Microscopia Confocale corneale nella graft versus host disease

Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
discussa presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma in data 24/03/2011.
La disseminazione e la riproduzione di questo documento sono consentite per scopi di didattica e ricerca,
a condizione che ne venga citata la fonte.
Università Campus Bio-Medico di Roma
Corso di dottorato di ricerca in
IMMUNOLOGIA OCULARE
XXIII ciclo anno 2008
Microscopia Confocale corneale nella graft versus host disease oculare
Magdalena Cortes
Coordinatore
Tutore
Prof.Stefano Bonini……………………………… Prof. Alessandro Lambiase
24 Marzo 2011
Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
discussa presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma in data 24/03/2011.
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Introduzione: generalità sulla GHVD sistemica ed oculare Il trapianto allogenico di cellule staminali o trapainto di midollo osseo (TMO) da parte di un donatore HLA compatibile o non compatibile è largamente usato come terapia per una serie di patologie ematologiche, tumorali e non tumorali. I primi trapianti allogenici di cellule staminali ematiche in umani furono realizzati con successo nel 1968. Da allora ci sono stati sviluppi notevoli in questo campo. L’effetto curativo del trapianto allogenico di cellule staminali si ottiene grazie al cosidetto “graft versus leukemia effect”.che sfrutta l'azione delle cellule immunocompetenti del donatore contro le cellule tumorali dell'ospite. Sfortunatamente il “graft versus leukemia effect” ha un meccanismo di azione molto vicino alla più temuta complicanza del TMO che è la “graft versus host disease” (GVHD) o malattia da trapianto contro ospite. La GVHD è una reazione immunitaria esercitata dall’organo immunocompetente del donatore nei confronti del tessuto del ricevente. Nella GVHD i linfociti T del donatore riconoscono come estranei gli antigeni (di istocompatibilità maggiori e minori) del ricevente ed innescano una reazione infiammatoria mirata alla distruzione delle cellule e dei tessuti dell'ospite. Il risultato finale della GVHD è l'apoptosi.1 La classificazione della GVHD sistemica in acuta o cronica è soprattutto clinica. Fino a non molto tempo fa dipendeva solo dal tempo intercorso tra il trapianto e l’insorgenza dei sintomi di GVHD: acuta se erano passati meno di 100 giorni, cronica se ne erano passati di più. Recentemente sono state aggiunte due nuove categorie, e la classificazione è diventata come segue: GVHD acuta classica (insorgenza < 100 giorni dal trapianto), GVHD acuta di inizio tardivo (insorgenza > 100 giorni dal trapianto), GVHD cronica classica (senza limite di tempo tra il trapianto e l'insorgenza dei sintomi), e Sindrome da overlap(senza limite di tempo tra il Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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trapianto e l'insorgenza dei sintomi) con caratteristiche cliniche di quella acuta e di quella cronica).2 Nella GVHD acuta classica (insorgenza in meno di 100 giorni dal trapianto), sono colpiti usualmente tre organi: la pelle, il sistema gastrointestinale, ed il fegato. La GVHD cronica compare in genere dopo 3‐6 mesi dal trapianto, molto spesso quando si stà scalando la terapia immunosopressiva sistemica o quando si è già sospesa. Gli organi coinvolti, oltre a quelli coinvolti nella GVHD acuta, sono le unghie, i capelli, gli occhi, i genitali, i polmoni, i muscoli, le articolazioni. La GVHD cronica, si può presentare anche dopo anni dal trapianto. La GVHD cronica in genere è preceduta da una GVHD acuta, e può rimanere confinata ad un solo organo oppure può disseminarsi a vari organi. Gli organi più frequentemente colpiti al momento della diagnosi sono: la pelle (75%), la bocca (51‐63%), il fegato (29‐51%). Il coinvolgimento oculare si ha nel 40‐60% dei pazienti sottoposti a TMO.3 Per fare diagnosi di GVHD almeno un sintomo o manifestazione clinica deve essere presente. La conferma si ha dalla biopsia che esclude altre patologie, infezioni o una tossicità da farmaci. L’incidenza della GVHD acuta è inversamente proporzionale al grado di compatibilità tra l’HLA del donatore e l’HLA del ricevente anche se può comparire lo stesso in casi di elevata compatibilità. La GVHD cronica compare dopo una GVHD acuta, ma si può anche presentare ex novo. Altri fattori di rischio per lo sviluppo della GVHD cronica sono l’età elevata del donatore e/o del ricevente, donatori femminili per riceventi maschili. Sia nella GVHD acuta che in quella cronica, i linfociti T del organo trapiantato hanno un ruolo fondamentale. Nella patogenesi della GVHD acuta sono descritte tre fasi: nella prima fase c’è l’attivazione delle “Antigen presenting cells” (APCs) causata da un danno probabilmente causato a sua volta dal regime pre trapianto. I tessuti Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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danneggiati rispondono producendo “segnali di pericolo”, quali citochine pro‐
infiammatorie (TNF‐alpha, IL‐1, Il‐6), chemochine, e aumento dell’espressione delle molecole di adesione degli antigeni del complesso maggiore di istocompatibilità e molecole costimolatrici delle APCs del ricevente. Nella seconda fase, quella più importante, i linfociti T del donatore proliferano e differenziano in risposta agli antigeni di istocompatibilità del ricevente presentati dalle APCs. I segnali prodotti nella fase 1 promuovono le risposte dei linfociti T del donatore verso gli antigeni del ricevente grazie alla secrezione di varie citochine pro‐
