Indice 1 Campi 1.1 Nozione di campo fisico . . . . . . . . . . 1.2 Nozione di campo matematico . . . . . . . 1.3 Campo scalare . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.1 Superfici equipotenziali . . . . . . 1.3.2 Linee equipotenziali . . . . . . . . 1.4 Campo vettoriale . . . . . . . . . . . . . . 1.4.1 Campo statico e campo stazionario . 1.4.2 Campo vettoriale uniforme . . . . . 1.5 Regione di definizione di un campo . . . . 1.6 Regione di regolarità . . . . . . . . . . . . 1.7 Linee chiuse riducibili . . . . . . . . . . . 1.8 Linee aperte riconciliabili . . . . . . . . . . 1.9 Superfici chiuse riducibili . . . . . . . . . . 1.10 Superfici aperte riconciliabili . . . . . . . . 1.11 Campi affini . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.11.1 Campo scalare affine . . . . . . . . 1.11.2 Campo vettoriale affine nel piano . 1.11.3 Campo vettoriale affine nello spazio 1.12 Il problema fondamentale di un campo . . . 1.12.1 Sorgenti del campo . . . . . . . . . 1.12.2 Potenziali del campo . . . . . . . . 1.12.3 Condizioni al contorno . . . . . . . 1.12.4 Condizioni di raccordo . . . . . . . 1.12.5 Problema fondamentale . . . . . . 1.12.6 Equazione fondamentale . . . . . . 1.13 Le operazioni ricorrenti . . . . . . . . . . . 1.13.1 Variazione – gradiente . . . . . . . 1.13.2 Circolazione – rotore . . . . . . . . 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 3 6 6 7 8 9 11 12 15 16 18 19 21 21 22 23 25 29 31 31 32 32 35 36 38 41 41 41 2 INDICE 1.13.3 Flusso – divergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 Capitolo 1 Campi Introduzione. Nello studio dei fenomeni fisici incontriamo i campi, quali il campo gravitazionale, il campo elettrico, il campo magnetico, il campo termico. In presenza delle rispettive sorgenti, quali le masse, le cariche, le correnti e i generatori di calore, lo spazio diventa sede di certe proprietà che siamo soliti descrivere mediante variabili, funzioni del punto, che chiamiamo funzioni di campo. È in questo contesto che eseguiamo operazioni matematiche comuni a diversi campi. 1.1 Nozione di campo fisico Il fatto che un corpo possa influenzare a distanza lo stato di moto di un altro corpo, porta a ritenere che la regione di spazio in cui i due corpi giacciono si trovi in uno stato particolare che chiamiamo campo. Il primo pensiero che viene è che questo stato sia un attributo della materia che riempie lo spazio. Il fatto che il suono richieda un mezzo di sostegno, quale l’aria, l’acqua o un solido, e che la conduzione del calore necessiti di un mezzo materiale, quale il ferro, ha fatto pensare in passato che, anche per le azioni elettriche, magnetiche e gravitazionali che si propagano nel vuoto, dovesse esistere un qualche supporto con le seguenti caratteristiche: 1. elastico: per consentire, con le sue vibrazioni, la propagazione delle onde elettromagnetiche, in particolare della luce che giunge dalle stelle; 2. imponderabile: per non fornire resistenza al moto dei corpi, altrimenti non potremmo spiegare la stabilità del moto dei pianeti attorno al sole; 3. rigido: per il fatto che il suono, costituito da vibrazioni di un mezzo materiale, ha una velocità che aumenta con l’aumentare della rigidezza del mezzo: appariva naturale che la luce, avendo una velocità elevata, dovesse muoversi in un mezzo molto rigido. 3 4 CAPITOLO 1. CAMPI Si chiamò tale mezzo etere. Tuttavia le esperienze eseguite per cercare di metterne in luce le proprietà, anche contraddittorie (elastico e rigido, rigido e imponderabile) portarono alla conclusione che un simile mezzo non esiste. A partire dagli inizi del ’900 si iniziò a pensare che le azioni elettromagnetiche e gravitazionali, che si propagano nello spazio vuoto, non hanno affatto bisogno di un mezzo di sostegno e che il campo gravitazionale e quello elettromagnetico sono semplicemente un modo di essere, una qualità dello spazio in quanto tale. Vediamo, ad esempio, cos’è un campo elettrico. Consideriamo una regione di spazio nella quale siano presenti cariche elettriche libere di muoversi e confinate su corpi conduttori. Ponendo in un punto generico della regione una piccola carica, che chiamiamo carica di prova o anche carica esploratrice, constatiamo che essa è soggetta ad una forza. Diciamo pertanto di essere in presenza di un campo elettrico. Quindi un campo elettrico è una proprietà di una regione di spazio ossia uno stato fisico. Chiamiamo sorgenti le cariche elettriche che generano questo campo. La forza su una carica di prova rivela il campo elettrico preesistente. Quindi la carica di prova è la spia rivelatrice di tale stato dello spazio. Analogamente, se disponiamo di fonti di calore in una regione di spazio e mettiamo in un punto generico un termometro, esso ci segnala una certa temperatura. Affermiamo di essere in presenza di un campo termico: il bulbo termometrico è la sonda rivelatrice del campo, mentre le fonti del calore ne sono le sorgenti. Si vede dunque che un campo è uno stato fisico dello spazio o della materia in esso contenuta, che si rivela per l’azione che esercita su una sonda. Osservazione. Ogni sonda perturba il sistema che deve essere misurato, pertanto è opportuno che sia fisicamente piccola rispetto al sistema in esame. Supponiamo di dover misurare la nostra temperatura corporea mediante un termometro che inizialmente segna 4◦ C: quando mettiamo il termometro a contatto con il corpo avvertiamo una sensazione di freddo, dovuta alla differenza di temperatura. Un po’ di calore viene ceduto dal corpo al termometro, ma tale quantità di calore è insignificante rispetto alla capacità termica del corpo umano. Se, con lo stesso termometro e nelle stesse condizioni operative, misuriamo la temperatura di una formica, allora, avendo questa una piccola capacità termica, è lei ad adeguarsi alla temperatura del bulbo termometrico! Il risultato è che, se il termometro segnava inizialmente 4◦ C, la formica cede tutto il suo contenuto termico al bulbo termometrico che si riscalda in modo insignificante e la temperatura della formica risulta... di 4◦ C! Con questo vogliamo rimarcare che la sonda con cui si effettua la misura deve essere abbastanza piccola da non alterare il campo nella zona nella quale viene posta. A questo punto, visto che un campo ha delle sorgenti e si rivela tramite delle sonde, possiamo dare la definizione di campo fisico. 1.1. NOZIONE DI CAMPO FISICO 5 D. Si chiama campo fisico uno stato fisico dello spazio o della materia che vi è contenuta. Spesso il campo viene definito come una regione dello spazio in cui si manifestano delle azioni sui corpi. Una simile definizione non è accettabile perché mette l’accento sulla regione di spazio, che è il recipiente entro cui il campo ha sede. Infatti nella stessa regione di spazio possono coesistere campi diversi, come in una stanza (Fig. 1.1) al cui interno hanno sede il campo gravitazionale, riferito al peso degli oggetti; il campo elettromagnetico, riferito alla luce e alle onde captate da radio e televisione; il campo termico, generato dal radiatore; il campo acustico, generato dal rumore della strada o dal suono di un altoparlante; ecc. Il campo non è la stanza: la stanza è solo la sede dei vari campi, cioè la regione in cui essi sono definiti. Analogamente una bottiglia può contenere olio, acqua o vino: la bottiglia è solo il contenitore dell’olio, dell’acqua e del vino. Figura 1.1. Una stanza è sede di diversi campi fisici. Lettura. “ [... ] lo spazio, fino a questi ultimi tempi, rimaneva esclusivamente come un recipiente passivo di tutti gli avvenimenti, senza parteciparvi in nessun modo. È stata necessaria la teoria ondulatoria della luce e quella del campo elettromagnetico di Maxwell e Faraday per dare alle idee un nuovo indirizzo. Divenne allora manifesto che nello spazio, privo di corpi materiali, vi sono degli stati che si propagano attraverso ondulazioni e campi localizzati suscettibili di esercitare azioni dinamiche sulle masse elettriche o sui poli magnetici che vi si trovano. Poiché ai fisici del XIX secolo sembrava del tutto assurdo attribuire allo spazio stesso funzioni o stati fisici, immaginarono, sul modello della materia ponderabile, un mezzo che permeava tutto lo spazio ed era il supporto dei fenomeni luminosi: l’etere. [... ] lo spazio fisico e l’etere non sono che due espressioni diverse di una sola e medesima cosa; i campi sono stati fisici dello spazio.” [Einstein Albert, Come io vedo il mondo, Newton Compton Editori, 1982.] 6 CAPITOLO 1. CAMPI 1.2 Nozione di campo matematico Per descrivere un campo fisico può essere opportuno usare una funzione scalare o vettoriale: si parla rispettivamente di campo scalare e di campo vettoriale. Questo indica che, accanto alla definizione di campo fisico, occorre dare la definizione di campo matematico. A tale scopo fissiamo un numero intero n e consideriamo le n – ple di numeri reali u = (x1 , x2 , ..., xn ). Questo insieme viene indicato con IRn ed è uno speciale spazio vettoriale.1 Se ci limitiamo alle n – ple che soddisfano qualche condizione supplementare, ad esempio di avere le componenti positive, otteniamo una sottoregione Ω ⊂ IRn . Consideriamo ora un secondo spazio vettoriale V n e definiamo un campo matematico. D. Si chiama campo matematico una corrispondenza che associa ad ogni vettore u ∈ Ω ⊂ IRn un vettore ~v ∈ V n . Possiamo quindi dire che un campo vettoriale è una corrispondenza tra due spazi vettoriali. IR n Vn Ω ~u ~v Figura 1.2. Un campo vettoriale è una corrispondenza tra due spazi vettoriali. Chiediamoci se il campo gravitazionale è un campo scalare o vettoriale! Rispondiamo dicendo che, se usiamo il vettore accelerazione di gravità ~g, lo possiamo descrivere come campo vettoriale, se invece usiamo il potenziale gravitazionale U, lo possiamo descrivere come campo scalare. Questo esempio mette in luce la profonda differenza tra campo fisico e campo matematico, cosa che comunemente viene trascurata. 