indice Presentazione 7 Introduzione 9 Capitolo 1 La modalità reattiva di contatto: sintesi ragionata 17 Capitolo 2 La modalità proattiva di contatto: alla ricerca di gravi problemi esistenti 37 Capitolo 3 Proattività estrema: la prevenzione come ricerca di problemi in-esistenti 63 Bibliografia 81 Presentazione «Normalmente si misura la tenuta di un ponte a partire dalla solidità del suo pilastro più piccolo. La qualità umana di una società dovrebbe essere misurata a partire dalla qualità della vita dei più deboli tra i suoi membri.» Si badi: questa nota affermazione di Bauman non dice di un dovere morale della società, o non solo di questo. Dice di un suo preciso interesse, di una sua concreta utilità. Senza un welfare dignitoso e ben ponderato la società non si tiene insieme, senza investimenti sensati nella solidarietà sociale la stessa economia di un Paese rischia il declino. Il welfare sarà la partita decisiva dei prossimi decenni. Una partita tra le più complicate per le aggrovigliate variabili in gioco e che però si tende a sottovalutare, irretiti ancora — dietro nuovi paroloni di facciata — nelle vetuste logiche dell’assistenzialismo («ti do le briciole, ma tu stai buono»). È complicata la partita impersonale della redistribuzione astratta (il welfare universalistico che ha a che fare con i diritti esigibili, gli standard minimi, le indennità monetarie, ecc.) ed è ancor di più complicata (concettualmente e praticamente parlando) la partita dei cosiddetti «Servizi sociali personali», laddove una Istituzione o un mix di Istituzioni (pubbliche e private) si propongono di accompagnare, per il tramite di propri operatori La grammatica del welfare dipendenti, la vita di una persona o di una famiglia o di una comunità locale verso il superamento di disagi conclamati o in generale il miglioramento di condizioni date. Come una Istituzione possa — bussando a volte con delicatezza, altre più ruvidamente — entrare in una vita e risultare di fatto benefica come si prefigge, e non invece scombussolarla e marchiarla di stigma, è una questione intellettuale sempre poco considerata e pure con insufficiente potenza. I politici che fanno le leggi, i manager che danno le direttive o fissano le procedure, gli operatori che affrontano le singole situazioni spesso lamentano di non riuscire a tener fermo il ragionamento e cogliere l’essenziale. La sensazione è che manchino le categorie adeguate a una tale complessità, che i concetti e le distinzioni analitiche non siano sufficientemente elaborati e condivisi. Alla oggettiva complessità della materia si somma una certa fragilità dell’impianto di pensiero ai vari livelli del sistema. In questa piccola Grammatica del welfare ho cercato di fissare qualche elementare coordinata per pensare il welfare socio-assistenziale in maniera rigorosa. Una sorta di abbecedario utile per chi si accosta alla materia e anche per chi da esperto desidera rivisitarla ripensandola secondo logica. Milano, giugno 2011 Fabio Folgheraiter (Università Cattolica del S. Cuore) 8 Introduzione A quel tempo non esistevano ancora dentisti, e si deve perciò supporre che non vi fossero denti guasti R. Walser, Jacob von Gunten: un diario In questo libro focalizziamo il punto logico dove prendono inizio le azioni professionali di Lavoro sociale. Osserveremo in profondità quel momento generativo in cui scatta la cosiddetta «relazione di aiuto», l’istante in cui si accende il primo contatto tra un operatore, il quale ha alle spalle in genere un’Organizzazione inserita nel cosiddetto «sistema integrato» di welfare, e un problema sociale determinato, cui quell’operatore potrà da lì in avanti applicarsi. Definiamo t0 questo momento topico. È il punto temporale che segna una sorta di spartiacque tra le vicende avvenute dentro il mondo puro della vita prima di questo contatto — vicende passate che l’operatore dovrà osservare per riportarle al presente più che per ricostruirne i nessi causali — e le vicende potenziali che avverranno «dopo», in riferimento anche (ma non solo) all’agire del nostro operatore che per l’appunto, da quel preciso istante, entra nel fluire di quella vita condizionandolo. La grammatica del welfare Il tempo t0 è il punto dove la scintilla del contatto può accendere il fuoco, che a volte può anche essere un fuocherello a rischio di spegnersi anzitempo, del cosiddetto «intervento» professionale. L’incontro iniziale tra «una tal situazione e un tal professionista» in t0, da cui può scaturire un problema sociale formale, cioè riconosciuto dalle istituzioni di welfare, è l’atto creativo di una speciale relazione di aiuto che chiamerò «relazione guida». Nel sociale, questa relazione non è mai puntiforme: come vedremo, essa dovrà tonificare o catalizzare, e a volte persino sorreggere, una configurazione