numero 66 - Associazione Pordenonese di Astronomia

NOTIZIARIO
dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
Anno XXII - n. 66
Ottobre - Dicembre 2014
JOHN BARROW A PORDENONELEGGE 2014
Per quanti s’interessano di astronomia, ma non solo, la lettura dei libri di John Barrow rappresenta un’imperdibile
occasione per scoprire nuove frontiere della scienza, ma anche nuove modalità di divulgazione, viste le indubbie
capacità di scrittura di questo eclettico professore di Oxford capace di passare da opere teatrali a universi multipli in
un batter d’occhio. Barrow è stato ospite dell’edizione 2014 di Pordenonelegge e nella sala gremita di palazzo
Montereale Mantica è riuscito ancora una volta a farci sognare senza per questo perdere il linguaggio rigoroso della
scienza (photo Cozzarin, per gentile concessione).
In questo numero
ORIGINE DELLE AURORE
UN SESTANTE PORTATILE PER USO TERRESTRE
26 - 28 SETTEMBRE 2014: 23° STAR PARTY DI SAINT BARHELEMY
CRESPANO, 7/9/2014: UN INCONTRO PER RICORDARE IL PROF. GIULIANO ROMANO
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
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ORIGINE DELLE AURORE
«Deboli accenni di bande colorate appaiono nel buio cielo notturno. Si rovesciano
pigramente qua e là, acquistando velocità, e i colori diventano più brillanti e
pronunciati. I nastri increspati solcano il cielo in una rapida esultante danza…»
(da “Nastri di luce danzante” di Annalisa Ronchi)
Abbiamo ricevuto questo interessante lavoro sulle aurore boreali scritto come approfondimento per l’esame
di stato da Tommaso Marsonet, studente del liceo scientifico di Maniago ed attualmente studente di fisica
all’Università di Trieste, che volentieri riproponiamo integralmente, preso atto che sullo stesso argomento
abbiamo dedicato un altro articolo nel numero 64/2014 del Notiziario.
L’aurora polare è un fenomeno ottico
dell’atmosfera terrestre. Si manifesta ad
altezze solitamente comprese tra i 100 e 200
km, alle volte raggiunge i 1000 Km sulla
superficie terrestre e si forma a latitudini
superiori ai 60°.
Le manifestazioni di questo fenomeno sono
molto varie: l’evento può presentarsi in forma
di archi, bande e raggi luminosi, corone e luci
diffuse che si muovono in cielo, i colori
variano dal verde al rosso e a volte si possono
sentire dei suoni elettrofonici simili a sibili.
Le aurore polari si originano a causa del vento
solare, un flusso che trasporta particelle quali
elettroni e protoni; queste vengono deviate
verso i poli dal campo magnetico terrestre.
A questo punto avviene la riconnessione
magnetica che forma dei “buchi” nel campo
magnetico terrestre permettendo alle particelle
di penetrarlo; quando queste raggiungono la
ionosfera reagiscono con i gas dell’atmosfera
terrestre generando le aurore.
Il campo magnetico terrestre. Nel 1600
William Gilbert suppose che la Terra fosse un
grande magnete e che quindi avesse un campo
magnetico bipolare che entra nell’ emisfero
nord ed esce dall’emisfero sud, in prossimità
dei poli geografici.
L’asse del dipolo magnetico è inclinato
rispetto all’asse di rotazione terrestre di circa
11.5°, angolo noto come declinazione
magnetica, mentre forma con il piano
dell’equatore un angolo detto “inclinazione
magnetica”.
Il campo magnetico è circondato dalla
magnetopausa che contiene la magnetosfera,
la regione di spazio dove le particelle dotate
di carica subiscono l’effetto del campo
magnetico terrestre; questo protegge il nostro
pianeta dalla radiazioni provenienti dal Sole.
Si crede che questo campo magnetico sia
originato da un processo simile alla dinamo
ad autoeccitazione: il nucleo interno della
Terra, anche se si trova a temperature
elevatissime è solido a causa dell’ alta
pressione, mentre il nucleo esterno è liquido
e costituito principalmente da ferro e nichel,
che sono buoni conduttori elettrici; il nucleo
esterno viene sottoposto all’azione di un
debole campo magnetico esterno che fa
muovere i fluidi inducendo una corrente
elettrica, che a sua volta genera il campo
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magnetico. Il campo magnetico prodotto e la
rotazione terrestre mantengono i fluidi del
nucleo esterno in movimento, continuando ad
alimentare il campo magnetico terrestre.
