Supplemento gratuito n. 7
a Il Nuovo Torrazzo n. 10
del 9 marzo 2013
SETTIMANALE
CATTOLICO
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Francesco
Il cardinale
Jorge Mario
Bergoglio
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di Buenos Aires
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Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
Nella foto
il cardinale
Jorge Mario Bergoglio
in un incontro con papa
Benedetto XVI
IL NUOVO
PAPA È NATO
NELLA
CAPITALE
ARGENTINA
NEL 1936
P
apa Jorge Mario Bergoglio è nato
nella capitale argentina Buenos Aires il 17 dicembre 1936.
Diplomatosi tecnico chimico, è poi
entrato nel seminario di Villa Devoto,
per intraprendere gli studi di preparazione al sacerdozio. Nel marzo 1958 è
passato al noviziato della Compagnia
di Gesù, compiendo studi umanistici
in Cile.
Nel 1963, ritornato a Buenos Aires,
ha conseguito la laurea in filosofia presso il collegio massimo “San José” di
San Miguel. Dedicandosi subito all’insegnamento come professore di letteratura e di psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fe e poi nel collegio
del Salvatore della capitale argentina.
Dal 1967 al 1970 studia teologia alla
Facoltà di Teologia del collegio massimo “San José”, conseguendo la laurea.
Ordinato sacerdote il 13 dicembre
1969, nei due anni successivi compie il
terzo probandato ad Alcalá de Henares,
in Spagna, per poi fare la professione
perpetua il 22 aprile 1973.
Maestro di novizi a Villa Barilari,
San Miguel, professore alla Facoltà di
Teologia, consultore della Provincia e
rettore del collegio massimo, dal luglio
1973 al 1980 padre Jorge Mario Bergoglio è stato provinciale d’Argentina.
Successivamente è nominato rettore
del collegio massimo e delle Facoltà di
Filosofia e Teologia della stessa Casa e
parroco della parrocchia del Patriarca
San José, nella diocesi di San Miguel.
Nel marzo 1986 va in Germania per
ultimare la tesi dottorale e viene destinato dai superiori al collegio del Salvatore. Passa poi alla chiesa della Com-
“U
Gesuita, filosofo e teologo
pagnia, nella città di Cordoba, come
direttore spirituale e confessore.
Il 20 maggio 1992 papa Giovanni
Paolo II lo nomina vescovo titolare di
Auca e ausiliare di Buenos Aires. Riceve l’ordinazione episcopale il 27 giugno
dello stesso anno nella cattedrale della
capitale argentina dalle mani del cardinale Antonio Quarracino, del nunzio
apostolico monsignor Ubaldo Calabresi e del vescovo di Mercedes-Luján,
monsignor Emilio Ogñénovich.
Il 3 giugno 1997, monsignor Jorge
Mario Bergoglio è nominato arcivescovo coadiutore di Buenos Aires e il 28
febbraio dell’anno dopo, alla morte del
cardinale Quarracino, gli succede.
Nel 1982 ha pubblicato “Meditaciones para religiosos”, quattro anni dopo
“Reflexiones sobre la vida apostólica”
e nel 1992 “Reflexiones de esperanza”.
Ordinario per i fedeli di rito orientale
n uomo semplice ma forte, molto vicino al
popolo, che ama profondamente la Chiesa e i
poveri”: così Emilio Inzaurraga, presidente del Consiglio nazionale dell’Azione cattolica Argentina,
raggiunto telefonicamente a Buenos Aires, racconta il nuovo Papa Francesco. Inzaurraga lo conosce
personalmente e lo ha incontrato diverse volte. Del
cardinale Bergoglio descrive un ritratto inedito.
Una grande sorpresa per il popolo argentino:
come vi sentite?
“È una sorpresa enorme. Non riusciamo ancora a
credere che il Papa sia argentino, siamo stupiti, contentissimi e pieni di speranza. È una grande emozione per tutti noi. Siamo contenti perché conosce
i problemi dell’Argentina, conosce la Chiesa latinoamericana. Ha molto carisma e ha lavorato molto
bene. Il cardinale Bergoglio è sempre stato una persona molto vicina al popolo, ci ha sempre esortato
alla missione e all’evangelizzazione. Una frase importante che ci ripete spesso è l’invito ad andare nelle
‘periferie’ a proporre Gesù. Penso che, in questo momento della Chiesa, darà un contributo significativo
Arcivescovo di Buenos Aires
residenti in Argentina, che non possono contare su un vescovo del loro rito
e Gran cancelliere dell’Università Cattolica Argentina, è stato creato da Giovanni Paolo II, nel Concistoro del 21
febbraio 2001, cardinale del Titolo di
San Roberto Bellarmino.
Relatore generale aggiunto alla 10ª
Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre dello stesso
anno, è stato in questi anni membro
delle Congregazioni per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, per il
Clero, per gli Istituti di vita consacrata
I poveri sono i suoi preferiti
alla nuova evangelizzazione in tutto il mondo.”
È un grande cambiamento per la Chiesa?
“Sì è un grande cambiamento per la Chiesa di
tutto il mondo. Come ha detto nelle sue prime parole, la Chiesa è andata a cercarlo ai confini della
terra, al Sud del mondo. Aprire la porta della Chiesa al Sud del mondo: anche questo è un segnale importante. Ma credo che il nuovo Papa farà lo sforzo
di tener conto di tutte le realtà.”
Il suo primo gesto significativo è stata la richiesta di essere benedetto dal popolo…
“Questo è un suo gesto caratteristico. Molte volte, quando abbiamo parlato, sia per telefono sia
personalmente, si congedava chiedendomi di pregare per lui. Lo fa con chiunque, che siano autorità,
giornalisti o gente comune. È una persona molto
DA IERI SERA
È PAPA FRANCESCO,
IL PRIMO NELLA
STORIA DELLA CHIESA
A OPTARE
PER IL NOME
DEL POVERELLO
D’ASSISI
e le Società di vita apostolica; del Pontificio consiglio per la Famiglia, della
Pontificia commissione per l’America
Latina e del Consiglio ordinario della
segreteria generale del Sinodo dei Vescovi.
Da ieri sera, l’argentino gesuita Jorge
Mario Bergoglio, 76 anni, è papa Francesco. Il primo nella storia della Chiesa
a optare per il nome del poverello d’Assisi. E l’umiltà e semplicità sono i due
tratti che ha subito mostrato affacciandosi alla loggia centrale della Basilica di
San Pietro in Vaticano.
semplice, di costumi molto austeri. In Argentina è
facile incontrarlo in metro, in autobus, che viaggia
da solo, senza accompagnatori o autisti.”
Un Papa latinoamericano che contributo darà
alla Chiesa?
“Userà comunicazione molto diretta, un modo
di esprimersi semplice. Penso che lavorerà molto
con l’idea di essere un discepolo e un missionario,
mantenendo la centralità in Gesù e la vocazione
alla santità. Allo stesso tempo darà impulso alla
missione, per portare questa proposta a tutti gli uomini di buona volontà. Approfondirà sicuramente
il tema della nuova evangelizzazione.”
Avrà una speciale attenzione per la Chiesa dei
poveri e i problemi dell’America Latina?
“Assolutamente sì. I poveri sono i suoi preferiti.
l’Udito Naturale:
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Tiene sempre conto di tutti, ma con uno sguardo
speciale sui più emarginati, che vengono considerati
gli scarti della società. Uno dei grandi problemi del
mondo è l’estrema povertà, le tante disuguaglianze
sociali. Penso che lavorerà molto perché questi temi
diventino visibili e siano all’attenzione del mondo,
per perseguire insieme il bene comune. E poi sì, credo che la scelta del conclave voglia dare attenzione
alla realtà cattolica dell’America Latina.”
Come Francesco affronterà le sfide più scomode nella Chiesa, come gli scandali pedofilia?
Quale pensa sarà la sua linea?
“Credo che seguirà la linea di Benedetto XVI di
tolleranza zero e allo stesso tempo starà attento alle
sofferenze delle vittime, con uno sguardo misericordioso sui peccati, ma con fermezza sulla giustizia.
Sicuramente lavorerà molto sulla selezione dei candidati al sacerdozio, la formazione nei seminari.”
In sintesi, un uomo semplice ma forte…
“Sì un uomo semplice ma forte e che ama profondamente la Chiesa. Che Dio lo aiuti, noi preghiamo per lui.”
14/02/2006
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GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
PREGHIAMO PER UNA
GRANDE FRATELLANZA
Speciale nuovo Papa
A
lle 19.06 il comignolo
montato sulla sommità
della Cappella Sistina ha regalato alla Chiesa di Roma
quello che migliaia di fedeli in
piazza San Pietro, milioni nel
mondo, stavano attendendo.
Il fumo bianco di clorato di
potassio, lattosio e colofonia
ha comunicato ai fedeli che il
Conclave aveva terminato il
suo lavoro. Applausi, lacrime
di gioia e grida a inneggiare il
Papa hanno animato la piazza
del Vaticano accompagnate
dai commenti che, col senno di
poi, sono state parole regalate
al vento. Forse pochi si aspettavano di vedersi affacciare dalla
loggia che domina l’ingresso
della basilica Jorge Mario Bergoglio, da ieri papa Francesco.
Sono trascorsi 60 interminabili minuti prima che il cardinale protodiacono Jean-Louis
Pierre Tauran si affacciasse e
annunciasse ai fedeli il nome
del nuovo Pontefice.
“Habemus Papam” le parole
che tutti attendevano, seguite
dal nome del cardinale: Jorge
Mario Bergoglio, che ha scelto
per sé il nome di Francesco, il
primo Papa a chiamarsi come
il santo patrono d’Italia. Il santo al quale il Signore chiese di
“andare e riparare la sua chiesa”.
L’apertura delle porte è stata accolta da un fragoroso
applauso. Così le parole del
cardinal Tauran. Ma ancora
qualche minuto di trepidante
attesa per i fedeli della Chiesa di Roma per abbracciare il
Santo Padre.
Con umiltà e uno sguardo
quasi stranito Papa Francesco
si è affacciato alla loggia che
domina la piazza della basilica. Lo ha fatto in veste bianca,
scegliendo la semplicità che lo
ha subito avvicinato al suo popolo. Le prime parole lo hanno fatto sentire ‘uno di noi’ e
i primi commenti regalati dai
fedeli alla rete lo hanno sottolineato. “Fratelli e sorelle…
buonasera” e San Pietro si è
sciolta in un boato e con lei lo
stesso Pontefice che si è aperto
in un sorriso capace di spazzare via la tensione.
“Voi sapete che il dovere
del Conclave era di dare un
vescovo a Roma; sembra che i
miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine
del mondo… ma siamo qui”.
Parole che hanno regalato al
globo l’immagine di un Papa
diverso da come probabilmente ce lo si aspettava. Da come
il silenzio e la tensione dipinta
sul suo volto avevano indotto a
pensare nel momento in cui si
è affacciato per la prima volta
sul loggiato della basilica. Un
Papa che ha fatto della semplicità il suo biglietto di ingresso
come pastore chiamato a guidare il gregge. Un Papa pronto a parlare il linguaggio della
sua gente. Un Papa capace di
generare simpatia ed empatia
alla prima parola proferita:
sarà stato quell’italiano zoppicante, quella quasi titubanza
nell’affacciarsi alla vista dei
fedeli, quello sguardo fermo e
insieme dolce.
Un Papa che ha ringraziato i
fedeli e che non si è dimenticato del suo grande predecessore,
Benedetto XVI, forte nel giorno in cui ricevette l’incarico
tanto quanto nella decisione
comunicata al mondo di lasciare la cattedra di Romano
Pontefice. “Vi ringrazio l’accoglienza – ha detto Francesco con un italiano venato da
inflessioni sudamericane – dela
comunità diocesana de Roma al
suo vescovo. Grazie. E prima di
tutto vorrei fare una preghiera
per il nostro vescovo emerito
Benedetto XVI; preghiamo
tutti insieme per lui perché il
Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca”.
Il Papa argentino si è così
unito per la prima volta in preghiera con il suo popolo. Un
momento straordinario per intensità e significato.
“E adesso – ha poi ripreso
il suo discorso – cominciamo
questo cammino vescovo e
“Fratelli e sorelle, buonasera...
prima di tutto vorrei fare una preghiera
per il nostro vescovo emerito Benedetto XVI...
E adesso cominciamo questo cammino vescovo
e popolo della Chiesa. Un cammino di fratellanza,
amore e fiducia tra noi...
E adesso vorrei dare la benedizione ma prima
vi chiedo un favore. Prima che il vescovo benedica
il popolo vi chiedo che voi pregate il Signore
perché mi benedica...
A domani... buon riposo”
3
PAPA FRANCESCO
SI È PRESENTATO
ALLA CHIESA
DI ROMA
E DEL MONDO
CON GRANDE
SEMPLICITÀ
popolo della Chiesa di Roma
che presiede nella carità tutte
le Chiese. Un cammino di fratellanza, amore e fiducia tra
noi. Preghiamo per noi, l’uno
per l’altro, per tutto il mondo
perché vi sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo
cammino di Chiesa che oggi
incominciamo sia fruttuoso
per la evangelizzazione di questa bella città”.
E nel momento successivo
papa Francesco, ormai scioltosi davanti alla sua gente,
arrivata da tutto il globo, ha
saputo creare quel legame
fondamentale per il cammino
“vescovo-popolo”. Lo ha fatto con semplicità. Lo ha fatto
ripartendo laddove il suo predecessore aveva lasciato, con
umiltà. Come Benedetto XVI
ha salutato San Pietro per la
difficoltà a proseguire nel faticoso progetto di guidare il
Popolo di Dio chiedendo, e
ottenendo, la comprensione
e l’amore dei suoi fedeli; così
papa Francesco si è rivolto ai
fedeli chiedendo loro aiuto. E
lo ha fatto con le parole di un
sacerdote che prima di tutto
è un uomo, piccolo di fronte
all’impegno di guidare la chiesa di Dio. “E adesso – ha detto – vorrei dare la benedizione
ma prima vi chiedo un favore.
Prima che il vescovo benedica
il popolo vi chiedo che voi pregate il signore perché mi benedica. La preghiera del popolo
chiedendo la benedizione per
il suo vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi
su di me”.
Quindi il raccoglimento prima della benedizione dell’arcivescovo di Buenos Aires,
divenuto Papa, sulla Chiesa di
Roma e su quella del Mondo.
Una benedizione che si è conclusa con un arrivederci, anche
questo informale, un “A domani, buon riposo” che ha scatenato ancora una volta la folla
che ha sentito il Papa ancora
più vicino. Questa la magia
che la Chiesa, con un suo pastore, è riuscita un’altra volta
a compiere. Questo il nuovo
giorno accolto con un sorriso
con un amore che si è sentito,
anche attraverso gli schermi.
Se il compito del Papa è quello
di guidare la Chiesa e i suoi fedeli nel cammino indicato dal
Signore, papa Francesco ha
dato un chiaro segnale “io sarò
al vostro fianco, camminerò
con voi”.
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4
Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
La lunga attesa: la S. Messa “pro
L
a lunga attesa per il nuovo
Papa è stata scandita da una
serie di riti e di momenti densi
di significati, seguiti da migliaia
di fedeli in piazza San Pietro a
Roma, grazie anche ai maxischermi, e da milioni di persone
in tutto il mondo.
LA SANTA MESSA
“PRO ELIGENDO”
Martedì 12 marzo. Si è conclusa dopo circa un’ora e cinquanta minuti, con il canto in
latino dell’Ave Regina, la messa
“pro eligendo Romano Pontifice”, atto d’inizio – di fronte a
tutto il “popolo di Dio”, che ha
gremito la basilica vaticana con
una fila per entrare cominciata
già qualche ora prima – dei
riti per l’elezione del 266°
successore di Pietro. Al centro
della celebrazione, l’omelia del
cardinale decano del Collegio
cardinalizio, Angelo Sodano,
che ha iniziato con un ringraziamento al Papa emerito Benedetto XVI, sottolineato dall’applauso della folla. “Allo stesso
tempo – ha proseguito – oggi
vogliamo implorare dal Signore
che attraverso la sollecitudine
pastorale dei Padri Cardinali
voglia presto concedere un altro
Buon Pastore alla sua Santa
Chiesa. Ci sostiene in quest’ora
la fede nella promessa di Cristo
sul carattere indefettibile della
sua Chiesa”.
“Nell’unità della Chiesa esiste
una diversità di doni, secondo la
multiforme grazia di Cristo, ma
questa diversità è in funzione
dell’edificazione dell’unico
corpo di Cristo”. Nel ricordarlo,
sulla scorta di san Paolo, il cardinale Sodano ha spiegato che
“è proprio per l’unità del suo
Corpo Mistico che Cristo ha
poi inviato il suo Santo Spirito
La Messa “pro eligendo”
e i cardinali mentre entrano
nella Cappella Sistina
e allo stesso tempo ha stabilito
i suoi Apostoli, fra cui primeggia Pietro come il fondamento
visibile dell’unità della Chiesa”. San Paolo, ha proseguito
Sodano, “ci insegna che anche
tutti noi dobbiamo collaborare
a edificare l’unità della Chiesa, poiché per realizzarla è
necessaria la collaborazione di
ogni giuntura, secondo l’energia
propria di ogni membro. Tutti
noi, dunque, siamo chiamati a
cooperare con il successore di
Pietro, fondamento visibile di
tale unità ecclesiale”.
