare il tono dell’utero gravido. La
ketamina determina eccitazione psichica con aumento della sudorazione, dei movimenti oculari,
lacrimazione, aumento della peristalsi con vomito ed aumento della glicemia. È indicata nella
preanestesia pediatrica ed in diverse procedure diagnostiche ed in pazienti con ipersensibilità È
controindicata nell’ipertensione arteriosa, nell’etilismo, nell’epilessia, nell’ipertiroidismo, nei
disturbi psichiatrici, nell’eclampsia, in precedenti accidenti psichiatrici e nello scompenso cardiaco.
PROPOFOLO
È un derivato alchifenolico e determina rapida ipnosi ed è privo di attività anestetica. Assicura un
risveglio rapido e completo recupero dell’attività psicomotoria. Le reazioni avverse sono nausea,
vomito, cefalea al risveglio, apnea, ipotensione arteriosa, riduzione della contrattilità miocardica,
bradicardia, movimenti spontanei, eritemi cutanei transitori, tosse, laringospasmo, broncospasmo e
dolore nella sede di inoculo.
METOEXITONE
È un derivato metil-ossibarbiturico, tre volte più potente del tiopentone. Può indurre tosse e
singhiozzo. È irritante per l’endotelio vasale. Si usa per interventi brevi.
ACIDO γ-OH-BUTIRRICO (γ-OH)
È un derivato metabolico del GABA. Determina narcosi lunga (anche 2 ore), con induzione lunga,
analgesia modesta, rilasciamento muscolare insufficiente. Può determinare bradicardia,
ipopotassiemia, nausea e vomito nel periodo post-operatorio. Determina scarsa analgesia ed è,
perciò, poco usato.
RUOLO DI QUESTI FARMACI IN GRAVIDANZA
I barbiturici alle dosi di 3-5 mg/kg hanno scarsi effetti sul feto, mentre dosi maggiori possono
compromettere la motilità uterina. La ketamina è controindicata nelle pazienti gestosice ed ipertese
per rischi di rialzi pressori e per gli effetti dissociativi neuropsichiatrici – indicazione in caso di
ipotensione e schock.
ALTRE TECNICHE ANESTESIOLOGICHE
Ipoanalgesia. Consiste nell’induzione di un sonno anestetico, con abolizione della coscienza, buona
risoluzione del tono muscolare e blocco dei riflessi vegetativi. Si usa, solitamente, un barbiturico
ultra-breve (tiopental) o un fenotiazinico (levopromazina), in associazione don curarizzanti r
ganglioplegici.
Neuroleptoanalgesia – NLA. Si basa sul concetto dell’anestesia bilanciata, cioè ottenuta
somministrando contemporaneamente farmaci con azioni diverse che, grazie a fenomeni di
sinergismo e potenziamento reciproco, consentono di ridurre al minimo le dosi. Si usa, in generale,
un neurolettico, per indurre uno stato di apatia senza perdita della coscienza e per ridurre la
reazione psichica all’intervento, ed un analgesico, che completa l’azione del neurolettico sul
sistema oppioide. Esistono, ad oggi, due combinazioni principali:
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• NLA-I: aloperidolo-fenoperidina.
• NLA-II: deidrobenzoperidolo-fentanil; la più importante. Rispetto alla precedente non
determina depressione del respiro né alterazioni extrapiramidali.
Il deidrobenzoperidolo è un tranquillante butirrofenonico e i suoi effetti neurolettici si esplicano a
livello sella SRA. Inibisce il sistema adrenergico (α) e quello dopaminergico (parkinonismo),
deprimendo il centro del vomito, riducendo la gittata cardica, determina vasodilatazione e
bradicardia. Ha azione rapida in 10-15 minuti.
Il fentanil è un analgesico piperidinico 100 volte più potente della morfina. È molto rapido e dura
circa 30 minuti. Stimola il sistema colinergico (possibilità di stimolazione vagale cardiovascolare),
determinando riduzione del flusso ematico cerebrale e deprime l’attività respiratoria fino all’apa.
Le reazioni avverse sono oblio respiratorio, recupero lento dello stato di veglia, turbe
extrapiramidali, depressione respiratoria, crisi parkinsoniane. Non esistono controindicazioni.
! Questi farmaci attraversano la barriera placentare e possono deprimere le funzioni respiratorie nel
feto e nel neonato.
Diazoanalgesia. Si basa sull’uso di diazepam con fentanil o morfina. Realizza uno stato di
sedazione della durata di 6-8 ore. È usato in pazienti anziani e defedati, coronaropatici, pz con
insufficienza cardiaca, epilettici, con irritazione cerebrale o con traumi cranici.
REAZIONI AVVERSE DELL’ANESTESIA GENERALE
Sono reazioni anafilattiche e anafilattoidi ed iperterimia maligna. Le reazioni anafilattiche ed
anafilattoidi: tanto maggiori quanto maggiore è il numero di farmaci usati nel peri-operatorio. I
maggiori cazzimmi sono alfatesina, propanidide e diazepam. Questi, soprattutto se usati in miscela
con cremophor EL, determina attivazione del C’ con liberazione di C3 che induce prima
neutropenia e poi leucocitosi. I sintomi sono cutanei, cardiovascolari, respiratori, gastroenterici… in
particolare fentanil e droperidolo ed etomidato danno orticarie.
RISVEGLIANTI
A questa categoria appartengono tutti i farmaci capaci di determinare reversione della narcosi al
termine dell’intervento chirurgico: nootropi, risvegliati sintomatici, risveglianti metabolici (lSAMe). I risveglianti sintomatici sono gli analettici bulbari e gli stimolanti cerebrali e corticali. Il
più usato è il flumazenil, antoagonista delle BDZ.
