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otoneurologia
2000
Serie editoriale:
CLINICAL CASE
MANAGEMENT
Aggiornamento periodico:
OTONEUROLOGIA 2000
Marzo 2007 / n. 26
Coordinamento Scientifico:
otoneurologia
2000
Marzo 2007 / n. 26
SOMMARIO
La Sindrome da Deiscenza del Canale
Semicircolare Superiore (DCSS) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
L. Manzari
Dr. Giorgio Guidetti
Audio-Vestibologia e
Rieducazione Vestibolare
Azienda Unitaria Sanitaria Locale
di Modena
e-mail: [email protected]
Coordinamento editoriale:
Mediserve
© 2007 MEDISERVE S.r.l
Milano - Firenze - Napoli
Screening audiologico neonatale . . . . . . . . . . . . . . . . 37
D. Tozzi, B. Barresi, A. Meli, C. Pellegrino,
F. Panepinto, R. Maglio
.
otoneurologia 2000 | numero 26 | MARZO 2007
otoneurologia 2000 | numero 24 | LUGLIO 2006
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CANALE
SEMICIRCOLARE SUPERIORE (DCSS)
Leonardo Manzari
Specialista ORL, Cassino
Master di Posturologia - Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, Università di Roma “La Sapienza”
Corrispondenza: Leonardo MANZARI, MD. Via Riccardo da S. Germano 41- 03043 Cassino (FR) Italy
email: [email protected]
1. Sindrome da deiscenza della capsula labirintica:
“il profilo clinico”
Nosologia di un quadro patologico
complesso
Nel 1998 l’otoneurochirurgo Lloyd B.
Minor, Direttore del Departement of
Otolaryngology – Head and Neck Surgery
alla Johns Hopkins University di Baltimora
(Figura 1), descrisse per la prima volta una
nuova entità clinica, caratterizzata dalla
presenza di una alterazione strutturale del
canale semicircolare superiore, in grado di
spiegare il “fenomeno di Tullio” (la vertigine indotta dall’esposizione allo stimolo
sonoro a bassa tonalità) e/o il fenomeno di
Hennebert (sintomi della sfera vestibolare
indotti dall’aumento di pressioni non sonore portate nel condotto uditivo esterno) (1).
L’alterazione strutturale, definita Deiscenza
del Canale Semicircolare Superiore (DCSS)
(Figura 2 a,b), consiste in un più o meno
esteso difetto della parete ossea esterna
superiore del canale semicircolare del
vestibolo dell’orecchio interno, documentabile attraverso uno studio radiologico
mirato ad alta risoluzione con collimazioni
a strato sottile. La DCSS è in grado di
determinare il cosiddetto effetto della
“terza finestra mobile” (1), per il quale
tutte le stimolazioni meccaniche (sonore
e/o pressorie di altro genere) che attivano
la coclea possono indurre flussi endolinfatici anche all’interno del CSS, causando
l’insorgenza di sintomi vertiginosi.
Nonostante siano passati solo pochi anni
dalla iniziale definizione della sindrome,
l’analisi della letteratura specifica permet-
Figura 1. Lloyd B. Minor, MD, autore della definizione nosologica della sindrome da DCSS.
3
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4
otoneurologia 2000
A
B
Figura 2. Deiscenza del canale semicircolare superiore (DCSS).
te oggi di delinearne molteplici modalità
di espressione clinica e semeiologica. È
infatti del tutto recente il riscontro di casi
di DCSS in cui alla vertigine si associa un
corteo sintomatologico di tipo cocleare,
che in qualche circostanza può rappresentare addirittura la manifestazione prevalente, se non esclusiva (2-5).
Gli studi di tipo epidemiologico e radiologico, dai quali emerge con relativa frequenza un’anomalia ossea come quella
descritta (6-9), e la focalizzazione degli
aspetti semeiologico-diagnostici delineata
dall’analisi di casistiche anche rappresentative (10-11), inducono a considerare la
DCSS come un quadro meritevole di auto-
noma classificazione nosologica: non solo
in termini concettuali, ma anche per la
possibilità di spiegare, in questa chiave,
manifestazioni tuttora non chiare, anche
riguardanti malattie otologiche ben conosciute.
D’altra parte, l’individuazione di altre condizioni che presentano, rispetto alla DCSS,
una simile espressione clinico-semeiologica, ma che sono associate a deiscenze
ossee di porzioni diverse della capsula
labirintica (9,12-14) (Figure 3 e 4), induce a
considerare la DCSS stessa come la manifestazione attualmente più conosciuta di
un fenomeno più complesso che può interessare l’intera capsula labirintica.
Figura 3. Deiscenza del canale semicircolare posteriore.
Figura 4. Deiscenza del giro basale della coclea.
5
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
Ipotesi di eziopatogenesi
Se poi si deve discutere sulle ipotesi eziopatogenetiche che determinano i classici
segni e sintomi della nuova sindrome, il
determinismo della deiscenza della parete
ossea esterna del CSS, si “brancola ancora nel buio” di un limbo anamnestico.
Infatti, Minor e i suoi collaboratori della
Johns Hopkins, che hanno eseguito studi
anatomopatologici (6) su circa mille ossa
temporali, hanno riscontrato un difetto del
canale nello 0.5% dei casi e una significativa diminuzione di spessore osseo
nell’1.4%, mentre indagini radiologiche
retrospettive dello stesso istituto di
Baltimora (8) hanno da un lato evidenziato
la frequente bilateralità del difetto, dall’altro accertato che lo spessore osseo che
separa il CSS dal pavimento della fossa
cranica media, nei pazienti affetti da deiscenza monolaterale, risulta nel lato sano
nettamente inferiore a quello misurato nei
soggetti del gruppo di controllo: il rilievo
sembra rafforzare l’ipotesi di una “alterazione di base dello sviluppo osseo”.
Si deve poi sottolineare un aspetto che lo
scrivente ha registrato recentemente,
ovvero la comparsa di una possibile “ipotesi genetica o familiare” del difetto.
Infatti, sono stati finora identificati 4 casi
di familiarità (madre-figlia: 8 orecchi).
C’è poi da considerare una frequente bilateralità del fenomeno, che suggerisce l’ipotesi di “alterazioni durante lo sviluppo
osseo postnatale” che si manifestano clinicamente soltanto in età adulta, in caso
di un secondo insulto (ad esempio, un
trauma) (5,15,16); la presenza di una DCSS
potrebbe essere, pertanto, più comune di
quanto si possa pensare.
Ipersensibilità cocleo-vestibolare e
polimorfismo sintomatologico
La DCSS si estrinseca clinicamente in una
sorta di “ipersensibilità da sistema aperto” del sistema cocleo-vestibolare, causata da una condizione di aumentata
ammettenza degli stimoli pressori e sonori, per la presenza di una terza finestra
mobile. È possibile pertanto configurare
tre diverse condizioni cliniche:
1. presenza di soli sintomi di tipo vestibolare;
2. presenza di soli sintomi di tipo cocleare;
3. presenza di sintomi cocleari e vestibolari.
Ipersensibilità Vestibolare. Giustifica i
sintomi vestibolari, quali il “fenomeno di
Tullio”, la vertigine posizionale, la “vertigine barogenica”. Quest’ultima, più caratteristica, comprende sintomi vertiginosi
e/o oscillopsia indotti da manovre di vario
tipo (manovra di Valsalva, sforzi fisici
intensi, tosse, compressione cervicale,
ecc.) in grado di aumentare la pressione
endotimpanica o intracranica. In queste
condizioni, è comprensibile come una stimolazione meccanica, anche liminare,
esercitata sui recettori vestibolari possa
generare una condizione di disequilibrio
cronico, rilevata nel 76% dei casi e considerata il disturbo maggiormente responsabile del ricorso ad un consulto medico
da parte dei pazienti (15).
Tra i sintomi “cronici” è stato anche
segnalato da Streubel un caso di oscillopsia pulsante spontanea sincrona con il
battito cardiaco (17). Anche degna di menzione è la segnalazione fatta da Younge e
coll., che riferiscono invece di un nistagmo rotatorio sincrono con il battito cardiaco (18).
Ipersensibilità Cocleare. Comporta una
sintomatologia molto più ampia, che comprende disturbi caratteristici, quali iperacusia, autofonia e percezione di rumori
endogeni (movimenti articolari, oculari,
della pulsazione cardiaca, ecc.) e altri del
tutto aspecifici, quali ipoacusia, paracusia,
fullness e acufeni, pulsanti e non.
.
6
otoneurologia 2000
In buona sostanza, sia per la sfera vestibolare che per la sfera audiologica, non possono essere escluse alterazioni anatomiche recettoriali secondarie all’iperstimolazione meccanica. Infatti, pur essendo stati
chiariti, almeno in parte, i presupposti
fisiopatologici delle alterazioni uditive
(4,19,20) presenti con relativa frequenza
nel paziente affetto da DCSS, ormai si
deve considerare la quasi ineluttabile possibilità di un “deterioramento neurosensoriale reale”, imputabile al rumore
ambientale o proprio alle anomale stimolazioni sonore indotte sul labirinto verosimilmente dalle strutture encefaliche.
Analoghe considerazioni possono essere
avanzate riguardo al comparto vestibolare, in cui l’iperstimolazione meccanica
potrebbe giustificare, ad esempio, una
maggior ricorrenza del fenomeno labirintolitiasico, anche se in letteratura al
momento non appaiono segnalazioni in
proposito.
Il polimorfismo sintomatologico potrebbe
anche, in via teorica, dipendere dall’entità
del difetto e dal grado di compromissione
funzionale del canale semicircolare membranoso. Se la deiscenza ossea del CSS è
ampia (> 6 mm), si potrebbe infatti realizzare l’esclusione funzionale del canale membranoso per schiacciamento (plugging
spontaneo) ad opera della dura madre
sovrastante, con la possibile assenza di sintomi della sfera vestibolare. Anche lo spessore e il grado di rigidità strutturale della
dura madre potrebbero giocare un ruolo
rilevante nella diversa espressione sintomatologia della DCSS (21).
Anche se ancora non si dispone di dati che
consentano di tracciare la storia naturale
del quadro patologico, è molto probabile
che il paziente affetto da DCSS non trattata possa segnalare nel tempo una evoluzione quantitativa o qualitativa dei sintomi, anche in funzione di eventi esterni che
potrebbero agire in senso sia migliorativo
sia peggiorativo (22).
In questa trattazione si cercherà di delineare un profilo quanto mai essenziale
del quadro sindromico, utile al clinico per
approcciare un paziente affetto dalla
DCSS.
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2. Le manifestazioni cliniche della DCSS
Una svolta nell’approccio diagnostico
al paziente con disturbi dell’equilibrio
La “scoperta” della nuova entità clinica
definita da Lloyd B. Minor “Deiscenza del
Canale Semicircolare Superiore” (DCSS)
ha segnato, sul finire del ventesimo secolo, una svolta importante in ambito otoneurologico, orientando sia gli obiettivi
della ricerca, sia le modalità della valutazione clinica dei sintomi vertiginosi.
Certo gli studi di Tullio degli inizi del ’900,
e quelli di Hennerbert, di Huizinga ed
Eunen avevano dato il via a tutta una
serie di valutazioni mirate in ambito neurologico, ma il tutto era rimasto in una
sorta di limbo otoneurologico mal definito e mal applicabile nella pratica clinica
quotidiana, fino a che Minor e i suoi collaboratori non delinearono i possibili correlati anatomopatologici per una serie di
segni clinici ben noti.
Pubblicando nel ’98 gli esiti di una sua
mirabile intuizione, Minor seppe dare un
riscontro anatomopatologico alla vertigine indotta dall’aumento di pressione nell’orecchio medio, alla vertigine indotta
dall’esposizione allo stimolo sonoro – il
cosiddetto “fenomeno di Tullio” – nonché
all’oscillopsia che ne derivava, che fino
ad allora erano rimasti in parte senza
spiegazione (1).
La definizione della DCSS come entità clinica ha determinato il proliferare di studi
clinici e sperimentali su nuovi approcci
strumentali al paziente con vertigine indotta dall’esposizione al suono e/o dall’aumento di pressione endoauricolare e
come vedremo da altri fenomeni fisici. In
tal modo, la Sindrome da DCSS ha rivoluzionato l’approccio al paziente affetto da
disturbi dell’equilibrio.
La sindrome descritta da Minor e coll. è
caratterizzata da vertigine e oscillopsia
provocata o da suoni a bassa intensità o
da stimoli che riescono a provocare modificazioni nell’orecchio medio o da variazioni della pressione intracranica che si
.
8
otoneurologia 2000
riflettono nella dinamica endolinfatica
dell’orecchio medio. I pazienti affetti da
questa sindrome possono presentare un
“fenomeno di Tullio” (movimenti oculari
indotti dalla esposizione a suoni a bassa
intensità),
oppure
il
“segno
di
Hennerbert” (che consiste in movimenti
oculari indotti dall’aumento o diminuzione “brusca” di pressione provocata nel
condotto uditivo esterno). In questo tipo
di pazienti la manovra di Valsalva può
evocare anche segni e sintomi vestibolari.
Va certamente sottolineato poi, che i
movimenti oculari evocati da questi stimoli e da queste manovre si allineano
con il piano del canale semicircolare
deiscente.
