TRADUZIONE SINETTICA E GUIDA ALLA LETTURA del MANUALE

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TRADUZIONE SINETTICA E GUIDA ALLA LETTURA del
MANUALE SULL’INTEGRAZIONE per decisori politici e operatori
Novembre 2004
Direzione generale Giustizia, Libertà e Sicurezza
Commissione Europea
Il Manuale è stato scritto da Jan Niessen e Yongmi Schibel del Gruppo Politiche Migratorie
(MPG), su incarico della Commissione Europea ( Direzione Generale Giustizia, Libertà,
Sicurezza).
Può essere scaricato dal sito della Commissione Europea http://europa.eu.int/justice_home/
ISBN 92-894-8278-8
Contenuti
Prefazione
Contesto
Introduzione
Capitolo 1 L’integrazione degli immigrati neo-arrivati e dei rifugiati
1.1 Definire i programmi
1.2 Far incontrare le aspirazioni con le risorse
1.3 Lavorare con i partner
1.4 Valutare e adattare i programmi
Capitolo 1: conclusioni
Capitolo 2: Cittadinanza attiva
2.1 Competenza interculturale
2.2 Coinvolgere i cittadini gli immigrati
2.3 Diventare organizzazioni aperte e inclusive
Capitolo 2. conclusioni
Capitolo 3: Indicatori
3.1 Creare le condizioni
3.2 Selezionare gli indicatori
3.3 Cooperazione europea
Capitolo 3: conclusioni
Allegati: Trasformare le politiche in programmi
Note conclusive
Contatti nazionali sull’integrazione
Prefazione
I Paesi Membri dell’UE sono oggi impegnati con la sfida comune dell’integrazione degli
immigrati nella società. E’ un compito, complesso e delicato, che diventa sempre più
importante.
Con la prospettiva di una popolazione che invecchia e diminuisce, l’aumento dell’immigrazione
in Europa è nello stesso tempo gradita e necessaria nei prossimi anni. L’integrazione degli
immigrati è fondamentale per la coesione sociale e lo sviluppo economico. Per consentire agli
immigrati di partecipare alla vita sociale, dobbiamo trattarli bene e fare in modo che
dispongano degli strumenti necessari per partecipare pienamente nelle nostre società.
L’integrazione è un processo continuo bidirezionale, basato sui diritti mutualistici e sui
corrispondenti doveri sia degli immigrati che della società ospite.
Al Consiglio Europeo di Tessalonica nel Giugno 2003, i Capi di Stato e di Governo hanno
sottolineato l’importanza dello sviluppo della cooperazione, dello scambio di esperienze e di
informazioni sull’integrazione a livello dell’UE con lo scopo di imparare gli uni dagli altri. Con lo
scopo di rispondere a questi obiettivi, i National Contact Points on Integration, esperti degli
Stati Membri che si incontrano regolarmente, hanno deciso di preparare un Manuale di buone
prassi. Io accolgo con molto piacere la pubblicazione della prima edizione del Manuale
sull’integrazione che propone una serie di esempi e pratiche per un’integrazione di successo
sperimentati nell’Unione Europea. Il testo mette in luce i numerosi progetti e programmi
esistenti in Europa a livello nazionale, regionale e locale e propone alcune conclusioni generali
e riflessioni sugli apprendimenti prodotti. Io spero che questo manuale sarà utilizzato dai
decisori politici e dagli operatori dell’UE. Potrà anche contribuire a sviluppare un Quadro
Comune Europeo sull’integrazione.
Sono certo che i vecchi e nuovi soggetti impegnati nell’integrazione degli immigrati trarranno
ispirazione da questo manuale e che supporteranno il nostro obiettivo comune di trovare la
migliore soluzione alla sfida dell’integrazione.
Jonathan Faull
Direttore Generale
DG Giustizia, Libertà e Sicurezza
Commissione Europea
Bruxelles, novembre 2004
Il contesto
L’idea di sviluppare un Manuale sull’integrazione nasce dal Consiglio Europeo di Tessalonica nel
giugno 2003, dove Capi di Stato e di Governo hanno sottolineato l’importanza di sviluppare
cooperazione e scambio di informazioni tra i membri del nuovo gruppo di National Contact
Points on Integration. Con l’idea di strutturare lo scambio di informazioni e di ottenere risultati
concreti con cui gli Stati Membri possano confrontarsi quando promuovono iniziative per
un’integrazione più efficace, si è deciso di stendere un Manuale sull’integrazione. Il principale
obiettivo di questo manuale è di fungere da guida per lo scambio di informazioni e buone
prassi tra gli Stati membri.
Il manuale è stato preparato per la Commissione Europea da un consulente indipendente , il
Migration Policy Group, ed è stato sviluppato in stretta collaborazione con i National Contact
Points on Integration. È basato sui risultati di una serie di seminari tecnici tenuti a Copenhagen
( febbraio 2004), Lisbona ( aprile 2004) e Londra ( Giugno 2004). Questi seminari, organizzati
dai ministeri referenti per l’integrazione di questi paesi con il supporto della Commissione
Europea e facilitati dal Migration Policy Group, hanno portato i decisori politici e gli operatori
delle organizzazioni governative e non governative a scambiare informazioni e buone prassi
su tre tematiche:
-
programmi di accoglienza
partecipazione alla vita politica e civile
sviluppo di indicatori
I tre capitoli del Manuale riflettono la struttura dei seminari, ognuno dei quali centrato su uno
dei nuclei di riflessione principali. Nella preparazione di ogni seminario, con lo scopo di
contestualizzare la discussione, sono stati predisposti dal Migration Policy Group una serie di
materiali di discussione che hanno fatto da traccia per i documenti conclusivi dei seminari.
Questi sono stati in seguito discussi con i National Contact Points on Integration. Sia durante i
seminari sia nel percorso di stesura del Manuale i National Contact Points on Integration
hanno contribuito con esempi di buone pratiche e promettenti attività di integrazione realizzate
nei propri paesi. Insieme tutti questi elementi costituiscono blocchi essenziali per la
costruzione del manuale.
Questo Manuale è pensato per decisori politici e operatori. Chi sono questi soggetti e che cosa
hanno in comune per poter utilizzare entrambi questo Manuale? In generale i decisori politici
formulano soprattutto gli obiettivi di integrazione, rendono disponibili le risorse,monitorano
l’implementazione e valutano i risultati. Gli operatori traducono gli obiettivi di integrazione in
programmi concreti, individuano i target e le attività per raggiungere i risultati previsti.