Tra i risveglianti non farmacologici si ricordano le tecniche dialitiche, l’exsanguinotrasfusione, la
plasmaferesi, l’emotrasfusione, le infusioni di plasma, di siero, di albumina umana, le macchine per
la respirazione artificiale ecc…
I CURARICI
I curarici sono farmaci ad attività deprimente-paralizzante sui recettori specifici della placca
motrice (recettori nicotinici), usati, molto spessissimissimissimamente in anestesia generale per
indurre un migliore rilasciamento muscolare.
I recettori nicotinici sono ionotropici; una volta attivati, determinano apertura del canale al Na+,
che è responsabile della depolarizzazione del muscolo. Esistono differenze tra i recettori della
giunzione muscolare e quelli gangliari. L’Ach ha, infatti, attività su entrambi. Questi si dividono in
recettori sensibili al blocco da α-bungarotossina (recettori di placca) e recettori sensibili alla
mecamilamina (recettori gangliari).
La trasmissione neuromuscolare può essere modificata mediante tre vie:
• Inibizione della sintesi di Ach: emicolinio, trietilcolina.
• Inibizione del rilascio di Ach: ioni magnesio, aminoglicosidi, Ca2+-antagonisti, toss. botulinica.
• Interferenza a livello post-sinaptico con i recettori nicotinici: curarici.
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Farmacodinamica.
Curarici competitivi - pachicurarici
Questa sottofamiglia ha come capostipite la d-tubocurarina, alcaloide naturale del curaro. Altri
curarici di sintesi sono gallamina, pancuronio, vencuronio, atracurio e fazadinio.
In particolare il pancuronio, insieme al vecuronio, è 5 volte più potente rispetto alla d-tubocurarina.
L’atracurio è meno potente del panuronio ed ha minore emivita. Il fazadinio, infine, presenta una
maggiore durata d’azione rispetto agli altri.
L’azione di questi farmaci è quella di occupare i recettori nicotinici, impedendo all’Ach di
stimolare la placca. L’effetto si esplica quando almeno l’80% dei recettori è occupato. Questi
farmaci inibiscono, inoltre, il release di Ach agendo su recettori presinaptici. Gli effetti sono:
ipotonia muscolare, facile affaticabilità, deficit della stazione e dei movimenti volontari, riduzione
della motilità riflessa ed, infine, paralisi flaccida. Il blocco muscolare inizia con gli occhi, poi i
muscoli brevi del viso ed i muscoli delle estremità, poi i muscoli toracici ed intercostali, infine
diaframma. Il ripristino segue il senso inverso.
! I curarici competitivi sono sprovvisti di effetti centrali. Possono determinare, però, un certo grado
di blocco gangliare con ipotensione e bradicardia, in particolae la gallamina che blocca i M2. La
tubocurarina, infine, determina liberazione di istamina.
Curarici depolarizzanti - leptocurarici
Questa sottofamiglia ha come capostipite il decametonio. Solo la succinilcolina è utilizzata in
terapia (2 molecole di Ach legate). Sono molecole piccole e passano la barriera eamto-encefalica.
L’azione di questi farmaci è del tutto particolare: inizialmente si ha legame della succinilcolina
con stimolazione post-sinaptica (fascicolazione) – blocco depolarizzante. Questo legame, però, a
differenza di quello dell’Ach, è molto stabile e si trasforma in blocco competitivo. Ciò determina
una desensibilizzazione del recettore ed il neurone è sempre in periodo refrattario.
Gli effetti sono: paralisi flaccida anticipata da fascicolazioni muscolari. Gli effetti gangliari sono
minori rispetto a quelli ottenuti con farmaci competivit: ipotensione e bradicardia, così come anche
la liberazione di istamina.
Curarici misti
I curarici misti sono tridecametonio, benzochinonio, esafluorenio.
! La differenza principale tra i curarici competitivi e quelli depolarizzanti è la risposta agli
antiacetilcolinesterasici; un aumento dell’Ach determina diminuzione dell’attività competitiva,
per spiazzamento del farmaco dal recettore; al contrario un aumento dell’Ach determina
potenziamento dell’attività depolarizzante per maggiore stimolazione del recettore che si trova in
refrattarietà.
! Gli effetti dei competitivi è antagonizzato dai depolarizzanti.
! I curarici depolarizzanti non hanno nessun effetto in caso di miastenia.
Farmacocinetica. Questi devono essere somministrati per via parenterale, perché l’assorbimento
gastroenterico è scarso o nullo. Per i curarici competitivi si ha metabolismo principalmente epatico
e la funzionalità buona è requisito essenziale. L’azione dei curacici competitivi va da 10 a 60
minuti. Per i curarici depolarizzanti si ha detossificazione plasmatica ad opera delle
PSEUDOACETILCOLINESTERASI. L’azione della succinilcolina è presente dopo 30 secondi dalla
somministrazione e varia a seconda del tipo di farmaco.
Indicazioni e posologia. Sono indicati come coadiuvanti dell’anestesia generale per interventi
chirurgici. Quelli ad azione breve sono anche usati per eliminare bronco- e laringospasmo per
facilitare intubazione, broncoscopie e faringoscopie.
Presentano tutti una piccola zona maneggevole.
I depolarizzanti sono usati tutti per concentrazioni di <1mg/kg, ad eccezione della tubocurarina che
è somministrata alla dose di 6-9 mg. La succinilcolina, invece, va data a 20mg per via endovenosa.
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Reazioni avverse. Apnea prolungata, collasso cardiovascolare (alterazioni gangliari) e quelli
derivanti dalla liberazione massiccia di istamina. Possono determinare diminuzione della
circolazione ematica e squilibrio elettrolitico per ipopotassiemia (figura 14.39). un’altra evenienza
importante è l’ipertermia maligna legata ad associazione di succinilcolina ed alotano: aumento
produzione di calore cui segue sovente danno muscolare. Bisogna raffreddare, trattare con O2 e
debellare l’acidosi.
Interazioni con altri farmaci.
• Anticolinesterasici antagonizzano i competitivi.
• Anticolinesterasici coadiuvano i depolarizzanti, così come gli anestetici inalatori che
stabilizzano la membrna.
