stagione 2012 - 2013
Fabriano
Teatro Gentile
Città di Fabriano
22 NOVEMBRE 2012
residenza di riallestimento
Nuovo Teatro
diretto da Marco Balsamo
Teatro Stabile dell’Umbria
diretto da Franco Ruggieri
Bis Tremila
FURIOSO ORLANDO
UN ISPETTORE
IN CASA BIRLING
Bis Tremila - Molise Spettacoli
in collaborazione con
Festival Teatrale di Borgio Verezzi
ballata in ariostesche
SPIRITO
ALLEGRO
rime per un cavalier
narrante
di Noel Coward
traduzione e adattamento
Nino Marino
con Corrado Tedeschi, Debora Caprioglio
e con Marioletta Bideri
Antonella
Piccolo,
Mario
liberamente
tratto
da Patanè
Alessandra
Toniutti,
Marchione
Orlando Furioso di Marina
Ludovico
Ariosto
regia
Patrick Rossi
Gastaldi
adattamento
teatrale
e regia Marco Baliani
scene
Andrea Accorsi
Bianchi/Forlani
con Stefano
e Nina Savary
costumi
Giovanni
Ciacci
scene Bruno
Buonincontri
costumiluci
Alessandro
Lai
disegno
Umile Vainieri
disegno luci Luca Barbati
Il campo di battaglia è allestito, eserciti di fedi
diverse sono pronti ad affrontarsi, ma appena
il canto parte, tutto si dissolve. Basta che Angelica
fugga a cavallo ed ecco che la Storia grande
si sfalda e lascia il passo ad un infinito
inseguimento di piccole ma dense vicende,
l’un dentro l’altra avviluppate. Dal rocambolesco
proliferare di avventure e personaggi che anima
la gran giostra dell’Orlando Furioso di Ludovico
Ariosto, ho scelto di seguire una sola traccia,
quella che permette all’intero poema, fin dall’inizio
appunto, di dispiegarsi e vivere, le orme che
Angelica lascia sul terreno, quella è la traccia
da seguire. È come se da subito ci fosse un suono
che accompagna tutte le storie, un galoppare
di cavalli in corsa, in lotta, in inseguimento,
in volo. Tra i tanti spasimanti inseguitori,
ce n’è uno, Orlando, che va precipitando di canto
in canto dentro una modernissima patologia,
di cui Ariosto è ironicamente consapevole,
la fantasmagoria dell’amore non ricambiato.
Il titolo stesso dello spettacolo rovescia l’originale
dell’Ariosto, e mette al primo posto la furia
dell’amore non corrisposto. Orlando crede
che per il solo fatto che è lui ad amare Angelica,
lei debba essere sua, da sempre e per sempre,
e non sopporterà che possa essere di un altro,
specie poi quando scoprirà che l’altro non è
nemmeno un prode cavaliere del suo rango ma un
semplice soldato di fanteria. Allora scatta la furia
e la pazzia, la stessa che riempie le nostre
quotidiane cronache, con donne che finiscono
la loro vita per mano di uomini che dicono di amarle
perdutamente. Ma qui gli inseguimenti e la gelosia
e poi ancora la pazzia e la furia vengono risolti con
la leggerezza della rima, del gioco sonoro di citazioni
e assonanze, con la soavità del volo, perché le storie
servono sì a parlare del mondo ma anche a renderlo
meno terribile. Ecco dunque che i duellanti
del nostro spettacolo non saranno i tanti paladini
e cavalieri sempre attratti da sfide e tenzoni
e furti di cavalli e di armerie altrui, ma saranno
loro due, Angelica e Orlando, oppure, a volte,
con un’altra declinazione dello stesso tema,
Ruggiero e Bradamante, uomo e donna insomma,
loro si sfidano a singolar tenzone per mostrare
i conflitti, le gioie, i dolori, i patimenti che
colpiscono come colpi di spada e di lancia, i cuori
di chi ama, di chi crede di amare o di essere amato.
Nella nostra giostra anche le ottave dell’Ariosto
sono state girovoltate, e altre ne sono nate,
cercando di rendere più orale possibile l’impianto
letterario, senza perderne la costruzione.
Marco Baliani
di John Boynton Priestley
traduzione Giovanni Lombardo Radice
con Paolo Ferrari, Andrea Giordana
e con Orsetta de Rossi
Cristina Spina, Vito Di Bella
Mario Toccafondi, Loredana Gjeci
regia Giancarlo Sepe
scene Almodovar
costumi Giovanni Ciacci
musiche Harmonia Team
disegno luci Umile Vainieri
disegno audio Paolo Astolfi
Uno spettacolo intrigante, coinvolgente,
non banale che vede per la prima volta insieme
Ferrari e Giordana, due mostri della recitazione,
campioni di straordinaria e raffinata bravura diretti
da Giancarlo Sepe, regista che possiede estro
e grande senso della teatralità.