Ovviamente tra gli scopi di questo Manuale c’è soprattutto quello di promuovere politiche di
integrazione, né un Manuale Europeo può descrivere troppo nel dettaglio programmi concreti di
attività. Tuttavia questo manuale individua buone prassi e esempi di attività condotte nei Paesi
membri su due generi di programmi di integrazione, i corsi per immigrati neoarrivati e rifugiati
(Capitolo 1) e la cittadinanza attiva (Capitolo 2). Per essere in grado di ricostruire in modo più
efficace i fattori di successo dei programmi di integrazione e di misurare i loro risultati, i
decisori politici gli operatori possono sviluppare indicatori e elementi di riferimento. Il loro
utilizzo nelle politiche pubbliche e nei programmi di integrazione è analizzato nel Capitolo 3.
Sulla base di questi elementi viene proposto uno schema di traduzione degli obiettivi di
integrazione in programmi di integrazione (Allegati). Lo schema può aiutare i decisori politici e
gli operatori a chiarire gli obiettivi dei programmi di integrazione, a riferire sul loro stato di
attuazione e a misure i risultati raggiunti. In questo modo lo scambio di buone pratiche può
essere facilitato e diventa più utile. Nei tre capitoli le buone pratiche sono brevemente
descritte. Dove un paese specifico è menzionato in relazione ad un specifica attività, non
significa che questa attività non esista in altri paesi. Le lezioni apprese dalle pratiche sono
evidenziate nel testo e sono anche riportate come conclusioni alla fine di ogni capitolo.
E’ importante sottolineare che gli apprendimenti e le raccomandazioni in questo manuale sono
da prendere per ciò che sono: suggerimenti ai decisori politici e agli operatori e un catalogo di
idee a cui ispirarsi. E’ anche da segnalare che lo sviluppo del manuale è da intendersi come un
processo in divenire, uno strumento flessibile che non sarà semplicemente sviluppato nel
tempo, ma anche aggiornato in relazione ai progressi, ai nuovi sviluppi, alle soluzioni e ai
risultati raggiunti. Una seconda edizione con nuovi capitoli è prevista per il 2006. I tre
argomenti scelti per questa prima edizione del Manuale riflettono le priorità identificate nella
Comunicazione sull’Immigrazione, l’integrazione e l’impiego, ma il manuale con il tempo andrà
a coprire tutti gli ambiti connessi con i problemi relativi all’integrazione, incluse le politiche
abitative, sanitarie e il mercato del lavoro.
Bruxelles, novembre 2004
Introduzione
L’integrazione degli immigrati suscita un ampio dibattito negli Stati aderenti all’Unione
Europea, compresi quelli del recente allargamento, in molti dei quali i flussi migratori sono
fenomeni consistenti. Molti paesi si sono trasformati da paesi di emigrazione in paesi di
immigrazione e si confrontano con le problematiche legate all’integrazione per la prima volta.
I più vecchi paesi di immigrazione sono alle prese con gli immigrati neoarrivati, ma continuano
anche a promuovere la partecipazione degli immigrati stabilizzati mentre cercano di modificare
le politiche che hanno dimostrato di non essere abbastanza efficaci. Come in altri campi della
politica, la diversità di approcci presente nei diversi paesi europei propone risposte diverse alla
domanda “Come promuovere l’integrazione?”.
Il concetto e le pratiche di integrazione cambiano non solo in relazione alle specifiche storie di
immigrazione. Differenti regimi politici e i ruoli diversi rivestiti dai governi e dalla società civile
hanno portati ad approcci divergenti nelle politiche di integrazione dei nuovi immigrati e dei
rifugiati. Un esempio di questa diversità sta nella domanda aperta su quali gruppi sono o
dovrebbero essere target delle politiche di integrazione. Differenti definizioni vengono infatti
utilizzate per “immigrati” e “minoranze etniche”. La seconda generazione di immigrati può
essere identificata dalla nazionalità o, nel caso che abbia acquisito i diritti di cittadinanza, dal
luogo di nascita dei genitori. I nuovi stati Membri hanno storicamente enfatizzato la questione
delle minoranze, piuttosto che l’integrazione degli immigrati.
Neppure c’è accordo se gli immigrati, benché identificati, debbano essere considerati un
gruppo. Infatti essi possono essere considerati individui, o membri di specifiche sottocategorie
definite dalla nazionalità o dall’origine etnica, dalla religione, dal genere, dall’età o dalle ragioni
della loro migrazione (migranti per ragioni economiche, rifugiati, membri di famiglie
ricongiunte) o dalle loro competenze ( competenze alte, competenze basse). La società nella
sua interezza deve anche essere considerato un vero e proprio target delle politiche di
integrazione, se l’integrazione è considerata un processo relativo ala coesione sociale. Le
politiche sono allora una risposta agli effetti disgregatori dei rapidi mutamenti sociali,
economici e culturali che la maggior parte delle società europee sta attraversando e che
riguardano diversi gruppi di popolazione, che abbiano o no un background migratorio.
Conseguentemente, sotto il cappello dell’integrazione è possibile analizzare un insieme di
approcci generali e specifici rivolti a diversi gruppi sociali e orientati a diversi obiettivi.
I paesi europei aderiscono tutti agli standard sui diritti umani e condividono valori quali
l’equità, la non discriminazione, la solidarietà, l’apertura, la partecipazione e la tolleranza. I
Governi a diversi livelli si influenzano gli uni con gli altri attraverso gli scambi a livello politico,
arrivando ad un certo grado di convergenza sugli approcci politici, sugli obiettivi, e sui targets,
a livello nazionale ed internazionale. Un grande terreno di convergenza può essere trovato
nell’identificazione delle aree chiave di integrazione. Mentre una singola esatta definizione di
integrazione può dimostrarsi troppo vaga, l’identificazione delle dimensioni chiave
dell’integrazione può essere utile come “definizione di lavoro”.
