I disturbi d`ansia nell`età evolutiva Un semplice stato di apprensione

I disturbi d’ansia nell’età evolutiva
Un semplice stato di apprensione non è certo un indice preoccupante, al
contrario spesso rappresenta un normale elemento di sviluppo emotivo del
bambino. Le reazioni di allerta, paura sono adattive nell’essere umano.
Allora come possiamo distinguere nei bambini una normale reazione di adattamento
(paura)
da
una
condizione
disfunzionale
(ansia,
fobia)?
Tradizionalmente, la paura è stata differenziata dall’ansia e dalle fobie in base
all’obiettività del pericolo. Quando si tratta di bambini, però, tale distinzione può
risultare fuorviante. I bambini infatti a causa del loro sviluppo cognitivo ancora in
divenire trovano spesso difficile differenziare il reale dall’immaginario. E’ dunque
necessario osservare l’impatto che tale stato d’animo ha sull’adattamento e sul
comportamento del bambino.
Possiamo considerare patologica un’attivazione emozionale che risulti eccessiva
per la frequenza con la quale si verifica, l’intensità con cui si manifesta e la sua
durata nel tempo.
Esempi:
- Il bambino ogni mattina, prima di andare a scuola, mostra forti reazioni
emotive e fisiologiche: piange, si dispera, vi implora di farlo rimanere a casa
con voi, qualche volta vomita. Può escogitare qualsiasi tipo di strategia pur di
evitare di essere condotto a scuola. Appare davvero inconsolabile.
- Il bambino non tollera di allontanarsi da voi in nessuna situazione. Rifiuta di
rimanere a dormire da amici o parenti, rifiuta di andare in vacanza in colonia o
in campeggio senza i genitori. Appare spesso preoccupato per le condizioni di
salute delle figure di riferimento. Ha un costante bisogno di controllare le
figure affettive. La sua principale paura è quella di rimanere solo, che i genitori
possano sparire o non tornare più.
- Il bambino è riluttante a partecipare a giochi, feste o attività sportive se non
conosce chi sarà presente. Quando si trova in compagnia di suoi coetanei tende
a rimanere in disparte, ad isolarsi o ricerca l’appoggio di una figura adulta.
Quali sono le principali manifestazioni d’ansia nei bambini?
Fobia specifica:
è caratterizzata da uno stato d’ansia elevato, provocato dall’esposizione a oggetti o
situazioni temuti (per esempio: cani, gatti, uccelli oppure sangue, ospedali, ecc…). In
seguito a ciò spesso si instaura un comportamento di evitamento.
Fobia sociale:
è caratterizzata da uno stato d’ansia rilevante, provocato dall’esposizione a
determinati tipi di situazioni sociali (per esempio: feste fra coetanei, gite scolastiche,
contatti con bambini o adulti estranei, ecc…) Spesso, anche in questo caso, si instaura
un comportamento di evitamento.
Disturbo ossessivo-compulsivo:
è caratterizzato dalla presenza di ossessioni (pensieri intrusivi e persistenti, i quali
causano un accentuato stato di sofferenza) e/o dalla presenza di compulsioni (rituali
coatti) aventi lo scopo di neutralizzare l’ansia (per esempio: il bambino tende a
lavarsi le mani più volte al giorno, non tocca determinati oggetti, oppure tocca
ripetutamente, con una sorta di rituale, alcune cose specifiche. Tende a controllare più
volte ciò che fa, mostrandosi eccessivamente perfezionista. Dichiara di avere dei
pensieri fissi che lo disturbano e lo mettono in agitazione, che sorgono contro la sua
stessa volontà).
Disturbo da stress post-traumatico:
è caratterizzato dal rivivere un evento che è stato estremamente traumatico, con la
concomitante presenza di sintomi di attivazione neurovegetativa e dall’evitamento di
stimoli associati al trauma (per esempio: incidenti, calamità naturali, atti di violenza).