infiammatorie. Nella terza fase una complessa cascata di mediatori cellulari quali i linfociti T citotossici, le natural killer cells, mediatori solubili e cellulari sinergizzano per amplificare il danno tessutale locale, promuovere l’infiammazione e mirare alla distruzione tessutale.1 Nella patogenesi della GVHD cronica i linfociti T del donatore giocano anche un ruolo importante ma ci sono caratteristiche che la fanno assomigliare più ad una malattia autoimmune. In effetti é stato ipotizzato il ruolo delle cellule B e degli autoanticorpi nella patogenesi della GVHD cronica.4 La GVHD oculare si sviluppa nel 40‐60% dei pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali, e può causare un danno severo della superficie oculare.3 Il coinvolgimento oculare è raro nella GVHD acuta, presentandosi in circa il 10% dei pazienti con GVHD acuta. Il coinvolgimento oculare è considerato un fattore prognostico negativo per la mortalità in caso di GVHD sistemica.24 In genere la GVHD oculare non danneggia in forma permanente la vista, altera però la qualità della vita e compromette le usuali attività quotidiane dei pazienti. Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Le alterazioni istopatologiche nella GVHD oculare sono state riscontrate principalmente nella congiuntiva e nella ghiandola lacrimale. L'esito finale è la cheratinizzazione della superficie oculare. In pazienti affetti da GVHD acuta oculare (mediata dai Linfociti T del donatore) con congiuntivite pseudomembranosa, lo studio istologico delle pseudomembrane ha evidenziato linfociti T mononucleari derivati dal donatore. Nel tessuto congiuntivale di questi pazienti è stato trovato materiale fibrinoide con detriti cellulari e cellule infiammatorie.1 Nella GVHD oculare cronica invece c’è una distruzione infiammatoria della congiuntiva e della ghiandola lacrimale con fibrosi, risultando in diminuita produzione di lacrime e superficie oculare danneggiata. I referti istologici della ghiandola lacrimale evidenziano distruzione estesa, atrofia tessutale, fibrosi delle ghiandole e dei dotti tubuloalveolari, aumento dei fibroblasti stromali CD34+, infiltrato linfocitico. I fibrolasti hanno un ruolo importante nello sviluppo della fibrosi della ghiandola lacrimale. Quasi la metà dei fibroblasti CD34+ riscontrati nella ghiandola lacrimale provengono dal donatore.5 Nella congiuntva i linfociti T e i macrofagi i sono responsabili dell’infiammazione e della cheratinizzazione.5 Esistono anche lesioni retiniche nella GVHD oculare, ma la fisiopatologia non è chiara. Molteplici fattori potrebbero contribuire oltre alla GVHD, quali l’uso di chemioterapici, la tossicità da ciclosporina, irradiazioni,o malattie associate come l' ipertensione sistemica. Lo sviluppo della GVHD oculare è fortemente associato con la GVHD sistemica, e si presenta in 60%‐90% dei pazienti affetti da GVHD cronica. La manifestazione più frequente è la cheratocongiuntivite sicca (40%‐60% dei pazienti con GVHD oculare cronica). I pazienti con GVHD della pelle o della bocca sono quelli più a rischio di Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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sviluppare una GVHD oculare, anche se la GVHD oculare può anche essere la prima manifestazione di una GVHD sistemica. La cheratocongiuntivite sicca potrebbe essere dovuta, oltre che alla GVHD, a deficienze della ghiandola lacrimale secondarie ad irradiazione totale o alla terapia immunossoppressiva sistemica. Alcune complicanze nel segmento posteriore sono state descritte in 12,8% dei pazienti, ma la fisiopatologia non è molto chiara. Dal punto di vista clinico, la GVHD oculare può colpire tutte le strutture dell’occhio. Le manifestazioni oculari della GVHD acuta includono congiuntivite emorragica e pseudomembranosa. Meno frequentemente si presenta anche con cheratopatia secondaria. Nella GVHD cronica la manifestazione più frequente è la cheratocongiuntivite sicca che usualmente si sviluppa con infiammazione della congiuntiva (iperemia, chemosi, pseudomembrane), e blefarite cronica. La cheratocongiuntivite sicca è dovuta ad alterazione del film lacrimale nei suoi tre strati. Infatti viene colpita la ghiandola lacrimale alterando la produzione dello strato acquoso; la congiuntiva, alterando lo strato mucoso e le ghiandole palpebrali alterando lo strato lipidico. In seguito la cornea sviluppa una cheratopatia puntata o filamentosa che se non trattata evolve a difetti epiteliali, ulcere corneali che facilmente si possono infettare (visto che si tratta di pazienti immunodepressi), e perforazione corneale. L’infiammazione cronica porta nel tempo ad accorciamento dei fornici congiuntivali, cheratinizzazione della congiuntiva palpebrale con entropion od ectropion, atrofia delle ghiandole di Meibomio, perdita di ciglia, atrofia o chiusura del puntino lacrimale. Questo quadro si potrebbe complicare con un' infezione della superficie oculare ma anche con un endoftalmite, portando a danno visivo permanente.1 Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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La stadiazione più antica si basa sopratutto nei segni obiettivi di infiammazione della superficie oculare: stadio 1 = iperemia congiuntivale; stadio 2= emorragie sottocongiuntivali, stadio 3= congiuntivite pseudomembranosa; stadio 4 = cheratopatia.23 Ultimamente nuove stadiazioni sono state proposte: una si basa nell'intensità dei sintomi di occhio secco e va da 0 (assenza di sintomi) a 4 (coinvolgimento importante delle normali attività quotidiane)2. Un altra classificazione è per la GVHD acuta si basa nel tipo di congiuntivite (pseudomembranosa o meno). La terza classificazione è per la congiuntivite nella GVHD cronica.9 L’uveite è una manifestazione poco frequente della GVHD oculare e si presenta soprattutto durante le esacerbazioni della GVHD sistemica. In genere si tratta di una uveite anteriore lieve che risponde bene alla terapia con corticosteroidi topici.6 La retinopatia da GVHD si può presentare con essudati, emorragie, drusen, papilledema, e retinite infettiva. I sintomi dipendono dalla localizzazione oculare della GVHD. In genere ci sono i sintomi tipici dell’occhio secco (secchezza, lacrimazione, bruciore, dolore, fotofobia), alterazioni del visus. Balaram et al trovarono una colorazione importante della superficie oculare nel 58% di 62 pazienti con infiammazione congiuntivale. Trovarono anche ulcere corneali sterili o difetti epiteliali permanenti in 13% dei pazienti.7 Erano pazienti con severo deficit della lacrimazione. Tabbara el al hanno trovato complicanze serie nel 13% di 620 pazienti quali alterazioni severe della superficie oculare, ulcere corneali e perforazioni, uveiti.8 La diagnosi di GVHD oculare viene fatta quando dopo un trapianto allogenico di cellule staminali compaiono i sintomi oculari tipici. Il sospetto diagnostico dovrebbe essere confermata da una biopsia o altri tests più specifici. Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Le alternative terapeutiche per la GVHD oculare includono terapie topiche e sistemiche. La terapia è basata nell’uso di immunosoppressivi e terapie sintomatiche quali i sostituti lacrimali. Le terapie sistemiche per la GVHD sono anche efficaci per la GVHD oculare. In effetti molti casi di GVHD oculare si presentano quando si scala la terapia immunosoppressiva o poco dopo la sospensione. Non ci sono molti dati su l’uso di farmaci sistemici per trattare la GVHD oculare anche perchè se la GVHD è soltanto oculare è preferibile una terapia topica piuttosto che le pesanti terapie sistemiche. La terapia topica sostanzialmente è basata su l’uso di sostituti lacrimali ed antiinfiammatori, principalmente Ciclosporina A e corticosteroidi. Per quanto riguarda i sostituti lacrimali in uno studio che coinvolgeva 1293 pazienti non ci sono state differenze tra le diverse lacrime artificiali utilizzate.1 In uno studio che coinvolgeva 14 pazienti l’utilizzo di autosiero si è rivelato utile nel migliorare i sintomi di tutti i pazienti dopo 4 settimane di terapia. L'effetto benefico però si manteneva solo nella metà di pazienti. Diversi case report riferiscono miglioramento anche della superficie oculare dopo l'applicazione di autosiero.1 Farmaci topici anti‐infiammatori: Corticosteroidi topici: sono farmaci immunossoppressivi che prevalentemente sopprimono le risposte cellulari immuni, riducendo la migrazione cellulare e la fagocitosi. I corticosteroidi sistemici sono il farmaco principale della terapia della GVHD. Non ci sono studi sistematici dell'uso dei corticosteroidi topici. In un piccolo studio di 7 pazienti i corticosteroidi topici miglioravano solo i segni congiuntivali, e la cheratopatia rimaneva invariata.10 Ciclosporina topica: gli effetti congiuntivali sono: inibisce la proliferazione dei linfociti T e la produzione e rilascio di linfochine dai linfociti T attivati. Aumenta il Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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numero di celule caliciformi congiuntivali e diminuisce il turnover epiteliale. E' stata dimostrata la sua efficacia nell'occhio secco moderato o severo di tipo Sjogren,11 e anche se sono pochi dati nella GVHD si è rivelata efficace.12 Tacrolimus: FK506 è un antibiotico macrolide, con meccanismo di azione silmile alla ciclosporina, anche se la sua potenza immunossoppressiva in vitro è 50‐200 volte superiore. L'uso sitemico è utile per la GVHD oculare, ma non può essere continuato a lungo per la sua tossicità. L'uso topico è stato provato in un solo paziente,ed è stato efficace.13 Transilat:è un farmaco anti allergico che inibisce la produzione e il rilascio di vari mediatori dell'infiammazione e citochine, interferisce con la proliferazione e migrazione di cellule medie vascolari, ed inibisce la sintesi di collagene. In teoria potrebbe prevenire la fibrosi della ghiandola lacrimale. Un piccolo studio riporta l'efficacia in 8 pazienti con GVHD oculare nel migliorare la lacrimazione riflessa e la colorazione con rosa bengala.14 Altre terapie usate nella GVHD oculare sono le stesse usate nelle cheratocongiuntiviti sicche di altra natura come ad esempio l' occlusione dei puntini lacrimali con punctum plugs oppure le lenti a contatto corneali o sclerali. In alcuni casi severi è stato necessario l' innesto di membrana amniotica o la cheratoplastica perforante. GVHD e ICAM‐1:18 Come descritto precedentemente, il danno finale causato dalla GVHD dipende dall’infiammazione. Si crede che si tratti di un’infiammazione di tipo Th1 nella GVHD acuta, mentre sia di tipo Th2 nella GVHD cronica.15 L’infiammazione è regolata dalle interazioni tra le cellule immuni del donatore (linfociti T) e le cellule tessutali del ricevente (APCs o target cells). Queste interazioni sono mediate dall’espressione di Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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diverse molecole di adesione. Una delle più importanti molecole di adesione è la molecola di adesione intercellulare 1 (“intercelular adhesion molecule 1”‐ICAM‐1). ICAM‐1 è' un membro della superfamiglia delle immunoglobuline ed ha un ruolo basilare sia per quanto riguarda l'adesione cellulare sia per quanto riguarda la co‐
stimolazione. Alcune tecniche rivolte a ridurre l'attivazione dei linfociti T attaverso l'eliminazione degli effetti dovuti alla presenza di ICAM‐1 hanno avuto successo in differenti trial clinici riguardanti allotrapianti renali. In particolare, nel 1997, Haug è riuscito a ridurre di quasi 3 volte l'incidenza di rigetto del trapianto di rene in 18 pazienti trattati con BIRR1 un anticorpo monoclonale diretto contro ICAM‐1.16 Lo stesso risultato è stato ottenuto utilizzando oligonucleotidi antisenso contro l'mRNA di ICAM‐1, ovvero sequenze di RNA in grado di legare l'mRNA di ICAM‐1 e quindi di bloccarne la traduzione in proteina. D’altra parte neutralizzando ICAM‐1 con anticorpi monoclonali nel ratto ha permesso di migliorare la sopravvivenza dopo trapianto di intestino tenue. Un' aumentata espressione di ICAM‐1 è stata descritta nella pelle e nell’intestino di modelli animali di GVHD, ed è stata trovata elevata nel sangue, siero, fegato e pelle di pazienti affetti da GVHD.17 Fino al nostro studio non c’erano dati riguardo l’espressione di ICAM‐1 nell' occhio di pazienti affetti da GVHD con coinvolgimento oculare. Per questo motivo abbiamo deciso di valutare l’espressione di ICAM‐1 congiuntivale in pazienti afetti da GVHD cronica e di correlarla con le alterazioni dell’epitelio e con la clinica. Abbiamo studiato 7 pazienti (4 maschi e 3 femmine) di età media 39,1 +/‐ 16 anni (15‐58), confrontati con 5 pazienti sani della stessa età. Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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I pazienti sono stati sottoposti a visita oculistica completa. Tutti i sintomi riferiti dai pazienti sono stati registrati ed è stato assegnato un punteggio da 0 a 3 (assente, lieve, moderato, severo) ad ogni sintomo. Anche lo score totale è stato calcolato. Lo stesso è stato fatto con i segni oculari (iperemia, chemosi, fibrosi, secrezioni, meibomite, cheratite filamentosa, difetti epiteliali, neovascolarizzazione superficiale, panno corneale). La colorazione con fluoresceina è stata eseguita e quantificata da 0 a 5 a seconda dei settori coinvolti. Il film lacrimale è stato valutato con il test di Schirmer I e il BUT. Uno score totale è stato calcolato sommando lo score dei segni con quello della colorazione. La citologia ad impressione congiuntivale è stata eseguita usando una membrana di Millipore ( Millicell CM 0.4 mm, Millipore, Bedford, MA). Sono state prelevate quattro citologie per occhio (due nasali bulbari e due nasali temporali). Due citologie (una di ogni settore) sono state colorate con PAS (Sigma Aldrich St Louis, MO) per identificare le cellule caliciformi, mentre le altre due sono state utilizzate per identificare ICAM‐1 mediante immunofluorescenza. Le cellule caliciformi sono state contate in tre campi random a 20x da un operatore in cieco e poi la media è stata calcolata per ogni occhio. L’immunofluorescenza è stata eseguita utilizzando anticorpi di ratto anti ICAM‐1 (research diagnostics Inc.) diluiti 1:50 in 10 mM PB‐137mM NaCl (PBS). L’unione specifica dell’anticorpo primario è stata evidenziata utilizzando anticorpi anti‐ratto Cy3 (Jackson ImmunoResearch Laboratories Inc. PA) diluiti 1:200 in PBS. Per accertare la specificità dell’unione di ICAM‐1 con l’anticorpo, i campioni di citologia ad impressione sono stati esposti ad immunoglobuline di ratto purificate non specifiche. Le membrane sono state poi montate e valutate al microscopio confocale. Le immagini sono state valutate con Adobe Photoshop 7.0 (Adobe Systems Inc., San Jose, CA). Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Le cellule congiuntivali che esprimevano ICAM‐1 sono state contate in tre campi random a 20x in cieco. I valori sono stati espressi come la percentuale di cellule immunopositive per campo. Per tutte le correlazioni è stato utilizzato lo Sperman Rho test. Risultati: tutti i pazienti erano stati sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali più di due anni prima (in media 3,6 +/‐ 1,4 anni) e avevano sviluppato GVHD cronica con manifestazioni oculari da 33,1 +/‐ 18,2 mesi. La terapia sistemica per la GVHD includeva ciclosporina A (n=1), Dapsone (n=1), plasmaferesi (n=1), steroidi orali (n=2). Tutti i pazienti erano in terapia topica oculare con sostituti lacrimali da soli (n=3) o associati ad anti infiammatori non steroidei (n=3), o steroidei (n=1). Tutti i pazienti lamentavano iperemia e secrezione. Altri sintomi includevano secchezza (n=6), sensazione di corpo estraneo (n=5), fotofobia (n=5), bruciore (n=5), blefarite (n=2). Alla visita oculistica, il miglior visus corretto era 0,7 +/‐ 0,4. Tutti i pazienti avevano iperemia congiuntivale, secrezioni, disfunzione delle ghiandole di Meibomio. Due avevano una cheratite filamentosa, e 1 aveva un severo coinvolgimento oculare con neovascolarizzazione superficiale e panno corneale. Lo Schirmer test era significativamente ridotto nei pazienti affetti da GVHD rispetto ai controlli (4,8 +/‐ 6,7 mm/5min vs. 14,4 +/‐ 5,6 mm/5min, p<0,05). Anche il BUT era significativamente ridotto (3,9 +/‐ 2,7 sec. vs. 12,5 +/‐ 3,1 sec, p<0,05). Le citologie ad impressione congiuntivali mostravano metaplasia squamosa associata ad un ridotto numero di cellule caliciformi (65 +/‐ 30,5 range 16 a 127 cellule per campo nelle GVHD vs. 192 +/‐ 16,9, range 170 a 206 cellule per campo nei controlli, p<0,001). Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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L’espressione epiteliale congiuntivale di ICAM‐1 (valore medio 44.4 +/‐ 18.9%) era elevata nelle GVHD rispetto ai controlli in cui era assente. L’aumentata espressione di ICAM‐1 nelle GVHD correlava negativamente con il numero di cellule caliciformi (p<0,01, rho= ‐ 0.852), e con il test di Schirmer (p<0,01, rho= ‐ 0.926). Test di Schirmer e numero di cellule caliciformi correlavano direttamente (p<0,01, rho=+0.817). Nessun altra correlazione è stata trovata tra citologia e clinica. Per valutare se i parametri citologici potessero servire da markers della severità della GVHD, il numero di cellule caliciformi e l’espressione di ICAM‐1 sono stati correlati con lo score totale dei pazienti. Abbiamo trovato che il numero di cellule caliciformi correlava negativamente con lo score totale (p<0,01, rho=‐0.939) mentre l’espressione di ICAM 1 correlava direttamente con lo score totale (p<0,01, rho=0.982). Discussione: Abbiamo valutato pazienti affetti da GVHD cronica con sintomi oculari di keratocongiuntivite sicca. Tutti i pazienti lamentavano sintomi di disconfort della superficie oculare e mostravano segni clinici e citologici di infiammazione e di occhio secco. Abbiamo trovato un’ espressione elevata di ICAM‐1 nel epitelio congiuntivale dei pazienti affetti da GVHD. L’ICAM‐1 è una molecola di adesione intercellulare che regola l’interazione tra cellule e linfociti nelle cascate infiammatorie. E’ stato dimostrato che ICAM‐1 e il suo ligando “lymphocyte‐function associated antigen (LFA‐1) sono up‐regolati durante l’infiammazione cronica ed in particolare durante le GVHD. L’aumentata espressione di ICAM‐1 è particolarmente evidente in tessuti più colpiti dalla malattia, come la pelle e l’intestino in modelli animali, e siero, fegato, e pelle negli umani con GVHD. Questi dati suggeriscono un ruolo di ICAM‐1 Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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nella patogenesi della GVHD, ulteriormente confermato dal miglioramento dei sintomi della malattia quando si blocca ICAM‐1 e/o LFA‐1 con anticorpi monoclonali in modelli animali. I nostri dati mostrano che l’aumentata espressione nel epitelio congiuntivale di ICAM‐1 è associata con parametri clinici e citologici della malattia. In particolare ICAM‐1 è correlato con i valori di Schirmer test e con la diminuzione di cellule caliciformi, sottolineando il ruolo fondamentale della reazione immuniatria nello sviluppo dell’occhio secco nei pazienti affetti da GVHD. Il ruolo di ICAM‐1 nella patogenesi dell’occhio secco è stato messo in evidenza da altri studi, sia in pazienti affetti da cheratocongiuntivite sicca che in modelli animali di occhio secco. In un modello animale di cheratocongiuntivite sicca simile alla Sindrome di Sjogen, ICAM‐1 era aumentata nelle cellule lacrimali acinari epiteliali e nelle cellule epiteliali congiuntivali del ratto MRL/lpr. In più, ICAM‐1 è aumentato nelle cellule epiteliali congiuntivali e dei tessuti lacrimali accessori di pazienti affetti da occhio secco Sjogren e non Sjogren. La possibilità che i sintomi di cheratocongiuntivite sicca dipendano più dall’attivazione dei linfociti T e dall’infiammazione conseguente ha dato un razionale all’utilizzo di anti‐infiammatori topici come la Ciclosporina A nella terapia dell’occhio secco, ma ha aperto anche la possibilità di introdurre una terapia più mirata usando anticorpi monoclonali contro ICAM‐1 / LFA‐1. Abbiamo trovato un’espressione diversa di ICAM‐1 in base ai segni clinici della malattia, dando quindi la possibilità di utilizzare ICAM‐1 come un marker non specifico della severità della malattia. ICAM‐1 è considerato un parametro di severità e di progressione nella malattia di Graves, e come fattore prognostico negativo nella proliferazione vitreoretinica. Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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ICAM‐1 è stato anche valutato come parametro di risposta alla terapia anti‐
