Atti del convegno nazionale
"DALLA COMMEDIA DELL'ARTE
AL TEATRO DIALETTALE,
QUALE FUTURO PER IL TEATRO"
Agugliano, 1° agosto 2010
Organizzazione
Associazione “LA GUGLIA”
Agugliano (Ancona)
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
Giovanni Plutino
Coordinatore convegno
Sono contento di essere qui questa sera vorrei cominciare con un ringraziamento particolare a voi tutti perchè mi
avete dato l’occasione di assistere durante queste due settimane a dei lavori, a degli spettacoli molto validi
artisticamente e questo mi ha fatto molto piacere.
E’ stata un’ottima occasione anche per imparare, infatti spesso e volentieri si acquistano capacità andando a
vedere quello che fanno gli altri.
Questa esperienza mi è servita ed è stata interessante e quindi vi ringrazio.
Il tema di questa sera riguarda il teatro dell’arte: commedia dell’arte, “commedia all’improvviso” e l’influenza
che ha oggi all’interno della nostra società.
Tutti noi sappiamo come inizia il teatro: commedia dell’arte “commedia all’improvviso”, per questo mi
sono portato dietro un articolo di Luigi Pirandello che ha scritto il 31 gennaio del 1909, tratto dalla
rivista popolare e di politica: “Lettere e scienze sociali”. Tra le altre cose scrive:
“l’arte se vuole essere arte ha bisogno innanzitutto della sua libertà, costringere un autore drammatico a tener presente il
lato della creazione della qualità rappresentativa e degli esecutori è pressappoco come costringere un poeta a comporre un
sonetto a rime obbligate. Non lo scrittore deve adattarsi alla qualità dell’esecutore ma questi a quelli dello scrittore. O
meglio, nell’opera cui deve dar vita sulla scena, se l’attore non sa o non può, vuol dire che è un cattivo attore o è un attore
troppo unilaterale.”
Da questa lettura vorrei trarre lo spunto per argomentare una proposta di dialogo: nella nostra
quotidianità riceviamo sempre più spesso cibi materiali e immateriali, vedi l’informazione, lo spettacolo
tramite la tv. Sono già stati rimaneggiati ovvero triturati, ruminati, adattati per essere dati in pasto ad un
pubblico sempre e solo quantificato in termini di ascolto o share. Vorrei proporre questa domanda: Oggi
l’arte teatrale ha la necessaria libertà? E poi, il pubblico e lo spettatore è conscio della differenza tra un pasto
preconfezionato, fruibile in tv ed una performance teatrale dove la prima deve essere sempre quella buona?
Penso che queste siano le domande alle quali dovremmo rispondere. In che maniera va o potrebbe
andare il teatro oggi?
Ciro Cirillo
Comp. Teatrale “MA CHI M’’O FFA FA” - Giugliano (Na)
Io penso che gli attori che come noi fanno teatro con amore e non sono come quelli che lo fanno per
mestiere, abbiano il dovere di essere veri, di essere liberi di fare ciò che più li interessi e li motivi. Noi
siamo fortunati, perché il non dover fare cassetta ci rende liberi di scegliere i testi, di quantificarli, di
rimaneggiarli a nostro uso, con la nostra testa per dire quello che vogliamo dire. Oggi il pubblico della
televisione sa benissimo che il testo teatrale è tutta un’altra cosa e se è abituato alla televisione non
viene a teatro. Io penso che questo sia uno dei motivi della crisi che il teatro sta attraversando adesso;
troppa televisione, troppa roba triturata e rimaneggiata! Però abbiamo ancora fortunatamente gli
affezionati cioè quelli che vengono a teatro a vedere veramente e a provare delle emozioni che
certamente la televisione non può dare.
Giovanni Plutino
Coordinatore convegno
Il fatto di avere degli affezionati può bastarci?
2
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
Ciro Cirillo
Comp. Teatrale “MA CHI M’’O FFA FA” - Giugliano (Na)
Certamente no… però il nostro compito è fare in modo che questi affezionati siano sempre di più. Noi
che facciamo teatro amatoriale, non abbiamo tanta forza anche se dalle statistiche risulta che lavoriamo
con grossi incassi per la Siae e per gli autori. Penso che il nostro obiettivo sia coinvolgere ed interessare
quanta più gente possibile a questa arte antica ed emozionante che è il teatro.
Giovanni Plutino
Coordinatore convegno
Bisogna considerare anche che i nostri spazi teatrali si stanno riducendo, vuoi per i tagli fatti in linea
orizzontale da parte dell’amministrazione centrale, vuoi forse, per scarsa cultura da parte di qualche
politico. Gli spazi si riducono e, addirittura nella legge sul teatro, viene ignorato dai finanziamenti
quello amatoriale.
Nostro compito, secondo me, è ritagliarci uno spazio maggiore all’interno delle amministrazione per il
fatto che noi produciamo, e che ne dicano, cultura. Non soltanto due orette di svago, ma produciamo
cultura, perché, e voi lo sapete meglio di me, quando uno prende in mano un copione, sta lavorando su
un’opera e non sta lavorando sul niente. Riportare in scena un’opera di un autore che magari, come è
successo di vedere qui nelle Marche, fino a qualche tempo fa non era mai stata presa in considerazione,
puntare su una bellissima opera, è un lavoro meritorio di crescita culturale.
E’ importante questo perché la cultura ha bisogno del teatro e viceversa. Però farlo capire è difficile
perché i vari assessori preferiscono probabilmente più tette e culi che una opera o una commedia.
Ciro Cirillo
Comp. Teatrale “MA CHI M’’O FFA FA” - Giugliano (Na)
Certamente il teatro e la cultura non portano voti agli assessori e agli uomini delle istituzioni che hanno
bisogno di visibilità e di voti.
Per loro è molto più facile organizzare una serata con un cantante famoso, mettersi in mostra e
spendere 50.000,00 euro in una sera, piuttosto che dare 2.000,00 euro ad una compagnia amatoriale per
produrre uno spettacolo sicuramente di gran lunga più interessante.
Purtroppo penso che questa discussione fra noi sia scontata perché noi siamo tutti amatoriali;
produciamo cultura e ci sentiamo investiti di questa responsabilità: riportare cultura in quei posti dove il
teatro ufficiale sicuramente non arriverebbe mai, come in un paese come Agugliano.
Qui sicuramente non arriverà mai un Salemme, giusto per fare qualche nome, e quindi la nostra
funzione è di portare il teatro in posti dove il teatro non arriva e soprattutto di creare attorno a noi un
humus di partecipazione.
E’ vero che i nostri gruppi sono formati da 15/20 persone, però girano attorno a noi un altrettanto
numero di ragazzi, di anziani interessati che partecipano in qualche altro modo, e noi ci sentiamo
investiti di questa cosa, non dico di responsabilità perché nemmeno quella è, però questo nostro
impegno, quindi questa conversazione dovrebbe avere al centro qualche personaggio istituzionale,
qualche assessore, qualche sindaco per far capire il problema.