Il ruolo diagnostico di TC e VEMPs
L’ipotesi che l’osso che riveste il CSS e lo
separa dal tessuto encefalico sia deiscente in questi pazienti è stata confermata dai
reperti ottenuti durante la chirurgia di
riparazione del danno (1-7). I sintomi e i
segni della sindrome da deiscenza si
risolvono in gran parte dopo la correzione
chirurgica del difetto.
È inoltre da sottolineare il fatto che anche
la radiologia ad alta risoluzione (TC) riveste un ruolo fondamentale nel diagnosticare la patologia da difetto osseo dell’osso temporale (1,2,8,9). La tomografia
assiale computerizzata convenzionale,
che è stata eseguita fino ad oggi con collimazioni e ricostruzioni a 1.00 mm con
immagini in proiezione assiale e coronale
(Figure 1, 2), ha una relativa bassa specificità (alto infatti è il numero di falsi-positivi) nell’identificazione della deiscenza
del CSS, a causa del fenomeno ben noto
in ambito radiologico del volume parziale.
La specificità e il valore predittivo positivo
di questa radiologia è nettamente aumentato portando la ricostruzione e la collimazione al valore di 0.5 mm, in modo che
il radiologo possa effettuare una ricostruzione nel piano del canale (proiezione
parasagittale) (Figura 3).
Di grande valore predittivo in ambito clinico riveste la metodica elettrofisiologica
dei
Potenziali
Evocati
Vestibolari
Miogenici (VEMPs, Vestibular Evoked
Miogenic Potentials) (Figura 4) (10,11). I
pazienti con la sindrome da DCSS hanno
una “soglia” più bassa del potenziale
rispetto al soggetto normale, per elicitare
la risposta VEMP nell’orecchio affetto.
Le risposte VEMP sono potenziali a breve
latenza misurati dal muscolo sternocleidomastoideo (SCM) che viene contratto,
il quale si “rilassa” a seguito della presentazione di uno stimolo sonoro di
“click”, “tone burst” o “logon” a bassa
tonalità (13,15).
È stata definita l’origine di questi potenziali dal momento che sono di origine
vestibolare. Scompaiono infatti dopo
neurectomia vestibolare e sono ancora
presenti nel paziente sordo con funzione
vestibolare preservata (10,16,17).
Il coinvolgimento del nervo vestibolare
inferiore nella trasmissione della risposta
VEMP è suggerito dal fatto che tutti i
pazienti che abbiano sperimentato una
vertigine parossistica posizionale benigna
(VPPB) dopo neurite vestibolare presentano una risposta VEMP intatta, mentre i
pazienti che non presentano VPPB e che
abbiano sofferto di neurite vestibolare
non mostrano comparsa di risposta
VEMP (10). La registrazione effettuata sull’animale supporta l’ipotesi che la risposta evocata origina dal sacculo.
Significato del gap trasmissivo
all’esame audiometrico
Sono state anche descritte in letteratura
fino ad oggi anche solo manifestazioni
della sfera uditiva in pazienti affetti da
DCSS. Il test di Weber eseguito con dia-
9
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
Figura 1. TC in proiezione assiale.
Figura 2. TC in proiezione coronale.
pason a 512 Hz tipicamente risulta lateralizzato nell’orecchio affetto. I pazienti possono sperimentare sintomi quali la percezione nell’orecchio della pulsazione del
polso o del rumore del proprio passo
(2,6). Il meccanismo che sembra sottendere questi sintomi è quello di una
aumentata sensibilità al suono condotto
per via ossea. La soglia di conduzione per
via ossea durante l’audiometria tonale
liminare è di solito inferiore al valore di 0
dB NHL. Tuttavia, bisogna prestare molta
attenzione nell’esecuzione dell’esame
audiometrico dal momento che può verificarsi un “gap” trasmissivo anche quando la soglia per via aerea sembra essere
di per sé normale (Figura 5) (15-17).
Minor stesso (18) ha recentemente
descritto quattro pazienti con un caratteristico esame audiometrico, gap trasmissivo dei toni gravi nell’orecchio affetto dalla
Sindrome da DCSS. Minor riferisce anche
che tre di questi pazienti erano stati sottoposti a chirurgia della staffa (stapedectomia) prima che l’insuccesso della procedura chirurgica portasse all’identificazione della patologia della capsula labirintica. Infatti, il gap trasmissivo non si modificava nel post-operatorio. Ognuno di
questi pazienti aveva un VEMP presente
nell’orecchio affetto, un reperto che non
dovrebbe essere rilevato in soggetti affet-
Figura 3. TC ad alta risoluzione, con ricostruzione in
proiezione parasagittale, sul piano del CSS.
Figura 4. Risposte VEMPs misurate dal nervo sternoclenomastoideo.
.
10
otoneurologia 2000
DCSS: la nostra esperienza con i
pazienti di un centro ORL di III livello
Il nostro “viaggio”nella Sindrome da
DCSS parte da una considerazione fondamentale: a tutt’oggi le conoscenze sulla
nuova entità clinica sono ancora relativamente giovani… Infatti, sono state pubblicate in letteratura casistiche limitate e
questa nostra esperienza vuole contribuire ad approfondire alcune tematiche di
interesse pratico, che possano costituire
per il clinico una base di approccio al
paziente con disturbi e sintomi propri del
corteo sindromico.
Figura 5. Reperto audiometrico di gap trasmissivo.
ti da otosclerosi. La tecnica chirurgica di
“resurfacing” del CSS via fossa cranica
media fu eseguita dallo stesso Minor in
uno di questi pazienti. Nel decorso postoperatorio, i sintomi vestibolari del
paziente si risolsero completamente,
come pure la perdita uditiva per i toni
gravi chiuse il “gap” tra la via aerea e la
via ossea.
In un recente lavoro il gruppo americano
di Boston, con Mikulec et al. (19), ha
descritto otto pazienti (10 orecchi), che
presentavano come unica manifestazione
sintomatica della Sindrome una ipoacusia
di tipo trasmissivo lieve interessante i
toni gravi. La diagnosi di “Deiscenza della
Capsula Labirintica” interessava il CSS ed
era confermata dalla TC. Tale gruppo di
ricercatori esplora l’orecchio medio di
questi pazienti nel sospetto di una fistola
labirintica, ma non rinviene tale patologia
in sei orecchi. Tuttavia vengono eseguite
una stapedectomia in tre orecchi e due
ossiculoplastiche, senza alcun riscontro di
miglioramento della soglia uditiva per via
aerea nel periodo post-operatorio. Il dato
davvero interessante è che questi pazienti non mostravano segni e sintomi interessanti la sfera vestibolare.
Pazienti e Metodi
In un periodo che va dal settembre 2004 al
dicembre 2006 sono state da noi considerate le manifestazioni cliniche della
Sindrome della DCSS e diagnosticati 60
pazienti con queste anormalità su 576
“prime visite” (10,4%), afferenti in un centro di III livello per la diagnostica otoneurologica e provenienti dalle regioni centromeridionali italiane, inerenti la sfera otoneurologica.
I criteri di inclusione nella serie clinica
erano rappresentati dalla identificazione
della DCSS con una TC ad alta risoluzione
e dalla presenza di almeno un segno tra i
risultati degli esami strumentali indicativo
e caratteristico della Sindrome. Questi
segni includevano soprattutto i movimenti oculari evocati dal suono o dalla pressione o da una soglia VEMP nell’orecchio
affetto “abbassata” nell’apparecchio da
noi utilizzato (AMPLAID MK12) pari o inferiore a 95 dB dopo stimolazione per via
aerea con logon a 500 Hz.
Durante la valutazione clinica poi, per elicitare un movimento oculare caratteristico
della sindrome, venivano utilizzati toni puri
alle frequenze comprese tra 250 Hz e 4000
Hz a intensità comprese tra 100 e 110 Hz
(somministrate per un periodo di 5 secon-
11
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
di). Veniva poi verificata la possibilità di elicitare la comparsa dei movimenti oculari,
mediante manovra di Valsalva inspiratoria
ed espiratoria e infine, dopo insufflazione a
pressione positiva-negativa di aria nel
Condotto Uditivo Esterno mediante un
otoscopio pneumatico. In ambito di “bedside” veniva poi utilizzata una “nuova”
metodica investigativa; ovvero, mediante
l’ausilio di un vibratore, veniva inviato uno
stimolo a 100 Hz alle mastoidi e all’occipite del paziente sottoposto ad indagine.
Settantotto pazienti presentavano un quadro clinico caratterizzato da vertigine e
instabilità associati in vario modo a ipoacusia e/o a sintomi audiologici oppure otologici “puri”, quali fullness o acufene.
Tutti i pazienti arruolati in questo studio
sono stati studiati con una batteria di test
standardizzata che prevedeva, durante
“bed-side examination”: osservazione e
valutazione del ny spontaneo, Head
Shaking Nystagmus, ricerca del ny di
posizione e posizionamento (Dix-Hallpike
maneuver e McLure-Pagnini maneuver),
osservazione del ny dopo manovra di
Valsalva, osservazione dopo test dell’iperventilazione e dopo esposizione a stimolazione sonora a 110 dB alla frequenza di
3 Kz per la ricerca del cosiddetto “fenomeno di Tullio”.
Tutti i pazienti venivano poi sottoposti ad
una batteria di test vestibolari strumentali
quali: test calorici (metodica di stimolazione sec. Fitzgerald-Hallpike), test rotatori
impulsivi (AD test), VEMPs, audioimpedenzometria con studio dei Riflessi Stapediali e
Potenziali Evocati Uditivi (ABR).
La conferma del sospetto diagnostico veniva poi confortata con l’esecuzione della TC
ad alta risoluzione dell’orecchio medio con
ricostruzione sul piano assiale (v. Fig. 1),
coronale (v. Fig. 2) e parasagittale (v. Fig. 3)
per la completa visione del CSS.
È bene a tal proposito ricordare che l’esame
radiologico non deve essere utilizzato come
elemento di diagnosi, ma soltanto come
conferma del dato anamnestico-clinicostrumentale, soprattutto elettrofisiologico
(VEMPs + esame audiometrico) (Figura 6).
Lo scopo del nostro studio è stato quello
di determinare un pattern demografico,
laddove possibile, oppure l’incidenza dei
segni e dei sintomi delle varie sfere sintomatologiche: audiologica, otologica e
vestibolare o tutte insieme oppure variamente associate tra loro.
Il nostro contributo alla materia dunque,
riguarda un’esperienza ricavata da un’attività ambulatoriale di un centro di
Otoneurologia di III livello, dedicato prevalentemente all’aspetto diagnostico.
Descriveremo di seguito la nostra esperienza ambulatoriale sulla Sindrome da DCSS.
Il proposito che ha animato il nostro studio
è stato quello di delineare un pattern epidemiologico caratteristico, per non dire
patognomonico della Sindrome.
Le cartelle cliniche così ottenute, gli esami
audiometrici e le risposte VEMP di tutti i
pazienti venivano rivalutate per classificare e identificare le anomalie associate con
questo disordine. Nessuno dei pazienti
Figura 6. DCSS documentata dal reperto elettrofisiologico (VEMPs + esame audiometrico).
.
12
otoneurologia 2000
La registrazione dei potenziali evocati
miogenici VEMPs nel nostro ambulatorio
di Otoneurologia di III livello è realizzata
utilizzando elettrodi di superficie, adesivi
monouso, collocati bilateralmente in corrispondenza del terzo superiore e inferiore
del muscolo SCM con elettrodo di riferimento al margine superiore dello sterno
(Figura 7).
Le zone cutanee interessate all’applicazione degli elettrodi sono state deterse con
garza imbevuta di alcool al fine di ridurre
le resistenze.
Lo stimolo utilizzato è stato un logon, di
intensità 130 Db SPL e frequenza 500 Hz,
generato da uno strumento Amplaid Mk
12 (Figura 8) e presentato tramite cuffie
Telephonics TDH-49P.
Il segnale è stato amplificato e filtrato da
una banda passante tra 30-2500 Hz.
Il tempo di analisi (“sweep time”) è stato
di 100 millisecondi.
L’averaging è stato condotto su 200 ripetizioni presentate con un rate di 4 stimoli al
secondo. L’esame viene eseguito con i
soggetti in posizione supina, ai quali viene
chiesto di flettere attivamente la testa in
avanti mantenendo la nuca sollevata dalla
superficie del lettino (attivazione di
entrambi i muscoli SCM), per tutta la durata dello stimolo.
Ai soggetti che non erano in grado di
mantenere la suddetta posizione è stata
fatta ruotare la testa verso il lato opposto
Figura 7. Posizionamento degli elettrodi.
Figura 8. Poligrafo Amplaid MK 12.
considerato eligibile per l’inclusione nella
serie clinica mostrava segni o sintomi di
ipertensione endocranica, come per
esempio nessuno evidenziava papilledema. Tutti i pazienti venivano sottoposti ad
RMN dell’encefalo e nessuno di essi aveva
presentato uno slargamento dei ventricoli
cerebrali. In accordo con Minor (20), venivano considerate anche eventuali alterazioni del metabolismo osseo e la presenza
o meno di osteoporosi.
Audiometria
Un’audiometria tonale liminare è stata
eseguita in tutti i pazienti in maniera convenzionale con la presentazione di toni
puri ad un range frequenziale compreso
tra 250 Hz e 8000 Hz per via aerea e tra 250
Hz e 4000 Hz per i toni presentati per via
ossea. Un corretto mascheramento veniva
utilizzato per il test per via ossea e quando
necessario anche per via aerea.
