LA RETE TRAPIANTOLOGICA NELLA REGIONE CAMPANIA: FOCUS SUL CENTRO REGIONALE TRAPIANTI (CRT) E LABORATORIO DI IMMUNOGENETICA E IMMUNOLOGIA DEI TRAPIANTI (LIT) ANTONIETTA PICASCIA1, PAOLO GIANNATTASIO2, CLAUDIO NAPOLI1,2 Struttura Complessa U.O.C. di Immunoematologia, Medicina Trasfusionale e di Immunologia dei Trapianti (SIMT) con annesso Laboratorio Unico Regionale di Riferimento di Immunologia dei Trapianti (LIT), Azienda Ospedaliera Universitaria, Seconda Università degli Studi di Napoli; 2 Centro Regionale Trapianti della Regione Campania, Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale “Antonio Cardarelli” di Napoli. 1 Abstract This report explains the transplantation organization in Campania Region and focuses on Transplantation Immunology Laboratory (LIT) and Regional Transplantation Centre (CRT). LIT plays a key role in immunogenetics donors graft characterization. CRT has a coordination function that involves donation management, staff training and donors procurement. In Campania Region, CRT and LIT activities are strongly integrated to better manage the transplantiondonation network. Introduzione In Italia, l’attività trapiantologica è regolamentata dalla legge n. 91 del 1 aprile 1999 che “disciplina il prelievo di organi e di tessuti da soggetto di cui sia stata accertata la morte encefalica e regolamenta le attività di prelievo e di trapianto di tessuti e di organi”. Tale legge affronta tutti i complessi e delicati aspetti del processo di donazione-trapianto di organi e tessuti, da quelli etici (trasparenza dei percorsi, pari opportunità tra i cittadini, modalità di espressione dell’assenso), a quelli socio-culturali (promozione dell’informazione della popolazione, raccolta della dichiarazione di volontà), fino a quelli più strettamente tecnici ed organizzativi. In particolare la legge 91 definisce l’organizzazione della rete trapiantologica nazionale articolandola in quattro livelli: 1. Nazionale, rappresentata dal Centro Nazionale Trapianti (CNT) e dalla Consulta tecnica permanente per i trapianti; 2. Interregionale in base alla quale si individuano, in Italia, tre aree (NIT Nord Italia Transplant program; AIRT Associazione InterRegionale Trapianti; OCST Organizzazione Centro Sud Trapianti) (Figura 1); 3. Regionale (Centri Regionali Trapianto); 4. Locale (Coordinatori locali e Centri Trapianto). Recependo immediatamente lo spirito della riforma del Sistema Sanitario Nazionale, improntata alla regionalizzazione delle responsabilità e delle competenze in materia di salute dei cittadini, la legge 91 attribuisce un ruolo fondamentale di programmazione e di gestione alle strutture regionali. Il Centro Regionale Trapianti (CRT) è stato istituito in Regione Campania nel 1994 ed ha avuto sede presso l’A.O.U. Seconda Università di 34 Figura 1. Organizzazione della Rete Trapiantologica Italiana. A) NITp (Piemonte-Valle D’Aosta, Toscana, Emilia Romagna, Puglia, provincia di Bolzano; B) AIRT (Lombardia, Veneto, Trentino, Friuli-Venezia Giulia, Liguria e Marche; C) OCST (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Sardegna, Sicilia e Umbria). Napoli fino al 2009, quando, con la definizione del nuovo assetto organizzativo e funzionale, è stato trasferito presso l’A.O.R.N. “Cardarelli” di Napoli. Contestualmente presso l’A.O.U. Seconda Università di Napoli è stato istituito anche il Laboratorio di Immunologia dei Trapianti (LIT) individuato come Laboratorio Unico di Riferimento per i Trapianti di organi, tessuti e cellule della Regione Campania. In Regione Campania le attività del CRT del LIT sono fortemente integrate, il che agevola notevolmente la gestione del processo di donazione-trapianto. Nella Figura 2 è rappresentata l’organizzazione del sistema trapianti in Campania. Centro regionale trapianti Le funzioni svolte dal Centro Regionale Trapianti sono definite, in tal modo, dalla Legge 91: Centro Nazionale Trapianti Centro Regionale Trapianti Rianimazioni Centri Trapianti Laboratorio Regionale di Immunogenetica e Immunologia dei Trapianti (LIT) Figura 2. Modello organizzativo della rete Trapianti in Campania. - coordinamento della raccolta e trasmissione dei dati relativi alle persone