1.3 Campo scalare Ricordiamo che una grandezza fisica è definita scalare quando è individuata da un numero, un segno e una unità di misura. Tali sono la temperatura, la pressione, la densità, il potenziale elettrico, la carica elettrica, la massa, ecc. Il termine scalare 1 Per la definizione di spazio vettoriale, chiamato anche spazio lineare, si veda a pagina ??. 1.3. CAMPO SCALARE 7 indica che i valori di una stessa grandezza possono essere messi in scala. Cosı̀ la temperatura di 78◦ C è maggiore della temperatura di 12◦ C. Indichiamo con T un intervallo di tempo e con Ω una regione dello spazio fisico, con t un generico istante dell’intervallo T e con P un generico punto della regione Ω. Si ha la seguente D. In un intervallo di tempo T e in una regione Ω dello spazio fisico è definito un campo scalare se a ogni istante t ∈ T e a ogni punto P ∈ Ω è associata una grandezza scalare ϕ = f (t, P). Tavola 1.1. Principali campi scalari. teoria meccanica meccanica relativa elettromagnetismo gravitazione termodinamica chimica – fisica fluidodinamica ottica – acustica meccanica quantistica 1.3.1 grandezza scalare potenziale delle forze densità potenziale delle forze centrifughe potenziale elettrico potenziale scalare magnetico densità di carica densità di energia potenziale gravitazionale temperatura termodinamica densità di energia interna densità di entropia potenziale chimico concentrazione potenziale cinetico funzione di corrente pressione indice di rifrazione fase di un’onda densità di probabilità simbolo U(t, P) ρ(t, P) U(t, P) φ(t, P) φm (t, P) ρ(t, P) u(t, P) U(t, P) T (t, P) u(t, P) s(t, P) µ(t, P) c(t, P) ϕ(t, P) ψ(t, P) p(t, P) n(t, P) ϕ(t, P) P(t, P) Superfici equipotenziali Fissato un istante t, consideriamo i punti in cui la funzione di campo assume un valore prefissato: questi si trovano su una superficie detta superficie equipotenziale o anche superficie di livello. Se fissiamo una serie discreta di valori ϕ1 , ϕ2 , ..., ad esempio in progressione aritmetica, le relative superfici equipotenziali mettono in evidenza una struttura lamellare del campo (Fig. 1.3). 8 CAPITOLO 1. CAMPI 32 °C 31 °C 30 °C 29 °C 28 °C 27 °C Figura 1.3. Superfici isoterme di un campo termico. In particolare le superfici di livello si chiamano: − isobare nel campo delle pressioni; − isoterme nel campo termico; − superfici di livello nel campo gravitazionale. Mentre in un campo costante (nel tempo) le superfici equipotenziali sono fisse, in un campo variabile nel tempo esse cambiano da un istante all’altro. 1.3.2 Linee equipotenziali Se la regione Ω, invece di essere una porzione dello spazio è una porzione di piano, nulla cambia nella definizione data di campo scalare. In questo caso invece di superfici di livello abbiamo linee di livello o linee equipotenziali. alla pompa Figura 1.4. Linee di livello di una sottile membrana fissata sul bordo di una scatola con foro quadrato. Consideriamo una scatola che abbia il coperchio formato da una membrana. Se aspiriamo aria dalla scatola, la membrana si abbassa, salvo lungo il perimetro della scatola e di un eventuale bordo interno (Fig. 1.4). In questo caso le linee di livello della superficie della membrana sono il luogo dei punti alla stessa quota. Le mappe che si fanno in meteorologia, tracciando le linee isobare, sono una illustrazione di un campo scalare piano. In questo caso la funzione di campo è 1.4. CAMPO VETTORIALE 9 la pressione p, la quale è funzione dell’istante t e del punto P della superficie terrestre: p = f (t, P). piano conduttore: 100 V isolante isolante piano conduttore: 20 V conduttore conduttori Figura 1.5. Linee equipotenziali del campo elettrico E~ tra due conduttori piani a differente potenziale in presenza di tre conduttori cilindrici. Se consideriamo il campo elettrico tra due conduttori piani a differente potenziale in presenza di altri conduttori, le linee equipotenziali risultano tangenti alle superfici dei conduttori e ortogonali alle superfici dei dielettrici (Fig. 1.5). 1.4 Campo vettoriale Una grandezza fisica si dice vettoriale quando è individuata da una unità di misura, una direzione orientata e un numero. Tali sono lo spostamento, la velocità, la forza, la quantità di moto, il vettore campo elettrico, il vettore densità di flusso magnetico. Le grandezze vettoriali non possono essere messe in scala perché una forza orizzontale di 78 N può produrre un effetto minore di una forza verticale di 12 N, pur avendo modulo maggiore. Nelle grandezze vettoriali la direzione conta come e forse più del modulo. D. In un intervallo di tempo T e in una regione Ω dello spazio fisico è definito un campo vettoriale se ad ogni istante t ∈ T e ad ogni punto P ∈ Ω è associata una grandezza vettoriale ~ = ~v (t, P) detta vettore di campo. w Linee di campo. Come un campo scalare bidimensionale ha le linee di livello e un campo scalare tridimensionale ha le superfici di livello, cosı̀ un campo vettoriale ha le linee di campo, dette anche linee di flusso. 10 CAPITOLO 1. CAMPI Tavola 1.2. Principali campi vettoriali. teoria elettromagnetismo grandezza vettoriale intensità campo elettrico spostamento elettrico densità di flusso magnetico intensità magnetica densità di corrente elettrica potenziale vettore magnetico simbolo ~ P) E(t, ~ P) D(t, ~ P) B(t, ~ P) H(t, ~ P) J(t, ~ P) A(t, polarizzazione magnetica ~ P) P(t, ~ P) M(t, vettore di Poynting densità di quantità di moto S~ (t, P) ~g (t, P) accelerazione di gravità densità di flusso gravitazionale ~g (t, P) ~h (t, P) conduzione termica gradiente termico densità di corrente di energia ~g (t, P) ~q (t, P) meccanica continui spostamento forza di volume ~u (t, P) f~(t, P) dislocazione nei cristalli vettore di Burgers ~b (t, P) fluidodinamica velocità vorticità polarizzazione elettrica gravitazione forza di massa densità di corrente di energia J~m (t, P) ~p (t, P) ~ Ju (t, P) densità di corrente di entropia densità di corrente probabilità J~s (t, P) S~ (t, P) densità di corrente di massa densità di quantità di moto meccanica quantistica ~v (t, P) ~ (t, P) w f~ (t, P) 1.4. CAMPO VETTORIALE 11 v (t,P) v (t,Q) P Q R v (t,R) Figura 1.6. Il vettore di campo ~v è in ogni punto tangente alla linea del campo. Consideriamo il vettore ~v (t, P) a un istante t ∈ T e in un generico punto P ∈ Ω (Fig. 1.6). Immaginando di congelare il campo all’istante t, consideriamo un altro punto Q posto sulla retta d’azione di ~v (t, P) a distanza infinitesima e nel verso di ~v (t, P). Sia ~v (t, Q) il vettore del campo in Q. Consideriamo successivamente un punto R sulla retta d’azione del vettore ~v (t, Q) a distanza infinitesima da Q. Procedendo in questo modo la successione dei punti P, Q, R, ... individua una linea. Essa è in ogni suo punto tangente al vettore relativo a quel punto. Tale linea è l’inviluppo dei vettori del campo e prende il nome di linea di campo. Nel caso in cui il vettore sia una forza parliamo di linea di forza; se il vettore è una densità di corrente di carica o di massa o di energia, parliamo di linea di flusso. Se consideriamo il campo elettrico tra due conduttori piani a differente potenziale in presenza di altri conduttori, le linee di campo del vettore campo elettrico E~ risultano ortogonali alle superfici dei conduttori e parallele alle superfici dei dielettrici (Fig. 1.7). piano conduttore: 100 V isolante isolante conduttore piano conduttore: 20 V conduttori ~ Figura 1.7. Linee di campo del campo elettrico E tra due conduttori piani a differente potenziale in presenza di tre conduttori cilindrici. 1.4.1 Campo statico e campo stazionario Campo statico. Un campo che non varia nel tempo si dice statico. Tali sono il campo fluidostatico, come quello dell’atmosfera terrestre; il campo idrostatico, 12 CAPITOLO 1. CAMPI come quello di un mare, di un lago o di un bacino contenente acqua in quiete; il campo elettrostatico; il campo magnetostatico; il campo gravistatico e il campo elastostatico. Sovente un campo statico viene denominato anche costante. Campo stazionario. Un campo si dice stazionario quando le grandezze che lo descrivono soddisfano l’una o l’altra delle due condizioni: − non variano nel tempo pur descrivendo un movimento; − variano in modo periodico nel tempo. Appartengono al primo tipo la conduzione termica stazionaria, la conduzione elettrica stazionaria e il campo del moto stazionario di un fluido. Appartengono al secondo tipo il campo acustico e il campo elettromagnetico le cui variabili siano funzioni periodiche, ciò comporta che la frequenza e l’ampiezza siano costanti. 