Tutti i test venivano eseguiti in cabina
silente.
Registrazione dei VEMPs al collo
13
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
TABELLA 1. Primo sintomo “presentato”
dai pazienti con Sindrome della DCSS.
D
C
A
B
Figura 9. VEMPs ampio a destra nella DCSS.
a quello stimolato (attivazione preferenziale del muscolo SCM ipsilaterale).
Ogni sessione di registrazione comprende
due serie di stimolazioni. La seconda stimolazione è necessaria per verificare la riproducibilità della risposta (Figura 9). In totale
la durata dell’esame è di circa 10 minuti.
Risultati
I pazienti di sesso maschile affetti dalla
Sindrome da DCSS erano 23 (41,8%),
quelli di sesso femminile 32 (58,2%).
Il range di età dei pazienti era compreso tra
27 e 88 anni, con una media pari a 55 aa.
I pazienti che presentavano una DCSS
bilaterale erano 14 (23,3%); 29 (48%) presentavano una Deiscenza Canalare Destra,
17 (28,7%) una Deiscenza Sinistra.
Emergono dalla nostra indagine una serie
di risultati che possono condurre ad una
classificazione dei pazienti affetti dalla
Sindrome della DCSS in base al primo sintomo presentato dai pazienti (Tabella 1).
I sintomi o i reperti clinico-strumentali
principali invece che possono indurre nel
sospetto diagnostico l’investigatore erano
rappresentati da :
• Vertigine Parossistica Posizionale
Recidivante non-trattabile: 4 casi
pari al 9,75%
Gruppo A: pazienti con sintomi solo della sfera
vestibolare 17 (31%)
Gruppo B: pazienti con sintomi audiologici 26 (47%)
Gruppo C: pazienti con sintomi otologici 3 (5%)
Gruppo D: pazienti con sintomatologia mista 5 (7%)
• Vertigine ricorrente con criteri di
oggettività di lunga durata: 8 casi
pari al 19,5%
• “Fullness”: 9 casi pari al 21,9%
• Ipoacusia di trasmissione di grado
lieve con soglia per via ossea per i
toni gravi (250-500) da +10 dB a -10
dB: 23 casi pari al 56%
• Ipoacusia di trasmissione di grado
lieve con soglia per via ossea (250-500)
da -15 dB a -50 dB: 9 casi pari al 21,9%
• Ipoacusia neurosensoriale: 7 casi
pari al 17%
• Cofosi (dal lato affetto): 2 casi pari al 4,8%
• Autofonia: 4 casi pari al 9,75%
• Acufene come unico sintomo, non
associato: 1 solo caso (2,4%)
Si possono poi delineare delle caratteristiche epidemiologiche come per esempio:
1. Familiarità: 8 casi (parentela diretta
ovvero genitore-figlio, in tutti i casi) pari al
14,5%.
2. Associazione con altre patologie dell’orecchio medio e interno: Otosclerosi in
3 casi (5,4%) già in precedenza operati con
fallimento chirurgico inteso come persistenza del sintomo ipoacusia; Colesteatoma con-
.
14
otoneurologia 2000
genito in 2 casi (3,6%); Fistola perilinfatica in
3 casi (5,4%); Deiscenza del Canale del
Facciale e Malformazione cocleare (Mondini)
2 casi (3,6%).
I pazienti che in precedenza erano stati
diagnosticati per malattia di Menière
erano 2 (3,6 %).
I sintomi vestibolari (Tabella 2), erano prevalentemente rappresentati da: oscillopsia
in tutti i pazienti, instabilità posturale di
lunga durata in 32 dei soggetti con
Minor’disease, labirintolitiasi recidivanti e
diremmo atipiche, tanto per la non risoluzione del quadro clinico quanto per la
ricorrenza del fenomeno, in 4 soggetti,
vertigine indotta dall’esposizione sonorafenomeno di Tullio in 39 dei 55 soggetti
affetti dalla sindrome e infine la vertigine
seguente all’aumento di pressione nell’orecchio medio – manovra di Valsalva
(Hennerbert’sign) – veniva evidenziata in
un gruppo di 37 soggetti.
HHT +
N. I. V.
Segno di Halmagyi
NY parossistico
HS Nystagmus
NY spontaneo
TABELLA 3. I segni vestibolari “bed-side”.
Segno di
Hennerbert
Fenomeno di Tullio
Labirintolitiasi
recidivanti
Instabilità posturale
di lunga durata
Oscillopsia
TABELLA 2. I sintomi vestibolari.
I riscontri audiologici erano rappresentati
da ipoacusia di tipo trasmissivo: di grado
lieve (0-30 dB) in 37 soggetti; medio (30-60
dB) in 12 dei pazienti; o grave (60 dB in giù)
in 6 dei soggetti affetti dalla Sindrome.
I sintomi della sfera audio-otologica erano
rappresentati da: fullness in un ampio
campione dei soggetti, 32; acufene a
bassa tonalità 19, mentre l’autofonia si
evidenziava in un gruppo di 16 pazienti.
I sintomi otologici erano espressamente
rappresentati da secrezioni attraverso l’orecchio medio in 3 soggetti – il che apre il
campo alle possibili associazioni cliniche
della Sindrome –; dalle disfunzioni tubariche recidivanti nel tempo in 10 soggetti;
otite esterna recidivante in 2 soggetti.
I risultati dell’investigazione “bed-side”
sono esposti nella Tabella 3. Tutti i pazienti hanno regolarmente “sopportato” i test.
Il riassunto della sintomatologia dei pazienti
affetti dalla Sindrome è elencato nella
Tabella 1.
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3. Il caso clinico
Nel settembre del 2003 una donna di 43
anni, A.M., giunge alla nostra osservazione con una storia di acufene persistente
associata a fullness auricolare particolarmente fastidioso, accompagnato ad una
sensazione che spesso il mondo attorno a
lei ruoti vorticosamente per qualche
secondo. Questi “attacchi” di vertigine
durano circa 15-20 secondi e si susseguono senza sosta ormai da circa 3 anni.
L’evento scatenante a detta della paziente
è stato un periodo prolungato di tosse
seguita ad un episodio di infiammazione
delle vie aeree inferiori. Gli episodi che
seguivano erano sporadici nel tempo, ma
venivano evocati dall’esposizione a suoni
a bassa tonalità, brusche e/o rapide variazioni di posizionamento del capo o modificazioni brusche di pressione che potevano
intervenire o nell’orecchio medio (per
esempio in seguito ad un tentativo di soffiare il naso), oppure in seguito a manovre
che inducevano un aumento di pressione
all’interno del cranio (alzare un peso
oppure durante la defecazione).
Una valutazione dal punto di vista classico
.
16
otoneurologia 2000
della otologia o della neurologia risultava
non degna di nota. Venivano eseguiti test
ematologici che risultavano assolutamente
normali, come ad esempio l’esame emocromocitometrico, la velocità di eritrosedimentazione, il fattore reumatoide o i livelli
del complemento. Venivano anche richiesti
esami specifici per una eventuale alterazione meatologica, come ad esempio i titoli
degli autoanticorpi; veniva eseguito anche
uno screening per sifilide e Lyme disease.
L’esame della paziente passava poi, per una
attenta valutazione dell’esame audiometrico, che metteva in evidenza una davvero
lieve ipoacusia di trasmissione dell’orecchio destro con una discriminazione verbale assolutamente normale (Figura 1).
Normali pure la timpanometria e i riflessi
cocleo-stapediali. Si procedeva dunque ad
una attenta valutazione elettronistagmografica, eseguendo test calorici a 44°, 33° e si
procedeva ad un test per la fistola labirintica. In quest’ultmo caso la paziente denunciava la comparsa di vertigine allorquando
nel Condotto Uditivo Esterno di destra veniva portata una pressione positiva.
Figura 1. Reperto audiologico.
Si procedeva all’esecuzione di uno studio
dell’angolo pontocerebellare, allo scopo
di delineare e valutare lo stato delle strutture labirintiche non ossee e lo stato di
salute delle strutture retrolabirintiche,
nonché delle vie nervose centrali (tronco
encefalo e cervelletto). Si cominciava a far
strada l’ipotesi che la paziente potesse
essere affetta da una fistola perilinfatica,
specialmente dopo la somministrazione in
modo empirico di diuretici per una non
meglio identificata idrope endolinfatica
(malattia di Menière) che non aveva sortito alcun beneficio per la paziente. Si procedeva all’esplorazione dell’orecchio
medio.
Fenomeni di adesione venivano rilevati a
carico della staffa e della finestra rotonda.
Sia la finestra rotonda che la finestra ovale
erano esaminate sotto visione microscopica e non erano magnificati fenomeni di
accumulo di endolinfa o segni fisici della
fistola. Si procedeva comunque ad un
tamponamento con gelfoam delle due
finestre, nel sospetto di una fistola intermittente. Nel post-operatorio la paziente
17
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
non mostra alcun segno di miglioramento
uditivo, nessun miglioramento dei propri
sintomi e purtroppo nell’anno successivo i
suoi sintomi legati alla sfera vestibolare
divengono più frequenti.
L’esame al letto del paziente sotto visione
videonistagmoscopica continua a rivelare, allorquando si esegue la manovra di
Hennerbert, un nistagmo diretto verso
l’alto con componente torsionale (fase
lenta) (Figura 2). Si decide di eseguire lo
studio dei Potenziali Evocati Miogenici
del collo (VEMPs), che evidenziano una
soglia di detezione del complesso
Bifasico Precoce più bassa della norma
(85 dB) per uno stimolo, logon, condotto
per via aerea a 500 Hz.
Il processo decisionale a questo punto indirizza verso uno studio radiologico raffinato
dell’orecchio interno mediante TC ad alta
risoluzione, con collimazioni a strato sottile
con ricostruzioni parasagittali nel piano del
CSS. L’esame radiologico rivela la presenza
di una DCSS di destra in corrispondenza
dell’eminenza arcuata (tetto) (Figura 3).
Alla paziente viene proposta una chirurgia
per la correzione della deiscenza ma lei
declina il trattamento proposto che si
sarebbe dovuto condurre attraverso un
approccio per via fossa cranica media.
Canale
orizzantale
destro
Canale
superiore
destro
Canale
posteriore
destro
Figura 2. Nistagmo diretto verso l’alto con componente torsionale, alla videonistagmoscopia.
Discussione
La valutazione di un paziente vertiginoso
dovrebbe cominciare da una corretta
anamnesi; come si è appena enunciato, si
sarebbe senz’altro, alla luce delle odierne
conoscenze, già sospettata una DCSS.
Purtroppo eravamo agli albori della comprensione di questa nuova entità clinica e
forse “colpevolmente” l’esperienza clinica del VEMP ancora non era così standardizzata nello studio della nuova entità clinica. La dizziness, un sintomo molto
comune ma di vaga identità, è frequentemente confusa con la “classica” vertigine
e può riconoscere differenti eziologie. La
vera vertigine, definita come la sensazione soggettiva di un movimento anomalo
del soggetto nello spazio circostante, è
dovuta ad una disfunzione del sistema
vestibolare. La vertigine deve essere divisa in due forme, da cause periferiche o
centrali, e le modalità di presentazione e
la gestione dell’eziologia di queste case
sono differenti.
La vertigine centrale origina da patologie
che coinvolgono il tronco encefalo, il cervelletto, il talamo o la corteccia cerebrale e
possono essere causate da accidenti
vascolari, ischemia, emorragie, neoplasie,
malattie demielinizzanti o malformazione
di Arnold-Chiari. Di solito si manifesta
insieme con altri sintomi neurologici
come la diplopia, la disartria, l’atassia o
addirittura segni di lato o perdita di
coscienza. Si può registrare un coinvolgimento dei nervi cranici allorquando il
danno interessa il troncoencefalo. Il
nistagmo evocato dalla forma centrale di
vertigine non è inibito dalla fissazione, è di
solito non faticabile ed è spesso verticale
o di tipo puramente torsionale. La conferma clinica della diagnosi di vertigine centrale è affidata all’imaging (RMN).
La vertigine periferica origina dal vestibolo o dalle sue afferenze nervose (VIII paio
di nervi cranici). Come la vertigine centra-
.
18
otoneurologia 2000
Figura 3. In A e B si evidenziano le proiezioni coronali della deiscenza del CSS di destra. Nel controlaterale (C e
D), le proiezioni coronali evidenziano una falsa deiscenza (effetto volume parziale) del CSS di sinistra.
le, può essere posizionale o non dipendere affatto dalla gravità. La Vertigine
Posizionale Parossistica (VPP) è il classico
prototipo di vertigine indotta dalle variazioni del capo nello spazio con modificazioni del suo orientamento in relazione
alla forza di gravità.
La conferma diagnostica è affidata alle
classiche manovre di indagine. Il nistagmo che si evidenzia è di tipo verticale e
torsionale. È assolutamente faticabile e
compare dopo una breve latenza, è di
breve durata, meno di 1 minuto. Può esse-
re curata durante la “bed-side examination” senza farmaci e non richiede il ricorso all’imaging, se si ottiene la risoluzione
e se essa non mostra segni di atipicità.
Le cause di vertigine periferica non posizionale includono neurite vestibolare, labirintite virale o di natura luetica, malattie
autoimmuni, otomastoidite, malattie
autoimmuni, malattia di Menière, schwannoma dell’acustico e fistola perilinfatica.
