TRADUZIONE SINETTICA E GUIDA ALLA LETTURA del MANUALE SULL’INTEGRAZIONE per decisori politici e operatori Novembre 2004 Direzione generale Giustizia, Libertà e Sicurezza Commissione Europea Il Manuale è stato scritto da Jan Niessen e Yongmi Schibel del Gruppo Politiche Migratorie (MPG), su incarico della Commissione Europea ( Direzione Generale Giustizia, Libertà, Sicurezza). Può essere scaricato dal sito della Commissione Europea http://europa.eu.int/justice_home/ ISBN 92-894-8278-8 Contenuti Prefazione Contesto Introduzione Capitolo 1 L’integrazione degli immigrati neo-arrivati e dei rifugiati 1.1 Definire i programmi 1.2 Far incontrare le aspirazioni con le risorse 1.3 Lavorare con i partner 1.4 Valutare e adattare i programmi Capitolo 1: conclusioni Capitolo 2: Cittadinanza attiva 2.1 Competenza interculturale 2.2 Coinvolgere i cittadini gli immigrati 2.3 Diventare organizzazioni aperte e inclusive Capitolo 2. conclusioni Capitolo 3: Indicatori 3.1 Creare le condizioni 3.2 Selezionare gli indicatori 3.3 Cooperazione europea Capitolo 3: conclusioni Allegati: Trasformare le politiche in programmi Note conclusive Contatti nazionali sull’integrazione Prefazione I Paesi Membri dell’UE sono oggi impegnati con la sfida comune dell’integrazione degli immigrati nella società. E’ un compito, complesso e delicato, che diventa sempre più importante. Con la prospettiva di una popolazione che invecchia e diminuisce, l’aumento dell’immigrazione in Europa è nello stesso tempo gradita e necessaria nei prossimi anni. L’integrazione degli immigrati è fondamentale per la coesione sociale e lo sviluppo economico. Per consentire agli immigrati di partecipare alla vita sociale, dobbiamo trattarli bene e fare in modo che dispongano degli strumenti necessari per partecipare pienamente nelle nostre società. L’integrazione è un processo continuo bidirezionale, basato sui diritti mutualistici e sui corrispondenti doveri sia degli immigrati che della società ospite. Al Consiglio Europeo di Tessalonica nel Giugno 2003, i Capi di Stato e di Governo hanno sottolineato l’importanza dello sviluppo della cooperazione, dello scambio di esperienze e di informazioni sull’integrazione a livello dell’UE con lo scopo di imparare gli uni dagli altri. Con lo scopo di rispondere a questi obiettivi, i National Contact Points on Integration, esperti degli Stati Membri che si incontrano regolarmente, hanno deciso di preparare un Manuale di buone prassi. Io accolgo con molto piacere la pubblicazione della prima edizione del Manuale sull’integrazione che propone una serie di esempi e pratiche per un’integrazione di successo sperimentati nell’Unione Europea. Il testo mette in luce i numerosi progetti e programmi esistenti in Europa a livello nazionale, regionale e locale e propone alcune conclusioni generali e riflessioni sugli apprendimenti prodotti. Io spero che questo manuale sarà utilizzato dai decisori politici e dagli operatori dell’UE. Potrà anche contribuire a sviluppare un Quadro Comune Europeo sull’integrazione. Sono certo che i vecchi e nuovi soggetti impegnati nell’integrazione degli immigrati trarranno ispirazione da questo manuale e che supporteranno il nostro obiettivo comune di trovare la migliore soluzione alla sfida dell’integrazione. Jonathan Faull Direttore Generale DG Giustizia, Libertà e Sicurezza Commissione Europea Bruxelles, novembre 2004 Il contesto L’idea di sviluppare un Manuale sull’integrazione nasce dal Consiglio Europeo di Tessalonica nel giugno 2003, dove Capi di Stato e di Governo hanno sottolineato l’importanza di sviluppare cooperazione e scambio di informazioni tra i membri del nuovo gruppo di National Contact Points on Integration. Con l’idea di strutturare lo scambio di informazioni e di ottenere risultati concreti con cui gli Stati Membri possano confrontarsi quando promuovono iniziative per un’integrazione più efficace, si è deciso di stendere un Manuale sull’integrazione. Il principale obiettivo di questo manuale è di fungere da guida per lo scambio di informazioni e buone prassi tra gli Stati membri. Il manuale è stato preparato per la Commissione Europea da un consulente indipendente , il Migration Policy Group, ed è stato sviluppato in stretta collaborazione con i National Contact Points on Integration. È basato sui risultati di una serie di seminari tecnici tenuti a Copenhagen ( febbraio 2004), Lisbona ( aprile 2004) e Londra ( Giugno 2004). Questi seminari, organizzati dai ministeri referenti per l’integrazione di questi paesi con il supporto della Commissione Europea e facilitati dal Migration Policy Group, hanno portato i decisori politici e gli operatori delle organizzazioni governative e non governative a scambiare informazioni e buone prassi su tre tematiche: - programmi di accoglienza partecipazione alla vita politica e civile sviluppo di indicatori I tre capitoli del Manuale riflettono la struttura dei seminari, ognuno dei quali centrato su uno dei nuclei di riflessione principali. Nella preparazione di ogni seminario, con lo scopo di contestualizzare la discussione, sono stati predisposti dal Migration Policy Group una serie di materiali di discussione che hanno fatto da traccia per i documenti conclusivi dei seminari. Questi sono stati in seguito discussi con i National Contact Points on Integration. Sia durante i seminari sia nel percorso di stesura del Manuale i National Contact Points on Integration hanno contribuito con esempi di buone pratiche e promettenti attività di integrazione realizzate nei propri paesi. Insieme tutti questi elementi costituiscono blocchi essenziali per la costruzione del manuale. Questo Manuale è pensato per decisori politici e operatori. Chi sono questi soggetti e che cosa hanno in comune per poter utilizzare entrambi questo Manuale? In generale i decisori politici formulano soprattutto gli obiettivi di integrazione, rendono disponibili le risorse,monitorano l’implementazione e valutano i risultati. Gli operatori traducono gli obiettivi di integrazione in programmi concreti, individuano i target e le attività per raggiungere i risultati previsti. Ovviamente tra gli scopi di questo Manuale c’è soprattutto quello di promuovere politiche di integrazione, né un Manuale Europeo può descrivere troppo nel dettaglio programmi concreti di attività. Tuttavia questo manuale individua buone prassi e esempi di attività condotte nei Paesi membri su due generi di programmi di