In Inghilterra nel 1912, la famiglia Birling festeggia
il proprio benessere finanziario e il fidanzamento
della figlia Sheila con un giovane industriale.
Abiti da sera, cena e vini d’annata. Mentre tutto
fila liscio verso la conclusione, bussano alla porta:
un ispettore di polizia deve porre delle domande al
capo famiglia, Arthur. Un inizio folgorante per una
commedia a carattere giallo, piena di suspense.
Il poliziotto mette in crisi la serata, la famiglia,
gli affari, il fidanzamento e tutto il resto.
Sulla storia aleggia la morte violenta di una giovane
donna. Ecco una combine che non ha eguali
nel teatro del novecento, di cui Priestley
ne è un rappresentante esemplare: thriller
e dramma borghese. Le ipocrisie dell’alta società
che si mischiano al disagio del ceto meno abbiente,
che soccombe. Le colpe che si materializzano
e diventano spauracchi agli occhi della famiglia
Birling che prova a scaricare le proprie responsabilità.
Un interrogatorio poliziesco che dura un’intera notte,
non risparmiando niente e nessuno. Una serie di
colpi di scena alla Hitchcock che cambia ogni volta
il nome dell’assassino, coinvolgendo i protagonisti,
presunti ignari e presunti colpevoli, in una sarabanda
surreale e velenosa, che non conosce sosta e che ha
termine alle prime luci dell’alba.
Giancarlo Sepe
I vizi privati e le pubbliche virtù di una rispettabile
famiglia della media borghesia inglese si mischiano
ai disagi delle classi sociali più basse. E tutto ciò
sembra non avere né confini né spazi temporali.
Ecco perché il testo di John Boyton Priestley, scritto
nel 1933 e ambientato nell’Inghilterra del primo
Novecento, sembra estremamente attuale. Giancarlo
Sepe dirige con maestria una compagnia di giovani
interpreti capeggiati da due mattatori del teatro
italiano: Andrea Giordana e Paolo Ferrari.
“Ho compiuto un lavoro di approfondimento sul testo.
Mi rifaccio alla versione del ‘47, la prima in Italia,
che riscosse molto successo, con Salvo Randone.
Partendo dalla traduzione di Giovanni Lombardo
Radice, ho conservato il genere nuovo al quale
l’opera appartiene, ovvero quello che nasce dal
connubio fra thriller e dramma borghese. Essendo
un cinefilo - continua il regista Sepe - ho amato
ripercorrere il genere cinematografico al quale
questo lavoro potrebbe appartenere e, avvalendomi
di molta musica, ho portato la vicenda alla svolta
finale.” Andrea Giordana e Paolo Ferrari, magnifico
ottantenne, recitano per la prima volta insieme
e sono da sempre sinonimo di qualità. Accanto
a loro, un gruppo di giovani artisti di talento.
[Antonella Fassi, www.myword.it].
PROSA
PROSA
1 NOVEMBRE DI
2012
RESIDENZA
ALLESTIMENTO
7 e 8 ottobre 2010
15 E 16 GENNAIO 2013
residenza di riallestimento
Peep Arrow
Khora.teatro – Teatro Stabile d’Abruzzo
IL VIZIETTO
CYRANO
DE BERGERAC
musical di Jerry Herman e Harvey Fierstein
tratto dalla commedia omonima di Jean Poiret
traduzione, adattamento e regia
Massimo Romeo Piparo
con Enzo Iacchetti, Marco Columbro
e con Russell Russell, Gianni Fantoni
scene Gianluca Amodio
costumi Nicoletta Ercole
luci Daniele Ceprani
suono Luca Finotti
coreografie Bill Goodson
direzione musicale Emanuele Friello
di Edmond Rostand
traduzione e adattamento Tommaso Mattei
interpretato e diretto da Alessandro Preziosi
e con Benjamin Stender, Veronica Visentin
Massimo Zordan, Emiliano Masala, Marco Canuto
Luigi Di Pietro, Francesco Civile, Gianni Rossi
Salvatore Cuomo, Sara Borghi, Natasha Truden
Giannina Raspini, Bianca Pugno Vanoni
scene Andrea Taddei
costumi Alessandro Lai
luci Valerio Tiberi
musiche Andrea Farri
collaborazione artistica
e movimenti scenici Nicolaj Karpov
Due ore di assoluto godimento, per chi guarda
ma anche per chi si esibisce...
Una commedia esilarante dal ritmo incessante
che diverte, commuove, sorprende.