1.4.2 Campo vettoriale uniforme Se il vettore è lo stesso in tutti i punti della regione di definizione, il campo è uniforme.2 Vediamo alcuni esempi di campi vettoriali uniformi (Fig. 1.8): − il campo gravitazionale terrestre in una regione piccola rispetto al raggio terrestre è sensibilmente uniforme: il vettore accelerazione di gravità ~g è invariante per traslazione; − all’interno di un condensatore a facce piane e parallele il campo elettrico è sensibilmente uniforme: il vettore intensità del campo elettrico E~ e il campo ~ sono invarianti per traslazione; del vettore spostamento elettrico D − all’interno di un solenoide rettilineo con avvolgimento molto fitto il campo ~ magnetico è sensibilmente uniforme: il vettore densità di flusso magnetico B ~ e il vettore intensità del campo magnetico H sono invarianti per traslazione; − all’interno di un conduttore percorso da corrente continua, il campo è sensibilmente uniforme: il vettore intensità del campo elettrico E~ e il vettore densità di corrente J~ sono invarianti per traslazione; − in un cilindro omogeneo avvolto da un isolante, con differente temperatura agli estremi, transita calore: il campo termico è sensibilmente uniforme il vettore gradiente della temperatura ~g e il vettore densità di corrente di energia ~q sono invarianti per traslazione. 2 Attenzione che costante si riferisce al tempo, uniforme allo spazio. È opportuno mantenere questa prassi al fine di evitare equivoci. Si può parlare di campo costante (non varia nel tempo), di campo uniforme (non varia nello spazio) e di campo costante e uniforme. Questa terminologia ha, purtroppo, un’eccezione in cinematica: un moto con velocità costante si chiama uniforme e un moto con accelerazione costante si chiama uniformemente accelerato. 1.4. CAMPO VETTORIALE 13 Osservazione. Abbiamo usato ovunque il termine sensibilmente perché in fisica nulla è ideale. In un condensatore a facce piane e parallele e di estensione infinita, comunemente diciamo che il campo è uniforme. Poiché un tale condensatore non esiste possiamo evitare l’espressione estensione infinita affermando che in un condensatore a facce piane e parallele il campo è sensibilmente uniforme. Questo corrisponde a tipiche frase usate: “Il campo è uniforme con buona approssimazione” o anche “Possiamo ritenere il campo uniforme salvo in prossimità dei bordi del condensatore”. In matematica termini quali sensibilmente, approssimativamente, sufficientemente e simili sono banditi mentre i termini infinito e infinitesimo, che richiedono la nozione di limite, risultano familiari. La fisica, però, opera con la realtà, con le misure, con la nozione di tolleranza e con quella di errore di misura. La matematica idealizza e deve a questo processo di idealizzazione il suo grande successo: mentre in matematica esiste il piccolo a piacere, in fisica esiste il piccolo che acquista senso nel contesto del problema trattato. Ad esempio la cifra di 100 euro è piccola nel contesto dell’acquisto di un immobile mentre è tutt’altro che piccola nel contesto della spesa giornaliera. 14 CAPITOLO 1. CAMPI campo magnetico uniforme campo elettrico uniforme S N E D campo elettrico potenziale elettrico affine q campo di corrente di calore uniforme TA g q T1 moto di un fluido perfetto potenziale delle velocità affine campo gravitazionale uniforme g h campo gravitazionale potenziale gravitazionale affine TB termostato v N campo magnetico potenziale magnetico affine termostato campo di velocità uniforme H B S T2 corrente di calore temperatura affine campo di densità di corrente uniforme E J conduzione elettrica potenziale elettrico affine Figura 1.8. Esempi di regioni in cui un campo vettoriale è uniforme e il corrispondente potenziale è affine. 1.5. REGIONE DI DEFINIZIONE DI UN CAMPO 1.5 15 Regione di definizione di un campo Finora abbiamo parlato di una regione Ω entro la quale è definito un campo. Come può essere questa regione? Può essere tutto lo spazio fisico oppure la regione compresa entro una superficie chiusa, ad esempio entro una stanza, un recipiente; può essere una regione contenente uno o più buchi; può avere la forma di una mela alla quale è stato estratto il torsolo oppure può essere la regione occupata dalla polpa di una pesca, ma anche l’interno di un toro, ad esempio l’interno della camera d’aria di un pneumatico, ecc. Ricordiamo che l’insieme di definizione di una funzione non può contenere singolarità. Ad esempio la funzione y = 1/x ha significato per qualunque valore di x salvo il valore x = 0, detto punto di singolarità; il suo campo di definizione è l’asse reale con esclusione dell’origine (Fig. 1.9 a). I due intervalli x < 0 e x > 0, ove la funzione è definita, formano un insieme non connesso perché un punto del semiasse positivo non può passare, con continuità, al semiasse negativo senza attraversare l’origine che è esterno al campo di definizione. Analogamente una funzione scalare o vettoriale, definita in una regione Ω dello spazio, richiede che in tutti i punti della regione siano definiti una funzione o un vettore: un eventuale punto nel quale la funzione non è definita non può appartenere alla regione di definizione della funzione. Se ad esempio consideriamo le funzioni f (r) = c r ~v (~r) = c ~er r2 (1.1) con c una costante, dobbiamo escludere l’origine corrispondente a r = 0 perché in esso le due funzioni non sono definite (Fig. 1.9 b). Questi punti si dicono singolari. La regione di definizione Ω è tutto lo spazio ad esclusione dell’origine. y singolarità x singolarità a) b) Figura 1.9. La regione di definizione di una funzione scalare o vettoriale non può contenere singolarità: a) funzione di una variabile; b) campo vettoriale centrale. 16 CAPITOLO 1. CAMPI Vedremo che queste singolarità sono puramente matematiche e non hanno nulla a che fare con la fisica. Esse provengono da una illecita estrapolazione delle funzioni di campo al di fuori del loro campo di validità.3 1.6 Regione di regolarità In una regione possiamo avere mezzi materiali diversi: questo comporta che sulla superficie di separazione tra i due mezzi la funzione che descrive il campo sia discontinua o abbia una variazione discontinua.4 D. Consideriamo una funzione di una o più variabili definita in una regione Ω. Tale funzione si dice regolare entro una sottoregione R ⊆ Ω se è ivi continua e con derivate parziali prime continue. In termini matematici si dice che la funzione deve essere di classe C 1 . Questo significa che il grafico della funzione, sia esso una linea o una superficie, non presenta né salti né punti angolosi (piegature) Consideriamo il campo gravitazionale: il vettore accelerazione di gravità ~g: pur essendo continuo sulla superficie della Terra, ha una variazione discontinua (Fig. 1.10 a). Infatti all’esterno il campo è inversamente proporzionale al quadrato della distanza mentre all’interno varia in modo proporzionale ad essa. Il potenziale gravitazionale U è invece continuo e ha variazione continua. Quindi una regione a cavallo di due mezzi materiali diversi è regione di regolarità per il potenziale gravitazionale ma non lo è per il vettore ~g. g E g =0 E continuo Terra conduttore a) b) discontinuo Figura 1.10. Campo: a) gravitazionale; b) elettrico. 3 4 Per ulteriori considerazioni sulle singolarità si veda a pagina ??. Per la nozione di regolarità si veda Goursat [?, vol. III, parte 1, p. 291]. 1.6. REGIONE DI REGOLARITÀ 17 Consideriamo il campo elettrico in una regione a cavallo della superficie di separazione tra un mezzo conduttore e uno isolante, ad esempio una sfera conduttrice cava o piena (Fig. 1.10 b). Il potenziale è continuo ma non derivabile in quanto il vettore E~ è discontinuo: all’esterno è inversamente proporzionale al quadrato della distanza mentre all’interno è nullo (Fig. 1.11). U 0 r R φ 0 a) r R b) Figura 1.11. L’andamento del potenziale: a) gravitazionale; b) elettrico. I vettori densità di flusso magnetico (Fig. 1.12 a) e intensità del campo magnetico (Fig. 1.12 b), in una regione che contiene due materiali diversi, subisco~ P) e H(t, ~ P) sulla superfino una discontinuità. Ne viene che le funzioni B(t, cie di separazione tra i due materiali, non essendo continue, non sono neppure derivabili. H B B Bn H n t Ht a) b) Figura 1.12. Sulla superficie di separazione tra due materiali sono discontinui ~ b) intensità del campo magnetico H. ~ i vettori: a) densità di flusso magnetico B; Per convenzione il segno, positivo o negativo, messo come apice ai vettori, fa riferimento ai differenti mezzi materiali. La separazione di una regione in sottoregioni di regolarità consente l’uso di formule contenenti derivate parziali. Il fatto, però, che negli attuali dispositivi 18 CAPITOLO 1. CAMPI della tecnica siano presenti materiali diversi, suggerisce di prendere in considerazione fin dall’inizio una formulazione delle leggi fisiche che sia valida anche in condizioni di non regolarità. Per fare un esempio, solitamente si definisce un campo vettoriale come irrotazionale quando il rotore è nullo.5 Questo comporta l’esistenza delle derivate parziali e questo presuppone una regione di regolarità. Questa proposizione si può sostituire con la seguente: un campo è irrotazionale quando la circolazione del vettore lungo qualsiasi linea chiusa riducibile è nulla. Il vantaggio di questa seconda definizione sta nel fatto che tale linea può passare attraverso materiali diversi e quindi la condizione di regolarità non è richiesta. 