integrazione, i corsi per immigrati neoarrivati e rifugiati (Capitolo 1) e la cittadinanza attiva (Capitolo 2). Per essere in grado di ricostruire in modo più efficace i fattori di successo dei programmi di integrazione e di misurare i loro risultati, i decisori politici gli operatori possono sviluppare indicatori e elementi di riferimento. Il loro utilizzo nelle politiche pubbliche e nei programmi di integrazione è analizzato nel Capitolo 3. Sulla base di questi elementi viene proposto uno schema di traduzione degli obiettivi di integrazione in programmi di integrazione (Allegati). Lo schema può aiutare i decisori politici e gli operatori a chiarire gli obiettivi dei programmi di integrazione, a riferire sul loro stato di attuazione e a misure i risultati raggiunti. In questo modo lo scambio di buone pratiche può essere facilitato e diventa più utile. Nei tre capitoli le buone pratiche sono brevemente descritte. Dove un paese specifico è menzionato in relazione ad un specifica attività, non significa che questa attività non esista in altri paesi. Le lezioni apprese dalle pratiche sono evidenziate nel testo e sono anche riportate come conclusioni alla fine di ogni capitolo. E’ importante sottolineare che gli apprendimenti e le raccomandazioni in questo manuale sono da prendere per ciò che sono: suggerimenti ai decisori politici e agli operatori e un catalogo di idee a cui ispirarsi. E’ anche da segnalare che lo sviluppo del manuale è da intendersi come un processo in divenire, uno strumento flessibile che non sarà semplicemente sviluppato nel tempo, ma anche aggiornato in relazione ai progressi, ai nuovi sviluppi, alle soluzioni e ai risultati raggiunti. Una seconda edizione con nuovi capitoli è prevista per il 2006. I tre argomenti scelti per questa prima edizione del Manuale riflettono le priorità identificate nella Comunicazione sull’Immigrazione, l’integrazione e l’impiego, ma il manuale con il tempo andrà a coprire tutti gli ambiti connessi con i problemi relativi all’integrazione, incluse le politiche abitative, sanitarie e il mercato del lavoro. Bruxelles, novembre 2004 Introduzione L’integrazione degli immigrati suscita un ampio dibattito negli Stati aderenti all’Unione Europea, compresi quelli del recente allargamento, in molti dei quali i flussi migratori sono fenomeni consistenti. Molti paesi si sono trasformati da paesi di emigrazione in paesi di immigrazione e si confrontano con le problematiche legate all’integrazione per la prima volta. I più vecchi paesi di immigrazione sono alle prese con gli immigrati neoarrivati, ma continuano anche a promuovere la partecipazione degli immigrati stabilizzati mentre cercano di modificare le politiche che hanno dimostrato di non essere abbastanza efficaci. Come in altri campi della politica, la diversità di approcci presente nei diversi paesi europei propone risposte diverse alla domanda “Come promuovere l’integrazione?”. Il concetto e le pratiche di integrazione cambiano non solo in relazione alle specifiche storie di immigrazione. Differenti regimi politici e i ruoli diversi rivestiti dai governi e dalla società civile hanno portati ad approcci divergenti nelle politiche di integrazione dei nuovi immigrati e dei rifugiati. Un esempio di questa diversità sta nella domanda aperta su quali gruppi sono o dovrebbero essere target delle politiche di integrazione. Differenti definizioni vengono infatti utilizzate per “immigrati” e “minoranze etniche”. La seconda generazione di immigrati può essere identificata dalla nazionalità o, nel caso che abbia acquisito i diritti di cittadinanza, dal luogo di nascita dei genitori. I nuovi stati Membri hanno storicamente enfatizzato la questione delle minoranze, piuttosto che l’integrazione degli immigrati. Neppure c’è accordo se gli immigrati, benché identificati, debbano essere considerati un gruppo. Infatti essi possono essere considerati individui, o membri di specifiche sottocategorie definite dalla nazionalità o dall’origine etnica, dalla religione, dal genere, dall’età o dalle ragioni della loro migrazione (migranti per ragioni economiche, rifugiati, membri di famiglie ricongiunte) o dalle loro competenze ( competenze alte, competenze basse). La società nella sua interezza deve anche essere considerato un vero e proprio target delle politiche di integrazione, se l’integrazione è considerata un processo relativo ala coesione sociale. Le politiche sono allora una risposta agli effetti disgregatori dei rapidi mutamenti sociali, economici e culturali che la maggior parte delle società europee sta attraversando e che riguardano diversi gruppi di popolazione, che abbiano o no un background migratorio. Conseguentemente, sotto il cappello dell’integrazione è possibile analizzare un insieme di approcci generali e specifici rivolti a diversi gruppi sociali e orientati a diversi obiettivi. I paesi europei aderiscono tutti agli standard sui diritti umani e condividono valori quali l’equità, la non discriminazione, la solidarietà, l’apertura, la partecipazione e la tolleranza. I Governi a diversi livelli si influenzano gli uni con gli altri attraverso gli scambi a livello politico, arrivando ad un certo grado di convergenza sugli approcci politici, sugli obiettivi, e sui targets, a livello nazionale ed internazionale. Un grande terreno di convergenza può essere trovato nell’identificazione delle aree chiave di integrazione. Mentre una singola esatta definizione di integrazione può dimostrarsi troppo vaga, l’identificazione delle dimensioni chiave dell’integrazione può essere utile come “definizione di lavoro”. Il primario obiettivo dell’integrazione è spesso considerato l’autosufficienza: i governi cercano di rendere gli immigrati in grado di condurre una vita indipendente relativamente alla casa, al lavoro, all’educazione, alle reti sociali e alla partecipazione alla vita comunitaria. Il primo Rapporto annuale sull’immigrazione e l’integrazione della Commissione dimostra che in tutti gli Stati membri l’accesso al mercato del lavoro così come alle competenze linguistiche e ad un sufficiente livello di istruzione costituiscono il più importante obiettivo per un’integrazione di sicuro successo. A livello europeo, L’integrazione nel mercato del lavoro è l’area con gli obiettivi politici più concretamente definiti, ad esempio le Linee Guida strategiche per l’impiego propongono di rggiungere una significativa riduzione della