il Gatto Di Schrodinger
NUMERO 08 - DICEMBRE 2014
il
G iornale
di
D ivulgazione S cientifica
del GDS
Enrico Fermi e
le Dolomiti
GEOLOGIA
INFORMATICA
L’Arenaria Glaucolitica
di Belluno
Machine Learning
e Reti Neurali
Editoriale
Quante novità con questo numero! Tutte di importanza rilevante, tra l’altro.
Cominciamo con la prima, sicuramente la più visibile: il Gatto di Schrödinger
ha un nuovo vestito. Già una modifica era stata apportata dopo la sua nascita,
ma questa è veramente radicale: un cambio generazionale, più dinamica, più
colorata, più brillante, più lucente. I complimenti vanno al nostro consigliere
Alex.
In questo numero ci sono forse meno articoli del solito, tuttavia credo che
questa “deficienza” sia a pieni voti ricompensata da questa nuova veste che ha
richiesto molto tempo per la sua elaborazione, con un ciclo bozza-revisione
che si è iterato a lungo. E sicuramente da qui in avanti migliorie possibili ne
emergeranno ancora.
Degno di nota, per vari motivi, è l’articolo del nostro amico prof. Alessandro
De Angelis su Enrico Fermi e le Dolomiti.Qualche lettore ricorderà che durante
il Dolomiti in Scienza 2012 il professore relazionò su “Fisici in Dolomiti”, con
particolare riguardo a Enrico Fermi. Questo articolo ripercorre in parte quel
seminario ed è la traduzione in italiano (a cura dell’autore stesso) di “Enrico
Fermi and the Dolomites”, articolo a cura di De Angelis e Giovanni Battimelli
della “Sapienza” di Roma, pubblicato, nientemeno, sulla Cornell University
Library (http://arxiv.org/abs/1407.3898). L’articolonasce come proceedings alla
conferenza “Cosmic ray origin: beyond the standardmodels”, tenutasi a San
Vito di Cadore lo scorso marzo. A questo articolo è legata la seconda novità: il
prof. De Angelis è diventato direttore di ricerca dell’Istituto Nazionale di Fisica
Nucleare di Padova, trasferendosi quindi nella nuova sede da Udine. Il GDS è
ovviamente orgoglioso di annoverarlo tra i suoi amici e collaboratori.
Il lettore potrà poi tuffarsi nella geologia con l’articolo del nostro consigliere e
segretario Manolo Piat sull’Arenaria Glauconitica di Belluno, una formazione che
presenta delle unicità non solo scientifiche, ma anche storiche; non voglio rivelare
altro, non vorrei mai rubarvi il piacere della scoperta della conoscenza scientifica!
Il terzo articolo proposto dal nostro consigliere Giovanni Pellegrini parla di
reti neurali e delle loro sorprendenti applicazioni nel campo dell’apprendimento
automatico dei moderni calcolatori.
Se, come detto, ci sono meno articoli del solito, le rubriche sono più nutrite di
informazioni. Circa le curiosità numeriche, essendo questo l’ottavo numero della
rivista, si parla delle particolarità scientifiche legate al numero otto. “Gocce di
Scienza” riporta alcune curiosità sul nostro scrittore Dino Buzzati, sulla Relatività
Generale e tanto altro. In “Grandi della Scienza” invece si parla di uno dei padri
della meccanica quantistica, Max Born.
Chiudo questo editoriale con la terza novità, la newsletter del nostro Gruppo.
Chiunque voglia essere aggiornato sulle nostre attività può iscriversi tramite il
nostro sito, grazie al prezioso lavoro del nostro consigliere Paolo.
Il Presidente GDS
Dott. Fabiano Nart
2 - il Gatto Di Schrödinger
Indice
Curiosità sul Numero 8
4
Gocce di Scienza
6
Enrico Fermi e le Dolomiti
8
L’Arenaria Glauconitica di Belluno
14
Machine Learning e Reti Neurali
24
Grandi della Scienza: Max Born
26
NUMERO 08 - DICEMBRE 2014 -
3
Curiosità sul Numero 8
Con questo numero il “Gatto di Schrödinger” giunge a quota 8: ecco allora alcune curiosità scientifiche inerenti questo
numero.
In matematica, 8 è un numero composto, cioè non primo: è infatti il cubo di 2, e i suoi divisori sono 1, 2 e 4. Dato
che la somma dei divisori, 1+2+4=7, è minore del numero stesso, i matematici lo definiscono numero difettivo. È anche
un numero di Fibonacci: infatti 1+1=2, 1+2=3, 2+3=5, e 3+5=8. È pure la somma di due quadrati: 22 + 22, ed è uguale
alla somma delle cifre del suo cubo: 83 = 512, 5+1+2 = 8. È un numero idoneo, in quanto non può essere espresso nella
forma ab+bc+ac, dove a, b e c sono interi positivi distinti. Eulero e Gauss determinarono 65 numeri idonei, il più grande
dei quali è il 1848: se l’ipotesi generalizzata di Riemann è vera, non esistono altri numeri idonei. È la base del sistema di
numerazione ottale, di particolare importanza in informatica: ogni cifra ottale corrisponde a 3 bit, cioè a 3 cifre binarie. Un
byte, invece, è un gruppo di 8 bit, anche chiamato ottetto.
Un ottagono è un poligono con 8 lati, mentre un ottaedro è un poliedro con 8 facce.
Il simbolo dell’infinito ∞, utilizzato per la prima volta nel 1655 da John
Wallis, assomiglia a un “otto sdraiato”, ma in realtà non ha a che vedere con il
numero 8: secondo alcuni potrebbe essere stato scelto per la sua somiglianza con
l’ultima lettera dell’alfabeto greco, w, oppure con il fatto che è costituito da una
linea senza fine, o ancora come trasformazione della lettera M, che anticamente
veniva utilizzata con il significato di numero grandissimo.
In astronomia, otto sono i pianeti del Sistema Solare: Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano,
Nettuno. Plutone, che un tempo veniva considerato il nono pianeta, è stato declassato nel 2006 a “pianeta nano”
dall’Unione Astronomica Internazionale.
4 - il Gatto Di Schrödinger
8 oremuN lus àtisoiruC
Curiosità sul Numero 8
In mineralogia, un cristallo disfenoide è limitato da otto triangoli scaleni disposti a coppie. Nel sistema cristallino
tetragonale, un prisma ditetragonale ha otto facce simili: solo gli angoli interfacciali alterni sono uguali.
In chimica, 8 è il numero atomico dell’ossigeno. Otto sono le forme allotropiche del carbonio, le più note delle quali
sono la grafite e il diamante. 8 sono gli elettroni di valenza che, secondo la regola dell’ottetto, possono trovare posto in un
atomo.
In zoologia, tutti i ragni, e in generale tutti gli aracnidi, hanno otto zampe. Tutte le specie di polpi possiedono otto
braccia, meglio chiamate tentacoli. Nella dentizione dell’uomo adulto ci sono otto denti in ogni quadrante: l’ottavo dente è
chiamato “dente del giudizio”. Nell’uomo vi sono otto nervi cervicali a sinistra e altrettanti a destra.
In fisica nucleare, 8 è uno dei “numeri magici” di nucleoni (protoni o neutroni)
che rendono particolarmente stabile il nucleo atomico perché nell’attuale modello
“a shell” i nucleoni sono sistemati in livelli completi all’interno del nucleo atomico.
La “via dell’ottetto” è una teoria proposta dal fisico americano Murray GellMann (e indipendentemente anche dal fisico israeliano Yuval Ne’eman) e relativa
all’organizzazione delle particelle subatomiche barioni e mesoni in “ottetti”. Il nome di
questa teoria è la versione italiana del termine inglese “eightfold way”, che si ricollega al
“nobile ottuplice sentiero” del buddhismo.