1.7 Linee chiuse riducibili Pensiamo a un vermicello che sia costretto a muoversi nella polpa di una mela alla quale sia stato tolto il torsolo (Fig. 1.13 a). Se compie un cammino chiuso, tale cammino può essere di due tipi: o avvolge il buco lasciato dal torsolo o non lo avvolge. Nel primo caso la linea chiusa non può contrarsi indefinitamente fino a diventare un punto perché la presenza del buco ostacola tale contrazione: il vermicello non può passare nel buco lasciato dal torsolo, deve muoversi nella polpa. Nel secondo caso possiamo pensare di contrarre la linea chiusa riducendola a un punto. Definiamo riducibile una linea chiusa che può deformarsi con continuità fino a contrarsi a un punto, sempre rimanendo nella regione considerata; nel caso opposto è non riducibile. Poiché esistono delle linee chiuse non riducibili, la regione occupata dalla polpa della mela si dice molteplicemente connessa rispetto alle linee. Se consideriamo un moscerino, costretto a volare nell’aria, la regione di volo è lo spazio non occupato dalla polpa: tale regione è molteplicemente connessa rispetto alle linee. Infatti una traiettoria chiusa che attraversa il buco non può ridursi a un punto. Se invece consideriamo la regione occupata dalla polpa di una pesca (Fig. 1.13 b), qualunque percorso del vermicello e qualunque percorso della mosca, può deformarsi con continuità fino a ridursi a un punto. 5 Per l’irrotazionalità di un campo vettoriale si veda il capitolo ??. 1.8. LINEE APERTE RICONCILIABILI 19 traiettoria di una mosca nell'aria a) traiettoria di un vermicello nella polpa b) Figura 1.13. Regione di un campo come: a) una mela dalla quale è stato estratto il torsolo; b) una pesca col nòcciolo. Osserviamo che la deformazione della linea chiusa comporta la possibilità che essa, pensata come il cappio di una corda, scivoli sul nòcciolo. Per tale motivo, nella regione occupata dalla polpa della pesca e nella regione esterna alla pesca, tutte le linee chiuse sono riducibili, quindi definiamo la regione semplicemente connessa rispetto alle linee.6 1.8 Linee aperte riconciliabili Fissiamo due punti A e B e due linee che li congiungano (Fig. 1.14 a). Se una delle due linee può deformarsi con continuità fino a sovrapporsi all’altra, chiamiamo le due linee riconciliabili. Se questo non capita vuol dire che la regione considerata non consente la deformazione continua a causa della presenza di buchi o di ostacoli e quindi le due linee vengono dette non riconciliabili. In una regione semplicemente connessa rispetto a linee, tutte le linee congiungenti due punti sono riconciliabili e ogni linea chiusa riducibile è bordo di una superficie. Se consideriamo una regione bidimensionale che non contenga né singolarità, né buchi, ci rendiamo conto che tutte le linee chiuse possono ridursi a un punto per contrazione. In una regione piana l’ostacolo costituito dal profilo di un’ala di aeroplano non consente alle linee che avvolgono l’ala di contrarsi a un punto: tali linee sono non riducibili (Fig. 1.14 b). 6 Ai tempi di Maxwell [?, p. 166] una regione semplicemente connessa rispetto alle linee veniva chiamata aciclica altrimenti veniva definita ciclica e il numero di linee chiuse non riducibili veniva chiamato numero ciclomatico. 20 CAPITOLO 1. CAMPI linea chiusa riducibile linee riconciliabili y linea chiusa non riducibile y L2 L3 L2 B linee non riconciliabili A L1 L1 x x b) a) Figura 1.14. Regione duplicemente connessa: a) linee aperte riconciliabili e non riconciliabili; b) linee chiuse riducibili e non riducibili. Se una superficie è semplicemente connessa non contiene buchi e quindi il suo bordo è formato da una sola linea e questa è riducibile. Viceversa se una superficie è molteplicemente connessa il suo bordo è formato da più linee chiuse e nessuna di esse è riducibile. Pensiamo a una corona circolare (Fig. 1.15 a) il cui bordo è costituito da una circonferenza esterna e una interna oppure alla facciata di un edificio (Fig. 1.15 b) che contiene un certo numero di aperture. Ω Ω a) b) Figura 1.15. Il bordo di Ω risulta: a) formato da due linee chiuse; b) formato da sette linee chiuse. In conclusione possiamo dare la seguente definizione che riassume i concetti appena visti. D. Data una regione bidimensionale o tridimensionale Ω, una linea chiusa si dice riducibile se, con una deformazione continua che la mantenga entro la regione, può essere contratta fino a ridursi a un punto. Una regione nella quale tutte le linee chiuse sono riducibili si dice semplicemente connessa rispetto alle linee altrimenti si dice molteplicemente connessa rispetto alle linee. Due linee con gli stessi estremi si dicono riconciliabili se, con una deformazione continua che le mantenga entro la regione, possono essere sovrapposte. 1.9. SUPERFICI CHIUSE RIDUCIBILI 1.9 21 Superfici chiuse riducibili Definiamo riducibile una superficie chiusa quando, per deformazione continua che la mantiene entro la regione, può ridursi a un punto. La regione occupata dalla polpa di una pesca è tale che le superfici chiuse che contengono il nòcciolo nel loro interno non sono riducibili, proprio perché la presenza del nocciolo ne impedisce la contrazione. Diciamo che la regione è molteplicemente connessa rispetto alle superfici.7 Per la mela senza torsolo tutte le superfici chiuse sono riducibili: se consideriamo una superficie toroidale immersa nella polpa e che avvolge il buco lasciato dal torsolo, vediamo che essa non è riducibile ad un punto. Dunque la mela senza torsolo è molteplicemente connessa non solo rispetto alle linee, ma anche rispetto alle superfici. Possiamo sempre considerare una superficie chiusa riducibile come bordo di un volume. Al contrario una superficie chiusa non riducibile, quale può essere quella della buccia della pesca, non è da sola bordo in quanto anche la superficie del nòcciolo delimita la polpa. In altre parole la polpa ha come bordo due superfici chiuse riconciliabili. In generale se una regione ha più di una superficie chiusa di bordo, contiene dei buchi: pensiamo al formaggio emmenthal. 1.10 Superfici aperte riconciliabili Consideriamo due superfici che abbiano una stessa linea chiusa come bordo. Se una superficie può deformarsi con continuità fino a sovrapporsi all’altra, sempre rimanendo all’interno della regione, le due superfici sono riconciliabili. Se questo non capita vuol dire che siamo in presenza di buchi e le due superfici considerate non sono riconciliabili. È evidente che, in un regione semplicemente connessa rispetto a superfici, le superfici con lo stesso bordo sono riconciliabili (Fig. 1.16). S3 S1 S2 L ostruzione Figura 1.16. Le superfici S1 ed S2 sono riconciliabili, S1 ed S3 non lo sono. 7 Ai tempi di Maxwell una regione semplicemente connessa rispetto alle superfici veniva chiamata perifrattica e il numero dei “buchi” veniva chiamato numero perifrattico; il termine inglese perifractic è stato introdotto da J. J. Thomson. L’origine della parola è quella stessa di perifrasi dal greco πριϕρᾰσιζ ossia girare intorno. Per i numeri perifrattici si veda Maxwell [?, p. 166]. 22 CAPITOLO 1. CAMPI D. Data una regione tridimensionale Ω, una superficie chiusa si dice riducibile se, con una deformazione continua che la mantenga entro la regione, può essere contratta fino a ridursi ad un punto. Una regione tridimensionale nella quale tutte le superfici chiuse siano riducibili si dice semplicemente connessa rispetto alle superfici. Due superfici con lo stesso bordo si dicono riconciliabili se la loro unione costituisce il bordo di un volume. 1.11 Campi affini Consideriamo le seguenti funzioni di una, due e tre variabili f (x) = a + g x f (x, y) = a + g x x + gy y f (x, y, z) = a + g x x + gy y + gz z . (1.2) Queste equazioni vengono solitamente chiamate lineari, ma il termine è improprio. Infatti una funzione lineare di una variabile ha la forma y = g x ; la presenza della costante additiva a ne distrugge la linearità anche se l’andamento rimane lineare. L’espressione propria per queste funzioni è funzioni affini. L’equivoco sul termine lineare dipende dal diverso significato che diamo ad esso: un tempo si utilizzava nel senso di rettilineo mentre oggi indica un’applicazione (una funzione, un operatore, una trasformazione, una corrispondenza) lineare, cioè un’applicazione che soddisfa le due proprietà di additività e di omogeneità: f (x0 + x00 ) = f (x0 ) + f (x00 ) f (a x) = a f (x) additività omogeneità (1.3) Consideriamo ora una funzione generica: in una regione di regolarità essa ammette derivate parziali del primo ordine, quindi possiamo approssimarla nell’intorno di quel punto con una funzione affine. Per fare ciò usiamo lo sviluppo in serie di Taylor 8 arrestato al primo ordine d f (x–x0 ) + · · · f (x) = f (x0 ) + dx x0 ∂ f ∂ f (x–x0 ) + (y–y0 ) + · · · ∂x x0 ,y0 ∂y x0 ,y0 ∂f ∂f ∂f f (x, y, z) = f (x0 , y0 , z0 ) + (x–x0 ) + (y–y0 ) + (z–z0 ) + · · · ∂x x0 ,y0 ,z0 ∂y x0 ,y0 ,z0 ∂z x0 ,y0 ,z0 f (x, y) = f (x0 , y0 ) + (1.4) 8 Amenità: i nomi di alcuni matematici, se tradotti in italiano, sarebbero curiosi. Cosı̀ Green = Verde, Schwarz = Nero, Young = Giovane, Taylor = Sarto, Poisson = Pesce. 