Adriana Bramucci
Componente la Giuria Tecnica del Festival Nazionale del Teatro Dialettale 2010
Abbiamo qui l’Assessore Berardi del comune di Agugliano.
Michele Pandini
“Compagnia di Lizzana” - Rovereto
Io sono d’accordissimo con quello che si è detto, però spesso mi faccio una domanda : Ma se non
riusciamo a riempire i teatri, sarebbe opportuno farci, noi, un esamino di coscienza?
3
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
Parlo della realtà trentina, non ne conosco altre, perché a mio avviso e stiamo parlando del teatro
dialettale ed amatoriale, spesso non riusciamo ad avvicinarci al mondo che abbiamo intorno adesso.
La commedia ha avuto la sua evoluzione quindi bisogna trovare il giusto metodo, non si può andare sul
palco a far vedere …… Probabilmente sono cambiati i ritmi di vita. L’abitudine al guardare adesso non
è più quella di un tempo; si è, purtroppo, più rivolta verso la televisione, dove i ritmi e tempi sono
diversi. La gente oltre ad ascoltare tende anche a guardare, quindi bisogna riuscire nel teatro a
coinvolgere lo spettatore: questo secondo me è il nostro compito: avvicinarsi un pò di più alle persone,
perché è bello crearsi una nicchia di spettatori, però purtroppo questa nicchia ha, un’età un pò avanzata
ed ho il timore che fra qualche tempo questa nicchia non ci sarà più.
Quindi un esamino di coscienza da parte nostra come compagnie amatoriali deve essere fatto. (Pandini
rivolgendosi ai rappresentanti del teatro napoletano) Non è la vostra realtà perché a livello di contenuti, di spettacoli
avete la fortuna di avere De Filippo, Scarpetta, quindi i testi ci sono, ma altre regioni non hanno questi
autori, non ci sono dei contenuti che possono sopravvivere, parlo per il Trentino.
In Trentino la maggior parte degli autori parla del parroco del paese che non c’è più, del maresciallo e di
tutte quelle figure che non esistono più; e l’uso del dialetto è quasi maltrattato perchè non si parla quasi
più, soprattutto i giovani, quindi ci stiamo allontanando e bisogna riuscire a trovare il giusto metodo.
Per concludere dico che è giustissimo quello che diciamo però dobbiamo aprirci e trovare il giusto
metodo.
Quello che diceva il sig. Plutino citando Pirandello, cioè che il regista deve sfruttare le capacità
dell’attore e trovarci l’abilità, e l’attore deve adattarsi al regista.
Quindi secondo me il discorso è uguale fra compagnia e pubblico, dobbiamo ingoiare tutti qualcosina e
riuscire ad avvicinarci. Non vorrei che fossimo in un periodo di selezione alla Darwin, voglio dire,
perché poi c’è chi sopravvive e chi no.
Ciro Cirillo
Comp. Teatrale “MA CHI M’’O FFA FA” - Giugliano (Na)
Fra i nostri compiti c’è anche quello di mantenere, valorizzare e portare ai ragazzi le nostre tradizioni
anche se siamo in un’epoca di globalizzazione, e il nostro compito come compagnie amatoriali è portare
e mantenere il dialetto. Purtroppo nel mondo amatoriale bisogna fare delle selezioni. La parola
amatoriale, che è bellissima e significa amore, comprende però purtroppo compagnie che si giudicano
compagnie ma che non lo sono, magari fanno quel mezzo spettacolo all’anno davanti agli amici,
parenti, e poi compagnie come, lo dico orgogliosamente, le nostre che hanno la capacità di confrontarsi
in altre regioni in altri luoghi, che hanno voglia di crescere, che hanno voglia di studiare, di sperimentare
e di fare quello che hai detto tu: regista, regia, attore: creare armonia per produrre spettacoli armoniosi.
C’è anche questa contraddizione: il teatro amatoriale è un mondo vastissimo dove, secondo me, molti
tendono a far cassetta e a voler fare solo ridere con spettacoli di basso profilo, con parolacce, per
tentare di vendere qualche biglietto in più.
Poche hanno il coraggio di andare oltre.
Michele Pandini
“Compagnia di Lizzana” - Rovereto
Non ritengo che il dialetto sia morto, assolutamente no, ne sono l’esempio tutta quella serie di
spettacoli della memoria, il ricordo delle guerre, l’immigrazione; questi sono spettacoli che funzionano
benissimo e che hanno anche le sovvenzioni perché parliamo di memoria.
Invece quello che secondo me sta mancando è proprio lo spettacolo teatrale amatoriale dialettale.
Ripeto voi avete (riferendosi ai rappresentanti del teatro napoletano) la fortuna di avere autori
importanti, noi parliamo di Goldoni, ma in altre regioni …..
Ciro Cirillo
Comp. Teatrale “MA CHI M’’O FFA FA” - Giugliano (Na)
Si, siamo fortunati perché abbiamo Eduardo, Scarpetta.
4
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
Noi pure Eduardo e Scarpetta rimaneggiamo per renderli fruibili anche ai giovani, e penso che il nostro
compito sia proprio questo.
Il nostro pubblico formato da anziani andrà a finire? No.....
Tanti ragazzi vengono a vedere i nostri spettacoli, vi partecipano e sanno apprezzare uno spettacolo
classico come quello di Eduardo, non dico rimaneggiato perché sarebbe un peccato, ma con i ritmi
giusti.
La sfida è accettare la possibilità ad autori nuovi, quelli viventi di rivisitare, cosa che una compagnia
professionista non metterà mai in scena.
Paolo Torrisi
Compagnia Teatrale “IL FOCOLARE” - Loreto (An)
Dico che il dialetto non deve scomparire; una compagnia dialettale, del vernacolo, esiste appunto per
non far morire quello che c’era, per riportare sempre su il ricordo, perché altrimenti si perde tutto
quanto. Ha detto una cosa bella D’Errico: oggi devi essere una compagnia brava, con degli attori che
impegnano lo spettatore, che quando recitano lo guardano e lo spettatore li sente e diventano un
tutt’uno, allora stai tranquillo che possono essere tre atti che tu vai liscio come l’olio. Naturalmente,
Scarpetta tu lo devi saper adattare. Avevo 11 anni quando ho iniziato a recitare. Ero timido, talmente
timido che quando vedevo una ragazza che mi piaceva e non la conoscevo, già a 50 metri di distanza
diventavo rosso. A scuola ero peggio di Fantozzi, sapevo la lezione ma non parlavo perché avevo la
voce mia. Ma, grazie al teatro, se io faccio Felice Sciosciammocca, io sono un altro, io divento una
bestia, il pubblico è mio, perché non parla Paolo Torrisi, parla Felice. Pensa cosa fa fare il teatro
all’introverso!!