Il cardinale decano, terminando l’omelia, ha chiesto a tutti
di pregare “perché il Signore ci
conceda un Pontefice che svolga
con cuore generoso tale nobile
missione. Glielo chiediamo per
intercessione di Maria Santissima, Regina degli Apostoli, e
di tutti i Martiri e i Santi che
nel corso dei secoli hanno reso
gloriosa questa Chiesa”. L’atteggiamento fondamentale di ogni
buon Pastore è dare la vita per
le sue pecore, ha detto il decano:
“Questo vale soprattutto per il
Successore di Pietro, Pastore
della Chiesa universale. Perché
quanto più alto e più universale
è l’ufficio pastorale, tanto più
grande deve essere la carità del
Pastore. Nel solco di questo servizio d’amore verso la Chiesa e
verso l’umanità intera – ha fatto
notare il porporato – gli ultimi
Pontefici sono stati artefici di
tante iniziative benefiche anche
verso i popoli e la comunità
internazionale, promovendo
senza sosta la giustizia e la pace.
Preghiamo perché il futuro Papa
possa continuare quest’incessante opera a livello mondiale”.
L’INGRESSO
IN CONCLAVE
Alle ore 16.30 di martedì,
secondo quanto stabilito dalla
Vailati
Congregazione generale dei
Cardinali, ha avuto luogo
l’ingresso in Conclave per
l’elezione del nuovo Romano Pontefice, come previsto
dall’Ordo Rituum Conclavis.
Dalla Cappella Paolina del Palazzo apostolico, preceduti dalla
Croce e seguiti dal Libro dei
Vangeli, al canto delle Litanie
dei Santi, i 115 cardinali elettori
si sono diretti in processione
alla Cappella Sistina dove, dopo
il Canto del Veni Creator, hanno
pronunciato il giuramento prescritto al n. 51 della Costituzione apostolica Universi Dominici
Gregis, emanata da Giovanni
Paolo II nel 1996. La Croce con
i candelieri avanti, i cantori della Cappella Sistina che intonano canti sacri poi alcuni prelati,
il segretario del Conclave, il
card. Grech, al quale è affidata
la meditazione: questo l’inizio
della processione, cui hanno
partecipato tutti i cardinali in
F.LLI SRL
ordine inverso alla precedenza
(prima i Diaconi, poi i Presbiteri e da ultimo i Vescovi). A
chiudere la processione il card.
Re, il cardinale primo in ordine
di precedenza, che ha presieduto l’assemblea, accompagnato
dal Maestro delle Cerimonie,
mons. Marini.
All’arrivo in Sistina, dopo
la lunga formula introduttiva
in latino pronunciata insieme
al card. Re, i singoli cardinali,
secondo l’ordine di precedenza,
hanno raggiunto il leggio collocato al centro della Cappella
Sistina e su cui è stato collocato
l’Evangeliario aperto e, mettendo la mano sul Vangelo, hanno
pronunciato il proprio nome e
la formula di adesione al giuramento. Subito dopo, tutti, a
eccezione dei cardinali elettori,
sono usciti dalla Sistina.
È il momento dell’extra omnes,
intimato dal Maestro delle
cerimonie liturgiche pontificie
alle ore 17.30 in punto. A quel
punto padre Grech ha tenuto
ai cardinali elettori la seconda delle meditazioni prevista
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Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
eligendo”, il Conclave, le fumate
dall’Universi Dominici Gregis: a
tenere l’altra, subito prima delle
Congregazioni generali, era
stato il predicatore della Casa
pontificia, padre Cantalamessa.
Dopo la meditazione, padre
Grech e mons. Marini hanno
lasciato la Sistina. A seguire il
primo scrutinio per l’elezione
del nuovo Papa. La prima giornata di Conclave si è conclusa
con i Vespri, prima del ritorno
dei cardinali nella Casa Santa
Marta.
Monsignor Marini,
dopo l’extra omnes, chiude
le porte della Sistina
ha emesso fumo nero, in anticipo rispetto alle 12, quado era
atteso il termine della votazione. È la seconda fumata nera,
dopo la prima di martedì sera.
Senza esito, dunque, anche il
terzo scrutinio dei 115 cardinali
elettori. Delusa, dunque, l’attesa dei molti fedeli e turisti che si
sono radunati sotto gli ombrelli,
in una Roma in cui la pioggia
continua a imperversare.
LA PRIMA FUMATA
La prima fumata di martedì,
intorno alle 19.40, è stata nera.
Gli occhi di tutti – fedeli,
curiosi, “addetti ai lavori” – in
questi giorni sono stati puntati
sul comignolo più famoso del
mondo: quello della Cappella
Sistina, dal quale sono uscite
le “fumate”, segno tipico del
Conclave in corso e poi dell’elezione del nuovo Papa. Le
fumate si realizzano bruciando
le schede al termine delle votazioni, non però di ogni singola
votazione, bensì delle votazioni
del mattino e delle votazioni del
pomeriggio.
Se non c’è un’elezione
oppure se l’elezione avviene
nella seconda votazione del
mattino o del pomeriggio, gli
orari normali sono intorno
alle 19 e intorno alle 12, ma si
tratta di un’indicazione molto
sommaria. Se, invece, l’elezione
avviene al primo scrutinio del
mattino o nel primo scrutinio
del pomeriggio, la fumata – che
in questo caso è bianca – allora
può verificarsi a metà della mattina o alla metà del pomeriggio.
L’elezione di papa Ratzinger –
in un Conclave avvenuto con lo
stesso numero di elettori – era
stata alla prima votazione del
MERCOLEDÌ:
PRIMA NERA POI BIANCA
pomeriggio e quindi la fumata
si ebbe dopo le 17.
LA GIORNATA TIPO
È intensa la “giornata tipo”
dei cardinali riuniti in Conclave. La colazione al mattino, a
Santa Marta, prevista tra le 6.30
e le 7.30. Alle 7.45 il trasferimento al Palazzo Apostolico
– con il pullman apposito o, a
scelta, a piedi – e, dalle 8.15 alle
9.15, la concelebrazione della
santa Messa nella Cappella
Paolina. Alle ore 9.30 entrano
in Cappella Sistina, recitano
l’Ora Media e fanno gli scrutini
della mattina. Alle 12.30 ritornano a Santa Marta e, alle 13, il
pranzo. Alle 16, di nuovo i 115
cardinali elettori si trasferiscono
alla Cappella Sistina: intorno
alle 16.50 gli scrutini del pomeriggio e alle 19.15 i Vespri con
cui i cardinali concludono nella
Cappella Sistina la giornata
delle votazioni. Alle ore 19.30
il trasferimento a Santa Marta,
alle 20 la cena.
LA SECONDA FUMATA:
ANCORA NERA
Mercoledì 13 marzo, alle ore
11.38, il comignolo della Sistina
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FUMATA NERA
IN DIRETTA
unedì e martedì, due giorni come tanti. Non per me. Per
caso – prendendo parte a un’uscita didattica programmata
da tempo – mi sono ritrovato a Roma nei giorni del Conclave. Roma è sempre impressionante per il profumo di storia
e arte che si respira nell’aria: i suoi monumenti e palazzi e
i dipinti conservati nelle sue chiese sono un piacere per gli
occhi, ancor più se all’università sono stati oggetti di molti
dei tuoi esami.
Ma lunedì e martedì tutto era diverso. Le emozioni davanti a San Pietro e al Colonnato – considerato simbolo di due
grandi braccia che accolgono a avvolgono i fedeli in un grande
abbraccio – erano amplificate dalla forte presenza di giornalisti, troupe, telecamere e cavalletti pronti a immortalare la
fumata bianca e intenti a intervistare i fedeli giunti da tutto
il mondo.
Impressionanti le postazioni mobili a piani costruite dal
Vaticano, così come le terrazze “private” affittate alle grandi
emittenti alla ricerca di immagini esclusive. 5.600 i giornalisti accreditati, oltre 300 le tv, in Vaticano per il Conclave:
lo aveva annunciato nei giorni precedenti alla mia visita il
portavoce della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi e l’ho toccato io con mano, salutando e sorridendo ai
rappresentanti della stampa e dei mass media che ho incontrato lungo la strada. Sembrava di essere un po’ a una Giornata
Mondiale della Gioventù, ma dedicata ai giornalisti.
Papa Ratzinger mancherà a tutti perché nei suoi otto anni
di pontificato è stato una grande guida e un grande vescovo
di Roma. Ma anche in me cresce forte l’attesa di conoscere
chi sarà il prossimo successore di Pietro: con un po’ di ansia,
non so perché, martedì alle 20 ho atteso “la fumata”, che tutti nella capitale attendevano nera. Lunedì ho sentito dire a
due sacerdoti che non sarebbe stata la riunione del Conclave
più breve della storia, come invece qualcuno ha ipotizzato sin
dall’inizio. Dopo il pontificato di Ratzinger, lo sguardo dei
fedeli è ora rivolto al futuro. Anche il mio. Non mi importa
la nazionalità del nuovo Papa (martedì un intervistato dalla
tv spagnola ha dato per certo un americano) e neppure se sarà
bianco o meno.
Ho visto la “fumata bianca” da casa, ma certamente ho
sentito l’elezione più vicina che mai avendo vissuto Roma i
primi due giorni del Conclave.
Luca Guerini
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Dopo quella, attesa e mancata, della mattina, neanche la
fumata bianca di metà pomeriggio c’è stata. La delusione
è cominciata a trasparire nei
volti di alcuni fedeli che anche
nel pomeriggio di mercoledì –
come hanno fanno da martedì
– stazionano nella piazza dove
sono puntati i riflettori del mondo. Anche il quarto scrutinio
del Conclave s’è dunque concluso senza esito.
I 115 cardinali elettori
procedono perciò con la quinta
votazione, la cui conclusione
è prevista intorno alle 19. E la
piazza continua ad attendere,
con la gente che affluisce favorita dall’orario classico del “dopo
lavoro”. Intanto, attorno alle
17.40, un gabbiano si è posato
sul comignolo della Sistina.
L’attesa delle persone in
piazza e del mondo intero che
guardava a Roma, è terminata
alle 19.06 con la fumata bianca:
da lì in poi, tutti ad aspettare
l’annuncio dell’Habemus Papam
e le prime parole del nuovo
Pontefice.
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Speciale nuovo Papa
I COMMENTI
6
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
Habemus Papam!
F
rancesco: ecco il nome del nuovo Papa che oggi
lo Spirito Santo di Dio ha donato alla sua Chiesa! Lo abbiamo tanto atteso, invocato nella preghiera, e ora che il Pontefice ha un volto e un nome preciso, tutto il mondo vuole conoscerlo più da vicino
e noi già sentiamo di volergli bene!
In questi giorni di attesa abbiamo tutti avvertito un vivo bisogno di paternità e il Papa proprio a
questo serve: per garantire una vicinanza paterna
che confermi gli uomini e li incoraggi nella via della
vera vita, siano essi credenti, siano persone lontane
dalla fede. Sorprendente è stata l’attenzione che i
media di tutto il mondo hanno rivolto a quanto si
stava preparando in Vaticano: segno che, comunque, la Chiesa cattolica richiama ancora l’attenzione del mondo, su di essa fa ancora conto, nonostante spesso l’opinione pubblica sembri farne volentieri
a meno!
E per quanto i pronostici circa i candidati al ministero petrino possano essere stati differenti, una
realtà è emersa con evidenza: l’uomo, di qualunque
provenienza geografica o spirituale, è richiamato
inevitabilmente attorno a un centro, in cui possa
confidare o da cui sappia di poter trovare benevolenza o indicazioni di vita, magari anche per confutarle, ma – molto di più – per poter attingervi una
nuova speranza.
Le inattese dimissioni di Papa Benedetto XVI
hanno dato a questo conclave un tocco di straordinarietà, così che l’interesse per la Chiesa si è accentuato notevolmente: la presenza di tanti inviati
speciali da tutto il mondo (si parla di 5600 giornalisti accreditati!) è indice della fame di verità presente
nel cuore degli uomini, che desiderano vedere attestata dalla Chiesa in questo nostro tempo tanto travagliato, anche attraverso impulsi inediti che Papa
Francesco saprà suscitare.
La rapida scelta del nuovo Papa (solo cinque votazioni!) è indice di un comune sentire tra i cardinali elettori, di una convergenza totale, frutto di una
piena docilità allo Spirito Santo, e di quell’impegno
responsabile che assicuri alla Chiesa di questo nostro tempo di svolgere un servizio d’amore a vantaggio dell’umanità.
Papa Francesco si è presentato alla grande folla
che riempiva, commossa e festosa, piazza San Pietro con una semplicità disarmante. Ha ricordato
con affetto il suo predecessore Benedetto e ha invitato tutti alla preghiera, chiedendo, in un momento
di improvviso e toccante silenzio, che si pregasse
per lui e per il suo ministero di vescovo di Roma, la
Chiesa che presiede nella carità tutte le altre Chiese.
In questi giorni molti hanno descritto un possibi-
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Commozione e gratitudine
le identikit del nuovo Papa, non solo hanno cercato
di individuarne la provenienza geografica, ma anche hanno segnalato le virtù che avrebbero voluto
riscontrare in lui. Si è scritto
che “il nuovo Papa dovrà essere evangelico e missionario”:
prerogativa che certamente
non differenzia qualcuno in
particolare, ma che accomuna
tutti i pastori, chiamati a pascere il gregge di Cristo!
A Papa Francesco auguro
che possa essere testimone,
maestro e custode della fede
in Gesù Cristo: è questa infatti la specifica funzione petrina. Toccherà poi alle singole
Chiese locali, diffuse su tutta
la terra, impegnarsi ad aiutare i battezzati e quanti sono
in ricerca di Dio a tradurre il
suo insegnamento incarnando
la fede in Cristo Signore dentro le vicissitudini del
tempo presente, perché l’umanità, spesso lacerata e
divisa, possa vivere un vero stile di famiglia, nella
pace e nella concordia.
Vorrei, infine, riprendere una verità già sottolineata nell’omelia per la recente festa degli anniversari
sacerdotali. È auspicabile che, almeno da parte dei
cristiani, ci si liberi da quel senso di stanchezza, di
sfiducia e di smarrimento che spesso emerge quando si parla della Chiesa, come se essa non fosse più
in grado di affrontare le presenti sfide. Nonostante
le sue intrinseche debolezze, dovute alla fragilità dei
suoi membri e le persecuzioni (anche mediatiche!) a
cui è sottoposta, la Chiesa è viva, tenuta saldamente
nelle mani del Cristo risorto, sostenuta da migliaia
di cristiani/martiri del nostro tempo, mentre proclama il Vangelo della misericordia come il Vangelo
più adatto a un mondo spesso miserabile.
Che la Chiesa è viva lo testimoniano le folle
di fedeli, accorse a più riprese in questi giorni in
piazza San Pietro. La loro presenza è indice non
di curiosità, né smania di protagonismo, ma di un
vero interesse per la Chiesa, da questa sera arricchita dalla testimonianza che Papa Francesco saprà
offrire attraverso l’immagine di una Chiesa povera,
umile e serva dell’umanità, ricca solo della potenza
del Risorto.
Auguro, infine, al nuovo Pontefice di adoperarsi
con tutte le forze perché la Chiesa tutta grondi di misericordia: sarà così la buona notizia per il mondo.
+ Oscar Cantoni, vescovo di Crema
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D
i fronte a questa sorprendente e sospirata notizia, reagisco
con tre sentimenti. Il primo è quello della commozione, il
secondo è quello della gratitudine e il terzo è un augurio.
Finalmente è arrivata la sospirata notizia, avevamo il cuore
in fibrillazione, eravamo disposti ad accogliere il nuovo papa
qualunque fosse il suo nome, la sua identità. Abbiamo vissuto
alcuni giorni al cardiopalma. Ora finalmente possiamo respirare a pieni polmoni: “Habemus papam…” e che papa!
Secondo sentimento è la gratitudine. Sento il dovere di dire
grazie allo Spirito Santo che ha assistito ai lavori e i padri del
conclave. Nel nuovo Papa ci è stato donato un servitore del
Vangelo, il servo dei servi di Dio, la guida del popolo di Dio
in cammino. Colui, che come Pietro ci conferma nella fede in
Cristo Signore.
Certo, ringraziamo Dio per averci dato Benedetto XVI, ma
ora le nostre più vive attese sono rivolte al nuovo Papa, anzi al
vescovo di Roma, il vescovo Francesco.
Terzo sentimento è l’augurio: non può mancare un augurio
all’eletto perché sappia mettersi in continuità con i suoi predecessori, ma anche farsi coraggioso assertore delle necessarie
novità; un papa che abbia il coraggio di tenere viva la memoria
dell’insegnamento del Concilio Vaticano II, un papa che abbia
il coraggio di realizzare alcune riforme che il
Concilio ha auspicato e che finora non sono
state realizzate, un papa che abbia il coraggio
di dedicarsi totalmente alla predicazione del
Vangelo, lasciando cadere tanti orpelli e tutto
ciò che appesantisce il cammino della Chiesa
di Cristo nella storia, un papa che dia l’esempio a tutti i vescovi che quello che conta non
è l’affermazione personale, o la ricerca della
visibilità, o la sola difesa di presunti diritti,
ma la fedeltà al Vangelo, la gioia del credere
e la totale sottomissione alla volontà di Dio.
Mi permetto di aggiungere una nota personale. Devo dire che, avendo saputo da
quanto ho potuto leggere che Giorgio Mario Bergoglio aveva già ottenuto dei voti nel
precedente conclave, io l’avevo fatto il mio
candidato personale e l’ho confidato a molte
persone. Questa sera da molti amici ho ricevuto dei messaggi e delle telefonate che mi hanno fatto un
grande piacere perché in qualche modo mi hanno riconosciuto,
in questa occasione, un “profeta”.