1.11. CAMPI AFFINI 23 Vediamo che tutte le funzioni, in una regione di regolarità, possono approssimarsi, nell’intorno di un punto, con una funzione affine. Questa proprietà consente di studiare localmente una funzione generica sostituendola con una funzione affine (Fig. 1.17). y z u(x) = a+g x P u(x,y) = a+gx x + g y y P y=f(x) y x z=f (x,y) x a) b) Figura 1.17. Funzione affine che approssima in un suo punto a) la funzione rappresentata dalla curva; b) la funzione rappresentata dalla superficie. Tenendo conto che una retta che approssima una funzione f (x) in un punto è tangente alla curva che la rappresenta, parliamo di approssimazione tangente. 1.11.1 Campo scalare affine Un campo scalare si dice affine se la funzione che lo descrive è una funzione affine. Per tali campi le superfici di livello sono piani paralleli ed equidistanti. Infatti, indicata con c una costante e ponendo f (x, y, z) = c, otteniamo l’equazione g x x + gy y + gz z = c − a (1.5) che rappresenta un piano. Dando alla costante c valori in progressione aritmetica c, c + h, c + 2h, c + 3h, ... i piani risultano tra loro paralleli ed equidistanti. I campi di questo tipo sono numerosi: eccone alcuni. Superfici isobare nell’atmosfera. Consideriamo una regione di spazio prossima alla superficie terrestre nella quale questa si possa considerare piana e l’atmosfera terrestre si possa considerare in quiete: la pressione p in essa varia solo con la quota z secondo la legge p = p0 – k z (1.6) che è una funzione affine. Le superfici di livello in questo caso sono dei piani paralleli alla superficie terrestre e prendono il nome di superfici isobare (Fig. 1.18). 24 CAPITOLO 1. CAMPI Superfici isoterme nell’atmosfera. Nelle medesime ipotesi del paragrafo precedente, la temperatura T dell’atmosfera ha un andamento del tipo T = T0 – h z (1.7) e le superfici isoterme sono dei piani paralleli al terreno (Fig. 1.18). In analogia con la conduzione elettrica, la temperatura può essere chiamata potenziale termico per il ruolo che svolge nella conduzione del calore e di conseguenza le isoterme sono superfici equipotenziali. Superfici equipotenziali terrestri. Nel campo gravitazionale terrestre una gran~ dezza fondamentale è il vettore accelerazione di gravità ~g = F/m che fornisce la forza che agisce sull’unità di massa. In una regione vicina alla superficie terrestre, che possiamo considerare piana, il lavoro compiuto dall’accelerazione di gravità, per portare una massa unitaria dalla superficie terrestre ad una quota z, è proporzionale a z. Si definisce potenziale gravitazionale, e lo si indica con U, il lavoro compiuto per unità di massa e il suo andamento è U = U0 + g z . (1.8) Le superfici di livello sono piani paralleli alla superficie terrestre (Fig. 1.18). z z y x superficie terrestre Figura 1.18. I piani paralleli alla superficie terrestre sono isobari, isotermi ed equipotenziali. Superfici equipotenziali nell’elettromagnetismo. Nella regione compresa tra le facce di un condensatore piano indefinito il campo elettrico E~ è uniforme e il potenziale elettrico φ è affine. Analogamente, all’interno di un solenoide rettilineo indefinito, il vettore cam~ è uniforme e il potenziale scalare magnetico φm è affine. po magnetico H 1.11. CAMPI AFFINI 1.11.2 25 Campo vettoriale affine nel piano Fra i campi vettoriali, hanno particolare importanza i campi vettoriali affini, in quanto ogni campo vettoriale, in una regione di regolarità, può essere approssimato localmente con un campo vettoriale affine.9 Tale nozione favorisce lo studio locale del campo in quanto ne semplifica la trattazione matematica. Un campo vettoriale piano si dice affine se le sue componenti cartesiane v x e vy hanno la forma ( v x = m x + h xx x + h xy y (1.9) vy = my + hyx x + hyy y essendo m x , my , h xx , h xy , hyx , hyy delle costanti. In forma matriciale possiamo scrivere " # " # " #" # vx mx h xx h xy x (1.10) = + vy my hyx hyy y . Applicando questa equazione matriciale (Eq. 1.10) in due punti P e Q e sottraendo le due equazioni, otteniamo # " #" " # h xx h xy xQ − xP v x (Q) − v x (P) = (1.11) hyx hyy vy (Q) − vy (P) yQ − yP e in modo sintetico scriviamo ~vQ − ~vP = H (~rQ − ~r P ) . (1.12) Determinazione di un campo affine. Nella formula (Eq. 1.9) compaiono sei coefficienti: m x , my , h xx , h xy , hyx , hyy . Se in tre punti del piano assegniamo ad arbitrio un vettore, allora, avendo ciascuno due componenti, dobbiamo assegnare sei numeri, tanti quanti sono i coefficienti. Deduciamo che, assegnati tre vettori in tre punti del piano, è completamente determinato un campo affine. Infatti assegnati tre punti P, Q, R e, in ciascuno di essi, un vettore abbiamo v x (P) = m x + h xx xP + h xy yP vy (P) = my + hyx xP + hyy yP v (Q) = m + h x + h y vy (Q) = my + hyx xQ + hyy yQ (1.13) x x xx Q xy Q v (R) = m + h x + h y v (R) = m + h x + h y . x x xx R xy R y y yx R yy R Risolvendo i due sistemi che scriviamo in forma matriciale 1 xP yP m x v x (P) 1 xP yP my vy (P) 1 xQ yQ h xx = v x (Q) 1 xQ yQ hyx = vy (Q) vy (R) 1 xR yR hyy v x (R) h xy 1 xR yR (1.14) 9 Dal momento che questo libro fa uso massiccio delle funzioni affini, ignorate nei libri che parlano degli operatori differenziali, abbiamo spesso evidenziato il termine affine in corsivo per sottolineare che le proprietà che vengono enunciate sono riferite solo a funzioni affini. 26 CAPITOLO 1. CAMPI otteniamo i sei coefficienti. Questo ci consente di tracciare i vettori del campo affine in un reticolo regolare di punti (Fig. 1.19). R Q P P Q R a) b) Figura 1.19. Esempi di approssimazioni di campi vettoriali con campi affini determinati assegnando tre vettori nei vertici di un triangolo: a) porzione del campo gravitazionale di una massa sferica; b) porzione del campo magnetico attorno a un filo rettilineo. Riportiamo come esempio una porzione del campo gravitazionale (Fig. 1.19 a) e del campo magnetico (Fig. 1.19 b) dove abbiamo rappresentato i vettori con una linea spessa.10 Sulla medesima figura sono stati sovrapposti i vettori dell’approssimazione affine, rappresentati con linea sottile. L’approssimazione affine è ottenuta assegnando tre vettori del campo in tre punti P, Q, R e interpolando gli altri vettori del campo con una approssimazione affine basata su questi vettori. Osserviamo come, in una regione che comprende i tre punti, il campo esatto e quello approssimato siano pressoché coincidenti. Naturalmente, la coincidenza migliora rimpicciolendo il triangolo. Proprietà dei campi vettoriali affini. Consideriamo due punti P e Q, indichiamo con h la loro distanza e otteniamo (Eq. 1.12) ! ~rQ − ~r P ~vQ = ~vP + H (~rQ − ~r P ) = ~vP + h H . (1.15) h dove il termine fra parentesi è il versore della retta passante per i due punti. Posto ~t def = 10 ~rQ − ~r P h (1.16) Facciamo notare che il simbolo usato per indicare un vettore nei disegni fatti con il calcolatore, cioé il pallino nell’origine e l’assenza della freccia, rende più chiaro l’andamento del campo vettoriale. Le frecce, infatti, si sovrapporrebbero nelle regioni dove i vettori si infittiscono rendendo incomprensibile la figura. Lo studente, però, se ne guardi bene dall’usarlo come notazione! 1.11. CAMPI AFFINI 27 possiamo scrivere l’equazione (Eq. 1.15) nella forma ~vQ = ~vP + h ~u (1.17) def avendo fatto la posizione ~u = H ~t. Se consideriamo un altro punto S della medesima retta, che dista s dal punto P, vale la formula ~vS = ~vP + s ~u . (1.18) Facendo il prodotto scalare con il versore ~t della retta e con un vettore normale ~n otteniamo le relazioni vkS = v||P + s u|| ⊥ ⊥ v⊥ S = vP + s u . (1.19) Questo mostra che le componenti tangenziale e normale del vettore ~v variano in modo lineare lungo la retta (Fig. 1.20 a). In particolare ponendo s = 1/2 otteniamo la velocità del baricentro B ~vB = ~vP + ~vQ . 2 (1.20) Quindi in un campo affine il vettore nel punto medio di un segmento è la media dei vettori nei due estremi (Fig. 1.20 b). y y v Q v P v v v v v v v P Q Q B v P v x a) v Q vB x P b) Figura 1.20. Proprietà dei campi vettoriali affini per: a) le componenti tangenziale e normale del vettore; b) il vettore nel punto medio del segmento. Diamo nel seguito una serie di esempi di campi vettoriali affini. Deformazione di taglio. Se deformiamo un provino di sezione quadrata, facendo traslare un lato parallelamente al suo opposto come avviene deformando un vocabolario (Fig. 1.21), otteniamo un campo di spostamenti nel quale ogni spostamento risulta proporzionale alla distanza ( vx = k y (1.21) vy = 0 . 28 CAPITOLO 1. CAMPI y x Figura 1.21. Deformazione di taglio. Siamo in presenza di un campo vettoriale affine. Rotazione rigida. In una rotazione rigida, quale è quella di una ruota che gira attorno ad un asse fisso, ad esempio il piatto di un giradischi, la velocità cresce ~ ×~r proporzionalmente al raggio ed è perpendicolare ad esso. La formula è ~v = ω che possiamo scomporre nelle due componenti cartesiane ~i ~j ~k ~v = ω ~ ×~r = 0 0 ω = (−ω y) ~i + (ω x) ~j x y 0 ( v x = −ω y vy = +ω x . (1.22) Siamo in presenza di un campo vettoriale affine. Compressione. Se comprimiamo un provino di sezione rettangolare (Fig. 1.22), determiniamo un campo di spostamenti proporzionali alla distanza dalla base ( vx = 0 (1.23) vy = −k y . Siamo in presenza di un campo vettoriale affine. y x Figura 1.22. Compressione. 