Murray Gell-Mann, premio Nobel 1969. Foto:
Copyright © The Nobel Foundation.
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Gocce Di Scienza
Paolo Alessandrini (GDS)
“In una società impregnata di tecnologia come la nostra, ma sempre più assediata
da nuovi profeti, impeti di irrazionalità e falsa ricerca del meraviglioso, allontanarsi
dalla scienza o permettere che venga demonizzata, significa in realtà consegnarci ai
veri demoni: l’irrazionalità, la superstizione, il pregiudizio, ed entrare in un’epoca
di nuovo oscurantismo”. (Carl Sagan)
Tra il 1958 e il 1971 il grande scrittore,
pittore e giornalista bellunese Dino Buzzati
(a lato, foto da Wikipedia) affidò ad una
lunga serie di articoli per il “Corriere della
Sera” il suo personalissimo resoconto della
storia delle imprese spaziali, e in particolare
della conquista americana della Luna.
Secondo Buzzati la conquista dello spazio
rappresenta la sfida più alta e poetica che
l’uomo possa intraprendere, anche a dispetto
del suo elevato costo economico: “Troviamo
forse stolto che gli Stati spendano centinaia
di miliardi in esperimenti di nessuna utilità
pratica? Al contrario. Fra le poche cose davvero
consolanti del nostro mondo sono proprio queste
spese pazzesche, che denotano la sopravvivenza di una salutare fantasia e dell’amore
per il gioco (e noi di cuore ci auguriamo che tanti sforzi e invenzioni e soldi non
diano mai il minimo pratico frutto; guai se per esempio sulla Luna si trovassero dei
giacimenti di petrolio, di uranio o di altra pestilenza, tutto sarebbe ignobilmente
rovinato). E ci sembra bellissimo che i governi, invece di costruire dighe, strade,
scuole o altri manufatti di deprimente inutilità, sperperino fiumi di dollari e di
rubli in divertenti quanto difficili trastulli” (“Se si scoprisse che la Luna è molto più
lontana del previsto”, dal “Corriere della Sera” del 17 ottobre 1958).
La Teoria Generale della Relatività, sviluppata da Einstein, è una teoria in
grado di fornire una spiegazione completa della forza di gravità; in maniera
abbastanza sorprendente questa forza si lega alla geometria dello spaziotempo
che ci circonda, ovvero si manifesta attraverso proprietà geometriche dello
spaziotempo. Sinteticamente, ed in maniera molto efficace, possiamo affermare
che, usando le parole di John Archibald Wheeler, “la materia dice allo
spaziotempo come curvarsi, lo spaziotempo dice alla materia come muoversi”. In
altre parole, la distribuzione di materia, sorgente della forza di gravità, incurva
lo spaziotempo, lo flette, lo piega come se fosse un sottile tessuto che ci avvolge.
Tuttavia lo spaziotempo è il luogo dove ci si muove e quindi la curvatura dello
spaziotempo influisce sul movimento della materia. Per esempio, un raggio
luminoso che passa vicino al Sole risente della curvatura dello spaziotempo
prodotta dalla nostra stella ed in tal modo non viaggia in linea retta bensì
seguendo una traiettoria curvilinea, ovvero avviene una deflessione dei raggi
luminosi. Lo spaziotempo non è più un contenitore inerte dei fenomeni
fisici, ma risponde dinamicamente alla presenza di materia influenzandone il
movimento.
6 - il Gatto Di Schrödinger
Gocce di Scienza
Gocce Di Scienza
Paolo Alessandrini (GDS)
“Il genio è per l’1% ispirazione e per il 99% sudore”. (Thomas Alva Edison)
Ramanujan Srinivasa Aaiyangar è stato un geniale matematico indiano, nato
nel 1887 e morto a soli 33 anni nel 1920. La sua collaborazione con Godfrey
Harold Hardy rappresenta uno dei capitoli più importanti della matematica
del Novecento. Già bambino prodigio, aveva imparato la matematica da solo,
producendo risultati originali di grande rilevanza. La sua abilità nei calcoli a
mente era prodigiosa. Un giorno, Hardy andò a trovare all’ospedale Ramanujan,
malato di tubercolosi, e gli disse: “Oggi ho preso il taxi n. 1729: un numero
alquanto banale”. Ma Ramanujan ribattè: “No, Hardy! Al contrario è un numero
molto interessante: è il più piccolo intero esprimibile come somma di due cubi in due
diversi modi: 1729 = 103 + 93, 1729 = 123 + 13”.
Nel 1978 Arno Penzias e Robert Wilson vinsero il premio Nobel “”. Nel
1964 Penzias e Wilson lavoravano, per conto della Bell, allo sviluppo di una
nuova antenna; ben presto si accorsero della presenza di un fastidioso rumore
di fondo, indipendentemente dall’orientazione dell’antenna. Quel rumore di
fondo così anomalo non era un disturbo casuale, bensì il segnale della presenza
di una radiazione elettromagnetica di fondo che permeava tutto lo spazio.
Questa radiazione fu studiata ed è caratterizzata da frequenze nella banda
delle microonde e temperature di circa 270°C sottozero; la sua scoperta fu
un’eccezionale conferma di alcuni modelli teorici sviluppati negli anni ’40 da
George Gamow, Ralph Alpher e Robert Hermann, modelli cosmologici che
prevedono la presenza di un Big Bang. Ad oggi la radiazione cosmica di fondo
è una delle più forti prove sperimentali del Big Bang e viene ancora studiata per
capire l’origine dell’Universo e delle galassie.
Arno Penzias (a sinistra) e Robert Wilson (a destra). Foto: Copyright © The Nobel
Foundation.
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FISICA
Enrico Fermi e
le Dolomiti
Alessandro De Angelis (Università di Padova e INFN) e Giovanni Battimelli (Università di Roma “La Sapienza”)
Le vacanze estive nelle Dolomiti furono a lungo una tradizione tra i professori della Facoltà
di Scienze Matematiche e Fisiche dell'Università di Roma. Scienziati come Tullio LeviCivita, Federigo Enriques e Ugo Amaldi senior usavano riunirsi con le loro famiglie, amici
e colleghi a Cortina, San Vito di Cadore, Dobbiaco, Vigo di Fassa e Selva di Val Gardena,
unendo le passeggiate alle discussioni scientifiche. Questa consuetudine, trasmessa alle
generazioni successive, fu seguita dal gruppo di via Panisperna: Edoardo Amaldi, figlio del
matematico Ugo senior, affittava ogni anno una casa nella zona; in almeno due estati, nel
1925 e nel 1949, e nell'inverno del 1960, a San Vito di Cadore. Enrico Fermi era spesso
suo ospite. Molti progressi importanti della fisica moderna, in particolare lo sviluppo della
statistica di Fermi-Dirac e la teoria di Fermi del decadimento beta, sono anche conseguenza
delle discussioni scientifiche tenutesi nella regione dolomitica.
Tra la fine del XIX secolo e gli anni ‘50 del XX secolo
le Dolomiti furono una tradizionale meta di vacanza per
i matematici e i fisici dell’Università di Roma insieme alle
loro famiglie. La tradizione iniziò grazie a una piccola
comunità di matematici, tra i quali Tullio Levi Civita
(1873 - 1941), Federigo Enriques (1871 - 1946), Guido
Castelnuovo (1865 - 1952) e Ugo Amaldi senior (1875
- 1957). Tra le mete abituali c’erano Cortina d’Ampezzo,
Dobbiaco, San Vito di Cadore, Selva di Val Gardena e Vigo
di Fassa. In questi luoghi gli scienziati e le loro famiglie
amavano unire le passeggiate con le discussioni scientifiche
e questa tradizione fu trasmessa alle generazioni successive
di scienziati, che aggiunsero alla predilezione dei padri per i
lunghi soggiorni in montagna la passione per gli sport.
quella di direttore generale) nella fase iniziale del CERN di
Ginevra, affittò quasi ogni anno una casa per le vacanze nelle
Dolomiti, e durante almeno due estati, quelle del 1925 e del
1949, e nell’inverno del 1960, si trovò a San Vito di Cadore.