Vorrei anche mettere in evidenza lo stile del nuovo papa, di
papa Francesco che si è chiamato solo vescovo di Roma e non
è mai uscita dalla sua bocca la parola papa; secondo: ha voluto
essere benedetto dal suo popolo prima di benedirlo; e terzo: ha
scelto il nome di Francesco che è l’icona della povertà ed è risaputo che il papa Francesco a Buenos Aires ha aperto il palazzo
vescovile ai poveri e si è fatto loro vicino: avremo un papa libero
perché povero.
mons. Carlo Ghidelli
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Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
F
Pace e bene
rancesco d’Assisi piace a tutti e piace
molto. Scrittori, poeti, pittori e registi
cinematografici hanno proposto il “loro”
Francesco. A otto secoli di distanza, Francesco, il più vivo e attuale fra i santi, è
ancora presente non solo ad Assisi ma in
tutta la Chiesa.
Dopo l’annuncio dell’elezione di papa
Francesco ho ricevuto molti messaggi sul
mio cellulare e fra questi mi piace ricordare i primi quattro: “Pace e bene”; “Papa
Francesco un papa che mette in primo piano la preghiera”; “Sono felice che abbiamo un buon Papa. Francesco d’Assisi lo
custodisca”; “Viva papa Francesco. Siamo
felici. Vai a restaurare la mia Chiesa”.
Di seguaci di San
Francesco non ce ne
sono solo nel primo
o secondo ordine,
cioè tra i frati e le
suore, perché lo stesso Francesco scrisse
una regola per i laici
che volessero vivere
il Vangelo e che sono
tutt’oggi
presenti
nella Chiesa: i Terziari Francescani.
Quasi
nessuno
lo ricorda, eppure
mons. Tonino Bello
volle che fosse scritto sulla sua tomba ad
Alessano: Terziario Francescano. Anche
lui è dunque un santo figlio di Francesco
d’Assisi e così volle essere ricordato.
Per me che sono frate Cappuccino ogni
volta che pronuncerò il nome del Papa,
non potrò non ricordare quel grande
uomo: “Alter Cristus”, oppure come lo definirono i biografi “…non tanto un uomo
che pregava, ma un uomo fatto preghiera”.
Uniamoci in una preghiera corale affinché papa Francesco sappia vivere lo
spirito del poverello d’Assisi: annunciare
il Vangelo, e cioè che esiste un Dio morto
sulla croce e risorto che ci ha dato la vita
e celebrare i Sacramenti, momenti privilegiati dell’incontro con il Signore risorto e
presente nella sua Chiesa in semplicità e
gioia.
Fra’ Giuseppe
7
Nuova freschezza
Due nomi
D
S
opo l’elezione del nuovo papa, mi restano stampati
in testa due nomi e un’ironica riflessione. I due nomi
sono: Giorgio e Francesco. Il primo è quello di Battesimo del card. Bergoglio, il secondo quello del
successore di Pietro.
Giorgio è anche il mio nome. Non nego di
aver provato una certa emozione sentendolo
proclamare dalla loggia di San Pietro. Si collega con quanto Benedetto XVI disse il giorno della sua elezione. Vi ricordate? Si definì
“un semplice e umile lavoratore nella vigna
del Signore.” Bene: il nome “Giorgio” significa proprio “agricoltore”, “vignaiolo”,
come Gesù disse nel Vangelo: “Il Padre
mio è l’agricoltore”. Un nome di battesimo
che s’adatta perfettamente al nuovo Vescovo di Roma.
Francesco è il secondo nome che mi ha
colpito, dopo un primo disorientamento.
Quello che ha scelto per sè il 266° successore
di Pietro. Per la prima volta un Papa sceglie
il nome del poverello d’Assisi. Una bomba
spirituale. Certamente un grande segnale che già abbiamo colto dalle sue prime parole, dall’umiltà con cui s’è
presentato e dalle preghiere che ha recitato dalla loggia...
come mai è successo all’elezione di un Papa.
Parlando di Francesco non può non venire in mente la
frase che il Crocifisso gli disse, all’inizio della sua eccezionale testimonianza: “Va’ e ripara la mia Chiesa che,
come vedi, è tutta in rovina!” “All’udire quella voce –
scrive la vita – Francesco rimane stupito e tutto tremante,
perché nella chiesa è solo e, percependo nel cuore la forza
del linguaggio divino, si sente rapito fuori dei sensi. Tornato finalmente in sé, si accinge ad obbedire, si concentra
tutto nella missione di riparare la chiesa di mura, benché
la parola divina si riferisse principalmente a quella Chiesa, che Cristo acquistò col suo sangue (At 20,28), come
lo Spirito Santo gli avrebbe fatto capire e come egli stesso
rivelò in seguito ai frati.” Anche oggi la Chiesa (e il mondo) ha grande bisogno di restauro. E pare proprio che il
nuovo Francesco sia rimasto anch’egli un po’ stupito e
tremante... ma siamo certi che si darà da fare!
Ho detto che mi si è stampata in testa anche un’ironica
riflessione: il fallimento di tutte le chiacchiere dei giornali e dei media. Smentite tutte le previsioni, le illazioni,
le anticipazioni... persino le “soffiate” sui voti presi dal
card. Scola nel primo giorno di conclave. Lunghi elenchi di cardinali papabili nei quali non appariva neanche
per striscio Bergoglio. Quasi da ridere. E si rivela vero il
proverbio: chi entra in conclave papa, vi esce cardinale. E
tutte le discussioni dettate da nessun senso spirituale, ma
da tanta politica con tante banalità.
ono le ore 17.45, come ogni mercoledì pomeriggio mi trovo nel
mio ufficio nella sede della Cei e alcuni sacerdoti mi invitano ad
andare in piazza San Pietro. Anche se è ancora presto, la decisione
si è rivelata saggia: la piazza era già assalita da centinaia di persone,
segno di un’attesa molto sentita. Trovata una postazione “buona”,
il mio pensiero va al pomeriggio di martedì quando ho visto sfilare
e poi giurare i 115 cardinali elettori: quanti volti, di ogni continente,
di diverse culture! E la domanda: chi sarà il futuro Papa?
Dopo poco più di un’ora di attesa, ecco la fumata: bianca! Le
campane della basilica suonano a festa, la gente ormai ha riempito
completamente la piazza e il clima, nonostante la leggera pioggia, si
fa sempre più caldo e gioioso. Canti, urla di gioia, applausi.
Finalmente si apre la porta del balcone della Basilica e appare il
cardinale protodiacono per l’annuncio: “Habemus Papam”, l’applauso e la gioia della folla presente è incontenibile, prima ancora di
conoscere il nome. E finalmente il nome Georgium Marium card.
Bergoglio e poi il nome con il quale lo chiameremo: Francesco.
Davvero inattesa questa scelta, la fantasia di Dio è sempre capace
di sorprendere, lo Spirito Santo è un vento leggero, ma irresistibile.
È un uomo di cultura teologica e scientifica, di grande esperienza
pastorale e missionaria, che ha dimostrato di amare la Chiesa e di
non risparmiarsi nella dedizione per l’annuncio del Vangelo.
Su di lui ora si concentrano lo sguardo, le speranze, le attese di
miliardi di persone, non solo credenti, ma anche di molti uomini e
donne di buona volontà che guardano alla
Chiesa e al suo insegnamento come punto
di riferimento alto per valori che la nostra
società sembra aver smarrito. Il fatto che la
scelta si è concentrata su un non europeo
è significativo. È un’apertura di speranza,
un vento di freschezza che da Chiese più
giovani giunge nel cuore di questa Europa
stanca e disorientata .
Ma ora appare il Papa, accolto da un
grande applauso come segno di affetto e
riconoscimento del suo ruolo di pastore
della Chiesa universale. Simpatiche anche
le sue prime parole alla folla: “Buona sera”.
Significativi i primi segni posti: in primo
luogo la preghiera per il predecessore, la
sottolineatura del suo legame primo con la
Chiesa di Roma di cui sarà il nuovo Vescovo, la richiesta della preghiera per lui e il suo ministero. Qui la piazza è stata pervasa da un
silenzio impressionante. Ora la prima benedizione che accolgo con
trepidazione, ricordando tutte le persone che mi sono care.
Sento i primi positivi commenti: ha fatto davvero una buona impressione tra la gente, tra i religiosi e i sacerdoti presenti in piazza
San Pietro. Il nome di Francesco è impegnativo: è il Francesco missionario, annunciatore del Vangelo, ma soprattutto è il Francesco
riformatore della Chiesa. Piano piano la piazza, cuore della città di
Roma e del mondo, si svuota. Tutti torniamo alle nostre case, con
un pensiero nel cuore: grazie Signore!
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Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
C
osì, dopo due soli giorni di conclave, il Sacro Collegio ha eletto Papa Francesco, al secolo Jorge Mario
Bergoglio. Gesuita,76 anni, argentino di
origini piemontesi, con la fama d’essere
uomo di profonda spiritualità. Già nell’ultimo conclave del 2005 era stato inserito
tra i papabili di area progressista; stavolta
oggettivamente appare come una sorpresa
inaspettata, sottolineata anche dal silenzio
improvviso che è calato su Piazza S. Pietro, un attimo prima festante, colpita da
un nome che certo nessuno si aspettava.
Possiamo immaginare fin d’ora il fiume di retorica che si spenderà a proposito
della scelta del nome, Francesco come il
Santo d’Assisi, e sulle sue prime parole
improntate alla più assoluta semplicità.
Colpisce il suo continuo riferirsi al ruolo
di Vescovo di Roma, senza mai usare il
termine Papa. Ovviamente ora tutti o quasi saranno d’accordo, dopo che per oltre
un mese si è sproloquiato della crisi del Papato, nell’affermare che questo, per i motivi più diversi, sarà il Pontefice
adatto per i tempi difficili che ci aspettano.
Certo Nostro Signore non gli chiederà di risolvere tutti
i problemi della Chiesa e del mondo, ma semplicemente
di volergli bene di un amore straordinario: “Mi ami tu
più di costoro” ? (Gv. 21,15) La mia personale speranza
è che sia un Pontefice che si renda conto dello stato di
confusione e smarrimento che affligge in questi anni il
popolo di Dio. Che abbia la coscienza zelante di come la
sorte di tante anime dipenda anche dalle sue scelte. Spero in un Papa che non si faccia ammaliare dalle sirene
del politicamente corretto: il “bisogno di una maggior
apertura al mondo”, di “una svolta”, di “una Chiesa più
vicina alla gente”. Pensare, infatti, che le grandi decisioni
a cui la Chiesa è chiamata debbano adeguarsi al sentire
diffuso, attinto alle fonti inquinate del mondo moderno,
è pensare l’opposto di ciò che è necessario agli uomini.
I cristiani, e tutti gli uomini di buona volontà hanno bisogno infatti di guida e di ammaestramento, specie dalla
figura carismatica del Sommo Pontefice. Per questo c’è
bisogno di un Papa che parli chiaro, come insegna il Vangelo: “Sì, sì, no, no. Siamo stanchi di abusi liturgici, dottrinali e disciplinari. La crisi del cattolicesimo è iniziata
con la rincorsa al secolarismo. Dopo il Concilio Vaticano
II, la Chiesa ha nutrito aspettative che non sarebbe mai
stata in grado di realizzare se vuole rimanere fedele al
suo Fondatore. Adesso è il momento della Verità; quando
l’autorità è debole la Chiesa cade in disgrazia. Ma in fondo che diritto ho di parlare della Chiesa che vorrei: Essa
mi precede e mi seguirà. In tutta umiltà spero solo in un
Papa che come il suo antico predecessore sappia “obbedire prima a Dio che agli uomini”. Viva il Papa!
Palmiro Clerici
T
G
Diocesi di Crema
I COMMENTI
Secondo il cuore di Cristo
I COMMENTI
8
S
Ufficio Pellegrinaggi
ROMA
“Andiamo a salutare
papa Francesco”
PELLEGRINAGGIO
DIOCESANO
2-3-4-5
settembre
Una scossa
ì, sì, la fumata è bianca! Entusiasmo sulla piazza S.
Pietro a Roma. Le campane suonano a festa. Ancora
non si conosce il nome ma il mio telefonino è invaso
da amici e conoscenti che mi invitano ad accendere la
televisione. Sono da poco rientrato e il comignolo che
abbiamo visto in questi giorni comincia ad emettere un
fumo dal colore inequivocabile. Sì, è stato eletto il papa!
Tante immagini scorrono ma il pensiero si ferma su
un immagine certa. I cardinali hanno saputo dare un
forte segnale di unità della Chiesa ciò non era scontato
sia per la contingenza storica che la Chiesa vive e poi
ancora non è scontato che tutti i cardinali si conoscano
con culture, mentalità, visioni dei problemi tanto diverse quindi tutto si poteva protrarre nel tempo. Non è stato così e ciò è motivo di consolazione. Un forte segnale
di unità che per i cristiani non è frutto solo di buona
volontà umana ma di Mistero che i cristiani sanno che
agisce nonostante la miseria umana. La copertura mediatica è pressoché totale, io colgo attenzione ed entusiasmo su quella piazza. Una riflessione si aggiunge in
questo momento di attesa: tante persone che so agnostiche, cristiani delusi indifferenti, in attesa del conclave
commentavano in questi giorni un po’ smarriti l’assenza
del papa. Ho in realtà capito che ognuno di noi cerca
motivi di speranza, la speranza nonostante tutto. Habemus papam: il Cardinal Jorge Mario Bergoglio!!! Papa
Francesco. Sono un po’ scosso, una vera sorpresa, argentino, gesuita, latinoamericano. Una vera sorpresa,
ripeto. Ascolto il discorso e sento parlare di “cominciamo un cammino di fratellanza” ed ancora rimango
stupito che prima della benedizione urbi
et orbi chieda che il Popolo preghi e lo benedica. Lo ammetto sono un po’ frastornato e serviranno alcuni giorni per meditare tutto ciò che è successo in poco tempo.
La scelta del nome Francesco è inequivocabile: ritorno alla semplicità, un’attenzione alla carità non più fatta di parole o di
gesti scontati. L’esperienza semplice ma
molto forte di testimonianza della Chiesa
latinoamericana ci servirà. Penso ai nostri
Missionari cremaschi che hanno vissuto e
dato testimonianza in America Latina che
saranno orgogliosi di vivere quei luoghi:
la loro testimonianza è valorizzata perché
se i Cardinali hanno scelto di valorizzare
soprattutto questa esperienza pastorale un
significato dovrà pur essere compreso.
Ecco la semplicità, il nome Francesco con tutto il rimando al santo di Assisi. Una vera scossa che infonde
fiducia a tutta la Chiesa. Si volta pagina; il Padre eterno
è proprio vero non abbandona la sua Chiesa.
Emilio Guerini
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PASTOR Via Aurelia, 208; a 10 minuti a piedi da piazza San Pietro).
- Ore 15.00: apertura del pellegrinaggio nella basilica di San Giovanni in Laterano (cattedrale di Roma), con Santa Messa presieduta dal vescovo Oscar. Visita alla Basilica e al Laterano; chiostro
e Scala Santa.
- Ore 20.00: cena in albergo e serata libera.
MARTEDÌ 3 SETTEMBRE
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di Michelangelo), Colosseo e fori imperiali.
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- Pomeriggio: itinerario nella Roma barocca (Fontana di Trevi, piazza Navona, piazza di Spagna, palazzi governativi, ecc.).
- Ore 20.00: cena in albergo.
- In serata, itinerario “Roma by night” in pullman.
MERCOLEDÌ 4 SETTEMBRE
- In mattinata: partecipazione all’udienza del Papa in piazza San
Pietro.
- Pranzo in albergo.
- Visita ai Musei Vaticani e alla cappella Sistina (chiusura ore 17.30)
- Ore 19.00: Santa Messa in Santo Spirito in Sassia (presso la piazza
San Pietro).
- Ore 20.00: cena in albergo e serata libera.
GIOVEDÌ 5 SETTEMBRE
- Ore 7.15: Santa Messa in San Pietro.
- Ore 8.00: colazione in albergo.
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pellegrinaggio con il Vespro e la riflessione del Vescovo Oscar.
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GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
Speciale nuovo Papa
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Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
Il conclave nella
L’ELEZIONE DEL PAPA
CIOÈ IN UN LUOGO
Q
uello che si è concluso ieri e ha eletto
papa Francesco è stato il 75° Conclave
della storia della Chiesa. Nei primi anni del
cristianesimo l’elezione del pontefice avveniva
nell’assemblea dei cristiani di Roma. Ci fu anche
il caso di papa Fabiano che nel 236 venne eletto
poiché durante l’assemblea, una colomba si
posò sul suo capo, fatto che venne interpretato
come segno della volontà divina. Dal 336, su
decisione di papa Marco, l’elezione fu riservata
ai soli sacerdoti romani (i cardinali ancora oggi
sono titolari di una chiesa di Roma, come fossero,
appunto, parroci della città).
Durante i secoli spesso ci fu anche l’ingerenza di re e imperatori che imponevano alcuni
candidati o il veto su altri. Ottone I nel 964 si fece
attribuire da Leone VIII il diritto di nominare il
papa.