Cyrano è una commedia tenera e romantica,
tutta puntata sul ritmo, che rifugge il monumentale
e il fastoso, ma soprattutto coinvolgente come solo
il personaggio del celebre poeta e spadaccino sa
essere, capace com’è, di gridare e di piangere con
eguale convinzione. Nell’allestimento di Khora.teatro
e Teatro Stabile d’Abruzzo lo scontroso spadaccino,
dal mostruoso naso, innamorato della bella Rossana
è interpretato da Alessandro Preziosi, reduce
dai successi televisivi e premi cinematografici,
che raccoglie la sfida tutta teatrale di mettere
in scena lo scrittore e poeta dall’irresistibile e vitale
creatività, che ama mettere in ridicolo i suoi nemici
con la straordinaria abilità della spada, leggendaria
almeno quanto la lingua, tutta giocata tra trovate
comiche e giochi di parole, raggiungendo le vette
tra le più alte della poesia ottocentesca.
Il vizietto è uno degli spettacoli più amati in tutto
il mondo: una commovente storia d’Amore (con la
maiuscola), ambientata in un locale della Costa
Azzurra in pieni Anni ‘70, (La Cage aux Folles).
Un cast di rara bravura, una confezione di grande
impatto piena di Anni ‘70, un mix di
trasgressione e classicità, rigore e stravaganza,
a firma di Massimo Romeo Piparo. Diventato prima
film nel ‘78 e poi musical nel 1983, Il vizietto
ha già vinto diversi Oscar del Musical a Broadway
e Londra, e finalmente viene prodotto in Italia
con lo sfarzo e l’eleganza che si addicono ad un
capolavoro del genere. Per la prima volta sul palco
quattordici uomini che ballano su tacchi a spillo
coreografati dal grande Bill Goodson e cantano
con voce da soprano diretti dal Maestro Emanuele
Friello, ma agiscono con verve ed energia sempre
in equilibrio sul filo dell’eleganza.
La Cage aux Folles è un musical americano del 1983
di Jerry Herman (musica e testi) e Harvey Fierstein
(libretto). È un adattamento dell’omonima opera
teatrale francese di Jean Poiret del 1973 dalla
quale era stato tratto nel 1979 il film Il vizietto.
Il Musical debuttò il 21 agosto del 1983 e chiuse
il 12 novembre 1987 dopo 1761 repliche. La regia
dello spettacolo fu affidata a Arthur Laurents e le
coreografie a Scott Salmon. I protagonisti furono
interpretati da Gene Barry e George Hearn.
La produzione londinese aprí il 7 maggio 1986 e
rimase in scena 8 mesi. Fra le canzoni più popolari
di questa produzione meritano menzione The Best
of Times e soprattutto I Am What I Am (“sono quel
che sono”), un inno alla “diversità” (“questo è il mio
mondo / quindi ci voglio un pizzico di orgoglio”),
divenuto celeberrimo anche fra il grande pubblico
grazie all’interpretazione di numerosi cantanti, in
primo luogo per la versione disco di Gloria Gaynor,
che ha avuto un ottimo successo di pubblico.
La storia narra la vicenda di Renato e del suo
compagno Albin: gestiscono uno sfavillante locale
notturno per travestiti a Saint Tropez, dove Albin
si esibisce come drag queen con il nome d’arte di
“Zazà”. I due, che vivono insieme da oltre 20 anni,
hanno cresciuto assieme Laurent, figlio di Renato,
nato da una fugace relazione eterosessuale con una
ballerina. La tranquilla vita dei due viene però messa
a dura prova quando Laurent annuncia di essersi
fidanzato con la figlia di un politico reazionario
e ultra-conservatore e che, in occasione della visita
dei futuri suoceri, desidererebbe che Albin non fosse
presente, per non fare cattiva impressione
sul futuro suocero. Da qui ha inizio una serie
di equivoci comici, che movimentano la vicenda
fino a una conclusione a sorpresa. La produzione
originale del 1983 vinse 6 Tony Award (gli Oscar
del Musical), tra cui Miglior musical. Tony Award
alla riedizione del 2010 come “Best Revival”.
Dal connubio di dignità e incapacità di amare
ho cercato di prendere le mosse credendo
sin dal principio che il Cyrano de Bergerac sia
una commedia sulla “inadeguatezza” e sulla epicità
sentimentale delle grandi personalità rispetto
al comune sentire dell’amore, dell’amicizia
e in genere rispetto alla coerenza con la quale
compiere, in un labirinto di scelte, la più giusta
per sé e per i propri valori. Finalmente un
personaggio che può agire liberamente per
perseguire il suo sogno di essere amato attraverso
qualunque mezzo, qualunque sotterfugio.