E’
noto,
grazie
agli
studi
del
paleomagnetismo che nel corso del tempo i
poli magnetici si sono mossi o addirittura
invertiti; esistono dei minerali accessori
magnetici (come la magnetite) che sono
sensibili al campo magnetico terrestre: questi
minerali, al di sopra della temperatura di
Curie perdono le loro proprietà fisiche, quindi
sono smagnetizzati; quando la loro
temperatura ridiscende, il campo magnetico
del
minerale
tende
ad
orientarsi
parallelamente alle linee di forza del campo
magnetico terrestre. Questo processo si
chiama registrazione e avviene negli strati di
lava delle dorsali e dei vulcani.
Ionosfera. Secondo il criterio della presenza
degli strati ionizzati l’atmosfera viene
suddivisa in ozonosfera e ionosfera;
l’ozonosfera è la fascia più bassa, dai 25 ai 50
km di altitudine, dove avvengono le reazioni
di distruzione e formazione dell’ozono con
l’assorbimento di radiazioni ultraviolette.
La ionosfera si trova sopra ai 50-60 km di
altezza dove avviene il fenomeno di
ionizzazione: la radiazione ultravioletta, con
elevata energia, va a colpire i gas atmosferici
facendogli saltar via un elettrone.
Più aumenta l’altitudine, più i gas sono
rarefatti; ciò comporta che negli strati più alti
dell’atmosfera ci sarà una densità di carica più
elevata che negli strati inferiori perché gli
elettroni liberi impiegheranno più tempo a
rilegarsi ad un altro atomo.
La ionosfera può essere ulteriormente
suddivisa a seconda delle diverse proprietà
elettriche; con l’aumentare della quota e
dell’intensità della radiazione solare, che varia
con l’altezza del Sole e l’attività solare, la
densità ionica della ionosfera è sempre
maggiore e si possono individuare tre regioni.
La regione D tra i 60 e 90 km di altitudine,
dove il gas ionizzato è l’ossido di azoto;
la regione E si estende tra i 90 e i 130 km di
altezza e il gas principalmente ionizzato è l’
ossigeno molecolare;
la regione F che si trova tra i 130 e i 450 km
di altitudine e l’ossigeno è il gas
principalmente ionizzato. La regione F può
essere divisa in regione F1 (fino a 240 km)
dove si trovano ioni NO+, e la regione F2,
contenente gli ioni O+.
Inoltre in prossimità della regione E, esiste
uno strato dalle caratteristiche irregolari, lo
strato E sporadico (Es).
Vento Solare. Il vento solare è un plasma di
particelle, costituito principalmente da
elettroni e da protoni (ioni H), nuclei di elio e
tracce di altri nuclei più pesanti e varia di
intensità a seconda dell’ attività solare. Sulla
superficie del Sole possono verificarsi le
tempeste solari e dalla corona vengono
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emesse moltissime particelle; quando queste
incontrano la magnetopausa possono creare
delle perturbazioni nel campo geomagnetico
che provocano le tempeste magnetiche e
disturbi nelle comunicazioni radio.
di van Allen: una più bassa costituita
principalmente da protoni e una più alta di
elettroni.
Il vento solare si muove verso lo spazio
interplanetario e verso la Terra, le particelle
tendono a scivolare verso i poli e riescono a
penetrare
nella
magnetosfera
dove
interagiscono con la ionosfera, ricca di
particelle dotate di carica. Molte particelle
vengono inoltre intrappolate nel campo
magnetico terrestre per la forza di Lorentz e
generano le fasce di van Allen. La forza di
Lorentz è la forza subita da una carica che si
muove in un campo magnetico o in un campo
elettrico; nei campi magnetici la forza che si
sviluppa è perpendicolare al moto e
direttamente proporzionale alla velocità della
carica. Inoltre il vento solare è la causa della
deformazione del campo magnetico terrestre:
questo infatti non è simmetrico, ma viene
schiacciato nella parte rivolta verso il Sole,
mentre sul lato opposto della Terra assume
una forma allungata perché trascinato dal
vento solare.
Quando queste fasce vengono eccitate dalle
particelle del vento solare, che può aumentare
di intensità al variare dell’attività solare e si
spostano: i protoni si muovono verso l’alto
(polo negativo) e gli elettroni verso il basso
(polo positivo) e si viene a creare una corrente
elettrica; questo processo è detto generatore
aurorale.