Il gruppo di via Panisperna seguì questa tradizione.
Edoardo Amaldi (1908 - 1989), figlio del matematico
Ugo e Segretario Generale (carica allora equivalente a
Nell’estate del 1925 il giovane Edoardo Amaldi trascorse
diversi giorni nelle Dolomiti in compagnia di Enrico
8 - il Gatto Di Schrödinger
Enrico Fermi (1901 - 1954) fu spesso suo ospite e ancora
oggi si ricorda la sua presenza. Negli anni ‘20 fu ospite a San
Vito di Teresina Menegus “Ruseco”; in seguito affittò una
casa a Cortina e nel 1925 tornò a San Vito per incontrare
la famiglia Amaldi, che affittava una parte della casa di
Giovanni Battista, altro membro della famiglia Menegus.
Secondo la memoria degli abitanti si poteva sentire “tutte
le sante notti” il rumore delle calcolatrici meccaniche a
manovella. Fu anche ospite della famiglia “Sorpiero” in Via
della Difesa a San Vito.
FISICA
A sinistra, San Vito di Cadore negli anni
‘20 dello scorso secolo. Sotto, San Vito di
Cadore intorno al 1950.
Fermi, all’epoca professore incaricato
di meccanica razionale a Firenze.
Percorsero insieme la regione in
bicicletta e nacquero così una profonda
amicizia e l’interesse di Edoardo per la
fisica. Quell’estate non fu solamente
l’inizio di una nuova amicizia, ma
diede anche ispirazione a un articolo
che cambiò la storia della fisica.
Nel 1925 Wolfgang Pauli (19001958) aveva annunciato il suo famoso
“principio di esclusione” . Fermi aveva
invitato nelle Dolomiti l’amico Ralph
Kronig (1904 - 1995), un giovane
e brillante fisico che aveva appena
concluso la sua tesi di dottorato.
Nel gennaio di quell’anno, Kronig
per primo propose il concetto di
“spin” (una proprietà intrinseca affine
alla rotazione) dell’elettrone, dopo
aver ascoltato le teorie di Pauli in
un seminario a Tubinga; ma questa
idea fu all’inizio respinta dagli stessi
Heisenberg e Pauli. Discutendo con
Kronig, Fermi abbozzò un articolo
nel quale si applicava il principio di
Pauli a un gas ideale, utilizzando una
formulazione statistica oggi conosciuta
come “statistica di Fermi-Dirac”.
Una visita di Fermi a Cortina e in
Val Gardena è riportata anche nel
1926, anno in cui gli fu assegnata la
cattedra di fisica teorica a Roma.
Le vacanze nelle Dolomiti e l’attività
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FISICA
APPROFONDIMENTO
scientifica continuarono a fondersi. Nel
1933 Fermi concepì la sua teoria del
decadimento beta, che fu pubblicata
all’inizio del 1934. Emilio Segrè (1905
- 1989) ricorda come Fermi spiegasse le
idee di base della teoria in una camera
d’albergo in Val Gardena, nelle pause
tra una sciata e l’altra.
Il principio di esclusione di Pauli è una pietra miliare della meccanica
quantistica; afferma che non possono esistere due elettroni identici in natura.
Una conseguenza è che un sistema di molti elettroni ha proprietà particolari,
descritte dalla cosiddetta “Statistica di Fermi-Dirac”. La statistica di FermiDirac è alla base dell’elettronica moderna.
Fermi amava l’esercizio fisico e
le escursioni in montagna, pur non
essendo un alpinista esperto, come
ricorda il fisico Franco Rasetti (1901 2001): «Fermi non era un alpinista. Era
molto robusto, forte e resistente, ma aveva
paura dei pendii ripidi. Tutto ciò che era
ripido lo spaventava. Poteva camminare
trenta o quaranta chilometri al giorno, o
percorrere lunghe distanze in bicicletta.
Amava le montagne, non le scalate».
Ogni secondo arriva su ogni centimetro quadrato della Terra una particella
di origine extraterrestre: sono i raggi cosmici, scoperti contemporaneamente
fra il 1911 e il 1912 dall’italiano Pacini e dall’austriaco Hess. I raggi cosmici
possono avere energie molto alte (miliardi di volte più delle energie che
riusciamo a produrre sulla Terra con il più potente acceleratore, l’LHC del
CERN); il meccanismo con cui gli acceleratori extraterrestri riescono a
generare queste energie, impossibili per noi umani, fu scoperto da Fermi.
Nel 1938 Fermi trascorse per
l’ultima volta prima dell’inizio della
seconda guerra mondiale le sue
vacanze estive nelle Dolomiti insieme
ai suoi amici e colleghi. All’inizio di
settembre, a San Martino di Castrozza,
li raggiunse la notizia delle prime leggi
antisemite emanate dal governo fascista
dopo la pubblicazione del famigerato
“Manifesto della razza”. Le leggi razziali
indussero Fermi a lasciare il paese,
anche perché sua moglie Laura era di
origine ebraica. Alla fine del 1938 gli
fu conferito il premio Nobel: partì con
la sua famiglia alla volta di Stoccolma,
e da lì si trasferì direttamente negli
Stati Uniti. Non sarebbe tornato in
Italia (e nelle Dolomiti) per oltre dieci
anni.
Fu proprio negli Stati Uniti che
Fermi concepì il famoso “meccanismo
di accelerazione del secondo ordine”
(1949), che fornisce per la prima volta
una spiegazione della formazione dei
raggi cosmici. Fermi ritornò in Italia
nel 1949 per esporlo alla Conferenza
Internazionale sui raggi cosmici a
Como, presentando il suo nuovo
articolo “Una teoria sull’accelerazione
dei raggi cosmici”. In quell’occasione
fece visita al sito di uno dei primi
laboratori per lo studio dei raggi
cosmici, costruito sopra Cervinia nel
10 - il Gatto Di Schrödinger
La teoria del decadimento beta di Fermi spiega il meccanismo con cui
avvengono i fenomeni di fusione nucleare nel Sole e quindi il modo in cui la
nostra stella genera l’energia che rende possibile la vita sulla Terra.
1947 dai fisici italiani al Plateau Rosa,
ad un’altitudine di 3500 metri sul
livello del mare.
In seguito, nel 1954, poco prima
della sua morte, Fermi visitò ancora
una volta le Dolomiti. Dopo aver
partecipato alla scuola estiva di
fisica a Les Houches nell’alta Savoia
francese (dove non perse l’occasione
di farsi trasportare in teleferica al
Laboratorio di Raggi Cosmici del
Col du Midi) e dopo aver visitato la
scuola di Varenna, dove tenne brillanti
lezioni, trascorse un po’ di tempo
insieme alla famiglia Amaldi in Val
di Fassa. In quest’occasione visitò
il Laboratorio dei Raggi Cosmici al
passo Fedaia, costruito agli inizi degli
anni ‘50 dall’Università di Padova
sotto la diga che raccoglie l’acqua
del ghiacciaio della Marmolada per
alimentare un impianto elettrico.
Grazie alla disponibilità di energia
elettrica, l’elettromagnete progettato
dall’ingegner Giovanni Someda (19011978) poteva essere utilizzato per
separare le particelle con differenti
cariche elettriche. Il laboratorio era
stato in parte attrezzato con strumenti
costruiti dal fisico Bruno Rossi (19051993) e fu visitato anche dai premi
Nobel Patrick Blackett (1897 - 1974) e
Cecil Powell (1903 - 1969). L’edificio
Nel 1938 Fermi trascorse
per l’ultima volta prima
dell’inizio della seconda
guerra mondiale le sue
vacanze estive nelle
Dolomiti insieme ai suoi
amici e colleghi.
