SALA FILARMONICA SABATO 21 MARZO 2015 - ORE 20.45 ___ anne KaUn violino barocco JULIa CHMIeLeWSKa clavicembalo Francesco Antonio BONPORTI (1672-1749) Concertino III da: Concertini, e Serenate con Arie variate, Siciliane, Recitativi, e Chiuse a Violino, e Violoncello, o Cembalo, Op. XII Allegro Recitativo Allegro Georg Philipp TELEMANN (1681-1767) Sonata in re maggiore TWV 41:E1 da: Sei Suonatine per Violino e Cembalo (1718) Lento affettuoso Allegro vivace Adagio quasi Recitativo Allegro scherzando Francesco Antonio BONPORTI Inventione prima in la maggiore da: 10 Invenzioni a Violino solo, op.10 Cantabile Aria. Allegro Giga. Allegro Recitativo Bizzaria Johann Gottlieb GRAUN (1703-1771) Sonata in do maggiore Graun WV C:XVII:59 Recitativo Andante et Cantabile Pastorale 74 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Jean-Joseph de MONDONVILLE da: Pièces de Clavecin avec voix ou violon, op. 5 (1711-1772) 6. Mon ame ne mettra (Psalm 33, 2) 7. Pourquoy, mon ame (Psalm 41, 6) 8. Esperez dieu (Psalm 41, 7) Francesco Antonio BONPORTI Concertino V da: Concertini, e Serenate con Arie variate, Siciliane, Recitativi, e Chiuse a Violino, e Violoncello, o Cembalo, Op. XII Spiritoso Recitativo Allegro Allegro Recitativo Allegro STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 75 76 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 77 La violinista anne Kaun, nata nel 1986, è la vincitrice del Premio Bonporti 2013 (2° premio – 1° premio non assegnato); nello stesso concorso è stata premiata con il Premio Corelli per la migliore interpretazione di una sonata di Corelli. Nel 2012 si è laureata in medicina all’Università di Lipsia. Ha iniziato ad approfondire il suo interesse nella musica barocca nel 2009 con la Prof. Susanne Scholz presso la Hochschule für Musik und Theater “Felix Mendelssohn Bartholdy” di Lipsia. Ha completato i suoi studi privatamente con Georg Kallweit. Tiene concerti in tutta Europa e ha suonato presso Il Festival Grandezze e Meraviglie a Modena, Echi Lontani a Cagliari, il Telemann-Festtage Magdeburg e il Bach-Fest a Lipsia. Con il suo ensemble Camerata Bachiensis ha vinto l’International Telemann Competition 2013 presso Magdeburg, il Premio Selìfa a San Ginesio ed è stata premiata con il Gebrüder Graun Preis 2013 in Bad Liebenwerda (Germania). Anne Kaun viene spesso invitata come solista in molti ensemble barocchi tra cui Michaelis Consort, il Chursächsische Capelle Leipzig o il Leipziger Concert. Ha frequentato masterclass e suonato con P. Pandolfo, M. Kraemer, B. Kuijken, S. Kuijken, R.Goodman, A. Bernardini, P. Ayrton, O. Edouard, E. Gatti e R.Terakado. Da settembre 2013 studia al Royal Conservatory dell’Aia con Ryo Terakado grazie a una borsa di studio del DAAD (Deutsche Akademische Austauschdienst). Julia Chmielewska, nata in Polonia, è stata colpita per la prima volta dal suono del clavicembalo all’età di 16 anni, e ha frequentato le prime lezioni sullo strumento alla scuola di Nel 2004 ha vinto il primo premio in un concorso nazionale polacco per studenti delle scuole superiori, esperienza che ha incoraggiato la sua decisione di focalizzare gli studi solo nell’ambito della musica antica. Nel 2009 ha ottenuto il secondo premio al primo concorso la migliore esecuzione di un brano di J.S. Bach. Hochschule für Musik und Theater nella classe di clavicembalo di Nicholas Parle, dove ha ottenuto un Diploma accademico di secondo livello nel 2013. In questo periodo ha anche studiato fortepiano con Eckhart Kuper. Nel 2011 ha ottenuto una borsa di studio DAAD (Deutsche Akademische Austauschdienst). 78 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO note aL PrograMMa Quale arcana magia del suono, la voce che canta è da tempo immemorabile via privilegiata di contatto con l’assoluto, manifestazione percepibile d’un altrove bramato che si palesa fra gli uomini. È in ciò che risiede il suo potere irresistibile di seduzione, perché la voce che canta è fata morgana, compresenza vaporosa di terra e cielo. Inutile negare che la musica strumentale abbia cercato in essa la propria ragione il continuo rincorrersi, l’incessante imitarsi fra voce e strumenti – al punto tale da giungere a rovesciare antecedenti e conseguenti e a invertire il prestarsi