Il primario obiettivo dell’integrazione è spesso considerato l’autosufficienza: i governi cercano
di rendere gli immigrati in grado di condurre una vita indipendente relativamente alla casa, al
lavoro, all’educazione, alle reti sociali e alla partecipazione alla vita comunitaria. Il primo
Rapporto annuale sull’immigrazione e l’integrazione della Commissione dimostra che in tutti gli
Stati membri l’accesso al mercato del lavoro così come alle competenze linguistiche e ad un
sufficiente livello di istruzione costituiscono il più importante obiettivo per un’integrazione di
sicuro successo. A livello europeo, L’integrazione nel mercato del lavoro è l’area con gli
obiettivi
politici più concretamente definiti, ad esempio le Linee Guida strategiche per
l’impiego propongono di rggiungere una significativa riduzione della differenza nella
disoccupazione tra paesi Ue e non Ue entro il 2010. Lavorare contribuisce a migliorare le
condizioni di vita e dà la possibilità di accedere a case confortevoli e di buona qualità.
Impossibilità di accesso, abitazioni di scarsa qualità e concentrazione degli immigrati nelle aree
periferiche degradate sono problemi per molti stati membri. Questa dimensione
dell’integrazione dirige l’attenzione verso le politiche locali e urbane e sul ruolo centrale delle
autorità locali nel processo di integrazione.
Mentre l’attenzione sulle dimensioni socio economiche continua, i governi aumentano l’enfasi
sull’importanza della sfera socio culturale, la dimensione personale dell’integrazione e la
frequenza e l’intensità dell’interazione sociale. Questo approccio segnala il bisogno di integrare
gli immigrati in tutti gli aspetti della società, inclusi gli ambiti, civili, politici e culturali. Inoltre
la concezione dell’integrazione come un processo bidirezionale dirige l’attenzione verso le
attitudini delle società di accoglienza , i loro cittadini, le oro strutture e le loro organizzazioni.
Le differenti dimensioni dell’integrazione sono interrelati e i risultati in un ambito rinforzano
anche gli altri ambiti.
Per esempio, il lavoro è utilizzabile per migliorare le competenze linguistiche e le competenze
culturali trasversali e nello stabilire contatti sociali. D’altra parte, i legami sociali sono anche
opportunità economiche. La lingua è utilizzabile sul mercato del lavoro ma anche per
raggiungere opportunità ulteriori di scolarizzazione. Allo stesso tempo, essa indica i saperi
della società ospitante.
Le politiche di integrazione cercano di realizzare risultati positivi per gli immigrati nel campo
del lavoro , della casa, dell’educazione, della salute. I neoarrivati e gli immigrati residenti
saranno più capaci di raggiungere questi risultati se sviluppano certe competenze, come la
conoscenza linguistica, e la conoscenza della società ospitante. In questo senso i programmi
introduttivi aiutano i neoarrivati ad acquisire le competenze per partecipare pienamente alla
vita sociale. Allo stesso tempo, il focus sull’adattamento individuale e le questioni relative al
capitale umano devono essere completate con l’enfasi sulla coesione sociale e l’uguaglianza
nelle diverse società.
La richiesta di competenze deve essere incrociata con i meccanismi di acquisizione delle
competenze stese e con la possibilità di utilizzarle. La società e le sue istituzioni devono essere
attive nell’aprirsi agli immigrati. Non è solo un dovere degli immigrati acquisire le competenze,
ma è anche un dovere dei governi e degli attori sociali assicurare che ampie opportunità siano
accessibili per la partecipazione, sulla base dell’equità e della non discriminazione. Mantenere
la bilancia della responsabilità in equilibrio è cruciale per ideare politiche di integrazione buone
ed efficaci.
Oltre a essere una relazione tra stato e singolo immigrato, l’integrazione è un processo nel
quale una certa dose di partnership esiste anche tra diversi livelli di attori sociali governativi e
non governativi, come i lavoratori, i sindacati, le organizzazioni religiose, la società civile, i
media e le ONG che supportano gli immigrati. I leaders politici, ad esempio, hanno una grande
responsabilità nel loro ruolo di educatori pubblici e nel promuovere un’attitudine positiva verso
gli immigrati per contenere le tendenze xenofobiche e razziste. I lavoratori possono aver
accesso al lavoro attraverso la formazione, l’insegnamento della lingua, l’accesso facilitato alle
case e la diffusione dell’informazione nei dibattiti pubblici sui benefici economici derivanti
dall’immigrazione.
I media giocano un ruolo importante nell’offrire un’informazione equilibrata e nell’informare il
pubblico sui nuovi arrivati. L’apertura e la socievolezza nell’opinione pubblica sono ingredienti
essenziali per una integrazione di successo e possono essere incoraggiati attraverso
programmi volontari. L’integrazione è una responsabilità condivisa e implica la partecipazione
di tutti gli attori.
La partecipazione attiva degli immigrati relativamente a diritti e doveri deve essere
gradualmente adeguata a quella dei nativi. L’accesso alle istituzioni, ai servizi e il significato
della partecipazione creano le condizioni per l’esercizio della cittadinanza attiva da parte degli
immigrati. L’apertura e la vita associata, cominciando dai club sportivi e finendo con i partiti
politici, sono decisivi per i risultati del processo di integrazione. Le organizzazioni di tutti i tipi
devono dare risalto agli aspetti interculturali applicando politiche di pari opportunità,
impiegando gli immigrati a tutti i livelli, e cooperando con le associazioni di immigrati. Le
organizzazioni di migranti sono partner chiave nell’esercizio della democrazia partecipativa. Le
decisioni politiche, specialmente a livello locale, interessano in modo significativo i non cittadini
residenti, che possono partecipare attraverso diversi meccanismi di consultazione. Allo stesso
tempo, i migranti devono essere incoraggiati alla naturalizzazione.
Che cosa sono le buone pratiche?
Una possibile definizione di buone pratiche potrebbe essere: approcci che si sono dimostrati ,
attraverso la ricerca e la valutazione, efficaci e sostenibili e che producono risultati significativi
che possono essere adattati e applicati a situazioni diverse.
- insegnamenti possono essere tratti sia dalle buone che dalle cattive prassi
- molte prassi presentano contemporaneamente sia elementi di forza che di debolezza
- nessuna pratica può essere riprodotta nella sua interezza
- tutte le pratiche hanno bisogno di essere adattate al contesto locale.
La documentazione di buone pratiche deve rendere conto di
-
a quale problema la buona prassi risponde e chi ha individuato il problema
chi ha iniziato la pratica e chi è coinvolto
come si è sviluppata la pratica e in quale scenario
quali sono state le conseguenze positive e/o negative
qual è la sostenibilità finanziaria a lungo termine
efficacia: l’impatto della pratica
efficienza: la relazione tra impatto e costo
sostenibilità: impatto a lungo termine (durabilità) e replicabilità
esternalità: ogni impatto non previsto positivo e negativo della pratica su altri che non
siano i diretti beneficari
rilevanza: la significatività della pratica per il gruppo target
Capitolo 1
L’integrazione degli immigrati neo-arrivati e dei rifugiati
Il capitolo tratta dei progetti e dell’implementazione dei programmi di inclusione.