• Si antagonizzano tra loro
• Aminoglicosidi, tetracicline: hanno effetto coadiuvante. Gli aminoglicosidi per l’inibizione della
liberazione di acetilcolina. Le tetracicline perché chelano il calcio.
Trimetafano, analgesici oppioidi, lidocaina, chinidina, fenelzina, fenitoina, propanololo, sali di
magnesio, glicosidi digitalici, cortisonici, catecolamine e diuretici
ANTIDOLORIFICI
ANALGESICI CENTRALI
I farmaci analgesici centrali sono in grado di:
• Attenuare il dolore somatico ma non psichico agendo in modo selettivo sul sistema oppioide e
sulle vie del sistema antinocicettivo.
• Attenuano le reazioni riflesse promosse dal dolore somatico e le ripercussioni psico-affettive
(corticali) e cenestetiche (talamiche).
• NON sopprimono le reazioni riflesse da impulsi dolorosi che si originano dai livelli inferiori.
I farmaci principali sono derivati dell’oppio, lattice disseccato delle capsule non mature del
Papaver somniferum variante album. Questi contiene alcaloidi fenantrenici, come morfina e
codeina, alcaloidi isochinolonici come narcotina e narceina (ed altri composti leiomiolitici non
stupefacenti come noxamina, laudanosina ecc…).
Farmacodinamica. Gli effetti di questi farmaci sono:
• SNC: iniziale eccitazione psichica ed euforia, seguiti da depressione corticale con effetto
stupefacente; diminuzione della percettività di sensazioni spiacevoli e dolorose,
compromissione dell’attenzione, attività onirica da svegli, sonnolenza (eventualmente coma).
Tutti gli effetti specifici sono elencati di seguito ed i farmaci sono indicati in ordine decrescente.
• Effetto euforizzante: eroina, morfina, petidina, metadone, pentazocina e codeina.
• Depressione corticale: morfina ed eroina, poi codeina, metadone e pentazocina.10
• Depressione bulbare: eroina e morfina, metadone, poco con penatazocina e codeina, nullo
con petidina.
• Effetto analgesico: morfina (180 minuti – dopo 60-90 minuti dall’iniezione), metadone
(100 minuti), codeina, petidina e pentazocina (meno di 100 minuti).
• Abitudine: eroina, morfina, petidina, metadone, pentazocina e codeina.
• Attività tossicomanigena: eroina, morfina, idromorfone, metadone, pentazocina e codeina.
• Cardiovascolare: iniziale scarica adrenalinica con tachicardia ed ipertensione, seguita da
bradicardia ed ipotensione da depressione bulbare.
10
La petidina determina, invece, eccitazione.
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• Respiratorio: depressione del respiro – per depressione bulbare - (importante da conoscere per
il neonato in caso di analgesica con morfiniosimili alla madre – antagonizzare con naloxone).
Proprietà antitussigena, spiccata per la codeina. Broncocostrizione per liberazione di H.
• Gastrointestinale: effetti emetici e costipanti.
• Utero: diminuzione della contrazione dell’utero gravido.
• Metabolismo: riduzione della temperatura e del metabolismo basale, iperglicemia.
• In loco: azione irritante e liberazione di istamina.
Farmacocinetica. L’assorbimento per via sottocutanea, intramuscolare, nasale e gastrointestinale è
generalmente buono. La metabolizzazione attraverso il fegato riduce la potenza dei composti
(problemi di dosaggio negli epatopatici) – necessità di aumetare le dosi per via gastrointestinale. Il
muscolo scheletrico e l’adipe sono ottimi serbatoi. Sono eliminati prevalentemente per le urine.
Caratteristiche dei principali analgesici.
Morfina - µ-agonista
È l’analgesico più attivo e conosciuto. Per via orale ha emivita ed effetto di 3-4 ore, con necessità di
assumerlo 3-4 volte nelle 24 ore. Sono disponibili due soluzioni in Italia: per via orale 1% se è tutto
ok, per via sublinguale 4% se ci sono problemi di assorbimento gastrointestinale – entrambe ogni 4
ore. In altri casi è prevista la somministrazione sottocute con una pompa-siringa ad infusione
continua, con dosi ridotte ad 1/3 (effetto analgesico raggiunto prima). Sono rare intolleranza e
reazioni avverse.
! Mostra una relazione lineare tra dose ed effetto farmacologico – aumenti le dosi fino ad ottenere
l’effetto desiderato.
Metadone - µ-agonista
Ha una emivita molto lunga (20 ore) e va somministrato, inizialmente, ogni 6-8 ore, fino a ridurre
ad 1 somministrazione nelle 24 ore. È tipicamente usato nel dolore oncologico e nei
tossicodipendenti. ! Mostra una relazione lineare dose-effetto.
Codeina - µ-agonista
È un oppiaceo a modesta azione stupefacente ed a dosi maggiori, è un ottimo analgesico. Per via
orale alla dose di 60-100 mg, può essere associata a caffeina per facilitare l’assorbimento
gastrointestinale. Ha anche un ottimo potere antitussigeno ed è somministrata, in particolare, in
casi di neoplasie pleuropolmonari.
Petidina (meperidina) - µ-agonista
Ha una azione analgesica di 2-5 ore. È indicata nel dolori acuti, come da spasmo della musclatura
liscia (coliche uretrali, ma non biliari – problemi di contrazione e mancato svuotamento biliare).
Provoca spesso nausea, vomito, vertigini.
Fentanil - µ-agonista
Ha una attività anelgesica di circa 100 volte maggiore a quella della morfina. È indicato nella
neuroleptoanalgesia, nel dolore post-operatorio, nel dolore da infarto miocardico, in associazione a
droperidolo. Può essere usato nel dolore cronico oncologico e per indurre analgesia nel parto.
Pentazocina – agonista-antagonista
Determina una analgesia 4 volte meno potente della morfina. Combatte i sintomi dell’astinenza nei
morfinomani.