in attesa trapianto nel rispetto dei criteri stabiliti dal CNT; - coordinamento delle attività di prelievo e dei rapporti tra i reparti di rianimazione presenti sul territorio e le strutture per i trapianti; - controllo sull’esecuzione dei test immunologici necessari per il trapianto avvalendosi di uno o più laboratori di immunologia per i trapianti allo scopo di assicurare l’idoneità del donatore; - assegnazione degli organi in applicazione dei criteri stabiliti dal CNT; - controllo sull’esecuzione dei test di compatibilità immunologica nei programmi di trapianto nel territorio di competenza; - coordinamento del trasporto dei campioni biologici, delle équipes sanitarie e degli organi e tessuti nel territorio di competenza; - cura dei rapporti di collaborazione con le autorità sanitarie e con le associazioni di volontariato. Tali funzioni sono riconducibili, fondamentalmente, a tre ambiti diversi: uno di carattere operativo, prevede, il coordinamento dell’evento donativo, dalla segnalazione del potenziale donatore all’allocazione e trapianto degli organi; un altro attiene alla gestione delle liste di attesa e la supervisione sulla valutazione della compatibilità immunologica tra donatore e ricevente, da svolgere in stretto raccordo con il Laboratorio di Immunologia dei Trapianti; ed un terzo riguarda la programmazione delle attività di promozione della cultura della donazione nella popolazione, il “procurement” dei potenziali donatori, la formazione del personale, i rapporti con la rete nazionale dei trapianti, con le associazioni di volontariato del settore e con le istituzioni. Coordinamento del processo donazione-trapianto. Il coordinamento di ciascun evento donativo è garantito da una centrale operativa attiva h24, 365 giorni l’anno, in cui personale medico, specificamente formato, fornisce supporto immediato e diretto al coordinatore locale (rianimatore) ed alle équipe chirurgiche in tutte le fasi del processo e cura i rapporti con la rete nazionale ed altre istituzioni eventualmente coinvolte. Tutto questo avviene nel rispetto di procedure, regolamenti e linee guida che regolano l’attività della rete regionale e nazionale secondo principi di qualità, sicurezza, tracciabilità ed equità. Il primo obiettivo dell’attività di coordinamento è l’acquisizione, nel momento in cui c’è la segnalazione di un potenziale donatore d’organo (POD) da parte di una Rianimazione regionale, di tutti gli elementi previsti dalle linee guida nazionali necessari al fine della definizione del rischio di trasmissione con il trapianto di patologie infettive o neoplastiche. A tale scopo è necessario, spesso, far ricorso ad indagini di laboratorio e strumentali di secondo livello, ad esami istologici estemporanei ed alla consultazione di esperti nazionali (second opinion). Contestualmente vengono raccolti e riferiti ai Centri trapianto tutti gli elementi utili a definire l’idoneità e la qualità degli organi. Rischio di trasmissione di patologie e qualità dell’organo sono due elementi essenziali nella scelta del ricevente dell’organo stesso (allocazione), a cui vanno ad aggiungersi il grado di urgenza del trapianto e la compatibilità immunologica tra donatore e ricevente. In alcune condizioni il trapianto di cuore, fegato o polmone rappresenta l’unica opzione terapeutica praticabile per pazienti con aspettative di vita altrimenti molto limitate; pertanto sono attivi programmi per l’allocazione prioritaria del primo organo compatibile a livello nazionale a tali pazienti. Questi programmi di trapianto in regime di urgenza indicano in maniera dettagliata le condizioni in cui deve trovarsi il paziente affinché possa essere attivata la richiesta, obbligano tutte le regioni a cedere il primo organo disponibile e prevedono anche le modalità di restituzione dell’organo alla Regione che lo ha ceduto. In assenza di richieste urgenti o di obblighi di restituzione, gli organi vengono allocati su base regionale, secondo algoritmi di selezione del ricevente dalle liste d’attesa regionali predefiniti, pubblici ed elaborati in base a criteri sia scientifici che etici. In generale, l’applicazione di tali algoritmi di selezione consente di