FISICA
Estate 1926: Fermi
(a sinistra) ed
Edoardo Amaldi
(a destra) durante
un’escursione.
Sotto: Enrico Fermi ed Edoardo Amaldi
giocano a bocce a San Martino di
Castrozza, 1938.
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FISICA
Le famiglie Fermi ed
Amaldi a Pera di Fassa nel
1954; la fotografia è stata
scattata da Enrico Persico
(1900-1969).
Enrico Fermi in arrampicata
sulle Dolomiti.
12 - il Gatto Di Schrödinger
FISICA
Il laboratorio dei
raggi cosmici al
Passo Fedaia, sotto
la Marmolada.
esiste ancora e lo si può vedere dal
rifugio del Fedaia.
Si ringraziano Ugo Amaldi, Adele La
Rana e Barbara De Lotto per la revisione
del documento. Grazie a Francesco
Pordon per le informazioni orali e per
la sua gentile ospitalità a San Vito di
Cadore.
In seguito, nel 1954, poco prima della sua morte,
Fermi visitò ancora una volta le Dolomiti. In
quest’occasione visitò il Laboratorio dei Raggi
Cosmici al passo Fedaia, costruito agli inizi degli
anni ‘50 dall’Università di Padova sotto la diga che
raccoglie l’acqua del ghiacciaio della Marmolada.
BIBLIOGRAFIA
[1] BATTIMELLI, G., 2003, in “L’eredita` di Fermi”. Editori Riuniti, Roma, 36-53.
[2] BATTIMELLI, G., 2004. “Gli alpinisti di via Panisperna”, in Salvadori, M., “Addio alle crode”. Vivalda, Torino.
[3a] DE LOTTO, M.T., comunicazione privata.
[3b] PORDON, F., comunicazione privata.
[4] FERMI, E., 1926, “Sulla quantizzazione del gas perfetto monoatomico”. Rendiconti Lincei, 3, 145.
[5] FERMI, E., 1934, “Tentativo di una teoria dei raggi beta”. Nuovo Cimento, II, 1.
[6] SEGRE`, E.,1970, “Enrico Fermi, physicist”. The University of Chicago Press, Chicago, 72.
[7] GOODSTEIN, J., 2001, “A Conversation with Franco Rasetti”, Physics in Perspective, 3, 271-313.
[8] FERMI, E., 1949, “Rendiconto della seconda conferenza internazionale sui raggi cosmici”, Como, Italia.
[9] GLAUBER, R., 2002, “An Excursion with EnricoFermi, 14 July 1954”. Physics Today, June, 44.
[10] DE ANGELIS, A., 2012, “La capanna dei fisici in Marmolada”. Il Gatto di Schrödinger, 4, 13-17.
http://www.gdsdolomiti.org
[11] DE ANGELIS, A., 2012, “L’enigma dei raggi cosmici”. Springer, Milano.
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GEOLOGIA
L’Arenaria Glauconitica
di Belluno
Manolo Piat (GDS)
Quando si parla di geologia, le Dolomiti rivestono un ruolo da protagonista; le formazioni
che qui affiorano, infatti, non soltanto hanno caratterizzato il paesaggio unico al mondo
di queste montagne, ma hanno anche fornito, fin dalla seconda metà del XIX secolo,
fondamentali informazioni per ricostruire la storia della Terra.
Tuttavia, per poter comprendere e studiare cosa avvenne negli ultimi 25 milioni di anni
nella nostra regione, è necessario abbandonare i Monti Pallidi e scendere in Valbelluna; qui
il paesaggio diviene sicuramente meno fiabesco, ma l’occhio attento del geologo riuscirà
a scorgere e riconoscere la presenza di una spessa successione sedimentaria, costituita
dall’accumulo di sabbie e fanghi derivati dallo smantellamento della catena dolomitica
in fase di sollevamento, nota come Molassa. Alla base di questa serie troviamo l’Arenaria
Glauconitica di Belluno.
La successione di rocce sedimentarie deposta al tetto
del Flysch di Belluno è nota in letteratura geologica come
Successione Molassica o più semplicemente “Molassa”
(molassa = pietra da mola); questi depositi di natura
terrigena, composti da granuli di quarzo, feldspati e
muscovite in matrice limoso-argillosa, derivano dallo
smantellamento della nascente catena alpina e costituiscono
un’alternanza di arenarie, siltiti e marne che rappresentano
diversi cicli trasgressivo-regressivi.
In passato la molassa bellunese è stata oggetto di ricerche
soprattutto in relazione al suo abbondante contenuto
paleontologico; tra gli altri, forse il primo ad occuparsene,
ci fu Tommaso Antonio Catullo (ad esempio nella sua
“Memoria mineralogica sopra l’arenaria del Bellunese” del
1816). Più di recente è stata oggetto di studi di carattere
mineralogico e di carattere stratigrafico.
Questi lavori hanno permesso di ricostruire in dettaglio
la paleogeografia oligo-miocenica della nostra regione
(fig. 1): a partire dall’Oligocene superiore, nel Bellunese
si evolve un mare costiero subtropicale poco profondo
(Bacino molassico Veneto-Friulano) in cui un vasto sistema
deltizio, simile a quello attuale del Po, scarica enormi
14 - il Gatto Di Schrödinger
quantità di sedimenti derivanti dall’erosione della nascente
catena alpina; la situazione perdura fino al Miocene medio,
alcuni milioni di anni durante i quali le oscillazioni del
livello marino, del tasso di subsidenza e della velocità
di sedimentazione determinano sensibili mutamenti
nell’ambiente sedimentario e quindi ampie variazioni
litologiche.
Alla base di questa complessa serie stratigrafica (fig. 2)
vi è l’Arenaria Glauconitica di Belluno, anche indicata in
modo informale come “glauconia bellunese”, “glauconia
a Pecten deletus”, “glauconie bellunesi” o “Glauconia
di Belluno”. L’origine del nome è dovuta alla presenza
della glauconite, un minerale autigeno (ossia formato
nell’ambiente di sedimentazione) che conferisce colore
verde scuro alle rocce che lo contengono e che indica un
ambiente chimicamente neutro con scarsa velocità di
sedimentazione; questo spiega la grande concentrazione di
fossili e l’intensa bioturbazione.
Dal punto di vista dei caratteri litologici, si tratta
di arenarie a granuloma media, molto glauconitiche e
fossilifere (sublitareniti) in cui i fossili si trovano addensati
in livelli, con intense bioturbazioni, tra le quali si
GEOLOGIA
Fig.1: paleogeografia nella nostra regione durante l’Oligo-Miocene. Le terre emerse sono
rappresentate dalle linee oblique, le “isole” con i pallini rappresentano barre sabbiose. BA =
Bassano, BL = Belluno, FE = Feltre, ME = Meduna, VE = Venezia, VV = Vittorio Veneto (Da
Massari et al., 1986; modificato).
Fig. 2: schema dei rapporti stratigrafici del
F. 063-Belluno, Carta Geologica d’Italia
alla scala 1:50.000. La serie molassica
inizia con l’Arenaria Glauconitica di
Belluno (22), poggiante sul Flysch (25)
e sulla Siltite di Curzoi (24) e prosegue
con la Siltite di Bastia (21), l’Arenaria
di Libano-Siltite dei Casoni-Arenaria
di Orzes (19), la Marna di Bolago (18),
l’Arenaria di S. Gregorio (17) e la Marna
di Monfumo (16), la formazione marina
più recente della Sinclinale di Belluno.
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15
GEOLOGIA
riconoscono le ichnofacies
Trypanites, Cruziana e
Glossifungites.