I partecipanti imparano la lingua, stabiliscono contatti con il mercato del lavoro e
acquisiscono le conoscenze relative alla società di accoglienza in programmi ben
pianificati e dotati di buone risorse. I governi possono lavorare con le autorità locali,
i partner sociali e le ONG come partner e valutare regolarmente i programmi per
un’inclusione di successo.
Concetti chiave
- l’integrazione come processo pluriennale
- i programmi di accoglienza come programmi di investimento sul futuro
- l’autosufficienza degli immigrati nell’esercizio della cittadinanza e il oro coinvolgimento
attivo nella vita sociale
- le tre principali componenti previste dai programmi di accoglienza e inclusione sono :
lingua, orientamento alla cittadinanza, formazioni professionale
- La rete locale come risorsa per l’integrazione
- Il ruolo degli enti locali.
Problemi aperti
- chi frequenta i corsi?
- Come si garantisce la motivazione e la continuità nella frequenza, coniugando necessità
di lavorare e processi formativi di promozione della cittadinanza?
- Come combinare i contenti linguistici con la formazione alla cittadinanza attiva?
- Quali elementi inserire nei moduli sulla cittadinanza attiva?
- Come riconoscere e rendere spendibili le conoscenze e le competenze pregresse?
- Come certificare le competenze acquisite nei corsi di accoglienza in modo da renderele
spendibili nel mondo del lavoro?
- Come gestire a livello locale l’implementazione dei corsi in modo che siano il più
partecipativi possibile e tengano conto delle associazioni e del volontariato?
Buone prassi in ambito europeo
Un esempio di programma di accoglienza ci viene dalla città di Gent ( Belgio), che ha un
servizio municipale di integrazione, finanziato dalla città e in larga parte dalla comunità
fiamminga . Questo programma di accoglienza attua la legislazione fiamminga del 2003 che
prevede corsi introduttivi per i membri delle famiglie neoarrivate, per i migranti regolarizzati,
per i rifugiati riconosciuti, per le vittime della tratta e per i minori. La legislazione tutela anche
i richiedenti asilo che hanno raggiunto un certo livello nel processo di accettazione della
domanda, che deve essere ancora esaminata nel dettaglio. Per alcuni gruppi i corsi introduttivi
sono obbligatori. Il programma introduttivo include corsi di Olandese ( più di 1200 ore in
quattro livelli, di cui 120 sono erogate nei centri stessi) e 75 ore di orientamento alla
cittadinanza. L’orientamento alla cittadinanza consiste di moduli su questioni pratiche e
amministrative e danno informazioni su come accedere alle attività culturali e sociali. A Gent,
I corsi sono erogati in Turco, Arabo, Francese, Inglese, Russo, Spagnolo, Persiano, Albanese,
Somalo e anche in Olandese.
Il progetto SPECIMA finanziato dal Fondo Sociale Europeo in Finlandia riguarda gli immigrati
con titoli di studio superiori o accademici. Il progetto cerca di individuare esperti motivati, di
determinare il loro livello di know-how e di integrarli nelle aziende e nelle organizzazioni
finlandesi. Aspetti connessi con questo progetto riguardano il riconoscimento dei titoli, la
formazione continua, l’acquisizione di qualifiche e il lavoro di rete.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.mol.fi/migration/
A Francoforte un corso di lingua di 600 ore è preceduto da 40 ore di orientamento al territorio
locale. Questo include un viaggio in metropolitana, una passeggiata per la città, una visita alla
amministrazione locale, informazioni sulle istituzioni e sul sistema legale tedesco. Il corso è
erogato in otto lingue e tenuto da immigrati stabilizati.
Office for Multicultural Affaires Frankfurt www.standt-frankfurt.de/amka/
Molti paesi hanno introdotto i manuali per immigrati. Per esempio il “Manuale sui diritti degli
immigrati
e i permessi in Irlanda“ del dell’Immigrant Council irlandese cerca di dare
informazioni agli immigrati e a tutti i gruppi e le organizzazioni pubbliche e private in contatto
con gli immigrati. Dà un’idea generale della normativa e distingue tra i diversi tipi di
immigrati: lavoratori, uomini d’affari e liberi professionisti, studenti in mobilità, …I diritti e i
permessi sono elencati per ognuno di questi gruppi e un allegato contiene gli indirizzi delle
agenzie e delle organizzazioni utili.
www.immigrantcouncil.ie/handbook.htm
In Portogallo il National Immigrant Support Centres (CNAI) di Lisbona e Oporto include
dipartimenti di sei ministeri e uffici che provvedono ad offrire supporti specifici in merito alle
leggi sull’immigrazione, ai ricongiungimenti familiari, al riconoscimento dei titoli e all’ingresso
nel mondo del lavoro. Da segnalare il coinvolgimento di mediatori culturali originari delle
diverse comunità di immigrati aventi il ruolo chiave di facilitare il contatto e risolvere i
problemi. Legati ai CNAI c’è una rete di 25 Local Immigrant Supporty Centre (CLAI) che
erogano servizi informativi e un Call Center –SOS Immigrati, funzionante 12 ore al giorno in
quattro lingue. www.acime.gov.pt
L’Uniò De Pagesos è un sindacato di agricoltori catalani che offre consulenza ai lavoratori
stagionali durante il loro soggiorno in Spagna. Promuove un corso per agenti di sviluppo che
ha tra gli obiettivi la formazione degli immigrati temporanei in modo che una volta tornati nei
loro paesi possano condividere le esperienze e promuovere progetti collettivi per il
miglioramento sociale ed economico. I contenuti del corso spaziano dalle tecnologie
dell’informazione all’agricoltura, dai progetti di cooperazione allo sviluppo alle lingue.
In Gran Bretagna l’azienda Fusion Personnel, che fornisce lavoratori temporanei per
l’orticoltura, ha sviluppato uno schema di formazione per i propri impiegati che sono per la
maggior parte immigrati neoarrivati. Alfabetizzazione, introduzione alle abilità d calcolo e
lingua sono argomenti previsti nei corsi.