idiomi e materiali correndo sulle vette del virtuosismo – è una costante della storia che le opere della letteratura musicale possono agilmente testimoniare. Uno strumento fra tutti ha da sempre dimostrato una prossimità straordinaria con le risorse espressive della voce: il violino, arma sonora che scocca anch’essa i suoi dardi da un punto fra il petto e la gola. Non a caso i secoli che del violino buona parte con gli anni del nascente strapotere del fenomeno operistico e del suo linguaggio, evento non necessariamente circoscritto, si badi, al solo regno della musica profana. Ma l’arco che unisce e al contempo distanzia il tramonto del Seicento dal Settecento maturo è l’era dell’Opera come lo è di Arcangelo Corelli, indiscusso modello per la musica strumentale per archi di gran parte delle generazioni a venire. Al suo esempio, forse con la sola eccezione di De Mondonville, si rifecero tutti i composidi stasera, le cui opere, accomunate dalla diversa coniugazione degli stilemi violinistici della grande scuola romana, si svelano apparentate anche da quell’iniezione di cantabilità fra le trame sonore che fu tratto distintivo della musica strumentale del tempo. Imitare la voce poteva voler dire seguirne la pulsazione ritmicendoli sulla curvatura delle linee melodiche; ma poteva spingersi ancora oltre, giungendo a insediare i pilastri della forma – assestatasi così saldamente nell’epoca del lussureggiare delle architetture della sonata a tre e del concerto grosso – disseminando tra i movimenti delle composizioni le scansioni libere dei recitativi, distillati puri della drammaturgia vocale. Ce ne offrono una prima testimonianza le due Sonate per violino di Georg Philipp Telemann e Johann Gottlieb Graun che punteggiano il programma. Le Sei Sonatine per violino (1718) di telemann rientrano fra le cinque raccolte pubblicate a Francoforte dal compositore, testimone irrinunciabile del fulgore e dello sviluppo della musica strumentale tedesca da camera del Settecento pieno. Esse contengono opere di piccola fattura, scritte con lo scopo principale di mantenere buoni e saldi i rapporti di lavoro in quella fase di transizione e di importanti spostamenti che caratterizzò la carriera del musicista negli anni Dieci del Settecento. A Heinrich XI Reuß-Schleiz e preceduta da un frontespizio riccamente decorato con una scena pastorale, un’incisione su disegno di Gioseppe de Angeli. Il forte carattere emblematico della rappresentazione, che coniuga all’ambiente pastorale simbologie erudite ci interessa direttamente, poiché sebbene le Sonatine non rientrino fra i lavori maggiori del compositore, esse traducono quell’incontro tipico della sua musica fra la sapiente arte del contrappunto e arità composta dello stile galante. Così ad accompagnare lo spumeggiare luminoso dei due Allegri di tratto più marcatamente violinistico della Sonata tWV 41:e1 (Allegro vivace – Allegro scherzando) spuntano da un lato un Largo affettuoso, che inaugura la Sonata con un incedere invaso di canto, dall’altro un Adagio in pieno stile di Recitativo, breve preludio al tempo di chiusura ricco però di sottintese articolazioni testuali. Un procedimento analogo è cifra stilistica eloquente anche della Sonata STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 79 di Johann gottlieb graun, esponente di una famiglia musicale di rango nella Germania del tempo, nonché violinista virtuoso e scaltrito compositore di musica strumentale: Recitativo, Andante et Cantabile e Pastorale sono i tre momenti di cui la sua Sonata in re maggiore graun WV C:VII:59 si compone, rispondendo a una sequenza che sembra voler dimenticare le tipologie tradizionali per seguire più da vicino suadenti orme teatrali. È tuttavia al ‘bizzarro’ stile di Francesco antonio Bonporti concerto, quello a cui maggiormente riuscì il far aderire alla pagina un connubio spontaneo fra strumento e voce. Formatosi a Roma, non si sa con certezza se con Corelli stesso, e vissuto a Trento per larga parte della sua vita, Bonporti fu musicista ‘dilettante’ al pari di Tommaso Albinoni e di Benedetto Marcello, ossia fu – nell’accezione consueta del tempo – dedito ad altra carriera e dunque non musicista di professione. Ciò non esclude affatto che egli abbia