rischi e precauzioni riguardo la trichinella in carni provenienti da

RISCHI E PRECAUZIONI RIGUARDO LA TRICHINELLA IN
CARNI PROVENIENTI DA ANIMALI SELVATICI
Le specie selvatiche rappresentano una delle fonti d’infezione più pericolose per il consumatore per
quanto concerne la Trichinella. Tali animali hanno infatti frequenti contatti con altri selvatici o
carcasse di questi e di conseguenza possono perpetuare il ciclo silvestre della Trichinella al
contrario delle specie allevate che invece hanno minori possibilità di contatto con eventuali fonti
d’infezione.
Le carni di animali selvatici che giungono al consumatore possono provenire da allevamenti ma in
buona parte derivano dall’attività venatoria che gioca quindi un ruolo cruciale
nell’approvvigionamento di selvaggina poi
distribuita soprattutto in ambito locale o
familiare. La specie cacciata più a rischio
per la Trichinella è rappresentata dal
Cinghiale, animale estremamente presente
nelle regioni Lazio e Toscana, che risulta
sensibile a questo parassita. Secondo uno
studio nel ventennio che va dal 1980 al
2000 vi sono stati 1.125 casi di Trichinellosi
umana di cui il 17,1 % per consumo di carni
di cinghiale oggetto di attività venatoria
(Rustichelli,
2001).
Resiste
ancora
l’abitudine in alcune zone di campagna di
consumare carne di volpe che è un animale
estremamente recettivo per una specie di
Trichinella presente sul nostro territorio (T.
Britovi). Tuttavia tale consumo (che era praticato per lo piu’ in tempi economicamente meno
prosperi del nostro paese) è rarissimo e in ogni caso le carni vengono consumate sempre ben cotte.
DISPOSIZIONI LEGISLATIVE
La normativa comunitaria attuale (Reg. 178/2002) definisce la caccia come una produzione
primaria (“tutte le fasi della produzione, dell’allevamento o della coltivazione dei prodotti primari,
compresi il raccolto, la mungitura e la produzione zootecnica precedente la macellazione e
comprese la caccia, la pesca e la raccolta di prodotti selvatici”) e di conseguenza soggetta ai
Regolamenti del pacchetto igiene; le persone che cacciano selvaggina selvatica, al fine di
commercializzarla per il consumo umano, necessitano di una formazione adeguata per poter
eseguire un esame preliminare della selvaggina stessa sul posto. E’ sufficiente che tale formazione
sia conseguita anche da una sola persona nell’ambito di un gruppo di cacciatori (definita “persona
formata”).
Il regolamento dopo l’abbattimento di un capo, dispone che:
la selvaggina sia privata il piu’ rapidamente possibile dello stomaco, dell’intestino ed
eventualmente dissanguata.
la persona formata debba effettuare un esame della carcassa e dei visceri asportati per
individuare eventuali caratteristiche indicanti che la carne presenta un rischio per la salute.
le carni di selvaggina selvatica grossa possano essere immesse sul mercato solo nel caso in
cui la carcassa sia trasportata a un centro di lavorazione della selvaggina (comprensiva di
testa e visceri nel caso di animali sensibili alla trichinella) e quindi presentata all’autorità
competente per l’ ispezione.
Se la filiera viene rispettata le carni ottenute sono assolutamente sicure anche per quanto concerne
la Trichinella, perché sottoposte ai canonici controlli sanitari.
Tale normativa non è applicabile, nel caso di cacciatori che forniscano piccoli quantitativi di carne
di selvaggina selvatica direttamente al consumatore finale (che puo’ essere anche un esercizio al
commercio al dettaglio o di somministrazione a livello locale che riforniscono il consumatore
finale). In questo caso si applica la legislazione vigente a livello regionale o locale. L’entità dei
“piccoli quantitativi” prima citati non è ancora stata definita anche se nelle Linee guida dei nuovi
regolamenti comunitari, attualmente ancora in fase di allestimento, verrà definito questo limite che
si aggirerà, per gli animali di grossa taglia quali i cinghiali, intorno a 1 capo/cacciatore/anno. Il
cacciatore deve comunque comunicare all’esercente dell’attività in commercio al dettaglio o di
somministrazione la zona di provenienza la selvaggina cacciata in forma scritta. Il commerciante
infatti ha comunque l’obbligo di documentare la provenienza dei prodotti e delle carni cedutegli,
secondo le disposizioni vigenti sulla rintracciabilità degli alimenti, in modo da poter sempre risalire
all’origine di un alimento.
ACCORGIMENTI E PRECAUZIONI
Possono essere adottati numerosi accorgimenti dai cacciatori, dagli esercizi di vendita, dai
ristoratori e da chiunque consumi carne di cacciagione per evitare di cibarsi di carni infestate da
Trichinella (le carni provenienti da stabilimenti autorizzati subiscono controlli accurati e sono
perciò estremamente sicure).