1.11. CAMPI AFFINI 29 Compressione radiale. Se un cerchione di ferro riscaldato è forzato su un disco di legno, quando il cerchione si raffredda si determina una contrazione isotropa, ovvero uguale in tutte le direzioni, con il campo degli spostamenti, proporzionale alla distanza del punto dall’asse del disco ( ~v = −k ~r −→ v x = −k x vy = −k y . (1.24) Siamo in presenza di un campo vettoriale affine. Campo gravitazionale. In prossimità della superficie terrestre il campo gravitazionale è affine con ottima approssimazione y g =0 x GM GM z ≈ − 1 − 2 gz = − R (R + z)2 R2 g mettere un omino! x (1.25) quindi z gz = −9, 81 1 − 2 R (1.26) essendo R il raggio terrestre, G la costante gravitazionale ed M la massa della Terra. Siamo in presenza di un campo vettoriale affine. 1.11.3 Campo vettoriale affine nello spazio Un campo vettoriale tridimensionale affine ha la forma v x = a x + h xx x + h xy y + h xz z vy = ay + hyx x + hyy y + hyz z v =a +h x+h y+h z. z z zx zy zz (1.27) 30 CAPITOLO 1. CAMPI Indicati con P e Q due punti generici della regione di definizione del campo, scriviamo l’equazione precedente (Eq. 1.27) in notazione matriciale v x (Q) − v x (P) h xx h xy h xz xQ − xP (1.28) vy (Q) − vy (P) = hyx hyy hyz yQ − yP vz (Q) − vz (P) hzx hzy hzz zQ − zP e in forma compatta ~vQ − ~vP = H (~rQ − ~rP ) (1.29) che coincide con l’equazione del campo vettoriale affine nel piano (Eq. 1.12). La matrice H viene chiamata matrice gradiente della funzione vettoriale ~v. Per mettere in evidenza la funzione vettoriale della quale la matrice H è il gradiente, possiamo scrivere la relazione H = Grad~v . (1.30) Gli elementi della matrice gradiente H non dipendono dal posto: un campo vettoriale affine ha un gradiente uniforme. In un campo vettoriale affine tridimensionale il campo è definito quando sono assegnati i vettori in quattro punti (Fig. 1.23). D D z C C B B A A x y Figura 1.23. Campi vettoriali affini entro un tetraedro. Lettura. “Il più diretto e, in un certo senso, il più importante problema che la nostra consapevole conoscenza della natura deve metterci in grado di risolvere è l’anticipazione degli eventi futuri, cosı̀ che possiamo programmare le nostre azioni secondo tale anticipazione. Come base per la soluzione di questo problema noi facciamo sempre uso degli eventi che sono già accaduti, ottenuti da osservazione casuale o da esperimenti preordinati. Nell’impresa di trarre inferenze sul futuro dal passato, noi adottiamo sempre il seguente processo: ci formiamo immagini o simboli degli oggetti esterni; e la forma che gli diamo è tale che le necessarie conseguenze delle immagini nel pensiero siano sempre le immagini delle necessarie conseguenze in natura delle cose rappresentate. Al fine 1.12. IL PROBLEMA FONDAMENTALE DI UN CAMPO 31 di soddisfare questo requisito deve esistere una certa conformità tra la natura e il nostro pensiero. L’esperienza ci insegna che questo requisito può essere soddisfatto e quindi che tale conformità di fatto esiste.” [Heinrich Hertz, The Principles of Mechanics Presented in a New Form, Dover, New York, 1956, p. 1.] 1.12 Il problema fondamentale di un campo Ogni campo fisico è generato da sorgenti disposte entro una regione di spazio. Tale regione può essere vuota o riempita da uno o più mezzi materiali. Il problema fondamentale è quello di determinare l’andamento del campo in ogni punto della regione. In generale tale andamento è caratterizzato da una funzione scalare o vettoriale che prende il nome di potenziale del campo e le sorgenti del campo sono sia dentro che fuori la regione. Mentre è facile sapere dove sono situate le sorgenti dentro la regione, è pressoché impossibile conoscere l’intensità e la posizione di quelle esterne ad essa. A causa di tale limite dobbiamo ipotizzare delle condizioni sul contorno della regione che producano, al suo interno, un effetto equivalente a quello delle sorgenti esterne. La scelta delle condizioni al contorno rappresenta il punto debole nella determinazione del campo entro la regione considerata. Per poter enunciare, in tutta la sua generalità, il problema fondamentale di un campo, dobbiamo precisare cosa intendiamo per sorgente e potenziale di un campo e per condizioni al contorno e di raccordo. 1.12.1 Sorgenti del campo Ogni campo ha delle sorgenti, cioè delle entità che lo creano, per esempio: − − − − − − le masse sono le sorgenti del campo gravitazionale; i generatori di calore sono le sorgenti del campo termico; le cariche elettriche sono le sorgenti del campo elettrico; le correnti elettriche sono le sorgenti del campo magnetico; le forze su un corpo solido sono le sorgenti del campo degli spostamenti; le forze su un continuo fluido sono le sorgenti del campo delle velocità. Le sorgenti possono essere concentrate in certi punti o distribuite nella regione di definizione del campo. Sono sorgenti concentrate il raggio laser e il cannello ossiacetilenico usati per tagliare le lamiere. La distribuzione delle sorgenti è descritta da una funzione scalare o vettoriale che dà la densità di sorgente. Tali sono la densità di massa, la densità di carica elettrica e la densità di corrente (Tav. 1.3). 32 CAPITOLO 1. CAMPI Se l’intensità delle sorgenti e la loro distribuzione spaziale non variano nel tempo, allora il campo generato è costante e le variazioni delle funzioni di campo sono solo di tipo spaziale. Se le sorgenti mutano con il tempo, allora anche il campo è variabile nel tempo: in questo caso le variazioni delle funzioni di campo sono sia spaziali che temporali. Nei fenomeni di diffusione, se la sorgente emette con ritmo costante nel tempo, come un forno elettrico, parliamo di campo stazionario. Esempi sono la conduzione termica, la diffusione di una sostanza in un fluido, la diffusione di un liquido o di un gas in un mezzo poroso, la diffusione della corrente elettrica entro un materiale, come accade per le correnti parassite e vaganti. 1.12.2 Potenziali del campo Nella formulazione differenziale la configurazione del campo è descritta da certe funzioni del posto e del tempo alle quali diamo il nome di potenziali del campo. Questi possono essere di tipo scalare o vettoriale (Tav. 1.3): sono scalari il potenziale gravitazionale, il potenziale elettrico, la temperatura; sono vettoriali lo spostamento nella meccanica dei solidi, la velocità nella meccanica dei fluidi, il potenziale vettore del campo magnetico. Esiste una regola valida per tutte le teorie fisiche: se la sorgente è una grandezza scalare, anche il potenziale è una grandezza scalare; se la sorgente è un vettore, anche il potenziale lo è. Esempi. Nell’elettrostatica la sorgente è la carica elettrica, che è una grandezza scalare, e il potenziale elettrico è pure uno scalare. Nel campo gravitazionale la sorgente è la massa, che è una grandezza scalare, e il potenziale gravitazionale è pure esso una grandezza scalare. Nella conduzione termica le sorgenti di calore sono descritte dalla quantità di calore erogato nell’unità di tempo ovvero da una grandezza scalare. Il corrispondente potenziale termico è la temperatura, che è una grandezza scalare. Nella meccanica dei solidi deformabili la sorgente della deformazione è una forza, che è una grandezza vettoriale, e il potenziale è lo spostamento, pure esso una grandezza vettoriale. Nel magnetismo possiamo prendere come variabile di sorgente il vettore densità di ~. corrente J~ e come potenziale il vettore magnetico A 1.12.3 Condizioni al contorno Il valore del potenziale in un punto della regione dipende non solo dalla distribuzione e dalle intensità delle sorgenti ma anche dal tipo e dalla distribuzione delle condizioni al contorno. Riferiamoci ad un esempio molto familiare: la propagazione del calore entro 1.12. IL PROBLEMA FONDAMENTALE DI UN CAMPO 33 Tavola 1.3. Potenziali e sorgenti dei principali campi della fisica. campo potenziale sorgente elettrico gravitazionale termico elastico fluidodinamico potenziale elettrico φ potenziale gravitazionale U temperatura T spostamento ~u velocità ~v velocità dilatazione volumica θ ~ potenziale vettore magnetico A carica elettrica Q massa m calore generato P forza F~ forza F~ pressione p densità di corrente J~ magnetico un locale. Supponiamo che su una parete della stanza si trovi un termosifone che emette calore, mentre sulla parete opposta vi sia una finestra: il calore emesso dal termosifone si diffonde innalzando la temperatura. Se la finestra è aperta, buona parte del calore si disperde e l’innalzamento della temperatura è modesto. Se chiudiamo la finestra, il calore viene trattenuto e la temperatura aumenta. Deduciamo che, aprendo o chiudendo la finestra, cambiano le condizioni al contorno della stanza. Quindi la distribuzione spaziale della temperatura dipende non solo dai termosifoni, ma anche dalle condizioni al contorno. La stessa cosa vale quando indossiamo una maglia per ripararci dal freddo: cambiano le condizioni al contorno del nostro corpo. In tal modo impediamo al calore di sfuggire e manteniamo il corpo alla temperatura voluta. Analogamente, per evitare la riverberazione del suono in una sala, utilizziamo pannelli fono – assorbenti o velluti: in tal modo cambiano le condizioni