coniugare in maniera bilanciata diversi criteri: le peggiori condizioni cliniche, la maggiore permanenza in lista d’attesa e la migliore compatibilità immunologica, percorso teso alla ricerca del candidato con il miglior “trasplant benefit”. Altro obiettivo prioritario del coordinamento dell’evento donativo è evitare che una risorsa preziosa e limitata come l’organo da trapiantare vada sprecata. Pertanto, qualora non esista nella lista regionale un ricevente adeguato alle caratteristiche di un organo disponibile, lo stesso viene messo a disposizione della rete trapiantologica nazionale affinché possa essere trapiantato in altre Regioni. L’esecuzioni di indagini infettivologiche, immunologiche ed istologiche e lo scambio di organi con altre Regioni, spesso richiedono il trasporto di campioni, organi ed équipes. Anche l’organizzazione di tali trasporti mediante mezzi dedicati, forze dell’ordine, mezzi pubblici o privati, ricade sotto la responsabilità del CRT. 35 Laboratorio di Immunologia dei trapianti Nell’ambito dei trapianti di organi solidi, il Laboratorio di Immunologia deve, da un lato, individuare il grado di compatibilità donatore-ricevente, attraverso la valutazione dell’identità degli antigeni HLA e la prova di compatibilità pre-trapianto, e dall’altro effettuare una periodica valutazione immunologica dei pazienti in lista di attesa, mediante screening ed identificazione degli anticorpi anti-HLA, la cui presenza risulta determinante ai fini della prevenzione del rigetto. Il LIT è una struttura operativa h24 per 365 giorni l’anno che assicura l’esecuzione delle indagini immunogenetiche necessarie per l’inserimento ed il mantenimento dei pazienti in lista d’attesa e per trapianto di cuore, rene e fegato e provvede ad aggiornare in tempo reale i dati relativi all’inserimento di nuovi pazienti, allo status clinico e ad eventuali esclusioni o sospensioni temporanee. Il LIT, inoltre, si fa carico della selezione dei pazienti candidati al trapianto tra quelli presenti in lista attiva (Tabella 1), applicando un algoritmo di selezione dei candidati più immunologicamente compatibili con il donatore ed escludendo quelli che presentano delle incompatibilità capaci di pregiudicare l’esito del trapianto. ti sono espressi sulla superficie di tutte le cellule nucleate. I geni sono raggruppati in HLA I, II e III classe, sulla base della struttura e della funzione delle proteine da essi codificate. Mentre le molecole di classe I, HLA–A,B,C, sono presenti su tutte le cellule nucleate e sulle piastrine, le molecole di classe II, HLA-DR,DQ, sono espresse solo sulle cellule immunocompetenti: linfociti B; cellule T attivate; monociti; macrofagi; cellule di Langherans e cellule dendritiche. I prodotti dei geni di classe III, invece, espletano funzioni immuno-correlate non direttamente coinvolte nella presentazione dell’antigene. Le molecole di I classe sono costituite da due glicoproteine: la catena alfa e la beta-2-microglobulina. La catena alfa è divisa in tre porzioni, una transmembrana, una citoplasmatica e un’altra extracellulare che è legata alla beta-2-microglobulina in modo non covalente. La catena alfa, a differenza di quest’ultima, che è una proteina uguale in tutti gli individui, è altamente polimorfica. Le molecole di classe II, invece, sono glicoproteine costituite da due catene, alfa e beta, entrambe composte da due regioni extracellulari, una regione trans-membrana e una coda citoplasmatica (Klein e Sato, 2000) (Figura 3). Tabella 1. Pazienti in lista attiva in Regione Campania Organo n° pazienti Rene 625 Cuore 52 Fegato 47 Il Sistema HLA Gli studi fatti per comprendere le basi ereditarie della compatibilità tissutale sono stati focalizzati principalmente sul sistema antigenico HLA (human leukocyte antigen). Il sistema HLA è stato scoperto negli anni ‘50 da Dausset che descrisse la presenza di anticorpi nel siero di donne pluripare o soggetti politrasfusi capaci di interagire con antigeni espressi sulla superficie dei leucociti. Successivamente fu dimostrata la relazione tra questo tipo di anticorpi e il rigetto di cute e solo negli anni ‘70 e ‘80 è stata chiaramente dimostrata la correlazione tra