Queste cause possono poi essere divise in
forme associate con la perdita unilaterale
dell’udito e quelle nelle quali la vertigine è
19
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
il sintomo isolato. La vertigine combinata
con la perdita unilaterale dell’udito richiede il ricorso all’imaging, ma spesso è individuata prima con un esame audiometrico
tonale liminare, un esame della funzione
vestibolare (elettronistagmografia computerizzata ad individuare una disfunzione
alle risposte caloriche). Opzionali poi possono essere i test ematologici.
I pazienti con vertigine isolata di tipo non
posizionale possono essere trattati empiricamente per neurite vestibolare e si può
fare ricorso all’imaging se i sintomi del
paziente non si risolvono dopo 48 ore.
Tuttavia, pazienti che presentino fattori di
rischio particolarmente significativi (per
esempio diabete e ipertensione) dovrebbero essere sottoposti ad imaging (RMN)
immediatamente per escludere un infarto
cerebellare, che può presentarsi in una
forma assolutamente analoga a quella
della neurite vestibolare (1).
Molte delle cause della vertigine non posizionale coinvolgono il labirinto, compresa
dunque la coclea oppure il nervo cocleovestibolare e possono essere valutate con
l’imaging di risonanza magnetica. Un
“enhancement” del labirinto membranoso compreso quello dell’acquedotto vestibolare e del sacco può essere senz’altro
notato in corso di malattia di Menière (2).
Di contro, se l’enhancement coinvolge le
strutture cocleari si può definire una patologia cocleare oppure di tipo autoimmune.
Quando invece il clinico sospetti una fistola perilinfatica come causa di vertigine di
tipo non posizionale, l’imaging di scelta
deve essere costituita dalla TC ad alta risoluzione, che risulta essere di scelta rispetto alla Risonanza Magnetica, per la valutazione di anomalie della capsula ossea
intrinsecamente correlate con i Canali
Semicircolari, la coclea e il vestibolo.
La vertigine periferica può dunque essere
provocata dal suono (fenomeno di Tullio)
o da pressione applicata direttamente nel
Condotto Uditivo Esterno (segno di
Hennerbert). La vertigine indotta dal
suono o dalla pressione può dunque essere causata da una fistola perilinfatica (perdita di perilinfa dalle finestre ovali o rotonde) (3,4), tuttavia la scoperta di una “terza
finestra mobile” attraverso il labirinto
osseo dovrebbe essere assolutamente
presa in considerazione. In condizioni normali lo stimolo sonoro è trasmesso dalla
staffa attraverso la finestra ovale e si propaga solo attraverso la coclea, attivando
selettivamente solo le “hair cells” della
membrana basilare per produrre la sensazione sonora. La finestra rotonda poi
“gestisce” la pressione sonora, per dissiparla attraverso una estroflessione diretta
nell’orecchio medio.
A questo punto dobbiamo considerare
un altro concetto fondamentale. I Canali
Semicircolari non “posseggono” una
finestra atta a dissipare una vibrazione; in
tal modo la pressione sonora rimane
costante in questa regione del labirinto e
gli organi vestibolari non vengono stimolati (5).
Condizioni patologiche determinano la
formazione di una “terza finestra” mobile,
come la deiscenza ossea labirintica, creano una seconda via attraverso la quale la
pressione sonora può essere dissipata. In
risposta alle vibrazioni della finestra ovale,
è stato postulato che i fluidi endolinfatici
possano circolare in maniera anomala
attraverso l’apparato vestibolare, stimolare le cellule sensoriali dello stesso e produrre la sensazione di vertigine (5).
Un paziente che giunga all’osservazione
con una vertigine indotta dall’esposizione al suono o all’aumento di pressione
nell’orecchio medio deve assolutamente
essere in primis sospettato di essere
affetto da fistola perilinfatica. La fistola
perilinfatica deve essere sospettata in
tutti quei casi nei quali emerga dall’anamnesi una storia di barotrauma, trau-
.
20
otoneurologia 2000
ma cranico, infezioni o insulti traumatici
dell’orecchio medio.
La diagnosi di fistola perilinfatica dell’orecchio interno è assolutamente difficile,
se effettuata solo con l’esame radiologico
di TC. In ambito radiologico, i segni di una
fistola, laddove presenti, vanno dal pneumolabirinto, alla deiscenza ossea del
Canale Semicircolare laterale o a una non
meglio spiegata effusione liquida nell’orecchio medio.
Dal momento che l’identificazione di una
fistola è certa solo quando la stessa è rinvenuta durante l’intervento chirurgico di
esplorazione dell’orecchio, molti pazienti,
come nel caso qui presentato, vengono
sottoposti direttamente alla procedura
esplorativa senza preventiva esplorazione
radiologica di tomografia assiale computerizzata.
L’esplorazione dell’orecchio medio mette
in evidenza le condizioni della catena ossiculare, la nicchia della finestra ovale e
rotonda e il nervo facciale. Per il motivo
che l’apparato vestibolare è di solito non
accessibile o investigabile con questo
approccio, fistole o “finestre mobili” che
possano coinvolgere l’apparato vestibolare possono essere misconosciute all’esaminatore.
Una terza finestra mobile dovuta alla deiscenza del “tetto” del canale semicircolare superiore che determina una vertigine
provocata dall’esposizione sonora a bassa
intensità o da un aumento di pressione
nell’orecchio medio è una entità che solo
di recente è stata descritta. L’esatta eziologia della deiscenza non è conosciuta nella
maggioranza dei casi.
Nessuno dei pazienti descritto da Minor
(7), ha una storia di infezioni otologiche
né tantomeno di otite media ricorrente
dell’infanzia. Tuttavia, due di questi
pazienti presentavano una storia di trauma cranico.
Si è postulato che, con la collocazione
specifica della “terza finestra” creata dalla
deiscenza, variazioni pressorie e sonore in
corrispondenza della finestra ovale inducano un movimento endolinfatico tale da
stimolare le “hair cells” dell’ampolla del
CSS. Ne risultano un nistagmo e una vertigine. Il nistagmo, con la sua fase lenta, è
diretto verso l’alto con una componente
torsionale nel piano del canale (7,6). È
importante a questo punto identificare la
deiscenza dell’eminenza arcuata del CSS,
perché la sua rilevazione è potenzialmente suscettibile di trattamento chirurgico e
il paziente deve essere informato su questa opportunità terapeutica.
Può realizzarsi il “tamponamento” chirurgico dell’area canalare deiscente, eseguibile attraverso un approccio via fossa cranica media, con una completa risoluzione
della sintomatologia vertiginosa (7).
Come si evince da questo caso paradigmatico, una DCS deve essere sospettata in
ogni paziente con vertigine indotta dall’esposizione al suono o da una variazione
“brusca” di pressione nell’orecchio medio,
provocabile per esempio da un tentativo di
soffiare il naso o compensare una differenza pressoria, da un colpo di tosse o da
una “forte risata”.
Si rendono a questo punto necessari due
tipi di indagine, da eseguire tassativamente in tutti i pazienti che giungano all’osservazione con questa costellazione sintomatologica, prima di avviarli ad una procedura chirurgica di esplorazione dell’orecchio
medio: l’esecuzione del VEMP e la TC dell’orecchio medio ad alta risoluzione con
collimazioni a strato sottile (0.5 mm per lo
meno!!!) nel piano del CSS. Quest’ultima
procedura sarà trattata e analizzata nel
prossimo paragrafo.
In contrasto con quanto detto a proposito
della fistola perilinfatica, i segni radiologici di una DCSS sono, dunque, molto ben
identificabili radiologicamente, proprio
con una TC dell’osso temporale.
21
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
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4. La radiologia della Sindrome da DCSS
La Sindrome della DCSS rappresenta una
eccitante prospettiva nel campo dell’otologia e della radiologia applicata all’otologia. Le straordinarie osservazioni dell’articolo originale di Minor (1), chiarendo il
quadro anatomopatologico di alcune
forme di vertigine, forniscono un’arma
formidabile al chirurgo per annullare con
una metodica via fossa cranica media,
mediante un tamponamento o una ricostruzione del canale, la sintomatologia
soprattutto della sfera vestibolare. Si deve
considerare l’eccezionalità della scoperta
dell’otoneurochirurgo di Baltimora soprattutto nell’ottica della spiegazione del fenomeno vertiginoso che fino a qualche anno
fa non avrebbe trovato soluzione.
Tuttavia, la scoperta e l’identificazione
della sindrome non sarebbe stata possibile senza le ultime scoperte nell’ambito
della tomografia assiale computerizzata
(1,2). In questo caso il ruolo dell’imaging,
che di solito riesce ad evidenziare anormalità, è la chiave di volta nell’originale
descrizione di Minor.
La diagnosi della DCSS dipende dalla
dimostrazione di un “piccolo” difetto
osseo interessante il “muro” osseo che
riveste lo stesso canale e lo separa dalle
strutture meningoencefaliche.
È stato l’articolo originale di Belden et al.
(3), a spingere le sue macchine al limite
estremo della risoluzione in ausilio dell’accuratezza della diagnosi. Il suo intento era
quello di risolvere una volta per tutte il
limite della stessa TC, ovvero l’effetto di
volume parziale.
Il primo a descrivere il fenomeno della vertigine indotta dal suono fu Tullio (6) (Figura
1) nel lontano 1929. Egli sperimentò e creò
il fenomeno che da lui prese il nome, fenestrando i Canali Semicircolari del piccione.
Egli dimostrò che se l’animale da poco operato riceveva una stimolazione sonora nel-
Figura 1. Tullio nel suo laboratorio mentre esegue
un esperimento di valutazione della risposta oculomotoria dell’animale dopo fenestrazione dell’orecchio interno.
.
22
otoneurologia 2000
l’orecchio operato sperimentava il sintomo
vertigine e si evidenziava il tutto con la
comparsa di un nistagmo. Negli umani
ogni processo che determini la comparsa
di una terza finestra provoca la comparsa
del “fenomeno di Tullio”.
Quando l’otosclerosi era trattata con la
fenestrazione o la creazione di una finestra nel Canale Semicircolare Laterale,
molti pazienti sperimentavano il “fenomeno di Tullio”.
Il colesteatoma, patologia che erode il canale, può creare lo stesso fenomeno. La patologia luetica è anch’essa implicata nella
genesi nel fenomeno, determinando una
lesione osteitica della capsula labirintica.
Non tutti i casi di “fenomeno di Tullio”
sono correlati con il fenomeno della terza
finestra, ma ad esempio a malattie infiammatorie o a fibrosi dell’orecchio medio o
interno, che determinano una abnorme
connessione tra la staffa e il labirinto
membranoso. La pressione della staffa
determina una dislocazione del labirinto
membranoso (7). La conseguente distorsione che ne risulta determina la comparsa di una dizziness. È sempre Belden a
descrivere l’associazione del “fenomeno
di Tullio” (3) con altre patologie come la
malattia di Menière, la fistola perilinfatica
e la malattia di Lyme.
A questo punto appare cruciale come una
corretta interpretazione del fenomeno
indotto dalla III finestra, cioé i movimenti
oculari che si allineano con il canale affetto
dalla deiscenza, indirizzi e permetta una
corretta collaborazione tra il clinico e il
radiologo.
Purtroppo nel nostro Paese questa sorta di
collaborazione multidisciplinare non è
ancora assolutamente diffusa e molte diagnosi incontrano difficoltà a definirsi,
soprattutto per la scarsa diffusione dell’informazione clinica sui disturbi dell’equilibrio indotti dalla presenza di una III
finestra mobile nella capsula labirintica e
sulle ricadute in termini di costi sul SSN
per ricoveri inopportuni, ma soprattutto a
carico del paziente che spesso assume farmaci assolutamente inappropriati e inopportuni per la sua condizione. In candidati
potenziali di questa sindrome, una documentazione realistica della presenza o dell’assenza del difetto appare perciò assolutamente cruciale.
Come possiamo essere allora sicuri della
presenza del difetto osseo o in alternativa
decretare che il difetto non esiste? Ancora
Belden e coll. (3) ci vengono in aiuto. Essi
mettono in pratica diverse strategie: combinano una tecnica di collimazione a strato sottile con ricostruzioni cosiddette “offaxis” e finalmente esaminano le nuove
prospettive che si delineano e che rendono le prospettive diagnostiche più precise.
Il CSS giace in un piano approssimativamente 45° fuori sia dal piano sagittale che
da quello coronale. È obliquo ai routinari
piani traversi e coronali usati in TC. In tal
modo oggi, usando macchine multiplanari
con collimazioni sottili, si possono finalmente utilizzare le stesse per ricostruzioni
impensabili fino a qualche anno fa e ricostruire le immagini anche nei piani trasversali. In tal modo la ricostruzione multiplanare ottiene la stessa risoluzione proprio
come se si trattasse di una scansione diretta. Le immagini a strato sottile sono possibili in ogni piano virtuale. Ma qual è il piano
ottimale al nostro scopo? Prima della TC
veniva usato per lo studio dell’osso temporale un tomografo pluridirezionale. Questa
tecnologia garantiva la visualizzazione di
strutture molto piccole, sfocando le strutture che si frapponevano “prima” della stessa o attraverso l’oggetto in questione.