Nel 1059 papa Niccolò II decise di affidare l’elezione ai soli cardinali vescovi e, nel 1179, papa
Alessandro III stabilì che dovesse decidere l’intero collegio cardinalizio e fissò la maggioranza
dei due terzi dei voti per una valida elezione. Era
comunque sempre possibile l’elezione anche di
semplici maschi battezzati, regola che è rimasta
tuttora. Laico eletto papa fu Giovanni De’ Medici
nel 1513. Per incoronarlo si dovettero attendere
dieci giorni, il tempo necessario per ordinarlo
sacerdote e vescovo.
Nel 1198 i cardinali si riunirono per la prima
volta in clausura, ma la decisione dell’isolamento
della riunione cardinalizia verrà stabilita solo nel
1274 dal II Concilio di Lione.
IL CASO DI VITERBO
Panoramica della Cappella Sistina; nella pagina accanto, particolare del Giudizio Universale
Accadeva anche che i cardinali impiegassero
troppo tempo a raggiungere la maggioranza per
eleggere il papa e a mettersi d’accordo sul suo
nome. Il colmo fu raggiunto nel 1270 in occasione del Conclave di Viterbo quando, durando
ormai la sede vacante da ben 33 mesi, gli abitanti
della città laziale chiusero a chiave gli elettori
nella sala grande del palazzo papale e scoperchiarono il tetto per indurli a decidere in fretta.
Il papa eletto in quell’occasione, Gregorio X,
memore di questa vicenda, nel secondo Concilio di Lione del 1274, istituì il Conclave vero
e proprio per impedire i ritardi, i tentativi di
influenza esterna e le corruzioni che in diversi
casi si erano verificati; per garantire quindi la
libertà dei cardinali elettori e anche un tempo
ridotto per l’elezione del Papa. Venne stabilito
che i cardinali si riunissero in un luogo chiuso a
chiave all’interno e all’esterno, con una specie di
ruota per far passare il cibo, e per indurli a non
indugiare troppo, si stabilì che la quantità di cibo
destinata all’alimentazione dei porporati fosse
progressivamente ridotta con il passare dei giorni
fino ad arrivare a… pane e acqua!
IL PRIMO CONCLAVE MODERNO
Il primo Conclave come noi lo conosciamo
oggi è stato celebrato ad Arezzo, allora una
cittadina di 20.000 abitanti, nel 1276. Al ritorno
da Lione, Gregorio X, 65enne e malato, decise
di fermarsi ad Arezzo con il suo seguito. Mancavano pochi giorni al Natale 1275. Morì il 10
gennaio dell’anno successivo. E subito dopo iniziò il primo Conclave moderno. Arezzo divenne
così la sede di una vicenda storica e politica di
enorme portata.
Le regole, alcune delle quali oggi ancora seguite, erano ferree: i cardinali dovevano riunirsi,
ciascuno con un solo accompagnatore, dieci
giorni dopo la morte del papa nello stesso palazzo dove è avvenuto il decesso. Tutti dovevano
abitare in una sala comune, senza alcun contatto
con l’esterno. Chi avesse inviato scritti sarebbe
stato scomunicato (oggi c’è divieto di conversare
e avere comunicazioni via radio e telefono). C’erano poi norme sull’alimentazione: le prelibatezze aretine, passati tre giorni senza aver preso una
decisione, sarebbero state escluse dalla dieta che
a quel punto avrebbe previsto una sola pietanza
per pasto, mentre dopo cinque giorni solo acqua,
pane e vino. Quel Conclave durò un solo giorno,
al termine del quale fu eletto il domenicano
Pietro da Tarantasia, ovvero Innocenzo V.
Nel 1621, viene introdotto da Gregorio XV
l’obbligo del voto segreto e scritto.
IL NOVECENTO
Il primo Conclave del XX secolo è stato quello
del 1903 con l’elezione di Pio X, che introdusse
una novità: l’obbligo di conservare in archivio
la documentazione, a disposizione soltanto del
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Speciale nuovo Papa 11
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
storia della Chiesa
AVVIENE “CUM CLAVE”,
“CHIUSO A CHIAVE”
Santo Padre, sul Conclave e sui vari scrutini.
Nel Conclave del 1903, avvenne l’ultimo
tentativo di ingerenza laica nell’elezione del
papa. L’imperatore d’Austria pronunciò il suo
veto contro il cardinale Mariano Rampolla del
Tindaro. Il collegio cardinalizio respinse il veto,
ma elesse comunque un diverso candidato, il patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, che divenne
Pio X. Il neo eletto, nel 1904, finalmente stabilì
che i futuri elettori non avrebbero dovuto accettare mai più alcun “veto”.
Nel 1914 venne eletto, alla decima votazione,
Benedetto XV: fu l’unica volta in cui si procedette alla verifica delle schede perché il numero di
voti che aveva raggiunto Papa Benedetto XV era
esattamente quello dei due terzi dei partecipanti
e siccome era ritenuto invalido il voto dato da un
cardinale a se stesso, si doveva controllare che
Benedetto XV non avesse votato se stesso.
Nel 1922 Papa Pio XI (il cardinale Achille Ratti) fu eletto in assenza dei cardinali americani che
non riuscirono ad arrivare in tempo: per questo
egli stabilì con Motu proprio che il tempo di inizio
del Conclave, che prima era stabilito 10 giorni
dopo l’inizio della sede vacante, fosse aumentato
a 15 giorni.
Nel 1939 il Conclave vide la presenza, per la
prima volta, dopo molti secoli, di tutti i cardinali, che erano sessantadue: in due giorni e in tre
votazioni venne eletto Eugenio Pacelli, Papa Pio
XII. Dopo la guerra, nel 1945, fu promulgata da
Pio XII la Costituzione Vacantis Apostolicae Sedis
che introduceva alcune novità. Ai due terzi dei
voti previsti per l’elezione valida, venne aggiunto – per prudenza, diceva la Costituzione – un
voto: quindi divenne due terzi più uno. Questo
significava che non sarebbe stato più necessario
alcun controllo di schede, perché se anche uno
avesse votato se stesso, sarebbe stato quel voto
in più. Altra cosa molto importante fu che – dal
momento dell’inizio della Sede vacante – tutti i
cardinali cessano dal loro incarico, salvo tre: il
Camerlengo, il Penitenzieri e il vicario di Roma.
Nel 1958, venne eletto Giovanni XXIII che,
LA CAPPELLA SISTINA
DI MICHELANGELO
con il Motu proprio, Summi Pontificis electio, prevede, tra l’altro, la possibilità di conservare anche
appunti e note dei cardinali. Nella stufa sarebbero
state bruciate solo le schede. Nel 1970, un altro
importante documento: Ingravescentem Aetatem, il
Motu proprio con cui Paolo VI stabilì che in Conclave i cardinali potevano essere elettori soltanto
fino al compimento dell’ottantesimo anno di età.
LA LEGISLAZIONE IN VIGORE
Nel 1978 morì Paolo VI. Il Conclave fu un
molto numeroso, con 111 cardinali e tre assenti.
Alla quarta votazione venne eletto Albino Luciani, Giovanni Paolo I, il quale morì soltanto
33 giorni più tardi e ovviamente non fece in
tempo a fare nessuna legislazione relativa al
Conclave.
Nel secondo Conclave del 1978, all’ottava
votazione, venne eletto Karol Wojtyla, che nel
1996 emanò la Costituzione apostolica Universi
Dominici Gregis, in vigore ancora oggi. Diverse le
novità: per la prima volta venne fissato il luogo
in cui si dovesse tenere il Conclave, la Cappella
Sistina del Palazzo apostolico vaticano, un luogo che “ispira particolarmente al colloquio con
Dio”. Si stabilì inoltre il posto in cui i cardinali
dovevano risiedere, la casa Santa Marta.
Nel 2005, morì Giovanni Paolo II e venne
eletto Benedetto XVI, il quale nel 2007 cambiò
la Costituzione del suo predecessore soltanto su
un punto specifico – il numero 75 – con un Motu
proprio in cui lascia, dopo 34 scrutini, la facoltà
di decidere un altro tipo di votazione: il ballottaggio tra i due cardinali che hanno ricevuto il
maggior numero di voti nella precedente elezione. Non basterà, però, la maggioranza assoluta
(cinquanta per cento più uno), ma occorreranno,
in ogni caso, i due terzi dei voti, cioè la maggioranza qualificata.
Il 22 febbraio 2013, nello stesso giorno – la
festa della Cattedra di Pietro – in cui il suo
predecessore emanò la Costituzione apostolica ancora oggi in vigore, Benedetto XVI ha
emanato il Motu Proprio Normas Nonnullas, che
prevede alcune variazioni alla Costituzione, tra
le quali la possibilità per i cardinali di anticipare
la data d’inizio del Conclave rispetto ai 15 giorni
dall’inizio della Sede Vacante – come è avvenuto – e l’indicazione che per l’elezione valida del
nuovo Papa “si richiedono almeno i due terzi
dei suffragi, computati sulla base degli elettori
presenti e votanti”.
V
oluta definitivamente da Giovanni Paolo II come luogo ufficiale del Conclave perché “ispira particolarmente al colloquio con Dio”, la Cappella Sistina, dipinta quasi interamente da Michelangelo
Buonarroti, è lo spazio artistico più celebre e bello del mondo. Da nessun’altra parte si vivono emozioni spirituali come in questa cappella, visitata da milioni di persone ogni anno.
Prende il nome da Papa Sisto IV (papa dal 1471 al 1484) che la fece allestire tra il 1477 e il 1480. Per
decorarla chiamò i migliori artisti del tempo: Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Cosimo Rosselli. Dipinsero sulle pareti, in grandi riquadri, LE STORIE DI MOSÈ e DI CRISTO nonché
i RITRATTI DEI PONTEFICI, tra il 1481 e il 1482.
In seguito papa Giulio II (1503-1513), intuito il genio di Michelangelo Buonarroti, decise di affidargli nel 1508 l’incarico di dipingere la volta e le lunette. Michelangelo, scultore e architetto, non voleva
accettare. Lo costrinse. Dipinse tutto di propria mano. Nell’ottobre 1512 il lavoro era compiuto e il
giorno di Ognissanti Giulio II inaugurò la Sistina con una Messa solenne.
Michelangelo raffigurò nei nove riquadri centrali le STORIE DELLA GENESI, dalla CREAZIONE alla CADUTA DELL’UOMO, al DILUVIO e al successivo rinascere dell’umanità con la famiglia di Noè. Nelle vele
dipinse, seduti su monumentali troni, cinque SIBILLE e sette PROFETI; nei quattro pennacchi angolari le
SALVAZIONI MIRACOLOSE DI ISRAELE, mentre nelle altre vele e nelle lunette gli ANTENATI DI CRISTO.
Nel 1533 Clemente VII (1523-1534) incaricò Michelangelo di dipingere sulla parete d’altare il GIUDIZIO UNIVERSALE. L’artista volle rappresentare il RITORNO GLORIOSO DI CRISTO alla luce dei testi del
Nuovo Testamento. Lavorò dal 1536 al 1541, durante il pontificato di Paolo III. Ne venne un’opera di
sublime potenza, bellezza e spiritualità.
Gli affreschi della Cappella sono stati oggetto di un completo restauro tra il 1979 e il 1999. All’inaugurazione papa Giovanni Paolo II ha pronunciato una celebre omelia. “Gli affreschi che qui contempliamo – disse tra l’altro – ci introducono nel mondo dei contenuti della Rivelazione. Le verità
della nostra fede ci parlano qui da ogni parte. Da esse il genio umano ha tratto la sua ispirazione,
impegnandosi a rivestirle di forme di ineguagliabile bellezza. Ecco perché soprattutto il GIUDIZIO UNIVERSALE suscita in noi il vivo desiderio di professare la nostra fede in Dio, Creatore di tutte le cose
visibili e invisibili. E, nello stesso tempo, ci stimola a ribadire la nostra adesione a Cristo risuscitato,
che verrà nell’ultimo giorno quale supremo Giudice dei vivi e dei morti. Davanti a questo capolavoro
noi confessiamo Cristo, Re dei secoli, il cui Regno non avrà fine.” E parlando della raffigurazione dei
corpi, disse: “Sembra che Michelangelo, a suo modo, si sia lasciato guidare dalle suggestive parole
della Genesi che, a riguardo della creazione dell’uomo, maschio e femmina, rileva: Erano nudi, ma non
ne provavano vergogna. La Cappella Sistina è proprio il santuario della teologia del corpo umano. Nel
rendere testimonianza alla bellezza dell’uomo creato da Dio come maschio e femmina, essa esprime
anche, in un certo modo, la speranza di un mondo trasfigurato, il mondo inaugurato dal Cristo risorto.
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Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
ILLUSTRIAMO
IN QUESTE PAGINE
ALCUNI ASPETTI
TEOLOGICI DELLA
FIGURA DEL VESCOVO
DI ROMA, IL ROMANO
PONTEFICE, SEGUENDO
GLI INSEGNAMENTI
DEL CONCILIO
ECUMENICO
VATICANO II
1 - IL SUCCESSORE DI CEFA
“TU SEI PIETRO E SU QUESTA
PIETRA EDIFICHERÒ
LA MIA CHIESA”
I
l papa è Pietro. Il Papa è successore di
Pietro in quanto vescovo di Roma: il
primo degli apostoli, provenendo da Antiochia, sua prima sede, si diresse a Roma,
rendendola sua sede definitiva attraverso
il martirio con cui legò per sempre la
sua successione alla capitale dell’impero.
Sopra la sua tomba i credenti hanno costruito la basilica vaticana e là dove sono
“i trofei” degli apostoli (Pietro e Paolo),
ha sede il successore di Pietro.
In questa e nelle successive pagine
cercheremo di illustrare chi è il Papa nella
Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Ci lasceremo guidare dai documenti del
Concilio Ecumenico Vaticano II di cui
quest’anno celebriamo i cinquant’anni
dall’apertura. In particolare dalla Lumen
Gentium, la Costituzione dogmatica sulla
Chiesa.
Iniziamo a parlare del successore di
Pietro con le stesse parole del primo messaggio che il papa emerito Benedetto XVI
ha inviato ai cardinali, ai credenti in Cristo e a tutti gli uomini e le donne di buona
volontà, al termine della concelebrazione
eucaristica nella Cappella Sistina, dopo la
sua elezione.
“Ripenso in queste ore a quanto avvenne nella regione di Cesarea di Filippo,
duemila anni or sono. Mi pare di udire le
parole di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio
del Dio vivente”, e la solenne affermazione del Signore: “Tu sei Pietro e su questa
pietra edificherò la mia Chiesa… A te
darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò
che legherai sulla terra sarà legato nei cieli
e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà
sciolto nei cieli” (Mt 16, 15-19).
Tu sei il Cristo! Tu sei Pietro! Scegliendo un cardinale quale Vescovo di Roma, il
Signore indica qual è il suo vicario, colui
che vuole “pietra” su cui tutti possano
poggiare con sicurezza.”
Le tre metafore a cui Gesù ricorre sono
in se stesse molto chiare: Pietro sarà il
fondamento roccioso su cui poggerà l’edificio della Chiesa; egli avrà le chiavi del
Regno dei cieli per aprire o chiudere a chi
gli sembrerà giusto; infine, egli potrà legare o sciogliere nel senso che potrà stabilire
o proibire ciò che riterrà necessario per la
vita della Chiesa, che è e resta di Cristo.
“Questa posizione di preminenza che
Gesù ha inteso conferire a Pietro – ha
aggiunto Benedetto XVI nell’udienza di
mercoledì, 7 giugno 2006 – si riscontra
anche dopo la risurrezione: Gesù incarica
le donne di portarne l’annunzio a Pietro,
distintamente dagli altri Apostoli; da lui
e da Giovanni corre la Maddalena per
informare della pietra ribaltata dall’ingresso del sepolcro e Giovanni cederà a lui il
passo quando i due arriveranno davanti
alla tomba vuota; sarà poi Pietro,
IL SIGNORE
GESÙ
PREPOSE
AGLI ALTRI
APOSTOLI
IL BEATO
PIETRO E IN
LUI STABILÌ
IL PRINCIPIO
E IL FONDAMENTO
PERPETUO
E VISIBILE
DELL’UNITÀ
DI FEDE E DI
COMUNIONE
La celeberrima statua
bronzea di San Pietro
in cattedra
nella basilica vaticana
(nella foto sotto), opera
di Arnolfo di Cambio
tra gli Apostoli, il primo testimone di
un’apparizione del Risorto. Questo suo
ruolo, sottolineato con decisione, segna
la continuità fra la preminenza avuta nel
gruppo apostolico e la preminenza che
continuerà ad avere nella comunità nata
con gli eventi pasquali, come attesta il
Libro degli Atti. Il suo comportamento
è considerato così decisivo, da essere al
centro di osservazioni e anche di critiche.
Al cosiddetto Concilio di Gerusalemme
Pietro svolge una funzione direttiva e
proprio per questo suo essere il testimone
della fede autentica Paolo stesso riconoscerà in lui una certa qualità di “primo”.
Il fatto, poi, che diversi dei testi chiave
riferiti a Pietro possano essere ricondotti
al contesto dell’Ultima Cena, in cui Cristo
conferisce a Pietro il ministero di confermare i fratelli (cfr Lc 22,31 s.), mostra
come la Chiesa che nasce dal memoriale
pasquale celebrato nell’Eucaristia abbia
nel ministero affidato a Pietro uno dei
suoi elementi costitutivi.”