Disturbo da ansia generalizzata:
è caratterizzato dalla presenza, per un periodo di almeno sei mesi, di uno stato di
eccessiva ansia e preoccupazione (per esempio: il bambino presenta un’eccessiva
paura di sbagliare in ogni cosa che fa, strappa le pagine durante lo svolgimento di
disegni o di esercizi, durante le attività motorie e sportive rimane in disparte ad
osservare gli altri per paura di non riuscire, lamenta frequentemente mal di testa o
mal di stomaco durante le lezioni, ecc…)
Fobia scolastica:
è caratterizzata dal rifiuto di andare a scuola con acuta sintomatologia ansiosa al
mattino, incubi notturni, insonnia e sintomi psicosomatici. Tale stato psicologico può
dipendere dalla forte paura che a scuola possa accadere qualcosa di terribile e/o
dall’impossibilità a separarsi dalla figura di riferimento e dalla sicurezza della propria
casa.
Secondo la prospettiva cognitivo-comportamentale l’individuo non reagisce
all’ambiente in se e per sé, ma alla sua rappresentazione mentale (cognitiva). Questo
significa che ognuno di noi si forma un’immagine mentale diversa dell’ambiente che
lo circonda, a seconda delle proprie esperienze di apprendimento.
Il nostro modo di percepire (pensiero) influisce sul nostro modo di “sentire”
(emozioni) e quindi sul nostro modo di comportarci (azione).
ADHD
Disturbo da Deficit dell’Attenzione / Iperattività
Le persone con ADHD possono essere incapaci di rimanere seduti e fermi, di
progettare in anticipo e finire le attività che si sono iniziate, o di essere pienamente
consapevoli di quello che sta accadendo loro intorno. Agli occhi dei loro familiari,
compagni di classe, o colleghi di lavoro, sembrano vivere in un turbine di attività
disorganizzate e frenetiche.
L’ADHD, un tempo chiamato disfunzione cerebrale minimale o ipercinesi, è uno dei
più comuni disturbi mentali nei bambini. Colpisce dal 3 al 5% dei bambini, circa 2
milioni di bambini americani. I maschi sono colpiti in proporzione due o tre volte di
più delle femmine. Negli Stati Uniti, in media, almeno un bambino in ogni classe
soffre di questo disturbo e ha bisogno di aiuto. Spesso l’ADHD continua
nell’adolescenza e in età adulta e può interferire significativamente nella vita
quotidiana.
QUALI SONO I SINTOMI DEL ADHD ?
Al giorno d’oggi, l’ADHD viene diagnosticato ai bambini e agli adulti che mostrano
costantemente certe caratteristiche comportamentali per un certo periodo di tempo. I
più comuni comportamenti sono inclusi in tre categorie base:
Disattenzione. Le persone che soffrono di disattenzione hanno serie difficoltà a
rimanere concentrati su qualsiasi cosa e possono annoiarsi di un’attività intrapresa,
dopo solo pochi minuti.
Iperattività. Le persone iperattive sembrano sempre in movimento. Non riescono a
rimanere seduti tranquilli.
Impulsività. Le persone che sono eccessivamente impulsive sembrano incapaci di
tenere a freno reazioni immediate o di pensare prima di agire.
Come si diagnostica:
Per valutare se una persona ha l’ADHD, gli specialisti considerano diverse domande
critiche cui dare una risposta ( dal DSM, acronimo che sta per Manuale Statistico e
Diagnostico dei Disturbi Mentali):
- Questi comportamenti sono eccessivi, pervasivi e si manifestano
continuamente nel tempo?
- Ovvero, si manifestano più spesso rispetto alle altre persone della stessa età?
- Sono un problema continuo, non esclusivamente una risposta ad una situazione
temporanea?
- Questi comportamenti avvengono in diverse situazioni e circostanze o solo in
specifici luoghi, come in ufficio o nel cortile durante la ricreazione?