compatibilità HLA e migliore sopravvivenza dell’organo e del paziente. Il successo di un trapianto dipende dalle risposte immunologiche che un ricevente attiva nei confronti degli antigeni HLA del donatore e quindi molto è legato alla possibilità di modulare la risposta immunologica dell’ospite in maniera tale da prevenire quel complesso di eventi che potenzialmente possono indurre un fenomeno di rigetto iperacuto, acuto o cronico. Il Sistema HLA comprende una serie di geni del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) localizzati sul braccio corto del cromosoma 6 i cui prodot- 36 Figura 3.Struttura delle molecole HLA di I e II classe (da Klein J, Sato A. The HLA system. First of two parts. N Engl J Med. 2000, 343, 702-9). Tutti i geni HLA sono altamente polimorfici, come è documentato dal grande numero di antigeni e di alleli differenti per ciascun locus sia di I che di II classe. Tabella 2. Antigeni ed alleli HLA A-B-DR n° antigeni n° alleli Locus A 24 733 Locus B 49 1115 Locus DR 20 697 Inoltre, essendo i geni HLA espressi in maniera codominante, ogni individuo ha due alleli per ciascun locus. Il sistema HLA svolge una funzione essenziale nei processi di riconoscimento e discriminazione del self dal non-self, nella risposta immunitaria verso stimoli antigenici e nella modulazione sia della risposta immune cellulare che di quella umorale. In particolare le molecole HLA di classe I presentano peptidi endogeni non self (es. virus) ai linfociti T citotossici, CD8+, che cosi riconoscono ed eliminano cellule infette. Le molecole di classe II presentano peptidi esogeni (es. tossine) ai linfociti T helper, CD4+, inducendo così la produzione di citochine che aiutano la risposta immunitaria attraverso la produzione di anticorpi da parte dei linfociti B. Valutazione dell’istocompatibilità La valutazione della compatibilità donatore/ricevente presuppone lo studio del livello di somiglianza degli antigeni HLA ereditati e del livello di reattività immunologica di questi antigeni nelle prove di compatibilità sierologiche. Maggiore è l’identità degli antigeni HLA tra donatore e ricevente e maggiore è la compatibilità, minori risultano essere, quindi, le possibilità di rigetto dell’organo. Le differenze in termini di HLA tra donatore e ricevente vengono definiti mismatch (MM). Più alto è il numero di MM e minore è la compatibilità. La tipizzazione tessutale, che permette l’identificazione degli antigeni e degli alleli HLA sia del donatore che del ricevente, risulta essere il primo step da eseguire nella valutazione dell’istocompatibilità. Numerosi studi multicentrici hanno dimostrato, in particolar modo per il trapianto renale, che il livello di compatibilità HLA è strettamente correlato con la sopravvivenza dell’organo trapiantato a lungo termine (Opelz et al, 1999). Per quanto riguarda il trapianto cardiaco, il discorso risulta essere diverso in quanto quest’organo ha dei tempi di ischemia molto brevi (massimo 4 ore) per cui deve essere subito trapiantato dopo l’espianto. Per questa ragione la compatibilità HLA nei trapianti di cuore ha un peso minore, nonostante ciò, alcuni studi hanno dimostrato la stretta correlazione tra compatibilità HLA sul locus DR e sopravvivenza dell’organo a lungo termine (Opelz e Wujciak, 1994). La valutazione immunologica di un potenziale ricevente organo è influenzata anche dalla presenza in quest’ultimo di anticorpi preformati contro gli antigeni HLA del donatore. A tale scopo, la ricerca di una presensibilizzazione specifica nei riceventi, presuppone da un lato un’accurata analisi dei sieri dei pazienti attraverso la ricerca e l’identificazione periodica degli anticorpi anti-HLA e dall’altro l’allestimento delle prove di compatibilità finali, cross-match, che vengono messe a punto nell’immediato pre-trapianto e che permettono di discriminare o meno la presenza nel sie- ro del ricevente di eventuali anticorpi donatore-specifici, predittivi di un eventuale rigetto. Tipizzazione tessutale L’identificazione degli antigeni HLA viene determinata analizzando gli antigeni espressi sulla superficie dei linfociti (tipizzazione sierologica), oppure analizzando direttamente i geni