Il Concilio Ecumenico, da parte sua
scrive nella Lumen Gentium: “Questo
santo Sinodo, sull’esempio del Concilio
Vaticano primo, insegna e dichiara che
Gesù Cristo, pastore eterno, ha edificato
la santa Chiesa e ha mandato gli apostoli,
come egli stesso era stato mandato dal Padre (cfr. Gv 20,21), e ha voluto che i loro
successori, cioè i vescovi, fossero nella
sua Chiesa pastori fino alla fine dei secoli.
Affinché poi lo stesso episcopato fosse
uno e indiviso, prepose agli altri apostoli il
beato Pietro e in lui stabilì il principio e il
fondamento perpetuo e visibile dell’unità
di fede e di comunione. Questa dottrina
della istituzione, della perpetuità, del
valore e della natura del sacro primato
del romano Pontefice e del suo infallibile
magistero, il santo Concilio la propone di
nuovo a tutti i fedeli come oggetto certo di
fede.” (n. 18).
E nella Christus Dominus, “In questa
Chiesa di Cristo, il sommo Pontefice,
come successore di Pietro, a cui Cristo
affidò la missione di pascere le sue pecore
ed i suoi agnelli, è per divina istituzione
rivestito di una potestà suprema, piena,
immediata, universale, a bene delle anime. Egli perciò, essendo stato costituito
pastore di tutti i fedeli per promuovere sia
il bene comune della Chiesa universale,
sia il bene delle singole Chiese, detiene
la suprema potestà ordinaria su tutte le
Chiese.”
Il suo compito (e quello dei vescovi
uniti a lui in comunione) è quello di
insegnare, di santificare e di governare la
Chiesa intera.
Insegnare innanzitutto: “Questo – ebbe
a dire Benedetto XVI in San Giovanni in
Laterano, sua cattedrale – è il compito
di tutti i Successori di Pietro: essere la
guida nella professione di fede in Cristo,
il Figlio del Dio vivente. La Cattedra
di Roma è anzitutto Cattedra di questo
credo. Dall’alto di questa Cattedra il
Vescovo di Roma è tenuto costantemente a ripetere: Gesù è il Signore! Così la
Cattedra è il simbolo della potestà di
insegnamento che è parte essenziale del
mandato di legare e di sciogliere conferito dal Signore a Pietro e, dopo di lui, ai
Dodici. Potestà di insegnamento che è
una potestà di obbedienza e di servizio,
affinché la Parola di Dio – la sua verità!
– possa risplendere tra di noi, indicandoci la strada.”
Sant’Ignazio chiamava inoltre la
Chiesa di Roma “colei che presiede
nell’amore”. Per l’antica Chiesa, la parola amore, agape, accennava al mistero
dell’Eucaristia.
“In questo Mistero – continuava il
Papa – l’amore di Cristo si fa sempre
tangibile in mezzo a noi. Qui, Egli si
dona sempre di nuovo. Nell’Eucaristia,
noi stessi impariamo l’amore di Cristo.
Presiedere nella dottrina e presiedere
nell’amore, alla fine, devono essere una
cosa sola: tutta la dottrina della Chiesa,
alla fine, conduce all’amore.”
Unità quindi nella dottrina, nell’Eucarestia e nell’amore. È quanto afferma il
Concilio del vescovo di Roma: “fondamento perpetuo e visibile dell’unità di
fede e di comunione”.
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GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
2 - LA COLLEGIALITÀ EPISCOPALE
Speciale nuovo Papa 13
PAPA E VESCOVI
UNITI NELLA CARITÀ
I
l primato di Pietro è inserito strutturalmente nella collegialità dei vescovi
di tutta la Chiesa. L’una non può vivere
senza l’altro e viceversa. È il Concilio
Ecumenico Vaticano II che ha posto i fondamenti e chiarito la grande realtà della
collegialità nella Chiesa di Cristo.
Lo ha spiegato ancora papa Benedetto
XVI nell’ultimo incontro con i parroci e
il clero di Roma avvenuto il 14 febbraio
scorso. Lui che ha vissuto da esperto il
Concilio Ecumenico. “Sappiamo – ha
detto – che il Concilio Vaticano I era
stato interrotto a causa della guerra
tedesco-francese e così è rimasto con una
unilateralità, con un frammento, perché la
dottrina sul primato – che è stata definita,
grazie a Dio, in quel momento storico per
la Chiesa, ed è stata molto necessaria per il
tempo seguente – era soltanto un elemento
in un’ecclesiologia più vasta, prevista, preparata. Così era rimasto il frammento.” Se
non si completava, la Chiesa sarebbe stata
solo il primato. Ci fu subito l’intenzione
di completare il discorso sulla Chiesa del
Vaticano I, in una data da trovare.
“Le condizioni – ha continuato –
sembravano molto buone perché, dopo
la Prima Guerra Mondiale, era rinato
il senso della Chiesa in modo nuovo.
Romano Guardini scriveva: “Nelle anime
comincia a risvegliarsi la Chiesa”, e un
Vescovo protestante parlava del “secolo
della Chiesa”. Veniva ritrovato, soprattutto, il concetto, che era previsto anche dal
Vaticano I, del Corpo Mistico di Cristo.
Si voleva dire e capire che la Chiesa
non è un’organizzazione, un’istituzione
giuridica – è anche questo – ma è una
realtà vitale, che entra nella mia anima,
così che io stesso, proprio con la mia
anima credente, sono elemento costruttivo della Chiesa come tale. In questo
senso, Pio XII aveva scritto l’Enciclica
Mystici Corporis Christi (Il mistico Corpo di
Cristo), come un passo verso un completamento dell’ecclesiologia del Vaticano I.
Fu una scoperta che ha creato tanta gioia
in quel tempo ed anche in questo contesto
è cresciuta la formula: “Noi siamo la
Chiesa, la Chiesa non è una struttura;
noi stessi cristiani, insieme, siamo tutti
il Corpo vivo della Chiesa” insieme al
Cristo capo. Se questa è la realtà profonda
e spirituale della Chiesa, si deve realizzare
anche nella sua struttura visibile. Ed ecco
il problema della gerarchia. “Accanto alla
successione di Pietro, alla sua funzione
unica – ha continuato Benedetto XVI – bisognava definire meglio anche la funzione
dei Vescovi, del Corpo episcopale. E,
per fare questo, è stata trovata la parola
“collegialità” per esprimere che i Vescovi,
insieme, sono la continuazione dei Dodici, del Corpo degli Apostoli. Abbiamo
detto: solo un Vescovo, quello di Roma, è
PASTICCERIA
COME S. PIETRO
E GLI APOSTOLI
FORMANO UN
UNICO COLLEGIO
COSÌ IL VESCOVO
DI ROMA,
SUCCESSORE
DI PIETRO,
E I VESCOVI,
SUCCESSORI DEGLI
APOSTOLI, SONO
UNITI TRA LORO
successore di un determinato Apostolo, di
Pietro. Tutti gli altri diventano successori
degli Apostoli entrando nel Corpo che
continua il Corpo degli Apostoli. Così
proprio il Corpo dei Vescovi, il collegio, è
la continuazione del Corpo dei Dodici, ed
ha così la sua necessità, la sua funzione,
i suoi diritti e doveri. Appariva a molti
come una lotta per il potere, e forse qualcuno anche ha pensato al suo potere, ma
sostanzialmente non si trattava di potere,
ma della complementarietà dei fattori e
della completezza del Corpo della Chiesa
con i Vescovi, successori degli Apostoli,
come elementi portanti; ed ognuno di loro
è elemento portante della Chiesa, insieme
con questo grande Corpo.”
In seguito, negli anni ’50, si criticò il
concetto di Corpo Mistico perché troppo
spirituale, troppo esclusivo; e venne messo
in gioco il concetto di Popolo di Dio.
“E il Concilio, giustamente, ha accettato questo elemento – ha sottolineato il
Papa – che nei Padri è considerato come
espressione della continuità tra Antico e
Nuovo Testamento” che avviene in Cristo, “l’unico seme di Abramo. Entrando
in comunione con Lui, essendo uno con
Lui” realizzando cioè il Corpo Mistico, “diveniamo Popolo di Dio e così si
combinano i due concetti. Ed il Concilio
ha deciso così di creare una costruzione
trinitaria dell’ecclesiologia: Popolo di Dio
Padre, Corpo di Cristo, Tempio dello
Spirito Santo.”
Bellissima questa interpretazione della
visione della Chiesa che il Concilio ha
proposto. E allora vediamo appunto
come il Vaticano II presenta la Chiesa e,
all’interno di essa, la gerarchia. La Lumen
Gentium illustra le varie immagini bibliche
della Chiesa, compresa quella del Corpo
di Cristo, anche se poi mette al centro
l’immagine del Popolo di Dio, costituito
dai battezzati, sacerdoti e profeti dotati di
carismi per la costruzione della Chiesa e
l’evangelizzazione del mondo.
“Il popolo di Dio non solo si raccoglie da diversi popoli – scrive la Lumen
Gentium – ma nel suo stesso interno si
compone di funzioni diverse. Poiché fra i
suoi membri c’è diversità sia per ufficio,
essendo alcuni impegnati nel sacro ministero per il bene dei loro fratelli, sia per la
condizione e modo di vita.” (n. 13)
Passa poi a parlare proprio del carisma
dei pastori: “I vescovi hanno ricevuto il
ministero della comunità per esercitarlo con i loro collaboratori, sacerdoti e
diaconi. Presiedono in luogo di Dio al
gregge di cui sono pastori quali maestri
di dottrina, sacerdoti del sacro culto,
ministri del governo della Chiesa. Perciò
il sacro Concilio insegna che i Vescovi per
divina istituzione sono succeduti al posto
degli Apostoli quali pastori della Chiesa,
e che chi li ascolta, ascolta Cristo, chi li
disprezza, disprezza Cristo e colui che ha
mandato Cristo”. (n. 20)
E veniamo al punto chiave della
collegialità: “Come san Pietro e gli altri
apostoli costituiscono, per volontà del
Signore, un unico collegio apostolico –
afferma la Lumen Gentium – similmente il
Romano Pontefice, successore di Pietro,
e i Vescovi, successori degli Apostoli,
sono uniti tra loro. Già l’antichissima
disciplina, in virtù della quale i Vescovi di
tutto il mondo vivevano in comunione tra
loro e col Vescovo di Roma nel vincolo
dell’unità, della carità e della pace e
parimenti la convocazione dei Concili per
decidere in comune di tutte le questioni
più importanti mediante una decisione
che l’opinione dell’insieme permetteva di
equilibrare, significano il carattere e la natura collegiale dell’ordine episcopale, che
risulta manifestamente confermata dal
fatto dei Concili ecumenici tenuti lungo i
secoli.” (n. 22)
Affermata chiaramente la collegialità
la Lumen Gentium continua: “Il collegio
o corpo episcopale non ha però autorità,
se non lo si concepisce unito al Romano
Pontefice, successore di Pietro, quale suo
capo, e senza pregiudizio per la sua potestà di primato su tutti, sia pastori che fedeli. Infatti il Romano Pontefice, in forza
La Treccia d’Oro
Cav. Vittorio Maccalli
Crema piazza Garibaldi, 77
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·
Papa Benedetto XVI presiede
la Santa Messa conclusiva del Sinodo
dei Vescovi sul Medio Oriente
nella Basilica di San Pietro. A sinistra
il Concilio Ecumenico Vaticano II,
massima espressione
della collegialità episcopale
del suo Ufficio, cioè di Vicario di Cristo
e Pastore di tutta la Chiesa, ha su questa
una potestà piena, suprema e universale,
che può sempre esercitare liberamente.”
E la Costituzione conciliare sottolinea quasi in controluce: “D’altra parte,
l’Ordine dei Vescovi, il quale succede al
Collegio degli Apostoli nel magistero e
nel governo pastorale, anzi, nel quale si
perpetua il corpo apostolico, è anch’esso
insieme col suo capo il Romano Pontefice, e mai senza questo capo, il soggetto
di una suprema e piena potestà su tutta
la Chiesa sebbene tale potestà non possa
essere esercitata se non col consenso del
Romano Pontefice.
Il Signore ha posto solo Simone come
pietra e clavigero della Chiesa e lo ha
costituito pastore di tutto il suo gregge;
ma l’ufficio di legare e di sciogliere, che
è stato dato a Pietro, è noto essere stato
pure concesso al Collegio degli Apostoli,
congiunto col suo capo. Questo collegio,
in quanto composto da molti, esprime la
varietà e l’universalità del Popolo di Dio;
in quanto poi è raccolto sotto un solo
capo, significa l’unità del gregge di Cristo.
In esso i Vescovi, rispettando fedelmente
il primato e la preminenza del loro capo,
esercitano la propria potestà per il bene
dei loro fedeli, anzi di tutta la Chiesa.
La suprema potestà che questo collegio
possiede su tutta la Chiesa, è esercitata in
modo solenne nel Concilio Ecumenico.”
(n. 22) Ed è ciò che è avvenuto nel Vaticano II e continua ad avvenire nei Sinodi,
convocati a Roma dal Papa.
TIPICO
ARTIGIANALE
CREMASCO
14
Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
La Consegna
delle chiavi a Pietro,
affresco del Perugino
nella cappella Sistina
(particolare)
3 - LA QUESTIONE DEL PRIMATO
IL MINISTERO DEL PAPA È
UN DONO DA MIGLIORARE
L
’esercizio del primato di Pietro crea
oggi qualche problema sia da parte
delle Chiese cristiane separate, in particolare quelle ortodosse, sia nell’ambito
della stessa Chiesa cattolica. All’interno
di quest’ultima non si fa questione sulla
sua sostanza, riaffermata con forza anche
dalla Lumen Gentium del Concilio Ecumenico, ma della modalità con cui viene
esercitato.
Per quanto riguarda i rapporti con le
Chiese separate, il problema lo suscitò già
Giovanni Paolo II nella sua enciclica Ut
unum sint. “Quando la Chiesa cattolica
afferma che la funzione del Vescovo di
Roma risponde alla volontà di Cristo –
scriveva – essa non separa questa funzione
dalla missione affidata all’insieme dei
Vescovi, anch’essi ‘vicari e delegati di
Cristo’. Il Vescovo di Roma appartiene al
loro “collegio” ed essi sono i suoi fratelli
nel ministero.
Ciò che riguarda l’unità di tutte le
comunità cristiane rientra ovviamente
nell’ambito delle preoccupazioni del
primato. Quale Vescovo di Roma so bene,
e l’ho riaffermato nella presente Lettera
enciclica, che la comunione piena e visibile di tutte le comunità, nelle quali in virtù
della fedeltà di Dio abita il suo Spirito,
è il desiderio ardente di Cristo. Sono
convinto di avere a questo riguardo una
responsabilità particolare, soprattutto nel
constatare l’aspirazione ecumenica della
maggior parte delle Comunità cristiane e
ascoltando la domanda che mi è rivolta di
trovare una forma di esercizio del primato
che, pur non rinunciando in nessun modo
all’essenziale della sua missione, si apra a
una situazione nuova. Per un millennio i
cristiani erano uniti dalla fraterna comunione della fede e della vita sacramentale,
intervenendo per comune consenso la
sede romana qualora fossero sorti fra
loro dissensi circa la fede o la disciplina.
In tal modo il primato esercitava la sua
funzione di unità.”
Sono consapevole “per delle ragioni
molto diverse, e contro la volontà degli
uni e degli altri, ciò che doveva essere
un servizio ha potuto manifestarsi sotto
una luce abbastanza diversa. Ma [...] è
per il desiderio di obbedire veramente
alla volontà di Cristo che io mi riconosco
chiamato, come Vescovo di Roma, a esercitare tale ministero [...]. Lo Spirito Santo
ci doni la sua luce, e illumini tutti i pastori
e i teologi delle nostre Chiese, affinché
possiamo cercare, evidentemente insieme,
le forme nelle quali questo ministero
possa realizzare un servizio di amore
riconosciuto dagli uni e dagli altri.
Compito immane, che non possiamo
rifiutare e che non posso portare a termine da solo. La comunione reale, sebbene
imperfetta, che esiste tra tutti noi, non
LA NATURA
E L’ESSENZA
DEL MINISTERO
PETRINO È
DATA DA GESÙ
E NON PUÒ
ESSERE MUTATA.
SI DEVE
RAFFORZARE
E NON
DANNEGGIARE.
MA OGGI
È MOLTO
IMPORTANTE
RIFLETTERE
SUL MODO
MIGLIORE
DI FARLO
potrebbe indurre i responsabili ecclesiali
e i loro teologi a instaurare con me e su
questo argomento un dialogo fraterno,
paziente, nel quale potremmo ascoltarci al
di là di sterili polemiche, avendo a mente
soltanto la volontà di Cristo per la sua
Chiesa, lasciandoci trafiggere dal suo grido: Siano anch’essi una cosa sola, perché
il mondo creda che mi hai mandato?” (n.
96).
Le parole di Giovanni Paolo II ebbero
una vastissima eco, soprattutto in àmbito
ecumenico dove il ministero di Pietro è
oggetto di secolari controversie. Dal 1995
in poi da più parti le parole del Papa
sono state prese in attenta considerazione
dando luogo a congressi, tavole rotonde,
pubblicazioni. Divenne chiaro per tutti
che era necessario, in base a una approfondita conoscenza delle Scritture e della
Tradizione ecclesiale, distinguere con
cura tra le caratteristiche essenziali del
primato, destinate a permanere, e le forme
più idonee del suo esercizio, la cui convenienza non può non dipendere, almeno in
parte, dalle circostanze storiche.