QUALI ALTRI DISTURBI POSSONO ACCOMPAGNARE L’ADHD?
a) Molti bambini con ADHD soffrono anche di uno specifico disturbo
dell’apprendimento (LD), il che vuol dire serie difficoltà a padroneggiare il
linguaggio o certe abilità scolastiche. L’ADHD non è di per sé uno specifico
disturbo dell’apprendimento. Ma siccome può interferire con l’attenzione e la
concentrazione, l’ADHD rende ulteriormente difficile e impegnativo, per un
bambino con LD, imparare e andare bene a scuola.
b) Circa la metà dei bambini con ADHD (soprattutto maschi) tendono a
presentare un'ulteriore condizione, chiamata disturbo oppositivo provocatorio.
Questi bambini possono reagire sproporzionatamente o picchiare qualcuno
quando sono a disagio con se stessi. Possono essere ostinati, avere scoppi
d’ira o agire con belligeranza e provocazione.
Cosa sono i disturbi del comportamento alimentare?
Con il termine Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) si fa abitualmente
riferimento a un disturbo o disagio caratterizzato da un alterato rapporto con il cibo e
con il proprio corpo.
Accanto all’alterazione del comportamento alimentare vi è una alterata valutazione
del corpo e delle sue forme, con la sensazione di essere grassi e brutti e quindi
socialmente non accettabili. Questa condizione può fortemente influenzare la propria
autostima.
Cosa s’intende per anoressia nervosa?
L’anoressia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da
una restrizione dell’alimentazione dovuta ad un’eccessiva preoccupazione per il peso
e le forme corporee, che si esprime in una continua e ossessiva paura di ingrassare e
nella ricerca della magrezza. I pensieri nei riguardi del cibo e del suo controllo
divengono così “pervasivi”, così fortemente presenti nella nostra mente, da assumere
la forma di una sorta di rimuginio instancabile che non lascia spazio ad altro.
CRITERI DIAGNOSTICI PER L’ANORESSIA NERVOSA (DSM IV)
1. Rifiuto di mantenere il peso corporeo al livello minimo considerato normale in
rapporto all’età e alla statura
2. Intensa paura di aumentare di peso o di ingrassare, anche se sottopeso.
3. Disturbi nel modo di sentire il peso e le forme del proprio corpo, influenza indebita
del peso e delle forme del corpo sulla valutazione si sé o diniego della gravità della
perdita di peso attuale.
4. Nelle donne che hanno già avuto il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno tre
cicli mestruali consecutivi.
L’anoressia nervosa è presente in uguale misura in tutte le classi sociali e coinvolge
prevalentemente nel nostro Paese il sesso femminile: solo 1 caso su 10 o meno
riguarda i soggetti maschi. L’età di insorgenza del disturbo è compresa fra i 12 e i 25
anni, con la frequenza maggiore fra i 13 e i 16 anni. Raramente si manifesta dopo i 30
anni; in questi casi se si va ad indagare bene nella storia passata spesso si ritrovano
precedenti segnali di disagio rispetto alla dieta e al corpo se non una pregressa crisi
anoressica ben superata.
Quali
sono
le
complicazioni
di
tipo
medico
della
malnutrizione?
Le persone che soffrono di anoressia nervosa possono arrivare ad un livello di
logoramento fisico che può comportare danni e complicazioni anche gravi a carico di
tutti gli organi interni.
• Complicanze gastro-intestinali
• Complicanze cardio-vascolari
• Alterazioni dell’equilibrio idro-elettrolitico
• Alterazioni ematologiche
• Complicanze a livello osseo
• Complicanze a livello neurologico
• Complicanze dermatologiche
Inoltre, lo stato di malnutrizione può portare anche alla morte. La mortalità
nell’anoressia è compresa tra il 5 e il 15% dei casi e rappresenta una tra le maggiori
cause di mortalità tra le giovani ragazze e tra le malattie psichiatriche
Rituali alimentari nell'anoressia Nervosa
Mangiare molto lentamente, mangiare di nascosto
fare piccoli bocconi, sminuzzare e spezzettare i cibi
Pulire i cibi dal grasso visibile, asciugare il condimento
Usare le posate in modo anomalo (mangiare con una piccola forchetta)
Nascondere il cibo, fare scarti elevati, lasciare sempre qualcosa nel piatto
Usare spezie ed aromi in quantità eccessive
Mischiare i cibi in modo inadeguato
Bere quantità eccessive di liquidi fuori pasto o al contrario non bere
Selezionare mentalmente e fisicamente la dose da mangiare
Conteggiare le calorie di tutto quello che si mangia
Controllare cosa e quanto mangia chi è a tavola con loro
Assumere sempre gli stessi cibi e pietanze
Cos’è la bulimia nervosa?