Buprenorfina – agonista parziale
Per la sua capacità di agonista µ ed antagonista κ ha un elevato potere analgesico che determina
raramente depressione respiratoria ed abitudine. Può determinare, però, sonnolenza, sedazione,
nausea e vomito, vertigini, sudorazione, secchezza delle fauci.
ossicodone, destropropossifene, etoeptazina, destromoramide, nalbufina
Niente di che.
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Altri analgesici centrali
Altri analgesici centrali non stupefacenti sono ben tollerati a livello locale e sistemico e
determinano scarse reazioni allergiche. I più importanti sono: viminolo, glafenina, foctafenina,
flupirtina, nefopam.
Indicazioni e posologia. I composti più potenti sono più efficaci nel grave e continuo. La
somministrazione ad intervalli fissi sembra essere più efficace di quella legata alle richieste del
paziente. Hanno diverse indicazioni, riconducibili ai specifici effetti:
• Induzione dell’analgesia nel traveglio del parto – attenti alla depressione respiratoria neonatale
da antagonizzare subito con naloxone.
• Dolore acuto della colica renale o biliare.
• Edema polmonare: sedazione della dispnea.
• Effetto antitussigeno: neoplasie pleuropolmonari.
• Attività antidiarroica.
• Preanestesia per effetto sedativo, ansiolitico ed analgesico.
• Anestesia loco-regionale per via epidurale: interventi addominali, ginecologici, ortopedici
(morfina, fentanil, buprenorfina).
Reazioni avverse. Tutte riconducibili agli effetti farmacologici:
• Cardiovascolari: ipertensione e tachicardia, poi ipotensione e bradicardia.
• Respiratorio: depressione e broncocostrizione da liberazione di H.
• SN vegetativo: aumento del tono simpatico e parasimpatico.
• SNC: eccitazione, euforia, seguite da depressione, stupefacente, sonno e coma.
• Occhio: miosi.
• Digerente: stipsi, emesi, nausea.
• Temperatura corporea: aumento.
• Utero: depressione contrazioni.
• Varie: contrazione della diuresi per aumento increzione ADH ed aumento del tono dello sfintere
vescicale, auemento della pressione del liquor, riduzione del metabolismo basale, iperglicemia.
Interazioni con altri farmaci.
• Sedativi-ipnotici: aumento della depressione del sistema nervoso, spt per il respiro.
• Tranquillanti-ansiolitici: aumento della depressione nervosa e respiratoria e cardiovascolare
(azioni anticolinergiche e β-bloccanti).
• IMAO: elevata incidenza di coma iperpiretico ed ipertensione.
Controindicazioni. Gravidanza, ipertensione endocranica, asma, enfisema bronchiale, insufficienza
epatica grave, cor polmonare cronico, ipertiroidismo, in associazione con barbiturici o alcol etilico.
ANALGESICI PERIFERICI
Tra gli analgesici periferici vanno ricordati i FANS, i FAS e gli anestetici locali. Gli anestetici
locali sono farmaci in grado di bloccare la conduzione degli impulsi nervosi lungo le vie del
dolore, agendo selettivamente. La prima forma di sensibilità che è eliminata è quella dolorifica,
seguita dalla tattile, da quelle termica ed, infine, da quella profonda (in ordine C, B, A - α, β, γ, δ).
Gli anestetici locali dovrebbero avere diverse qualità: elevata attività anestetica, bassissima
tossicità, sufficiente durata d’azione, buona tollerabilità, massima prontezza d’azione, incapacità di
ledere i tessuti a contatto. Naturalmente non esistono farmaci perfette.
L’intensità di un anestetico dipende dalla concentrazione, così come dalle caratteristiche della
superficie da anestetizzare e dalla permanenza in loco.
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Farmacodinamica. Gli anestetici locali sono ammine basiche poco solubili in acqua. La loro
forma attiva è quella non protonata. Data la comune proprietà di pKa≥7,9 per tutte queste molecole,
ambienti alcalini determinano maggiore efficacia.11 Ogni anestetico è formato da un radicale
aromatico legato ad un gruppo amminico secondario o terziario grazie ad una catena carboniosa con
2-4 C. In base al tipo di catena si possono avere anestetici eterei (pramoxina, dimetisochina),
esterei (cocaina – stupefacente – procaina, tetracaina, benzocaina) ed ammidici (lidocaina,
dibucaina).
L’azione di questi farmaci consiste nel blocco dei recettori-canale per Na+ e Ca2+; ciò avviene per
la capacità di legarsi ai recettori e indurre un’alterazione conformazionale. Se il farmaco è in forma
cationica, ovvero idrofila,attraversa la membrana, si lega ad H+ e poi blocca il recettore-canale. Se
si trova, invece, nella forma idrofobica, si lega direttamente su siti del recettore-canale.
In base alla potenza ed alla durata questi farmaci sono divisi in tre gruppi:
I. Potenza bassa a breve durata: novocaina, clorprocaina.
II. Potenza e durata intermedia: lidocaina, mepivacaina, prilocaina, procaina. Sono usati, ad
esempio, nell’anestesia da infiltrazione.
III.
Potenza alta e lunga durata: bupivacaina, etidocaina. Sono usati, ad esempio,
nell’anestesia extra-durale, come in chirurgia ginecologica.
L’attività può essere potenziata grazie all’uso di vasocostrittori, che permettono un aumento del
tempo di stazionamento del farmaco nel sito d’iniezione, e l’uso di alcalinizzazione.
Farmacocinetica. Tutti gli anestetici locali sono assorbiti abbastanza rapidamente e sono
metabolizzati in 1 ora, via fegato, sangue e muscolo, ed eliminati attraverso i reni.
Reazioni avverse. Gli incidenti o accidenti che possono presentarsi per l’uso di questi farmaci
sono legati al farmaco vero e proprio, sia all’uso di altri farmaci, sia alla tecnica ecc…
• Tossicità: eccesso di dosi; agitazione psicomotoria, clonie muscolari e convulsioni,
disorientamento, perdita dei riflessi, depressione del centro del respiro, apnea, coma, asfissia,
morte. Si può avere collasso vasale da vasodilatazione arteriolare o depressione miocardica.
