UNIVERSITA' DEL SALENTO FACOLTA' DI SCIENZE SOCIALI, POLITICHE E DEL TERRITORIO Corso di Laurea specialistica in progettazione e organizzazione dei servizi sociali TESI IN STATISTICA La diversità del “folle “ Ricerca, analisi e prospettive di trattamento RELATORE : Chiar.ma Prof.ssa Tonia Candido LAUREANDA: Francesca Legittimo ________________________________________________________________________ ANNO ACCADEMICO 2009-10 INTRODUZIONE La definizione della “follia” si muove tra mille ambiguità in quanto non esiste una prospettiva teorica unanime sui caratteri della malattia mentale, sulle cause che la provocano e sulle modalità terapeutiche da adottare. Come dice R. Porter “la follia è stata e rimane qualcosa di elusivo” 1. Il disturbo mentale non è la manifestazione diretta e causale di disfunzionalità di natura organica, ma si esprime mediante comportamenti stravaganti e anomali non scaturiti necessariamente o in modo meccanico dal cattivo funzionamento dell’organismo. E’ mio interesse capire come la malattia mentale è stata vissuta nel tempo e soprattutto come è stata isolata e custodita. Ci si muove secondo una linea che parte dalla concezione della malattia mentale come realtà, arrivando poi alla considerazione secondo cui istituzioni e società rappresentano la <<Fabbrica della Follia>>2. Tutt’ora non si possiede alcuna certezza, nemmeno nei confronti della specifica terminologia, perché persistono ambiguità di tipo semantico, dovute all’intersecarsi di variabili di tipo medico (Follia = Malattia) e di tipo socio-politico e filosofico - esistenziale (Follia = etichetta sociale, con indicazioni di sintomi e carattere di persone strane o diverse). L’insuperabile incertezza teorica ed interpretativa, rispecchierebbe la paura delle diversità e stravaganze comportamentali, frutto del razionalismo occidentale, secondo il quale il malato psichico sarebbe portatore di comportamenti abnormi e pericolosi. 3 Pertanto, tutte le società, con opportune differenze storico – culturali, hanno preso misure per il trattamento della “follia”. La forma - follia ha subito continue trasformazioni, perché lo spartiacque tra normalità e follia, tra salute e la malattia mentale si è rivelato storicamente determinato, modellato sugli interessi, sugli orientamenti ideologici, sulle opzioni culturali delle classi dominanti. 4 Ciò su cui è importante riflettere è che le connotazioni circa la natura e il trattamento dei disagi psichici hanno subito l’influenza dell’organizzazione sociale, così da un lato la psichiatria si configura come la disciplina madre atta a comprendere e spiegare in modo scientifico la sofferenza mentale, mediante l’adozione di sempre più sofisticate strategie terapeutiche; dall’altro, la stessa psichiatria nasce e si giustifica nell’istituzione manicomiale che è soprattutto struttura di segregazione . E’ proprio la paura occidentale della diversità che porta a circoscriverla e controllarla, tentando di rimuoverla. 1 R. Porter , Storia della follia , Garzanti, Milano 1991 2 T.S. Szasz, La fabbrica della follia, Garzanti, Milano 1972. 3 M. Foucoult , Storia della follia nell’età classica, Rizzoli, Milano 1976. 4 A. De Bernardi ( a cura di), Follia, psichiatria, società, Franco Angeli, Milano 1982, p.12. Nel primo capitolo ho cercato di ricostruire il percorso storico della malattia mentale come fenomeno umano che ha interessato e interessa gli uomini e le donne appartenenti a qualsiasi cultura e popolo mai esistita ed esistente. Sono partita dall'analisi delle antiche civiltà che hanno popolato il nostro pianeta. Gli Egiziani spiegavano i malesseri psichici come qualsiasi altra malattia organica. Nell'antica Grecia invece, si dava un'interpretazione metafisica della “Follia”, si riteneva infatti che fosse una punizione divina. La stessa scia interpretativa era seguita dall' antica popolazione romana. Sarà Ippocrate poi che introdurrà innovazioni