codificanti le molecole HLA (tipizzazione molecolare). La tipizzazione HLA sierologica si basa sul principio della citotossicità complemento dipendente (CDC) e viene effettuata sui campioni biologici secondo il protocollo internazionale del National Institute of Health (NIH) degli U.S.A. modificato da Terasaki. Tale tecnica prevede l’utilizzo di vassoi preseminati con antisieri di origine umana o “monoclonali” diretti contro le specificità HLA-A,B,C (classe I) o HLA-DR,DQ (classe II) (Terasaki et al, 1978). Gli antisieri a specificità HLA nota vengono incubati con una sospensione di linfociti T e B del paziente in presenza del complemento. In caso di legame dell’anticorpo anti-HLA all’antigene corrispondente sulla superficie linfocitaria, in seguito all’attivazione del complemento, si verifica la lisi dei linfociti; quest’ultima viene resa visibile al microscopio a fluorescenza per mezzo di una sostanza colorante/stoppante la reazione (etidio bromuroarancio di acridina). La lisi cellulare è indice dell’evidente legame specifico tra antigene e anticorpo, esso fornisce un risultato positivo e permette di individuare il fenotipo sui vari loci HLA del soggetto tipizzato (Figura 4). Figura 4. Esempio di tipizzazione HLA mediante tecnica di citotossicità complemento-dipendente (CDC). A destra è illustrata la reazione della cellula con l’antigene HLA-B27 sulla superficie a contatto con antisieri specifici per B27. Il complesso antigene-anticorpo attiva il complemento e determina la morte della cellula che appare rossa. Viceversa a sinistra, gli antisieri anti B8 non legano gli antigeni sulla superficie cellulare, non attivano il complemento e non danneggiano le cellule che appaiono così di colore verde. 37 Con l’avvento delle tecnologie molecolari è stato possibile classificare le molecole HLA sulla base delle varianti alleliche delle sequenze del DNA evidenziando l’elevato polimorfismo genico dell’MHC. Le tecniche di tipizzazione molecolari sono divenute di uso comune nei laboratori di tipizzazione tessutale e comprendono diversi livelli di risoluzione (basso, medio, alto) (Bunce et al, 1997). Quasi tutte le tecniche molecolari utilizzano la reazione a catena della polimerasi (PCR) per l’amplificazione dei loci HLA da analizzare. La determinazione degli alleli HLA può avvenire mediante l’uso di oligonucleotidi sequenza-specifica (PCR-SSO) o di primers alleli-specifici (PCR-SSP). Mentre la PCR-SSO necessita di una seconda fase post-amplificazione con denaturazione, ibridazione e rilevazione colorimetrica o mediante l’utilizzo di microsfere fluorescenti, la PCR-SSP discrimina i diversi alleli nel corso stesso della PCR, riducendo notevolmente i tempi della fase di post-amplificazone. In quest’ultimo caso, l’assegnazione degli alleli consiste nella rilevazione diretta dei prodotti di amplificazione mediante corsa elettroforetica e successiva visualizzazione su gel di agarosio. L’interpretazione dei risultati si basa, infatti, sulla valutazione della presenza o assenza di uno specifico frammento di DNA amplificato delle corrette dimensioni e viene effettuata manualmente, utilizzando le tavole fornite con i kit, e con l’assistenza di software specifici (Figura 5). Ricerca e identificazione degli anticorpi HLA E’ ormai ampiamente documentato che, nell’ambito di trapianti di organi solidi e in particolar modo per il rene e per il cuore, accanto al livello di compatibilità HLA donatore/ricevente, uno dei maggiori ostacoli all’attecchimento di un organo è la presenza nel siero di un ricevente di anticorpi diretti contro gli antigeni HLA del donatore (Nankivell e Alexander, 2010). A tale scopo lo studio immunogenetico pretrapianto dei pazienti, con la ricerca e l’identificazione delle specificità anticorpali, rappresenta un momento indispensabile per valutare i candidati al trapianto ai fini dell’assegnazione di un organo compatibile (Terasaki e Cai, 2008). L’esposizione di un individuo ad eventi immunizzanti, quali gravidanze, trasfusioni e pregressi trapianti può determinare l’insorgenza di allo-anticorpi HLA. Pertanto, i candidati al trapianto di organo, necessitano di un monitoraggio periodico mediante lo studio