A questo punto gli elettroni si scontrano con
gli atomi della ionosfera, facendo avvenire i
processi di dissociazione e di ionizzazione. Il
primo consiste nel separare le molecole della
ionosfera in singoli atomi, mentre il secondo
fa staccare gli elettroni dai nuclei. In seguito
gli elettroni si riassociano a nuclei e si
riformano le molecole; per far sì che questi
processi avvengano, viene persa energia dagli
atomi sotto forma di fotoni di luce aurorale.
Dinamica. Il vento solare arriva sulla Terra
con elettroni e protoni, trascinando con se’ il
campo magnetico interplanetario (del Sole).
Questo entra in contatto con il campo
magnetico terrestre e nei punti dove le linee di
forza dei due campi magnetici sono opposte,
quindi presso i poli magnetici terrestri,
avviene la riconnessone magnetica: il campo
magnetico in questi punti si annulla e le
particelle del vento solare riescono quindi a
penetrare nella magnetosfera.
Gli elettroni e i protoni trattenuti nel campo
magnetico terrestre si accumulano nelle fasce
Studi sulle aurore. L’ origine delle aurore
polari è stata sconosciuta fino al 1859 quando
l’astronomo inglese Richard Christopher
Carrington ne attribuì la causa all’ attività
solare.
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Il 28 Agosto 1859 nei centri scientifici di tutto
il mondo vennero registrate forti variazioni, si
verificarono forti tempeste geomagnetiche e si
formò un’aurora abbastanza grande da poter
essere osservata a latitudini molto basse.
Questo fenomeno prese il nome di Evento di
Carrington, dall’astronomo inglese, e fu
causato da una fortissima tempesta solare. Nei
giorni seguenti Carrington notò sulla
superficie del sole delle macchie di grandi
dimensioni e in prossimità di queste delle luci
abbaglianti, che superavano la luminosità del
Sole; alcune ore dopo, si verificarono altri
fenomeni aurorali: questo portò Carrington a
pensare che la causa di questi fenomeni fosse
legata all’ attività solare.
Sulla superficie del Sole, la fotosfera, si
formano quindi queste macchie solari aventi
forte attività magnetica e che noi vediamo più
scure poiché sono leggermente più fredde
rispetto alle zone circostanti. Le macchie
solari espellono il plasma, un insieme di
protoni, elettroni, nuclei di elio e altri nuclei
più pesanti che quando raggiunge la Terra da
origine alle tempeste magnetiche, alle aurore
e a interferenze nelle comunicazioni via radio.
Le aurore sono comunque oggetto di studio
fin dall’ antichità, ne abbiamo testimonianza
da parte di alcuni autori del passato, come
Seneca e Plinio.
Nel passato le aurore erano dei fenomeni
inspiegabili e quindi incutevano timore alla
gente; Seneca nelle Naturales Questiones
(Liber I, XV 5-6) scrive:
«Tra questi fenomeni (meteore ingnee) puoi mettere
anche ciò che spesso leggiamo nelle storie, cioè che il
cielo è apparso infuocato e il suo fiammeggiare è
talvolta così alto da sembrare proprio in mezzo alle
stelle, talvolta così basso da avere l’aspetto di un
incendio lontano. Sotto il regno di Tiberio Cesare le
coorti accorsero in aiuto alla colonia di Ostia come se
fosse in fiamme mentre si trattava di una vampa celeste
brillante durata gran parte della notte, di un fuoco
grasso e fumoso. Per queste meteore nessuno dubita
che posseggano realmente la fiamma che mostrano:
esse sono fatte di una sostanza ben determinata. »
Questo fenomeno era così insolito per gli
antichi che talvolta veniva scambiato per un
incendio in lontananza e la causa veniva
attribuita ad un fuoco in cielo causato dal
passaggio di qualche meteorite.
Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia,
(Liber II, 27) dice:
«... vi è qualcosa che pare sangue, e il più terribile
fenomeno fra quelli che spaventano i mortali: un
incendio che dal cielo cade sulla Terra, come avvenne
al terzo anno della 107a Olimpiade (349 a.C.), mentre
il re Filippo sconvolgeva la Grecia. Ora io penso che
tutti questi eventi sorgano in tempi prefissati per forza
naturale, come del resto ogni cosa, e non hanno quindi
(come ritiene la maggior parte) motivazioni svariate,
che si possono escogitare aguzzando la mente; è vero
che sono stati forieri di disastri, ma io stimo non che i
fatti siano accaduti perché quelle manifestazioni li
avevano anticipati, ma, all’opposto, che quei fenomeni
sono nati perché quei fenomeni stavano per verificarsi.