fondamentali per l'analisi dei disturbi mentali, individuando l'influenza dei fattori sociali ed ambientali sull'insorgere del disagio mentale e di aver dato una spiegazione erotica e sessuale all'insorgenza dell' Isteria, flagello soprattutto femminile. Bisognerà aspettare il XV Secolo perchè abbia inizio il grande internamento forzato dei malati mentali, Foucault descrive in maniera esemplare e dettagliata il processo di stigmatizzazione e di prigionia dei folli, nonché le condizioni disumane in cui queste persone erano costrette a vivere. Nel corso del XVIII secolo vennero fatti giganteschi passi avanti nel campo della psichiatria così come in altri settori grazie alla straordinaria e importantissima influenza dell'Illuminismo. Importante fu il superamento del medievale preconcetto secondo il quale il malato mentale fosse posseduto dal demonio. Inoltre, venendo meno con l'illuminismo il concetto dell'anima immortale, le malattie mentali iniziano a essere trattate con criteri decisamente più scientifici, inizia a essere riconosciuta l'importanza della psicoterapia nel trattamento di tali malattie, andando oltre quello che era il punto di vista somatico. Per quanto riguarda la storia della psichiatria dell'Ottocento, bisogna riconoscere che tale disciplina fu caratterizzata in quel periodo da un' importante crescita. L'impulso più forte fu dato però nel XX secolo con l'avvento inizialmente di nuovi filoni di psicoterapia, come la psicoanalisi freudiana che combatteva l'idea di incurabilità dei disturbi mentali, fino ad arrivare intorno al 1952 , quando furono sintetizzati i primi psico – farmaci aprendo nuove strada al trattamento delle malattie psichiche gravi. Sempre nel primo capitolo verrà preso in considerazione poi l'importante svolta avutasi in Italia con lo psichiatra F. Basaglia e la sua lotta per la chiusura dei manicomi. Nel capitolo due viene analizzato l'iter politico istituzionale della “Follia”. Si vedrà come in Italia e di specchio poi in tutta Europa, si è assistito ad un movimento politico culturale, ad un viaggio culturale attraverso i “meandri ideologici” rispetto al modo di concepire la malattia mentale e alle possibilità di cura delle persone che ne sono affette. Mi è parso interessante analizzare l'evoluzione legislativa e politica al fine della comprensione delle dinamiche attuali e soprattutto per favorire l'acquisizione della consapevolezza di quanto sia stato difficile, lungo e faticoso il percorso verso il riconoscimento dei diritti delle persone con difficoltà psichiche. La questione della “Follia” fino ai primi anni del secolo scorso era praticamente un aspetto appartenente all'ambito legislativo e cioè un problema di equilibrio sociale che le autorità giudiziarie dovevano garantire internando chiunque fosse da disturbo o scandalo per la comunità sociale. Non vi era quindi la prospettiva della cura, bensì quella della “detenzione”. Di fatto il malato mentale diveniva un prigioniero. Bisognerà attendere i primi anni del Novecento, perchè sul panorama legislativo italiano si affacci il primo tentativo di garantire il diritto della cura a chi soffre di disturbi mentali : L.36 del 1904. Nel capitolo due si analizzano i pregi ma anche i marcati limiti della legge, incapace nei fatti di dimostrarsi assertiva e essere garante dei diritti dei malati psichiatrici. Dal 1968 al 1978, forte diventa la voce dell'anti- psichiatria a cui aderiscono diversi medici e operatori sociali accumunati dalla certezza che la cura dei “pazzi” non può avvenire nelle mura delle istituzioni. Già nel 1968, con l'approvazione della Legge Mariotti, si inizia a parlare di Centri di Igiene Mentale (CIM), enti territoriali deputati a garantire la de-istituzionalizzazione, in quanto ci si è resi conto che contesto sociale- malattia e salute sono “pezzi del medesimo puzzle”: la malattia e la salute dipendono dalla società in cui si vive. Questo