• Alterazioni locali:
• Stabilizzazione mebrane: alterazione ciglia vibratili e mobolità degli spermatozoi.
• Reazioni vasodilatatorie o vasocostrittorie in base alla sensibilità tissutale.
• Irritazione locale: labilizzazione delle membrane lisosomiali. Usare cortisonici.
• Reazioni sistemiche:
• Depressione del parasimpatico e trasmissione gangliare con inibizione release di Ach:
depressione dell’attività miocardica – lidocaina usata anche come antiaritimico. Possono
determinare anche depressione della peristalsi – depressione di tutti i muscoli lisci,
ghiandole, così come la vescica (contrazione diuresi).
• Effetto eccitante e poi deprimente sul SNC.
• Effetto diabetogeno: inibizione del release di insulina per azione su Ca2+, ione fondamentale
per la fusione dei granuli secretori con la membrana plasmatica.
• Inibizione della captazione delle catecolamine: sballo completo.
• Azione stimolante e poi depressiva sul respiro.
FARMACI ADIUVANTI
Sono tutti quei farmaci che potenziano, con vari meccanismi, le proprietà dei FANS e degli
analgesici centrali:
• FAS: prednisone e desametasone.
• Tranquillanti maggiori e minori: quando occorre modificare le condizioni e le reazioni
psicologiche del paziente (asma, depressione, reazioni nevrotiche)
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Risulta ovvio, dunque, che l’acidificazione rende meno efficace gli anestetici locali.
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• Maggiori: baclofen (agonista GABAB), imipramina, amitriptilina, desipramina, maprotilina,
trazodone, mianserina.
• Minori: diazepam, lorazepam, clordemetildiazepam, prazepam.
Anticonvulsivanti: difenilidantoina, carbamazepina, acido valproico.
ANTIEMICRANICI
L’emicrania è una quadro clinico caratterizzato da dolore al capo, preceduto da un’aurea
prodomica, accompagnata da caolo del visus, circa 30 minuti - solotamente unilaterale, forte,
accompagnato da fotofobia e disturbi autonomi, quali nausea e vomito. Tutta la sintomatologia
permane per qualche ora.
La teoria classica prevede che i prodomi (aurea e calo del visus) siano legati ad una vasocostrizione
cerebrale, mentre il dolore sia legato alla seguente vasodilatazione. Esistono, tuttavia, evidenze in
contrasto, come il fatto che il dolore è presente, spesso, anche prima della vasodilatazione cerebrale.
Si pensa, quindi, che il primum movens di questa patologia possa essere un’alterazione neuronale,
come nella epilessia, che da un focus si espande a tutta la corteccia. L’unico elemento certo, in
queste ipotesi, è il ruolo della serotonina. Durante un attacco emicranico, infatti, la concentrazione
plasmatica di serotonina diminuisce, mentre aumenta quella del o metabolita urinario acido 5idrossindolacetico.
La teoria più recente tende a spiegare l’emicrania con due eventi distinti:
• Alterazione neuronale: aumento dellattività serotoninergica (e noradrenergica), con
vasocostrizione cerebrale Æ prodomi. Azione farmacologica a questi livelli con uso di
antagonisti 5-HT2 che inibiscono il rilascio di 5-HT.
• Infiammazione perivascolare: vasodilatazione e rilascio di PG e chinie, con sensibilizzazione
ed eccitaizione delle fibre nocicettive. Azione farmacologica sulla vasodilatazione con agonisti
5-HT1d-like. Si hanno due effetti:
• Dolore. Possibile azione farmacologica con antiflogistici e vasocostrittori.
• Rilascio di neuropeptidi: stimolazione antidromica Æ aumento del’infiammazione e
autosostentamento. Azione farmacologica a questo livello con antagonisti 5-HT3 con
inibizione del rilascio di neuropeptidi e blocco della flogosi.
La terapia dell’emicrania prevede una soppressione ed una profilassi.
Soppressione.
• Ergotamina: sublinguale, rettale con caffeina – caffergot. È un antagonista 5-HT2 e determina
inibizione della liberazione di serotonina (è anche inibitore α2, agendo anche su neuroni
adrenergici); per via sublinguale ha effetto in 5 ore, per via parenterale in 15 minuti. Determina
effetti collaterali quali nausea, vomito, debolezza muscolare degli arti e dolori alle estremità. È
controindicato in gravidanza (effetto uterotonico), in pazienti con sepsi, in epatopatici, in
nefropatici ed in insufficienza coronarica (vasospasmo). Si può usare anche la
diidroergotamina (DHE) in caso di insufficienza coronarica.
• Sumatriptan: è un agonista 5-HT1d-like. Determina inibizione della vasodilatazione da
infiammazione neurogenica.
• Ondansetron: è un antagonista 5-HT3. Determina inibizione del rilascio di neuropeptidi e
blocca la flogosi neurogenica.
• Ca2+-antagonisti: flunarizina, nimodipina. Sembrano validi nel trattamento dell’emicrania e
della cefalea a grappolo.
Profilassi.
• Metisergide: è un antagonista serotoninergico dotato di minore selettività recettoriale rispetto
all’ergotamina e determina una minore vasocostrizione. È efficace se somministrato 2-3 volte al
giorno per cicli mensili. Analoghi sono la ciproeptadina e la metergolina.
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• Antidepressivi: amitriptilia, doxepina e protriptilina. Non si capisce, ma funzionano rapidi.
• β-bloccanti: quelli privi di attività intrinseca come atenololo, metoprololo, propanololo.
! I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono utili sia nell’attacco acuto che nella
prevenzione: ASA, naprossene, ibuprofene, flufenamato, mefenamato), grazie all’inibizione della
secrezione di PG e chinine che stimolano la sensibilizzazione neurogenica.