Comunque la loro rarità ne oscura la comprensione,
ed è per questo che le meteore non si conoscono nella
misura in cui sono noti il sorgere delle stelle e le
eclissi... e varie altre cose... »
L’ aurora è qui descritta da Plinio quasi come
se fosse una catastrofe; lui, come Seneca,
ritiene che l’origine di questi eventi sia dovuta
ai meteoriti e che quindi sia del tutto naturale,
mentre la maggior parte delle persone del suo
tempo pensavano fossero presagi di disgrazie.
A distanza di secoli, anche se ormai si
conosce quasi completamente il meccanismo
di questi fenomeni, le aurore rimangono
sempre dei fenomeni affascinanti e
spettacolari, come lo erano state nel passato.
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UN SESTANTE PORTATILE PER USO TERRESTRE
Andrea Berzuini ([email protected])
Circa 20 anni fa ho acquistato questo
strumento in una bancarella dei mercatini
dell’antiquariato a Pordenone.
La cifra non era modesta, mi pare di averlo
pagato 250 mila lire, ma aldilà dell’uso che ne
avrei fatto, mi piaceva l’oggetto in sé: tutto in
ottone lavorato quasi come un prodotto di
orologeria. Inoltre a prima vista era
abbastanza misterioso. Infatti si presenta
come una scatola circolare da cui nulla
traspare come si può vedere dalla foto.
Questo strumento è stato prodotto dalla soc.
Stanley di Londra nel 1941, ha il numero di
matr. 2054 ed è simile ad un sestante costruito
dalla società francese Lerebours et Secretan,
nella seconda metà dell’ottocento.
Questa ditta costruiva pure Dagherrotipi ed
altri strumenti di precisione.
Curiosità: il cannocchiale Lerebours viene
citato nel romanzo “Dalla terra alla luna” di J.
Verne.
A questo sestante si accompagnava anche un
orizzonte artificiale, che era costituito da una
lastra circolare di 6,5 cm di diametro di vetro
scuro a superfice tersa incastonata in un
anello cilindrico di ottone, legato a tre viti di
livello disposte a 120 gradi per permetterne la
posa in piano tramite una piccola bolla che
veniva posizionata sul vetro stesso.
Tornando al mio sestante, privo dell’orizzonte
artificiale, dalla foto si può osservare l’arco
graduato diviso in 140 parti (140 mezzi gradi)
e la vite zigrinata che manovra lo specchio
mobile e quindi l’alidada per la misurazione
dell’angolo del sole con l’orizzonte. Per
l’osservazione è previsto un cannocchialino di
ca. 4 cm di focale.
Una lente di ingrandimento permette di
leggere il valore misurato tramite un nonio
montato sulla estremità dell’alidada con
sensibilità di un primo. La stima della lettura
sul nonio attraverso la lentina risulta
comunque problematica. E’ prevista una
seconda vite zigrinata che tolta dal tamburo
diventa una chiave che serve per la correzione
della verticalità dello specchio, azionando le
apposite viti.
Svitando il coperchio si presenta in tutta la
sua funzionalità.
Il coperchio si può riavvitare sul dorso del
sestante per diventare una comoda impugnatura.
Nell’uso questo strumento si è rivelato
difficoltoso.
Sul sole la protezione fornita dallo schermo
azzurrino non è molto efficace, e per motivi di
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sicurezza, dopo la prima prova, ho rinunciato
ad eseguire altri test.
Ho provato con la luna piena: dal punto di
vista della sicurezza non c’erano problemi,
ma la mancanza di un orizzonte ben definito
mi ha fatto stimare delle letture con la
precisione del mezzo grado, rendendo
superflua la sensibilità del nonio di un primo
di grado (Sulla sfera terrestre un primo di
grado corrisponde ad una distanza di ca. 1,852
Km - miglio nautico).
Quindi utilizzando come astro la luna la
precisione che si ottiene non è il massimo.
Nonostante abbia fatto diverse ricerche, non
sono riuscito a trovare riferimenti su chi
utilizzava questi strumenti, che non potevano
competere per precisione con sestanti nautici.
