Le donne
e la barca
di Giorgia Gessner
U
Le gioie e i dolori che
affliggono il più difficile
“triangolo” che esista:
lui, lei e la barca
n giorno, un
marito affettuoso volle fare una sorpresa alla
moglie per il suo compleanno: ordinò uno
yacht di 20 metri con
la raccomandazione
che fosse pronto per la
data in questione. Arrivata la quale portò la moglie in cantiere per mostrarle il suo regalo.
La signora visitò minuziosamente la barca ma,
sbarcando, espresse il suo disappunto: “Gli armadi
sono troppo piccoli, non c’è posto per le mie pellicce”.
Il marito, paziente e compiacente, ne ordinò
un’altra, più grande. È una storia vera, sentita in
un cantiere spagnolo anche se, naturalmente, è
un caso limite.
La realtà è che esiste un diffuso rapporto conflittuale tra le donne e le barche. Ci sono, per carità, veliste provette, che addirittura fanno il giro
del mondo in solitario come Ellen Mac Arthur e
Isabelle Autissier, atlete olimpioniche come Alessandra Sensini, medaglia d’oro nel surf, e tante
mogli, figlie e fidanzate che amano trascorrere le
proprie vacanze in crociera.
Molto hanno fatto, e fanno, le scuole di vela,
per esempio quella di Caprera, che abituano le ragazze alla vita di bordo, e le nuove generazioni sono senz’altro più “nautiche”, ma si tratta di casi
sporadici, non generalizzati.
Purtroppo esistono però anche tante altre donne, specie in Italia (in Francia e in Inghilterra non
è così) che rendono la
vita difficile ai loro uomini diportisti. È arduo
scoprire le radici e le
motivazioni di questo
fenomeno: paura del
mal di mare, senso di
claustrofobia negli spazi ristretti di bordo, avversione alla fatica fisica, terrore del mare e della barca sbandata.
Mentre il fenomeno è meno frequente sugli
yacht a motore, specie se grandi, è invece diffuso
sulle barche a vela, tanto più se piccole. In alcuni
casi certi diportisti si sono trovati davanti al bivio:
o vendere la barca o divorziare.
Non parliamo dei bambini. Le madri sono terrorizzate all’idea di portarli in barca quando sono
piccoli, e appena crescono, sono loro a preferire
altre attività insieme agli amici, piuttosto che lavorare a bordo, come mozzi tuttofare, insieme ai
genitori.
Il contributo delle donne
Per contro, il sesso femminile, con le sue esigenze, spesso giuste e razionali, ha contribuito in
modo significativo a migliorare gli allestimenti interni delle barche. Avete mai visto una coppia che
visita le barche a un salone? L’uomo le guarda immaginandosi al timone, col vento in faccia e il sole negli occhi, e le sue uniche preoccupazioni sono gli aspetti tecnici, il motore, con relative prestazioni e consumi, le vele e le manovre e, ovviamente, i costi.
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Dobbiamo al sesso femminile se ora le cucine sono più
razionali, con sufficienti piani di appoggio e contenitori
per pentole, vasellame, derrate alimentari e con soluzioni
progettuali che consentono
di appoggiarsi con la schiena
alla paratia mentre, in navigazione, si lavora ai fornelli.
A loro dobbiamo anche i
letti centrali, che facilitano il
lavoro di sistemare lenzuola e
coperte, cosa assai complessa
quando sono appoggiati a
paratia. Sempre a loro dobbiamo tante soluzioni trasforQuesta originale immagine del 1930 ha immortalato i il primo equipaggio totalmente
miste, con divani che scomfemminile di una barca a vela, quello dello yacht francese Alcyon
paiono, tavoli che si appiattiscono sul pavimento o che si
uniscono a formare uno spaLe donne, invece, controllano minuziosamenzio utilizzabile da più commensali.
te la cucina, i volumi di stivaggio, le dimensioni
È merito delle donne se, sulle barche a vela più
dei letti, gli spazi per sdraiarsi al sole: insomma, è
grandi, vengono ricavati spazi prendisole in col’uomo che paga ma è la donna che sceglie.
perta per sdraiarsi a prendere la tintarella e se, anÈ merito loro se gli interni delle barche sono
che sulle più piccole, i serbatoi di acqua dolce sototalmente cambiati negli ultimi decenni perché,
no sufficienti per le esigenze di una barca in crocon l’aspirazione di accontentarle, e quindi di
ciera.
vendere, i cantieri si sono rivolti ad architetti che
hanno saputo studiare e realizzare soluzioni nuoLa coppia in barca
ve, con uno sfruttamento degli spazi e dei volumi
Cosa fare quando si è appassionati di nautica
un tempo impensabili.
ma si ha un moglie che proprio non ne vuole sapere di navigare? Uno dei tanti consigli possibili è quello di procedere a piccoli passi:
dalle uscite estive di un paio d’ore, con sole
splendente e mare piatto, giusto per andare
al largo a fare il bagno, alle piccole crociere
di fine settimana con tratte brevi e sempre
(si spera) con bel tempo assicurato. Comunque, nel programmare una crociera di vari
giorni, occorre tener presente che una donna, giovane o meno giovane che sia, salvo le
tante eccezioni che confermano la regola,
detesta le navigazioni troppo lunghe: ama
invece navigare di isola in isola, di baia in
baia, fermarsi per il bagno e per una colazione tranquilla alla ruota, e ogni tanto scendere a terra, comperare il pane fresco, visitare i
paesi, sedersi in piazza a prendere un caffè e
guardare il passeggio e la gente. Per molte di
loro, non va dimenticato, la navigazione è
La cucina di bordo: luogo di continue tenzoni tra le due fazioni in causa,
ma nel quale (per fortuna) spesso ha la meglio il gentil sesso
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un mezzo, non un fine.
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