è il contesto intellettuale e culturale in cui nasce l'opera di Basaglia che si concretizza nella L. 180/1978 ripresa poi nella legge quadro 833/78 (con la quale viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale). La legge rappresenterà la svolta epocale nel modo di concepire il trattamento del malato mentale, si darà avvio alla chiusura delle istituzioni manicomiali, in nome della libertà, non solo fondamentale valore etico, ma anche essenziale strumento di cura. Basaglia parla infatti di “psichiatria democratica”. A trentanni dalla legge quadro appare necessaria una riflessione su quello che è stato il “dopo Basaglia”. Le domande che viene spontaneo chiedersi sono: quali sono stati gli effetti della legge quadro? I suoi principi sono stati rispettati? Cosa si è fatto o non si è fatto? Qual è la situazione attuale nel campo della salute mentale? Queste vengono affrontate nel terzo capitolo. E' documentato che in Italia tutt'ora in alcuni Servizi Psichiatrici vengono utilizzati metodi coercizione e contenizione, che ancora alcune strutture psichiatriche sono collocate lontano dai centri cittadini e che permeangono sistemi più o meno evidenti di ghettizzazione e marginalizzazione delle persone con difficoltà psichiche, che nelle nostre civili e moderne società vengono tristemente e vergognosamente definite “matte”. Si sente il bisogno di un cambiamento radicale e mentre ci si avvia o si tenta di avanzare verso una nuova psichiatria si fa sempre più pesante il problema etico sul valore della libertà, sui diritti di cura e di integrazione sociale e soprattutto alla scelta su come farsi aiutare. Nell'attesa che la psichiatria maturi prospettive nuove ed efficaci, tantissime persone restano intrappolate in utopici e fantastici progetti per il futuro che probabilmente mai concretizzeranno. Nel corso degli ultimi anni vi sono state varie proposte legislative miranti alla programmazione di interenti atti a prevenire le situazioni estremo disagio e dare risposte adeguate alle situazioni di sofferenza di singoli, gruppi o famiglie. Si fa riferimento ai progetti obiettivi '94-'96 e '98-'00 , in cui si sottolinea inoltre come l'obbiettivo primario di tutti gli interventi in campo psichiatrico sia quello di ridurre al minimo il rischi di stigmatizzazione sociale, di rifiuto ed emarginazione. Infatti non è solo la malattia a procurare inabilità , ma anche e soprattutto i processi di alienazione sociale. Tutto questo va a favorire la così detta “disabilità sociale”, e non solo dei pazienti, ma anche delle loro famiglie. Questo è un argomento ampliato e affrontato nel quarto capitolo richiamando alla mente il pensiero e il contributo di grandi sociologi del secolo corso, come Lemert, Goffman e Scheff. I processi sociali sono creatori di disuguaglianze e quindi devianza e infine malattia, disturbo mentale. E' come se la società costruisse criminali, “matti” e disadattati. E' la cattiva comunicazione tra l'individuo e la società a generare malattia e psicosi. Per capire quanto oggi i disturbi mentali influenzino la vita di molte persone e molte famiglie, nel capitolo cinque viene presentata un'indagine statistica. Si prendono in considerazione le malattie più diffuse è le più invalidanti sotto il profilo del funzionamento sociale psicologico e personale. Si cerca di fotografare l'intera popolazione differenziando tra le regioni e soprattutto tra i generi. Singolare è il dato che vede le donne maggiormente affette da disturbi psichici, quasi per ogni malattia e soprattutto nello spettro delle sintomatologie ansiose e depressive. Tali differenze vengono spiegate facendo riferimento al contesto storico, sociale e culturale. Ancora una volta viene rinforzata l'ipotesi della forte influenza della cultura e della società di appartenenza per spiegare l'insorgenza di alcuni disturbi e quindi per programmare delle strategie di fronteggiamento e cura.