Poiché il venditore di questo sestante vendeva
prodotti esotici provenienti dall’India, mi
piace pensare che fosse in dotazione ad
ufficiali inglesi che lo usavano durante gli
spostamenti in zone impervie per avere un
minimo di orientamento.
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26 - 28 SETTEMBRE 2014: 23° STAR PARTY DI
SAINT BARHELEMY
Dini Abate ([email protected])
Anche quest’anno sono andato, in compagnia
dei miei amici astrofili di Ravenna, tra cui
l’immancabile Paolo Morini, all’ormai
consueto appuntamento di Saint Barthelemy,
a Nus, in Val D’Aosta, dove si tiene il primo
e forse più importante star party italiano.
Quest’anno si è giunti alla 23ma edizione e
rispetto agli anni precedenti si è aggiunta una
esposizione di strumentazione astronomica e
una serie di convegni e seminari di argomenti
scientifici. Sia l’expo commerciale che i
convegni si sono svolti sotto due tendoni
appositamente
allestiti,
battezzati
rispettivamente “John Dobson” e “Richard
Feynman”. Durante la manifestazione sono
state
effettuate
visite
guidate
sia
all’osservatorio astronomico che al planetario,
a cura della Fondazione C. Fillietroz ONLUS.
Le aree osservative allestite quest’anno dagli
organizzatori erano ben quattro. Questo
aspetto si è rivelato molto opportuno, dal
momento che in questo modo i molti astrofili
dotati di attrezzatura propria hanno potuto
trovar
tranquillamente
posto,
avendo
prenotato la piazzola in anticipo, in siti
preservati da luci casuali, senza gli
affollamenti e le arrabbiature delle passate
edizioni. Infatti gli astrofili registrati sono
stati oltre 500, a conferma del successo della
manifestazione, mentre le ditte presenti
all’Expo erano una quindicina.
Il cielo. Altro fatto nuovo, particolarmente
apprezzato da chi, come il sottoscritto, si è
sorbito più di mille km di autostrada, è stato
un bel cielo terso che ha caratterizzato la
manifestazione per tutta la sua durata, come
mai era accaduto negli anni scorsi, con la
possibilità quindi di fare ottime osservazioni.
Venerdì 26/09 ho misurato la brillanza del
cielo notturno con il mio Sky Quality Meter,
registrando un valore di 21,20 mag/arcsec2
(tanto per avere un metro di confronto, la
luminosità del cielo con Luna Piena, oppure
di cieli urbani pesantemente inquinati, è
attorno a 17,00 mag/arcsec2, all’Osservatorio
di Montereale, nelle notti più serene si arriva
a 20,80 mag/arcsec2, nei migliori siti
osservativi si dovrebbero superare i 22,00
mag/arcsec2). La notte di sabato, mi sono
cimentato in qualche ripresa con la mia
vecchia Digicam Canon EOS 300D, collegata
al rifrattore TeleVue102 (al centro nella foto).
La mia strumentazione (3 rifrattori)
Il sabato, dopo aver osservato il Sole in luce
bianca con schermo in proiezione e in luce Halfa con il PST, abbiamo visitato l’Expo
commerciale. In evidenza il radiotelescopio
Spider230, e i telescopi con ottica selezionata
di PrimaLuceLab degli amici Bradaschia e
Cauz.
L’area osservativa del campo sportivo con i tendoni
dell’expo e dei seminari (a sinistra)
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superato
dall’enorme
75
cm,
dell’immancabile astrofilo milanese Bertucci.
Il crepuscolo di sabato 27/09, prima delle osservazioni
notturne, con Luna crescente di pochi giorni d’età
Il sabato, dopo aver osservato il Sole in luce
bianca con schermo in proiezione e in luce Halfa con il PST, abbiamo visitato l’Expo
commerciale. In evidenza il radiotelescopio
Spider230, e i telescopi con ottica selezionata
di PrimaLuceLab degli amici Bradaschia e
Cauz.
Sotto il tendone Feynman abbiamo assistito
all’interessante seminario del CICAP
intitolato “Bufale volanti: inganni e falsi miti
nell’astronomia
e
nella
esplorazione
spaziale”, successivamente alla assegnazione
del “Premio Le Stelle” a Mario di Sora,
attuale Presidente della UAI, per il suo
impegno nella lotta contro l’inquinamento
luminoso. Ad assegnare il premio, il
giornalista divulgatore Piero Bianucci, della
“Stampa” di Torino.