Ritornando al nostro discorso, questi ritmi ci vogliono, il testo deve essere azzeccato e deve essere un
testo che manda dei messaggi. Oggi le compagnie che circuitano a livello professionale sono con scena
fissa, perché debbono partire in 4 o in 5, magari 2 tecnici, perché i 5/6.000,00 euro se li devono
dividere in pochi, quindi c’è una scarsa condivisione. Noi l’ultima rappresentazione che abbiamo fatto:
“Il medico dei pazzi” avevamo 20 personaggi che interagivano sulla scena, è durata 2 ore e mezzo e la
gente è stata soddisfatta, si è divertita. La cosa più difficoltosa è portare i giovani a teatro e a far teatro.
Ciro Cirillo
Comp. Teatrale “MA CHI M’’O FFA FA” - Giugliano (Na)
… e a trattenerli è la cosa più difficile
Paolo Torrisi
Compagnia Teatrale “IL FOCOLARE” - Loreto (An)
…. ritornando al teatro in dialetto, sostengo che deve continuare ad esistere. In Trentino è possibile
portare un testo di Scarpetta e deve essere raccontato nel dialetto locale. Io ho trasportato in loretano
un testo di Feigò, anzi per amore del teatro io, catanese, ho imparato a scrivere in loretano, in
marchigiano, a parlare come loro. Io vado a vedere tutti gli spettacoli perché c’è sempre da imparare,
anche da una compagnia che è agli inizi. Il dialetto è da rapportare. E’ stato fatto un rapporto fra un
dialetto trentino, napoletano, maceratese, anconetano? Proviamo, 30/40/50 vocaboli, vedere da dove
derivano. Io mi sono dovuto documentare per scrivere, leggere libri anconetani, maceratesi, loretani
ecc.
Lancio un’idea: far rappresentare lo stesso lavoro in dialetto a quattro compagnie, ognuna di una
regione diversa e poi dopo rapportarsi.
Alfredo Scarpato
Comp. Teatrale “MA CHI M’’O FFA FA” - Giugliano (Na)
Io non penso che sia solo questione di dialetto, anche le tradizioni sono importanti e sono diverse; uno
Scarpetta a Napoli non è lo stesso Scarpetta che si fa a Trento. Le situazioni non sono le stesse, la
cultura non è la stessa.
5
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
Paolo Torrisi
Compagnia Teatrale “IL FOCOLARE” - Loreto (An)
La cultura sono d’accordo, è diversa, ma… il cornuto esiste sempre, sia a Napoli, sia a Trento. La
gelosia esiste a Roma, a Catania…. Concludo affermando che il dialetto non deve morire, anzi deve
continuare e deve essere un’amalgama, un filo che unisce una regione all’altra, per cercare un linguaggio
comune.
Lorenzo Roscioli
Comp. Teatrale “Quinta dimensione” - Porto S. Giorgio (Fm)
Volevo collegare il mio discorso a quanto sviluppato da Pandini. Ritengo innanzitutto oggi il teatro
vittima della televisione, nel senso che il teatro non ha la forza della televisione perché nel suo interno
non sa nutrire se stesso.
Mi spiego e parlo anche in qualità di autore del “Il paese degli onesti”. Le ragioni per cui ho scritto questo
testo (10 anni fa) risiedono nella sventurata, malaugurata gestione della cosa pubblica da parte degli
amministratori che abbiamo visto nel periodo di tangentopoli. Come autore di teatro ho tentato di
cacciar via, di bandire, di ordire una autentica crociata nei confronti della trivialità e della cialtroneria,
che purtroppo risiede e abbonda nelle nostre file.
Ho scritto questo lavoro sentendo la necessità di informare, di criticare la società perbenistica borghese
che nella nostra città, Fermo, tiene chiuse alle compagnie amatoriali il teatro dell’Aquila, il teatro più
prestigioso delle Marche, il più grande: 700 posti, a livello dei più grandi teatri italiani. A ridosso di
Fermo c’è Porto San Giorgio dove una Giunta comunale giovane ha aperto il teatro a tutte le forze
teatrali della zona, senza esclusione alcuna; in questo modo abbiamo chiuso la televisione.
Noi siamo nati sulla scena due anni e mezzo fa con una rappresentazione coinvolgente: 32 persone, poi
è sorta una disputa con una compagnia di prossimità, ma ci siamo detti che 2 compagnie in una città
possono tranquillamente risiedere, non c’è rivalità; anzi nel dualismo risiede anche la voglia di
migliorare. Anche nella scrittura d’autore quando ti accorgi che c’è un lavoro realizzato in modo
migliore, a me suscita il desiderio di tornare a casa e prepararmi meglio per scrivere.
Scrivere significa scovare temi che possono essere interessanti; temi interessanti disturbano. Io ho
cominciato a scrivere della mia società. Il teatro amatoriale marchigiano era intriso di volgarità e
trivialità, addirittura il personaggio del contadino risultava l’essere più immondo che poteva esistere
sulla faccia della terra. Il matrimonio con mia moglie, attrice e regista, è stato fondamentale, le ho
dedicato quest’opera scritta la sera in treno quando ritornavo da Molfetta, dove risiedeva, per uccidere i
tempi. Mi ricordo che una sera vedendo una commedia di queste … non dico l’autore per rispetto del
defunto, ho detto basta, bisogna farla finita con questi spettacoli triviali ed ho pensato di diventare
autore teatrale per sfida. Il teatro in Italia si riforma attraverso il dialetto, quindi perché pensarlo come
un’opera di serie B? La letteratura italiana è fondata su un’opera colossale che è un lavoro dialettale, per
cui per quale motivo vergognarci? Nessuno ha trascurato il dialetto come lingua di prossimità, come
lingua genuina con cui comunicare i veri sentimenti, le pulsioni. Lo stesso Pirandello, attraverso il
dramma, scopre e scova nell’animo umano il dolore e la disperazione di chiunque e rende monumentale
il proprio ruolo.
Mi sono chiesto: Qual è oggi un tema interessante? Ho pensato alle mie recenti esperienze: un prelato, non
vi dico chi e non faccio nomi, che porta una valigetta piena di soldi a Como in frontiera; il notaio che
mentre faccio il passaggio di proprietà della casa mi chiede 7 milioni; gli avvocati di cui è piena Fermo
(tanto che dico in una battuta: - Come si chiamano gli abitanti di Fermo? - Avvocati!) . Faccio riferimento ai
mali del nostro Paese dove ancora esistono le categorie, gli ordini: l’ordine giornalistico, l’ordine dei
medici … e allora ho messo tutto nel “Il paese degli onesti” che è stata rifiutata, rigettata come opera dalla
compagnia Firmum, la più prestigiosa a livello storico della città di Fermo. Perché? Perché incoraggiava
il pubblico a riflettere su personaggi veri assai simili ai personaggi della commedia. L’autore deve avere
il coraggio della propria analisi e io li ringrazio per aver rifiutata perché quel rifiuto mi ha praticamente
proiettato nei più prestigiosi festival del teatro dialettale.