al contorno del campo acustico che è descritto dal campo delle pressioni dell’aria all’interno della stanza. Per evitare le riflessioni in un cannocchiale o in un microscopio, le pareti interne vengono annerite. Cosı̀ facendo la luce non viene riflessa dalle pareti, ossia cambiano le condizioni al contorno del campo elettromagnetico che ha sede nel tubo: il campo è quello delle onde elettromagnetiche di frequenza luminosa. È naturale dunque che un’equazione differenziale non basti da sola a determinare il valore del potenziale in ogni punto, in quanto descrive la legge di un campo nei punti interni ad una regione di spazio: dobbiamo precisare le condizioni al contorno. Inoltre, se il campo non è statico ossia varia nel tempo, dobbiamo precisare anche il potenziale ad un istante iniziale in ogni punto del campo ed eventualmente la sua derivata temporale al medesimo istante, qualora l’equazione differenziale contenga le derivate temporali fino al secondo ordine. Ma come determiniamo le condizioni al contorno? Semplicemente usando 34 CAPITOLO 1. CAMPI la medesima legge fisica che porta alle equazioni differenziali nei punti interni alla regione di spazio ove ha sede il campo e combinandola con le particolari informazioni sulla struttura fisica dei materiali che formano il contorno. Cosı̀ se un corpo ha una parte del suo contorno a contatto con un termostato, vale a dire con un serbatoio che riesce a mantenere una temperatura costante nonostante l’apporto o la sottrazione di calore, la temperatura su quella parte del contorno è assegnata. Se la rimanente parte del contorno è protetta da un materiale isolante, ivi la corrente di calore è nulla (Fig. 1.24). isolante flusso uscente nullo temperatura assegnata T2 q T1 temperatura assegnata Figura 1.24. Conduttore di calore avvolto da un manto isolante sul contorno. assegnata la temperatura 20 °C acqua calda assegnata la temperatura : 80 °C assegnato il flusso assegnato il flusso terreno assegnato il flusso In pratica, assegnare le condizioni al contorno vuol dire fornire il valore del potenziale, su quella parte del contorno ove è noto, e il valore del flusso, sulla parte rimanente. Nel caso della conduzione termica, il potenziale è la temperatura e il flusso è quello del calore. Quindi su una parete isolante il flusso è nullo, mentre sulla parte del contorno che confina con un termostato la temperatura è assegnata. Come esempio illustriamo le condizioni al contorno relative a una porzione di terreno nella quale è interrato un tubo dove scorre acqua calda ad 80◦ C (Fig. 1.25). Figura 1.25. Condizioni al contorno in un tubo percorso da acqua calda. In un primo tempo supponiamo che tutto il calore sfugga solo verso l’atmosfe- 1.12. IL PROBLEMA FONDAMENTALE DI UN CAMPO 35 ra, che viene considerata come un termostato a 20◦ C. Le condizioni al contorno sopperiscono alla non conoscenza di ciò che sta all’esterno della regione nella quale il campo è considerato. Le condizioni al contorno sono condizioni idealizzate, sono approssimazioni della realtà. Infatti il calore si diffonde anche verso il basso e lateralmente alla regione considerata. Non sapendo, però, quanto calore vada in queste direzioni, ipotizziamo che esso sia trascurabile ponendolo uguale a zero. Questo tipo di idealizzazione è frequente nelle applicazioni pratiche in campi diversi della fisica. ;; ; ;; ; 1.12.4 Condizioni di raccordo Quando nella regione in cui definiamo un campo vi sono materiali diversi, la formulazione differenziale non va più bene. Infatti le derivate parziali presuppongono la regolarità nell’intorno del punto in cui sono calcolate e questa regolarità non è verificata sulle superfici di separazione fra due materiali diversi. λ=10 λ=100 x i 45° 40° 35° 30° 25° 50° 20° 15° 10° Figura 1.26. Propagazione del calore in presenza di materiali diversi. Facciamo riferimento alla conduzione termica entro una barra, formata da due materiali diversi, che sia termicamente isolata verso l’esterno (Fig. 1.26). Il materiale di sinistra, più scuro, ha una bassa conducibilità termica, λ = 10, mentre quello di destra ne ha una maggiore, λ = 100. I due muri laterali fungono da termostati. La quantità di calore Φ che attraversa una generica sezione della barra nell’unità di tempo (corrente di calore) è la stessa, in quanto il calore non può disperdersi verso l’esterno a causa dell’isolante perfetto che avvolge la barra. Dal momento che tutte le sezioni normali hanno la stessa area, ne viene che anche il vettore densità di corrente di energia ~q = Φ/A~i è il medesimo in ogni sezione. Quindi ~q non subisce discontinuità nell’interfaccia tra i due materiali. Dalla relazione costitutiva ~q = −λ ∇T ne viene che, dove minore è la conducibilità, maggiore deve essere il gradiente. Questo significa che il gradiente è maggiore nel materiale di sinistra e minore in quello di destra, quindi la distanza tra due superfici isoterme è minore nel materiale di sinistra. Infatti il modulo del gradiente è dato dal rapporto tra la differenza di temperatura tra due superfici equipotenziali 36 CAPITOLO 1. CAMPI e la distanza che intercorre tra esse. Ne concludiamo che, attraverso l’interfaccia, la temperatura è continua, il gradiente della temperatura è discontinuo e il vettore densità di corrente di energia è continuo. In generale, sulle superfici di separazione tra due materiali diversi il potenziale è continuo, mentre il suo gradiente è discontinuo. Nel campo gravitazionale il vettore accelerazione di gravità ~g si mantiene continuo nel passaggio dall’interno della Terra all’esterno (Fig. 1.10 a), mentre nel campo elettrico il vettore E~ passa da un valore finito, all’esterno del conduttore, al valore nullo, all’interno, quindi subisce una discontinuità (Fig. 1.10 b). Questo è dovuto al fatto che le cariche elettriche sono mobili in un conduttore e, respingendosi, si confinano sulla sua superficie. Al contrario, nel caso gravitazionale, le sue sorgenti, ovvero le masse, sono fisse. Incontriamo un comportamento analogo a quello gravitazionale, cioè assenza di discontinuità, nelle atmosfere stellari: la carica elettrica della massa gassosa rimane distribuita nel suo interno invece di confinarsi sulla superficie, quindi il vettore campo elettrico non è discontinuo. 1.12.5 Problema fondamentale Possiamo enunciare il problema fondamentale di un campo nel modo seguente: − − − − assegnata la regione in cui ha sede il campo; assegnata la natura del materiale che riempie la regione; assegnate le sorgenti del campo; assegnate le condizioni sul contorno del campo; −→ determinare la configurazione del campo. effetti (incogniti) potenziali problema fondamentale equazione fondamentale cause (note) sorgenti Figura 1.27. Problema fondamentale della teoria matematica dei campi. Questo problema è tipico della la fisica: assegnate le cause, determinarne gli effetti. Riportiamo alcuni esempi per diversi campi della fisica. Campo elettrostatico. Precisata la regione in forma e dimensioni; assegnati i materiali che la riempiono; data la distribuzione delle cariche nella regione e 1.12. IL PROBLEMA FONDAMENTALE DI UN CAMPO 37 sul bordo; precisata la natura del materiale che delimita la regione (metallico, dielettrico, vuoto); determinare il potenziale elettrico in ogni punto della regione. Incontriamo questo problema nei dispositivi elettromagnetici. Campo termico. Assegnata una regione di spazio occupata da un materiale conduttore del calore; precisate le caratteristiche del materiale (isotropo/anisotropo, omogeneo/non omogeneo); assegnate le posizioni e le intensità delle sorgenti termiche nella regione; assegnate le condizioni al contorno della regione; determinare la temperatura in ogni punto del materiale. Incontriamo questo problema nella termotecnica, nella fisica delle stelle, nella meteorologia, nella fluidodinamica, nella progettazione dei reattori nucleari. Campo elastico. Precisata la regione in forma e dimensioni; assegnati i materiali che la riempiono; data la distribuzione delle forze sul continuo e quelle agenti sul bordo; precisate le condizioni di bordo (appoggio, incastro, bordo libero, ecc.); determinare lo spostamento in ogni punto del continuo. Incontriamo questo problema nella meccanica dei solidi deformabili, nella scienza delle costruzioni, nella meccanica delle macchine. Campo fluido. Precisata la regione in forma e dimensioni; precisata la natura del fluido (incompressibile, viscoso, perfetto, ecc.); precisato il tipo di moto (stazionario, barotropico, irrotazionale, ecc.); precisate le forze di volume e quelle agenti sul bordo; precisate le condizioni geometriche del bordo (impermeabile, libero, ecc.); determinare la velocità e la pressione in ogni punto del fluido. Incontriamo questo problema nello studio nelle condutture, nello studio delle maree, dei deflussi da un recipiente, nella metereologia, nella ventilazione. Campo elettromagnetico. Precisata la regione in forma e dimensioni; assegnati i materiali che la riempiono; data la distribuzione delle cariche e delle correnti elettriche nella regione e sul bordo; prescritta la natura del materiale che delimita il dominio (conduttore, isolante, ecc.); determinare il potenziale scalare elettrico e il potenziale vettore magnetico in ogni punto