Il processo di “sfocamento” era comunque
inesatto, e si evidenziavano ombre di altre
strutture che venivano ad essere sovrapposte. Per minimizzare questo effetto, e per
meglio visualizzare una struttura particolarmente piccola, grandi sforzi furono compiuti per definire l’orientamento dei limiti
dell’osso corticale nello spazio.
23
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
Un principio fondamentale elaborava che
il piano ottimale per dimostrare un piano
particolare dell’osso o un particolare canale osseo di forma tubulare era perpendicolare al piano delle strutture di interesse.
Proiezioni oppure orientamenti particolari
che ottimamente riescono a dimostrare
alcune strutture assumono i nomi dei loro
scopritori (12). La proiezione di Guillen,
per esempio, garantisce un piano perpendicolare alla finestra ovale dell’orecchio
medio. Due piani sono particolarmente
pertinenti in questo caso: i piani di Pöschl
e Stenvers (Figura 2). Il piano piramidale
traverso di Pöschl era 45° obliquo sia dal
piano sagittale che coronale e sezionava
l’osso petroso in un piano perpendicolare
al suo asse. Il piano di Pöschl garantisce
una sezione perfetta lungo l’asse del
modiolo cocleare e mostra in modo ottimale l’acquedotto vestibolare nella sezione longitudinale. Il CSS appare come un
anello (Figura 3), con l’intero arco del suo
profilo esterno che si delinea perfettamente. Il piano di Stenvers è perpendicolare al
piano di Pöschl. Questo piano, descritto
originariamente per le radiografie e suc-
Figura 2. Proiezione di Stenvers
cessivamente integrato nella tomografia
pluridirezionale, era anch’esso 45° obliquo
ai piani coronali e sagittali, ma era ruotato
di 90° rispetto al piano di Pöschl. Questo
piano mostra i giri della coclea. Il piano di
Stenvers magnifica altresì l’apice superiore del canale semicircolare superiore in
una sezione perfetta. I piani di Pöschl e
Stenvers, che sono perpendicolari tra loro,
forniscono gli elementi cruciali per l’identificazione dell’arco superiore del CSS.
Nel loro lavoro, Belden e coll. (3) utilizzano
approssimazioni di questi piani con risultati
straordinari. La dimostrazione della corticale
Sin
Dx
Sin
Dx
Figura 3. Proiezione per il Canale Semicircolare Superiore.
.
24
otoneurologia 2000
apicale del CSS risulta davvero molto accurata. Non ci sono assolutamente falsi negativi. Se si dimostra l’osso con queste proiezioni, la deiscenza canalare è esclusa.
Tuttavia Belden e coll (3), spingono il loro
lavoro verso un altro grande problema che
affligge da sempre i radiologi, in specie con
l’introduzione dei moderni apparecchi di
terza generazione: l’eliminazione di un effetto detto di “volume parziale”, un fenomeno
purtroppo molto simile ad un artefatto.
Si conosce infatti il problema che questi apparecchi, sempre più sofisticati (Figura 4), nella
loro precisione possono generare un artefatto
circolare a bersaglio, che bisogna saper riconoscere per non incorrere in false interpretazioni. Il computer assegna a ciascun voxel una
misura di densità media: se lo spessore della
sezione è notevole (5 mm o più), possono
essere compresi simultaneamente nella
sezione aria e osso, e il valore attribuito al
voxel non è corretto, ma corrisponde alla
somma delle diverse densità della sezione
stessa. Il fenomeno del volume parziale deve
essere conosciuto quando si studiano alcune
regioni come quella del canale semicircolare
superiore, che vanno esaminate con sezioni
molto sottili, se possibile submillimetriche
(0.5 mm) appunto per minimizzare o annullare il fenomeno (Figura 5 a, b).
In termini pratici, questo artefatto può causare un fenomeno che rende invisibile l’osso rendendo invisibile il CSS. Non appena,
invece, la risoluzione migliora con voxels1
sempre più piccoli, gli effetti da volume parziale sono superati. Con ogni nuova scannerizzazione più sottile, otteniamo risoluzioni
sempre più dettagliate. Minuscole strutture,
come per esempio le crura della staffa,
divengono visualizzabili, mettendo il radiologo in condizione di formulare la diagnosi
del dettaglio più minuto.
Figura 4. Un apparecchio radiologico di terza generazione.
Belden utilizza una dimensione del voxel
della macchina a 0.5 mm. Concettualmente, uno strato più sottile di 0.5 mm.
dovrebbe essere in grado di garantire una
“barriera protettiva” per la struttura canalare
e prevenire il fallimento di una diagnosi di
Sindrome della DCSS. In questo modo perfino un piccolo residuo d’osso diviene visualizzabile attraverso la ridotta attenuazione della
dura o in contrasto con il contenuto liquido
nel canale semicircolare o in contrasto con lo
spazio subaracnoideo.
Dalla misurazione dei valori di attenuazione
in ogni pixel, gli autori modificano i reperti
nel loro studio per un numero enorme di
ossa temporali da falsi-positivi in veri-negativi. In tal modo gli autori implementano l’affidabilità della nuova tecnica. Loro introducono comunque il concetto che in via assolutamente teorica esiste ancora la possibilità
di avere un falso-positivo nel reperto topografico, ma l’incidenza di questo fenomeno
diviene assolutamente trascurabile e diminuisce ad ogni step, anche in considerazione
del miglioramento della risoluzione spaziale.
Infine, reperti TC veri-positivi che dimostra-
1) Un voxel è un elemento di volume che rappresenta un valore di intensità di segnale o di colore in uno spazio tridimensionale, analogamente al pixel che rappresenta un dato di un’immagine tridimensionale. I voxel vengono
spesso usati come elemento base per la visualizzazione e l’analisi di dati medici e scientifici. Alcuni dispositivi di
visualizzazione 3D reale utilizzano i voxel per descrivere la propria risoluzione: per esempio, uno schermo potrebbe essere in grado di visualizzare 512 x 512 x 512 voxels.
25
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
A
B
Figura 5. Fenomeno del volume parziale. A. Nella proiezione coronale sembra essere non confutabile la diagnosi di Sindrome di Minor. B. La ricostruzione parasagittale svela l’artefatto.
no un reale difetto osseo in pazienti liberi da
sintomi rimangono in linea del tutto teorica
possibili. Forse la dura è sottile abbastanza
per ridurre o azzerare i movimenti dei fluidi
endolinfatici o forse dovremmo coinvolgere
qualche altra spiegazione fisiologica per
spiegare il fenomeno.
È chiaro che accumulare esperienze in
campo radiologico ultraspecialistico provvederà a fornire ulteriori spiegazioni di queste
controversie. Con ogni generazione di TC la
risoluzione migliorerà, di certo fino al punto
di riuscire ad individuare una sottilissima
lamella ossea che misuri in spessore fino
alla decima parte di un millimetro. Nel frattempo, tutti noi dobbiamo essere assolutamente grati al grande apporto che Belden e
i suoi collaboratori hanno portato per ottimizzare l’approccio da parte del radiologo a
A
questo tipo di richieste da parte del clinico.
Sappiamo, infatti, che la nuova entità clinica
della sindrome è supportata dal difetto
osseo. La valutazione del paziente affetto da
DCSS ha spinto il limite della risoluzione
della tecnologia dei moderni tomografi
computerizzati fino a limiti per qualche anno
fa inimmaginabili.
Come descritto da Belden, una dimostrazione il più possibile affidabile del CSS per l’individuazione di un difetto osseo richiede
una più che precisa ricostruzione per diagnostica tomografica computerizzata, con la
più elevata ricostruzione possibile. Bisogna
comunque considerare un altro aspetto fondamentale: che anche le proiezioni coronali
oppure addirittura le assiali possono essere
di ausilio per lo specialista (Figura 6 a, b).
Ogni possibile ricostruzione va considerata!!!
B
Figura 6. A. Ricostruzione parasagittale assiale di una deiscenza del CSS. B. La freccia indica la deiscenza del
canale evidenziabile nella proiezione assiale.
.
26
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5. L’elettrofisiologia (VEMP) nella DCSS
I Potenziali Evocati Vestibolari Miogenici
(VEMPs) sono una metodica strumentale
in grado di evocare un riflesso otolitico
“breve” registrato dal muscolo sternocleidomastoideo (SCM) contratto elettromiograficamente in risposta ad una intensa stimolazione sonora (Figura 1). La
prima descrizione di questa metodica fu
fatta dieci anni fa. I VEMPs attualmente
sono una metodica implementata in tutti i
laboratori di otoneurologia e risultano
determinanti nel fornire una numerosa
serie di informazioni riguardo diverse
patologie vestibolari e non, siano esse
periferiche e\o centrali. Attualmente ci
sono diverse metodiche di evocazione dei
Potenziali Evocati miogenici del collo che
variano in base all’utilizzo dello stimolo:
“logon”, “click”, “tone burst”; oppure in
base allo stimolo utilizzato: air VEMPs,
Bone VEMPs (stimolazione mediante
vibratore osseo), VEMPs ottenuti con sti-
molazione galvanica, ecc. Quest’ultima
metodica è senz’altro la più giovane in
ordine di tempo e completa sicuramente
la gamma di strumenti a disposizione dell’otoneurologo. Esistono e sono state
Figura 1. Registrazione dei VEMPs ai muscoli sternocleidomastoidei.
27
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
descritte in letteratura diverse condizioni
nelle quali i VEMPs ottenuti mediante stimolazione sonora con “logon” o con
“click” sono assenti: la neurite vestibolare, l’herpes zoster oticus, le ultime fasi
della malattia di Menière, nonché i neurinomi dell’acustico; la loro ampiezza risulta aumentata e la soglia patologicamente
abbassata nella DCSS che coesiste con il
“fenomeno di Tullio”. I VEMPs evocati dai
“clicks” e dalla stimolazione galvanica
sono di grande ausilio nel monitoraggio
dell’efficacia del trattamento con gentamicina intratimpanica utilizzata per l’ablazione chimica del labirinto. Se si rinviene
un prolungamento delle latenze del CBP
(Complesso Bifasico Precoce) associato
con una ampiezza ridotta deve essere
sospettata una vestibolopatia centrale. I
VEMPs evocati dallo stimolo sonoro rappresentano un test di screening robusto,
riproducibile per il monitoraggio della
funzione otolitica.
Neurofisiologia dei VEMPs
Uno stimolo sonoro (“click”, “short tone
burst”, oppure “logon”) evoca una risposta di tipo miogenico ipsilateralmente se
registrata al muscolo SCM (1,2).
Questa risposta evocata è ormai definita
come una risposta di origine vestibolare
(1,2). I potenziali evocati miogenici che si
evidenziano in tal modo non originano in
alcun modo dal Canale Semicircolare
Laterale (3).
Sono pertanto definiti Potenziali Evocati
Vestibolari Miogenici (VEMPs). I sempre
più numerosi studi presenti in letteratura
forniscono convincenti evidenze che essi
prendano origine dal sacculo (4).
La neurofisiopatologia dei VEMPs, in
senso topografico, può essere descritta da
un breve “arco riflesso disinaptico”, inteso come “vestibolo-collico” e formato
dalle seguenti strutture:
1. recettori otolitici
2. nuclei vestibolari (I sinapsi)
3. motoneuroni spinali (II sinapsi)
4. muscoli sternocleidomastoidei
Ancora però sussistono delle incertezze
neurofisiologiche sulla completa identificazione del “path” nervoso, che sta alla
base dell’arco riflesso dei VEMPs. In particolare si è discusso se il cosiddetto “startle system” (Landis e coll. 1939) (5) o il
sistema volontario (Bickford e coll. 1964)
(6) avevano un ruolo e quindi rilevanza
nella genesi di questi potenziali evocati.
Tuttavia bisogna evidenziare una differenza tra “startle system” e VEMPs. Lo “startle system” dopo esser stato sottoposto a
stimoli ripetuti, ha la caratteristica di abituarsi (habituation) a quel determinato stimolo, cosa che non accade nell’esecuzione dei VEMPs. I tempi di reazione dei
movimenti volontari, che sono dell’ordine
di 100 msec (risposte molto più tardive dei
VEMPs, la cui componente vestibolare si
esaurisce nell’arco di circa 30 msec)
hanno portato ad escludere un qualsiasi
coinvolgimento di questi due sistemi nella
genesi dei “vestibular-evoked myogenic
potentials”.
La visione attuale della neurofisiopatologia dei riflessi vestibolo-collici, sostenuta
dagli studi sul gatto e sul “guinea pig” (711) può essere così riassunta:
a) i recettori attivati all’inizio dell’arco
afferente sembrano essere i recettori
maculari delle strutture otolito-sacculari;
b) la via afferente decorre principalmente
lungo il nervo vestibolare inferiore,
entro il quale si situano la maggior
parte delle afferenze otolitiche;
c) il punto di riflessione della risposta
sembra potersi localizzare a livello del
tronco encefalico, all’interno dei nuclei
vestibolari, specialmente all’interno del
nucleo vestibolare laterale di Deiters
(prima sinapsi);
.