6
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
Io vi ho visto recitare ragazzi (Roscioli si rivolge ai colleghi presenti, rappresentanti delle altre
compagnie), mi permetto di esprimere un mio giudizio, che non è quello della giuria, vi ritengo favolosi
e ammiro tutti quanti i vostri lavori e per me essere qui oggi è una ragione di prestigio perché, mi sono
detto: - Se mi hanno selezionato, io valgo quanto loro, ed appartengo praticamente a questa ristretta cerchia che ha
portato questi lavori in esecuzione ad Agugliano!!! Sono soddisfatto per questo lancio della mia opera. E
quindi occorre coraggio! Questi signori hanno fatto delle scelte senza dire che il tal personaggio
assomiglia troppo a quello e che quell’altro personaggio assomiglia troppo a tal altro. A Fermo, invece,
mi hanno vessato, costretto a scrivere e a modificare una parte in favore di una loro attrice della quale
non volevano sacrificarsi.
Paolo Torrisi
Compagnia Teatrale “IL FOCOLARE” - Loreto (An)
E tu l’hai modificata?
Lorenzo Roscioli
Comp. Teatrale “Quinta dimensione” - Porto S. Giorgio (Fm)
No, …. anche se riconosco l’importanza di un attore storico e di prestigio all’interno di una
compagnia. Ritorno sul coraggio, che, scusate la mia presunzione, penso di aver avuto, perché poi mi
sono confrontato con altri lavori, ho cominciato a scovare testi di sostanza partecipando a rassegne, a
belle rassegne, convocato in giuria, con il semplice compito di spettatore. Cito autori come Pietro
Romagnoli, come Aldo Pisani di Pollenza, e, due mesi prima della morte scopro Massimo Mezzanotte
che mi omaggia di una sua opera, che però in quel momento, non so forse per cecità, forse per
presunzione, non apprezzo. Nella maturità scopro altri autori straordinari che non hanno avuto il
prestigio che secondo me meritano. Quindi oltre al coraggio, che dovrebbe essere insito in ogni autore,
bisognerebbe avere anche il tempo e la pazienza di fare archeologia teatrale e riesumare testi di autori
come Euro Deodori, autore della mia zona. Abbiamo pensato con un assessore di Porto San Giorgio di
mettere su una rassegna sulle radici delle Marche, valorizzando questo genere di teatro e di monitorare
con una lente di ingrandimento quegli autori che valgono realmente, quindi abbiamo censurato la
parolaccia, la trivialità. Quando il pubblico chiede un’esagerazione, calcare, forzare, ecc. ecc, la
parolaccia non è indispensabile. Termino dicendo che l’ultima opera che abbiamo poi realizzato è “Il
nido de li cucà” (il nido dei gabbiani) una stupenda storia allegorica di contenuto etico filosofico
dell’autore sangiorgese Cesare Catà, ventiseienne, che trae ispirazione da Yoshira Nokiro. E’ un’opera
colossale, densa di citazioni di Virginia Woolf, che tratta dei problemi sociali dei tempi attuali, ma
anche da ridere … E’ un bellissimo lavoro scritto da una persona di ventisei anni con l’obiettivo di
rendere omaggio alla propria lingua d’origine. Questo ragazzo è assessore alla cultura del comune di
Porto San Giorgio, uno dei rari casi in cui la cultura è presieduta da chi la sa gestire, da chi la produce.
Quest’ultimo aspetto serve a dire che occorre anche tanta fortuna: i due elementi viaggiano appaiati.
Adriana Bramucci
Insegnante, componente la Giuria Tecnica del Festival Nazionale del Teatro Dialettale 2010
Io direi che il teatro dialettale deve fare i conti con il fatto che i dialetti in qualsiasi lingua sono sempre
in evoluzione, altrimenti sono parole morte. La lingua è legata alla vita, alla storia, al contesto culturale,
sociale, per cui un teatro dialettale deve fare i conti con questo. Deve anche consapevolizzare che ci
può essere un teatro dialettale di memoria, che può essere presidio culturale di ciò che è stato, in una
prospettiva futura. Può essere anche un tipo di teatro che è proiettato al futuro e che tiene conto dei
testi nuovi, delle realtà nuove e delle modifiche che ha subito il dialetto. Il dialetto non è più lo stesso
per le contaminazioni che ha avuto. Per questo bisogna fare i conti con molta onestà, altrimenti
abbiamo dei prodotti confezionati ma antichi con i quali qualsiasi persona con meno anni non può
rapportarsi, perché c’è un contesto talmente lontano dalla sua realtà che non gli permette neanche di
avviare quel processo identificativo che il teatro permette. Un’altra cosa è che non sempre il teatro dà
messaggi, espressioni. Credo che il percorso sia un pochino più lungo e che dobbiamo andare avanti ma
7
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
anche pensare a come strutturare le basi per il futuro. Un ragazzo di quindici anni, un ragazzo di
vent’anni oggi non si accosta al teatro dialettale, non perché non gli interessa ma perché il contesto
sociale, culturale non gli permette di fare i conti con i sentimenti; ha un altro modo, un altro rapporto,
un’altra tipologia percettiva rispetto alla realtà, non ha più le nostre modalità e i tempi e le attenzioni
d’ascolto sono diversi. E’ come se noi chiedessimo ad un bambino oggi di stare due ore a sentire una
lezione: non ci può stare, non perché è un cattivo bambino, non perché ha dei disagi alle spalle, ma
perché è un bambino di questa società. Anche nel teatro, secondo me, bisogna fare i conti con questo.
Educare, quindi, tenendo conto di questa modalità diversa.
Credo che sia una prospettiva che ci possa permettere di seminare e, senza presunzione, di raccogliere,
per poter poi avviare un processo. Una cosa molto interessante credo sia il discorso dell’archeologia
teatrale che è molto interessante, ma non il discorso di equiparare tutti i dialetti, perché secondo me
linguisticamente non è corretto. Bisogna essere in grado di mettere in circuito i testi dei vecchi e dei
giovani, che ci sono regione per regione; questo vuol dire acquisire un bagaglio culturale, una memoria
del teatro che può essere utile a tutti, perché questa è una memoria che costituisce la nostra storia
regione per regione e in circolazione faccio difficoltà a vederlo.
Giovanni Plutino
Coordinatore convegno
Torno alla riflessione fatta prima da Lorenzo Roscioli sul fatto che ha prodotto lo spettacolo che
abbiamo visto perché voleva far riflettere su alcuni comportamenti di alcuni personaggi. La riflessione:
come dicevo prima quando ho fatto l’introduzione, il fatto stesso che molte persone si siano ormai
abituate a servirsi e pasteggiare tutti i giorni con l’informazione, con gli spettacoli in televisione che
sono triti e ritriti, formattati, fatti in modo di essere fruiti dalla platea del pubblico, non ci aiuta, perché
chi viene a teatro, viene anche per riflettere, perché certe situazioni fanno riflettere. Quello che manca
oggi è la riflessione, certo non parliamo di Bertold Brecht, ma parliamo del teatro che stiamo facendo
che spesso ci porta alla riflessione, che è una cosa importantissima.