La città di Southampton ha organizzato nel 2003 un giorno di formazione per i rifugiati, inclusi
incontri con i dipartimenti del consiglio cittadino, altre agenzie statutarie e le organizzazioni di
volontariato. Lo scopo era quello di rafforzare le organizzazioni delle comunità di rifugiati (
hanno partecipato 27 tra rifugiati e leader rappresentanti di comunità) e introdurle nel
contesto istituzionale e culturale della comunità ospitante. I gruppi di lavoro sono stati
organizzati secondo le questioni segnalate dai rifugiati stessi prima dell’organizzazione
dell’evento. Le azioni definite per al realizzazione sono state i club di lavoro a domicilio, eventi
formativi organizzati dalle associazioni di assistenza ai rifugiati RETAS e CLEAR, formazione
per i giovani come allenatori di nuoto e calcio.
[email protected]
[email protected]
In Schleswig Holstein, il Ministero degli interni ha commissionato un’analisi di genere dei corsi
di integrazione: c’è uguale accesso per uomini e donne? I corsi simili a quelli previsti dalla
nuova legge sull’immigrazione sono stati analizzati. Contrariamente alle aspettative, l’analisi
ha rivelato che una percentuale maggiore di donne partecipa e che gli incentivi alla frequenza
sono maggiormente necessari per gli uomini che per le donne. La motivazione per la
frequenza è la stessa per maschi e femmine: vogliono imparare la lingua per utilizzarla nel
mondo del lavoro, per comunicare con le autorità e per parlare con i vicini. I maschi e le
femmine inoltre hanno risultati simili nei test linguistici di ingresso.
I progetti pilota possono anche essere piccoli, come per esempio il progetto pilota MATRA in
Ungheria che include sei giovani uomini,una coppia con tre bambini e due giovani donne
entrambe con figli. Il programma è intensivo, prevede 1200 ore di formazione linguistica, 700
ore di orientamento legale e culturale, alloggio gratuito e trasporti gratuiti un contributo per
tutte le altre spese. La valutazione di questo progetto pilota è ora utilizzata per formulare un
progetto pilota complessivo di accoglienza per l’Ungheria.
Capitolo 1 Conclusioni
I. I programmi di accoglienza sono investimenti per il futuro che devono voler fare sia gli
immigrati che la società di accoglienza. Essi consentono agli immigrati di acquisire
abilità di base per l’autosufficienza e quindi ripagano l’investimento. Il risultato per la
società di accoglienza consiste nel fatto che gli immigrati divengono cittadini più capaci
di contribuire al benessere sociale.
II. Offrire corsi a più livelli con diversi modelli e metodi di insegnamento può consentire di
raggiungere risultati di successo nella formazione linguistica per immigrati con diversi
livelli di scolarizzazione e di conoscenza del paese di accoglienza e della lingua. Questo
dà accesso a qualifiche spendibili. In particolare i corsi dovrebbero testare alla fine i
livelli di conoscenza raggiunti per certificarli.
III. Quando le certificazioni sono rilasciate secondo modelli noti agli imprenditori e alle altre
agenzie educative, essi consentono di accedere ad ulteriori opportunità formative o
lavorative. I contenuti e i metodi dei corsi di lingua dovrebbero essere progettati
prevedendo queste opportunità.
IV. Le buone pratiche suggeriscono di progettare i corsi di accoglienza con modalità
flessibili, organizzando in parallelo l’insegnamento della lingua e la partecipazione al
mondo del lavoro o connettendo strettamente l’insegnamento linguistico, l’orientamento
e gli alti livelli di formazione. I corsi dovrebbero testare i risultati relativi agli
apprendimenti nelle aree lingua e orientamento e certificare le competenze pregresse.
V. Sistemi dinamici di valutazione delle competenze dei neoarrivati , connessi a criteri non
formali e capaci di valutare diversi tipi di competenze, sono molto utili per la
certificazione delle esperienze pregresse e delle conoscenze ottenute nel paese di
origine.
VI. L’offerta di corsi partime, a distanza o in e-learning o modelli simili consente ai
partecipanti di continuare a frequentare i programmi di inserimento anche lavorando.
VII. La condivisine di risorse consente ai comuni vicini di offrire diversi tipi di corsi. In
questo modo cittadini che vivono in un comune possono partecipare a corsi organizzati
da altri comuni o lavorare in altri comuni evitando di perdere i contatti sociali o familiari
VIII. I corsi introduttivi idealmente veicolano il messaggio di una società accogliente che dà
incentivi ai neoarrivati per sentirsi responsabili della comunità in cui si trovano a vivere.
IX. L’introduzione ai valori è da intendersi meglio come un processo in cui i nuovi arrivati e
i nativi cercano di individuare standard comuni a partire dalle norme e dalle leggi locali.
X. Quanto i governi chiedono ai neoarrivati deve essere commisurato con la qualità e la
spendibilità dei programmi di accoglienza.
XI. I programmi obbligatori e l’uso di sanzioni e/o di incentivi devono essere valutati
periodicamente per stabilire se concorrono a migliorare la qualità dei corsi e aumentare
la frequenza.
XII. Le buone pratiche suggeriscono che i programmi dovrebbero essere accessibili e di
qualità elevata e che il loro impatto dovrebbe essere valutato periodicamente.
XIII. Ci sono pratiche in alcuni paesi che sono offerti solo a certe categorie di immigrati
mentre si dovrebbero prevedere interventi anche per gli atri gruppi.
XIV. L’integrazione è una responsabilità condivisa e molti attori sociali lavorano insieme per
produrre buone politiche e raggiungere risultati. E ‘ importante che tutti quelli che sono
coinvolti siano aperti ai feedback dei partner, dei collaboratori, dei beneficiari e dei
finanziatori
XV. La partnership tra diversi livelli di governo è governata attraverso la condivisione di
responsabilità e la consultazione sulle politiche e sulle allocazioni budgetarie.
XVI. I partner sociali puntano a far ottenere agli immigrati l’autosufficienza , e sono
idealmente coinvolti nella definizione dei progetti, nella finanziamento e nella
realizzazione dei programmi di integrazione.
XVII. I governi a tutti i livelli devono coinvolgere di più le aziende nel dibattito
sull’integrazione degli immigrati collegando i programmi governativi con i programmi di
responsabilità sociale delle aziende.
XVIII. I governi possono offrire aiuto alle piccole imprese e ad altre organizzazioni come ad
esempio i sindacati nei settori in cui molti immigrati hanno trovato impiego,
completando le capacità formative di queste organizzazioni.