istaminica nella congiuntivite allergica, e alla terapia cortisonica nell’oftalmopatia di Graves. Anche se ICAM‐1 non è specifico per nessuna di queste patologie, compresa la GVHD, il fatto che possa essere rapidamente e facilmente valutato nei pazienti la rende un interessante marker aspecifico da usare nel decorso di varie malattie oculari. Altri studi sono neccesari per valutare se ICAM‐1 si possa usare come marker della progressione della GVHD o della risposta alla terapia. D’altra parte la caratterizzazione del ruolo di ICAM‐1 nell’occhio secco ed in particolare nella GVHD potrebbe portare allo sviluppo di nuovi targets terapeutici. GVHD e microscopia confocale: La microscopia confocale visualizza in vivo l'anatomia della cornea a livello cellulare, la sua trasparenza, i suoi spessori, con una tecnica precisa, veloce e indolore (buona parte delle acquisizioni non necessita di contatto con la superficie corneale) da parte di uno strumento compatto e maneggevole. Strato per strato, le informazioni relative alle alterazioni corneali equivalgono a quelle ottenibili con gli esami citologico ed istologico. E’ un esame relativamente nuovo, utile per lo studio di diverse patologie corneali. Diversi studi di microscopia confocale eseguiti in pazienti con occhio secco sono stati pubblicati, ma ancora nessuno specifico sulla GVHD oculare.20,22 Abbiamo eseguito l’esame di microscopia confocale a 11 pazienti (19 occhi) affetti da GVHD oculare (acuta e cronia) e a 11 pazienti sani (15 occhi) compatibili per età. I pazienti affetti da GVHD erano 8 femmine e 3 maschi di età media 46,5 +/‐ 15,53 anni (range 23‐63 anni). Tutti quanti avevano subito un trapainto allogenico di cellule staminali per diverse patologie oncologiche (leucemia mieloide acuta n=8, Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
discussa presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma in data 24/03/2011.
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mieloma multiplo n=1, linfoma di Hodking n=1, leucemia linfoide acuta n=1), e avevano sintomi oculari da circa 6,89 +/‐ 3,35 mesi. Non avevano altre patologie in atto, tranne 2 pazienti che erano ipertesi in terapia. Per quanto riguarda la terapia topica oculare, 6 pazienti facevano uso di soli sotituti lacrimali, 1 faceva anche cortisonici, e 4 non facevano nessuna terapia topica. La terapia sistemica per la GVHD era Ciclosporina 5 pazienti, corticosteroidi 4 pazienti ed interferone 2 pazienti. I pazienti si trovavano in diversi stadi della malattia,ma quasi tutti in stadi poco avanzati (stadio 0 n=7 occhi, stadio 1 n=10 occhi, stadio 2 n=4 occhi, stadio 3 n=0 occhi, stadio 4 n=0). Tutti i pazienti affetti da GVHD riferivano sintomi di secchezza oculare (arrossamento, sensazione di corpo estraneo, secrezioni). Tutti i pazienti e i controlli hanno compilato un questionario per il disconfort della superficie oculare (Ocular Surface Disease Index : OSDI ; Valori di OSDI: 0‐12 = superficie oculare normale; 13‐22 = condizione lieve di occhio secco; 23‐32 = condizione moderata di occhio secco; 33‐100 = condizione severa di occhio secco) che valuta in modo standardizzato i sintomi di dry eye.19 Oltre a considerare la frequenza dei sintomi di secchezza oculare, il questionario cerca di classificare l'intensità della secchezza oculare in base a quanto i sintomi interferiscano con le attività quotidiane del paziente. Il punteggio risultante è stato registrato per ogni paziente. Nei pazienti e nei controlli il film lacrimale è stato valutato con il test di Schirmer I e il BUT. La superficie oculare è stata colorata con fluoresceina ed è stato asseganto un punteggio secondo la Oxford scale. La cheratite puntata superficiale è stata valutata assegando un punteggio arbitrario (1=meno di metà cornea, 2=metà cornea, 3=più di metà cornea). Anche l’estesiometria corneale è stata eseguita nei due gruppi con l’estesiometro di Cochet‐Bonnet, nei cinque quadranti corneali. Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Sia i pazienti affetti da GVHD che i controlli sono stati sottoposti ad esame con il microscopio confocale (Confoscan 4 Nidek ). L’acquisizione delle immagini è stata effettuata in un area di 440 x 330 micron approssimativamente, all’apice corneale. Prima dell'esame è stata instillata nel fornice congiuntivale inferiore una goccia di anestetico (ossibuprocaina cloridrato 0,4%). Durante l'esecuzione dell'esame la punta dell'obiettivo è stata coperta con un gel (idrossipropilmetil cellulosa 0,3%, Carbopol 980) e non è mai venuta a contatto diretto con la cornea del paziente esaminato. Una goccia di antibiotico topico è stata instillata nel fornice congiuntivale inferiore alla fine dell'acquisizione (ofloxacina 0,3%) e l'occhio è stato esaminato alla lampada a fessura per verificare l'integrità della superficie corneale. Per ogni paziente è stata acquisita in automatico una scansione dell'intero spessore corneale . Il tempo di esame è durato in media da 1,5 a 2,5 minuti. Ogni scansione ha registrato 350 immagini a 1,5 micron di distanza l'una dall'altra in un asse z. Ogni scansione ha eseguito da 2 a 4 passaggi completi dall'endotelio all'epitelio. Gli esami sono stati fatti con una lente standard a 40 x, ed ogni riquadro misurava approssimativamente di 440 x 330 micron.20 La curva z scan di ogni scansione è stata analizzata e sono state selezionate le immagini relative all'epitelio superficiale e basale, allo stroma anteriore e posteriore, e al plesso subbasale. La