Aroldo Berardi
Assessore alla Cultura del Comune di Agugliano
Innanzitutto, per chi mi conosce, qui non siamo in tanti di Agugliano, la figura dell’assessore tipica che
avete pensato voi scordatevela assolutamente. Io sono un aguglianese che canta a livello amatoriale da
trentacinque anni e che è assessore da 4-5 anni, che vive tutte quelle problematiche che voi vivete nel
teatro, nel canto per cui capisco e conosco perfettamente tutte le problematiche che voi avete indicato.
Il discorso del ruolo della televisione è quello che sappiamo tutti, e riguarda anche l’aspetto canoro, ecc.
La prima cosa che io ho fatto, quando sono diventato assessore, è dare spazio e possibilità espressiva a
tutti, comunque e dovunque, perché era quello che mancava quando ci proponevamo noi e
continuiamo a fare a livello musicale. Per cui, da quando sono diventato assessore mi sento
doppiamente arrabbiato rispetto agli altri, come cittadino e come assessore, perché vedo la povertà di
mezzi e di strutture e la scarsa possibilità che noi abbiamo per poter gestire come vorremmo una
ampia manifestazione espressiva nella nostra comunità.. Per quanto mi riguarda dal punto di vista del
rapporto con il teatro dialettale non posso far altro che ringraziare chi propone una rassegna del genere,
come gli amici de La Guglia, perché senza una struttura associazionistica che se ne occupi, la struttura
pubblica non sarebbe in grado di realizzarla per mancanza di soggetti disponibili. Quello che posso e
spero di fare è dare più spazi, opportunità e disponibilità per la realizzazione di questa e altre
manifestazioni simili. Da un paio d’anni La Guglia gestisce anche una formula scolastica, un corso di
teatro rivolto ai bambini tramite un insegnante che sta insegnando teatro e dialetto e noi abbiamo
fornito, per quanto era possibile, le strutture per poterlo fare nella più assoluta gratuità.
La nostra fortuna sono le associazioni come La Guglia, Agugliano ci unisce ed altre che svolgono
attività di carattere culturale … a cui noi diamo la possibilità di esibirsi e per le quali forniamo spazi.
Abbiamo fatto recentemente anche una manifestazione importante sul gelato e abbiamo gestito tre
serate. In una serata abbiamo dato spazio anche ad un ragazzo locale che si è fatto un testo attuale in
8
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
dialetto e che ha declamato quella sera. Noi ogni anno facciamo la festa del patrono a gennaio, nei locali
del cinema teatro Ariston è aperto a tutti e in questa occasione i vari gruppi parrocchiali ed altri
preparano scenette in dialetto. Per questa ricorrenza abbiamo degli autori storici di Agugliano, piccoli
autori di paese, che però da anni, parlo per esempio di Flavia Lattanzi, racconta le vicende del paese in
dialetto e le propone ai ragazzini. Ormai sono diventati ragazzini grandi quindi anche questo aspetto
noi vorremmo che non morisse e per quello che ci riguarda non morirà perché da parte nostra gli spazi,
l’attenzione e la disponibilità ci saranno sempre.
Questo è quello che nel nostro piccolo garantiamo e che al momento sta dando i frutti grazie, ripeto,
alle associazioni.
Alfredo Scarpato
Comp. Teatrale “MA CHI M’’O FFA FA” - Giugliano (Na)
Uno dei nostri compiti è quello di portare degli autori in scena, che i professionisti non porteranno mai.
Noi portiamo in scena questo spettacolo di Luciano Medusa che oltre a Napoli non è mai arrivato.
Quindi penso che sia nostra responsabilità scovare testi attuali e contemporanei che dicano qualche
cosa, e che magari, senza apporto delle compagnie amatoriali, non avrebbero mai visibilità.
Lorenzo Roscioli
Comp. Teatrale “Quinta dimensione” - Porto S. Giorgio (Fm)
L’opera che secondo me rivela meglio il valore di Edoardo è “L’arte della commedia”.
E’ una straordinaria polemica nei confronti del teatro stesso e delle difficoltà in cui navigava, contro le
istituzioni dell’epoca, e rifletto sul fatto che il teatro come la televisione può autorete-renziarsi partendo
da quel poco che ha, cominciando a “monire”, ad educare quelle 200 persone che dovrebbero venire in
quella serata e te ne trovi 80!
Capisco che l’attuale situazione non consente alle varie amministrazioni di investire sul teatro ma, è un
tentativo da fare. Credo che non manchino le circostanze sociali, oggi, su cui dibattere, su cui fare del
teatro, quindi buon lavoro a tutti!!!
Aroldo Berardi
Assessore alla Cultura del Comune di Agugliano
L’aspetto amatoriale secondo me è rende leggermente più liberi e quello che fa la differenza è nella
qualità e nel piacere di chi ascolta ma, proprio perché siamo tutti amatori, dovremmo essere liberi di
proporre quello che piace a noi in base a quello che noi vorremmo esprimere, allora voi continuate a
proporre perché è giusto che la libertà dell’autore o dell’artista sia esaltata ai massimi livelli.
Dal punto di vista istituzionale pretendete dalle istituzioni che vi diano spazi.
E’ assurdo che si chiudi un teatro per partito preso, voi, da cittadini, pretendete gli spazi.
Paolo Torrisi
Compagnia Teatrale “IL FOCOLARE” – Loreto (An)
Io mi ricordo come è cominciato ad Agugliano.
Passo su passo è arrivato, ha iniziato con le compagnie regionali marchigiane e pian piano si è allargato
e abbiamo cominciato a parlare di dialetti ed è arrivata a essere ad un livello nazionale.
Quindi se in una piazza una compagnia teatrale è stata vista da 80 persone, se ha lavorato bene il
prossimo anno ce ne saranno 160 e il terzo anno ti aspettano.
Dobbiamo aver fiducia su quello che facciamo e su come lavoriamo, dare il massimo delle nostre
capacità.
Non siamo professionisti e se facciamo una cosa è perché ce lo sentiamo.
La compagnia si forma sempre su quattro e poi ruotano tutti attorno e cambiano, ma se quei quattro
spariscono sparisce anche la compagnia.
Quindi bisogna avere fede e andare sempre avanti.
9
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
Antonietta Bramucci
Componente la Giuria selezionatrice le compagnie del Festival Nazionale del Teatro Dialettale
2010
“La Guglia” è da tanti anni che porta avanti il discorso del dialetto. E’ iniziato con il teatro, poi si è
esteso anche alla poesia ed attualmente al concorso “Poesia senza confine” partecipano adulti, ragazzi e
bambini. Le due iniziative hanno visto una forte rispondenza e ciò è molto importante perché la poesia
in dialetto non è cosa semplice soprattutto se proposta a soggetti che abitualmente non parlano e
pensano in dialetto.
E’ una forma di cultura che può essere considerata subordinata alla grande poesia, ma in effetti è un
genere che ha una grande rapidità, è capace di esprimere le emozioni più sottili.
Se un vocabolo non è compreso nel suo significato è come riconosciuto nel momento in cui viene
detto e quindi della dizione del vocabolo stesso.