Alla base della formazione
si osserva il caratteristico
bancone verde cupo noto
come “Glauconia di Belluno”,
cui seguono superiormente
marne grigie bioturbate con
intercalati livelli arenacei talora
abbondantemente glauconitici
e fossiliferi. Un successivo
banco arenaceo glauconitico,
al tetto della formazione,
segna il limite con la Siltite di
Bastia.
Il bancone basale, potente
alcuni m, inizia con un “lag”
trasgressivo conglomeratico
zeppo di macrofossili, con
piccoli ciottoli di selce e
quarzo e frammenti del substrato
(Flysch) entro una matrice di arenarie
medio-grossolane glauconitiche (fig.
3).
Localmente (Val Aldega, Sedico,
Boscon, Orzes) verso la base del
bancone è presente un’intercalazione
spessa 20-30 cm di biocalciruditi
grigio-giallastre ad alghe corallinacee,
briozoi e macroforaminiferi
(Nephrolepidina), delimitata da
superfici molto irregolari e fortemente
perforata da gallerie di organismi
fossatori riempite da silt glauconitico.
Alla ex cava di Curzoi, poco ad est
di Sedico, circa 25 cm al di sotto di
questo strato affioravano altri due
sottili livelli di calcisiltiti laminate con
microfaune rimaneggiate, separati tra
loro da una sottile intercalazione di
arenaria glauconitica molto scura; si
presentano notevolmente fratturati e
sono attraversati da gallerie di fossatori.
L’insieme delle tre intercalazioni
calcaree costituisce il substrato, spesso
60-70 cm, discordante sulla Siltite di
Curzoi (i calcari immergono a NNW,
le argille marnose sottostanti a WNW).
Per quanto vi appaiano quasi inglobati
per l’intensa bioturbazione, tali livelli
calcarei presentano una litologia
distinta dalla glauconia e non risultano
16 - il Gatto Di Schrödinger
Fig. 3: Porzione del bancone basale in cui si nota la grande
concentrazione di fossili e frammenti di selce nera (in alto a
sinistra dell’immagine; foto M. Piat).
in continuità stratigrafica con essa.
Verso l’alto il bancone basale mostra
una diminuzione del contenuto in
glauconite e della grana, passando ad
arenarie fini siltose; persiste l’intensa
bioturbazione e possono ricomparire a
più livelli lumachelle costituite in netta
prevalenza da bivalvi.
Il passaggio alle marne siltose
è graduale, accompagnato da una
maggiore dispersione dei fossili e
dall’attenuarsi della bioturbazione, a
volte evidenziata da concentrazioni
di glauconite nelle gallerie (fig. 4);
verso l’alto possono comparire frustoli
carboniosi, mentre la grana tende ad
aumentare.
Più netto, anche se reso irregolare
dalla bioturbazione, appare il contatto
tra le marne siltose e i livelli arenacei
glauconitici successivi. In essi si
ripresentano i caratteri tessiturali
del banco inferiore, con massima
concentrazione di glauconite e di fossili
alla base. Nell’Arenaria Glauconitica
di Belluno si identificano così più
cicli trasgressivo-regressivi (almeno
Alla base della formazione
si osserva il caratteristico
bancone verde cupo noto
come “Glauconia di
Belluno”
GEOLOGIA
L’unità affiora
con notevole
continuità
laterale attorno
al nucleo della
Sinclinale
Bellunese
Fig. 4: galleria di un
organismo fossatore
riempita da glauconite, dal
tipico colore verde (Foto
M. Piat).
cinque nella sezione di Curzoi, ove non affiora il tetto
della formazione); nel complesso, l’unità rappresenta una
sequenza trasgressiva di piattaforma, con tendenza alla
condensazione per bassa velocità di sedimentazione.
Il banco glauconitico di tetto è di spessore più ridotto
(1-3 m) rispetto a quello basale, con grana più fine (solo
localmente, ad esempio lungo il T. Ardo nei pressi di
Vezzano, vi sono sparsi ciottoletti di selce) e una relativa
minor concentrazione e varietà di fossili, tra i quali, oltre ai
pettinidi, sono comuni i coralli individuali; si trovano anche
resti di piante (sezioni di Orzes e del T. Rui).
L’unità affiora con notevole continuità laterale attorno
al nucleo della Sinclinale Bellunese, che corrisponde
approssimativamente alla Val Belluna. In particolare, è ben
esposta per tutta la sua potenza nel settore settentrionale,
ad esempio a Ponte di Mas (dove è ubicata la sezionetipo; coordinate della base: Lat.: 46,1565°N, Long.:
12,1267°E), lungo il T. Ardo presso Conzago, nel Bosco
di Gron e a Nord di Maras, in Val Aldega; in quello
meridionale, lungo il T. Gresal a Sud di Orzes, sul T. Ardo
presso Vezzano (fig. 5) e, poco a Ovest, lungo il T. Rui in
località San Sebastiano. Affiora anche in Alpago, dove passa
lateralmente alla coeva Calcarenite dell’Alpago; nel Feltrino
si può osservare lungo il torrente Salmenega a Nord della
località omonima, al colle di Tast e lungo il T. Caorame.
Nei dintorni di Monfumo, Follina e Serravalle di Vittorio
Veneto affiora in modo molto discontinuo e ridotto; presso
Valcada è a contatto, per faglia, con le marne della Scaglia
Rossa.
L’unità costituisce un orizzonte di spessore limitato
(secondo l’ultima revisione comprenderebbe il solo
banco basale), ma con buona continuità laterale (marker
stratigrafico); il bancone basale è spesso 2-10 m, mentre
nel suo complesso la formazione raggiunge la potenza di
70 m nelle sezioni meridionali. Nelle sezioni settentrionali,
mancando le intercalazioni pelitiche, lo spessore della
formazione è notevolmente minore.
L’Arenaria poggia con discordanza angolare, non sempre
evidente alla scala dell’affioramento, sul Flysch di Belluno
(fig. 6) o, localmente, sulla Siltite di Curzoi. Il limite è
posto in corrispondenza di una superficie trasgressiva
a complessa geometria erosionale (fig. 7) e intense
bioturbazioni.
Tale discordanza è connessa con un’ampia lacuna
stratigrafica (circa 10 milioni di anni di cui non è rimasta
traccia nelle rocce del Bellunese) comprendente l’Eocene
medio-Oligocene inferiore rispetto al Flysch, o a parte
dell’Oligocene rispetto alla Siltite di Curzoi; può essere
riferita alla fase compressiva dinarica che si sviluppò nel
Sudalpino orientale principalmente durante il Paleogene
e che ha coinvolto anche gli strati del Flysch, piegandoli,
sollevandoli ed esponendoli all’erosione.
NUMERO 08 - DICEMBRE 2014 -
17
GEOLOGIA
Fig. 5: Bancone di Arenaria Glauconitica di Belluno, poco sopra al limite con il Flysch (Valle del T. Ardo presso Vezzano; foto M. Piat).
Fig. 6: L’ombra marca il passaggio tra le
peliti del Flysch e la sovrastante Arenaria
Galucontica di Belluno. Il limite qui è
ben evidente non soltanto per il netto
cambio di litologia, ma anche perchè è
stato eroso dall’acqua che scorre tra le
due formazioni a differente permeabilità
(Foto M. Piat).
18 - il Gatto Di Schrödinger
GEOLOGIA
In prossimità del contatto, entro
le areniti del Flysch si possono talora
riconoscere delle cavità di origine
erosiva, ampie alcuni dm e riempite da
arenarie glauconitiche, il cui tetto è a
volte incrostato da ostreidi (ad es. nella
sezione del T. Ardo presso Conzago).