della regione. Incontriamo questo problema nello studio della generazione delle onde elettromagnetiche, nelle guide d’onda, nella fisica del plasma. Campo gravitazionale. Precisata la regione in forma e dimensioni; data la distribuzione delle masse nella regione; precisate le condizioni al contorno; determinare il potenziale gravitazionale in ogni punto della regione. Incontriamo questo problema in geodesia. Per risolvere il problema fondamentale, occorrono delle relazioni tra cause ed effetto ossia tra la distribuzione delle sorgenti e i potenziali del campo. Queste 38 CAPITOLO 1. CAMPI relazioni prendono il nome di equazioni fondamentali. Le equazioni di campo portano solitamente il nome di coloro che le hanno scoperte (Tav. 1.4). Tavola 1.4. Equazioni fondamentali dei campi fisici. campo della conduzione termica della diffusione elastico fluidodinamico (per fluidi perfetti) fluidodinamico (per fluidi viscosi) acustico (in un fluido o in un solido) gravitazionale (classico) gravitazionale (relativistico) ampiezza di probabilità (mecc. quant.) dell’elettrone (mecc. quanti. relativ.) equazione di Fourier Fick Navier Eulero Navier – Stokes d’Alembert Poisson Einstein Schrödinger Dirac Osservazione. Nella tavola sono assenti le equazioni del campo elettromagnetico di Maxwell poiché esse sono equazioni di campo (equazioni di struttura) e non sono equazioni fondamentali. Le equazioni fondamentali del campo elettromagnetico sono quelle che ~ Queste legano la densità di carica ρ e di corrente J~ ai potenziali elettrico φ e magnetico A. ultime si ottengono componendo le equazioni di Maxwell con le equazioni costitutive. Ribadiamo il fatto che la locuzione equazione fondamentale ha qui un significato ristretto alle equazioni che legano le sorgenti con i potenziali. Nessuno nega che le equazioni di Maxwell siano “fondamentali” per l’elettromagnetismo! 1.12.6 Equazione fondamentale Come possiamo ricavare l’equazione fondamentale di un campo fisico? Per scalare una montagna dobbiamo prevedere delle opportune soste lungo il percorso, dividere l’arrampicata in tappe e stabilire, a partire dal campo di partenza, una serie di campi intermedi. Si procede in modo analogo anche in fisica. Meccanica della particella. canica della particella Per ottenere l’equazione fondamentale della mecF~ = m ~a (1.31) dobbiamo comporre le tre equazioni ~v = d~r dt ~p = m~v d~p ~ =F. dt (1.32) 1.12. IL PROBLEMA FONDAMENTALE DI UN CAMPO 39 ~ La variabile che descrive la causa del moto è la forza F(t), mentre quella che descrive la posizione della particella è ~r(t). Fra queste due variabili collochiamo, come tappe intermedie, la velocità ~v (t) e la quantità di moto ~p(t) (Tav. 1.5). Operiamo in modo analogo per legare le funzioni di campo alle funzioni che descrivono le sorgenti: scomponiamo il problema in tappe intermedie. Tavola 1.5. Grandezze della meccanica della particella. raggio vettore forza F~ ↑ ~r ↓ ~v = ↓ ~v d~r dt → ~p = m~v → velocità d~p ~ =F dt ↑ ~p quantità di moto Campo elettrostatico. Per descrivere il campo elettrostatico (Tav. 1.6) prendiamo come funzione di campo il potenziale elettrico φ(P) e come distribuzione delle sorgenti la densità di carica elettrica ρ(P). Oltre a queste due funzioni, che descrivono i due campi scalari, prendiamo in considerazione altri due vettori, funzioni ~ del punto, che descrivono due campi vettoriali: il vettore campo elettrico E(P) e ~ il vettore spostamento elettrico D(P). Ciascuno di questi vettori intermedi ha un preciso significato fisico. Lo studio del campo elettrico porta a stabilire delle relazioni tra queste quattro funzioni. Ne viene che l’equazione di campo è il risultato ~ e ρ, E~ e D, ~ φ e E. ~ della composizione di tre relazioni rispettivamente tra D Tavola 1.6. Grandezze del campo elettrostatico. potenziale elettrico densità di carica φ ↓ ~ E = −∇φ ↓ E~ ρ ↑ ~ ∇·D=ρ ↑ ~ D campo elettrico → ~ = E~ D → spostamento elettrico Ricordiamo che il problema fondamentale di un campo è quello di determinare 40 CAPITOLO 1. CAMPI la variabile di configurazione una volta assegnata la distribuzione delle sorgenti del campo. Equazione di Poisson. L’equazione di Poisson descrive il problema fondamentale di diversi campi fisici, una volta corredata dalle condizioni sul bordo della regione. La ricerca della funzione che soddisfa l’equazione e le condizioni al contorno costituisce un problema matematico per il quale esistono diversi metodi risolutivi, raramente espliciti, talvolta approssimati e sempre numerici. Il problema di trovare la funzione f (P) che soddisfa l’equazione e le condizioni addizionali seguenti ( 2 ∇ f (P) = ρ(P) (1.33) f (S) assegnata sul bordo della regione S prende il nome di problema di Dirichlet per l’equazione di Poisson. Analogamente il problema di trovare la soluzione del complesso 2 ∇ f (P) = ρ(P) (1.34) ∂ f assegnata sul bordo della regione S ∂n S prende il nome di problema di Neumann per l’equazione di Poisson. Infine il problema di trovare la soluzione dell’equazione e delle condizioni addizionali seguenti 2 ∇ f (P) = ρ(P) assegnata sulla parte S1 del contorno f |S1 (1.35) ∂ f assegnata sulla parte S2 del contorno ∂n S 2 è il problema misto per l’equazione di Poisson. In particolare, se ρ(P) = 0, l’equazione di Poisson si riduce a quella di Laplace. Questo comporta che il potenziale sia determinato solo dalla distribuzione delle sorgenti esterne alla regione che, non essendo note, sono rappresentate dalle condizioni al contorno. Nella formulazione integrale le equazioni di campo sono espresse da una relazione del tipo Z f (P) = G(P, P0 ) ρ(P0 ) dV 0 (1.36) V0 che è in grado di fornire direttamente il potenziale in un punto, una volta assegnata la distribuzione delle sorgenti nella regione considerata se si conosce la funzione 1.13. LE OPERAZIONI RICORRENTI 41 G(P, P0 ) chiamata funzione di Green. Tale funzione dipende dalla forma e dall’estensione della regione in cui il campo è definito, nonché dalle condizioni al contorno e dalla natura del materiale di cui è composta.11 Se la regione è l’intero spazio, la sorgente è puntiforme e il materiale è omogeneo: la funzione di Green prende il nome di soluzione fondamentale. Osserviamo che possiamo esprimere l’equazione del campo in forma locale, attraverso le derivate parziali del potenziale, e in forma globale, attraverso l’integrazione sulla regione in cui vi è la sorgente. 1.13 Le operazioni ricorrenti Nello studio dei campi scalari e vettoriali alcune operazioni suggeriscono l’introduzione di veri e propri strumenti matematici. Come nella lavorazione del legno il tagliare, piallare, levigare e forare richiedono strumenti quali la sega, la pialla, la levigatrice e il trapano, cosı̀, nello studio dei campi, le operazioni di valutazione della variazione spaziale, della circolazione e del flusso richiedono opportuni strumenti quali il vettore gradiente, il vettore rotore e la funzione scalare divergenza. 1.13.1 Variazione – gradiente Dati due punti in un campo scalare consideriamo la variazione della funzione e rapportiamola alla loro distanza: otteniamo un indicatore della rapidità di variazione della funzione nella direzione considerata. Questo indicatore prende il nome di gradiente della funzione in quella direzione. Se consideriamo che in ogni punto del campo possiamo avere infiniti gradienti, uno per ciascuna direzione, possiamo individuare la direzione di massimo gradiente e introdurre un vettore che abbia questa direzione e modulo uguale al massimo gradiente: chiamiamo tale vettore gradiente della funzione. 1.13.2 Circolazione – rotore Nell’analisi dei campi vettoriali introduciamo la nozione di integrale del vettore lungo una linea. È significativo l’integrale lungo una linea chiusa ovvero la circolazione del vettore lungo una linea chiusa. Se poi la linea chiusa è piana e di lunghezza infinitesima, constatiamo che tale circolazione è proporzionale all’area racchiusa dalla linea. Il limite del rapporto tra la circolazione e l’area, relativamente alla giacitura considerata, è un espressivo indicatore locale del campo 11 La lettera G è l’iniziale del nome Green, dal nome del fisico – matematico inglese che l’ha introdotta. Per la funzione di Green si vedano: Morse e Feshbach [?, vol. I]; Lanczos [?, cap. 5]; Dettmann [?, cap. 4]; Courant Hilbert [?, p. 351]. 42 CAPITOLO 1. CAMPI vettoriale. Questo indicatore prende il nome di rotore del vettore relativo alla giacitura nel punto considerato. Osservando che esso varia con la giacitura, possiamo determinare la giacitura del piano per la quale il limite di tale rapporto è massimo e introdurre un vettore perpendicolare a tale giacitura che abbia come modulo il valore di tale limite. Nasce cosı̀ il vettore rotore della funzione vettoriale. 1.13.3 Flusso – divergenza Nell’analisi dei campi vettoriali, introduciamo la nozione di flusso di un vettore relativo ad una superficie: tale grandezza scalare è associata alla superficie. È significativo il calcolo del flusso attraverso una superficie chiusa e se questa è infinitesima, constatiamo che il flusso totale è proporzionale al volume racchiuso. Diventa allora indicativo il limite del rapporto tra il flusso totale e il volume, grandezza scalare, alla quale diamo il nome di divergenza del vettore.