In questo solo apparente gioco d’amore, ho fornito
a Cyrano una messa in scena che permettesse
di muovere come un burattinaio i personaggi
e le loro dinamiche fino a darci l’illusione di una
storia scritta all’impronta solo per noi pubblico;
così nell’adattamento del testo e nella rispettiva
traduzione, ho cercato di far coesistere la prosa
e la poesia relegando i versi alessandrini
ad un gioco lezioso e risolutivo di certe questioni
e cercando invece di dare respiro alla travolgente
dimensione poetica del testo che va dritta
allo spirito e all’anima di una donna
per il cui amore si è disposti anche a morire.
Alessandro Preziosi
PROSA
PROSA
30 NOVEMBRE 2012
2 MARZO 2013
Daniele Cipriani Entertainment
presenta
Danzitalia
Italian Touring Dance Company
Parmaconcerti
AMARCORD
OSCAR E LA DAMA
IN ROSA
balletto in due atti di Luciano Cannito
liberamente ispirato all’omonimo
film di Federico Fellini
in occasione del 40° anniversario
di Amarcord [1973] e 20° anniversario
della scomparsa di Fellini [1993]
con Rossella Brescia e Nicolò Noto
e con Marco Schiavoni
Alfred Schnittke, Glenn Miller
musiche Nino Rota
canzoni popolari degli Anni Trenta
scenografie Carlo Centolavigna
costumi Roberta Guidi di Bagno
disegno luci Alessandro Caso
coreografia e regia Luciano Cannito
dal libro di Eric-Emmanuel Schmitt
con Amanda Sandrelli
e con Giovanni Mareggini flauto
Cesare Chiacchiaretta fisarmonica
Giampaolo Bandini chitarra
Federico Marchesano contrabbasso
regia Lorenzo Gioielli
assistente alla regia Virginia Franchi
musiche Giacomo Scaramuzza
liberamente tratte da
Lo Schiaccianoci di P.I.Tchaikovsky
Pubblico tutto in piedi ieri sera al Lincoln Center
alla prima americana di Amarcord, il balletto
di Luciano Cannito tratto dal film premio
Oscar di Fellini. [“The New York Times”]
Da un piccolo capolavoro della letteratura un
monologo di parole e musica. Amanda Sandrelli
interpreta Oscar, il bambino malato di leucemia che,
grazie all’amicizia con Nonna Rosa, una volontaria
dell’ospedale in cui è ricoverato, vive in dodici
giorni dodici anni della sua vita. Una favola.
Più malinconica che triste. E delicata. E lucida.
Come solo i bambini sanno essere: delicati e lucidi.
Tutto esaurito all’Orange County di Los Angeles
dopo lo straordinario successo newyorkese del
balletto Amarcord di Luciano Cannito rappresentato
dalla Scala di Milano. [“The Los Angeles Times”]
Un’esplosione di energia e danza dinamica
e divertente. [“la Repubblica”]
Una splendida serata ieri sera alla Scala con
Amarcord, il balletto di Luciano Cannito tratto
dal magico film di Fellini. [“Corriere della Sera”]
Il balletto Amarcord è liberamente ispirato al film
in cui Fellini ricorda/reinventa la sua vita di ragazzo
in una Rimini della prima metà degli anni Trenta.
È un divertente e melanconico affresco dell’Italia
fra le due guerre, dove il Fascismo e la Chiesa
esercitavano il loro potere, influenzandone la cultura
ed il costume. La storia di Titta, alter–ego del
Fellini adolescente, e della sua famiglia si inserisce
armoniosamente in un contesto di piccoli ritratti
(Gradisca, Volpina, la tabaccaia) e di aneddoti
legati ad un filo comune che li rende interdipendenti
e dove affiora comunque sempre la spensieratezza
e la voglia di vivere propria degli italiani dell’epoca.
L’intento del balletto è trasportare coloro che
lo guardano in un viaggio di condivisione, dove
tutti si rivedano in ciò che accade in scena,
sentano il profumo di ciò che negli anni Trenta
si sentiva, ricordino ciò che eravamo noi, quegli
italiani la cui storia non si studierà mai in alcun
libro, quella gente normale e semplice di provincia.
Un po’ come rivivere cose già vissute, come rivivere
uno spaccato dell’Italia a cavallo tra le due guerre,
dell’Italia piccola, quella della gente comune,
con i soliti problemi di tutti i giorni.
“Cannito – scriveva il critico del Corriere della Sera
Mario Pasi – guarda dentro di sé e osserva gli altri
al tempo stesso, da fuori, così può renderci le idee
dei lussi irraggiungibili, il mitico Grand Hotel
e il salone viaggiante del Rex. Ma poi è la terra,
con i suoi spiriti, a prendere il sopravvento, perché
le favole sono finite, perché anche i più ambiziosi
si accontentano di poco. Perfino Gradisca,
femmina esemplare, accetta un giovane povero
che fa il carabiniere... così si esorcizzano
le tragedie, ma senza dimenticarle: si ride
dell’olio di ricino somministrato dai fascisti,
ma non si dimentica, si fa dell’ironia sui nazisti
maiali, ma non si dimentica. Vino, donne e canto
potremmo dire a tempesta passata. Il presente
si abbraccia e poi non è così male”.