differenza nella disoccupazione tra paesi Ue e non Ue entro il 2010. Lavorare contribuisce a migliorare le condizioni di vita e dà la possibilità di accedere a case confortevoli e di buona qualità. Impossibilità di accesso, abitazioni di scarsa qualità e concentrazione degli immigrati nelle aree periferiche degradate sono problemi per molti stati membri. Questa dimensione dell’integrazione dirige l’attenzione verso le politiche locali e urbane e sul ruolo centrale delle autorità locali nel processo di integrazione. Mentre l’attenzione sulle dimensioni socio economiche continua, i governi aumentano l’enfasi sull’importanza della sfera socio culturale, la dimensione personale dell’integrazione e la frequenza e l’intensità dell’interazione sociale. Questo approccio segnala il bisogno di integrare gli immigrati in tutti gli aspetti della società, inclusi gli ambiti, civili, politici e culturali. Inoltre la concezione dell’integrazione come un processo bidirezionale dirige l’attenzione verso le attitudini delle società di accoglienza , i loro cittadini, le oro strutture e le loro organizzazioni. Le differenti dimensioni dell’integrazione sono interrelati e i risultati in un ambito rinforzano anche gli altri ambiti. Per esempio, il lavoro è utilizzabile per migliorare le competenze linguistiche e le competenze culturali trasversali e nello stabilire contatti sociali. D’altra parte, i legami sociali sono anche opportunità economiche. La lingua è utilizzabile sul mercato del lavoro ma anche per raggiungere opportunità ulteriori di scolarizzazione. Allo stesso tempo, essa indica i saperi della società ospitante. Le politiche di integrazione cercano di realizzare risultati positivi per gli immigrati nel campo del lavoro , della casa, dell’educazione, della salute. I neoarrivati e gli immigrati residenti saranno più capaci di raggiungere questi risultati se sviluppano certe competenze, come la conoscenza linguistica, e la conoscenza della società ospitante. In questo senso i programmi introduttivi aiutano i neoarrivati ad acquisire le competenze per partecipare pienamente alla vita sociale. Allo stesso tempo, il focus sull’adattamento individuale e le questioni relative al capitale umano devono essere completate con l’enfasi sulla coesione sociale e l’uguaglianza nelle diverse società. La richiesta di competenze deve essere incrociata con i meccanismi di acquisizione delle competenze stese e con la possibilità di utilizzarle. La società e le sue istituzioni devono essere attive nell’aprirsi agli immigrati. Non è solo un dovere degli immigrati acquisire le competenze, ma è anche un dovere dei governi e degli attori sociali assicurare che ampie opportunità siano accessibili per la partecipazione, sulla base dell’equità e della non discriminazione. Mantenere la bilancia della responsabilità in equilibrio è cruciale per ideare politiche di integrazione buone ed efficaci. Oltre a essere una relazione tra stato e singolo immigrato, l’integrazione è un processo nel quale una certa dose di partnership esiste anche tra diversi livelli di attori sociali governativi e non governativi, come i lavoratori, i sindacati, le organizzazioni religiose, la società civile, i media e le ONG che supportano gli immigrati. I leaders politici, ad esempio, hanno una grande responsabilità nel loro ruolo di educatori pubblici e nel promuovere un’attitudine positiva verso gli immigrati per contenere le tendenze xenofobiche e razziste. I lavoratori possono aver accesso al lavoro attraverso la formazione, l’insegnamento della lingua, l’accesso facilitato alle case e la diffusione dell’informazione nei dibattiti pubblici sui benefici economici derivanti dall’immigrazione. I media giocano un ruolo importante nell’offrire un’informazione equilibrata e nell’informare il pubblico sui nuovi arrivati. L’apertura e la socievolezza nell’opinione pubblica sono ingredienti essenziali per una integrazione di successo e possono essere incoraggiati attraverso programmi volontari. L’integrazione è una responsabilità condivisa e implica la partecipazione di tutti gli attori. La partecipazione attiva degli immigrati relativamente a diritti e doveri deve essere gradualmente adeguata a quella dei nativi. L’accesso alle istituzioni, ai servizi e il significato della partecipazione creano le condizioni per l’esercizio della cittadinanza attiva da parte degli immigrati. L’apertura e la vita associata, cominciando dai club sportivi e finendo con i partiti politici, sono decisivi per i risultati del processo di integrazione. Le organizzazioni di tutti i tipi devono dare risalto agli aspetti interculturali applicando politiche di pari opportunità, impiegando gli immigrati a tutti i livelli, e cooperando con le associazioni di immigrati. Le organizzazioni di migranti sono partner chiave nell’esercizio della democrazia partecipativa. Le decisioni politiche, specialmente a livello locale, interessano in modo significativo i non cittadini residenti, che possono partecipare attraverso diversi meccanismi di consultazione. Allo stesso tempo, i migranti devono essere incoraggiati alla naturalizzazione. Che cosa sono le buone pratiche? Una possibile definizione di buone pratiche potrebbe essere: approcci che si sono dimostrati , attraverso la ricerca e la valutazione, efficaci e sostenibili e che producono risultati significativi che possono essere adattati e applicati a situazioni diverse. - insegnamenti possono essere tratti sia dalle buone che dalle cattive prassi - molte prassi presentano contemporaneamente sia elementi di forza che di debolezza - nessuna pratica può essere riprodotta nella sua interezza - tutte le pratiche hanno bisogno di essere adattate al contesto locale. La documentazione di buone pratiche deve rendere conto di - a quale problema la buona prassi risponde e chi ha individuato il problema chi ha iniziato la pratica e chi è coinvolto come si è sviluppata la pratica e in quale scenario quali sono state le conseguenze positive e/o negative qual è la sostenibilità finanziaria a lungo termine efficacia: l’impatto della pratica efficienza: la relazione tra impatto e costo sostenibilità: impatto a lungo termine (durabilità) e replicabilità esternalità: ogni impatto non previsto positivo e negativo della pratica su altri che non siano i diretti beneficari rilevanza: la significatività della pratica per il gruppo target Capitolo 1 L’integrazione degli immigrati