Il grande dobson di Reginato
Dobson di Reginato con lo specchio da 600 mm
Il dobson Reginato con un originale … tappo di
chiusura!
Assegnazione premio “le Stelle” a Mario di Sora
Notevole interesse ha suscitato l’enorme
dobsoniano realizzato da Reginato da 600 mm
di diametro, che pure non era il più grande
telescopio presente alla manifestazione,
La liturgia degli astro imagers. Durante le
osservazioni notturne, ho avuto modo di
rendermi conto di una situazione strana, e,
secondo me, un po’ buffa. Devo premettere
che la piazzola osservativa a me assegnata,
essendo dotata di corrente a 220 V, era quella
riservata
soprattutto
ai
cosiddetti
astroimagers, coloro cioè che si dedicano alle
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riprese digitali deep sky con ccd e computer.
Mi ha colpito, man mano che progrediva
l’oscurità, il lavorio silenzioso e solitario
degli
astrofili
(o,
meglio,
dei
videoterminalisti) davanti ai monitor regolati
al minimo di luminosità, quasi fossimo in
qualche ced oscurato. I consigli che si
scambiavano i presenti, nel silenzio rotto dal
rumore dei motori dei dispositivi di
puntamento
computerizzati,
erano
esclusivamente tecnici e riguardavano i tempi
di dark, oppure di come fare un flat efficace,
Galassia M33
Doppio ammasso di Perseo
avendo come obiettivo della serata solo un
paio di oggetti da riprendere. I commenti
sugli oggetti osservati erano rarissimi. Devo
confessare che mi sono sentito un po’ fuori
posto … ma forse ho semplicemente sbagliato
area osservativa!
Riporto qualche immagine deep sky ripresa
con rifrattore apocromatico Televue Ø 102 F
8.6, con riduttore 0.8X, e digicam Canon EOS
300 D, settata a 800 ASA, pose da 90 a 120
secondi.
M31, galassia di Andromeda
Nebulosa M27
Ammasso globulare M13
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CRESPANO DEL GRAPPA: UN INCONTRO PER
RICORDARE IL PROF. GIULIANO ROMANO
Stefano Zanut ([email protected])
Domenica 7 settembre si è tenuto presso il
Centro di Spiritualità e Cultura “don Paolo
Chiavacci”, a Crespano del Grappa (TV), una
tavola rotonda per ricordare il prof. Giuliano
Romano con le seguenti motivazioni: “Il prof.
Giuliano Romano è stato per molti anni un
riferimento per l’astronomia nel trevigiano e
in particolare per il nostro Centro e per don
Paolo Chiavacci. Grazie ai suoi suggerimenti
e contributi il Centro ha sviluppato una
passione astronomica che ha permesso a
moltissime persone di avvicinarsi a questa
disciplina.
E’ un privilegio aver avuto un tale maestro e
amico tra le nostre conoscenze e per questo
motivo, mossi dalla profonda gratitudine
verso la Sua persona, abbiamo ritenuto
importante ricordarlo, ad un anno dalla sua
scomparsa, con una tavola rotonda aperta al
pubblico in alcuni tratti del suo cammino di
astronomo con i suoi più vicini colleghi che
l’anno seguito per così tanti anni”.
Negli anni 80 sono stato anch’io un assiduo
frequentatore di quella struttura e della scuola
estiva di astronomia, dove insegnavano molti
astronomi proveniente dall’Osservatorio di
Asiago ma anche astrofili che avevano
maturato esperienze in certi campi e che
avevano certamente qualcosa da raccontare,
per questo ho deciso di non perdermi
l’occasione di questo ricordo.
D’altra parte quei contesti erano delle vere e
proprie “scuole di vita … astronomica”, dove
luminari e astrofili potevano passare assieme
intere giornate parlando della comune
passione per questa scienza. L’argomento
principale erano certamente le stelle variabili,
sulle quali venivano svolte molte esercitazioni
osservative, ma ricordo anche lezioni e
discussioni su argomenti come planetologia e
cosmologia. Insomma, un ambiente difficile
da dimenticare!
Il coagulatore di questo ambiente era proprio
il prof. Giuliano Romano, che tutti
chiamavano più semplicemente “prof.
Romano” anche quando eravamo a pranzo
assieme, come se “Romano” fosse il cognome
e “prof.” il nome.