Sul tema è intervenuto anche Benedetto
XVI all’interno di una riflessione sull’ecumenismo pronunciata nella festa dei
Santi Pietro e Paolo del 2006: “Con piena
consapevolezza, pertanto, all’inizio del
suo ministero nella Chiesa di Roma che
Pietro ha irrorato col suo sangue, l’attuale
suo Successore si assume come impegno
primario quello di lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della
piena e visibile unità di tutti i seguaci di
Cristo. Questa è la sua ambizione, questo
il suo impellente dovere. Egli è cosciente
che per questo non bastano le manifestazioni di buoni sentimenti. Occorrono
gesti concreti che entrino negli animi e
smuovano le coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è
il presupposto di ogni progresso sulla via
dell’ecumenismo.
Il dialogo teologico è necessario, l’approfondimento delle motivazioni storiche
di scelte avvenute nel passato è pure indispensabile. Ma ciò che urge maggiormente è quella “purificazione della memoria”,
tante volte evocata da Giovanni Paolo II,
che sola può disporre gli animi ad accogliere la piena verità di Cristo. (...)
L’attuale Successore di Pietro si lascia
interpellare in prima persona da questa
domanda ed è disposto a fare quanto è in
suo potere per promuovere la fondamentale causa dell’ecumenismo. Sulla scia
dei suoi Predecessori, egli è pienamente
determinato a coltivare ogni iniziativa che
possa apparire opportuna per promuovere
i contatti e l’intesa con i rappresentanti
delle diverse Chiese.”
Sul tema ha parlato recentemente –
Corriere della Sera del 20 febbraio 2013 –
anche il cardinale Walter Kasper, per dieci
anni responsabile della Santa Sede per i
rapporti con le altre confessioni cristiane
e con gli ebrei, uno dei massimi teologi
viventi. “Sia chiaro – ha detto – il ministero petrino, il primato di Pietro, è un dono
del Signore alla Chiesa. Si deve rafforzare
e non danneggiare. Ma nel nostro tempo,
nel mondo globalizzato, è molto importante riflettere sul modo migliore di farlo.
La natura, l’essenza del ministero petrino è data da Gesù e non può essere cambiata. Quella che cambia è l’aura sacrale
intorno al papato che si è avuta soprattutto negli ultimi due secoli. Quell’aura si è
un po’ perduta. E questo fatto del tutto
inaspettato, il passaggio dalla possibilità
teorica alla realtà (delle dimissioni di un
papa, ndr), deve farci riflettere sulla situazione della Chiesa.
Lo stesso Giovanni Paolo II ci chiese
di approfondire questo punto nella Ut
unum sint. Tanto più oggi penso sia molto
importante, nel mondo globalizzato,
riflettere sul tema. È una questione centrale, nodale nei rapporti ecumenici con gli
altri cristiani e in particolare con le chiese
ortodosse: non solo ‘sì’ o ‘no’ ma ‘come’
il Papa governa concretamente la Chiesa
universale”.
Per Kasper c’è anche l’esigenza di riformare la Curia romana: «È fondamentale
che sia organizzata in modo più adatto
ad affrontare le sfide del nostro tempo.
Ci vuole un migliore coordinamento tra i
dicasteri, più collegialità e comunicazione. E poi bisogna riflettere anche sul ruolo
dei sinodi. I vescovi vengono talvolta
riuniti su temi troppo generici, non si
parla dell’agenda concreta della Chiesa.
L’ultima volta il Sinodo era sulla nuova
evangelizzazione, una questione decisiva.
Ma il modo di realizzarla è diverso se
parli di Europa, Asia, Africa, America
Latina... Bisognerebbe guardare alle
situazioni concrete.
Il discorso su sinodi non vuole né deve
in alcun modo danneggiare il primato del
Papa, al contrario. Papato e sinodalità
non sono in contraddizione. Si tratta
di ripensare il rapporto tra la Curia e le
chiese particolari, a come realizzare la
comunione e migliorare la comunicazione
nella Chiesa”.
Il cremasco mons. Carlo Ghidelli,
Vescovo Emerito di Lanciano-Ortona,
nel suo ultimo libro, Un dono da vivere. Il
Concilio Vaticano II, affronta anch’egli il
problema, avanzando qualche proposta
concreta: “Quello che viene subito in
mente è il modo di organizzare e celebrare il Sinodo dei Vescovi suggerito dal
Concilio (Christus Dominus 5) e voluto da
Paolo VI proprio per offrire una prima
manifestazione della collegialità episcopale. Da più parti e da tempo si va ormai
auspicando una riforma del regolamento
del Sinodo nella direzione di una maggiore autorevolezza delle sue decisioni.”
“In secondo luogo, mi pare doveroso
accennare alla ventilata riforma della
Curia romana, che risponda più chiaramente non solo allo spirito e alla lettera
dei documenti conciliari, ma anche alle
non poche né irrilevanti novità sociali,
culturali ed economiche del mondo
contemporaneo: Ciò andrebbe fatto non
solo per snellire la burocrazia (...) ma
anche per decentrare alcune pratiche
che alleggerirebbero non poco l’apparto
ecclesiastico” (pp . 91-92).
Speciale nuovo Papa 15
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
La cattedra di Pietro nell’abside
della basilica vaticana
con la Gloria dello Spirito Santo
di Lorenzo Bernini.
La cattedra è simbolo del magistero
del Romano Pontefice
4 - L’INFALLIBILITÀ DELLA CHIESA
“AMMAESTRATE
TUTTE LE GENTI”
L
’infallibilità del Romano Pontefice
è tema di notevole rilievo per la vita
della Chiesa. È uno degli argomenti più
dibattuti, da quando il Concilio Vaticano I
proclamò questo dogma il 18 luglio 1870.
Come già affermato nel secondo capitolo
di questo nostro excursus sul ministero
petrino (cfr. pag. 13), il Concilio venne
sospeso il 20 ottobre dello stesso anno in
seguito alla presa di Roma, e non venne
più concluso. Le definizioni del Vaticano
I rimasero così incomplete.
Riguardo all’infallibilità pontificia la
Pastor aeternus (Pastore eterno) del concilio ottocentesco dichiarava: “Noi, quindi,
aderendo fedelmente a una tradizione accolta fin dall’inizio della fede cristiana, a
gloria di Dio, nostro salvatore, per l’esaltazione della religione cattolica e la salvezza
dei popoli cristiani, con l’approvazione
del santo Concilio, insegniamo e definiamo essere dogma divinamente rivelato
che il Romano Pontefice, quando parla
ex cathedra, cioè quando, adempiendo il
suo ufficio di pastore e maestro di tutti i
cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica, definisce che una dottrina
riguardante la fede e i costumi dev’essere
ritenuta da tutta la Chiesa, per quell’assistenza divina che gli è stata promessa nel
beato Pietro, gode di quell’infallibilità, di
cui il divino Redentore ha voluto dotata la
sua Chiesa allorché definisce la dottrina
riguardante la fede o i costumi. Quindi
queste definizioni sono irreformabili per
virtù propria, e non per il consenso della
Chiesa”.
Il Concilio – nella Lumen Gentium – ha
ripreso l’argomento, completandolo e
partendo dalla dichiarazione dell’infallibilità di tutta la Chiesa: “Il popolo santo di
Dio partecipa pure dell’ufficio profetico di
Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo
di una vita di fede e di carità, e coll’offrire
a Dio un sacrificio di lode, cioè frutto di
labbra acclamanti al nome suo. La totalità
dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal
Santo, non può sbagliarsi nel credere, e
manifesta questa sua proprietà mediante
il senso soprannaturale della fede di tutto
il popolo, quando “dai vescovi fino agli
ultimi fedeli laici” mostra l’universale
suo consenso in cose di fede e di morale.
E invero, per quel senso della fede, che è
suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e
sotto la guida del sacro magistero, il quale
permette, se gli si obbedisce fedelmente,
di ricevere non più una parola umana, ma
veramente la parola di Dio, il popolo di
Dio aderisce indefettibilmente alla fede
trasmessa ai santi una volta per tutte, con
retto giudizio penetra in essa più a fondo e
più pienamente l’applica nella vita (n. 12).
Lo ribadisce anche una dichiarazione
della Sacra Congregazione per la Dottrina
SECONDO
I TESTI DEL
CONCILIO,
IL MAGISTERO
INFALLIBILE
DEL ROMANO
PONTEFICE
VIENE
ESERCITATO
NELLA
DOTTRINA
RIGUARDANTE
LA FEDE
E I COSTUMI
della Fede del 24 giugno 1973: “Dio
stesso, dunque, l’assolutamente infallibile,
ha voluto dotare il suo Popolo nuovo, che
è la Chiesa, di un’infallibilità partecipata,
circoscritta alle cose riguardanti la fede e
i costumi; essa appunto si verifica quando
tutto il Popolo di Dio ritiene senza incertezze qualche punto dottrinale attinente
a tali cose; essa, ancora, è in permanente
dipendenza dallo Spirito Santo che, con
sapiente provvidenza e con l’unzione della sua grazia, guida la Chiesa alla verità
intera, fino alla venuta del suo Signore.”
Il Concilio passa dal popolo di Dio ai
vescovi per confermare tale infallibilità:
“Quantunque i vescovi, presi a uno a uno,
non godano della prerogativa dell’infallibilità, quando tuttavia, anche dispersi per
il mondo, ma conservando il vincolo della
comunione tra di loro e col Successore di
Pietro, si accordano per insegnare autenticamente che una dottrina concernente
la fede e i costumi si impone in maniera
assoluta, allora esprimono infallibilmente
la dottrina di Cristo. La cosa è ancora più
manifesta quando, radunati in Concilio
ecumenico, sono per tutta la Chiesa
ASSISTENZA
DOMICILIARE
dottori e giudici della fede e della morale;
allora bisogna aderire alle loro definizioni
con l’ossequio della fede.” (n. 25)
Infine, in un cammino dal basso in
alto, la Lumen Gentium conferma anche
la definizione del Vaticano I per quanto
riguarda il magistero del Papa: “Questa
infallibilità, della quale il divino Redentore volle provveduta la sua Chiesa nel definire la dottrina della fede e della morale,
si estende tanto, quanto il deposito della
divina Rivelazione, che deve essere gelosamente custodito e fedelmente esposto.
Di questa infallibilità il Romano Pontefice, capo del Collegio dei Vescovi, fruisce
in virtù del suo ufficio, quando, quale
supremo pastore e dottore di tutti i fedeli
che conferma nella fede i suoi fratelli (cfr.
Lc 22,32), sancisce con atto definitivo una
dottrina riguardante la fede e la morale.
Perciò le sue definizioni giustamente sono
dette irreformabili per se stesse e non in
virtù del consenso della Chiesa, essendo
esse pronunziate con l’assistenza dello
Spirito Santo a lui promessa nella persona
di san Pietro, per cui non hanno bisogno
di una approvazione di altri, né ammetto-
no appello alcuno ad altro giudizio.”
Il Concilio sottolinea poi alcune condizioni e chiarificazioni riguardo all’esercizio di questo ministero: “In effetti allora
il Romano Pontefice pronunzia sentenza
non come persona privata, ma espone
o difende la dottrina della fede cattolica
quale supremo maestro della Chiesa
universale, singolarmente insignito del carisma dell’infallibilità della Chiesa stessa.
L’infallibilità promessa alla Chiesa risiede
pure nel corpo episcopale quando esercita
il supremo magistero col Successore di
Pietro. A queste definizioni non può mai
mancare l’assenso della Chiesa, data
l’azione dello stesso Spirito Santo che
conserva e fa progredire nell’unità della
fede tutto il gregge di Cristo. Quando poi
il Romano Pontefice o il Corpo dei Vescovi con lui esprimono una sentenza, la
emettono secondo la stessa Rivelazione,
cui tutti devono attenersi e conformarsi,
Rivelazione che è integralmente trasmessa
per scritto o per tradizione dalla legittima
successione dei Vescovi e specialmente
a cura dello stesso Romano Pontefice, e
viene nella Chiesa gelosamente conserva-
ta e fedelmente esposta sotto la luce dello
Spirito di verità” (n. 25).
Giovanni Paolo II, in un’udienza
generale, ebbe a parlare dell’infallibilità
pontificia. In quell’occasione – spiegando
il Vaticano II – ebbe a dire: “Secondo i
testi conciliari, il magistero infallibile
viene esercitato nella dottrina riguardante la fede e i costumi. Si tratta del
campo delle verità esplicitamente o
implicitamente rivelate, che richiedono
un’adesione di fede e di cui la Chiesa
custodisce il deposito affidatole da
Cristo e trasmesso dagli Apostoli: non
lo custodirebbe convenientemente, se
non ne tutelasse la purezza e l’integrità. Si tratta di verità riguardanti Dio
in se stesso e nella sua opera creativa
e redentiva; l’uomo e il mondo nella
loro condizione creaturale e nel loro
destino secondo il disegno provvidenziale; la vita eterna e la stessa vita
terrena nelle sue fondamentali esigenze
in ordine alla verità e al bene. Si tratta,
dunque, anche di ‘verità-per-la-vita’,
e della loro applicazione nel comportamento umano. Il divin Maestro, nel
mandato della evangelizzazione, ha
ordinato agli Apostoli: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi
ho comandato” (Mt 28, 20). Rientrano
nell’area delle verità che il magistero
può proporre in modo definitivo quei
principi di ragione che, anche se non
sono contenuti nelle verità di fede,
sono ad esse intimamente connessi.
Dai testi conciliari si rilevano anche
le condizioni dell’esercizio del magistero infallibile da parte del Romano
Pontefice. Esse possono essere così
sintetizzate: il Papa deve agire come
‘pastore e dottore di tutti i cristiani’,
pronunciandosi su verità riguardanti ‘fede e costumi’, con termini
che manifestino chiaramente la sua
intenzione di definire una certa verità
e di richiedere la definitiva adesione
ad essa di tutti i cristiani. A queste
condizioni si può parlare di magistero
papale straordinario, le cui definizioni
sono irreformabili.
Nei testi conciliari – infine – viene
distinto il magistero ‘ordinario’ da
quello ‘straordinario’, sottolineando
l’importanza del primo, che è di carattere permanente; mentre quello che si
esprime nelle definizioni si può dire
eccezionale. Accanto all’infallibilità
delle definizioni ex cathedra, esiste il
carisma di assistenza dello Spirito Santo, concesso a Pietro e ai suoi successori perché non errino in materia di fede
e di morale e diano invece una buona
illuminazione al popolo cristiano”
(Roma, 24 marzo 1993).
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16
Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
Un’icona di Cristo pastore,
con la pecora ritrovata sulle spalle
5 - I SIMBOLI DEL PAPA
PASTORE
E PESCATORE
D
ue sono i segni con cui viene
rappresentata l’assunzione del Ministero Petrino e che verranno imposti
fra pochi giorni al nuovo vescovo di
Roma, durante l’Eucarestia per l’inizio
del suo ministero. Ne ha spiegato il
significato Benedetto XVI, ora papa
emerito, nella sua Messa d’insediamento il 24 aprile 2005.
IL PALLIO DI LANA
Il primo segno è il pallio, un’insegna liturgica d’onore e di giurisdizione
indossata dal Papa e dagli Arcivescovi
metropoliti nelle loro chiese e in quelle
delle loro province. È costituito da una
stola di pura lana vergine mescolata con
lana di agnello, lunga 2.60 m e larga
11 cm, terminante con una fascia di
seta nera, spiccano cinque croci di seta
rossa, che richiamano simbolicamente le
piaghe di Cristo.
Esso richiama il buon Pastore che
pone sulle proprie spalle la pecorella
smarrita, e anche la triplice risposta amorosa alla richiesta fatta da Gesù risorto a
Simon Pietro di pascere i suoi agnelli e le
sue pecorelle.
Il Pallio è ornato anche da tre spilloni
papa Ratzinger – un’immagine del giogo
di Cristo, che il Vescovo di questa città,
il Servo dei Servi di Dio, prende sulle sue
spalle. Il giogo di Dio è la volontà di Dio,
che noi accogliamo. E questa volontà
non è per noi un peso esteriore, che ci
opprime e ci toglie la libertà. Conoscere
ciò che Dio vuole, conoscere qual è la
via della vita – questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa è
anche la nostra gioia: la volontà di Dio
non ci aliena, ci purifica – magari in
modo anche doloroso – e così ci conduce
a noi stessi. In tal modo, non serviamo
soltanto Lui ma la salvezza di tutto il
mondo, di tutta la storia.
In realtà – ha continuato il Papa – il
simbolismo del Pallio è ancora più
concreto: la lana d’agnello intende rappresentare la pecorella perduta o anche
quella malata e quella debole, che il
pastore mette sulle sue spalle e conduce
alle acque della vita. La parabola della
pecorella smarrita, che il pastore cerca
nel deserto, è un’immagine del mistero
di Cristo e della Chiesa. L’umanità è la
pecora smarrita nel deserto. E vi sono
tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della
sete, vi è il deserto dell’abbandono, della
solitudine, dell’amore distrutto. Vi è il
deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza
della dignità e del cammino dell’uomo.
Il Figlio di Dio non può abbandonare l’umanità in una simile miserevole
condizione. Balza in piedi, abbandona la
gloria del cielo, per ritrovare la pecorella
e inseguirla, fin sulla croce. La carica
COME GESÙ BUON
PASTORE, IL PAPA PORTA
LA PECORELLA SMARRITA
SULLE SUE SPALLE
dorati, chiamati aciculae, che anticamente servivano per tenerlo fermo sul petto,
sul dorso e sulla spalla sinistra, e che
simboleggiano i chiodi della Passione di
Cristo.