neo-arrivati e dei rifugiati Il capitolo tratta dei progetti e dell’implementazione dei programmi di inclusione. I partecipanti imparano la lingua, stabiliscono contatti con il mercato del lavoro e acquisiscono le conoscenze relative alla società di accoglienza in programmi ben pianificati e dotati di buone risorse. I governi possono lavorare con le autorità locali, i partner sociali e le ONG come partner e valutare regolarmente i programmi per un’inclusione di successo. Concetti chiave - l’integrazione come processo pluriennale - i programmi di accoglienza come programmi di investimento sul futuro - l’autosufficienza degli immigrati nell’esercizio della cittadinanza e il oro coinvolgimento attivo nella vita sociale - le tre principali componenti previste dai programmi di accoglienza e inclusione sono : lingua, orientamento alla cittadinanza, formazioni professionale - La rete locale come risorsa per l’integrazione - Il ruolo degli enti locali. Problemi aperti - chi frequenta i corsi? - Come si garantisce la motivazione e la continuità nella frequenza, coniugando necessità di lavorare e processi formativi di promozione della cittadinanza? - Come combinare i contenti linguistici con la formazione alla cittadinanza attiva? - Quali elementi inserire nei moduli sulla cittadinanza attiva? - Come riconoscere e rendere spendibili le conoscenze e le competenze pregresse? - Come certificare le competenze acquisite nei corsi di accoglienza in modo da renderele spendibili nel mondo del lavoro? - Come gestire a livello locale l’implementazione dei corsi in modo che siano il più partecipativi possibile e tengano conto delle associazioni e del volontariato? Buone prassi in ambito europeo Un esempio di programma di accoglienza ci viene dalla città di Gent ( Belgio), che ha un servizio municipale di integrazione, finanziato dalla città e in larga parte dalla comunità fiamminga . Questo programma di accoglienza attua la legislazione fiamminga del 2003 che prevede corsi introduttivi per i membri delle famiglie neoarrivate, per i migranti regolarizzati, per i rifugiati riconosciuti, per le vittime della tratta e per i minori. La legislazione tutela anche i richiedenti asilo che hanno raggiunto un certo livello nel processo di accettazione della domanda, che deve essere ancora esaminata nel dettaglio. Per alcuni gruppi i corsi introduttivi sono obbligatori. Il programma introduttivo include corsi di Olandese ( più di 1200 ore in quattro livelli, di cui 120 sono erogate nei centri stessi) e 75 ore di orientamento alla cittadinanza. L’orientamento alla cittadinanza consiste di moduli su questioni pratiche e amministrative e danno informazioni su come accedere alle attività culturali e sociali. A Gent, I corsi sono erogati in Turco, Arabo, Francese, Inglese, Russo, Spagnolo, Persiano, Albanese, Somalo e anche in Olandese. Il progetto SPECIMA finanziato dal Fondo Sociale Europeo in Finlandia riguarda gli immigrati con titoli di studio superiori o accademici. Il progetto cerca di individuare esperti motivati, di determinare il loro livello di know-how e di integrarli nelle aziende e nelle organizzazioni finlandesi. Aspetti connessi con questo progetto riguardano il riconoscimento dei titoli, la formazione continua, l’acquisizione di qualifiche e il lavoro di rete. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.mol.fi/migration/ A Francoforte un corso di lingua di 600 ore è preceduto da 40 ore di orientamento al territorio locale. Questo include un viaggio in metropolitana, una passeggiata per la città, una visita alla amministrazione locale, informazioni sulle istituzioni e sul sistema legale tedesco. Il corso è erogato in otto lingue e tenuto da immigrati stabilizati. Office for Multicultural Affaires Frankfurt www.standt-frankfurt.de/amka/ Molti paesi hanno introdotto i manuali per immigrati. Per esempio il “Manuale sui diritti degli immigrati e i permessi in Irlanda“ del dell’Immigrant Council irlandese cerca di dare informazioni agli immigrati e a tutti i gruppi e le organizzazioni pubbliche e private in contatto con gli immigrati. Dà un’idea generale della normativa e distingue tra i diversi tipi di immigrati: lavoratori, uomini d’affari e liberi professionisti, studenti in mobilità, …I diritti e i permessi sono elencati per ognuno di questi gruppi e un allegato contiene gli indirizzi delle agenzie e delle organizzazioni utili. www.immigrantcouncil.ie/handbook.htm In Portogallo il National Immigrant Support Centres (CNAI) di Lisbona e Oporto include dipartimenti di sei ministeri e uffici che provvedono ad offrire supporti specifici in merito alle leggi sull’immigrazione, ai ricongiungimenti familiari, al riconoscimento dei titoli e all’ingresso nel mondo del lavoro. Da segnalare il coinvolgimento di mediatori culturali originari delle diverse comunità di immigrati aventi il ruolo chiave di facilitare il contatto e risolvere i problemi. Legati ai CNAI c’è una rete di 25 Local Immigrant Supporty Centre (CLAI) che erogano servizi informativi e un Call Center –SOS Immigrati, funzionante 12 ore al giorno in quattro lingue. www.acime.gov.pt L’Uniò De Pagesos è un sindacato di agricoltori catalani che offre consulenza ai lavoratori stagionali durante il loro soggiorno in Spagna. Promuove un corso per agenti di sviluppo che ha tra gli obiettivi la formazione degli immigrati temporanei in modo che una volta tornati nei loro paesi possano condividere le esperienze e promuovere progetti collettivi per il miglioramento sociale ed economico. I contenuti del corso spaziano dalle tecnologie dell’informazione all’agricoltura, dai progetti di cooperazione allo sviluppo alle lingue. In Gran Bretagna l’azienda Fusion Personnel, che fornisce lavoratori temporanei per l’orticoltura, ha sviluppato uno schema di formazione per i propri impiegati che sono per la maggior parte immigrati neoarrivati. Alfabetizzazione, introduzione alle abilità d calcolo e lingua sono argomenti previsti nei corsi. La città di Southampton ha organizzato nel 2003 un giorno di formazione per i rifugiati, inclusi incontri con i dipartimenti del consiglio cittadino, altre agenzie statutarie e le organizzazioni di volontariato. Lo scopo era quello di rafforzare le organizzazioni delle comunità di rifugiati ( hanno partecipato 27 tra rifugiati e leader rappresentanti di comunità) e introdurle nel contesto istituzionale e culturale della comunità ospitante. I gruppi