relazionale di più ampio raggio (una rete) sempre coinvolta, per definizione, nel problema sociale. Nel momento t0 si decide per intanto se un problema avvertito dalle persone interessate nella società diviene anche un problema per i servizi di cura e, viceversa, se un problema avvertito dai servizi diviene anche un problema per la società, cosicché possa partire quella che appunto in gergo è chiamata una «relazione» di aiuto. Questo libro non si propone di entrare in questi processi singolari di accompagnamento professionale di vicende di vita private, secondo l’ottica tipica della metodologia professionale del Lavoro sociale.1 Come sappiamo, la disposizione mentale particolaristica è quella propria dell’operatore sociale.2 Di fronte alle svariate espressioni dei problemi sociali che incontra, questo operatore è portato a cogliere di ciascuno la peculiare specificità. Nel contempo la sua metodologia gli insegna come avvicinare tutti questi innumerevoli fenomeni senza dover re-inventare i propri schemi di riferimento di volta in volta. Nessun professionista potrebbe reggere una sfida simile, a mo’ di Sisifo, senza la sensazione di impazzire. La metodologia è Rimandiamo per questo al mio testo generale La logica sociale dell’aiuto: Fondamenti di metodologia relazionale, Trento, Erickson, 2007. 2 Distinguiamo qui il livello dell’aiuto particolare, cioè mirato sulla singola unità di problema (anche di portata collettiva), e il livello universalistico. Il Lavoro sociale si pone per definizione nella prima sfera, lasciando alla Politica sociale la seconda. 1 10 Introduzione scienza degli invarianti, del procedere fisso sul fondo a fronte delle infinite variazioni di superficie; nel Lavoro sociale, anzi, la metodologia è una struttura che permette l’estrinsecarsi libero del molteplice visibile. Resteremo qui sulla soglia di questo viaggio analitico nelle realtà «particolari». Ci porremo su un piano di osservazione più ampio e generale. Cercheremo di fissare qualche coordinata per cogliere all’ingrosso la logica di come i problemi nel loro ordine generale trovino delle porte aperte (a volte solo delle finestre o delle feritorie) nelle mura di cinta dei cosiddetti sistemi socioassistenziali di welfare. In astratto, considereremo come il mondo della vita, nella nota accezione husserliana,3 accetta, non sempre di buon grado, di innestare radici nel mondo delle istituzioni di aiuto sociale e di mantenere delle connessioni vitali con esso. Il sistema dei Servizi sociali personali ci appare nel complesso come una gigantesca sovrastruttura della vita sociale moderna — ormai divenuta rapidamente post-moderna4 — che si è assunta il lodevole seppur spinoso compito di «aiutare» la società intera nel suo funzionamento sempre più complesso ed esposto a rischi (Beck, 2000a). Afferma Husserl: «Il mondo-della-vita come tale è […] ciò che nella sua tipicità ci è già da sempre familiare attraverso l’esperienza […]. È il mondo già dato naturalmente a tutti noi, a noi in quanto persone nell’orizzonte dell’umanità […] è “il” mondo comune a tutti» (Husserl, 1961, pp. 152-153). 4 Riguardo al concetto di postmodernità troviamo questa definizione in Giddens: «Oltre al senso generico di vivere in un periodo di marcata diversità rispetto al passato, questo termine presenta di solito uno o più dei seguenti significati: la scoperta che nulla è dato conoscere con certezza, dal momento che tutti i precedenti “fondamenti” dell’epistemologia si sono rivelati inattendibili; il fatto che la “storia” è priva di ogni teleologia e che di conseguenza non si può difendere plausibilmente alcuna versione di “progresso”; e infine la nascita di un nuovo programma sociale e politico in cui assumono crescente importanza le preoccupazioni ecologiche e forse i nuovi movimenti sociali in genere» (Giddens, 1994, p. 53). 3 11 La grammatica del welfare Vedremo qui come in generale i problemi emergenti dalla società e gli apparati tecnici destinati a «risolverli» cerchino, con alterne fortune, di allinearsi. L’innesco dell’attenzione dei servizi professionali verso un certo vivere che necessita aiuto può avvenire in differenti modi e implicare differenti stati emotivi delle persone coinvolte. In concreto il problema può arrivare ai Servizi sociali — per così dire — in carne e ossa, cioè in capo a una persona che lo vive drammaticamente, la quale viene in genere denominata per comodità «utente».5 Tante altre persone possono tuttavia presentarsi, in primis persone connesse in modo stretto con il succitato utente (ad esempio, un familiare) e che quindi si trovano coinvolte nel problema in modi forse altrettanto drammatici, sebbene collocate in differenti posizioni. Può essere anche che il problema arrivi ai Servizi sociali attraverso una qualche notizia incontrollata, ad