La bulimia nervosa è un disturbo per certi aspetti simile all’anoressia: il nucleo
centrale di entrambe le patologie è rappresentato da una paura morbosa di diventare
grasse e di essere sovrappeso, il peso e la forma del corpo influenzano in modo
eccessivo e inadeguato la valutazione della stima di sé.
Si tratta generalmente di ragazze con un peso corporeo nella norma. L’esordio può
essere inizialmente simile all’anoressia, caratterizzato da una intensa volontà a
perdere peso e da una forte insoddisfazione per il proprio corpo; il decorso invece è
diverso, spesso la persona che soffre di bulimia mantiene un peso abbastanza
normale alternando tentativi di dimagrire con abbuffate e condotte di compenso
(principalmente il vomito indotto)
Mentre l’anoressia si presenta tipicamente all’inizio della adolescenza, la bulimia
compare più frequentemente in un età che coincide con la fine degli studi liceali,
quando si verificano i primi cambiamenti verso l’autonomia e l’indipendenza con
l’accesso all’università o l’inizio del lavoro. L’insorgenza della bulimia è spesso
preceduta, più che nell’anoressia, da ripetuti tentativi di dieta (comportamento
definito come “dieting”) che solitamente falliscono entro breve tempo.
La delusione di aver mangiato come non voleva, la paura di ingrassare, il senso di
colpa per la propria incapacità di controllo porta la ragazza a rimediare sempre con la
speranza di dimagrire, eliminando con il vomito il cibo ingerito in una sorta di dieta
estrema.
CRITERI DIAGNOSTICI PER LA BULIMIA NERVOSA (DSM IV)
1. Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive. Un’abbuffata compulsiva è definita dai
due caratteri seguenti (entrambi necessari).
a)Mangiare, in un periodo di tempo circoscritto (per esempio nell’arco di due ore),
una quantità di cibo che è indiscutibilmente maggiore di quella che la maggior parte
delle persone mangerebbe nello stesso periodo di tempo in circostanze simili.
b) Senso di mancanza di controllo sull’atto di mangiare durante l’episodio (per
esempio sentire di non poter smettere di mangiare o di non poter controllare cosa o
quanto si sta mangiando)
2. Ricorrenti comportamenti di compenso volti a prevenire l’aumento di peso, come
vomito autoindotto, abuso-uso improprio di lassativi, diuretici o altri farmaci; digiuno
o esercizio fisico eccessivo
3. Le abbuffate compulsive e utilizzo improprio di mezzi di compenso avvengono in
media almeno due volte a settimana per tre mesi
4. La valutazione di sé è inappropriatamente influenzata dalle forme e dal peso del
corpo.
5. Il disturbo non si riscontra soltanto nel corso di episodi di anoressia nervosa.
Quali sono le complicazioni di tipo medico nella Bulimia Nervosa?
Chi soffre di bulimia nervosa va incontro ad una serie di problemi di tipo organico
legati all’abbuffata e all’utilizzo dei metodi purgativi.
1. La pratica del vomito autoindotto genera complicanze di tipo odontoiatrico.
2. Sempre a carico del cavo oro-faringeo è frequente il riscontro di un rigonfiamento
delle ghiandole salivari, in particolare delle parotidi.. Possono prodursi piccole ferite
con possibili infezioni nel continuo ripetersi di microlesioni causate dal tentativo di
stimolare il vomito.