di lavoro sono stati organizzati secondo le questioni segnalate dai rifugiati stessi prima dell’organizzazione dell’evento. Le azioni definite per al realizzazione sono state i club di lavoro a domicilio, eventi formativi organizzati dalle associazioni di assistenza ai rifugiati RETAS e CLEAR, formazione per i giovani come allenatori di nuoto e calcio. [email protected] [email protected] In Schleswig Holstein, il Ministero degli interni ha commissionato un’analisi di genere dei corsi di integrazione: c’è uguale accesso per uomini e donne? I corsi simili a quelli previsti dalla nuova legge sull’immigrazione sono stati analizzati. Contrariamente alle aspettative, l’analisi ha rivelato che una percentuale maggiore di donne partecipa e che gli incentivi alla frequenza sono maggiormente necessari per gli uomini che per le donne. La motivazione per la frequenza è la stessa per maschi e femmine: vogliono imparare la lingua per utilizzarla nel mondo del lavoro, per comunicare con le autorità e per parlare con i vicini. I maschi e le femmine inoltre hanno risultati simili nei test linguistici di ingresso. I progetti pilota possono anche essere piccoli, come per esempio il progetto pilota MATRA in Ungheria che include sei giovani uomini,una coppia con tre bambini e due giovani donne entrambe con figli. Il programma è intensivo, prevede 1200 ore di formazione linguistica, 700 ore di orientamento legale e culturale, alloggio gratuito e trasporti gratuiti un contributo per tutte le altre spese. La valutazione di questo progetto pilota è ora utilizzata per formulare un progetto pilota complessivo di accoglienza per l’Ungheria. Capitolo 1 Conclusioni I. I programmi di accoglienza sono investimenti per il futuro che devono voler fare sia gli immigrati che la società di accoglienza. Essi consentono agli immigrati di acquisire abilità di base per l’autosufficienza e quindi ripagano l’investimento. Il risultato per la società di accoglienza consiste nel fatto che gli immigrati divengono cittadini più capaci di contribuire al benessere sociale. II. Offrire corsi a più livelli con diversi modelli e metodi di insegnamento può consentire di raggiungere risultati di successo nella formazione linguistica per immigrati con diversi livelli di scolarizzazione e di conoscenza del paese di accoglienza e della lingua. Questo dà accesso a qualifiche spendibili. In particolare i corsi dovrebbero testare alla fine i livelli di conoscenza raggiunti per certificarli. III. Quando le certificazioni sono rilasciate secondo modelli noti agli imprenditori e alle altre agenzie educative, essi consentono di accedere ad ulteriori opportunità formative o lavorative. I contenuti e i metodi dei corsi di lingua dovrebbero essere progettati prevedendo queste opportunità. IV. Le buone pratiche suggeriscono di progettare i corsi di accoglienza con modalità flessibili, organizzando in parallelo l’insegnamento della lingua e la partecipazione al mondo del lavoro o connettendo strettamente l’insegnamento linguistico, l’orientamento e gli alti livelli di formazione. I corsi dovrebbero testare i risultati relativi agli apprendimenti nelle aree lingua e orientamento e certificare le competenze pregresse. V. Sistemi dinamici di valutazione delle competenze dei neoarrivati , connessi a criteri non formali e capaci di valutare diversi tipi di competenze, sono molto utili per la certificazione delle esperienze pregresse e delle conoscenze ottenute nel paese di origine. VI. L’offerta di corsi partime, a distanza o in e-learning o modelli simili consente ai partecipanti di continuare a frequentare i programmi di inserimento anche lavorando. VII. La condivisine di risorse consente ai comuni vicini di offrire diversi tipi di corsi. In questo modo cittadini che vivono in un comune possono partecipare a corsi organizzati da altri comuni o lavorare in altri comuni evitando di perdere i contatti sociali o familiari VIII. I corsi introduttivi idealmente veicolano il messaggio di una società accogliente che dà incentivi ai neoarrivati per sentirsi responsabili della comunità in cui si trovano a vivere. IX. L’introduzione ai valori è da intendersi meglio come un processo in cui i nuovi arrivati e i nativi cercano di individuare standard comuni a partire dalle norme e dalle leggi locali. X. Quanto i governi chiedono ai neoarrivati deve essere commisurato con la qualità e la spendibilità dei programmi di accoglienza. XI. I programmi obbligatori e l’uso di sanzioni e/o di incentivi devono essere valutati periodicamente per stabilire se concorrono a migliorare la qualità dei corsi e aumentare la frequenza. XII. Le buone pratiche suggeriscono che i programmi dovrebbero essere accessibili e di qualità elevata e che il loro impatto dovrebbe essere valutato periodicamente. XIII. Ci sono pratiche in alcuni paesi che sono offerti solo a certe categorie di immigrati mentre si dovrebbero prevedere interventi anche per gli atri gruppi. XIV. L’integrazione è una responsabilità condivisa e molti attori sociali lavorano insieme per produrre buone politiche e raggiungere risultati. E ‘ importante che tutti quelli che sono coinvolti siano aperti ai feedback dei partner, dei collaboratori, dei beneficiari e dei finanziatori XV. La partnership tra diversi livelli di governo è governata attraverso la condivisione di responsabilità e la consultazione sulle politiche e sulle allocazioni budgetarie. XVI. I partner sociali puntano a far ottenere agli immigrati l’autosufficienza , e sono idealmente coinvolti nella definizione dei progetti, nella finanziamento e nella realizzazione dei programmi di integrazione. XVII. I governi a tutti i livelli devono coinvolgere di più le aziende nel dibattito sull’integrazione degli immigrati collegando i programmi governativi con i programmi di responsabilità sociale delle aziende. XVIII. I governi possono offrire aiuto alle piccole imprese e ad altre organizzazioni come ad esempio i sindacati nei settori in cui molti immigrati hanno trovato impiego, completando le capacità formative di queste organizzazioni. XIX. Le associazioni di immigrati come possibili fonti di informazione per i nuovi arrivati possono essere coinvolte nei programmi di accoglienza coinvolgendole nei programmi di formazione come modelli di buona integrazione. Le associazioni possono ricevere aiuti per il rafforzamento delle proprie capacità e possono essere collegate a organizzazioni di