Proposto per la prima volta nel 1995 al Teatro
San Carlo, Amarcord è andato in scena anche
al Teatro alla Scala, negli Stati Uniti (Metropolitan
di New York, Orange County di Los Angeles) e Teatro
Massimo di Palermo, riscuotendo ampi successi.
Questa del 2012 è una versione coreografica
espressamente rivisitata per la Compagnia
Danzitalia, che vede nel ruolo di Gradisca Rossella
Brescia e il giovane Nicolò Noto nel ruolo di Titta.
Ci sono storie che vogliono essere raccontate, che
ti scelgono, come i gatti scelgono il loro padrone,
ti salgono in collo e non se ne vanno più.
Oscar e la dama in rosa non è solo un bellissimo
libro di Schmitt, è una storia necessaria, di quelle
che in alcuni momenti possono farti davvero
bene. Per me e Lorenzo (Gioielli, il regista) è stato
un viaggio, abbiamo riso e pianto chiusi in una
stanzetta con la nostra Virginia (Franchi, l’aiuto)
per dieci giorni e alla fine nel meraviglioso Teatro
Ariosto a Reggio Emilia, l’abbiamo raccontato
per la prima volta, e abbiamo capito che avevamo
ragione, era necessario farlo. Credo proprio che
nessuno si scorderà di Oscar, il bambino irriducibile,
e dei suoi 120 anni di vita concentrati in 12 giorni,
del suo rapporto con nonna Rosa e con Dio.
Oltre alla musica scritta da Giacomo Scaramuzza
e ai quattro musicisti, ci sono io, un pigiama e una
sedia. Perché questa storia non ha bisogno di altro.
Amanda Sandrelli
Amanda Sandrelli, con il suo ultimo spettacolo Oscar e la dama in rosa di Eric-Emmanuel Schmitt dà una svolta decisa alla sua carriera di attrice.
Qui, in un monologo lungo, denso, pieno di contenuti
religiosi e filosofici, tiene la scena con grande
sicurezza, modula con sapienza la voce per
interpretare una miriade di personaggi, usa
una gestualità essenziale ma efficacissima, porta
con sé il pubblico nel cuore della narrazione e riceve,
alla fine, un vero torrente di applausi. Il successo va
condiviso con il regista Lorenzo Gioielli, che sa come
ottenere dalla sua attrice una recitazione ricchissima
di sfumature e dai quattro strumentisti che
accompagnano l’azione con dei delicati contrappunti.
Certo, in questa sua straordinaria performance
Amanda Sandrelli è aiutata dalla qualità del testo.
Schmitt si conferma autore di primissimo piano
trasformando la storia di un bambino ammalato
che, prima di morire, vuole capire il senso della sua
esistenza, in un trattato morale di sopravvivenza.
Si capisce, ascoltando le parole di Schmitt,
che il mondo dei bambini gli è molto vicino
e che per lui non ha segreti. I ragionamenti
del piccolo Oscar sono ingenui ma pieni
di significato e costringono chi li ascolta
a impegnarsi in una serie di riflessioni difficili
da affrontare ma benefici per la mente.
[Lino Zonin, “Il Giornale di Vicenza”]
PROSA
PROSA
9 FEBBRAIO 2013
15 DICEMBRE 2012
Nuovo Teatro
diretto da Marco Balsamo
in coproduzione con Gli Ipocriti
BABILONIA TEATRI
ART
PINOCCHIO
di Yasmina Reza
traduzione Alessandra Serra
con (in ordine alfabetico)
Gigio Alberti, Alessio Boni, Alessandro Haber
regia Giampiero Solari
scene Gianni Carluccio
luci Marcello Iazzetti
costumi Nicoletta Ceccolini
di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani
con Enrico Castellani, Paolo Facchini
Luigi Ferrarini, Riccardo Sielli e Luca Scotton
collaborazione artistica Stefano Masotti
e Vincenzo Todesco
scene, costumi, luci e audio Babilonia Teatri
produzione Babilonia Teatri
in collaborazione con Operaestate Festival Veneto
con il contributo di Comune di Bologna
Regione Emilia Romagna
patrocinio Emilia Teatro Teatro Fondazione
promozione BaGs Entertainment
residenza artistica Babilonia Teatri
e La Corte Ospitale
Pinocchio è un progetto di
Babilonia Teatri e Gli Amici di Luca
laboratorio teatrale presso
la Casa dei Risvegli Luca De Nigris
realizzato col contributo di
Fondazione Alta Mane-Italia
ringraziamo Laura Bissoli, Cristiana Bortolotti
Cristina Fermani, Fulvio De Nigris, Eloisa Gatto
Irene Giardini, Nicola Granata, Giovanna Grosso
Marco Macciantelli, Francesca Maraventano
Juri Mozzanti, Cristian Sacchetti, Davide Sacchetti
All’amicizia maschile, sentimento generalmente
considerato così puro, così autentico, così naturale,
goliardicamente semplice, anche così sacro, specie
in Italia, viene data una bella scartavetrata da
questa autrice francese, Yasmina Reza. Una donna
quindi. Che sbircia in una serata di tre vecchi amici,
uomini fatti, divertenti, simpatici, folgoranti nelle
loro battute, ognuno con una storia sentimentale
non facile alle spalle, (i rapporti con l’altro sesso
non sono mai facili si sa) per vedere se davvero
l’amicizia tra uomini sia questa specie di Paradiso
terrestre dove ognuno ritrova se stesso e se stesso
riesce ad essere. E la risposta è no.
