IL PARCO
SCHEDA P10
gli animali scomparsi
N
Nella prima metà dell’Ottocento – come
documentato nella “Statistica della
provincia di Saluzzo” di Eandi - LE
LONTRE non solo erano presenti
nell’area dell’attuale PARCO DEL PO
CUNEESE, ma addirittura
“prosperavano” ad esempio alle falde del
Monbracco. Pare anche che fino agli anni
’60 fossero ancora presenti nei pressi di
Villafranca, alla confluenza con il Torrente
Pellice. E dopo? Che cosa è successo?
E’ successo che la lontra (Lutra lutra) è
diventata rarissima dappertutto e per due
motivi principali. Uno è la caccia, per via
della pelliccia e per il fatto di essere
considerata un animale nocivo.
Pregiudizio, quest’ultimo, che colpisce
molti animali che in realtà sono dei
regolatori degli equilibri numerici delle
popolazioni delle specie che predano.
L’altro è l’inquinamento delle acque.
Attualmente da più parti si invoca la
reintroduzione di tale mustelide. La lontra
troverebbe in alta valle (ad esempio nel
bacino del Lenta, affluente che il Po
incontra in prossimità del vallone di
Oncino) le condizioni ideali per la propria
sopravvivenza. Qui saprebbe come
divertirsi visto che l’acqua è il suo parco
giochi. Per essere pronti a riaccoglierla nel
PARCO DEL PO
CUNEESE con il
rispetto che merita
sarà quindi utile
conoscerla un po’
meglio.
Si tratta di un
animale che
predilige fiumi
con rive ricoperte
per lunghi tratti
dalla vegetazione anche
se in realtà non disdegna ruscelli e laghi,
purché l’acqua sia pulita! Coi suoi piedi
palmati nuota sospingendosi con la coda,
come i pesci; sul terreno invece – dove
rimangono caratteristiche orme raggiate si muove con più difficoltà. Se ne
osserviamo la testa probabilmente ci
ricorderà quella di una foca per via del
muso arrotondato, dei baffi, degli occhi
piccoli e vivaci e per le orecchie, provviste
di una membrana protettiva per le
immersioni. La struttura del corpo, invece,
con quelle zampette così corte, ci
ricorderà piuttosto la puzzola o la
martora. La sua pelliccia, folta e ruvida, è
composta di peli rigidi e bruno-lucenti che
ricoprono un sottopelo sottilissimo, più
chiaro: non appena si immerge, i lunghi
peli protettivi del suo manto si bagnano,
Con la partecipazione
della
Fondazione
Cassa
di Risparmio
di Saluzzo
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gli animali scomparsi
SCHEDA N. 1
appiattendosi sopra il morbido sottopelo
che resta così praticamente asciutto. La
sua capacità polmonare le consente di
restare diversi minuti sott’acqua.
Nella sua tana, a cui si accede per due
gallerie (una sbocca sotto il pelo
dell’acqua, l’altra in mezzo ad un
cespuglio) la femmina della lontra alleva
in primavera tre o quattro piccoli, nati
dopo circa due mesi di gestazione.
Sovente, per costruire il proprio rifugio, la
lontra approfitta delle buche naturali
scavate in primavera dalle piene,
allargandole e scavando la terra con le
zampe. Il suo metodo preferito di caccia
in acqua è l’agguato anche se in acque
poco profonde bracca i pesci nei
nascondigli da cui li estrae senza fatica. In
genere, mangia i pesci più piccoli
nuotando, mentre trasporta i più grossi
sulla riva dove li mangia tenendoli
saldamente con le zampe anteriori. Non è
raro (in Asia) l’utilizzo di tale mustelide –
dopo adeguato addestramento - nella
pesca. Dall’esame del contenuto dello
stomaco si è dimostrato peraltro che la
lontra è indispensabile al mantenimento
dell’equilibrio biologico perché la maggior
parte dei pesci ingeriti sono vecchi e
sterili. Il problema è stato condividere il
suo territorio con l’uomo, per il fatto che
quest’ultimo, notoriamente molto più
ingordo di lei, volendo tutti i pesci dei
laghi e dei fiumi per sé, ha sempre dato
una caccia spietata alla povera lontra fino
a farla scomparire da molti fiumi e da
molti paesi. Le poche lontre rimaste sono
cosÏ ora protette e piuttosto impaurite.
Conoscerle meglio è il primo passo per
evitare di fare una seconda volta gli stessi
errori.
Altro rappresentante dell’infelice categoria
“animali scomparsi” è la TARTARUGA
PALUSTRE (Emys orbicularis). A onor del
vero era difficile incontrarla anche
quando era presente. Si tratta di un
animale tranquillo, che insegue le sue
prede sul terreno ma che trascorre gran
parte della sua vita in acqua. Mentre le
tartarughe terrestri sono strettamente
vegetariane, le tartarughe d’acqua dolce
hanno un regime in gran parte carnivoro.
Tartaruga palustre.
Si nutrono soprattutto di invertebrati
acquatici e girini. L’inverno lo trascorrono
rinchiuse in un buco di un argine. Sono
capaci di resistere a grandi freddi e
sembrano anche in grado di sopportare
un congelamento totale. In primavera si
risvegliano e riprendono la loro attività. Si
accoppiano verso maggio-giugno e
successivamente depongono nel terreno,
a qualche metro dalla riva, 4-10 uova. E’
interessante ricordare che nessuna
tartaruga ha acquisito la facoltà, come i
serpenti o le lucertole, di riprodursi per
ovoviparità, procedimento che permette
agli embrioni di trovare nel corpo della
madre una temperatura sufficiente al loro
sviluppo). La crescita delle giovani
tartarughe è lenta ai nostri climi e i
maschi raggiungono la maturità sessuale
solo a 12 anni. D’altra parte ciò è
compensato dal fatto che raggiungono
Tartaruga palustre, giovane.
Foto: Archivio CEDRAP - Testi: Samantha Rosso - Disegni: Renzo Ribetto - © Parco del Po Cuneese - Mar. 02