Inizialmente attributo esclusivo del
Sommo Pontefice, e da lui indossato
in tutte le celebrazioni solenni, venne
poi accordato dal Santo Padre anche ai
Vescovi che avessero ricevuto dalla Sede
Apostolica una speciale giurisdizione,
segno quindi della comunione tra la Sede
di Roma e le Chiese sparse nel mondo,
come quando in occasione della festa
degli apostoli Pietro e Paolo, il Papa
lo impone agli arcivescovi metropoliti
nominati nell’ultimo anno.
Questa insegna liturgica che i Vescovi
di Roma indossano fin dal IV secolo,
come attestano i mosaici di Sant’Apollinare a Ravenna, “è anche – ha detto
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Speciale nuovo Papa 17
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
Il mosaico del catino dell’abside
di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna
che raffigura appunto il vescovo
Apollinare che indossa il palio
Sotto, l’anello del pescatore che il Papa
porta all’anulare destro. Vi è raffigurato
san Pietro che getta le reti
sulle sue spalle, porta la nostra umanità,
porta noi stessi: Egli è il buon pastore,
che offre la sua vita per le pecore. Il Pallio dice innanzitutto che tutti noi siamo
portati da Cristo. Così il Pallio diventa
il simbolo della missione del pastore. La
santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore: per lui non è indifferente
che tante persone vivano nel deserto. La
Chiesa e i Pastori in essa devono mettersi
in cammino per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita,
verso Colui che ci dona la vita.
Il simbolo dell’agnello ha ancora
un altro aspetto. Il pastore di tutti gli
uomini, il Dio vivente, è divenuto lui
stesso agnello. Proprio così Egli si rivela
come il vero pastore: “Io sono il buon
pastore… Io offro la mia vita per le
pecore”. Non è il potere che redime, ma
l’amore! Questo è il segno di Dio: Egli
stesso è amore. Una delle caratteristiche
fondamentali del pastore deve essere
quella di amare gli uomini che gli sono
stati affidati”.
L’ANELLO DEL PESCATORE
Il secondo segno con cui viene
rappresentato l’insediamento nel Ministero petrino, è l’Anello del Pescatore,
recante tre simboli: la barca con la
rete, due pesci stilizzati, la croce del
Pallio. La chiamata di Pietro ad essere
pastore fa seguito alla narrazione della
pesca abbondante, dopo il comando del
Signore Risorto di gettare le reti. La rete
diviene così piena di 153 grossi pesci che
i discepoli non riescono a tirarla su: “E
sebbene fossero così tanti, la rete non si
strappò” (Gv 21, 11). Questo racconto
ne richiama un altro simile. Quel giorno
Gesù aveva invitato Simone ad andare al
largo ancora una volta. E Simone diede
la mirabile risposta: Maestro, sulla tua
parola getterò le reti! Ed ecco il conferimento della missione: “Non temere!
D’ora in poi sarai pescatore di uomini”
(Lc 5, 1–11).
“Anche oggi – ha continuato il Papa
– viene detto alla Chiesa e ai successori
degli apostoli di prendere il largo nel
mare della storia e di gettare le reti, per
conquistare gli uomini a Cristo, alla vera
vita. (...) Noi uomini viviamo alienati,
nelle acque salate della sofferenza e della
morte; in un mare di oscurità senza luce.
La rete del Vangelo ci tira fuori dalle
acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita. È
proprio così: nella missione di pescatore
di uomini, al seguito di Cristo, occorre
portare gli uomini fuori dal mare salato
di tutte le alienazioni verso la terra della
vita, verso la luce di Dio. È proprio
così: noi esistiamo per mostrare Dio
agli uomini. E solo laddove si vede Dio,
comincia veramente la vita. Solo quando
incontriamo in Cristo il Dio vivente,
noi conosciamo che cosa è la vita. Non
siamo il prodotto casuale e senza senso
RIMESSA A NUOVO
SERRAMENTI E GRIGLIE IN LEGNO
dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il
frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di
noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più
bello che essere raggiunti, sorpresi dal
Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di
più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui. Il compito
del pastore, del pescatore di uomini può
spesso apparire faticoso. Ma è bello e
grande, perché in definitiva è un servizio
alla gioia, alla gioia di Dio che vuol fare
il suo ingresso nel mondo.”
Infine, nell’immagine del pastore che
in quella del pescatore emerge in modo
molto esplicito la chiamata all’unità.
IL PAPA È PESCATORE
DI UOMINI
SCELTO DA GESÙ
PER GETTARE LE RETI
IN VISTA DI UNA PESCA
ABBONDANTE
“Ho ancora altre pecore, che non sono di
questo ovile; anch’esse io devo condurre
ed ascolteranno la mia voce e diverranno
un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10,
16), dice Gesù al termine del discorso del
buon pastore. E il racconto dei 153 grossi
pesci termina con la gioiosa constatazione: “sebbene fossero così tanti, la rete
non si strappò” (Gv 21, 11).
“Ahimé, amato Signore, essa ora si è
strappata! vorremmo dire addolorati.
Ma no, non dobbiamo essere tristi! Rallegriamoci per la tua promessa, che non
delude, e facciamo tutto il possibile per
percorrere la via verso l’unità, che tu hai
promesso.”
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Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
SONO DUECENTOSESSANTASEI
I PAPI DELLA STORIA: DA PIETRO
SAN PIETRO DI GALILEA
MARTIRIZZATO A ROMA NEL 64 O 67
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S. Lino Volterra 67-76 (9 anni)
S. Cleto Roma 76-88 (12)
S. Clemente I Roma 88-97 (9)
S. Evaristo Betlemme 97-105 (8)
S. Alessandro I 105-115 (10)
S. Sisto I Roma 115-125 (10)
S. Telesforo Terranova 125-136 (11)
S. Igino Atene 136-140 (4)
S. Pio I Aquileia 140-155 (15)
S. Aniceto Emesa Siria 155-166 (11)
S. Sotero Fondi (Campania) 166-175 (9)
S. Eleuterio Nicopoli (Epiro) 175-189 (14)
S. Vittore I Africa 189-199 (10)
S. Zefirino Roma 199-217 (18)
S. Callisto I Roma 217-222 (5)
Ippolito 217-235 (antipapa)
S. Urbano I Roma 222-230 (8)
S. Ponziano Roma 230-235 (5)
S. Antero Policastro 235-236 (1)
S. Fabiano Roma 236-250 (14)
S. Cornelio Roma 251-253 (2)
Novaziano 251-258 (antipapa)
S. Lucio I Roma 253-254 (1)
S. Stefano I Roma 254-257 (3)
S. Sisto II Atene 257-258 (1)
S. Dionisio Magna Grecia 259-268 (9)
S. Felice I Roma 269-274 (5)
S. Eutichiano Luni 275-283 (8)
S. Caio Dalmazia 283-296 (13)
S. Marcellino Roma 296-304 (8)
S. Marcello I Roma 308-309 (1)
S. Eusebio Grecia S. Cassano
(Calabria) 309-310 (1)
S. Milziade Africa 311-314 (3)
S. Silvestro I Roma 314-335 (21)
S. Marco Roma 336-336 (0)
S. Giulio I Roma 337-352 (15)
S. Liberio Roma 352-366 (14)
Felice II 355-365 (antipapa)
S. Damaso I Spagna 366-384 (18)
Ursino 366-367 esiliato - Diacono
S. Siricio Roma 384 -399 (15)
S. Anastasio I Roma 399-401 (2)
S. Innocenzo I Albano 401-417 (16)
S. Zosimo Grecia 417-418 (1)
S. Bonifacio I Roma 418-422 (4)
Eulalio 418-419 esiliato (antipapa)
S. Celestino I Campania 422-432 (10)
S. Sisto III Roma 432-440 (8)
S. Leone I il Grande Volterra 440-461 (21)
S. Ilaro Sardegna 461-468 (7)
S. Simplicio Tivoli 468-483 (15)
S. Felice II (III) Roma 483-492 (9)
S. Gelasio I Africa 492-496 (4)
Anastasio II Roma 496-498 (2)
S. Simmaco Sardegna 498-514 (16)
Lorenzo 498-505 esiliato (antipapa)
S. Ormisda Frosinone 514-523 (9)
S. Giovanni I Tuscia 523-526 (3)
S. Felice III (IV) Sannio 526-530 (4)
Bonifacio II Roma 530-532 (2)
Dioscoro Alessandria set. 530 ott. 530
Giovanni II Roma 533-535 (2)
S. Agapito I Roma 535-536 (1)
S. Silverio Campania 536-537 (1) deposto
ed esiliato nel 537 morto a Ponza nel 538
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60.
61.
62.
63.
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68.
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Vigilio Roma 537-555 (18)
Pelagio I Roma 556-561 (5)
Giovanni III Roma 561-574 (13)
Benedetto I Roma 575-579 (4)
Pelagio II Roma 579-590 (11)
S. Gregorio I il Grande Roma 590-604 (14)
Sabiniano Blera (Tuscolo) 604-606 (2)
Bonifacio III Roma 607-607 (0)
S. Bonifacio IV Valeria dei Marsi 608 -615 (7)
S. Adeodato I Roma 615-618 (3)
Bonifacio V Napoli 619-625 (6)
Onorio I Campania 625-638 (13)
Severino Roma 640-640 (0)
Giovanni IV Zara (Dalmazia) 640-642 (2)
Teodoro I Grecia 642-649 (7)
S. Martino I Todi 649-653 (4)
deportato nel 653 morto in esilio 655
S. Eugenio I Roma 654-657 (3)
S. Vitaliano Segni 657-672 (15)
Adeodato II Roma 672-676 (4)
Dono Roma 676-678 (2)
S. Agatone Palermo 678-681 (3)
S. Leone II Sicilia 682-683 (1)
S. Benedetto II Roma 684-685 (1)
Giovanni V Antiochia 685-686 (1)
Conone Tracia 686-687 (1)
Teodoro 687-687 (antipapa)
Pasquale 687 692 (antipapa)
S. Sergio I Siria 687-701 (14)
Giovanni VI Grecia 701-705 (4)
Giovanni VII Rossano (Calabria) 705- 707 (2)
Sisinnio Siria 708-708 (0)
Costantino Siria 708-715 (7)
S. Gregorio II Roma 715-731 (16)
S. Gregorio III Siria 731-741 (10)
S. Zaccaria Grecia 741-752 (11)
di S. Severina in Calabria
S. Stefano II (III) Roma 752-757 (5)
S. Paolo I Roma 757-767 (10)
Costantino II Nepi 767-768 deposto nel 768
Filippo 768-768
Stefano III (IV) Sicilia 768-772 (4)
Adriano I Roma 772-795 (23)
S. Leone III Roma 795-816 (21)
Stefano IV (V) Roma 816-817 (1)
S. Pasquale I Roma 817-824 (7)
Eugenio II Roma 824-827 (3)
Valentino Roma 827-827 (0)
Gregorio IV Roma 827-844 (17)
Giovanni 844 844
Sergio II Roma 844-847 (3)
S. Leone IV Roma 847-855 (8)
Anastasio 855-855 deposto
Benedetto III Roma 855-858 (3)
S. Nicolò I Roma 858-867 (9)
Adriano II Roma 867-872 (5)
Giovanni VIII Roma 872-882 (10)
Marino I di Gallese 882-884 (2)
S. Adriano III Roma 884-885 (1)
Stefano V (VI) Roma 885-891 (6)
Formoso Corsica o ad Ostia 891-896 (5)
Bonifacio VI Roma 896-896 (0)
papa per 15 giorni
Stefano VI (VII) Roma 896-897 (1)
Romano di Gallese 897-897 (0)
Teodoro II Roma 897-897 (0)
Giovanni IX Tivoli 898-900 (2)
Benedetto IV Roma 900-903 (3)
Leone V Ardea 903- 903 (0)
Cristoforo Roma 903-904 deposto
Ass. nazionale per la
tutela della casa e
dei consumatori
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119. Sergio III Roma 904-911 (7)
dei Conti di Tuscolo
120. Anastasio III Roma 911-913 (2)
121. Landone Sabina 913-914 (1)
122. Giovanni X Ravenna 914 -928 (14)
deposto e morto nel 929
123. Leone VI Roma 928-928 (0)
124. Stefano VII (VIII) Roma 928-931 (2)
125. Giovanni XI Roma 931-935 (4) dei Conti
di Tuscolo deposto nel 935
126. Leone VII Roma 936-939 (3)
127. Stefano VIII (IX) Romano 939-942 (3)
128. Marino II Roma 942-946 (4)
129. Agapito II Roma 946-955 (9)
130. Giovanni XII Roma 955-963 (8)
Ottaviano dei Conti di Tuscolo primo papa
che cambiò nome salendo alla sede
Apostolica; deposto nel 963, morto nel 964
131. Leone VIII Roma 963-964 (1)
deposto e morto nel 965
132. Benedetto V, Gramathicus Roma 964-964
(0) esiliato e morto a Brema nel 966
133. Giovanni XIII Roma 965-972 (7)
134. Benedetto VI Roma 973-974 (1)
Bonifacio VII 974-974 per la 1a volta
135. Benedetto VII Roma 974-983 (9)
dei Conti di Tuscolo
136. Giovanni XIV Pavia 983-984 (1)
Pietro di Pavia
Bonifacio VII 984-985 per la 2a volta
137. Giovanni XV Roma 985-996 (11)
138. Gregorio V 996-999 (3) Brunone
dei Conti di Carinzia
Giovanni XVI Greco di Calabria 997-997
cacciato nel 997 morto nel 998
139. Silvestro II Alvernia (Francia) 999-1003
(4) Gerberto d’Aurillac
140. Giovanni XVII Roma 1003-1003 (0)
Siccone Sicconi
141. Giovanni XVIII Rapagnano
(Ascoli Piceno) 1004-1009 (5) Fasano
142. Sergio IV Roma 1009-1012 (3) Pietro
143. Benedetto VIII Roma 1012-1024 (12)
Giovanni dei Conti di Tuscolo
Gregorio Roma 1012-1012
144. Giovanni XIX Roma 1024-1032 (8)
dei Conti di Tuscolo
145. Benedetto IX Roma 1032-1044 (12)
Teofilatto dei Conti di Tuscolo
146. Silvestro III Roma 1045-1045 (0)
Giovanni
147. Benedetto IX per la 2a volta 1045-1045
(0) Teofilatto dei Conti di Tuscolo
148. Gregorio VI Roma 1045-1046 (1)
Giovanni Graziano
149. Clemente II Sassonia 1046-1047 (1)
Suitgero di Morsleben e Honburg morto
a Pesaro nel 1047
Vescovo di Bamberga
150. Benedetto IX per la terza volta 1047-1048
(1) morto dopo la nuova espulsione
151. Damaso II Baviera 1048-1048 (0)
Poppone morto a Palestrina
152. S. Leone IX Alsazia 1049-1054 (5)
Brunone dei Conti di Egisheim-Hirschberg
153. Vittore II Svevo 1055-1057 (2)
Geberardo II dei Conti di Dollestein
Hirschberg morto ad Arezzo nel 1057
154. Stefano IX (X) Lorena 1057-1058 (1)
Federico Gozzelone dei Duchi
155.
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173.
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175.
176.