Nel settore bellunese il substrato della
glauconia appare spesso perforato
da Lithophaga se costituito da facies
arenacee del Flysch, mentre mostra un
reticolo di gallerie di bioturbazione con
riempimento glauconitico se impostato
in facies pelitiche. Nel Feltrino invece
è stato osservato solo quest’ultimo tipo
di contatto, sia in litotipi marnosi (T.
Salmenega) sia calcarenitici (sezione
del T. Caorame–Colle della Croce).
In definitiva il diverso grado di
cementazione dei vari litotipi al letto
della glauconia dipende da differenze
di composizione, ma potrebbe anche
essere influenzato dalla diversa età del
substrato o da una differente storia
diagenetica prima della trasgressione
nei due settori.
Fig. 7: Il limite tra Flysch e Arenarie
marcatamente erosivo (Valle del T. Ardo
presso Vezzano; foto M. Piat).
Al tetto dell’Arenaria Glauconitica di
Belluno si passa alla Siltite di Bastia. Il
limite è fissato al passaggio graduale ad
arenarie fini non glauconitiche, come si
può osservare a Ponte di Mas.
Unità eteropiche (ossia deposte nello
stesso intervallo di tempo in continuità
laterale rispetto alle arenarie) sono
la Calcarenite dell’Alpago e il
Conglomerato del Monte Parei (che
affiora con uno spessore di 60-70
m all’Alpe di Fanes, dove ricopre
in discordanza i Calcari Grigi). In
NUMERO 08 - DICEMBRE 2014 -
19
GEOLOGIA
entrambi i casi, il passaggio
non affiora, ma è suggerito
dalla correlazione di sezioni
stratigrafiche.
Come già detto, il contenuto
paleontologico di questa
formazione è molto abbondante
e vario e da sempre ha attirato
l’attenzione degli studiosi
(significativa a proposito
la monografia di Venzo del
1937) e degli appassionati. Tra
i macrofossili predominano
i molluschi, in particolare i
Pettinidi (Chlamys deleta, fig.
8), ma sono ben rappresentati
anche i Gasteropodi, gli
Scafopodi (Dentalium) e, meno
frequenti, ma significativi, i
Nautiloidi (Aturia); diffusi
anche gli Echinidi, i resti vegetali e
i coralli solitari; molto abbondanti i
denti di pesci (Odontaspis, fig. 9). Tra i
microfossili vi sono alghe corallinacee,
briozoi e macroforaminiferi
(Lepydocycline).
Fig. 8: Chlamys deleta (Foto M. Piat).
Dalle glauconie di Sedico
proviene anche un campione di
ambra; si presenta in frammenti
a frattura concoide, di colore
giallo-bruno, mostra debole
fluorescenza gialla alla luce
ultravioletta, ha durezza di circa
2,5 della scala di Mohs e peso
specifico di circa 1,03; non è
solubile in alcool etilico e solo
leggermente in etere etilico.
Non è stata possibile una sua
attribuzione paleobotanica, ma
essa ha fornito un’importante
informazione di carattere
paleoecologico: lo stress
ambientale subito dalle piante
a causa della trasgressione,
avvenuta a scapito delle terre
emerse, può essere messo in
relazione con una loro maggiore
produzione di resina.
Dal punto di vista cronologico, in
base alle abbondanti macrofaune il
banco glauconitico basale è attribuito
al Chattiano superiore; tale età viene
20 - il Gatto Di Schrödinger
Fig. 9: dente di squalo (Odontaspis; foto M. Piat)
GEOLOGIA
C u riosi tà
Un grande blocco di Arenaria Glauconitica di Belluno è esposto nell’atrio
del Museo di Paleontologia dell’Università di Monaco di Baviera (fig. 10);
il cartellino descrittivo recita: Belluneser Grünsandstein. Alttertiär, Chatt (ca
25 Millionen Jahre). Sédico bei Belluno, Oberitalien. Der Fossilinhalt besteht
überwiegend aus den Muscheln Pecten und Chlamys mit kräftiger radialer,
und Clausinella, mit konzentrischer Berippung. Traduzione dello scrivente:
Arenaria Bellunese. Terziario superiore, Chattiano (circa 25 milioni di anni).
Sedico, presso Belluno, Italia settentrionale. Il contenuto fossilifero consiste
principalmente nei molluschi Pecten e Chlamys con marcate coste radiali, e
Clausinella, con ornamentazione concentrica.
Fig. 10: Blocco di Arenaria esposto nell’atrio del Museo di
Paleontologia dell’Università di Monaco di Baviera e proveniente
da Sedico (Foto M. Piat)
NUMERO 08 - DICEMBRE 2014 -
21
GEOLOGIA
estesa a tutta la formazione, poiché le
marne intercalate contengono ricche
microfaune con Globigerina ciperoensis
ciperoensis, G. sellii, Globorotalia opima
nana e G. siakensis, cui si aggiungono
verso il tetto rari Globigerinoides
primordius, riferibili alla Zona a
Globigerina ciperoensis ciperoensis. L’età
chattiana viene confermata anche dal
nannoplancton calcareo tipico della
Zona a Sphenolithus ciperoensis.
BIBLIOGRAFIA
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VENZO S. (1937) – La fauna cattiana delle Glauconie bellunesi. Mem. Ist. Geol. R. Univ. Padova, 13: 1-207, 12
tavv., Padova.
22 - il Gatto Di Schrödinger
DOLOMITI IN
S C I E N Z A 2 015
La nona edizione del Dolomiti in Scienza è alle porte. Riportiamo di seguito
il programma completo della manifestazione, invitando tutti i lettori del Gatto
a prendere parte agli incontri che si svolgeranno gratuitamente presso la sala
Bianchi di Belluno.
Sabato 10 gennaio
Piante geneticamente modificate: i primi vent’anni tra realtà e leggende – Prof.
Livio Trainotti (Univ. Padova)
I funghi: ecologia dei boschi di conifere – Dott. Fabio Padovan (Associazione
micologica Bresadola)
Sabato 24 gennaio
Carboidrati, lipidi, proteine e... corri! La chimica dell’ultratrailer – Dott.
Fabiano Nart (GDS)
L’arcobaleno secondo Feynman, la QED – Prof. Alex Casanova (GDS)
Sabato 07 febbraio
Aerobiologia, ovvero pollini, spore fungine, allergie in provincia di Belluno. Dott.ssa Damaris Selle (Arpav Belluno)
La matematica nel pallone – Ing. Paolo Alessandrini (GDS)
Sabato 21 febbraio
La biologia è dinamica (e bagnata) – Dott. Marco Polin (University of
Warwick, UK)
Cucinando con la scienza – Dott.ssa Valentina Saitta (biologa freelance)
Sabato 28 febbraio
1869-2015: 146 anni di ricerche, dalla scoperta del DNA alla Precision
Medicine – Dott.ssa Laura Vidalino (CIBIO- Univ Trento)
Come passa il tempo...! Storia della Terra in un anno – Dott. Manolo Piat
(GDS)
Tutti gli incontri si svolgeranno alle 17.00
NUMERO 08 - DICEMBRE 2014
23
I N F O R M AT I C A
Machine Learning e
Reti Neurali
Giovanni Pellegrini (GDS)
Sin dalla loro invenzione, la principale abilità dei
computer risiede nel poter effettuare un enorme numero
di calcoli complessi in intervalli di tempo estremamente
ridotti. Questa eccezionale velocità di calcolo cresce
costantemente, grossomodo raddoppiando ogni anno e
mezzo in stretta analogia con la legge di Moore. L’ampia
disponibilità di questa capacità consente ai computer di
effettuare gran parte dei compiti ai quali siamo abituati,
come browsing, word processing, videogaming e streaming
di audio e video. I computer sono inoltre uno strumento
indispensabile in ambito scientifico, permettendo di
risolvere problemi ed equazioni altrimenti inattaccabili con
metodi tradizionali.