XIX. Le associazioni di immigrati come possibili fonti di informazione per i nuovi arrivati
possono essere coinvolte nei programmi di accoglienza coinvolgendole nei programmi di
formazione come modelli di buona integrazione. Le associazioni possono ricevere aiuti
per il rafforzamento delle proprie capacità e possono essere collegate a organizzazioni
di professionisti per assicurare i controlli di qualità.
XX. I programmi sono basati sulla valutazione, che mette in rilievo ciò che ha funzionato e
ciò che non ha funzionato.
XXI. La valutazione condotta in diversi paesi può essere raccolta e, sulla base delle
esperienze, è possibile definire standard qualitativi per la formazione linguistica e civica.
Tutto ciò dovrebbe essere fatto in stretta collaborazione con le agenzie educative
internazionali.
Capitolo 2
Cittadinanza attiva
Questo capitolo riguarda l’ampio campo della cittadinanza attiva da due punti di
vista: in primo luogo si esamina le organizzazioni che erogano servizi e si mostra
come potrebbero essere più accessibili per gli immigrati, in modo da promuovere il
senso di appartenenza; in secondo luogo si cerca di promuovere l’impegno delle
persone nella partecipazione sociale attiva. Immigrati e non immigrati possono
essere mobilizzati attraverso il dialogo religioso o i differenti aspetti della
cittadinanza attiva: partecipazione alle elezioni o ai gruppi di consultazione,
naturalizzazione, partecipazione sociale incluso il volontariato. Alla fine del capitolo
un box su come diventare organizzazioni aperte e inclusive specifica i pasi da
compiere per aprire le principali istituzioni e organizzazioni a tutti i cittadini.
Concetti chiave
- pari opportunità di accesso per tutti i cittadini
- competenza interculturale
- dialogo interreligioso
- cittadinanza attiva
- partecipazione sociale e volontariato
- formazione interculturale per gli e creazione di gruppi di lavoro sensibili alla dimensione
della comunicazione interculturale
Problemi aperti
- come promuovere a tutti i livelli la partecipazione dei beneficiari per facilitare la
partecipazione degli immigrati ?
- come promuovere il cambiamento culturale dei servizi per renderli più accessibili a tutti
- come fare in modo che la competenza interculturale diventi un requisito fondamentale
nei profili degli educatori, del personale scolastico, del personale degli enti locali, del
personale sanitario e dei servizi?
- Come formare gli operatori dei servizi ad un uso corretto dei servizi di interpretariato e
di traduzione?
- Come fare in modo che la partecipazione su temi comuni, di immigrati e locali,
contribuisca all’integrazione?
- Come fare in modo che il dialogo interreligioso divenga uno strumento di integrazione?
- In che relazione stanno cittadinanza attiva degli immigrati e diritti di voto,
naturalizzazione e strutture di consultazione?
- Come promuovere la partecipazione sociale degli immigrati e valorizzarne le
competenze?
Buone prassi a livello europeo
Come esempio di formazione, il Ministero Ceco del Lavoro e degli Affari sociali conduce un
progetto pilota di formazione a distanza per l’assistenza nell’integrazione degli stranieri.
Questo programma formerà gradualmente gli impiegati dei ministeri e delle agenzie per
l’impiego nei distretti. Uno degli obiettivi è individuare una metodologia per formare i tutor
nelle agenzie per l’impiego sulle competenze interculturali. Questi tutor poi formeranno gli
impiegati su come lavorare nei contesti multiculturali.
Il Comune e l’amministrazione dell’Ospedale di Alessandria, con l’appoggio del Locale Ufficio
Immigrazione, stanno lavorando per ridurre le difficoltà di accesso delle donne magrebine ai
servizi sanitari durante la gravidanza e per il parto. In primo luogo è stato condotto uno studio
sulla situazione personale delle donne e sulle loro convinzioni relativamente alla maternità e
alla nascita e sulle convinzioni relative alle strutture sanitarie. Poi gli staff dei servizi di salute
della provincia ( consultori, ostetriche, pediatri) e dei servizi comunali per l’infanzia (nidi
d’infanzia) sono stati formati sui temi dell’interculturalità. L’ultimo passo è stato indirizzato
direttamente alla popolazione immigrata dal Maghreb, sia uomini che donne, con lo scopo di
aumentare il livello di conoscenza degli scopi e dei metodi del servizio sociale.
In Germania il progetto “Supporto all’impegno civile per i rifugiati” della fondazione “Cittadini
per i cittadini” ha ricevuto il finanziamento dello stato dal 2001. I beneficiari sono sia rifugiati
che nativi. I partner locali, come le agenzie di volontariato, le agenzie di assistenza e gli
istituti per l’educazione degli adulti partecipano all’organizzazione di seminari e workshop
sull’impegno civile. L’obiettivo di questi eventi è motivare i rifugiti all’impegno civile e
suggerire concrete possibilità di partecipazione.
L’organizzzaone tedesca FORUM promuove il Residents’ Planning Studios come strumento
innovativo per stimolare la partecipazione sociale. Uno studio di pianificazione è organizzato di
solito in quartieri che stanno per ssere ristrutturati. Consiste in un gruppo di 10/20 residenti
appartenenti a minoranze etniche che seguono un programma per 3 mesi. In una serie di 10
workshop discutono i loro desideri e sogni in relazione alle questioni abitative e
sistematicamente catalogano i problemi e le opportunità presenti nel loro quartiere.
Collaborano con esperti per trasformare le loro idee in proposte utilizzabili, usando fotografie,
diagrammi e disegni. I piani vengono presentati agli uffici delle autorità locali, alle associazioni
per la casa, ai proprietari e sono disegnati per essere incluse dai decisori politici nei piani
ufficiali di sviluppo.
Diventare organizzazioni aperte e inclusive
Piano strategico e sviluppo politico
Il primo stadio comporta la formulazione di un piano organizzativo per rispondere alla
diversità della popolazione in termini di cultura, lingua, religione. Una forte determinazione dei
vertici è necessaria. Tutte gli elementi dell’organizzazione devono essere consapevoli del
piano e organizzare i propri piani di settore in modo coerente. Nelle grandi organizzazioni non
solo i piani generali, ma anche quelli di settore devono rispecchiare un impegno sulla
diversità.
Le priorità indicate nel piano devono avere corrispondenza nell’allocazione delle risorse.