ANTIVERTIGINOSI
Le vertigini rappresentano un sintomo soggettivo e oggettivo, correlato ad alterazioni dell’apparato
vestibolare, che si accompagna, spesso, a nausea e vomito.
Il nucleo laterale del nervo vestibolare è ricco di recettori H1 e la loro stimolazione è
fondamentale per l’insorgenza delle vertigini. Ciò può avvenire in corso di sindrome di Ménière,
per alterazioni neurologiche (compressione dell’VIII, affezioni del tronco encefalico e del
cervelletto, aterosclerosi, sclerosi multipla), o infezioni a carico dell’orecchio, ed infine, per alcuni
farmaci, come gli aminoglicosidi.
La terapia, a parte in corso di infezioni batteriche e in caso di neurinoma dell’VIII, è sempre
sintomatica:
• H1-antagonisti: ciclizina, meclozina, dimenidrinato o fenotiazinici quali la trietilperazina.
Questi farmaci riducono la sintomatologia vertiginosa, così come gli effetti neurovegetativi per
l’attività anticolinergica. La nausea ed il vomito sono ridotti per l’attività antiemetica.
• Ca2+-antagonisti: cinnarizina e flunarizina; hanno attività inibente sull’eccitabilità dei neuroni
labirintici.
Si consiglia riposo e decubito laterale.
ANTIPIRETICI
Piccoli nuclei neuronali che fanno parte dell’ipotalano anteriore e posteriore sono i centri regolatori
della temperatura corporea ed alterazioni di questi portano ad aumento della temperatura. La febbre
è una condizione caratterizzata da aumento della temperatura per stimolazione di questi centri da
parte di PG soprattutto della serie E. Ciò avviene, tipicamente, in corso di infezione/infiammazione,
in cui si hanno stimoli alla produzione di IL-1, come il LPS batterico, che avvia la sintesi di
prostaglandine e trombossano. I farmaci antipiretici determinano inibizione di questi processi.
• Acetilsalicilato: a scopo antipiretico 300-600 mg ogni 4 ore. Determina effetti collaterali quali
reazioni gastriche (determina inibizione della secrezione mucosa gastrica – ulcere) e reazioni di
ipersensibilità. Può determinare effetti tossici epatici e renali. È controindicata nei bambini con
sindrome influenzale per la possibilità di interazione tra ASA e virus influenzale con comparsa
di grave ed acuta alterazione della funzionalità epatica ed encefalica (sindrome di Reye).
• Paracetamolo: è usato quando è controindicata l’ASA, come in ulcere, allergie, diatesi
emorragica. 300-600 mg ogni 4 ore. Può indurre danni epatici, renali e nervosi, così come
anemia emolitica o metaemoglobinemia.
• Indometacina: non più usato perché tossico
• Glucorticoidi: determinano modulazione negativa dell’immunità cellulo-mediata (inibizione
della sintesi di IL-1) e inducono la sintesi di proteine inibenti la fosfolipasi A2, enzima che da il
via alla sintesi di acido arachidonico da cui derivano le PG, i TX ecc… i più usati sono
prednisolone, prednisone, cortisone acetato e betametasone. Determina effetti collaterali
quali ritenzione idrosalina e perdita di potassio (alcalosi ipokaliemica), alterazione della
funzionalità cardiovascolare, astenia, miopatie, osteoporosi, processi ulcerosi a livello gastroenterico.
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• Chinina: è un antipiretico periferico, perché inibisce le reazioni ossidative tissutai, con
riduzione della produzione di calore. Per os 250-400 mg e volte /die.
Per l’ipertermi maligna, condizione autosomica dominante legata ad intolleranza a farmaci,
caratterizzata da intenso spasmo muscolare ed aumento della temperatura, si usano succinilcolina,
alotano e dantrolene. Quest’ultimo impedisce il passaggio di ioni calcio dal reticolo
sarcoplasmatico al sistema contrattile (actina-miosina-troponina), impedendo gli spasmi.
MAGGIORI INFORMAZIONI SULL’EPILESSIA
Il termine 'crisi epilettica' descrive una varietà di sintomi neurologici dovuti a una scarica elettrica
anomala, sincronizzata e prolungata di cellule nervose della corteccia o del tronco cerebrale. Il 5%
di tutte le persone ha almeno una crisi epilettica durante la sua vita, ma non è considerato affetto da
epilessia. La diagnosi di epilessia implica una tendenza a crisi epilettiche ripetute che si trova
nello 0.5% della popolazione. Crisi epilettiche sono favorite da fattori che aumentano l'eccitabilità
elettrica delle cellule nervose e abbassano la naturale soglia alla loro scarica spontanea: l'uso o la
sospensione improvvisa di certi farmaci, droghe o alcool; febbre, deficit di sonno, alterazioni degli
elettroliti, e infine fattori genetici e metabolici. Si parla di epilessia idiopatica o primaria quando
la storia clinica e gli esami diagnostici non rivelano cause per crisi epilettiche ripetute. Mentre la
maggior parte delle epilessie idiopatiche è infatti dovuta a fattori genetici e metabolici ancora
sconosciuti e si manifesta in età infantile o adolescente, una grande parte delle epilessie secondarie
si manifesta dopo i 40 anni. Cause di epilessie secondarie sono tumori e traumi cerebrali, ischemie o
emorragie cerebrali, la trombosi dei seni cerebrali venosi, malformazioni vascolari, e malattie
infiammatorie del cervello come vasculiti, meningiti, encefaliti o la sclerosi multipla.
Per la diagnosi di epilessia è necessaria un'accurata valutazione dei sintomi e della storia clinica,
che deve possibilmente comprendere anche le osservazioni dettagliate da parte di terzi, in quanto
l'alterazione o la perdita di coscienza spesso precludono una descrizione dei sintomi da parte del
paziente stesso. L'elettroencefalogramma (EEG) rileva l'attività elettrica del cervello ed è
un'analisi fondamentale nella diagnosi dell'epilessia, perché le alterazioni elettriche, spesso molto
indicative, possono essere presenti anche in assenza dei sintomi. Al di fuori delle crisi epilettiche,
però, le alterazioni elettriche possono mancare, pertanto un EEG normale registrato al di fuori di
una crisi non esclude la diagnosi di epilessia. Altri esami diagnostici includono la risonanza
magnetica o TAC cerebrale ed esami di laboratorio, e sono indicati per accertare o escludere cause
specifiche.