Tuttavia alcuni problemi “tipicamente” umani,
come giocare una partita di scacchi o interpretare una
frase espressa in linguaggio naturale, si sono rivelati
estremamente ostici da risolvere. Fino all’avvento di Deep
Blue e alla sconfitta di Garry Kasparov nel 1997, si pensava
che nessun computer potesse competere con il campione
del mondo di scacchi. Al giorno d’oggi tuttavia, numerosi
software gratuiti installati su un normale personal computer
sono in grado di battere senza difficoltà qualsiasi scacchista
umano. L’elaborazione del linguaggio naturale è un altro
problema che ha visto i computer faticare, ma compiere
grandi passi negli ultimi anni. È paradigmatico il caso
di Watson, il computer ideato da IBM per partecipare al
quiz “Jeopardy”. Il quiz funziona in maniera differente
rispetto a quelli tradizionali, infatti i quesiti sono posti
in forma di risposta ed indizi, mentre le risposte devono
essere formulate in forma di domanda. Durante i primi
tentativi iniziati attorno all’anno 2006, Watson non era
minimamente in grado di competere con un avversario
umano, ma già nella stagione 2011 è stato in grado di
battere Ken Jennings, il più forte concorrente nella storia di
“Jeopardy”.
La disciplina scientifica alla base di questi successi è
il machine learning o, detto altrimenti, apprendimento
24 - il Gatto Di Schrödinger
automatico. L’idea alla base del machine learning è
semplice, e consiste nello scrivere un programma che
consenta al computer di imparare da una serie di esempi.
La forza di questo approccio consiste nel fatto che molti
compiti reali, come interpretare una frase parlata o capire
che oggetti sono raffigurati in una fotografia, sono troppo
complessi e diversificati per essere compiuti tramite
istruzioni fisse codificate da un programmatore all’interno
della macchina. Basti pensare a quanto possano essere
diverse due frasi pronunciate in lingue o accenti differenti,
oppure come possano apparire un oggetto od una persona
visti da angoli diversi o in condizioni di illuminazione
marcatamente distinte. L’idea è quindi di addestrare un
computer, in stretta analogia con l’apprendimento umano,
tramite un grande numero di esempi (anche alcuni milioni
o miliardi), e di scrivere un software che sia in grado di
plasmarsi autonomamente in base agli esempi che gli
vengono forniti. Uno degli approcci più promettenti del
machine learning è costituito dalle reti neurali, programmi
al computer che simulano, in maniera estremamente
primitiva ma alla prova dei fatti efficacie, il funzionamento
del nostro cervello. Questo approccio è quello che negli
ultimi anni ha permesso progressi straordinari in un
grandissima varietà di ambiti. Se ultimamente ricevete
molto meno email di spam nella vostra posta elettronica,
questo è perché sofisticate reti neurali sono in grado di
rilevare la posta indesiderata con un grande margine di
accuratezza. Avete mai sentito parlare di automobili che si
guidano da sole? L’impresa è possibile (già dal 1997) grazie
alle reti neurali, che tra le altre cose imparano a guidare
letteralmente osservando un pilota umano al volante.
Un’altra rivoluzione sono gli assistenti personali,come Siri e
Google Now, che albergano nei nostri smartphones: la loro
sorprendente bravura nel capire le nostre parole fonda la
sue radici ancora una volta nelle reti neurali. Un ulteriore
esempio è l’impiego delle reti neurali da parte delle poste
statunitensi: i codici di avviamento postale non sono più
letti da un esperto impiegato, bensì da un computer armato
di una rete neurale capace di leggere
qualsiasi codice di avviamento, perfino
uno scritto da un medico. Ovviamente
le reti neurali non si limitano a leggere,
ma si dedicano anche alla scrittura, ed
alcuni modelli particolarmente attuali e
sofisticate sono in grado di imitare con
fedeltà qualsiasi grafia umana una volta
forniti abbastanza esempi. L’ultimo
eclatante sviluppo ci viene fornito da
Google, che ha recentemente svelato
un algoritmo in grado di “guardare”
una fotografia, e di scriverne una
didascalia in linguaggio corrente. Le
applicazioni delle reti neurali sono,
in realtà, virtualmente illimitate, e
destinate ad ampliarsi in qualità e
quantità, al crescere della velocità dei
computer e della raffinatezza degli
algoritmi. Non ci resta guardare
quello che succedee cominciare a
chiederci, esperti e non, quali grandi
opportunità, ma anche grandi sfide e
problemi, questi strumenti potranno
rappresentare in un futuro non troppo
lontano, o addirittura nel nostro
presente.
I N F O R M AT I C A
Bibliografia
[1] http://it.wikipedia.org/wiki/Apprendimento_automatico
[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Rete_neurale
[3] https://www.youtube.com/watch?v=jet4vwPUfh8
[4] http://www.wired.com/2013/02/android-neural-network/
[5] http://www.cs.toronto.edu/~hinton/adi/
[6] http://www.cs.toronto.edu/~graves/handwriting.html
[7] http://googleresearch.blogspot.it/2014/11/a-picture-is-worth-thousand-coherent.html
NUMERO 08 - DICEMBRE 2014 -
25
Grandi Della Scienza
Max Born
(Breslavia, 11 dicembre 1882 – Gottinga, 5 gennaio 1970)
Fabiano Nart (GDS)
Max Born, considerato indiscussamente uno dei padri
della meccanica quantistica, nacque l’11 dicembre 1882
a Breslavia, attuale città della Polonia sud-occidentale
(chiamata in polacco Wrocław) ma allora neo-città del
giovine impero tedesco costituito nel 1871. La famiglia di
origine, ebrea, era agiata ed importante: il padre Gustav
era insegnante di anatomia ed embriologia all’Università
di Breslavia e la madre Margarete Gretchen Kauffmann,
erede di un’azienda tessile di famiglia, era impegnata in tale
attività, ma anche come pianista.
La madre lo indirizzò alla musica fin dalla tenera età, ma
morì troppo presto per dar seguito al suo insegnamento;
Max aveva quattro anni ed insieme alla sorella Kathe
venne accudito dal padre fino al 1890 quando si risposò
con Bertha Lippstein. La nuova famiglia cercò di dare il
massimo a Max e a sua sorella, ma nessuno dei due nutriva
un profondo amore per la matrigna.
Dopo aver frequentato il ginnasio König-Wilhelm
nella città natale, dove acquisì conoscenze di matematica,
fisica, storia moderna, latino, greco e tedesco, nel 1901 si
iscrisse all’Università di Breslavia. Nonostante lui volesse
inizialmente diventare ingegnere, seguì il consiglio del
padre di acquisire una formazione a tuttotondo. Dopo
quattro semestri a Breslavia – dove tra le altre cose studiò
anche diritto, filosofia morale, letteratura, psicologia ed
economia – trascorse due semestri ad Hidelberg (1902) e
Zurigo (1903) rispettivamente. In questo periodo formativo
imparò matematica, astronomia, fisica, chimica, logica
e zoologia. Proprio a Zurigo, dove frequentò il primo
corso avanzato di matematica sulle funzioni ellittiche con
Adolf Hurwitz, venne folgorato come S. Paolo sulla via
di Damasco dalla matematica e dall’astronomia, con una
maggiore inclinazione per la seconda. In questo periodo
da girovago, molto normale a dir il vero all’epoca per tutti
gli studenti più ambiziosi, venne a contatto con i primi
influenti personaggi: parliamo di calibri come Klein,
Minkowski, Runge, Schwarschild, Hilbert, per citarne solo
alcuni. Ritornato a Breslavia, confidò all’amico Toeplitz
Hellinger di voler andare a Gottinga, la più rinomata
università per lo studio della matematica e della fisica.