28
otoneurologia 2000
d) la tappa successiva, primo segmento
efferente del riflesso, sembra potersi in
gran parte identificare morfologicamente nel tratto vestibolo spinale laterale, ipsilaterale, che nella sua quasi
esclusiva origine nel nucleo vestibolare
laterale si porta in basso fino agli
α-motoneuroni spinali dei segmenti
cefalici C2-C5 (seconda sinapsi);
e) dalle corna anteriori della sostanza grigia del midollo cervicale ai livelli C2-C5,
le fibre destinate allo SCM ascendono
relativamente disperse fino al bulbo,
attraverso il forame magno, per poi
confluire nel nervo accessorio, il cui
ramo esterno (o nervo accessorio spinale), si distribuisce tra l’altro al muscolo SCM omolaterale;
f) esiste poi una componente crociata,
vale a dire destinata agli α-motoneuroni spinali che innervano il muscolo
SCM controlaterale che, secondo
Kushiro e coll. (1999) (11), sembra provenire quasi esclusivamente dai recettori utricolari.
Questi reperti supportano la teoria che il
VEMPs è probabilmente un riflesso vestibolare di origine sacculare.
Nel 1997 McCue e Guinan riportano i risultati di una ricerca dai quali si deduce che i
neuroni vestibolari afferenti “suono-sensibili” laddove stimolati mostrano graficamente una curva di risposta con la frequenza preferita situata tra 0,5 e 1 kHz (7).
Le loro scoperte suggeriscono che i
VEMPs possono essere evocati da short
tone burst (STBs) da 0,5 – 1 kHz come pure
da clicks. Murofushi et al. nel 1999 dimostrano che i VEMPs originati da uno stimolo “Short tone burst” sono di origine
vestibolare (12).
Le caratteristiche morfologiche dei VEMPs
registrati in soggetti normali secondo le
procedure prima ricordate anche in accordo con quanto riportato da Ferber-Viart e
coll. (1999) (13) in una review, possono
essere così riassunte:
a) la stimolazione monoaurale evoca sempre risposte in entrambi i muscoli SCM
(Figura 2);
b) la risposta ipsilaterale, evocata dalla
stimolazione monoaurale, ha, in genere, un’ampiezza solo leggermente
superiore a quella controlaterale; tuttavia in alcuni casi si è visto che le risposte omolaterali possono essere sia
identiche che di ampiezza addirittura
inferiore a quella controlaterale;
c) la stimolazione binaurale evoca sempre
risposte di maggiore ampiezza rispetto
a quelle evocate dalle stimolazioni
monoaurali.
Con il termine VEMPs si indica un particolare tipo di potenziali muscolari registrabili dal muscolo SCM, durante un’intensa
stimolazione acustica.
I VEMPs hanno una chiara origine vestibolare; infatti il vestibolo pare abbia conservato un’antica sensibilità agli stimoli acustici. Ciò era già stato osservato da Von
Bekesy nel 1935 (14) e successivamente da
altri autori, i quali hanno sostenuto di poter
indurre illusorie sensazioni vestibolari di
movimento, in seguito ad esposizione a
suoni o vibrazioni di opportuna intensità.
Più famoso, in patologia otoneurologica, è
il “fenomeno di Tullio”, a causa del quale si
osserva l’induzione di risposte vestibolari,
Figura 2. Risposte in entrambi i muscoli sternocleidomastoidei.
29
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
sottoponendo a stimoli sonori soggetti che
presentano disturbi dell’orecchio medio o
della capsula dell’orecchio interno.
Si ritiene che il sacculo svolga un ruolo
“uditivo-vestibolare” specifico nella funzione vestibolare di alcuni mammiferi.
Esso, infatti, anatomicamente costituisce
una struttura a ponte tra la chiocciola da
un lato e l’utricolo, con i tre canali semicircolari, dall’altro. Per questi motivi il sacculo potrebbe essere considerato quale
“anello di congiunzione” tra energia
vibratoria e risposta vestibolare. Diversi
autori tra cui Murofushi hanno dimostrato
che brevi stimoli acustici, di alta intensità
(click o brevi tone burst) possono evocare
potenziali miogenici dallo SCM (12).
La risposta dei VEMPs consiste di due successivi pattern di onde, alternativamente
positivi e negativi, i cui picchi sono identificati con le lettere “p” ed “n” secondo la
polarità, e seguiti dalla latenza in millisecondi (p13-n23 e n34-p44).
Il primo pattern di onde p13-n23 (CBP ovvero Complesso Bifasico Precoce) (Figura 3)
sembra dipendere dall’integrità vestibolare,
mentre il secondo n34-p44 è più incostante
e generato da afferenze provenienti da
entrambi gli orecchi, e, molto probabilmente, da afferenze cocleari. L’ampiezza delle
risposte ottenute dalla stimolazione sembra
essere maggiore sul muscolo ipsilaterale e
dipendere dal grado di contrazione del
muscolo SCM (Colebatch 1994) (2).
I VEMPs rappresentano una tipologia di
esami “non invasiva” di esplorazione di
entrambi i vestiboli e un metodo interessante per lo studio dei recettori otolitici,
delle vie vestibolo-spinali e della branca
vestibolare inferiore dell’VIII nervo cranico.
Il VEMP è oggi l’esame di scelta per la conferma di un sospetto di Deiscenza della
Capsula Labirintica. Sappiamo infatti che
la soglia di evocazione del VEMP in un
orecchio affetto è più “bassa” rispetto a
quella di un orecchio normale. La presenza
di un difetto nell’osso che riveste il canale
semicircolare crea quella che viene definita come la “terza finestra” mobile del labirinto. Questa finestra abbassa l’impedenza
per la trasmissione del suono e dello stimolo pressorio attraverso il labirinto.
La deiscenza dell’osso che riveste il CSS
appare importante nel determinare una
alterazione delle risposte dei recettori vestibolari in risposta a suoni gravi e a tutte
quelle manovre che tendono a modificare la
pressione intracranica oppure nell’orecchio
medio. Sappiamo ormai che i movimenti
oculari elicitati da questi stimoli, appena
citati, allineano perfettamente con il canale
affetto. Questo reperto rende non verosimile che i movimenti oculari appena citati possano dipendere da risposte otolitiche.
La deiscenza del CSS determina una risposta VEMP alterata. I primi a notare questa
alterazione di risposta sono stati
Brantberg et al. (15). Gli svedesi notavano
che la soglia dei VEMPs in pazienti affetti
da DCSS era più bassa. Prima di questi
studi Colebatch e coll. (1,2) hanno dimostrato VEMPs “abbassati” in pazienti con il
“fenomeno di Tullio”, che però venivano
studiati prima della “scoperta” e della
descrizione della DCSS.
Anche Streubel et al. (16) osservano che i
VEMPs hanno una “soglia” abbassata in
pazienti con DCSS. Dei 9 pazienti affetti
Figura 3. Pattern di onde del Complesso Bifasico
Precoce.
.
30
otoneurologia 2000
descritti 1 soltanto aveva una soglia normale a dispetto però di una ipoacusia di trasmissione bilaterale correlata con una patologia dell’orecchio medio. La presenza di
una risposta VEMP in questi pazienti e in un
paziente con ipoacusia di trasmissione conseguente ad una stapedectomia che non ha
corretto il difetto, evidenzia la certezza e gli
effetti di una deiscenza del CSS sulla dinamica di trasmissione di un suono attraverso
l’orecchio interno. In pazienti affetti da otosclerosi, infatti, non ci si può attendere una
risposta VEMP nell’orecchio affetto.
Ma dagli studi di Brantberg (15) non abbiamo solo appreso che la “soglia” del VEMP
è abbassata, ma anche che il Complesso
Bifasico Precoce è più ampio in presenza di
una Sindrome della deiscenza. Brantberg
riporta anche una differenza di ampiezza a
seconda che lo stimolo portato sia un Tone
Burst oppure ad evocarlo sia uno stimolo
portato per via ossea (tap-bone ad esempio). In pazienti normali, infatti, il “martellamento” del cranio (skull taps) tipicamente evoca in ampiezza risposte ≈ 2.5 volte più
ampie rispetto a quelle evocate dal click.
Un rapporto più piccolo è stato evidenziato
nei casi di DCSS.
La soglia di conduzione per via ossea è
stata osservata essere < 0 dB HL in alcuni
pazienti con DCSS (11,17). Questo fenomeno di iperacusia per il suono condotto per
via ossea (11,17) è senz’altro più evidente
dell’aumentata suscettibilità dei recettori
uditivi e vestibolari al suono e agli stimoli
meccanici determinati dalla deiscenza. Il
Weber nei casi di DCSS unilaterale è lateralizzato nel lato affetto e i pazienti possono
sentire piuttosto un diapason posto in
vibrazione e poggiato sul malleolo laterale
della caviglia (17). Questo meccanismo è
replicato in un’altra circostanza allorquando il paziente con DCSS riferisce che può
sentire il movimento dei propri occhi.
Questo sintomo è tipicamente solo presente durante i movimenti oculari e scompare
durante un movimento mantenuto degli
occhi. Esso può essere causato dalla vibrazione dell’osso associato con i movimenti
extraoculari e dell’occhio.
Patologie otologiche oltre che la DCSS
possono causare l’abbassamento della
soglia del VEMP. Cremer et al. (18) descrivono un caso di fistola chirurgica iatrogena del Canale Semicircolare Posteriore.
Questo paziente aveva movimenti oculari
nel piano del canale semicircolare posteriore evocati dalla pressione negativa nel
condotto uditivo esterno. La soglia VEMP
nel lato affetto era di 80 dB NHL. I sintomi
simili a quelli sperimentati dai pazienti con
DCSS possono anche essere visti in malati di Menière (19,20), oppure in pazienti
affetti da colesteatoma dell’orecchio
medio che abbiano sviluppato una fistola
del Canale Semicircolare Laterale (21),
sordità congenita (22) e nei casi di pazienti affetti da fistola perilinfatica (23).
La diagnosi della DCSS è stabilita in base ai
sintomi caratteristici, ai segni clinici, alle
risposte VEMP e infine alle immagini di
tomografia assiale computerizzata. I movimenti oculari di tipo verticale-torsionale che
allineano con il piano del canale affetto a
che sono evocati da toni o da manovre che
modificano la pressione intracranica e/o
nell’orecchio medio sono caratteristiche
tipiche della sindrome. L’esame clinico di
questi movimenti oculari dovrebbe essere
eseguito sempre sotto occhiali di Frenzel o
in videonistagmoscopia dal momento che
la fissazione visiva può sopprimere o alterare le manifestazioni dei movimenti oculari.
Le immagini di tomografia assiale computerizzata sono usate per confermare il
sospetto clinico della deiscenza.
La soglia VEMP è poi la conferma elettrofisiologica della sindrome, essendo più
bassa (v. Fig. 3). Streubel et al. hanno
dimostrato che questa risposta evocata è
presente nei pazienti con ipoacusia di trasmissione quando il VEMP dovrebbe essere assente qualora ci si dovesse trovare di
fronte ad una patologia otosclerotica.
31
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
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6. La terapia della DCSS
Trattandosi di un quadro patologico sostenuto da una alterazione morfo-strutturale
del labirinto osseo vestibolare, la sindrome della deiscenza del CSS può essere
trattata con una terapia chirurgica di tipo
“eziologico”. La terapia deve essere
dunque finalizzata al ripristino di una condizione morfo-funzionale normale. Del
tutto recentemente, è stato dimostrato
che questo tipo di approccio è in grado di
influire positivamente non solo sui sintomi di tipo vestibolare, ma anche sui sintomi della sfera cocleare (1). Il relativo
rischio chirurgico connesso al trattamento
“eziologico” ha, comunque, favorito la
“sperimentazione” di altre modalità tera-
.
32
otoneurologia 2000
peutiche e non è escluso che, in futuro,
quando sarranno chiariti in maniera più
approfondita gli aspetti fisio-patologici
della sindrome e quelli legati alla sua storia naturale, sarà possibile focalizzare
anche il ruolo di una eventuale terapia farmacologica o riabilitativa. Ciò spiega
anche perché nella maggior parte dei casi,
ovviamente dove i sintomi non risultano
particolarmente invalidanti, è stato proposto un atteggiamento “attendista” basato
sulla corretta informazione al paziente
delle condizioni in grado di innescare la
sintomatologia vertiginosa acuta (2).
In letteratura ad oggi sono pochi ancora i
contributi scientifici e scarso il numero di
pazienti in tutto il mondo operati, in grado
di fornire un esaustivo giudizio sulle reali
possibilità di un trattamento chirurgico e
dei suoi esiti a lungo termine.
Del tutto di recente lo stesso LB Minor in
un Congresso tenutosi a Cassino
(Frosinone) nel dicembre del 2005 (Figura
1) ha esposto e presentato una casistica di
31 pazienti operati con le modalità che
vedremo appresso su un campione di 100
pazienti diagnosticati in un decennio presso la Johns Hopkins University di
Baltimora.
Egli stesso poi ha raccomandato in quella
occasione una “tattica” di attesa e di corretta informazione per il paziente.
Per i sintomi invalidanti, la terapia chirur-
gica proposta e utilizzata dallo stesso
Minor, si basa su due procedure distinte:
1) la ricostruzione (resurfacing) della
parete deiscente del CSS con la finalità
di mantenere pervio e funzionalmente
attivo il CSS;
2) l’occlusione del CSS (plugging).
In entrambi i casi il razionale del trattamento è quello dell’eliminazione del
cosiddetto effetto della “terza finestra”,
ma è evidente come solo nel primo caso si
possa parlare di un trattamento eziologico
di tipo conservativo (Figura 2).
Minor ha riferito di aver operato 11
pazienti con la tecnica del “resurfacing”
ottenendo l’eliminazione della vertigine in
7 soggetti (64%), un miglioramento della
vertigine in 1 paziente (9%) e una vertigine
solo temporaneamente migliorata in 3
pazienti (27%).