Non è così. Basta un minimo pretesto, in questo
caso l’acquisto da parte di Serge di un quadro
bianco per dare il via ad uno scontro feroce tra
i tre. Dove emerge come il bisogno di affermare se
stessi per dare una ragione al proprio esistere sia
alla base di tutti i rapporti. E se il finale sembra
ricondurre ad un lieto fine, ad una riconciliazione,
ad una amicizia rivitalizzata e rinnovata, la Reza
lascia in realtà aperta una questione non semplice.
È davvero la sincerità il modo migliore
per far durare un rapporto? O non piuttosto
una giusta dose di menzogna?
Gigio Alberti
Perché Pinocchio? Perché farlo con persone uscite
dal coma? Ci è stato dato un indirizzo:
via Altura, 3 – 40139 Bologna. Siamo arrivati.
Davanti a noi un ospedale. Abbiamo chiesto se era
lì la sede della compagnia “Gli Amici di Luca”.
In fondo al corridoio sulla sinistra: Sala del Durante.
Domanda nostra: perché fate teatro? Risposta
loro: ci è stato dato un calcio nel culo, fare teatro
è l’unica possibilità per restituirlo. Ci siamo
innamorati di loro. Della loro autenticità. Della
loro imperfezione. Della loro sporcizia. Abbiamo
trovato in loro uno specchio della società reale.
Persone lontane da noi. Con vissuti, esperienze
e modi di pensare che non ci appartengono, che
non appartengono alle persone che frequentiamo.
Abbiamo incontrato quel mondo che sempre
vogliamo fotografare, raccontare e restituire.
Un’umanità da ascoltare e amplificare senza
pietismo, paternalismo né razzismo. Pinocchio
è la loro umanità. Le loro e le nostre debolezze
e incoerenze. L’eterno contrasto tra innocenza
e consapevolezza: assunzione o fuga dalle
responsabilità. Pinocchio è una scelta di campo.
Ascoltare il grillo parlante o il gatto e la volpe,
andare a scuola o entrare nel teatro di mangiafuoco,
seguire lucignolo o chiedere consiglio alla fata,
ubbidire al padre o fare di testa propria. Pinocchio
è le nostre tentazioni. Le nostre contraddizioni.
Le nostre bugie. È questo il paese dei balocchi?
Un quadro bianco, pagato molto. Scattano
le reazioni degli amici di chi lo ha comprato.
Esagerate, forse guidate dalla passione,
dall’amicizia. L’amicizia. Il passaggio di un’esistenza
insieme. Soli. Creando alleanze. Due contro
uno. Altri due contro uno. Si provoca violenza
nei rapporti. Violenza. Il tutto accade, forse,
inconsapevolmente, dentro il quadro bianco.
Forse è così, tutta la vicenda, le discussioni
appassionate, le verità, le bugie, le alleanze,
le insicurezze, tutto accade dentro il quadro bianco.
Come un passaggio dentro un quadro bianco.
Il paradosso del testo fa in modo che ci si rida
sopra. Con ironia, con affetto, una risata in cui
ci si riconosce.
L’apparente satira sull’arte contemporanea diventa
la finestra per entrare in un meccanismo di rapporti
sull’amicizia. Il tutto… dentro un quadro bianco.
Dentro. Dopo esserci passati… ci si confonde
con il paesaggio e si sparisce.