Il piano comincia con la conoscenza della composizione dell’organizzazione e delle sue risorse:
quanti sono gli immigrati nell’organizzazione e quali sono i loro ruoli e caratteristiche.’ Un
inventario delle persone impegnate nell’organizzazione può essere il punto di partenza per
l’identificazione dei bisogni, ma anche delle competenze da mobilizzare.
Implementazione delle politiche
In un secondo momento l’organizzazione integra l’attenzione alla diversità nel funzionamento
dell’organizzazione a tutti i livelli. L’organizzazione assicura accessibilità a tutti i servizi e
attività e comunica regolarmente con persone di ogni provenienza. L’organizzazione tiene in
conto la competenza interculturale nel reclutamento del personale e offre opportunità
formative o assicura assistenza esterna per aiutare i gruppi o i singoli a confrontarsi con la
diversità.
Rendere conto e valutare
L’organizzazione relaziona sul numero e sulla provenienza dei clienti e dei partecipanti,
sull’impegno degli stessi alla definizione e all’implementazione delle politiche, sul numero degli
operatori che hanno ricevuto una formazione sulla diversità culturale,…I rapporti riferiscono
anche sugli sforzi fatti per raggiungere target diversi ( questi sforzi vengono descritti anche in
termini di allocazione delle risorse) e su come questi sforzi siano apprezzati dai gruppi
bersaglio. La regolare valutazione dei risultati costituisce un punto chiave dei piani di
implementazione delle politiche organizzative.
Capitolo 2 Conclusioni
I. Le strategie per rispondere ai bisogni specifici degli immigrati e per capitalizzare le loro
competenze aumentano il loro senso di appartenenza e di partecipazione alla società.
Le organizzazioni sia pubbliche che private devono basare queste strategie sull’equità e
la non-discriminazione. Idealmente esse sono pensate ad hoc, flessibili e regolarmente
valutate.
II. Adattare i servizi ai bisogni specifici di gruppi differenti di popolazione è uno sforzo di
collaborazione che richiede lo sviluppo di competenze interculturali nei servizi pubblici e
privati.
III. Reclutamento e formazione sono strategie complementari nella strutturazione di gruppi
di lavoro con competenze interculturali. Idealmente lo sviluppo di competenze
intercultuali nei lavoratori è una priorità più che lo sforzo di un momento.
IV. Le buone pratiche dimostrano che le organizzazioni che lavorano con esperti o tecnici di
organizzazione aumentano notevolmente la propria accessibilità agli immigrati.
V. La competenza interculturale può essere introdotta come uno standard (Europeo) di
qualità da tenere in considerazione quando i governi determinano il loro sostegno alle
organizzazioni o alle fasce deboli.
VI. La cittadinanza attiva sottolinea le competenze degli immigrati e facilita la condivisone
tra immigrati e nativi.
VII. La religione spesso gioca un ruolo positivo nel processo di integrazione, che può essere
promosso attraverso il dialogo tra le comunità religiose degli immigrati e tra queste e la
società in generale.
VIII. I governi devono prevedere facilitazioni per il dialogo intereligioso promuovendo la
formazione di piattaforme di discussione e contribuendo con risorse dove è necessario.
IX. La partecipazione ai processi politici è una delle dimensioni più importanti della
cittadinanza attiva. La partecipazione politica degli immigrati costituisce un’occasione di
integrazione e deve essere supportata in diversi modi, inclusa l’acquisizione della
nazionalità, la partecipazione alle elezioni locali e alle strutture consultive.
X. La rappresentatività e la legittimazione delle politiche è aumentata dall’estensione dei
diritti politici formali agli immigrati. Quando esistono i diritti formali, essi devono essere
applicati con impegno da tutti i soggetti, inclusi partiti politici.
XI. I governi devono assicurare i diritti elettorali a tutti i residenti almeno a livello locale e
devono ridurre gli ostacoli per l’esercizio dei diritti. Gli immigrati devono essere
incoraggiati a esercitare i diritti elettorali attraverso campagne informative e di
sostegno alle capacità, puntando in particolare sulle reti offerte dalle organizzazioni di
immigrati.
XII. Le strutture di consultazione a livello locale e nazionale hanno un ruolo nello stimolare
la partecipazione degli immigrati e nel promuovere le politiche di integrazione
comunicando i punti di vista degli immigrati ai governi e agli altri portatori di interessi.
XIII. La flessibilità nella composizione delle strutture di consultazione può essere utile per
favorire la comunicazione, tenendo presente che la rappresentanza può essere
realizzata in diverse maniere. Gli osservatori e i membri non votanti che prendono parte
alle sessioni delle strutture di consultazione possono contribuire ad aumentare la
trasparenza e la fiducia nelle strutture stesse.
XIV. La concessione di cittadinanza può essere uno strumento di integrazione. Facilitare la
naturalizzazione riduce la differenza nell’esercizio dei diritti tra cittadini e immigrati
residenti a lungo termine, e apre un ampio campo di opportunità per la partecipazione.
XV. Dove si utilizzano prove per la naturalizzazione, devono essere adattate alle condizioni
delle persone interessate. I corsi preparatori devono essere accessibili per gli immigrati
e di buona qualità.
XVI. Il volontariato è una forma di partecipazione sociale in cui gli immigrati giocano un
ruolo importante come cittadini attivi. Facilitare la loro partecipazione e valorizzare il
loro contributo promuove la loro inclusione e mobilizza le loro competenze.
XVII. Il coinvolgimento degli immigrati nelle organizzazioni di volontariato deve essere
promosso. Le strategie di reclutamento dei volontari dovrebbero tenere in
considerazione la diversità culturale.
XVIII. I governi a tutti i livelli devono dare il buon esempio applicando tecniche e strumenti
per l’inclusione e adottando l’apertura e l’inclusività come criteri di selezione per le
organizzazioni che ricevono fondi pubblici e partecipano agli appalti pubblici.
Capitolo 3
Indicatori
Questo capitolo considera gli indicatori come strumenti per i decisori politici e gli operatori. Gli
indicatori possono misurare la situazione reale degli immigrati e identificare in quale direzione
si sta muovendo l’integrazione. Essi possono segnare l’evoluzione delle politiche nel tempo. Un
uso di successo degli indicatori si basa sulla raccolta di dati appropriati e su un’attenta
selezione di indicatori coerente con gli obiettivi di integrazione.