L’otoneurologo di Baltimora invece sottoponeva alla tecnica operatoria del “plugging” 19 pazienti. I risultati erano: vertigine eliminata in 17 pazienti (89%), vertigine
migliorata in 2 (11%), vertigine migliorata
solo temporaneamente 0 (0%).
Una differenza tra le due procedure concerne la via di approccio chirurgico che,
nel caso dell’occlusione, può essere effettuata sia per la via della fossa cranica
media (3) che per la via trans-mastoidea,
come
recentemente
proposto
da
Brantberg (4). La procedura della ricostru-
Figura 1. “Foto di Gruppo” dei relatori al Congresso di Cassino del Dicembre 2005: al centro si riconosce LB Minor.
33
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
zione canalare, per contro, può essere
effettuata unicamente per via della fossa
cranica media secondo la tecnica classica
o secondo l’approccio trans-temporale
sopralabirintico proposto da Fisch (5) che
dovrebbe, in via teorica, ridurre il rischio
di lesione contusiva cerebrale indotta
dallo spatolamento. La ricostruzione della
parete deiscente si può ottenere con frammenti di osso autologo e con la sovrapposizione di lembi liberi di fascia temporale
autologa (Figura 3). Per l’occlusione del
canale è stata utilizzata polvere d’osso o
frammenti di muscolo o fascia temporale
autologa (Figura 4).
I risultati funzionali del numero limitato di
pazienti sottoposti ad intervento di ricostruzione canalare recentemente esposti
da Minor (3): anche se non sono state
riportate complicanze, il miglioramento
soggettivo riguardo i sintomi vestibolari si
è registrato solo tardivamente (anche a
distanza di 1 anno). Più interessante, per
gli aspetti di tipo speculativo, è, invece, il
miglioramento della funzione uditiva registrato in un paziente affetto da DCSS nel
quale era presente un gap trasmissivo
significativo sui toni medio-gravi. Dopo la
procedura riparativa, è stato infatti possibile documentare un innalzamento della
soglia di conduzione per via aerea maggiore di 30 dB almeno per le frequenze di
250 e 500 Hz.
La procedura dell’occlusione canalare, per
contro, sembra essere gravata da una incidenza significativa di complicanze ma, in
compenso, sembra a questo punto garantire un migliore controllo dei sintomi.
Brantberg (4) riporta 1 caso di perdita neurosensoriale della funzione uditiva su due
casi trattati per via trans-mastoidea. In
entrambi i casi, si è comunque registrata
la remissione totale dei sintomi invalidan-
Figura 3. Procedura di ricostruzione della deiscenza
ossea del canale (Resurfacing).
Figura 4. Procedura di occlusione del CSS (Plugging).
Figura 2. A. Tecniche di riparazione chirurgica della
deiscenza del CSS. B.Tecnica di occlusione definitiva
del canale. C. Tecnica conservativa, di ricostruzione
di una deiscenza ossea limitata.
.
34
otoneurologia 2000
ti (fenomeno di Tullio e acufene pulsante)
e la normalizzazione dei VEMPs. Minor (3)
riporta 1 caso di perdita neurosensoriale
della funzione uditiva su 4 procedure effettuate in 3 pazienti (1 caso di revisione): il
controllo dei sintomi è stato totale in tutti
i casi. È intuitivo considerare che la procedura di occlusione canalare altera in
maniera irreversibile la funzionalità del
riflesso vestibolo-oculomotore da attivazione del CSS: ciò potrebbe introdurre un
certo grado di disequilibrio in aggiunta
alla condizione preoperatoria.
A tale proposito, comunque, è utile considerare che, molto probabilmente, la scelta
idonea tra quale delle due procedure utilizzare potrebbe derivare, oltre che dalla
tipologia e dall’entità dei sintomi, anche
dall’entità della deiscenza che, peraltro,
sembra almeno in parte giustificare la prevalenza o meno dei sintomi di tipo vestibolare. In linea di massima, una deiscenza
particolarmente limitata, potrebbe trovare
un più razionale trattamento nella procedura di ricostruzione, mentre una deiscenza particolarmente ampia, che dovrebbe
in via teorica aver già compromesso la
funzionalità del CSS per lo schiacciamento dello stesso ad opera delle strutture
sovrastanti (piatto durale), potrebbe essere più facilmente trattata con l’occlusione
definitiva del canale semicircolare.
Tra l’atteggiamento “attendista” e l’indicazione ad una terapia chirurgica che abbiamo definito “eziologica” c’è comunque
spazio per trattamenti minimamente invasivi in grado di attenuare la sintomatologia vertiginosa. Il primo di questi è l’applicazione di un drenaggio di ventilazione
trans-timpanico che, in virtù della bassa
morbilità, è stato anche considerato un
trattamento “di prima scelta”. Non è
comunque chiaro quale sia il meccanismo
attraverso il quale questo tipo di presidio
sia in grado di influire favorevolmente sui
sintomi. La documentazione di un miglioramento dei sintomi in seguito all’inser-
zione del drenaggio è stata infatti riportata da Minor, ma relativamente ad un caso
affetto da associata dispermeabilità tubarica (3). Molto probabilmente i fattori che
sono in grado di interferire in una qualche
misura sulla funzione trasmissiva dell’orecchio medio possono attenuare la sintomatologia vertiginosa.
Un’altra casistica operatoria è quella proposta nel 2005 da Mikulec et al (6), che
riportano 11 interventi di cui 10 con la tecnica del “plugging” e 1 con la tecnica del
“resurfarcing”. Quattro pazienti presentavano una deiscenza bilaterale e la scelta
dell’orecchio da operare era stata affidata
all’orecchio che più risultava disturbante o
con deiscenza più ampia. Ad oggi nessun
paziente, sia in questa casistica che in
quelle proposte da Minor, è stato sottoposto a chirurgia bilaterale.
Il completo recupero dei pazienti in questa
casistica variava da 1 a 7 settimane dopo la
chirurgia. In tutti i casi nei quali preoperativamente la manovra di Valsalva evocava
un pattern oculomotorio tipico dopo la chirurgia con la tecnica del “plugging” la
manovra semiologica non era più in grado
di evocare l’evidenza oculomotoria. Due
pazienti vedevano completamente risolta
la sintomatologia vertiginosa dopo la procedura chirurgica, 2 altri si sentivano nettamente meglio e la loro vertigine era
notevolmente migliorata. Un paziente
invece con una DCSS bilaterale che, prima
dell’intervento non riferiva instabilità,
post-operativamente riferisce la comparsa,
paradossalmente, del sintomo. L’autofonia
invece si risolve in tutti i pazienti. La perdita uditiva per via ossea presente in 5
pazienti prima dell’intervento migliora in 4
post. Non ci sono state serie complicanze
post-operatorie.
Anche nel caso della casistica di Mikulec
dunque, la tecnica di “plugging” sembra
la più affidabile e raccomandabile da proporre al paziente con DCSS.
35
LA SINDROME DA DEISCENZA DEL CSS
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otoneurologia 2000
otoneurologia 2000 | numero 26 | MARZO 2007
otoneurologia 2000 | numero 24 | LUGLIO 2006
SCREENING AUDIOLOGICO NEONATALE
Otoemissioni: cinque anni di esperienza
Domenico Tozzi1, Barbara Barresi1, Antonella Meli2, Cataldo Pellegrino3, Fiorella Panepinto4, Rosaria Maglio5
1Dirigenti
medici, UOS Pediatria; 2Specialista ORL volontaria, 3Direttore, UOC ORL; 4Responsabile,
audiometrista, Laboratorio di Audiologia
P.O. “S. Cimino”, Termini Imerese - ASL 6 Palermo
5Tecnica
Corrispondenza: e-mail: [email protected]
Ipoacusia neonatale:
le dimensioni del problema
Il deficit uditivo neonatale è una evenienza
abbastanza frequente, ad etiologia multipla
virale-batterica, tossica e prevalentemente
genetica (più del 50%), di entità variabile.
Sebbene siano stati raggiunti notevoli
successi nel campo della prevenzione primaria, nelle forme da ittero neonatale,
l’incompatibilità Rh, ototossicità da farmaci e alcune malattie infettive, la prevalenza della malattia è ancora del 1-2/mille
nella popolazione generale e del 3-4%
nella popolazione a rischio audiologico
elevato (Tabella 1).
La forma congenita medio-grave è quella
oggetto del nostro studio, poiché rappresenta l’handicap neurosensoriale che
determina problemi di entità variabile nel
campo del linguaggio: dalle semplici
dislalie al sordomutismo.
Nel periodo di “plasticità cerebrale” –
primi 3 anni di vita – si sviluppano complessi e articolati circuiti interneuronali.
L’input acustico periferico è indispensabile
per la corretta maturazione delle vie uditive centrali e permette l’acquisizione della
memoria uditiva e del linguaggio.
La perdita della capacità uditiva periferica
conduce ad una ridotta efficienza delle stazioni neurologiche tronco-encefaliche e
TABELLA 1. Fattori di rischio audiologico
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Familiarità per sordità neurosensoriale congenita
Infezioni congenite (CMV, Toxoplasmosi, Rosolia, Herpes ecc.)
Malformazioni cranio-facciali
Peso alla nascita < 1500 g
Ittero con bilirubinemia di almeno 20 mg/dl o che ha richiesto exanguinotrasfusione
Farmaci ototossici
Meningite batteriche
Ventilazione meccanica con durata > 4 giorni
Punteggio Apgar 0-4 al 1° minuto e 0-6 al 5° minuto
Sindromi/cromosopatie associate a deficit uditivo
37
.
38
otoneurologia 2000
delle aree corticali di elaborazione acustica,
che si traduce in una ridotta capacità di detezione, discriminazione, identificazione e riconoscimento del linguaggio parlato.
I problemi del linguaggio sono quindi direttamente correlati all’entità dell’ipoacusia e ai
tempi di deafferentazione neurosensoriale.
L’importanza della diagnosi
precoce e l’opportunita
dell’esame con otoemissioni
Gli obbiettivi che si pongono sono due: 1)
individuare, a prescindere dall’etiologia, i
soggetti portatori dell’handicap “mediograve” e 2) anticipare il più possibile il
momento diagnostico.
L’identificazione precoce dell’handicap
non è un obbiettivo nuovo. Nell’arco degli
anni sono state via via proposte, utilizzate e
poi abbandonate varie metodiche soggettive, poco affidabili per l’elevato numero di
falsi positivi e negativi. L’ultima di queste,
il BOEL test, non scevra da queste problematiche, è ancora largamente utilizzata.
L’unica metodica oggettiva disponibile da
tempo – es. ABR (potenziali evocati uditivi
del tronco) –, non è utilizzabile come strumento di I livello, in quanto troppo costosa (tempi di indagine lunghi e necessità di
personale specializzato). Questa indagine,
pertanto, è riservata ancora oggi ai soggetti
a rischio audiologico.
Con l’arrivo delle otoemissioni, metodica
oggettiva che analizza la funzionalità della
coclea, la sitiuazione è cambiata.
Le otoemissioni acustiche evocate sono dei
segnali acustici di tipo non lineare emesse
dalle cellule ciliate esterne della coclea.
Sono presenti nel 100% dei normoudenti,
già alla nascita, stabili e riproducibili,
assenti per ipoacusie superiori ai 40 dB.
Esistono due principali tipi di otoemissioni acustiche evocate: quelle evocate da
uno stimolo transitorio “TEOAE” e quelle
evocate da due toni puri di diversa inten-
sità e frequenza che generano emissioni
definite “prodotti di distorsione” DPOAE.
Grazie a questa metodica, il panorama dello
screening neonatale è totalmente cambiato:
oggi, infatti, sono sempre più numerosi gli
studi a carattere universale avviati.
A ridosso degli anni 2000, l’European
Consensus Statement on Neonatal
Hearing Screening 1998 (1) e l’American
Academy of Pediatrics 1999 (2) hanno
riportato in evidenza il problema della diagnosi precoce e del conseguente trattamento protesico riabilitativo.
L’obbiettivo attuale posto dall’associazione “AAP” pone come finalità la diagnosi
universale di ipoacusia entro i tre mesi di
vita e l’intervento più appropriato entro il
sesto mese di vita.
Nelle ultime raccomandazioni del Joint
Committee in Infant Hearing viene ribadita la necessità di instaurare programmi di
screening uditivo neonatale universale (3).
Nella primavera del 2000, la metà degli
stati degli USA aveva legiferato a favore di
programmi di screening universali neonatali dell’udito(4).
Altrettanto avveniva nel nostro continente.
In Italia solo la regione Liguria ha avviato
un progetto universale; la regione
Campania è sul punto di avviarlo.
Esistono poi numerosi programmi provinciali (es. Siena, Padova, ecc.) e ancora altri
studi sono stai avviati in vari ospedali
soprattutto del Centro-Nord.
La nostra esperienza
di screening audiologico
neonatale universale locale
La nostra esperienza è iniziata nel giugno
del 2000. Lo studio analizza i risultati di cinque anni di attività nel campo dello screening audiologico neonatale di I e II livello,
condotto in un ospedale periferico, con
apparecchio ad otoemissioni Echocheck,
STUDIO NEURORADIOLOGICO DELLE SINDROMI VERTIGINOSE
esame impedenzometrico e ABR.