Giampiero Solari
CONTEMPORANEO
PROSA
24 APRILE 2013
Il Pinocchio allestito da Babilonia Teatri con pazienti
usciti dal coma è parso già un risultato assoluto,
forse il punto d’arrivo di una generazione: punto
d’arrivo non solo per l’alto livello poetico, ma
per la padronanza, per la sensibilità con cui Enrico
Castellani e Valeria Raimondi hanno governato
una materia difficilissima, che sarebbe sfuggita
di mano a chiunque altro. Il loro Pinocchio
è straordinario fin dalla scelta del titolo, che implica
allusivamente il tema del risveglio, del passaggio
dalla condizione di burattino a quella di bambino,
e dunque della presa di coscienza di un prima
e di un dopo. È straordinario nell’apparizione
dei tre protagonisti, che entrano dalla sala, seminudi,
due in bermuda e uno in mutande, incerti nei passi,
ma non smarriti. È straordinario nell’idea di non farli
recitare ma parlare di sé, sollecitati
dalla voce fuori campo dello stesso Castellani,
che li interroga, li coinvolge in una paradossale
intervista, all’apparenza un grado zero della
rappresentazione, di fatto invece teatralissima. Lui,
invisibile, pone domande con affettuosa ma sfrontata
ironia, senza retorica o pietismo: chiede della loro
vita, dell’incidente che l’ha segnata,
delle fate turchine che vorrebbero incontrare.
Loro rispondono con humor irresistibile, quasi
con spavalderia: il tutto sembra lieve, sorridente,
ma il dramma si nasconde di continuo dietro
la dizione faticosa, dietro i gesti esitanti, coesiste
con la scheggia di immediata realtà che essi
incarnano, la illumina e in qualche modo nobilita.
[Renato Palazzi, “Il Sole 24 Ore”]
foto di Marco Caselli Nirmal
Traviata è il primo capitolo di un coraggioso
progetto firmato da Monica Casadei, eclettica
coreografa emiliana formatasi fra Italia, Inghilterra,
Francia e vari soggiorni in Oriente: si tratta di
Corpo a Corpo Verdi, che si propone di tradurre nel
linguaggio della danza i melodrammi più celebri
del più amato compositore italiano. La tappa
successiva, Rigoletto, ha debuttato a gennaio 2012
al Théâtre de Suresnes Jean Vilar di Parigi.
Violetta contro tutti. Violetta in bianco, speranza
di purezza, Violetta in rosso, perché le sanguina il
cuore. Un cuore che forse sarebbe stato meglio non
fosse mai battuto. Meno dolore, meno contrasto.
Violetta, una storia in cui scorre il senso della fine
ad ogni alzar di calice. Nulla si risolve. È tardi.
È tardi. Dietro i valzer, il male che attende. Dietro
le feste e la forma, il marciume di una società
in vendita, vuota, scintillante. Addio, del passato
bei sogni ridenti. Perché non si è pura siccome un
angelo. Questa donna conoscete? Amami, Alfredo…
Aver conversato con Monica Casadei sul debutto
del primo capitolo del progetto triennale Corpo
a Corpo Verdi, ovvero Traviata, ci ha catapultati
all’interno di un viaggio coreografico in cui la
danza e l’opera duettano dando corpo a un fluire di
immagini sbrigliato da qualsiasi volontà di aderenza
didascalica, eppure legato a doppio filo al dramma
di Violetta. Viaggio in cui vibra il sentimento
amoroso di chi spera, legato tragicamente alla
sensazione di sapere che tutto finisce, mentre si
consuma il conflitto tra singolo e società, pubblica
facciata e privato sentire. Ci vuole coraggio e
determinazione, ma Casadei, coreografa volitiva e
combattiva ne ha eccome, e accetta la proposta
di intraprendere un progetto coreografico sulla
trilogia popolare di Giuseppe Verdi, ovvero Traviata,
Rigoletto e Trovatore. Tre creazioni da qui al 2013,
su commissione del Festival Verdi, coproduttore
per Traviata in tandem con il Comunale di Ferrara,
nelle quali sarà il codice danza a confrontarsi
con una tradizione lirica intramontabile quanto
conosciuta ai più. Un Corpo a Corpo, nato dal fatto
di misurarsi con una musica che non possiamo
pensare slegata dalle scene, complice un artista,
Verdi, drammaturgo ancor prima che compositore.
Per Traviata, quell’Amami, Alfredo, quel libiam ne’
lieti calici, quel croce e delizia, quel sì, piangi, quell’è
tardi, qualunque sia la taratura della passione per
il bel canto di chi legge, sono parole che si legano
nella memoria a voci, ad arie, musiche, storie, teatri,
a partire dalle pagine del libro, fonte dell’opera
verdiana. Alfredo e Violetta si mischiano nella
mente con Marguerite e Armand, i protagonisti
dello struggente romanzo La Dame aux camélias di
Alexandre Dumas figlio, 1848, una storia, scriveva
il suo autore, che ha un solo merito: “quello di
essere vera”. Perché è la società reale con il suo
conformismo di copertura che pulsa nelle pagine di
Dumas e in Marguerite, nome di fantasia sotto cui
si nascondeva quella Marie Duplessis, morta di tisi,
sepolta a Montmartre e amata dal giovane scrittore.