Una volta abbattuto un capo, segue solitamente da parte dei cacciatori l’eviscerazione e un esame
ispettivo della carcassa che dovrebbe teoricamente essere effettuata sul posto ma spesso alcuni
cacciatori effettuano alla fine della battuta di caccia; tuttavia la Trichinella è un parassita
microscopico che non puo’ essere rilevato a occhio nudo! La sua presenza non determina alterazioni
visibili nelle carni, e non comporta neanche sintomi nell’animale vivo che ha un comportamento
assolutamente normale prima di essere abbattuto.
Il modo migliore per inattivare completamente la Trichinella è la cottura
delle carni (70 C0 per pochi minuti sono sufficienti); puo’ essere quindi
una buona precauzione per cacciatori, ristoratori o consumatori in genere
di cinghiale non allevato, cuocere adeguatamente le carni, abitudine che
per una consolidata tradizione gastronomica, viene generalmente
effettuata.
Tuttavia è consuetudine comune fra i cacciatori., salumieri norcini,
preparare prodotti a base di carne fresca di cinghiale, magari con
l’aggiunta di carne suina, quali ad esempio insaccati (salsicce, salami,
etc..),prosciutti o capicollo. Tali prodotti non hanno subito nessun
trattamento con il calore e il procedimento per la loro lavorazione
(tritatura della carni, salatura, aggiunta di spezie, stagionatura, etc..) non
assicura la distruzione delle larve eventualmente presenti.
Una buona norma cautelativa (già adottata da alcuni cacciatori) è quella di
richiedere un esame di ricerca di Trichine nelle carni ad un laboratorio
specializzato (Istituti Zooprofilattici Sperimentali) basato sul prelievo di
piccoli campioni di muscolo dell’animale.
Figura 1: Borzillo, tipico
Infatti se un cinghiale è infestato presenterà con ogni probabilità larve in insaccato lucano a base di
carne d cinghiale
determinati muscoli quali:
Muscoli dell’arto anteriore
Diaframma
Lingua
E’ sufficiente prelevare 10 grammi di muscolo da una di queste zone e portarlo al laboratorio per
ottenere un responso sicuro e poter garantire la sicurezza delle carni; considerando che le carni di
cinghiali risultano migliori se lavorate a qualche giorno di distanza dall’abbattimento dell’animale
non vi è alcun problema riguardo i tempi di risposta del laboratorio.
Questa precauzione è indirizzata a:
Cacciatori che magari hanno avuto una battuta di
caccia particolarmente ricca
Commercianti al dettaglio che vendono selvaggina
cacciata localmente
Ristoratori che utilizzano selvaggina cacciata
localmente
Privati che intendono produrre insaccati per il
consumo domestico
Un’altra precauzione che puo’ essere adottata e’ il
congelamento. Dato che la caccia al cinghiale dura solo
per alcuni mesi all’anno (Ottobre – Gennaio solitamente),
l’approvvigionamento delle carni di questo animale è
concentrato in un breve periodo durante i quali se ne
accumulano anche grosse quantità; è quindi già comune a
Figura 2: Foto A. Fantauzzo www. coopfirenze/info Cinghiale in umido
molti, congelare tali carni per conservarle e utilizzarle nel
tempo secondo la necessità.
Non si hanno dati certi riguardo la possibilità che il freddo possa eliminare il parassita nelle carni di
cinghiale (come avviene invece nel maiale) tuttavia molti esperti ritengono che se il congelamento
viene effettuato a –20 C0 per 4 settimane è garantita la distruzione delle larve nei muscoli.
I congelatori domestici hanno una potenza variabile : quelli classificati come a 3 stelle (***)
raggiungono a stento temperature di –18 gradi centigradi mentre quelli a 4 (****) possono
raggiungere temperature anche di –30 e sono sicuramente piu’ idonei per operazioni di questo
genere. I sistemi di raffreddamento di esercizi di vendita non dovrebbero avere problemi a
sviluppare tali temperature ma in ogni caso bisogna assicurarsi che si stata selezionata un’adeguata
temperatura.
Sarebbe ideale congelare piccole porzioni, dato che i piccoli tagli si congelano meglio e il freddo
raggiunge con maggiore efficacia il cuore del prodotto al contrario di tagli eccessivamente grandi.
Essendo la Trichinella un parassita, non c’e’ pericolo che vi sia contaminazione di altre carni o
alimenti presenti nel congelatore.
Il trattamento in questione non può comunque considerarsi risolutivo, come lo è invece la cottura, e
non elimina con sicurezza il rischio.
Come detto i seguenti trattamenti:
Macinatura
Essicattura
Salagione
Affumicamento
Aggiunta di sostanze (spezie, antiossidanti,
conservanti, etc..)
Stagionatura
non sono metodi sicuri di eliminazione della
Trichinella presente nelle carni!
In ogni caso si ricorda che il commerciante ha sempre
l’obbligo di documentare la provenienza dei prodotti e
delle carni cedutigli dal cacciatore, in modo da poter
sempre conoscere la “storia” commerciale del prodotto.
Sono importanti quindi in caso di animali cacciati, Figura 3: Salsicce di cinghiale
informazioni quali:
Dati del fornitore (Nominativo, Indirizzo, etc..)
Tipo di alimento ricevuto (Tipo di animale, quali tagli sono stati ricevuti, etc..)
Indicazioni utili per individuare il prodotto (Data e luogo di abbattimento, data di consegna,
etc..)
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