Pian piano in questo percorso decennale si è passati dalla poesia alla poesia in dialetto, alla poesia in
dialetto per le scuole, alla poesia degli adulti, alla poesia dei ragazzi e poi in contemporanea il teatro,
prima il teatro delle Marche adesso il teatro dialettale nazionale con compagnie teatrali provenienti da
tutta Italia (circa 40 le compagnie che inviano i loro lavori).
Silvia Grezzi
Compagnia Teatrale “QUEI DE SCALA SANTA” - Trieste
Da quello che ho sentito mi è sembrato di capire che la difficoltà primaria è quella proprio del recupero
del dialetto e questo mi fa pensare che per noi di Trieste sia leggermente diverso che nelle vostre
regioni e nei vostri paesi usate veramente poco il dialetto. Nella nostra realtà è abbastanza diverso, a
Trieste, ma in tutto il Nord-Est, il dialetto è molto utilizzato
Antonietta Bramucci
Componente la Giuria selezionatrice le compagnie del Festival Nazionale del Teatro Dialettale
2010
In questo momento è una lingua di risulta e le nuove generazioni non parlano il dialetto. Nella nostra
zona non è molto utilizzato e noi abbiamo necessità di recupero di origini proprio perché attualmente
sono rimasti gli adulti di alcuni ceti sociali, gli anziani che ancora hanno dimestichezza con il dialetto,
ma ciò non fa parte delle nuove generazioni.
Silvia Grezzi
Compagnia Teatrale “QUEI DE SCALA SANTA” - Trieste
Noi abbiamo anche tanti dizionari dal triestino all’italiano e ultimamente è uscito dall’italiano al triestino
che è utilissimo perché se sfugge momentaneamente un vocabolo antico si cerca in italiano e lo si trova
in triestino.
Paolo Torrisi
Compagnia Teatrale “IL FOCOLARE” – Loreto (An)
Io ho in compagnia Rita Papa, brava attrice comica che si muove in un modo meraviglioso ma non
riesco a farla parlare in dialetto come Dio comanda e per me quindi rimane brava al 90 %.
Adriana Bramucci
Componente la Giuria Tecnica del Festival Nazionale del Teatro Dialettale 2010
Altre zone d’Italia hanno il dialetto, Ancona non ha un dialetto. Noi abbiamo una cadenza, abbiamo un
vernacolo, abbiamo delle parole specifiche. Gli altri hanno un dialetto che è lingua, è questa la
differenza e nella lingua nasce poi anche la produzione. Noi adattiamo le situazioni e parliamo diciamo
10
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
il dialetto, ma è la cadenza soltanto che ci fa essere poi, quando uno sente in televisione l’anconetano o
zone limitrofe, volgare.
Aroldo Berardi
Assessore alla Cultura del Comune di Agugliano
C’è l’eliminazione delle doppie nell’anconetano mentre nell’aguglianese non c’è. Il discorso che dicevo
prima è in Agugliano anche i ragazzini, anche i figli degli extracomunitari che sono venuti ad abitare qui
parlano il dialetto, ma il dialetto aguglianese è diverso da quello di 40 anni fa perché allora c’erano i
nonni che parlavano il vero dialetto aguglianese. Adesso è un meticciato molto anconetanizzato e le
forme linguistiche si sono un pò omogeneizzate. Invece tutta una parte del nord-est ha la sua
specificità, però questa è la realtà nostra.
Giuseppino Crispini
Componente la Giuria selezionatrice le compagnie del Festival Nazionale del Teatro Dialettale
2010
Io sono uno dei responsabili della scelta delle compagnie. Il compito nostro è stato difficilissimo perché
non abbiamo visto come è scritto nel bando il dialetto stretto, noi cerchiamo la cadenza perché tutti
devono capire e abbiamo cercato di evitare quelle compagnie dalla battuta e dalla risata facile.
Quest’anno abbiamo fatto proprio una scelta mirata a questo. Chi ha visto tutte le compagnie si è reso
conto della scelta che abbiamo fatto, correndo anche dei rischi, perché se lo spettatore non è educato
probabilmente è lo spettatore che aspetta la parolaccia, però compito dell’associazione penso sia anche
quello di educare, quindi lo sforzo che sta facendo La Guglia è proprio quello, sia con il concorso di
poesia sia con il festival del teatro: cerca di educare e di creare anche una società diversa più matura, più
aperta e per questo il festival dà una mano molto buona.
Viviano Vannucci
Comp. Teatrale “PER L’ACQUISTO DELL’OTTONE” - Prato
Io volevo sapere, dato che conosco la compagnia di Napoli, chi sono le altre compagnie.
Paolo Torrisi
Compagnia Teatrale “IL FOCOLARE” – Loreto (An)
Io ho una compagnia che non ha partecipato alla rassegna. La mia compagnia è Il Focolare di Loreto in
provincia di Ancona.
Michele Pandini
“Compagnia di Lizzana” – Rovereto (Tn)
Noi siamo la compagnia di Lizzana, veniamo da Rovereto. Abbiamo presentato “Quattro attori in cerca
d’autore”, facciamo sia commedie dialettali che commedie in italiano.
Andrea Castelletti
Compagnia “TEATRO IMPIRIA” - Verona
Noi siamo la compagnia Teatro Impiria di Verona. Abbiamo presentato “Il ponte sugli oceani. Amori”, non
facciamo teatro dialettale principalmente però questo spettacolo l’abbiamo in una versione dialettale e
quindi abbiamo visto che per certe parti risponde meglio, infatti è la lingua per cui è stato anche
pensato, perché parla di emigranti. Per una scelta di circuitazione nazionale noi come compagnia
cerchiamo di fare teatro in italiano. Il mio plauso va agli organizzatori degli spettacoli dialettali perché a
me capita che mi propongano molti testi dialettali, purtroppo a malincuore, spesso dico di no.
Io amo il dialetto e sono uno che fa anche personalmente una battaglia per il riconoscimento della
lingua veneta, purtroppo voi siete tutti fortunati perché non avete il problema della Lega, perché da noi
quando si fa un discorso di identità culturale e di recupero delle tradizioni si scivola facilmente nel
11
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
contesto politico e ciò è assurdo perché se lo fa un’associazione, un’espressione culturale di sinistra
assume certe connotazioni, se lo fa il leghista ne assume altre diametralmente opposte, quando in realtà
si sta parlando della stessa cosa.
La difficoltà di fare spettacoli o iniziative e rassegne per la valorizzazione della lingua, della cultura
locale, da noi, è sempre un problema politico. Laddove l’assessore è leghista l’appoggia, però magari la
scuola, il preside, la biblioteca non vogliono perché sembra un’iniziativa leghista. E’ una cosa assurda da
cui non se ne esce. Quando mi sottopongono dei testi in veronese, in veneto, il mio primo impulso è di
rifiutarli, non perché non credo nel dialetto, ma perché diviene un forte limite alla circuitazione. Ben
vengano festival come questi che consentono a realtà dialettali di andare fuori dal luogo di provenienza;
io invece le rifiuto perché cerco di fare meno repliche possibili nella mia città per cui cerco di
dissociarmi e il mio piacere è girare il più possibile. L’80% delle nostre date sono in giro e il dialettale
purtroppo ha il limite di circuitazione. L’altro limite è che, sebbene il 70% circa della popolazione in
Veneto parli, normalmente, quotidianamente il dialetto, il teatro dialettale non attira i giovani perché chi
lo fa spesso scivola nella commedia di bassa lega, con la battutaccia, la risata facile, quando invece per
attirare i giovani bisogna trovare dei linguaggi teatrali a loro più vicini.