Alla tavola rotonda, moderata da Gabriele
Umbriaco, direttore del Centro, hanno
partecipato nomi che non era difficile
incontrare in quelle occasioni estive a partire
da Francesco Bertola, dell’Università di
Padova, che ha ricordato “Romano astronomo
e archeoastronomo” mettendo in luce il suo
rapporto un po’ conflittuale con l’Università e
la ricerca ordinaria, a cui per un certo periodo
aveva addirittura preferito l’insegnamento al
un liceo.
Successivamente il prof. Giancarlo Favero,
che tutti ricordiamo come astrofilo e
coordinatore dei variabilisti triveneti, che ha
parlato di “Romano astronomo tra gli
astrofili”, seguito da Giancarlo Marcon, noto
costruttore di telescopi (Marcon telescopes).
Anche lui, come Favero, ha rispolverato
episodi che al giorno d’oggi potrebbero
sembrare addirittura ridicoli, eppure di quei
fermenti degli anni 60, 70 e 80 del secolo
scorso ci sarebbero moltissime cose da
raccontare. Una su tutte la realizzazione del
primo specchio della ditta Marcon a cura di
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
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Virgilio, padre di Giancarlo, utilizzando un
oblo di nave lavorato con sabbia del Piave.
Ha infine concluso gli interventi don
Giovanni
Scavezzon,
presidente
dell’Associazione Incontri con la Natura per
la Salvaguardia del Creato don Paolo
Chiavacci ed ex direttore del Centro
Chiavacci, che ha parlato di “Romano e i 40
anni di scuola di astronomia al Pio X e al
Centro Chiavacci”, illustrando le attività
svolte con continuità in quel periodo dal prof.
Romano. Anche il suo intervento è stato ricco
di ricordi ed emozioni, così come
emozionante è stato vedere il filmato di una
delle ultime conferenze di Romano (aveva già
superato il 90 anni!) in cui parlava del
rapporto tra la scienza e il vivere quotidiano
di quest’epoca.
La tavola rotonda si è quindi sviluppata
attorno al tema centrale dei possibili sviluppi
futuri della didattica e della divulgazione
dell’astronomia, preso atto della mancanza di
un forte elemento catalizzatore come il prof.
Romano, che indubbiamente rendeva più
facile ogni iniziativa
Due ore passate a “respirare” astronomia ma
finite con una triste presa d’atto: guardandomi
attorno ho ritrovato con piacere moltissime
persone che non vedevo da anni e con cui ho
svolto
attività osservative d’indubbio
interesse, ma nessuna “new entry”, nessun
giovane. Eppure chi come me ha conosciuto
bene il prof. Romano ha visto com’era facile
per lui catalizzare proprio l’attenzione dei
giovani, benché sempre vestito in modo
assolutamente austero e fuori moda e con quel
suo amichevole distacco che gli imponeva di
dare a tutti del “lei”.
(Per saperne di più sul prof. Romano:
https://it.wikipedia.org/wiki/Giuliano_Romano)
I partecipanti alla tavola rotonda, partendo da destra: Umbriaco, Bertola, Favero, Scavezzon e Marcon.
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
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ASSOCIAZIONE PORDENONESE DI
ASTRONOMIA
Inviare corrispondenza al seguente indirizzo:
Associazione Pordenonese di Astronomia (A.P.A.)
c/o Ditta "CAMU", Via Grandi n. 4
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IL DIRETTIVO DELL’ASSOCIAZIONE PER IL BIENNIO 2012 - 2014
1. PRESIDENTE: Giampaolo Carrozzi
2. VICE PRESIDENTE: Stefano Zanut
3. SEGRETARIO E RESPONSABILE OSSERVATORIO: Dino Abate
4. MEMBRI:
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- Luigi De Giusti
- Antonio Frisina
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LO SCOPO DEL NOSTRO NOTIZIARIO
Nel corso della storia dell’umanità, la ricerca e il desiderio di sapere hanno
condotto, attraverso varie strade, l’uomo a conoscere sempre meglio la natura
nelle sue molteplici espressioni.
L’ASTRONOMIA, intesa come studio dell’Universo che ci circonda, si può
considerare una delle più affascinanti e coinvolgenti. Per mezzo di questo
NOTIZIARIO l’A.P.A. si propone di estendere le conoscenze di questa
affascinante scienza ai soci e simpatizzanti.
Hanno collaborata alla realizzazione di questo numero:
- Dino Abate
- Vladimiro Giacomello
- Tommaso Marsonet
- Andrea Berzuini
- Stefano Zanut
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
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