Acqua pura per vincere la cecità in Africa vivere

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TRACOMA
di Angelo Torrisi
Legata alle scarse condizioni igieniche, l’insorgere della malattia
si combatte con la pulizia. Decisivo l’operato di alcuni oculisti siciliani
Acqua pura per vincere
la cecità in Africa
a povertà dell’Africa
può ferire gli occhi:
è il continente dove
il dramma delle
malattie, a partire
da quelle che colpiscono la vista, è presente più che
altrove. Per questo l’Agenzia
Internazionale per la Prevenzione della Cecità-Iapb Italia onlus
ha realizzato in Etiopia 113 pozzi
dove si può attingere acqua pulita. Anche in questo modo nel
quarto Stato più povero del
mondo si combatte il tracoma,
una malattia oculare che causa
cecità. Quindi la popolazione
locale può bere e lavarsi con
acqua limpida, evitando di condividere le fonti idriche con gli animali.
Per bloccare l’infezione oculare
causata dal tracoma, dovuta a un
batterio (Chlamydia Tracomatis),
sono infatti fondamentali le
misure igieniche, a partire ovviamente dall’uso di acqua pulita.
Grazie a questo è stato possibile
L
migliorare lo stato di salute complessivo della popolazione rurale
in una zona dell’Etiopia chiamata Amhara, dove il tenore di vita
della popolazione versa spesso in
condizioni drammatiche. Si
pensi solo che moltissime persone vivono in baracche, capanne
di fango e paglia o in altri rifugi
di fortuna.
«L’Agenzia Internazionale per la
prevenzione della cecità – spiega
l’avv. Giuseppe Castronovo, presidente della Iapb Italia onlus –
non solo è impegnata a livello
internazionale, ma anche nel
nostro Paese per far sì che diminuisca il numero dei ciechi.
Basti pensare che, in un Paese in
via di sviluppo, sono sufficienti
25 euro per operare la cataratta;
ma anche i bambini sono colpiti
da numerose malattie oculari.
Dunque, come atto di solidarietà
abbiamo realizzato i pozzi d’acqua in Etiopia. Anche in Sicilia –
prosegue il presidente Castronovo – il tracoma era diffuso prima
e durante la seconda guerra
mondiale, in seguito alla quale
purtroppo ci sono stati anche
tanti ciechi invalidi civili. Due o
tre decenni dopo, grazie agli
antibiotici e ad altri medicinali,
si è potuto sconfiggere nel
nostro Paese, nonostante ultimamente ci siano stati nuovi casi».
In Etiopia, invece, il tracoma è
ancora una realtà e può provocare seri danni alla vista. Per questo il progetto è stato portato
avanti facendo riferimento
innanzitutto al motto “Chirurgia
e antibiotici”, prestando grande
attenzione sia alla pulizia facciale che alla bonifica ambientale. Il
progetto, fortemente voluto e
finanziato dalla Iapb Italia nonché dalla Cbm Italia – che sono
state in missione in Etiopia lo
scorso aprile –, è stato affidato a
una Ong locale con grande esperienza nella fornitura di acqua
(chiamata “Orda”). Il fine ancora
più ampio, a livello planetario, è
quello di eliminare la cecità cau-
sata dal tracoma entro il 2020,
uno degli obiettivi che rientrano
nel progetto Vision 2020 dell’Organizzazione mondiale della
sanità (Oms) e della Iapb.
Il tracoma attualmente incide,
secondo l’Oms, per il 2,9% sulle
cause di cecità mondiali (circa 45
milioni di persone sono non
vedenti). La cataratta non operata è il problema più diffuso (incide per il 39,1% sulle cause di
cecità), a cui seguono il glaucoma (il 10,1% dei ciechi ne sono
affetti, spesso per una pressione
oculare troppo alta) e la degenerazione maculare legata all’età
(7,1% dei ciechi nel mondo a
causa di danni al centro della
retina che deformano le immagini, compromettendo la visione
centrale).
In Etiopia si è puntato su alcuni
obiettivi, tra cui: incrementare il
livello di sicurezza delle forniture di acqua della regione etiope
di Amhara (afflitta dalla fame),
migliorare il livello di igiene del
viso dei bambini (da 1 a 9 anni),
riducendo la prevalenza del tracoma e delle altre malattie trasmissibili. La povertà della popolazione etiope, così come quella
di altre nazioni africane, si lega a
doppio filo alla nostra realtà
nazionale e regionale. A Lampedusa, ad esempio, sbarcano sempre immigrati disperati e in
cerca di fortuna. Ovviamente, in
questo caso si pone anche la questione di eventuali malattie contagiose dovute generalmente alle
scarse condizioni igieniche.
Però è degno di nota il fatto che
in Italia è stata inaugurata ufficialmente quest’anno una struttura, l’Istituto Nazionale per la
promozione della salute delle
popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà
(Inmp), con sede centrale al S.