La grossa sfida che deve portare avanti il teatro dialettale, oltre a quello di trovare le risorse per questi
festival e iniziative analoghe per circuitare di più, è anche riuscire ad avvicinarsi ai giovani non tanto
perché parlano o non parlano il dialetto ma quanto perché il linguaggio teatrale che si utilizza deve
avvicinarsi al loro. Spesso facendo il teatro dialettale si va un pò nel teatro di tradizione e quindi
lontano da quello che è l’attuale capacità dei giovani di vedere su uno schermo di cinque finestre aperte
contempora-neamente. Bisogna fare un teatro diverso che il dialettale a volte per chi lo fa non è nelle
sue corde. E’ quindi una sfida quella di avvicinare i giovani al teatro, ma facendo il dialettale è un pò più
difficile.
Lorenzo Roscioli
Comp. Teatrale “Quinta dimensione” - Porto S. Giorgio (Fm)
Sono della compagnia Quinta dimensione di porto S. Giorgio nata due anni fa. Per riprendere
l’osservazione del collega, faccio presente il tentativo di Piero Perfini, attuale presidente della
compagnia e attore, di coniugare teatro e danza. Lui è campione nazionale di tango argentino e ha
inventato “Il tango che passione”, una storia di due emigranti che vanno in Argentina, (tema
dell’emigrazione) e in questo spettacolo abbiamo inserito i giovani attraverso il ballo, in tutto 32
persone. Addirittura due ragazzini che iniziavano i primi passetti nella taverna, per riuscire a unire
alcuni tratti generazionali che si avvicinano al teatro. Per la mia esperienza diretta ricordo che a
vent’anni di non avevo alcun interesse per il teatro, ma alla letteratura in genere. Io mi sono convertito
intorno ai 28-29 anni quando, chiamato a dover scrivere gli atti in ufficio, ero chiamato a una letteratura
migliore e ho cominciato a nutrire una passione per la scrittura, per l’eloquio, per la letteratura in
genere. Poi ho scoperto tante altre cose che, magari l’avessi fatto prima, dico oggi. Ma non c’erano
proprio interessi in tal senso!! C’era un signore, tale Graziano Ferroli che per la Marche è una persona
conosciuta, che mi portava nel teatro sotto casa, mi allestiva la Mandragola e io ero costretto a vederlo
abbandonando i miei amici con cui avrei preferito il gioco del poker, ed ero costretto a sorbirmi il
teatro ….. ma….. pian piano mi innamoravo. I giovani oggi sono iper bombardati di stimoli, di
informazioni, di notizie che possono attingere dovunque, ma noi stessi siamo vittime di questo. Il fatto
ogni tanto di impegnarci del tempo, di godere del buon teatro secondo me è una risorsa cui non porre
limite, non porre freno. Inoltre l’interesse e la passione si alimentano anche attraverso dei percorsi. Mio
padre sentiva l’opera lirica e io a tre anni cantavo “che gelida manina”, è chiaro che poi chi non ha
avuto queste possibilità non avrà mai la strada maestra o la strategia per accedere al teatro. Io
comunque continuo, il dialetto sarà riduttivo e non porterà a riconoscimenti, ma io continuo a scrivere
per la mia provincia. Mi piace che la gente con cui dialogo possa apprezzare il mio pensiero, la mia idea
per quella che è, non devo avere manie rivoluzionarie. Per esempio non ho lo stesso dramma che
viveva Brecht. Brecht cambiava stato come io mi cambio le scarpe, non ho questi problemi drammatici
ma ho altri problemi. Vedo per esempio a Fermo una disoccupazione straordinaria e tutti dicono che va
12
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
bene, chiudono due fabbriche al giorno; il tribunale di Fermo discute due cause di fallimento al giorno e
secondo voi non ci sta un problema da analizzare? In dialetto soprattutto, affinchè il messaggio arrivi
anche ai giovani che sono i testimoni e anche i protagonisti di questa crisi internazionale. Quando si
parla di problemi sentiti, vedi come si avvicinano al teatro e noi abbiamo trovato anche parecchi
giovani!!! Va detto, e questo è stato uno dei temi portanti della discussione, che i giovani, quei pochi a
cui piace il teatro, hanno la percezione che il teatro amatoriale o dialettale sia il teatro triviale, il teatro
brutto. Ma non ce l’hanno soltanto i giovani. Io ho insegnanti, professionisti, gente affermata che dice
che non va a vedere il teatro dialettale perché è un teatro volgare, un teatro che li annoia. Buttiamo
fuori dal teatro il malcostume, l’approssimazione e ritroviamoci in queste circostanze che servono
proprio per rinfrancarci, per superare le difficoltà che naturalmente si trovano.
Sabrina Gregori
Compagnia Teatrale “QUEI DE SCALA SANTA” - Trieste
Noi siamo di Trieste, la compagnia si chiama “Quei de scala santa” Io sono Sabrina Gregori, attrice,
Silvia Grezzi è la regista. Noi abbiamo una realtà un pò diversa nel senso che siccome anche da noi il
dialetto è molto utilizzato da tutte le categorie sociali, in tutti i contesti sociali, non si cerca di
rappresentare solo per il recupero dialettale quindi le commedie di una certa epoca per mettere in scena
un certo tipo di dialetto da recuperare e da ricordare, ma si mettono in scena anche commedie molto
recenti. Mia madre è un’autrice di teatro dialettale e abbiamo rappresentato diverse commedie sue dove
si mette in scena quello che è la quotidianità adesso, con il dialetto. Anche il discorso del dialetto più
triviale, sì esiste anche da noi, però nel contesto nostro, nell’armonia delle compagnie teatrali di cui
facciamo parte, questo non c’è.
Tutti cercano anzi di portare in scena della cose di un buon livello senza dover ricorrere a questo
aspetto.
Il discorso dei giovani a teatro penso che sia più un problema del teatro. Nel nostro caso per fortuna
stanno intervenendo sempre più giovani come attori nelle compagnie, di conseguenza arrivano gli
amici, funziona un pò così nel teatro dialettale, si attira con le conoscenze e poi c’è il passaparola.
Quindi più attori giovani ci sono nelle compagnie e più contorno di giovani ci sarà.
Lorenzo Roscioli
Comp. Teatrale “Quinta dimensione” - Porto S. Giorgio (Fm)
Concordo, noi abbiamo messo in scena una commedia di un autore ventiseienne e si è portato tutta la
fascia generazionale dai 18 ai 26 di Porto San Giorgio.