3. Le complicanze del tratto gastro-esofageo sono frequenti anche se
fortunatamente quelle pericolose sono rare. Le infiammazioni all’esofago e dello
stomaco, esofagite e gastrite, producono disturbi caratterizzati da difficoltà digestive,
bruciori, dolori, rigurgito, sensazione di digestione lenta e difficoltosa.
4. Il vomito frequente può facilmente condurre ad alterazioni dell’equilibrio idroelettrolitico.
Cosa s’intende per “dieta cronica” (dieting)?
E’ un Disturbo caratterizzato da un controllo esasperato del peso, da una costante
attenzione alla dieta e da sentimenti di angoscia ogni volta che questo varia. Le
persone che controllano in questo modo il loro peso svolgono apparentemente una
vita normale, che tuttavia risulta polarizzata verso questo unico interesse e viene
limitata dalle esigenze della dieta; può risultare molto problematico ad esempio uscire
a cena con amici e condurre una vita sociale accettabile.
Quali
sono
le
cause
dei
Disturbi
del
Comportamento
Alimentare?
Oggi la comunità scientifica tende a proporre per i disturbi del comportamento
alimentare modelli multifattoriali che si rifanno ad un'ottica bio-psico-sociale, ed è
concorde nell'affermare che non esiste una causa unica ma una concomitanza di
fattori che possono variamente e diversamente interagire tra loro nel favorirne la
comparsa e il perpetuarsi.
Quali sono i fattori predisponenti?
1. Caratteristiche individuali:
a) Il primo elemento è di tipo anagrafico: gli adolescenti sono più
vulnerabili e i più colpiti.
b) Tra i fattori di tipo psicologico sembra rilevante l’idealizzazione della
magrezza, peraltro rinforzata dai messaggi veicolati quotidianamente dai
mass-media. Viene costruita un’immagine di sé strettamente legata a
tratti fisici che vedono e pongono la magrezza come segno di valore e di
bellezza (magro è bene; grasso è male). Tutto ruota intorno al corpo
come fonte di autonomia, di controllo e di sicurezza. Le donne, in
particolare le ragazze più giovani, sono più vulnerabili degli uomini a
questo aspetto per motivi legati all’educazione e al contesto
socioculturale: sono molto sensibili al giudizio degli altri e il valore
personale
è
maggiormente
legato
all’immagine
esteriore.
Generalmente sono presenti tratti di personalità caratterizzati da
perfezionismo. Si tratta di ragazze ambiziose, con ottimi risultati a scuola
e nelle attività che intraprendono, che mostrano un impegno e una
tenacia spesso considerati prova di grande maturità e responsabilità.
Quasi sempre questo atteggiamento di dedizione e sacrificio nasconde
una bassa autostima e una profonda insicurezza personale, che esprime il
timore di non essere accettati dagli altri per quello che si è. Molte
ragazze sono assolutamente convinte di non essere come gli altri le
vorrebbero e a questa idea si adeguano cercando in tutti i modi di
soddisfare le aspettative altrui.
c) Legato al perfezionismo è un particolare tipo di pensiero, definito
pensiero “tutto o niente” o pensiero “dicotomico”, caratterizzato
dall’assenza di ogni gradualità nel modo di argomentare e di ragionare:
tutto è visto in bianco o nero, i risultati ottenuti sono assolutamente
positivi o irrimediabilmente negativi, qualunque cosa è inaccettabile se
non si raggiunge il massimo. La ragazza che affronta la dieta per sentirsi
più accettata dagli altri penserà che il suo corpo deve essere perfetto,
altrimenti ogni suo sforzo sarà stato vano.
2. Caratteristiche familiari: il ruolo della famiglia nell’insorgenza di un
disturbo alimentare è stato spesso enfatizzato anche a sproposito. Le varie
teorie che si sono occupate di questo aspetto hanno spesso fatto riferimento ad
un rapporto disturbato tra madre e figlia o ad una particolare configurazione
della dinamica familiare, che presenterebbe una madre dominante
iperprotettiva, intrusiva e un padre assente. In realtà è impossibile sapere se un
particolare clima familiare sia causa piuttosto che conseguenza del disturbo.