L’indagine conferma la prevalenza della
patologia di 1-2/1000 e la possibilità di
formulare diagnosi precoci di ipoacusia
bilaterale e monolaterale.
L’esame, effettuato generalmente in
seconda giornata, è gravato da una rilevante percentuale di fail: 25% per monolaterali e bilaterali, 10% per i bilaterali. La
netta riduzione, 3% circa, nel controllo dei
fail ad un mese conferma la possibilità e il
vantaggio di utilizzare, come età filtro del
primo livello, la prima vaccinazione.
Questo lavoro, in attesa della legge che
regolarizzi l’intera materia, si prefigge
l’arduo compito di promuovere lo screening audiologico neonatale universale
locale, che prevede indagini di I livello
nei punti nascita o nei centri vaccinazione
territorialmente correlati con l’ospedale.
Questo elaborato rappresenta il bilancio
del lavoro svolto in questi anni e mette in
risalto luci e ombre di un’attività spesso
condizionata negativamente dal territorio
socio-economico-culturale.
Materiali e Metodi
Apparecchiature:
1. Echocheck della Othodinamics: apparecchio da screening ad TEOAE;
2. Impedenzometro dell’Amplaid
3. MK 22 dell’Amplaid
Metodi:
Campione: nati sani dell’ospedale.
Indagine articolata su 3 livelli:
• I livello: test–retest somministrato in 2a
giornata o prima della dimissione; controllo dei fail ad un mese;
• II livello: campione “fail al 2° controllo”;
timpanogramma; es. ABR;
• III livello: effettuato presso il laboratorio
di Audiologia del Policlinico di Palermo.
Personale:
L’indagine di I livello è stata effettuata dal
tecnico di Audiologia; il II livello dal dirigente medico ORL.
In circa 5 anni, dal 1 giugno 2000 al 31
marzo 2005, sono stati esaminati 1928
neonati sani dell’ospedale. La percentuale
dei falsi positivi al primo controllo, calcolata sul n° totale dei fail (mono- e bilaterali) è risultata piuttosto alta, intorno al 30%,
25% in media su tutto il periodo.
Se, tuttavia, si prendono in considerazione
solo i fail bilaterali, la percentuale scende al
10%. La percentuale dei fail al 2° controllo è
risultata sull’intero periodo del 3,4%.
La percentuale dei soggetti sfuggiti al 2°
controllo, calcolata su tutto il periodo, è
risultata in media del 13% per i monoaurali.
Per i binaurali, è risultata del 9% nel primo
periodo (anni 2000-2001) per ridursi, grazie alla comunicazione “diretta” ai genitori, all’1% nel secondo periodo (anni 2003 2005). I tentativi di azzerarla non hanno
sortito gli effetti sperati.
Dei 3 soggetti che nell’anno 2005 avevano
ricevuto comunicazione scritta circa il
sospetto di patologia uditiva medio-grave,
uno solo si è presentato al controllo.
I positivi al 2° controllo sono stati complessivamente 17, di cui 11 bilaterali e 6
monoaurali (Tabella 2).
Nel 2000, un caso binaurale: G.L.,
maschio, ha presentato assenza di risposta all’ABR bilateralmente in timpanogramma di tipo “A”.
La diagnosi di ipoacusia neurosensoriale bilaterale ad etiologia imprecisata posta al 2°
mese, è stata confermata al III livello; il
paziente successivamente è stato impiantato.
Nel 2001 un caso binaurale: S.M.L., femmina, ha mostrato timpanogramma di
tipo “A”, all’ABR lieve ipoacusia.
Nel 2002 dei tre casi binaurali: il primo,
E.O. ha mostrato echocheck (EK) e ABR
normalizzati al 6° mese; il secondo, M.S.
ha presentato lieve aumento di soglia
dell’ABR intorno a 75 dB s.p.l.; il terzo,
C.E., ha mostrato persistenza di EK assente ed ABR normale.
39
.
40
otoneurologia 2000
TABELLA 2. Screening audiologico neonatale di I e II livello (anni 2000-2005)
(Laboratorio di Audiologia, P.O. “S. Cimino”, Termini Imerese - ASL 6 PA)
I CONTROLLO
II CONTROLLO
Anno
Totale esami
Normali
Paz. Bilaterali Paz. Monaurali
2000
280
194
26
60
2001
403
274
54
75
2002
351
254
25
2003
390
289
34
2004
448
294
2005 (3 M)
96
60
% positivi
Paz. Attesi
Normali
Paz. Bilaterali
Paz. Monaurali
% positivi
Paz. Sfuggiti
30
86
65
1©
/
1
7+ (13)
32
129
94
1
1
3
12 + (20)
72
27
97
74
3
2
6
5 + (13)
67
25
101
80
1 + 1°
2
5
1 + (16)
57
97
30
154
136
2© + 2(I/S
1(I)
2
1 + (10)
13
23
36
27
/
3
3 + (3)
Legenda: © = Patologia confermata al III livello. ° = Test normalizzato nel 2004. I = Diagnosi in itinere.
S = paziente sfuggito. ( ) = Pazienti monaurali sfuggiti.
Nel 2003 dei due casi binaurali: uno ha
mostrato lieve aumento di soglia dell’ABR
intorno agli 80 dB s.p.l.; l’altro si è normalizzato nel 2004.
Nel 2004 dei tre casi positivi binaurali: il
primo, C.C. si è rivolto direttamente al III
livello, con conferma dell’ipoacusia; il
secondo, S.H. ha completato l’indagine di
II livello nel mese di gennanio del 2005
con positività del’ABR, che ha mostrato
risposta assente a destra e soglia aumentata a sinistra intorno ai 100 dB s.p.l. – il III
livello ha confermato la diagnosi; il terzo,
C.G. (fratello di C.E.) ha presentato la stessa performance.
Dei sei casimonoaurali, solo due hanno
effettuato l’indagine di II livello, impedenzometrico e ABR con riscontro di lieve
aumento di soglia all’ABR.
In uno dei pazienti è stata suggerita, per la
presenza di familiarità dubbia, indagine
genetica risultata negativa.
Discussione/Osservazioni
Due sono gli aspetti che analizzeremo:
quello clinico e quello organizzativo.
Sotto il profilo clinico, il riscontro di 3
casi gravi/2000 sostanzialmente conferma
la prevalenza della patologia. L’esperienza,
pur non avendo un taglio epidemiologico, è
interessante perché riguarda la valutazione
su un campione di soggetti normali.
In effetti, mancando in ospedale il reparto
di Neonatologia, tutti i pazienti a rischio
sono stati trasferiti nei reparti UTIN del
capoluogo.
Come si evince dalla tabella 3, la maggior
parte dei pazienti trasferiti all’UTIN non si
sono presentati allo screening.
Le otoemissioni, una risorsa diagnostica
nuova, consentono di formulare diagnosi
di ipoacusia monolaterale congenita.
In due pazienti, l’indagine ABR ha confermato il dato; l’indagine genetica effettuata
nel paziente con dubbio di familiarità è
risultata negativa.
Di rilievo particolare è il caso dei due fratelli, C.E e C.G, a EK assente e ABR normale, in
sospetta familiarità (madre e nonno materno); l’indagine genetica effettuata sulla
madre per la connessina 26 ha dato esito
negativo. Solo il controllo longitudinale
potrà verosimilmente chiarire il quadro.
Sotto il profilo organizzativo, l’analisi
evidenzia e conferma punti di criticità clinico-organizzativa: falsi positivi, pazienti
che sfuggono al 2° controllo, difficoltà ad
attivare centri territoriali di I livello.
41
STUDIO NEURORADIOLOGICO DELLE SINDROMI VERTIGINOSE
TABELLA 3. Screening audiologico neonatale (anni 2001-2004)
(Laboratorio di Audiologia, P.O. “S. Cimino”, Termini Imerese - ASL 6 PA)
2001
2002
2003
2004
Nati distretto
789
657
533
688
Nati ospedale
436
382
403
471
Nati osp. prov. altro distretto
63
49
70
69
Nati screenati
403
351
390
448
Nati morti
4
Nati non esaminati
19
Provenienti dalla neonatologia
10
1
8
4
Nati trasferiti in neonatologia
16
31
19
27
Per quanto riguarda il primo e secondo
punto, il riscontro di una netta riduzione
dei fail al 2° controllo suggerirebbe di
effettuare l’esame di I livello ad un mese
di vita, con l’ulteriore vantaggio di poter
ridurre l’ansia che, in caso di riscontro di
positività, l’indagine accende nei genitori.
Utilizzare il filtro della prima vaccinazione,
posto al 2° mese di vita, potrebbe rappresentare un buon compromesso, per ridurre
sia il numero dei falsi positivi che il numero
dei pazienti che sfuggono al 2° controllo.
Per quanto riguarda il terzo punto, i nati
dell’ospedale rappresentano circa il 50%
dei nati del distretto; l’apertura al territorio
dell’indagine, avvenuta nel gennaio del
2001, comunicata attraverso gli organi
ufficiali, non ha sortito gli effetti auspicati.
Hanno usufruito dell’opportunità meno di
100 pazienti per anno e, quel che sembra
paradossale, la maggior parte provenienti
da altri distretti, soprattutto dall’ospedale
di Corleone, territorialmente lontano.
A poco sono serviti gli incontri “sull’argomento” organizzati, in collaborazione con
il reparto di Pediatria dell’ospedale, con i
pediatri di base.
Non sono mancati fra l’altro, pur su un campione ridotto (circa 400 casi in 4 anni), riscontri di positività, per citare solo i due pazienti
con deficit uditivo grave, uno ad etiologia
familiare l’altro da prematurità (Tabella 4).
30
2
1
11
23
Conclusioni
Il panorama, in attesa di interventi legislativi che rendano obbligatorio lo screening,
è sconfortante. L’analisi ha documentato
che solo il 50% dei nati di questo distretto
viene sottoposta ad indagine, l’altro 50%,
pur potendo beneficiare di questa opportunità, non ne usufruisce per la mancanza
di indicazioni aggiornate in materia da
parte degli organismi preposti.
Un caso clinico venuto recentemente alla
nostra osservazione è al riguardo molto
indicativo.
Alcuni mesi fa un bimbo del nostro territorio è venuto a visita ambulatoriale per
ipoacusia. Il piccolo è nato nel dicembre
del 2002 in un altro ospedale, per blocco
temporaneo del nostro centro nascita. Il
primo rilievo audiologico, con riscontro di
sordità profonda, è stato effettuato nel
2005 presso il Policlinico di Palermo!
In altre realtà, ad altre latitudini, sono i
centri di riferimento regionali o provinciali ad attivare programmi organici volti alla
organizzazione del servizio.
In mancanza di un piano provinciale, è
opportuno attivare un piano “locale” volto
al miglioramento della efficacia del II livello.
Questo richiede l’individuazione di centri di
vaccinazione territorialmente correlati con
l’ospedale, l’attivazione d’indagini di I livello utilizzando “apparecchi da screening ad
otoemissioni” (costo: circa 6000 euro).
.
42
otoneurologia 2000
TABELLA 4. Esperienza territoriale (anni 2001-2004)
(Laboratorio di Audiologia, P.O. “S. Cimino”, Termini Imerese - ASL 6 PA)
Anno
Totale esami
Normali
Paz. Bilaterali
Paz. Monaurali
% positivi
2001
84
77
5
2
7
2002
97
80
1# + 9
6
16
2003
60
57
1
2
5
2004
68
64
0
4
17
2005
3
3
0
0
Legenda: # = Patologia confermata al III livello.
NB: L’elevata percentuale di falsi positivi è solo apparente ed è legata alla presenza di un significativo
numero di bambini fuori età con problematiche da orecchio medio.
I tentativi effettuati finora per cercare di
sensibilizzare i capi distretto limitrofi
sono, tuttavia, risultati scoraggianti. Non
si è andati al di là purtroppo della esclamazione:“È senz’altro una iniziativa molto
interessante”.
Unico segnale positivo è giunto recentemente dai colleghi della Pediatria dell’ospedale di Cefalù, che hanno chiesto informazioni per l’attivazione del I livello dello
screening e la nostra disponibilità ad effettuare il II livello.
Per concludere, si può dire che l’esperienza maturata è risultata proficua sotto il
profilo clinico con il raggiungimento del
primo obbiettivo di “screenare i nati dell’ospedale” e dei risultati; poco proficua
sotto il profilo organizzativo dell’interazione con il territorio.
Il raggiungimento dell’altro obbiettivo –
“attivazione dell’indagine di I livello nei
centri di vaccinazione dei distretti limitrofi” – sembra al momento irraggiungibile.
Si spera che la divulgazione dei risultati di
questa esperienza possa dare i suoi frutti e
contribuire al dissolvimento delle barriere
che si frappongono al conseguimento
degli obbiettivi.
Bibliografia
1. Grandori F. Lutman ME. European Consensus
Statement on Neonatal Hearing Screening. Int J
Pediatr Otorhinolaryngol 1999; 44:309-10.
2. American Academy of Pediatrics. Newborn
and infant hearing loss: detection and inter-
vention. Pediatrics 1999; 103:527-30.
3. Martini A, Trevisi P. L’ipoacusia infantile: diagnosi precoce ed intervento precoce.
Otoneurologia 2000, Febbraio 2000;2:14.
4. Quaderni ACP On Line.Volume 8, n° 8.