curva z scan è un grafico che mostra la profondità nell'asse z e la reflettività nell'asse y). Tutte le aree della curva z scan dove i picchi dell'epitelio superficiale e dell'entolio erano riconoscibili chiaramente sono stati presi in considerazione. Le profondità indicate nell'asse z sono state utilizzate per determinare gli spessori. Le immagini acquisite sono poi state esaminate da due operatori in cieco che hanno contato le cellule e i nervi dei diversi strati corneali per tre volte e poi è stata fatta la media dei valori trovati nelle tre misurazioni e la media dei valori ottenuti da ogni operatore. La densità cellulare è Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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stata determinata facendo la conta manuale prevista dal software su tutta l'area selezionata per la conta. Le cellule che si vedevano incomplete nel riquadro selezionato per la conta, sono state contate solo lungo i bordi destro ed inferiore. I risultati sono espressi in cellule per millimetro quadro. Nelle immagini di microscopia confocale sono state valutate le seguenti strutture: spessore corneale, densità cellulare dell’epitelio superficiale, densità cellulare dell’epitelio basale, densità cellulare dello stroma anteriore, densità cellulare dello stroma posteriore, densità dei cheratociti attivati, numero di nervi del plesso sub basale, densità del plesso sub basale, tortuosità dei nervi del plesso sub basale (0‐4), reflettività dei nervi del plesso sub basale (0‐4),21 formazioni tipo beadlike dei nervi sub basali,22 densità delle cellule endoteliali, percentuale di polimegatismo cellulare, percentuale di pleomorfismo cellulare. Tutti i parametri poi sono stati confrontati tra i pazienti affetti di GVHD e i controlli. Quattro pazienti, che avevano i sintomi più marcati, (8 occhi) hanno fatto terapia cortisonica 4 volte al giorno per 1 mese (desametasone 0,15% in monodose), insieme a sostituti lacrimali monodose instillati secondo la necessità di ogni paziente. Tutti i parametri finora descritti sono stati valutati in pre e post terapia cortisonica, compresa la microscopia confocale. Analisi statistica: Le differenze tra i due gruppi e tra pre e post terapia cortisonica sono state valutate con iltest di ANOVA e con il t‐test. Le correlazioni tra le diverse variabili sono state valutate con lo Spearman linear correlation index con intervallo di confidenza del 95%. Un valore di p<0,05 si è considerato statisticamente significativo. L'analisi statistica è stata fatta con il programma Statview 5.0.1 della SAS Institute Inc. Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Risultati: tutti i pazienti riferivano sintomi di secchezza oculare che erano iniziati a distanza variabile dalla diagnosi di GVHD sitemica, in media 6,89 +/‐ 3,35 mesi. La diagnosi di GVHD era stata fatta dai loro medici curanti in media 9,67 mesi (+/‐ 9,31; max 36 mesi, min 3mesi) prima che noi li vedessimo per l'arruolamento nello studio. Tutti i pazienti lamentavano iperemia e secchezza oculare. Altri sintomi erano secrezioni (n=7), sensazinone di corpo estraneo (n= 5), fotofobia (n= 1), bruciore (n=1), gonfiore (n=1), lacrimazione (n=1). Il punteggio dei sintomi è stato calcolato nel questionario dei sintomi di disconfort della superficie oculare (OSDI). Per i pazienti affetti di GVHD L'OSDI è stato 20,90 +/‐ 15,66, mentre nei controlli, che hanno completato lo stesso questionario, il punteggio è stato 6,08 +/‐ 2,61. C'era una differenza statisticamente significativa tra l'OSDI dei pazienti e l'OSDI dei controlli (p < 0,05) Int e ract ion Bar Plot f or OSDI
Ef f e ct : C olum n 1
Error Bars : 95% Conf ide nce Int e rval
30
Cell Mean
25
20
15
10
5
0
ctr l
gvhd
Cell
All'esame clinico dei pazienti affetti da GVHD, il visus corretto era 0,95 +/‐ 0,12. Quasi tutti gli occhi esaminati presentavano iperemia (19 occhi su 21). Sedici occhi presentavano cheratite puntata superficiale, sette occhi avevano anche secrezioni, 4 occhi cheratite filamentosa, 2 occhi presentavano disfunzione delle ghiandole di Meibomio. Nessuno aveva coinvolgimento severo della superficie corneale. Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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La colorazione con fluoresceina della superficie corneale valutata con la scala di Oxford era 1,75 +/‐ 2,27 nei pazienti, mentre era zero nei controlli (p<0,05). Int e ract ion Bar Plot f or oxf ord
Ef f e ct : Colum n 1
Erro r Bars : 95% Co n f id e n ce Int e rval
3
Cell Mean
2,5
2
1,5
1
,5
0
ctr l
gvhd
Cell
Il test di Schirmer era significativamente ridotto nei pazienti rispetto ai controlli sani (7,14 +/‐ 3,64 mm/5 min vs. 13,53 +/‐ 3,34 mm/5 min) (p<0,05). Allo stesso modo, il BUT era diminuito in tutti i pazienti, mentre era normale nei sani (4,95 +/‐ 3,32 sec vs. 8,80+/‐ 0,97 sec) (p<0,001). Int e ract ion Bar Plot f or but
Ef f e ct : Colum n 1
Error Bars : 95% Conf ide nce Int e rval
Int e ract ion Bar Plot f or s chirm e r
Ef f e ct : Colum n 1
Error Bars : 95% Conf ide nce Int e rval
10
16
9
14
8
7
10
Cell Mean
C ell M ean
12
8
6
6
5
4
3
4
2
2
1
0
ctrl
gvhd
0
Cell
ctrl
gvhd
Cell
I pazienti affetti da GVHD presentavano una sensibilità corneale ridotta rispetto ai controlli (5,38 mm +/‐ 0,88 vs 6 mm +/‐ 0) (p<0,001) Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Int e ract ion Bar Plot f or e s t e s iom e t ria
Ef f e ct : C olum n 1
Error Bars : 95% C on f ide nce Int e rval
7
6
Cell Mean
5
4
3
2
1
0
ctr l
gvhd
Cell
Per quanto riguarda l'analisi delle immagini ottenute con il microscopio confocale, abbiamo trovato che i pazienti con GVHD avevano una densità cellulare maggiore per quanto riguardava i cheratociti attivati rispetto ai soggetti sani (3,45 +/‐ 1,36 vs. 1,20 +/‐ 0,68) (p<0,0001). Int e ract ion Bar Plot f or che rat ocit i
Ef f e ct : C olum n 1
Error Bars : 95% C o nf id e nce Int e rval
4,5
4
Cell Mean
3,5
3
2,5
2
1,5
1
,5
0
ctr l
gvhd
Cell
Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Paziente sano: assenza di cheratociti attivati Paziente con GVHD. Numerosi cheratociti attivati nello stroma anteriore; sono iper riflettenti. Allo stesso modo, i pazienti con GVHD avevano una densità cellulare maggiore dello stroma anteriore rispetto ai controlli (1391,09 +/‐ 277,16 vs. 914,49 +/‐ 264,91) (p<0,001). Int e ract ion Bar Plot f or s t rom a ant .