Sarebbe strano immaginare che di fronte ad una figlia che deperisce giorno per
giorno un genitore non diventi iperprotettivo e che questo non provochi un
grande aumento della tensione familiare.
3. Caratteristiche socioculturali: l’anoressia nervosa e la bulimia sono diffuse
principalmente nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo in
proporzione al livello di assimilazione della cultura occidentale: questo fa pensare
che i disturbi del comportamento alimentare abbiano una determinante
socioculturale.
L’ideale della magrezza è esaltato da tutti i mezzi di comunicazione: l’aumento
dei casi di anoressia e bulimia negli ultimi anni va di pari passo con la diffusione
di articoli relativi alle diete e di prodotti per dimagrire. L’immagine attuale di
donna di successo non è legata tanto al possesso di particolari capacità quanto
piuttosto a modelli irreali di donne attraenti e, soprattutto, molto magre (si pensi
alle copertine delle riviste e le passerelle in cui imperano ragazze ossute e
dall’aspetto emaciato).
Quali sono i fattori scatenanti?
Si ritiene che intraprendere una dieta dimagrante anche in condizioni di modesto
sovrappeso, qualora esista una predisposizione al disturbo, rappresenti un fattore
cruciale scatenante.
A volte l’inizio del calo di peso non si associa a situazioni di insoddisfazione
corporea ma a problematiche adolescenziali come i cambiamenti impetuosi che si
osservano durante lo sviluppo puberale, il distacco dalla famiglia, l’occasione di un
viaggio senza i genitori e l’inizio o la conclusione di una relazione affettiva, il cambio
di residenza e di scuola con perdita degli amici, il verificarsi di molestie fisiche o
psicologiche.
Si tratta sempre di eventi che tendono ad accrescere le difficoltà che una giovane
incontra sul piano delle capacità di relazione e della propria autonomia e autostima.
Fenomeni depressivi
La depressione va distinta da sentimenti di tristezza, di avvilimento o di apatia, che chiunque può avere di tanto in tanto.
Quando si interrompe una relazione personale o quando un
obiettivo perseguito non può essere raggiunto, l'essere di cattivo
umore è una reazione ovvia.
Si può parlare di depressione se questo stato d'animo insorge
senza motivi apparenti, oppure se dura più a lungo o è di natura
più intensa di quanto gli avvenimenti possano giustificare.
Possiamo dire che la depressione si può manifestare a quattro
livelli:
I. ad un livello affettivo: con umori cupi e sentimenti di inadeguatezza;
2. ad un livello cognitivo: con pensieri in cui l'insolubilità dei
problemi e la propria incapacità di cambiare la situazione
occupano un ruolo centrale;
3. a livello di motivazione: la persona non ha voglia né interesse
a partecipare a determinati avvenimenti sociali o ad impegnarsi in
qualcosa;
4. a livello fisico: la persona si sente esaurita fisicamente e in
grado di fare poco.
In breve: una visione tetra e negativa di sé, del mondo e del
futuro. Il fatto che la depressione si accompagni ad un negativo
funzionamento fisico ha dato il via a varie teorie sulle sue cause
biologiche
Attualmente vi sono molte teorie psicologiche sull'origine della
depressione:
- Spiegazione di origine psicodinamica: è quella secondo la quale
i fenomeni depressivi sarebbero una reazione all'esperienza di
perdita (Bowlby, 1980); una reazione alla separazione da qualcuno
verso cui si era sviluppato un certo affetto. L'interrompersi di una
buona relazione di amicizia o il sentirsi abbandonati dai genitori
danno inizio al cosiddetto processo di lutto.
- Impotenza appresa: collega la depressione ad un determinato
stile di pensiero. Questo porterebbe una persona, nel riflettere su
esperienze spiacevoli, a strutturare i propri pensieri secondo
modelli rigidi o a partire da presupposti errati.