Detto fatto! Nel 1904 si trasferì a Gottinga dove frequentò
le lezioni di Minkowski, Klein ed Hilbert e nel 1905
26 - il Gatto Di Schrödinger
divenne assistente
di quest’ultimo,
rimasto affascinato
dalle sue capacità.
Nonostante la
nomina importante,
continuò a
frequentare i corsi
di elasticità di Klein
e Runge e quello
di elettrodinamica
tenuto da
Minkowski ed
Hilbert. Tuttavia,
le più importanti
lezioni erano per lui
le passeggiate tra le
vie di Gottinga con
i grandi matematici e scienziati, durante le quali potevano
discutere e dibattere dei più importanti problemi. Alla fine
scelse di seguire le conferenze di Schwarschild sul raggio che
oggi porta il suo nome e collegato al concetto di orizzonte
degli eventi, quindi buchi neri, e su questo tema prese il
dottorato nel 1907 discutendo della stabilità elastica.
Nel frattempo la sua patologia, l’asma, peggiorava e
questo gli permise di non fare il militare, o almeno per
un tempo limitato fu impegnato nel servizio all’impero;
per un anno dovette curarsi limitando anche il proprio
lavoro scientifico. Un anno gli fu sufficiente per tornare
in carreggiata e decise di rimanere sei mesi a Cambridge
dove avrebbe dovuto frequentare il corso di Larmor;
tuttavia poche furono le ore di frequenza perché Max aveva
problemi con l’accento spiccatamente irlandese di Larmor.
Dopo il periodo inglese ritornò a Breslavia, dove
venne a conoscenza del lavoro di Einstein del 1905 sulla
relatività speciale e cominciò a lavorare ad un tentativo di
unione tra la teoria relativistica ed il concetto di spaziotempo di Minkowski. Questo lavoro gli fece guadagnare
un invito e la cattedra all’Universita di Gottinga, era il
1909. Poche settimane dopo aver iniziato questo nuovo
lavoro di unificazione, Minkowski morì; dopo un periodo
transitorio nel 1912 Born cominciò una nuova ricerca
Grandi della Scienza: Max Born
insieme a Karman sulla dinamica dei cristalli, un tema che
lo accompagnò fino alla morte.
Il 1913 è un anno importante, difatti si sposò con
Hedwig Ehrenberg, figlia di un professore di diritto
all’Universita di Gottinga; insieme ebbero due figlie ed
un figlio. Nel frattempo arrivò la guerra e le sue ricerche
subirono un colpo di arresto dato che, nonostante l’asma,
venne impegnato come operatore radio.
Nell’aprile 1919 divenne direttore dell’Istituto di Fisica
Teorica di Francoforte e docente alla Johan Wolfgang
Goethe Università della stessa città; due anni più tardi
divenne direttore dell’Istituto di Fisica di Gottinga. Questo
fu un periodo eccezionale dal punto di vista scientifico: nel
1921 formulò il suo primo teorema sulla termodinamica.
Nel frattempo Max cominciò una collaborazione con
il grande matematico Jordan Pascal e tra i suoi studenti
c’era un giovane di nome Karl Werner Heisenberg. Ma
il più grande risultato scientifico che viene ricondotto al
suo nome è l’interpretazione, oggi considerata standard,
del quadrato della funzione d’onda Y come la densità
di probabilità di trovare l’elettrone nella formulazione
dell’equazione di Schrödinger. Esiste tuttavia un secondo
e sicuramente meno noto contributo scientifico allo
sviluppo della meccanica quantistica: il principio di
indeterminazione.
Questo importante principio afferma che per
una particella, come ad esempio l’elettrone, non
possiamo calcolare esattamente la sua posizione e
contemporaneamente la sua velocità; dobbiamo scendere
ad un compromesso, o l’una o l’altra o tutte e due, ma
con scarsa precisione. Il principio, che vale per tutte le
osservabili fisiche misurabili che non commutano (A*B ≠
B*A), venne in principio formulato dal suo studente Karl
Werner Heisenberg, un giovane bavarese di Monaco. Il
bavarese lo elaborò quasi per caso nell’ambito di una sua
ricerca ed un bel dì andò a far visita nell’ufficio di Max
Born dicendogli “ho trovato questo risultato, ma non sono
sicuro di cosa voglia dire”. Max provò un brivido hegeliano
alla vista di un tale eccelso lavoro che concludeva con la
formula pq-qp=h/2pi. Lavorò insieme a Jordan tra il 1925
e il 1927 per rielaborarlo secondo una nuova metodologia
che loro due avevano sviluppato e padroneggiato, quella
dell’approccio matriciale. Fu grazie a questa revisione che
il principio di indeterminazione divenne più chiaro nella
sua interpretazione. Nel 1927 la doccia fredda: Heisenberg
a soli 26 anni prese il premio Nobel per l’elaborazione del
principio di indeterminazione, mentre Max Born e Pascal
Jordan, che lavorarono sodo per renderlo più interpretabile
per il suoi effetti pratici, non vennero premiati.
Max Born dovette incassare il duro colpo e nel frattempo,
causa il nuovo regime nazista e le sue leggi antisemite, nel
1933 dovette abbandonare la Germania per Cambridge,
raccogliendo l’offerta del fisico George Gabriel Stokes
incontrato durante una vacanza in Alto Adige. Dopo il
periodo di Cambridge si trasferì con la moglie in India, un
periodo non troppo facile per la grande diversità di cultura.
Nel 1936 ritornò in Europa come professore all’Università
di Edimburgo.
E così arrivò il tempo della pensione anche per il
buon Max: era il 1953 quando ritornò in Germania a
BadPyrmont. Ormai Born non pensava più al Nobel
“perso”: si godeva la pensione occupandosi di filosofia della
scienza e degli effetti che lascienza può avere sull’umanità.
Un bel giorno un postino suonò alla porta dei Born:
Hedwig aprì e si ritrovò davanti una persona che ledisse
“volevo solo consegnare questa lettera da Stoccolma”. La
moglie capì subito e scoppiò in lacrime. Il Nobel gli venne
conferito per la sua interpretazione della funzione d’onda
(oggi nota come interpretazione di Born)
e per la sua teoria del reticolo cristallino,
27 anni dopo quello mancato per il
principio di indeterminazione. Che
lunga attesa!
Il Nobel è sicuramente il più
prestigioso riconoscimento per uno
scienziato, ma Max venne insignito
di ulteriori onoreficenze, ad esempio:
medaglia Stokes, premio MacDougall-Brisbane, medaglia
Max-Planck, premio Gunning-Victoria Jubilee, medaglia
Hughes, medaglia Hugo-Grotius, cittadinanza onoraria di
Gottinga. Inoltre a sua memoria esiste oggi il premio Max
Born e molte strade, istituti e scuole portano il suo nome.
Max Born è stato un grande scienziato, ma prima
ancora un grande uomo. Mai si lamentò pubblicamente
dell’ingiustizia per il mancato Nobel nel 1927, solamente
una volta in una missiva intima accennò al disagio provato.
Addirittura riconobbe la difficoltà che avrebbe avuto
Heisenberg a riconoscere pubblicamente il contributo
di un ebreo alla sua elaborazione del principio di
indeterminazione durante il periodo antisemita. È stato
anche un grande professore, suoi studenti i premi Nobel
Robert Oppenheimer, Edward Teller e Eugene Paul Wigner
(impegnati successivamente al progetto Manhattan per la
bomba atomica in America).
Bibliografia
MAX BORN, Baumeister der Quantenwelt – Eine
Biographie, N. T. Greenspan. Spektrum Akademischer
Verlag, 2006.
http://www.apprendre-math.info/allemand/
historyDetail.htm?id=Born
http://de.metapedia.org/wiki/Born,_Max
http://it.wikipedia.org/wiki/Max_Born
NUMERO 08 - DICEMBRE 2014 -
27
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