SPECIALE: NAUTICA Tendenze di mare “Se si è gente di mare evoluta ma sobria, si privilegia un capo funzionale” di A. Dachan Luciano Bilancioni, con il mare nel cuore Appena può esce in mare con la sua barca a vela che ha chiamato ’MEDITERRANEO’ (ispirato dal film girato a Castellorizo) e con la quale, oltre ad aver navigato in quasi tutto il Mediterraneo, si è spinto fino ai Caraibi, partecipando ad una famosa Regata Atlantica. Quando l’ammiraglia è lontano da Ancona, esce con una barca da pesca d’epoca che ha refittato con grande passione. 84 S ignor Bilancioni, è finalmente iniziata la bella stagione e in molti si stanno organizzando per le prime uscite in barca. Lei che ha un’esperienza trentennale nell’abbigliamento in stile marinaro, che look consiglia a bordo? “Se si escludono le regate dove bisogna uscire anche con il tempo cattivo, non serve un capo prettamente tecnico. L’abbigliamento è un outdoor di stile marinaro a largo spettro. Per intenderci, interpretato con il proprio stile, spaziando dal brettone (a righe) per le fanciulle, all’americano vintage per gli uomini. Importante è la sobrietà! Noi di Fly 3 ci riconosciamo in un modo di vestire in barca che richiama al passato, fino agli anni ‘60, con protagonisti come John Kennedy e Giovanni Agnelli. Quest’ultimo anche in regata si vestiva di bianco e solo di cotone e lana ( vedi weatherly Coppa America)”. Per un capo perfetto da indossare navigando, l’eleganza è un requisito importante? “Per l’eleganza, come Le ho detto, il benchmark è il passato. Oggi i regatanti sono vestiti con ciclisti molto aderenti, pieni di sponsor e soprattutto con materiali tecnici eccezionali, ma sintetici, che sono ottimi per il freddo, ma inadeguati sotto il sole. Le scarpe sono solo sneakers; per carità per un uso agonistico, sono le migliori, ma provi a toglierle dopo una giornata di vela e odorarle! E i diportisti tendono ad imitarli!”. È evidente che non condivide simili scelte… “Fly3 se ne dissocia e propone l’evoluzione dei materiali naturali di una volta, mescolando, ad esempio, cotone e cashmere al bambù, una fibra dalle caratteristiche eccezionali: traspirante, antibatterica, resistente ai raggi UV, morbidissima, capace di donare una particolare sensazione di relax. Un giubbotto in nylon leggerissimo antiacqua e antivento foderato con questa mischia, non sarà tecnico, ma senz’altro confortevole e più adatto ad un’uscita primaverile in barca. Poi, per uno chic sobrio e poco appariscente c’è l’indumento whitely: una sbiancatura particolare che trae ispirazione dall’invecchiamento provocato dal mare e che Fly 3 replica con una tintura che dona tutta l’autentica bellezza del capo vissuto in mare, senza pregiudicare l’integrità della fibra. Infine le scarpe sono le classiche mocassino di pelle scamosciata anch’esse whitely e rigorosamente cucite a mano nelle Marche” Quindi abbigliamento chic, ma anche funzionale? “La funzionalità è importantissima: le cuciture ergonomiche, rinforzate o eliminate (brev. Fly3), come nelle vele, facilitano tanto i movimenti. Lo stesso i pantaloni che, se non troppo stretti, sono più confortevoli ed eleganti. I nuovi tessuti stretch sono più comodi ma danno molto calore, perché più chiusi. Tessuti di maggiore pesantezza e apertura sono i più adatti perché più freschi e più resistenti: quest’ultimo requisito viene molto apprezzato dal velista che sceglie sì il capo whitely (già invecchiato), ma poi preferisce invecchiare con lui”. Quando si parte a vele spiegate, avere il look giusto può migliorare il viaggio? “Mah, l’abbigliamento giusto migliora qualsiasi situazione. Se si è gente di mare evoluta ma sobria, si privilegia un capo funzionale, ad esempio un gilet leggero antivento foderato in bambù-casmerecotone e un paio di scarpe da barca traspiranti col grip. Fondamentale è sempre un maglione di lana, un berettino di cashmere, occhiali seri e protezioni totali. Evitate bracciali, coulisse e tutto ciò che può impigliarsi”. Secondo Lei, è l’amore per il mare che spinge molte persone a scegliere un look ispirato alla nautica anche per la città? “Assolutamente sì e sono i clienti che cerchiamo. Sono coloro che, come me, privilegiano capi un po’ tecnici ma non estremi, così da avere la possibilità di usarli anche nella quotidianità, che ti fanno sentire, ovunque ti trovi, vicino al mare. Non per niente La mia azienda si chiama, “Gente di mare” e non è di certo un caso”. A proposito della Sua azienda, viene scelta non solo da un target italiano, ma anche da europei e americani: come si fa ad accontentare una clientela così diversa? “In Europa abbiamo clienti in Bretagna e Normandia, in Costa Azzurra, da St.Tropez a Marsiglia, in Scandinavia e Germania (da 30 anni). Siamo a New York e a Newport. È un target attento a sobrietà, funzionalità, qualità e stile abbinati ad un brand di sapore marinaro. Gli utenti finali sono difficili da raggiungere perché il trade preferisce proporre brands più noti e quindi più facili”. Anche nel fare abbigliamento bisogna “seguire la propria bussola”? “Penso di sì. Credo che in un momento come questo di offerta ampissima, fondamentale sia la coerenza. La mia filosofia e quella di Fly3 è sempre stata legata ad una massima di St. Exupery: “La perfezione non si raggiunge quando non c’è più niente da aggiungere, ma quando non c’è più niente da togliere”. Qual è, secondo Lei, il capo che non deve mai mancare nell’armadio di un uomo? “Un blazer blu di lana stretch senza stagione ed una camicia bianca”. E il Suo capo preferito? “Una maglia di lana fuori e cotone dentro e un cappellino di cashmere per navigare di notte”. 85