Ef f e ct : Colum n 1
Error Bars : 95% Conf ide nce Int e rval
1600
1400
Cell Mean
1200
1000
800
600
400
200
0
ctrl
gvhd
Cell
La densità di cellule del plesso nervoso sub basale era diminuita nelle GVHD rispetto ai controlli, anche se la differenza non era statisticamente significativa (p=0,059). Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Allo stesso modo la percentuale di polimegatismo e di polimorfismo cellulare era maggiore nelle GVHD rispetto ai soggetti sani (p=0,052 e 0,0516 rispettivamente). Non abbiamo trovato nessun'altra differenza statisticamente significativa tra i pazienti con GVHD e i controlli nell'analisi degli altri parametri valutati con la microscopia confocale (spessore corneale, densità cellulare dell’epitelio superficiale, densità cellulare dell’epitelio basale, densità cellulare dello stroma posteriore, numero di nervi del plesso sub basale, tortuosità dei nervi del plesso sub basale, reflettività dei nervi del plesso sub basale, formazioni tipo beadlike dei nervi sub basali, densità delle cellule endoteliali). Per quanto riguarda i quattro pazienti che hanno fatto terapia cortisonica (desametasone 0,15% 4 volte al giorno per 1 mese), abbiamo trovato un miglioramento dei sintomi e dei segni di secchezza oculare dopo la terapia, anche se non era statisticamente significativo. L'OSDI migliorava leggermente, anche il BUT, e l'Oxford, ma non erano valori statisticamente significativi. Non c'erano differenze nemmeno per l'estesiometria. Lo Schirmer invece migliorava significativamente (p<0,05), anche l'iperemia (p<0,05) e la cheratite puntata superficiale (p<0,05). Int e ract ion Bar Plot f or ipe re m ia
Ef f e ct : C olum n 1
Error Bars : 95% Co nf ide nce Int e rval
2
16
1,8
14
1,6
12
1,4
10
8
6
1,4
1,2
1,2
1
,8
1
,8
,6
,6
4
,4
2
,2
,4
,2
0
0
post
pr e
Cell
In t e ract ion Bar Plo t f or pun t at a
Ef f e ct : C o lum n 1
Erro r Bars : 95% C onf ide nce In t e rval
1,6
Cell Mean
Cell Mean
Cell Mean
Int e ract ion Bar Plot f or s chirm e r
Ef f e ct : Colum n 1
Error Bars : 95% Conf ide nce Int e rval
18
post
pr e
Cell
0
post
pr e
Cell
Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Per quanto riguarda l'analisi con la microscopia confocale l'unica differenza statisticamente significativa che abbiamo trovato è stata la densità dei cheratociti attivati. Prima della terapia cortisonica i cheratocoti attivati erano 3,22 +/‐ 1,39 e diminuivano a 1,63 +/‐ 1,22 (p<0,05) dopo terapia cortisonica. Int e ract ion Bar Plot f or che rat ocit i
Ef f e ct : Colum n 1
Error Bars : 95% Conf ide nce Int e rval
5
4,5
4
Cell Mean
3,5
3
2,5
2
1,5
1
,5
0
post
pre
Cell
prima della terapia cortisonica. Numerosi cheratociti attivati. Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Dopo della terapia cortisonica. Cheratociti attivati sensibilmente ridotti. Per gli altri parametri di microscopia confocale non c'erano differenze statisticamente significative dopo la terapia cortisonica. Correlazioni tra dati clinici e della microscopia confocale: Per valutare se le immagini del confocale potessero servire per valutare il coinvolgimento oculare nella GVHD o la severità della stessa precocemente (prima di alterazioni cliniche od obiettive evidenti) abbiamo cercato le correlazioni tra i parametri clinici e le immagini acquisite al confocale. Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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Epi.sup.
schirmer no
Epi.bas.
no
Stroma
Stroma
Cheratoc Nervi pl. Densità
ant.
post.
iti attivati Sub
no
no
no
pl.
Tortuosit Refletti.
Sub à pl. Sub pl.
beadlike endotelio
Sub
basale
basale
basale
basale
no
no
no
no
polime pleomorf
gatism ismo
o
no
P 0,0023
no
no
no
no
rho – 0,699
but
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
puntata
no
P 0,0477 no
no
no
no
no
P 0,0452 no
no
P 0,005 rho no
P 0,017
0,655
rho
rho 0,495
rho 0,050
0,597
oxford
no
no
no
no
P 0,007
no
no
no
no
no
rho 0,636
iperemia no
no
no
no
no
no
no
no
rho 0,468
P 0,0431 no
no
no
rho 0,477
estesiom no
P 0,0469
P 0,0067 no
P 0,0045
rho 0,678
rho 0,669
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
P 0,007
no
no
etria
OSDI
no
Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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rho 0,635
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discussa presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma in data 24/03/2011.