L’esempio degli indicatori sull’integrazione:
Gli indicatori possono essere utilizzati come strumenti per:
- quantificare e qualificare il processo di integrazione
- sintetizzare complesse politiche di integrazione
- monitorare gli sviluppi e le tendenze e misurare i progressi
- mettere a punto gli obiettivi e i punti chiave per il processo e le politiche di integrazione
- identificare gli impatti non voluti delle leggi,delle politiche delle pratiche
- identificare gli attori che hanno un impatto sulla realizzazione del processo di
integrazione
- rilevare se le responsabilità degli attori sono rispettate
- dare avviso immediato dei potenziali allontanamenti dalle direzioni previste
- suggerire azioni preventive
- promuovere il consenso sociale sugli scambi in caso di limitatezza di risorse
- mettere in evidenza le questioni che sono state ignorate o tenute nascoste.
Concetti chiave
- indicatori
- misurazione, dati qualitativi e dati quantitativi
- valutazione partecipata
- confronto di buone prassi
- indicatori di risultato e indicatori sulle politiche
Problemi aperti
- chi sono gli immigrati e chi deve essere considerato tale? Dobbiamo riferirci alla
nazionalità o al paese di origine?
- Come vengono definite le seconde e le terze generazioni?
- Consideriamo gli immigrati come individui o come gruppi?
- Che cosa significa integrazione?
- Con quali dati devono essere confrontati i dati relativi all’immigrazione’
- In che modo assicurarsi che gli indicatori siano rilevanti?
- Come coinvolgere i beneficiari nella definizione degli indicatori?
- Come promuovere lo scambio e il confronto sulle buone prassi in Europa attraverso la
definizione degli indicatori?
Capitolo 3 Conclusioni
I. Per misurare meglio l’integrazione e l’impatto delle politiche di integrazione le
organizzazioni governative e non governative dovrebbero mettere a punto set di
indicatori di integrazione
II. Da una parte la possibilità di includere gli indicatori connessi all’integrazione degli
immigrati nei meccanismi esistenti di indicizzazione e di segnalazione può essere
esplorata. Dall’altra parte si può sviluppare un meccanismo unicamente per
l’integrazione degli immigrati che includa le dimensioni socioeconomica, culturale,
politica dell’integrazione.
III. Il benchmarking lavora selezionando standard da comparare. Gli indicatori
dovrebbero avere un’interpretazione chiara e esplicita: gli utilizzatori dovrebbero
sapere quale direzione di cambiamento rappresenta un progresso
IV. Consultazioni allargate dei portatori di interesse dovrebbero essere organizzate
sulle priorità e gli obiettivi connessi agli indicatori, e dovrebbero includere in
particolare le organizzazioni di migranti e di assistenza agli immigrati
V. Gli indicatori vengono utilizzati sia in fase di progettazione sia di valutazione dei
programmi e dei progetti di integrazione. Nei progetti finanziati da fondi pubblici la
valutazione dovrebbe avere una parte importante nella realizzazione e godere di
adeguate risorse
VI. L’ampliamento delle raccolte di dati relative alle questioni connesse
all’integrazione degli immigrati deve essere in linea con le indicazioni internazionali
e le linee guida europee (incluse quelle sulla protezione dei dati). Gli indicatori
possono essere utilizzati per individuare le aree carenti di dati e per individuare le
priorità. Quando vengono raccolti dati su particolari gruppi di immigrati, i criteri
per la scelta e la raccolta devono essere chiari e le informazioni raccolte non
devono essere usate per fini discriminatori
VII. L’ideale è utilizzare un assortimento di indicatori che le organizzazioni governative
e non governative possano utilizzare
VIII. Sia indicatori soggettivi che oggettivi possono essere individuati per indirizzare i
diversi aspetti dell’integrazione e la definizione e i metodi di raccolta dati possono
essere definiti per entrambe le categorie. Particolare considerazione deve essere
accordata a sviluppare metodi innovativi di ricerca che mettano in evidenza il
punto di vista degli immigrati e della società ospite
IX. Gli indicatori relativi alle politiche possono essere impiegati in particolare per
monitorare gli standard legali, i permessi e gli accorgimenti politici che facilitano
l’integrazione, gli indicatori di risultato possono essere utilizzati per individuare la
situazione degli immigrati e il raggiungimento degli obiettivi individuati per
l’integrazione. Bisogna usare particolare cautela nel mettere in connessione le
politiche con i risultati. Revisioni costanti dovrebbero essere fatte della
appropriatezza e coerenza degli indicatori, valutando la loro affidabilità , ogni
difficoltà tecnica e ogni problema di accessibilità dei dati.
X. Gli indicatori utilizzati per la comparazione internazionale devono riconoscere le
diversità nella definizione e nell’accessibilità dei dati
XI. E’ necessario differenziare i diversi livelli di indicatori. Per la comparazione
europea o internazionale, il più alto livello di indicatori dovrebbe avere ampio
grado di uniformità relativo alla definizione e al formato dei dati.
XII. Mano a mano che aumenta l’accessibilità dei dati e il sistema di monitoraggio
diventa più dinamico, gli obiettivi possono essere individuati per dare direzione
alle politiche di integrazione e per dimostrare la volontà politica di aumentare
l’integrazione
XIII. Impiegando gli indicatori di integrazione è bene sfruttare il potenziale di
innovazione della comparazione tra paesi. La comparazione tra i pesi Ue può
essere fatta partendo da un nucleo di indicatori chiave. I paesi con condizioni simili
possono impegnarsi in più ampi studi comparativi utilizzando indicatori più
approfonditi
XIV. La segnalazione delle politiche di integrazione può essere strettamente connessa
all’agenda legislativa.
Allegato
Trasformare le politiche in programmi
Questo allegato riassume i sette elementi chiave per la progettazione e la
realizzazione di programmi di integrazione. Sono basati sugli elementi raccolti nei
capitoli precedenti e sui principi di project management e programmazione
strategica. Possono aiutare i decisori politici e gli operatori a tradurre gli obiettivi
politici in programmi di integrazione. Inoltre i sette elementi possono essere
utilizzati come guida per gruppi di obiettivi e indicatori di performance oppure come
capitoli in un rapporto di valutazione. Infine, i sette elementi possono essere
utilizzati come cornice per scambiare buone prassi a livello nazionale e europeo.
I sette elementi individuati dal manuale sono:
- individuare le ragioni fondamentali dell’azione
- formulare il programma
- consultare i portatori di interesse
- definire il problema
- definire gli obiettivi
- decidere le strategie
- implementare il programma
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