Ad esempio: un individuo parte dal presupposto di non avere
alcun controllo sulle difficoltà cui va incontro, di cui si ritiene soltanto una vittima impotente. Oppure ritiene che la causa dei suoi
problemi sia da ricercare solo e unicamente in se stesso, ma di non
essere in grado di modificare il proprio comportamento o il
proprio atteggiamento in modo tale da prevenire nuove esperienze
penose.
Fenomeni psicotici e problematica borderline
Negli ultimi anni è divenuto di uso sempre più frequente il
termine borderline. Il significato letterale di questo termine,
«territorio di confine», indica in altre parole un certo senso di
prudenza: si adopera per indicare un quadro mutevole che a volte
sembra un quadro psicotico.
Con il termine psicosi si indica un quadro in cui il funzionamento della persona è disturbato in settori molto ampi: può essere
considerato inadeguato tanto il pensiero quanto la percezione ed il
modo di relazionarsi alle emozioni.
Il soggetto:
- parla in modo incoerente o esprime riflessioni bizzarre (il
che può indicare disturbi nel pensiero);
- afferma di udire voci o altri rumori, o di vedere immagini
non percepibili alle altre persone dell'ambiente (disturbi
della percezione: allucinazioni);
- rifiuta il comportamento sociale, reagisce molto lentamente
agli altri e sembra costantemente assorto a riflettere;
- non mostra in alcun modo reazioni emotive, o è invece assai
imprevedibile e privo di controllo nell'espressione di ansia
ed aggressività.
Uno stato psicotico può a volte essere spiegato direttamente con
l'uso di determinate droghe (sostanze che alterano gli stati di
coscienza, quali LSD, anfetamine o alcol). Ma anche una estrema
tensione psichica può portare ad uno stato psicotico.
Ma quando si scrutano più attentamente i vari settori della vita,
risulta che il funzionamento dell'individuo mostra una estrema
variabilità qualitativa. In alcuni campi egli funziona secondo
quanto è lecito aspettarsi in base al suo livello evolutivo, in altri
campi il suo comportamento è ingenuo, immaturo o inadeguato.
Inoltre tutto ciò può variare a seconda dell'umore dell'adolescente,
che si sente spesso vuoto, si annoia ed ha difficoltà quando è solo.
Fenomeni post-traumatici
Con esperienze traumatiche si intendono in genere esperienze
tanto dolorose che non è stato possibile elaborarle a sufficienza:
esse pertanto persistono a condizionare lo sviluppo ed il
funzionamento psichico dell'individuo in modo tale da ostacolare
il suo benessere. Si può pensare ad esperienze di violenza sessuale
o di altro genere, a gravi incidenti o a disastri naturali.
Ciò può manifestarsi in fenomeni assai disparati:
-
incapacità a reagire in modo vivace ed affettivamente
differenziato,
-
sintomi depressivi, crisi di panico, incubi, incapacità di
parlare per lungo tempo (ad esempio per alcune settimane),
balbuzie, disturbi nella capacità di concentrarsi, perdita
della memoria e tendenza a tormentarsi.
-
I tormenti, gli incubi e le crisi di panico si basano sul
rivivere, contro la propria volontà, le esperienze
traumatiche, in cui possono chiaramente emergere reazioni
emotive, paura, tristezza, collera.
Gli adolescenti con esperienze traumatiche alle spalle:
- hanno spesso un'immagine negativa di sé
- il loro comportamento sociale in seguito al trauma è spesso
meno adeguato rispetto a prima
- di frequente il loro rendimento scolastico è inferiore a
quanto ci si potrebbe attendere in base alle loro capacità
intellettuali
- l'immagine che hanno del futuro è pessimistica oppure
vendicativa.
Le vittime di esperienze traumatiche hanno spesso un
atteggiamento assai ambivalente verso l'aiuto che viene loro
offerto; essi spiegano questa ambivalenza col timore di trovare
incomprensione in coloro che intervengono per assisterli, o con la
paura di essere troppo di peso con le loro storie.
Negli adolescenti ciò si nota ancora di più: chiedere ed accettare
aiuto è infatti in conflitto con la necessità tipica del periodo
adolescenziale di cavarsela da soli.