degli anticorpi HLA al fine di prevenire e controllare meglio la risposta immune che si potrebbe avere a breve o a lungo termine dal trapianto (Eng et al, 2011). Per lo studio degli anticorpi HLA la tecnica più conosciuta e finora utilizzata è stata la microlinfocitotossicità complemento dipendente (CDC) in cui i linfociti ad HLA noto sono il bersaglio per rilevare gli anticorpi sia di classe IgG che di classe IgM, fissanti il complemento, eventualmente presenti nel siero dei riceventi. Questa tecnica però presenta alcune limitazioni legate in primo luogo alla costituzione di un pannello linfocitario che deve rappresentare tutte le specificità antigeniche più frequenti nella popolazione, alla evidenziazione di anticorpi non HLA specifici fissanti il complemento e alla necessità di disporre di cellule vitali (Altermann et al, 2006). Nel corso degli anni, sono state introdotte tecniche in fase solida quali l’immunoenzimatica (ELISA) e, Figura 5. Esempio di interpretazione di una tipizzazione HLA con tecnica SSP. L’amplificazione delle bande nel pozzetto 1, 4, 24, consente di assegnare il genotipo HLA A*01 al soggetto tipizzato. 38 ancora più recentemente, metodiche chemioluminescenti con l’ausilio del sistema Luminex o del Citofluorimetro che utilizzano antigeni HLA purificati legati al fondo di pozzetti nel caso del sistema ELISA e/o a biglie fluorescenti nel caso del sistema luminescente (Tait et al, 2010) (Figura 6). L’introduzione di questi saggi in fase solida ha consentito una maggiore sensibilità nonché una aumentata accuratezza nell’identificazione delle singole specificità anticorpali di classe I e di classe II (Tait BD et al, 2009; Pajaro et al, 2010). Inoltre questi sistemi consentono l’individuazione anche di anticorpi a basso titolo e/o non fissanti il complemento che potrebbero avere un importante impatto clinico e rappresentare un significativo fattore di rischio di rigetto. Prova di compatibilità (Cross-match) Pazienti sensibilizzati, che presentano anticorpi HLA rivolti verso antigeni espressi sui linfociti del donatore, possono risultare positivi alla prova finale di compatibilità pre-trapianto (cross-match). Il cross- match consiste in una reazione tra il siero del ricevente ed i linfociti del donatore. La positività del cross-match rappresenta una controindicazione assoluta al trapianto in quanto in questi casi è molto comune il rigetto iperacuto (Patel e Terasaki, 1969). Il test sierologico correntemente utilizzato è la micro-linfocitotossicità complemento-dipendente (CDC) in cui i sieri dei riceventi vengono incubati con i linfociti B e T del donatore opportunamente separati, a cui segue l’aggiunta prima del complemento e poi della soluzione colorante/stoppante la reazione (etidio bromuro-arancio di acridina). Se nel siero del ricevente sono presenti anticorpi antidonatore si avrà la morte delle cellule che appariranno colorate di rosso a indicare un cross-match positivo mentre, in caso di assenza di anticorpi, le cellule rimarranno vitali e appariranno verdi (Figura 7). Questo test è utile per la rilevazione di elevate concentrazioni di anticorpi, ma non è in grado, in certi casi, di evidenziare la presenza di anticorpi HLA a LUMINEX Alloanticorpi nel siero te Trapiantologica Italiana. A) NITp (Piemonte-Valle D’Aosta, Toscana, ia di Bolzano; PE B)anti-IgG AIRT (Lombardia, Veneto, Trentino, Friuli-Venezia ST (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Sardegna, Antigene HLA purificat Figura 6. Sistemi di indagine degli anticorpi anti-HLA. Biglia fluorescente Figura 6. Sistemi di indagine degli anticorpi anti-HLA. 39 basso titolo o anticorpi che non attivano il complemento in pazienti immunizzati in lista di attesa per un trapianto. Frequentemente, per questa tipologia di pazienti, si affianca alla tecnica in CDC quella citofluorimetrica (FCXM) con la quale si ha la simultanea e indipendente separazione dei linfociti T e dei linfociti B attraverso l’impiego di anticorpi monoclonali cellulospecifici marcati con fluorocromi. L’identificazione del legame tra gli antigeni linfocitari e gli anticorpi presenti nel siero dei riceventi viene rilevata attraverso l’aggiunta di un