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Abbiamo trovato una correlazione tra i seguenti parametri: Iperemia e reflettività dei nervi (p<0,01; rho 0,678), tra iperemia e cheratociti attivati ( p<0,05; rho 0,477), tra iperemia e densità di cellule endoteliali (p<0,01; rho 0,). La cheratite puntata superficiale correlava positivamente con la tortuosità dei nervi (p<0,05; rho 0,050) , con la densità di cellule endoteliali (p<0,01; rho 0,655), con il pleomorfismo (p<0,05; rho 0,597) e con la densità di cellule dell'epitelio basale (p<0,05; rho 0,495). L'Oxford correlava con i cheratociti attivati (p<0,01; rho 0,636), e con l'endotelio (p<0,05; rho 0,468). Lo Schirmer test correlava con la densità di cellule endoteliali (p<0,01; rho 0,699), e l'OSDI correlava con la densità di cellule endoteliali ( p<0,01; rho 0,635). Discussione: Negli ultimi anni la microscopia confocale ha offerto nuove possibilità per studiare in vivo le diverse strutture della cornea. Questa tecnica consente di visualizzare le alterazioni microstrutturali corneali dovute a diverse patologie. Si tratta di un esame non invasivo, rapido e repetibile. Come già fatto per altre patologie, abbiamo usato il microscopio confocale per valutare la presenza di alterazioni corneali in corso di GVHD oculare. Finora la GVHD oculare è stata studiata principalmente sulla congiuntiva, come abbiamo fatto anche noi tramite ICAM‐1. Le alterazioni corneali riportate finora nella GVHD sono soltanto cliniche. Con la microscopia confocale abbiamo la possibilità di vedere anche che cosa succede a livello cellulare nei diversi strati corneali. Studi di microscoipa confocale fatti in pazienti con ochhio secco Sjogren e non Sjogren riportano alterazioni su tutti gli strati corneali rispetto a pazienti sani.20,22 Noi abbiamo trovato differenze rispetto ai controlli sani solo a livello stromale. In effetti il numero di cellule stromali nello stroma anteriore dei pazienti con GVHD risultava aumentato rispetto ai controlli. Allo stesso modo anche i cheratociti Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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attivati, che si trovano principalmente nello stroma anteriore, erano aumentati. Questi due dati sono in linea con i lavori pubblicati di microscopia confocale negli occhi secchi Sjogren e non Sjogren. E' già stato ipotizzato che i cheratociti attivati siano cellule in un particolare stato di attività metabolica indotta da citochine pro infiammatorie. I cheratociti attivati producono fattori di crescita, tra cui NGF, che promuovono i fenomeni apoptosici, l'attività proteolitica, ma anche la proliferazione cellulare nei diversi strati corneali. Questo spiegherebbe l'aumentata densità cellulare stromale che abbiamo riscontrato. L'attività dei cheratociti stà a confermare il coinvolgimento corneale nella GVHD, e il ruolo basilare dell'infiammazione nella fisiopatologia della malattia. Non è chiaro se l'infiammazione corneale sia dovuta all'occhio secco come in occhi secchi di altra natura, oppure se si tratti di un' infiammazione primaria della cornea che verrebbe colpita direttamente dalla GVHD. Sappiamo che la GVHD può colpire tutti i tessuti oculari, ma la cornea essendo immunologicamente protetta potrebbe essere risparmiata, e l'infiammazione corneale essere dovuta all'infiammazione generale della superficie oculare avvenuta in seguito all'occhio secco causato dalla GVHD. Se così non fosse la cornea potrebbe essere stata invasa da cellule immuni provenienti dal donatore che innescherebbero la cascata infiammatoria nel tessuto corneale direttamente. Non abbiamo visto cellule “strane” nelle immagni acquisite al confocale, il ché escluderebbe la seconda ipotesi, ma ulteriori approfondimenti sono necessari per capire meglio il coinvolgimento oculare nella GVHD. I cheratociti attivati, grazie alla secrezione di citochine, stimolano le cellule stromali ciscostanti a proliferare, e questo spiegherebbe l'elevata densità di cellule nello stroma anteriore che noi abbiamo trovato. I cheratociti attivati, indice di infiammazione corneale correlano positivamente con i segni clinici obiettivi di infiammazione quali l'iperemia congiuntivale, e l'Oxford Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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scale, ma non correlano con i sintomi dei pazienti. Nei pazienti che hanno fatto terapia cortisonica allo stesso modo i cheratociti miglioravano dopo la terapia, ma non c'era un miglioramento soggettivo dei sintomi. Può darsi che le alterazioni del confocale, in particolare l'aumento della densità di cheratociti attivati, precedano i sintomi. I pazienti affetti da GVHD hanno una sensibilità diminuita rispetto ai controlli, quindi potrebbero non notare piccole variazioni dei sintomi dell'infiammazione. Potrebbe essere utile eseguire una microscopia confocale a tutti i pazienti con diagnosi di GVHD anche senza coinvolgimento oculare e valutare la presenza di cheratociti attivati per regolarsi con la terapia sistemica e oculare visto che il coinvolgimento oculare è un fattore prognostico negativo per quanto riguarda la mortalità, e anche per prevenire danni visivi permanenti. La terapia topica con desametasone 0,15% 4 volte al giorno per 1 mese, ha migliorato significativamente lo Schirmer test, la cheratite puntata superficiale e ha ridotto il numero di cheratociti attivati, però non ha migliorato i sintomi del paziente né l'Oxford scale. Il cortisone riduce l'infiammazione come confermato dalla diminuzione dei cheratociti. L'uso del cortisone topico nella GVHD oculare è già stato dimostrato essere efficace nel migliorare parzialmente la superficie oculare (la cheratite puntata rimaneva invariata come anche nel nostro studio) e nel prevenire l'evoluzione verso la fibrosi congiuntivale, ed è stato utilizzato per lunghi periodi, anche fino a 4 mesi, a seconda della necessità.10 Si conoscono bene però gli effetti collaterali del cortisone, motivo per il quale sono adoperate anche altre terapie topiche immunossoppressive. Questo è il primo studio di microscopia confocale nella GVHD, anche dopo trattamento cortisonico topico. Sarebbe interessante valutare altre terapie con il Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
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microscopio confocale e valutare che cosa succede dopo la terapia con per esempio Ciclosporina A. I nostri pazienti si trovavano in stadi non avanzati di GVHD oculare, probabilmente per quello non abbiamo trovato alterazioni al confocale degli altri strati. Bisognerebbe fare il confocale anche in stadi più avanzati della malattia. Oppure non li abbiamo trovati proprio perche la fisiopatologia è diversa nella GVHD rispetto agli altri occhi secchi. Bisognerebbe fare il confocale anche in occhi secchi di altra natura, Sjogren e non Sjogren per avere un altro gruppo di confronto. L'esecuzione della microscopia confocale in pazienti affetti da GVHD può essere utile par valutare l'efficacia della terapia oculare ma sopratutto può essere uno strumento valido per valutare l'efficacia della terapia sistemica in casi di coinvolgimento oculare subclinico o poco evidente. Altri studi sono neccesari per valutare se lo studio di microscopia confocale sia uno strumento utile nella valutazione della progressione della GVHD sistemica ed oculare e nella valutazione della risposta alla terapia topica sistemica. Tesi di dottorato in Immunologia Oculare, di Magdalena Cortes,
discussa presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma in data 24/03/2011.
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