Gallicano di Roma che, però, si
avvale anche di medici in Sicilia
(proprio a Lampedusa è stata istituita una task force che visita gli
immigrati sbarcati sull’isola e
27 novembre 2008
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viveresalute
Nuovi, modesti focolai della malattia, fortunatamente solo nella fase iniziale e curabile,
sono stati riscontrati anche in Italia dopo l’arrivo di alcuni immigrati dall’Africa
L’endometriosi si manifesta nell’adolescenza
ma spesso viene diagnosticata troppo tardi
In alto l’avvocato Giuseppe Castronovo, presidente dell’Agenzia Internazionale per la
Prevenzione della Cecità-Iapb Italia onlus. Sotto il professore Alfredo Reibaldi.
collabora strettamente col centro di primo soccorso e il
poliambulatorio locale).
Esiste però un rischio di contrarre malattie tropicali o
comunque diffuse nei Paesi in
via di sviluppo anche in Italia?
A rispondere è il professore
Alfredo Reibaldi, direttore
della Clinica Oculistica dell’Università di Catania e responsabile scientifico del Polo
Nazionale di Servizi e Ricerca
per la Prevenzione della Cecità
e la Riabilitazione Visiva degli
Ipovedenti, con sede a Roma.
«Fino agli anni Sessanta e Settanta – sottolinea Reibaldi –
esisteva addirittura un ente
provinciale antitracomatoso
per ogni provincia italiana,
dove lavorava un medico oculista: veniva condotta un’azione
capillare. Il tracoma attacca le
parti più esterne dell’occhio: la
congiuntiva, la cornea e la palpebra. Oggi i centri antitracomatosi sono stati smantellati,
ma con l’arrivo degli immigrati provenienti soprattutto dall’Africa e con l’aggravarsi, in
alcuni casi, delle condizioni
igieniche c’è stata una ripresa
del tracoma, per fortuna solo
in fase iniziale. Però, anche se
si tratta di pochi casi, il pericolo è che non venga diagnosticato immediatamente perché
gli oculisti non sono più abituati a riconoscerlo. Siccome
la malattia è a carico della palpebra, di fatto quasi sempre le
ciglia si rivoltano verso l’interno, graffiando la cornea e provocando fastidi che possono
sfociare in ulcere corneali.
Quindi visitiamo alcuni anziani che hanno gli esiti cicatriziali del tracoma, soprattutto
sulla palpebra e la cornea».
Quali sono gli altri interventi
urgenti che andrebbero fatti
negli Stati in via di sviluppo?
“Nel 2008 - spiega ancora il
professore Reibaldi - la cataratta, che da noi rappresenta
un intervento di routine, nei
Paesi in via di sviluppo è la
principale causa di cecità:
bisognerebbe andare a fare
un’opera d’azione capillare,
facendo operazioni nei Paesi
africani poveri. Ci possono
essere delle infezioni legate a
parassiti, alla cattiva igiene,
che possono interessare sia le
parti esterne dell’occhio o persino la retina (oncocerosi); ma
anche i funghi (miceti) costituiscono una minaccia».
L’endometriosi è una patologia
cronica in cui alcune cellule
della mucosa uterina (l’endometrio) s’impiantano al di fuori
della loro sede d’origine. Si può
instaurare già nell’adolescenza
ma viene diagnosticata in genere con grave ritardo (intorno ai
25-28 anni), provocando una
notevole riduzione della qualità
della vita sociale, lavorativa e
sessuale. «È una malattia complessa - spiega il prof. Giorgio
Vittori, presidente della Società
Italiana di Ginecologia e Ostetricia - che necessita di essere trattata da specialisti
all’interno di reti
multidisciplinari
d’eccellenza. Il
sintomo principale è il dolore, ma
anche gonfiore
addominale, perdite di sangue
anomale o affaticamento cronico devono preoccupare. Attualmente non esiste
una terapia definitiva ma si possono trattare efficacemente il
dolore e l’eventuale sterilità. Le
cure possono essere sia di tipo
farmacologico (terapia ormonale
tipo pillola anticoncezionale) sia
chirurgiche».
I costi sociali e l’impatto della
patologia sono altissimi: nell’Unione Europea si stimano circa
30 miliardi di euro in giorni di
lavoro persi a causa della
malattia, senza includere il
costo di medicinali, chirurgia,
tentativi terapeutici ripetuti,
fecondazione in vitro e altre
terapie per l’infertilità. Uno studio europeo del 2005 fotografa
chiaramente come l’endometriosi sia molto debilitante per la
donna: nell’81% delle interviste
sono emersi disturbi del sonno,
nel 79% riflessi sulla vita lavorativa, nel 77% rapporti sessuali
dolorosi quando non addirittura
impossibili, con
pesanti ripercussioni sulla vita di
coppia. «Per questo riteniamo che
una legge di tutela sia indispensabile - afferma
Jacqueline Veit,
presidente dell’Associazione
Italiana Endometriosi -. Chiediamo centri di
eccellenza sul territorio per la
diagnosi e per il follow up, per
la formazione del personale
sanitario e l’educazione del
paziente. Vogliamo il riconoscimento dell’endometriosi come
malattia cronica di interesse
sociale, agevolazioni sul ticket e
il riconoscimento dell’invalidità
per i casi più gravi. Crediamo
inoltre siano fondamentali campagne di informazione, rivolte
soprattutto alle giovani». (A.T.)
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