anticorpo secondario antiumano Ig-marcato con fluocromo. Questo sistema permette di rilevare anche anticorpi che non attivano il complemento ed è risultata più sensibile e specifica rispetto alla tecnica sierologica sopra descritta. Infatti, pazienti con cross-match CDC negativo ma positivo in citofluorimetria si sono dimostrati a rischio per un aumentato numero di episodi di rigetto e per una precoce perdita di funzionalità dell’organo trapiantato (Graff et al, 2010). L’attività del LIT nel corso di un allarme trapianto Il LIT viene allertato dal CRT nel momento in cui viene segnalato un potenziale donatore d’organo in una delle Rianimazioni della Regione Campania. Sui campioni biologici del donatore fatti pervenire tempestivamente al LIT viene effettuata la tipizzazione HLA sierologica per la I e la II classe e la tipizzazione molecolare per i loci A*, B* e DRB1*. Tipizzato il donatore, si procede con la selezione dei potenziali riceventi di rene applicando un algoritmo informatizzato che tiene conto di una serie di parametri tra cui la compatibilità ABO, l’anzianità di iscrizione in lista, la classe di età donatore-ricevente, e la compatibilità HLA. Su questa selezione si effettua poi una successiva valutazione immunologica allo scopo di verificare l’eventuale presenza di anticorpi contro antigeni A. HLA del donatore. Se un ricevente selezionato presenta anticorpi specifici anti-donatore viene escluso in quanto, se trapiantato, sarebbe ad altissimo rischio di rigetto iperacuto. Nel caso del trapianto di cuore e fegato, poiché, fatta salva la compatibilità ABO, tra i criteri di selezione dei riceventi prevalgono quelli legati a parametri clinici ed antropometrici, il LIT si limita ad escludere la presenza di incompatibilità immunologiche nel caso siano candidati pazienti immunizzati con anticorpi anti-HLA. Per questa tipologia di pazienti, infatti, occorre escludere la presenza di antigeni HLA proibiti ed è anche indispensabile l’esecuzione del cross-match. Il LIT, sui pazienti selezionati esegue le prove di compatibilità finali utilizzando di routine la tecnica CDC e in caso di pazienti immunizzati anche il cross-match in citofluorimetria. I cross-match per il rene sono vincolanti ai fini del trapianto, un risultato positivo rappresenta infatti una controindicazione assoluta all’intervento, per tale motivo le prove di compatibilità vengono eseguite in urgenza prima del trapianto, utilizzando almeno due sieri per ciascun paziente selezionato. Per il trapianto di cuore, le prove di compatibilità vengono eseguite in genere prima del trapianto in tutti i casi di donatori locali. Nel caso di organi prelevati da donatori fuori Regione, a causa del breve tempo di ischemia dell’organo, il crossmatch non viene eseguito e si tende ad assegnare l’organo a pazienti che siano risultati storicamente negativi alla ricerca degli anticorpi HLA. Per il fegato non vi è consenso riguardo all’utilità della prova di compatibilità pre-trapianto che, tuttavia, può essere svolta in un secondo momento al fine di stabilire una appropriata terapia immunosoppressiva; recentemente è stata invece evidenziata l’utilità del cross-match nei casi di ritrapianto di fegato (Goh, 2010) (Figura 8). B. Figura 7. Immagine al microscopio a fluorescenza di cross-match negativo, con i linfociti che appaiono colorati in verde (A) e cross-match positivo con i linfociti che appaiono colorati in rosso (B). 40 Allarme trapianto Se manca volontà espressa si chiede il consenso ai parenti Segnalazione da parte di una rianimazione, in seguito a decesso per morte encefalica, di POTENZIALE DONATORE D’ORGANO (P.O.D.) •Valutazione dell’idoneità clinica degli organi da parte del Centro Regionale di Riferimento Trapianti e del Centro Trapianti •Allocazione dell’organo. Attivazione dell’équipe dell’équipe chirurgica per il prelievo Invio dei campioni di sangue del POD dalla rianimazione al L.I.T. Tipizzazione HLA del donatore per i loci A*-B*-DRB1* Selezione dei potenziali riceventi Cross-match TRAPIANTO Figura 8. Schema di un processo donativo. Bibliografia Altermann WW, Seliger B, Sel S, Wendt D, Schlaf G. 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