esempio una generica segnalazione per lettera o per telefono, che mette sull’avviso e stimola ad accertare. Oppure può giungere attraverso una richiesta di verifica ufficiale da parte del Tribunale, qualora per proprio conto sia venuto a sapere notizie che, dentro i risvolti del diritto, ne lascino trasparire altri di ordine socioassistenziale, per i quali quindi si renda necessario l’intervento di professionisti di quel comparto. In tutti questi modi possibili la connessione contingente tra la società e i Servizi sociali si produce perché la montagna va a Maometto. I servizi istituzionali stanno immobili: è la società che sa dove sono, che cosa possono fare e che pertanto si indirizza loro attraverso i percorsi più vari. Anche Maometto Le diverse dizioni «utente», «paziente», «cliente», «consumatore di welfare» trasmettono tutte, al di là delle differenti sfumature, l’idea di una singola persona a cui viene attribuito «il problema» che i servizi professionali di aiuto si sono presi in carico. Tale idea intuitiva verrà decostruita nel corso di questo libro sulla base dell’assunto relazionale che l’utente, inteso come esclusivo possessore del problema o come mero «ricevente» aiuto, non esiste (Folgheraiter, 2000). 5 12 Introduzione tuttavia ha gambe, e può muoversi. Se la montagna è ferma, egli può scomodarsi per cercare di incontrarla. Accade spesso che il senso di un problema della società — di qualsiasi livello, micro o meso o macro — si formi dapprima nella sola testa di qualche operatore sociale (o di più d’uno) nell’esercizio del suo ruolo, sulla base di sue osservazioni e conoscenze della realtà in cui si trova a lavorare. Nessuna persona di quella società gli sottopone nessun problema in via diretta. È lui che, sapendo guardare e cercare in giro, se ne fa una idea e poi forse una certezza. Continuando ancora ad andare in giro, il che vuol dire alzandosi dalla propria scrivania e uscendo fuori dal proprio ufficio ogni volta che è necessario, quell’operatore dovrà poi portare quel problema alle stesse persone che lo manifestano o lo possiedono, ma al momento ancora cieche rispetto ad esso. Alla fine tuttavia otteniamo lo stesso effetto: appunto che un problema «naturale» e un servizio «artificiale» si sono connessi. In astratto possiamo quindi individuare due modalità idealtipiche che ordinano in qualche modo le svariate possibilità attraverso cui il miracoloso e spesso aleatorio incontrarsi della domanda e dell’offerta di aiuto sociale avviene in pratica: a)quella in cui l’iniziativa del contatto è tutta negli interlocutori societari e l’operatore rimane inizialmente in posizione recettiva anche se, come detto, non passiva. A suo carico rimangono inizialmente delle impegnative funzioni di decodifica e di valutazione iniziale di quella situazione semovente che è arrivata fino a lui. Parliamo di una modalità re-attiva di innesco della percezione formale; b)quella in cui il Nostro si protende attivamente verso i problemi e quasi li scova nel territorio della vita, come fa un abile cercatore di funghi nel bosco. Parliamo qui di modalità proattiva di innesco della percezione formale. La dicotomia reattività/proattività è definita qui a partire da un’arbitraria e unilaterale prospettiva: quella dei servizi formali. Giudichiamo come «reattivo» o «proattivo» l’agire 13 La grammatica del welfare del sistema di welfare, andando a vedere rispettivamente se esso reagisca all’iniziativa della società, ovvero se produca reazioni in essa. Così facendo semplifichiamo le cose, e forse in modo eccessivo. Pensiamo alla reattività e alla proattività come fossero due opposte qualità statiche in capo a una singola realtà unilaterale, nel nostro caso il sistema di welfare. Per rispetto della complessità, e per abituarci subito ad articolare il pensiero in senso relazionale, sarebbe più appropriato guardare subito le cose in modo ambivalente. Dovremmo vedere allora che le categorie del reattivo e del proattivo sono una diade inscindibile, due facce di una stessa medaglia, qualità simultanee che connotano entrambe le realtà considerate: anche la società pertanto, e non solo i servizi. Laddove il sistema di welfare è reattivo nel recepire un problema, è proattiva la società nell’imporlo alla sua attenzione. E così vale al contrario: laddove il sistema dei servizi è proattivo, è la società che resta in posizione passiva. Attivo e passivo sono qualificazioni relazionali: si compenetrano e si sorreggono a vicenda, l’una necessaria all’altra. Tanto più i Servizi sociali sono attivi nel cercare i problemi per farli rientrare nel loro raggio di responsabilità, tanto più la società potrà permettersi di rimanere passiva. Tanto più la società è organizzata e competente nell’osservare i problemi dentro se stessa, tanto più i Servizi