Quindi un’intera città di quindicimila abitanti ha portato a teatro la fascia post adolescenziale.
L’importante è sapere investire sulle forze giovani.
La mia compagnia, Sara Pirani e Mirco Abruzzetti, siamo al di sotto dei 25, quindi eccolo qua.
Sabrina Gregori
Compagnia Teatrale “QUEI DE SCALA SANTA” - Trieste
Noi abbiamo la fascia di età dai 12 fino agli 80 anni.
Lorenzo Roscioli
Comp. Teatrale “Quinta dimensione” - Porto S. Giorgio (Fm)
Il mio corpo di ballo è costituito da minorenni e questo aiuta, fanno propaganda al teatro, il teatro è
autoreferenziale: può aiutarsi a propagandarsi.
La scuola, questa è un’altra critica che muovo, non insiste molto sul dialetto.
Purtroppo oggi è ancorata all’istruzione di tre-quattro lingue, manager perfetto, ecc. ecc. Secondo me
dovrebbe prendere esempio dal mio insegnante Francesco Quinzi che credeva nella ricerca della
memoria e ci portava fuori ad intervistare le persone per risalire ai commenti reali e alla autenticità
storica di eventi e fatti.
13
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
La mia generazione è cresciuta facendo dialetto su strada, ricomponendo la storia, drammatizzandola,
teatralizzandola e quando hai delle risorse così non puoi non apprezzare o non seguire il teatro
dialettale.
Alfredo Scarpato
Comp. Teatrale “MA CHI M’’O FFA FA” - Giugliano (Na)
Noi siamo una compagnia napoletana. Il nostro nome sintetizza il convegno, praticamente: ”Ma chi
m’’o ffa fà”. Noi abbiamo la fortuna di avere un dialetto, o una lingua che sia, che possiamo portare a
Rovereto, a Verona, a Gorizia, Pordenone, ecc… e ci chiedono di non cambiare niente, quindi è una
fortuna. Portiamo Edoardo, Marotta, la tradizione di Napoli giustamente riveduta nei tempi, nei ritmi,
ecc… però portiamo anche testi come questo, altri autori contemporanei viventi che danno un
messaggio diverso, parlano della quotidianità e dei problemi con il linguaggio dei ragazzi. Cerchiamo di
alternare e di avere nel repertorio questi due aspetti cercando di fare il nostro meglio per attirare ragazzi
e adulti.
Adriana Bramucci
Componente la Giuria Tecnica del Festival Nazionale del Teatro Dialettale 2010
Signor Vannucci, perché la vostra compagnia si chiama “Per l’acquisto dell’ottone”?
Viviano Vannucci
Comp. Teatrale “PER L’ACQUISTO DELL’OTTONE” - Prato
C’è un saggio di Bertold Brecht che si chiama “L’acquisto dell’ottone” e lui dice: - Io quando vado in un teatro
sono come un commerciante di ottone e non voglio gli strumenti di cui è fatta una banda non mi interessa il trombone ma
mi interessa l’ottone perché da lì posso ripartire per fare cose nuove.
Questa era un pò l’idea: il nome per prima cosa, perché ci fosse qualcuno che mi chiedesse .... per cui
incuriosire.
Quando nasci come compagnia hai sempre la pretesa di portare avanti il tuo discorso e nel nostro caso
si è concretizzato nel fatto di non avere uno spazio teatrale e come s’è visto è molto difficile entrare nei
teatri.
I teatri della Toscana sono occupati da compagnie che sono lì da decenni e non ci sono spazi nuovi per
cui abbiamo fatto di necessità virtù e quasi tutti gli spettacoli compreso quello che è stato presentato qui
ad Agugliano e che ringraziamo la giuria, sono stati fatti per fare delle piazze, creare degli spazi
alternativi nei cortili poi a volte siamo entrati nel teatro però principalmente partiamo da questo punto
di vista perché visto che è cosi difficile entrare nel teatro e visto anche che ci vanno sempre meno
persone, cerchiamo di fare cose che portano gente.
Per esempio, a Prato, quando uscì il film di Benigni su Pinocchio avevamo fatto uno spettacolo in cui
prendevamo uno di questi vecchi carretti dove avevamo messo sopra alcune figure, mangiafuoco, il
grillo parlante e andavamo in giro per la città fermandoci a certi angoli dove c’era più gente presentando
delle scene di Pinocchio e girando per la città mettevamo sul carro i bambini che ci seguivano.
Certamente non è teatro di strada perché il teatro di strada ha i suoi codici però era un modo per uscire
proprio da questa difficoltà: entrare nel teatro.
Note conclusive
Giovanni Plutino
Coordinatore convegno
Dalla vasta discussione che è seguita alla mia domanda iniziale “Oggi l’arte teatrale ha la necessaria libertà? E
poi, il pubblico e lo spettatore è conscio della differenza tra un pasto preconfezionato, fruibile in tv ed una performance
teatrale dove la prima deve essere sempre quella buona?” posso trarre alcune conclusioni:
14
Agugliano, 1° agosto 2010 - Atti del convegno nazionale
"Dalla commedia dell’arte al teatro dialettale, quale futuro per il teatro"
In un corso al quale ho avuto l’onore ed il piacere di partecipare ed il cui maestro era Eugenio Barba,
ho particolarmente apprezzato un’affermazione nella quale egli diceva che il teatro deve creare
“Relazioni & Ramificazioni”; che significa ciò??
Nella città in cui ha sede l’Odin Teatret (Holstebro-Danimarca), Barba ed i suoi ogni due, tre anni,
propongono una festa alla quale partecipa tutta la città, un esempio: i vigili del fuoco, il coro dei
poliziotti che fanno da contrappunto ad un altro degli immigrati, l’esercito che partecipa con delle
parate e tutto cosi si trasforma, diventa un immenso palcoscenico nel quale poter partecipare e essere
contemporaneamente spettatori.
Agli inizi non era certo così, ma l’inclusione graduale ha portato a questi risultati.
Forse quarant’anni e passa fa le parole “Relazioni & Ramificazioni” avevano un significato vuoto,
infruttifero, in un paese che era assolutamente ostile ad ogni forma artistico-teatrale, ma la passione, la
dedizione e l’amore per il teatro hanno costruito questo straordinario risultato.
Tornando nel concreto del nostro seminato forse anche noi dovremmo prendere esempio da quanto è
già avvenuto. Il dialetto, che fa parte del nostro vivere quotidiano e che è memoria delle nostre radici,
deve essere il rinnovabile serbatoio di fatti stimolati e pungolati degli ironici contrasti raccolti da autori
che colgono la rapida trasformazione della nostra società.
Ma ciò è una parte della soluzione, la rimanente dovrebbe essere affidata alle “Relazioni &
Ramificazioni” alla passione alla dedizione e all’amore per il teatro.
Vi ringrazio per la gentile disponibilità e ringrazio tutti coloro che hanno partecipato quindi vi auguro di
cuore buon teatro perché ne abbiamo veramente bisogno. Bravi a tutti!
15