In base alla sintomatologia clinica e al tracciato EEG delle crisi epilettiche si distinguono epilessie
generalizzate (le scariche anomale iniziano contemporaneamente nei due emisferi cerebrali) ed
epilessie parziali o focali (le scariche anomale iniziano in una determinata parte del cervello).
Quando le scariche iniziano localmente per poi diffondersi a tutto il cervello si parla di epilessia
secondariamente generalizzata. I più frequenti tipi di crisi epilettiche generalizzate e parziali
sono:
Crisi di tipo tonico-clonico ("grande male"): sono crisi generalizzate che possono avere sintomi
premonitori (aura: irritabilità, ansia, cefalea) e iniziano con perdita della coscienza, deviazione degli
occhi in alto per poi continuare con contrazioni muscolari generalizzate e simmetriche (fase tonica),
che in seguito sono interrotte da brevi rilassamenti della muscolatura (fase clonica). L'alternanza tra
contrazione e rilassamento dà il tipico aspetto di scosse muscolari ritmiche ('convulsioni'), che
verso la fine dell'attacco diminuiscono di frequenza. Le crisi durano in genere meno di un minuto e
sono seguite da uno stato confusionale con stanchezza e dolore muscolare. Quest'ultimo è dovuto
all'intensità delle contrazioni muscolari involontarie, che possono anche causare ferite (morso della
lingua), traumi cranici o fratture ossee.
Crisi di assenza ("piccolo male"): sono crisi generalizzate e brevi (meno di 10 secondi) che si
manifestano tipicamente in età infantile e scolastica. Sono caratterizzate da un improvviso arresto
motorio con uno stato di coscienza apparentemente conservato. Tuttavia, durante le crisi di assenza,
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il bambino non è in grado di rispondere e in seguito non ricorda l'episodio. Possono essere
accompagnate da contrazioni ritmiche della muscolatura mimica o più raramente da altri fenomeni
di tipo tonico o atonico.
Crisi di tipo tonico, atonico o mioclonico: sono crisi generalizzate di breve durata, con o senza
perdita della coscienza. Si verificano in bambini con sindromi epilettiche o durante malattie febbrili.
Crisi parziali semplici: sono crisi focali durante le quali coscienza e memoria sono conservate. I
sintomi sono multiformi perché dipendono dalla localizzazione cerebrale delle scariche. Se queste
avvengono nella corteccia motoria, i sintomi possono consistere nella rotazione della testa e degli
occhi e in contrazioni muscolari da un lato del corpo. Altri sintomi sono la sensazione di formicolio
o sensazioni di tipo visivo, uditivo o gustativo anomale. Quando sono coinvolti centri nervosi
autonomi, i sintomi possono essere avvertiti come disagio nella regione addominale, pallore o
sudorazione. Infine, i sintomi possono essere psichici con sensazioni anomale e improvvise di ansia,
una percezione distorta della propria persona, dell'ambiente e del tempo, allucinazioni, o la
percezione di aver già vissuta o mai vissuta una particolare situazione ("déjà vu", "jamais vu").
Crisi parziali complesse ('psicomotorie'): sono crisi focali con alterazione dello stato di
coscienza, incapacità di comunicare ed eliminazione della memoria per il tempo della crisi. Come
nelle crisi parziali semplici, i sintomi dipendono dalla localizzazione delle scariche, la quale - al
contrario di quanto era suggerito in passato - non è limitata al lobo temporale. Iniziano con l'arresto
improvviso dell'attività corrente e sono spesso caratterizzati da movimenti automatici ripetuti della
bocca o gesti automatici delle mani, linguaggio automatico e alterato, movimenti oculari o
comportamento anomalo.
Normalmente le crisi epilettiche si risolvono spontaneamente entro pochi minuti. Quando perdurano
o quando si ripetono in modo ravvicinato si tratta di uno stato di male epilettico che rappresenta
(soprattutto quando le crisi sono di tipo convulsivo) un'emergenza medica che richiede terapia
immediata. Stati epilettici protratti possono essere letali perché possono portare a grave
insufficienza respiratoria.
Oltre ad essere suddivise secondo il tipo di crisi, le epilessie vengono classificate in sindromi
epilettiche, che raggruppano determinati tipi di crisi con altri aspetti clinici caratteristici. Le più
importanti sindromi sono l'epilessia del lobo temporale, l'epilessia rolandica, le epilessie
miocloniche dell'infanzia e dell'età giovanile, l'epilessia con assenze, la sindrome di West e la
sindrome di Lennox-Gastaut.
La farmacoterapia dell'epilessia impiega farmaci antiepilettici, che con diversi meccanismi
stabilizzano le proprietà elettriche della membrana delle cellule nervose, impedendo così le scariche
elettriche spontanee. Si tratta perciò di una terapia sintomatica che non elimina la causa
dell'epilessia. Tuttavia garantisce una vita normale a molti pazienti che altrimenti sarebbero
gravemente limitati o minacciati da frequenti crisi epilettiche. La terapia deve tenere conto della
situazione e delle esigenze individuali del paziente e va indicata con cura, perché è prolungata e con
effetti collaterali potenzialmente gravi, che possono comunque essere minimizzati nella maggior
parte dei casi. In particolare, deve essere probabile o sicura la diagnosi di epilessia, e deve essere
probabile che le crisi epilettiche si ripetano nel futuro. La terapia, perciò, non si inizia dopo una
prima e singola crisi epilettica o senza che sia accertata una causa dell'epilessia che renda probabile
crisi ripetute. Vanno inoltre considerate la frequenza delle crisi e la loro gravità clinica,
relazionandole alla situazione personale e professionale del singolo paziente. Infine, è necessario
eliminare fattori di rischio evitabili come il deficit di sonno o l'abuso di alcool. La scelta del
farmaco deve considerare il tipo di crisi e la sindrome epilettica, la durata della terapia e i possibili
effetti collaterali sempre rispetto alla situazione del singolo paziente. È importante iniziare con un
dosaggio basso che va gradualmente aumentato per trovare la minima dose sufficiente a controllare
le crisi.