potranno rimanere fermi entro i propri confini ad attendere le segnalazioni per poi erogare le prestazioni. Entrambi i poli sono attivi e passivi nello stesso tempo e ognuno di questi stati o modi di essere è influenzato dall’altro, sul filo di un qualche equilibrio. Ragionare con le due facce della medaglia ci porta a superare la dicotomia società/servizi e a vedere come il loro interagire conduca alla formazione di un’unità superiore che li comprende entrambi, come parti alla pari di una relazione, piuttosto che come entità contrapposte. Anche nelle società dove esistono i Servizi sociali, il benessere è una realtà emergente allo stesso tempo dal formale e dall’informale, da istanze artificiali e natu14 Introduzione rali, dall’agire intuitivo dei soggetti sociali e dal più smaliziato agire tecnico di soggetti bene o male professionalizzati. Come mi sono sforzato di argomentare in un altro testo,6 potremmo sperare in grandi benefici intellettuali dall’adottare una concezione relazionale allargata, dove la stantia idea che la società sia l’ambiente che contiene i problemi, e quindi un mero target del sistema istituzionale di welfare, venga alfine accantonata. Facendo attenzione, si vede che il welfare viene fuori — per così dire — da tutti i pori della società. Questa evidenza ci porta a una concezione della politica sociale che chiamiamo per l’appunto «societaria» o «relazionale».7 Perché quindi qui poniamo l’accento solo sulla visuale del sistema di welfare e dei professionisti accolti al suo interno? La scelta di fondo, perciò, è quella di guardare la realtà e ragionarla secondo un’ottica di parte, quella professionale. Se questo libro fosse scritto per i soggetti sociali (per gli utenti o i carer o i volontari o i cittadini attivi, ecc.) si potrebbe impostare da qui in avanti la trattazione dal loro punto di vista, sempre avvertendo che tale punto di vista è soltanto il loro, e quindi parziale nello stesso modo di quello professionale da noi privilegiato. L’ideale sarebbe sviluppare una trattazione centrata su entrambe le istanze in contemporanea. Ma, primo, chi scrive avrebbe il suo bel da fare e, secondo, anche potendo, lo stile espositivo si complicherebbe forse oltre il limite. Si veda Folgheraiter (2007). Con questa espressione si intendono, con le parole di Donati, «politiche relazionali orientate: a de-statalizzare il welfare senza incorrere nella mercificazione del mercato tipicamente capitalistico; a differenziare potere politico e amministrazione sociale attraverso organizzazioni ad hoc che siano espressione della sussidiarietà verticale e orizzontale fra pubblica amministrazione e società civile; a porre controlli di carattere valutativo ed equitativo all’interno delle attività e delle organizzazioni che devono implementare le misure di politica sociale (ciò significa: cittadinanza societaria e soluzione statutaria per il privato sociale)» (Donati, 2005, p. 20). 6 7 15 La grammatica del welfare L’accento arbitrario sui professionisti e sul sistema artificiale dei Servizi è comunque giustificato dal fatto che i contatti e l’interpenetrazione tra mondo della vita e mondo delle istituzioni di welfare,8 anche qualora questi contatti si producano in modo spontaneo, debbono essere sempre pensati e favoriti con precisa intenzione da quest’ultima sfera. Nelle responsabilità istituzionali di sovra-intendere alle questioni del welfare locale che sono attribuite ai Servizi sociali degli enti pubblici rientrano anche quelle di aprire connessioni, sia tra loro medesimi all’interno del sistema — vincendo quelle inerzie che li portano a essere autoreferenziali — sia con le formazioni sociali al loro esterno. La società ha ogni diritto — per così dire — di essere reattiva, potendo essa essere quello che è senza render conto a nessuno. Per i Servizi sociali è invece un dovere «stare» sui problemi sociali nel migliore modo possibile. Ogni scollegamento dalla società va letto come una loro mancanza, perché così è stabilito nei loro statuti. Il tema dell’interpenetrazione delle azioni individuali entro i sistemi sociali è una complicata questione sociologica che Luhmann tratta in questi termini: «Una persona interpenetra con ciascuna delle sue azioni in questo o in quel sistema sociale. E, viceversa, quella quantità di azioni che costituisce un sistema sociale si realizza solo col fatto che una pluralità di persone si mette a disposizione con le sue azioni […]. L’interpenetrazione è possibile nel rapporto fra persone e sistemi sociali solo per il tramite della donazione di senso. […] Le possibilità di collegamento rappresentano selezioni specifiche che possono essere diverse per ogni sistema e tuttavia possono essere riferite le une alle altre in modo dotato di senso» (Luhmann, 1990, pp. 122-123, p. 125). 8 16