posseduto rare doti musicali, come dimostra la sua produzione, testimonianza di un altissimo magistero di scrittura. Bonporti fu un uomo di Chiesa e aspirò tutta la vita a un canonicato che non giunse mai; proveniva da una famiglia di nobili origini, aspetto non secondario per noi se si considera il fatto che proprio tale ascendenza gli consentì di non dover inseguire la protezione di facoltosi mecenati per la propria produzione musicale, ma di poter essere libero di coltivare uno stile personalissimo ed originale. Stile che attrasse compositori del calibro di Johann Sebastian Bach, il quale trascrisse quattro delle Invenzioni op. X del talento trentino alla cui falsa attribuzione si dovette proprio la riscoperta di Bonporti, avvenuta ad opera di Werner Wolfheim solo nel primo decennio del Novecento. La produzione del compositore, concentrata negli anni compresi fra il 1696 e il 1720 e condensata in dodici raccolte date alle stampe, è costellata di movimenti di Recitativo, laghi di cantabilità nei quali il compositore tenta la via più libera dell’espressività diffusa. L’ultima raccolta di Bonporti, i Con- 80 certini e Serenate con Arie variate, Siciliane, Recitativi e Chiuse a Violino, e Violoncello, o Cembalo op. XII, apparsa ad Augsburg senza data ma presumibilmente intorno al 1745, è la più ricca di immagini teatrali e appare pervasa da una drammaturgia sonora cui rispondono un libero trattamento della forma e una ricchezza inesauribile di modi nella proposizione di spunti e frammenti musicali. Esempio ne sono i due Concertini che ascoltiamo: in entrambi una cornice di movimenti veloci (due Allegro nel terzo Concertino, uno Spiritoso e un Allegro nel quinto), ora animati da scattosa frenesia, ora celati dietro eleganti movenze di danza, racchiudono vibranti Recitativi, i quali, su inusitate lunghezze, distendono fasce sonore e ceselli musicali di rara intensità, quasi adombrassero il sospiroso ‘accompagnato’ d’una scena patetica. Ma lo sfumare pressoché totale della dimensione strumentale in quella vocale si registra in modo sorprendente in una raccolta di pezzi di area francese per clavicembalo, voce e violino scritti da Jean-Joseph Cassanéa de Mondonville, strenuo partigiano della musica della sua terra che nella propria produzione strumentale, sacre e destinate al teatro, fu un vero innovatore. I Pièces de clavecin avec voix ou violon, ouvre V risalgono al1748 e furono dedicati al vescovo di Rennes. Nella prefazione De Mondonville spiega che la composizione di queste pagine era stata incoraggiata dal successo dei Pièces de clavicin en sonates op. 3, precursori dei più celebri Pièces de clavecin en concerts di Jean-Philippe Rameau, disposti su quella linea genetica che distinse il concerto strumentale di marca francese dagli esempi italiani. Aspetto singolarissimo dell’opera V di De Mondonville è che i brani che contiene, con il cembalo obbligato a fare da protagonista, potevano essere suonati assieme alla voce o dal violino, laddove essa non fosse a disposizione. La parte del canto di ogni brano, come i tre proposti all’ascolto, è dunque fornita del testo in latino di un Salmo, anticipato da una piccola didascalia introdutti- ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO va con una traduzione in lingua francese: «Mon âme ne mettra … » per In Domine Laudabitur (Salmo 33, 2), trattato con austero piglio concertante; «Pourquoy, mon âme» per Quare tristis es, anima mea (41, 6), dove onde sonore si alternano al ripiegare contrito di un incedere puntato, e «Esperez dieu…» per Spera in Deo (41, 7), illuminato da scintillii adamantini. Pur trattandosi di testi sacri l’impronta vocale è quella tipica del teatro musicale francese coevo, delle cui variazioni ornate e delle cui linee voce il violino solo sa essere interprete perfetto, aderendo con slancio sempre rinnovato a un testo musicalmente interiorizzato. È questo testo apposto, sia esso virtuale e immaginato o reale e taciuto, la cifra che suggella l’incontro fra suono strumentale e voce: sulla sua articolazione interiore la musica sembra sottrarsi al dato sensibile, per raggiungere quell’astrazione ma d’un anelito universale. Diego Procoli STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 81