I classici farmaci antiepilettici sono valproato e carbamazepina (che sono spesso i farmaci di
prima scelta), fenitoina e fenobarbital. Da pochi anni è disponibile una serie di farmaci di nuova
generazione (felbamato, gabapentin, lamotrigina, levetiracetam, oxcarbazepina, tiagabina,
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topiramato, vigabatrin) usati per indicazioni particolari o per aumentare l'efficacia della terapia
quando la monoterapia con un antiepilettico classico non riesce a sopprimere le crisi epilettiche.
Studi clinici recenti indicano che gabapentin, lamotrigina e oxcarbazepina possono essere usati
anche in monoterapia, mentre felbamato e vigabatrin comportano il rischio di effetti collaterali così
seri da restringerne l'uso ad epilessie resistenti ad altri farmaci e indicazioni pediatriche particolari.
L'uso di etosuccimide è ristretto alle crisi di assenza. Per la terapia acuta di una crisi epilettica sono
disponibili diazepam, lorazepam, clonazepam e fenitoina per via endovenosa o rettale. Farmaci
antiepilettici possono interagire tra di loro e con altri farmaci con possibile variazione della loro
efficacia e tossicità. Per adeguare il dosaggio dei farmaci e controllare la regolare assunzione è
perciò utile il monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche che è possibile per i farmaci
maggiormente usati. Il monitoraggio plasmatico tuttavia è uno strumento ausiliare, è più importante
il giudizio clinico che paragona l'efficacia del farmaco verso i potenziali effetti collaterali.
La durata della terapia antiepilettica dipende dal tipo, dalla causa e dalla evoluzione spontanea
dell'epilessia. Generalmente si propone una graduale riduzione dei farmaci quando per 2-5 anni non
si sono più verificate crisi epilettiche e quando sono assenti o minime le alterazioni dell'EEG. Nel
80% dei casi le crisi riappaiono entro 6 mesi dopo la sospensione dei farmaci con la conseguente
necessità di riprendere la terapia. La prognosi è migliore quando le crisi sono infrequenti e
controllate con basse dosi di un farmaco.
Poiché l'epilessia interessa in molti casi l'età riproduttiva, la gravidanza pone questioni particolari
per la farmacoterapia, in quanto nessuno dei farmaci è privo di rischio malformativo (teratogeno)
per il feto. Il rischio teratogeno è da confrontare col rischio che possono comportare le crisi
epilettiche per traumi o ischemia del feto o per l'induzione di aborti spontanei. In casi di crisi
infrequenti si può tentare la sospensione dei farmaci fino al quarto mese di gravidanza, dopodiché il
rischio teratogeno diminuisce molto e la farmacoterapia può essere ripresa. Con crisi più frequenti è
desiderabile una monoterapia al più basso dosaggio possibile. In ogni caso vanno evitati valproato e
topiramato e va usata cautela generale con i farmaci di nuova generazione in quanto manca ancora
un'esperienza sufficiente riguardo al loro potenziale teratogeno. La gravidanza stessa non influisce
in modo significativo sul corso dell'epilessia, può comunque influire sul metabolismo dei farmaci
antiepilettici e richiedere un nuovo dosaggio. Farmaci antiepilettici sono infine in grado di
abbassare l'efficacia dei contraccettivi orali col rischio di una gravidanza inosservata durante le
prime fasi in cui l'embrione è particolarmente suscettibile all'azione teratogena dei farmaci.
Circa il 20% delle epilessie non è sufficientemente controllato nonostante l'impiego di farmaci
multipli a dosaggi sufficienti. In questo caso si propone la terapia chirurgica che asporta la regione
cerebrale (nella maggior parte dei casi il lobo temporale medio) in cui originano le crisi epilettiche.
È perciò necessario che questa regione sia ben identificabile come origine delle crisi epilettiche e
che la sua rimozione non comporti deficit neurologici gravi. La terapia chirurgica è di successo nel
70-90% dei casi operati e spesso porta a una guarigione completa. Richiede comunque particolare
esperienza sia nella fase diagnostica sia in quella chirurgica ed è riservata a centri specializzati.
La stimolazione del nervo vago è un approccio terapeutico recente che è indicato in casi di
epilessia farmacoresistente in cui la terapia chirurgica sia non possibile o controindicata. La sua
efficacia è inferiore a quella della terapia chirurgica ma è stata dimostrata in una serie di studi
clinici. Richiede l'impianto di un elettrostimolatore che viene collegato con il nervo vago sinistro il
quale trasporta le afferenze sensorie dai visceri al cervello. Per un meccanismo ancora sconosciuto
la modulazione terapeutica della sua attività elettrica influenza l'attività elettrica cerebrale in modo
da rendere il cervello meno suscettibile alla formazione di focolai epilettici. Come la terapia
chirurgica, la stimolazione del nervo vagale richiede l'assistenza da parte di centri specializzati.
Le principali attività della ricerca sull'epilessia sono concentrate sulla scoperta di farmaci ancora più
efficaci e sempre meglio tollerati anche con il mezzo di modelli sperimentali sempre più raffinati.
Inoltre, verranno provati nuovi protocolli di elettrostimolazione e l'applicazione di farmaci
antiepilettici tramite sonde intracerebrali che rilasciano il farmaco solo nella regione in cui
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originano le crisi epilettiche. In tal modo si potrebbe raggiungere un effetto specifico evitando gli
effetti collaterali del farmaco sul tessuto cerebrale sano.
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