professionisti per assicurare i controlli di qualità. XX. I programmi sono basati sulla valutazione, che mette in rilievo ciò che ha funzionato e ciò che non ha funzionato. XXI. La valutazione condotta in diversi paesi può essere raccolta e, sulla base delle esperienze, è possibile definire standard qualitativi per la formazione linguistica e civica. Tutto ciò dovrebbe essere fatto in stretta collaborazione con le agenzie educative internazionali. Capitolo 2 Cittadinanza attiva Questo capitolo riguarda l’ampio campo della cittadinanza attiva da due punti di vista: in primo luogo si esamina le organizzazioni che erogano servizi e si mostra come potrebbero essere più accessibili per gli immigrati, in modo da promuovere il senso di appartenenza; in secondo luogo si cerca di promuovere l’impegno delle persone nella partecipazione sociale attiva. Immigrati e non immigrati possono essere mobilizzati attraverso il dialogo religioso o i differenti aspetti della cittadinanza attiva: partecipazione alle elezioni o ai gruppi di consultazione, naturalizzazione, partecipazione sociale incluso il volontariato. Alla fine del capitolo un box su come diventare organizzazioni aperte e inclusive specifica i pasi da compiere per aprire le principali istituzioni e organizzazioni a tutti i cittadini. Concetti chiave - pari opportunità di accesso per tutti i cittadini - competenza interculturale - dialogo interreligioso - cittadinanza attiva - partecipazione sociale e volontariato - formazione interculturale per gli e creazione di gruppi di lavoro sensibili alla dimensione della comunicazione interculturale Problemi aperti - come promuovere a tutti i livelli la partecipazione dei beneficiari per facilitare la partecipazione degli immigrati ? - come promuovere il cambiamento culturale dei servizi per renderli più accessibili a tutti - come fare in modo che la competenza interculturale diventi un requisito fondamentale nei profili degli educatori, del personale scolastico, del personale degli enti locali, del personale sanitario e dei servizi? - Come formare gli operatori dei servizi ad un uso corretto dei servizi di interpretariato e di traduzione? - Come fare in modo che la partecipazione su temi comuni, di immigrati e locali, contribuisca all’integrazione? - Come fare in modo che il dialogo interreligioso divenga uno strumento di integrazione? - In che relazione stanno cittadinanza attiva degli immigrati e diritti di voto, naturalizzazione e strutture di consultazione? - Come promuovere la partecipazione sociale degli immigrati e valorizzarne le competenze? Buone prassi a livello europeo Come esempio di formazione, il Ministero Ceco del Lavoro e degli Affari sociali conduce un progetto pilota di formazione a distanza per l’assistenza nell’integrazione degli stranieri. Questo programma formerà gradualmente gli impiegati dei ministeri e delle agenzie per l’impiego nei distretti. Uno degli obiettivi è individuare una metodologia per formare i tutor nelle agenzie per l’impiego sulle competenze interculturali. Questi tutor poi formeranno gli impiegati su come lavorare nei contesti multiculturali. Il Comune e l’amministrazione dell’Ospedale di Alessandria, con l’appoggio del Locale Ufficio Immigrazione, stanno lavorando per ridurre le difficoltà di accesso delle donne magrebine ai servizi sanitari durante la gravidanza e per il parto. In primo luogo è stato condotto uno studio sulla situazione personale delle donne e sulle loro convinzioni relativamente alla maternità e alla nascita e sulle convinzioni relative alle strutture sanitarie. Poi gli staff dei servizi di salute della provincia ( consultori, ostetriche, pediatri) e dei servizi comunali per l’infanzia (nidi d’infanzia) sono stati formati sui temi dell’interculturalità. L’ultimo passo è stato indirizzato direttamente alla popolazione immigrata dal Maghreb, sia uomini che donne, con lo scopo di aumentare il livello di conoscenza degli scopi e dei metodi del servizio sociale. In Germania il progetto “Supporto all’impegno civile per i rifugiati” della fondazione “Cittadini per i cittadini” ha ricevuto il finanziamento dello stato dal 2001. I beneficiari sono sia rifugiati che nativi. I partner locali, come le agenzie di volontariato, le agenzie di assistenza e gli istituti per l’educazione degli adulti partecipano all’organizzazione di seminari e workshop sull’impegno civile. L’obiettivo di questi eventi è motivare i rifugiti all’impegno civile e suggerire concrete possibilità di partecipazione. L’organizzzaone tedesca FORUM promuove il Residents’ Planning Studios come strumento innovativo per stimolare la partecipazione sociale. Uno studio di pianificazione è organizzato di solito in quartieri che stanno per ssere ristrutturati. Consiste in un gruppo di 10/20 residenti appartenenti a minoranze etniche che seguono un programma per 3 mesi. In una serie di 10 workshop discutono i loro desideri e sogni in relazione alle questioni abitative e sistematicamente catalogano i problemi e le opportunità presenti nel loro quartiere. Collaborano con esperti per trasformare le loro idee in proposte utilizzabili, usando fotografie, diagrammi e disegni. I piani vengono presentati agli uffici delle autorità locali, alle associazioni per la casa, ai proprietari e sono disegnati per essere incluse dai decisori politici nei piani ufficiali di sviluppo. Diventare organizzazioni aperte e inclusive Piano strategico e sviluppo politico Il primo stadio comporta la formulazione di un piano organizzativo per rispondere alla diversità della popolazione in termini di cultura, lingua, religione. Una forte determinazione dei vertici è necessaria. Tutte gli elementi dell’organizzazione devono essere consapevoli del piano e organizzare i propri piani di settore in modo coerente. Nelle grandi organizzazioni non solo i piani generali, ma anche quelli di settore devono rispecchiare un impegno sulla diversità. Le priorità indicate nel piano devono avere corrispondenza nell’allocazione delle risorse. Il piano comincia con la conoscenza della composizione dell’organizzazione e delle sue risorse: quanti sono gli immigrati nell’organizzazione e quali sono i loro ruoli e caratteristiche.’ Un inventario delle persone impegnate nell’organizzazione può essere il punto di partenza per l’identificazione dei bisogni, ma anche delle competenze da mobilizzare. Implementazione delle politiche In un secondo momento l’organizzazione integra l’attenzione alla diversità nel funzionamento dell’organizzazione a tutti i livelli. L’organizzazione assicura accessibilità a tutti i servizi e attività e comunica regolarmente con persone di ogni provenienza. L’organizzazione tiene in conto la competenza interculturale nel reclutamento del personale e offre opportunità formative o assicura assistenza esterna per aiutare i gruppi o i singoli a confrontarsi con la diversità. Rendere conto e valutare L’organizzazione relaziona sul numero e sulla provenienza dei clienti e dei partecipanti, sull’impegno degli stessi alla definizione e all’implementazione delle politiche, sul numero degli operatori che hanno ricevuto una formazione sulla diversità culturale,…I rapporti riferiscono anche sugli sforzi fatti per raggiungere target diversi ( questi sforzi vengono descritti anche in termini di allocazione delle risorse) e su come questi sforzi siano apprezzati dai gruppi bersaglio. La regolare valutazione dei risultati costituisce un punto chiave dei piani di implementazione delle politiche organizzative. Capitolo 2 Conclusioni I. Le strategie per rispondere ai bisogni specifici degli immigrati e per capitalizzare le loro competenze aumentano il loro senso di appartenenza e di partecipazione alla società. Le organizzazioni sia pubbliche che private devono basare queste strategie sull’equità e la non-discriminazione. Idealmente esse sono pensate ad hoc, flessibili e regolarmente valutate. II. Adattare i servizi ai bisogni specifici di gruppi differenti di popolazione è uno sforzo di collaborazione che richiede lo sviluppo di competenze interculturali nei servizi pubblici e privati. III. Reclutamento e formazione sono strategie complementari nella strutturazione di gruppi di lavoro con competenze interculturali. Idealmente lo sviluppo di competenze intercultuali nei lavoratori è una priorità più che lo sforzo di un momento. IV. Le buone pratiche dimostrano che le organizzazioni che lavorano con esperti o tecnici di organizzazione aumentano notevolmente la propria accessibilità agli immigrati. V. La competenza interculturale può essere introdotta come uno standard (Europeo) di qualità da tenere in considerazione quando i governi determinano il loro sostegno alle organizzazioni o alle fasce deboli. VI. La cittadinanza attiva sottolinea le competenze degli immigrati e facilita la condivisone tra immigrati e nativi. VII. La religione spesso gioca un ruolo positivo nel processo di integrazione, che può essere promosso attraverso il dialogo tra le comunità religiose degli immigrati e tra queste e la società in generale. VIII. I governi devono prevedere facilitazioni per il dialogo intereligioso promuovendo la formazione di piattaforme di discussione e contribuendo con risorse dove è necessario. IX. La partecipazione ai processi politici è una delle dimensioni più importanti della cittadinanza attiva. La partecipazione politica degli immigrati costituisce un’occasione di integrazione e deve essere supportata in diversi modi, inclusa l’acquisizione della nazionalità, la partecipazione alle elezioni locali e alle strutture consultive. X. La rappresentatività e la legittimazione delle politiche è aumentata dall’estensione dei diritti politici formali agli immigrati. Quando esistono i diritti formali, essi devono essere applicati con impegno da tutti i soggetti, inclusi partiti politici. XI. I governi devono assicurare i diritti elettorali a tutti i residenti almeno a livello locale e devono ridurre gli ostacoli per l’esercizio dei diritti. Gli immigrati devono essere incoraggiati a esercitare i diritti elettorali attraverso campagne informative e di sostegno alle capacità, puntando in particolare sulle reti offerte dalle organizzazioni di immigrati. XII. Le strutture di consultazione a livello locale e nazionale hanno un ruolo nello stimolare la partecipazione degli immigrati e nel promuovere le politiche di integrazione comunicando i punti di vista degli immigrati ai governi e agli altri portatori di interessi. XIII. La flessibilità nella composizione delle strutture di consultazione può essere utile per favorire la comunicazione, tenendo presente che la rappresentanza può essere realizzata in diverse maniere. Gli osservatori e i membri non votanti che prendono parte alle sessioni delle strutture di consultazione possono contribuire ad aumentare la trasparenza e la fiducia nelle strutture stesse. XIV. La concessione di cittadinanza può essere uno strumento di integrazione. Facilitare la naturalizzazione riduce la differenza nell’esercizio dei diritti tra cittadini e immigrati residenti a lungo termine, e apre un ampio campo di opportunità per la partecipazione. XV. Dove si utilizzano prove per la naturalizzazione, devono essere adattate alle condizioni delle persone interessate. I corsi preparatori devono essere accessibili per gli immigrati e di buona qualità. XVI. Il volontariato è una forma di partecipazione sociale in cui gli immigrati giocano un ruolo importante come cittadini attivi. Facilitare la loro partecipazione e valorizzare il loro contributo promuove la loro inclusione e mobilizza le loro competenze. XVII. Il coinvolgimento degli immigrati nelle organizzazioni di volontariato deve essere promosso. Le strategie di reclutamento dei volontari dovrebbero tenere in considerazione la diversità culturale. XVIII. I governi a tutti i livelli devono dare il buon esempio applicando tecniche e strumenti per l’inclusione e adottando l’apertura e l’inclusività come criteri di selezione per le organizzazioni che ricevono fondi pubblici e partecipano agli appalti pubblici. Capitolo 3 Indicatori Questo capitolo considera gli indicatori come strumenti per i decisori politici e gli operatori. Gli indicatori possono misurare la situazione reale degli immigrati e identificare in quale direzione si sta muovendo l’integrazione. Essi possono segnare l’evoluzione delle politiche nel tempo. Un uso di successo degli indicatori si basa sulla raccolta di dati appropriati e su un’attenta selezione di indicatori coerente con gli obiettivi di integrazione. L’esempio degli indicatori sull’integrazione: Gli indicatori possono essere utilizzati come strumenti per: - quantificare e qualificare il processo di integrazione - sintetizzare complesse politiche di integrazione - monitorare gli sviluppi e le tendenze e misurare i progressi - mettere a punto gli obiettivi e i punti