177.
di Lorena morto a Firenze nel 1058
Benedetto X Roma 1058-1059 Giovanni
detto Mincio, dei Conti di Tuscolo
Niccolò II Chevron - Savoia 1059-1061
(2) Gerardo di Borgogna
Alessandro II Verona 1061-1073 (12)
Anselmo dei Conti di Baggio
Onorio II 1061-1072 Cadalo Pallavicino
S. Gregorio VII Roma 1073-1085 (12)
Ildebrando di Soana
Clemente III Parma 1080-1100 Ghiberto
da Correggio cacciato nel 1100 - morto
a Ravenna
B. Vittore III Benevento 1086-1087 (1)
Desiderio Epifani
B. Urbano II Chatillon 1088-1099 (11)
Ottone dei Signori di Chatillon
Pasquale II Di Bieda (Tuscia) 1099-1118 (19)
Raniero di Blera Teodorico 1100-1102
Alberto 1102-1102
Silvestro IV Roma 1105-1111 Maginulfo
Gelasio II Gaeta 1118-1119 (1) Giovanni
Crescenzi Caetani morto a Cluny 1119
Gregorio VIII Francese 1118-1121
Maurizio Bourdain (o Bourdin)
morto nel 1125
Callisto II Borgogna 1119-1124 (5)
Guido di Guglielmo Conte di Borgogna
Celestino II Roma 1124-1124 Teobaldo
Buccapecus
Onorio II Casal Fiumanese (Imola)
1124-1130 (6) Lamberto Scannabecchi
Innocenzo II Roma 1130-1143 (13)
Gregorio Papareschi
Anacleto II 1130-1138 Pietro Pierleoni
Vittore IV 1138-1138 Gregorio dei Conti
di Tuscolo
Celestino II Città di Castello 1143-1144
(1) Guido di Città di Castello
Lucio II Bologna 1144-1145 (1)
Gerardo Caccianemici dell’Orso
B. Eugenio III Pisa 1145-1153 (8)
Berardo Paganelli Montemagno
Anastasio IV Roma 1153-1154 (1) Corrado
Adriano IV Inghilterra 1154-1159 (5)
Nicola Breakspeare
Alessandro III Siena 1159-1181 (22)
Rolando Bandinelli morto
a Civita Castellana nel 1581
Vittore IV (V) Tivoli 1159-1164
Ottaviano dei Conti di Monticelli
Pasquale III 1164-1168 Guido da Crema
Callisto III Ungheria 1168-1178
Giovanni Abate di Strumio Innocenzo III
Sezze 1179-1180 Lando Frangipane
deposto nel 1180
Lucio III Lucca 1181-1185 (4)
Ubaldo Allucingoli
Urbano III Milano 1185-1187 (2)
Uberto Crivelli
Gregorio VIII Benevento 1187-1187 (0)
Alberto de Morra
Clemente III Roma 1187-1191 (4)
Paolino Scolare
Celestino III Roma 1191-1198 (7)
Giacinto Bobone Orsini
Innocenzo III Anagni 1198-1216 (18)
Lotario dei Conti di Segni
Onorio III Roma 1216-1227 (11)
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178. Gregorio IX Anagni 1227-1241 (14)
Ugolino dei Conti di Segni
179. Celestino IV Milano 1241-1241 (0)
Goffredo Castiglione
180. Innocenzo IV Genova 1243-1254 (11)
Sinibaldo Fieschi dei Conti di Lavagna
181. Alessandro IV Anagni 1254-1261 (7)
Orlando dei Conti di Segni
182. Urbano IV Troyes 1261-1264 (3)
Giacinto Pantaleone
183. Clemente IV Saint Gilles sur Rhone
1265-1268 (3) Guido Foulques Le Gros
184. B. Gregorio X Piacenza 1271-1276 (5)
Teobaldo Visconti
185. B. Innocenzo V Tarantasia (Savoia)
1276-1276 (0) Pietro di Tarantasia
186. Adriano V Genova 1276-1276 (0)
Ottobono Fieschi dei Conti di Lavagna
187. Giovanni XXI Lisbona 1276-1277 (1)
Pietro di Giuliano (Pietro Ispano)
188. Nicolò III Roma 1277-1280 (3)
Giovanni Gaetano Orsini
189. Martino IV Montpincé nella Brie
1281-1285 (4) Simone de Brion
190. Onorio IV Roma 1285-1287 (2)
Iacopo Savelli
191. Niccolò IV Lisciano (Ascoli Piceno)
1288-1292 (4) Gerolamo Masci
192. S. Celestino V Isernia 1294-1294 (0)
Pietro Angeleri da Morrone rinunciò
“Colui che per viltade fece il gran rifiuto”
(m. 1296)
193. Bonifacio VIII Anagni 1294-1303 (9)
Benedetto Caetani
194. B. Benedetto XI Treviso 1303-1304 (1)
Nicolò Boccasini
195. Clemente V Villandran (Bordeaux)
1305-1314 (9) Bertrando de Goth
196. Giovanni XXII Cahors 1316-1334 (18)
Giacomo Arnaud d’Euse Niccolò V Rieti
1328-1330 rinunciò nel 1330
anno in cui morì
197. Benedetto XII Saverdun (Tolosa)
1334-1342 (8) Giacomo Fournier
198. Clemente VI Chateau Malmont
(Limoges) 1342-1352 (10)
Pietro Roger de Rosieres
199. Innocenzo VI Mont (Beyssac) 1352-1362
(10) Stefano d’Aubert
200. B. Urbano V Chateau de Grisac
(Linguadoca) 1362-1370 (8)
Guglielmo de Grimoard
201. Gregorio XI Chateau Maumont (Limoges)
1370-1378 (8) Pietro Roger de Beaufort
202. Urbano VI Napoli 1378-1389 (11)
Bartolomeo Prignano
203. Bonifacio IX Napoli 1389-1404 (15)
Pietro Tomacelli
204. Innocenzo VII Sulmona 1404-1406 (2)
Cosimo de’ Migliorati
205. Gregorio XII Venezia 1406-1409 (3)
Angelo Correr deposto nel concilio di Pisa
nel 1409, rinunciò nel 1415. Morto nel 1417
ANTIPAPI AVIGNONESI
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Clemente VII Ginevra 1378-1394
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Speciale nuovo Papa 19
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
A FRANCESCO
nel 1414 rieletto nel 1417
Clemente VIII Barcellona 1423-1429
Gil Sanchez Munoz rinunciò nel 1429
e morì nel 1446
Benedetto XIV 1425-1430 Bernardo Garnier
ANTIPAPI PISANI
Alessandro V Candia 1409-1410 Pietro Filargis
Giovanni XXIII Ischia 1410-1415 Baldassarre
Cossa deposto nel 1415 e morto nel 1419
206. Martino V Genazzano (Roma) 1417-1431
(14) Oddone Colonna
207. Eugenio IV Venezia 1431-1447 (16)
Gabriele Condulmero
Felice V 1439-1449 Amedeo Duca di
Savoia eletto a Basilea rinunciò a Losanna
208. Niccolò V Sarzana 1447-1455 (8)
Tommaso Parentucelli
209. Callisto III Jativa (Valencia) 1455-1458
(3) Alfonso Borgia
210. Pio II Corsignano (detta poi Pienza)
1458 1464 (6) Enea Silvio Piccolomini
211. Paolo II Venezia 1464-1471 (7)
Pietro Barbo
212. Sisto IV Celle Ligure (Savona) 1471-1484
(13) Francesco Della Rovere
213. Innocenzo VIII Genova 1484-1492 (8)
Giovan Battista Cybo
214. Alessandro VI Jativa (Valencia)
1492 1503 (11) Rodrigo Borgia
215. Pio III Siena 1503-1503 (0)
Francesco Todeschini Piccolomini
216. Giulio II Albissola (Savona) 1503-1513
(10) Giuliano Della Rovere
217. Leone X Firenze 1513-1521 (8)
Giovanni de’ Medici
218. Adriano VI Utrecht 1522-1523 (1)
Adriano Florensz
219. Clemente VII Firenze 1523-1534 (11)
Giulio de’ Medici
220. Paolo III Canino (Viterbo) 1534-1549
(15) Alessandro Farnese
221. Giulio III Roma 1550-1555 (5)
Giovan Maria Ciocchi del Monte
222. Marcello II Montefano (Macerata)
1555-1555 (0) Marcello Cervini da fam.
di Montepulciano
223. Paolo IV Capriglia (Avellino) 1555-1559
(4) Gian Pietro Carafa
224. Pio IV Milano 1559-1565 (6)
Giovanni Angelo Medici
225. S. Pio V Bosco Marengo 1566-1572 (6)
Antonio Ghislieri
226. Gregorio XIII Bologna 1572-1585 (13)
Ugo Boncompagni
227. Sisto V Grottammare 1585-1590 (5)
Felice Peretti
228. Urbano VII Roma 1590-1590 (0)
Giovan Battista Castagna
229. Gregorio XIV Cremona 1590-1591 (1)
Nicolò Sfondrati
230. Innocenzo IX Bologna 1591-1591 (0)
Giovan Antonio Facchinetti
231. Clemente VIII Fano 1592-1605 (13)
Ippolito Aldobrandini
232. Leone XI Firenze 1605-1605 (0)
Alessandro d’Ottaviano de’ Medici
233. Paolo V Roma 1605-1621 (16)
Camillo Borghese
234. Gregorio XV Bologna 1621-1623 (2)
Alessandro Ludovisi
235. Urbano VIII Firenze 1623-1644 (21)
Maffeo Barberini
236. Innocenzo X Roma 1644-1655 (11)
Giovan Battista Pamphily
237. Alessandro VII Siena 1655-1667 (12)
Fabio Chigi
238. Clemente IX Pistoia 1667-1669 (2)
Giulio Rospigliosi
239. Clemente X Roma 1670-1676 (6)
Giovan Battista Emilio Altieri
240. B. Innocenzo XI Como 1676-1689 (13)
Benedetto Odescalchi
241. Alessandro VIII Venezia 1689-1691 (2)
Pietro Ottoboni
242. Innocenzo XII Spinazzola (Bari)
1691 -1700 (9) Antonio Pignatelli
243. Clemente XI Urbino 1700-1721 (21)
Giovanni Francesco Albani
244. Innocenzo XIII Poli (Palestrina)
1721-1724 (3) Michelangelo Conti
245. Benedetto XIII Gravina (Bari) 1724-1730
(6) Vincenzo Maria Orsini
246. Clemente XII Firenze 1730-1740 (10)
Lorenzo Corsini
247. Benedetto XIV Bologna 1740-1758 (18)
Prospero Lambertini
248. Clemente XIII Venezia 1758-1769 (11)
Carlo Rezzonico
249. Clemente XIV S. Arcangelo di Romagna
1769-1774 (5) Giovanni Vincenzo Ganganelli
250. Pio VI Cesena 1775-1799 (24)
Giovan Angelo Braschi
251. Pio VII Cesena 1800-1823 (23)
Giorgio Chiaramonti
252. Leone XII Genga (Ancona) 1823-1829 (6)
Annibale Sermattei dei Conti della Genga
253. Pio VIII Cingoli (Macerata) 1829-1830
(1) Francesco Saverio Castiglioni
254. Gregorio XVI Belluno 1831-1846 (15)
Bartolomeo Alberto Cappellari
255. B. Pio IX Senigallia 1846-1878 (32)
Giovan Maria Mastai-Ferretti
256. Leone XIII Carpineto Romano
1878-1903 (25) Gioacchino Pecci
257. S. Pio X Riese (Treviso) 1903-1914 (11)
Giuseppe Sarto
258. Benedetto XV Genova 1914-1922 (8)
Giacomo Della Chiesa
259. Pio XI Desio (Milano) 1922-1939 (17)
Achille Ratti
260. Pio XII Roma 1939-1958 (19)
Eugenio Pacelli
261. B. Giovanni XXIII Brusicco di
Sotto il Monte (Bergamo) 1958-1963 (5)
Angelo Giuseppe Roncalli
262. Paolo VI Concesio (Brescia) 1963-1978
(15) Giovanni Battista Montini
263. Giovanni Paolo I Canale d’Agordo
(Belluno) 1978-1978 (0) Albino Luciani
264. Giovanni Paolo II Wadowice - Cracovia
(Polonia) 1978-2005 (26) Karol Wojtyla
265. Benedetto XVI Passau (Germania)
2005-2013 (8) Joseph Ratzinger
266. Francesco (Jorge Mario Bergoglio)
UNA SERIE DI GRANDI PASTORI
San Pio X
Paolo VI
Il 19 luglio del 1903, cessa di vivere, a 93 anni, Leone XIII.
Il 4 agosto viene eletto Papa il patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, che prende il nome di Pio X. Mostra subito di essere il contrapposto del suo predecessore: è umile, schietto,
buono, alieno dalla politica. La sua lotta più intransigente
si svolge contro il movimento modernista, che investe direttamente la filosofia, la teologia, l’esegesi biblica, con vasti
riflessi anche politici e sociologici.
Muore il 20 agosto del 1914, agli inizi della Prima guerra
mondiale.
Benedetto XV
Il 3 settembre 1914 sale al soglio pontificio il cardinale Giacomo Della Chiesa, nato a Genova nel 1854, da nobile famiglia. Eletto Papa con il nome di Benedetto XV, durante la
Prima guerra mondiale coopera ad alleviare le miserie della
guerra da lui definita “inutile strage”, tentando con proposte di pace di troncare le ostilità e salvare l’Europa. Sul
piano religioso anima lo zelo missionario, mostra grande
sollecitudine nei riguardi delle Chiese separate d’Oriente e
promulga il codice di diritto canonico (1917). Muore il 22
gennaio 1922.
Pio XI
Il 6 febbraio viene eletto papa Achille Ratti. Nato a Desio
(Milano) il 31 maggio 1857, laureato in teologia, in diritto
e in filosofia. Assunto il nome di Pio XI, inizia il suo pontificato impartendo la benedizione Urbi et orbi dalla loggia
esterna di San Pietro, chiusa dal 1870, anno dell’annessione di Roma al Regno d’Italia. Manifestando il desiderio di
togliere la Chiesa dal suo isolamento e di concludere finalmente il Concordato con l’Italia, cui si giunge con i Patti
Lateranensi nel 1929. Muore il 10 febbraio 1939.
Una curiosità: il 12 febbraio 1931, Pio XI inaugura la stazione della Radio Vaticana, rivolgendo in lingua latina il primo
radiomessaggio di un Papa al mondo.
Pio XII
Il 2 marzo il conclave elegge il cardinale Eugenio Pacelli,
che era Segretario di Stato, e che prende il nome di Pio XII.
È una figura carismatica e contraddittoria. Rappresenta
infatti l’anello di congiunzione e di passaggio tra il vecchio ruolo di Papa monarca e quello moderno di pastore
ecumenico, umano e spirituale al contempo. Grandissima
corrispondenza da parte dei fedeli ebbe la celebrazione
dell’Anno Santo 1950, culminata con la proclamazione del
dogma di Maria Assunta in Cielo. Muore la notte del 9 ottobre 1958.
Beato Giovanni XXIII
Angelo Giuseppe Roncalli, nato a Sotto il Monte (Bergamo), il 25 novembre 1881, nunzio apostolico in Bulgaria,
Turchia, Grecia e poi Francia, divenuto cardinale nel gennaio 1953 e l’anno dopo patriarca di Venezia, il 28 ottobre
1958 diventa Giovanni XXIII. Non solo non sarà un Papa
di transizione, ma il suo nome è scritto fra quelli dei “grandi” della Chiesa.
Dopo soli tre mesi di pontificato, annuncia il Concilio Vaticano II, chiuso da papa Paolo VI nel dicembre del 1965.
Alle 19,40 del 3 giugno 1963 Papa Giovanni XXIII muore.
Il mondo piange il Papa buono.
Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini, nasce a
Concesio (Brescia) nel 1897 da una famiglia borghese di
forti tradizioni cattoliche. Ordinato sacerdote nel 1920,
diventa quasi subito uomo di Curia con la nomina di
aiutante nella Segreteria di Stato. Nel 1954 è nominato
arcivescovo di Milano da Pio XII e solo nel 1958 cardinale, da Giovanni XXIII. Al quale succede il 21 giugno
1963. Primo suo compito la conduzione del Concilio,
che porta a compimento manifestando una statura spirituale e culturale straordinaria.
Papa Montini è da una parte prudente in talune aperture d’ordine disciplinare o ecumenico e dall’altra molto sensibile ai problemi del Terzo Mondo e della pace
mondiale. Dopo – le prime in assoluto – uscite (ben
159) di Papa Giovanni dalle mura vaticane per recarsi
fuori Roma, è proprio Paolo VI a inaugurare l’usanza
dei viaggi anche all’estero, in ogni angolo del mondo.
Uno dei momenti forti del suo pontificato fu l’anno
giubilare, Anno Santo indetto nel 1975, che portò circa
8.500.000 pellegrini a Roma. Muore il 6 agosto 1978.
Giovanni Paolo I
Il 20 agosto viene eletto Papa il bellunese Albino Luciani,
dal 1969 patriarca di Venezia. Volendo combinare le qualità
di Giovanni XXIII e di Paolo VI sceglie come nome quello
di entrambi. Non possiamo commentare il suo ministero
petrino perché, tre settimane dopo l’elezione, nella notte del
28 settembre, muore stroncato da un attacco cardiaco.
Beato Giovanni Paolo II
Il 16 ottobre 1978, viene eletto papa il polacco Karol Wojtyla, nato a Wadowice il 18 maggio 1920 e prende il nome
di Giovanni Paolo. È il primo Papa non italiano dopo 455
anni, è inoltre il primo pontefice slavo della storia. Il suo
pontificato dura 26 anni, 5 mesi e 17 giorni ed è il terzo
pontificato più lungo della storia (dopo quello di Pio IX e
quello di Pietro apostolo). Dopo aver fatto l’esperienza della persecuzione nazista, si laurea in Teologia alla Pontificia
Università dell’Angelicum a Roma. Forte oppositore del
Comunismo, viene nominato arcivescovo di Cracovia. Il
suo è un papato straordinario; è considerato uno degli artefici del crollo del socialismo reale. Con i suoi 104 viaggi
in tutto il mondo vuole incontrare tutte le Chiese e tutti i
popoli, radunando ovunque enormi folle. È l’inventore delle
Giornate Mondiali della Gioventù. Vive due giubilei, quello
del 1983 (anniversario della Redenzione e quello del 2000,
aprendo il nuovo millennio). Il 13 maggio 1981 è vittima di
un attentato quasi mortale da parte di Ali Agca, un killer
turco. Viene presto soccorso e sopravvive. L’ultimo periodo
del suo pontificato è caratterizzato dalla malattia, affrontata
con straordinario coraggio. Muore il 2 aprile 2005.
Benedetto XVI
A papa Wojtyla succede il suo consulente teologico Joseph
Ratzinger (nato il 16 aprile 1927 in Baviera), prefetto della
Congregazione per la dottrina della fede, eletto il 19 aprile
2005. Sceglie il nome di Benedetto XVI. Da giovane professore vive l’esperienza fondamentale della partecipazione al
concilio Vaticano II. È il Papa che concilia ragione e fede,
che attacca la dittatura del relativismo, che scrive tre encicliche: Deus caritas est, Spe salvi e Caritas in veritate. L’ultima è il
testo di economia più avanzato del tempo. Nel concistoro
dell’11 febbraio 2013 annuncia la sua rinuncia al pontificato
dalle ore 20.00 del 28 febbraio. Ora è Papa emerito.
RITIRO ORO
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20
Speciale nuovo Papa
GIOVEDÌ 14 MARZO 2013
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