chiave per il processo e le politiche di integrazione - identificare gli impatti non voluti delle leggi,delle politiche delle pratiche - identificare gli attori che hanno un impatto sulla realizzazione del processo di integrazione - rilevare se le responsabilità degli attori sono rispettate - dare avviso immediato dei potenziali allontanamenti dalle direzioni previste - suggerire azioni preventive - promuovere il consenso sociale sugli scambi in caso di limitatezza di risorse - mettere in evidenza le questioni che sono state ignorate o tenute nascoste. Concetti chiave - indicatori - misurazione, dati qualitativi e dati quantitativi - valutazione partecipata - confronto di buone prassi - indicatori di risultato e indicatori sulle politiche Problemi aperti - chi sono gli immigrati e chi deve essere considerato tale? Dobbiamo riferirci alla nazionalità o al paese di origine? - Come vengono definite le seconde e le terze generazioni? - Consideriamo gli immigrati come individui o come gruppi? - Che cosa significa integrazione? - Con quali dati devono essere confrontati i dati relativi all’immigrazione’ - In che modo assicurarsi che gli indicatori siano rilevanti? - Come coinvolgere i beneficiari nella definizione degli indicatori? - Come promuovere lo scambio e il confronto sulle buone prassi in Europa attraverso la definizione degli indicatori? Capitolo 3 Conclusioni I. Per misurare meglio l’integrazione e l’impatto delle politiche di integrazione le organizzazioni governative e non governative dovrebbero mettere a punto set di indicatori di integrazione II. Da una parte la possibilità di includere gli indicatori connessi all’integrazione degli immigrati nei meccanismi esistenti di indicizzazione e di segnalazione può essere esplorata. Dall’altra parte si può sviluppare un meccanismo unicamente per l’integrazione degli immigrati che includa le dimensioni socioeconomica, culturale, politica dell’integrazione. III. Il benchmarking lavora selezionando standard da comparare. Gli indicatori dovrebbero avere un’interpretazione chiara e esplicita: gli utilizzatori dovrebbero sapere quale direzione di cambiamento rappresenta un progresso IV. Consultazioni allargate dei portatori di interesse dovrebbero essere organizzate sulle priorità e gli obiettivi connessi agli indicatori, e dovrebbero includere in particolare le organizzazioni di migranti e di assistenza agli immigrati V. Gli indicatori vengono utilizzati sia in fase di progettazione sia di valutazione dei programmi e dei progetti di integrazione. Nei progetti finanziati da fondi pubblici la valutazione dovrebbe avere una parte importante nella realizzazione e godere di adeguate risorse VI. L’ampliamento delle raccolte di dati relative alle questioni connesse all’integrazione degli immigrati deve essere in linea con le indicazioni internazionali e le linee guida europee (incluse quelle sulla protezione dei dati). Gli indicatori possono essere utilizzati per individuare le aree carenti di dati e per individuare le priorità. Quando vengono raccolti dati su particolari gruppi di immigrati, i criteri per la scelta e la raccolta devono essere chiari e le informazioni raccolte non devono essere usate per fini discriminatori VII. L’ideale è utilizzare un assortimento di indicatori che le organizzazioni governative e non governative possano utilizzare VIII. Sia indicatori soggettivi che oggettivi possono essere individuati per indirizzare i diversi aspetti dell’integrazione e la definizione e i metodi di raccolta dati possono essere definiti per entrambe le categorie. Particolare considerazione deve essere accordata a sviluppare metodi innovativi di ricerca che mettano in evidenza il punto di vista degli immigrati e della società ospite IX. Gli indicatori relativi alle politiche possono essere impiegati in particolare per monitorare gli standard legali, i permessi e gli accorgimenti politici che facilitano l’integrazione, gli indicatori di risultato possono essere utilizzati per individuare la situazione degli immigrati e il raggiungimento degli obiettivi individuati per l’integrazione. Bisogna usare particolare cautela nel mettere in connessione le politiche con i risultati. Revisioni costanti dovrebbero essere fatte della appropriatezza e coerenza degli indicatori, valutando la loro affidabilità , ogni difficoltà tecnica e ogni problema di accessibilità dei dati. X. Gli indicatori utilizzati per la comparazione internazionale devono riconoscere le diversità nella definizione e nell’accessibilità dei dati XI. E’ necessario differenziare i diversi livelli di indicatori. Per la comparazione europea o internazionale, il più alto livello di indicatori dovrebbe avere ampio grado di uniformità relativo alla definizione e al formato dei dati. XII. Mano a mano che aumenta l’accessibilità dei dati e il sistema di monitoraggio diventa più dinamico, gli obiettivi possono essere individuati per dare direzione alle politiche di integrazione e per dimostrare la volontà politica di aumentare l’integrazione XIII. Impiegando gli indicatori di integrazione è bene sfruttare il potenziale di innovazione della comparazione tra paesi. La comparazione tra i pesi Ue può essere fatta partendo da un nucleo di indicatori chiave. I paesi con condizioni simili possono impegnarsi in più ampi studi comparativi utilizzando indicatori più approfonditi XIV. La segnalazione delle politiche di integrazione può essere strettamente connessa all’agenda legislativa. Allegato Trasformare le politiche in programmi Questo allegato riassume i sette elementi chiave per la progettazione e la realizzazione di programmi di integrazione. Sono basati sugli elementi raccolti nei capitoli precedenti e sui principi di project management e programmazione strategica. Possono aiutare i decisori politici e gli operatori a tradurre gli obiettivi politici in programmi di integrazione. Inoltre i sette elementi possono essere utilizzati come guida per gruppi di obiettivi e indicatori di performance oppure come capitoli in un rapporto di valutazione. Infine, i sette elementi possono essere utilizzati come cornice per scambiare buone prassi a livello nazionale e europeo. I sette elementi individuati dal manuale sono: - individuare le ragioni fondamentali dell’azione - formulare il programma - consultare i portatori di interesse - definire il problema - definire gli obiettivi - decidere le strategie - implementare il programma