Romanzo che diventa prima dramma teatrale, poi
opera lirica, poi balletto. Da Eleonora Duse a Sarah
Bernhardt, da Maria Callas a Alessandra Ferri,
Marie/Marguerite/Violetta con la voce, il canto o
l’emozione del corpo che danza ha fatto piangere
intere generazioni. Ma quale Traviata vedremo
stasera? Una Traviata letta dal punto di vista di
Violetta. Violetta, appunto, contro tutti. Violetta al
centro di una società maschilista espressa da un
coro in nero. Violetta moltiplicata in tanti elementi
femminili, in tanti spaccati di cuore. Violetta
disprezzata, che anela, pur malata, pur cortigiana,
a qualcosa di puro. Violetta contro cui si scagliano
le regole borghesi espresse dal padre di Alfredo,
Giorgio Germont, emblema di una società dalla
morale malsana. Una società in cui per certi versi
si rispecchia a distanza anche la nostra. Ed ecco
Violetta in mezzo a altre Violette, gonna bianca,
gonna della festa, gonna del libiam, ma anche del
dolore, di un assolo danzato di schiena, in cui assolo
significa solitudine, viaggio verso la morte, cammino
verso il proprio funerale: e intanto ascoltiamo
l’addio, del passato.
6 APRILE 2013
ARTEMIS DANZA / MONICA CASADEI
Jolefilm
TRAVIATA
ITIS GALILEO
coreografia, regia, scene,
luci e costumi Monica Casadei
assistente alla coreografia Elena Bertuzzi
con Vittorio Colella, Melissa Cosseta
Gloria Dorliguzzo, Chiara Montalbani
Gioia Maria Morisco, Sara Muccioli, Camilla Negri
Stefano Roveda, Francesca Ruggerini
Emanuele Serrecchia, Vilma Trevisan
musiche Giuseppe Verdi
elaborazione musicale Luca Vianini
drammaturgia musicale Alessandro Taverna
produzione Compagnia Artemis
Danza/Monica Casadei
coproduzione Fondazione Teatro Comunale
di Ferrara, Festival Verdi - Parma
con il contributo di
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Regione Emilia Romagna-Assessorato alla Cultura
Provincia e Comune di Parma
di Francesco Niccolini e Marco Paolini
con Marco Paolini
consulenza scientifica Stefano Gattei
consulenza storica Giovanni De Martis
elementi scenici Juri Pevere
allo spettacolo è collegato un mini workshop,
curato dagli artisti della compagnia
dedicato alle scuole di danza locali
per un coinvolgimento come comparse di un gruppo
di giovani danzatori per il finale dello spettacolo
Essere geniali, in circostanze difficili, può essere
un problema, per gli altri soprattutto. Parte da
questa considerazione il lavoro di approfondimento
curioso che Marco Paolini e Francesco Niccolini
hanno dedicato alla figura di Galileo. Il padre
della scienza moderna, infatti, appare agli occhi
dei contemporanei come un grande divulgatore
dei propri studi, ma soprattutto come una mente
che rimane aperta al dubbio fino alla fine, fino
alla vecchiaia. Quando si parla di Galileo si pensa
sempre a un anziano venerando: sarà una questione
di iconografia, ma forse è anche perché si capisce
che lo scienziato non si mette mai in pensione
con la testa. Anzi, le scoperte più importanti
le raggiunge dopo i sessant’anni.
Galileo vive quattrocento anni prima di noi,
in un’epoca governata da certezze e rigidità
di pensiero, ma alcuni elementi tornano oggi
a riaprire il confronto con quel passato.
Traviata ha significato per Casadei e i suoi
collaboratori, da Alessandro Taverna, autore
della drammaturgia musicale, a Luca Vianini,
che ha curato l’elaborazione musicale, entrare
nel dramma di Violetta, di questa donna a cui
è negata la speranza di un sentimento d’amore.
Perché, se come prostituta felice del suo ruolo
poteva essere integrata nascostamente dalla
società, da cortigiana animata dal desiderio
di uscire dal suo destino, non poteva che essere
punita dalla malattia, dalla morte, dal disprezzo.
Uccisa dall’ipocrisia del coro.
Alfredo perciò è nello spettacolo soprattutto un
uomo di poco spessore, schiacciato dalle azioni
del padre. Appartiene anch’egli al coro. Viene
evocato più per la scena della festa da Flora, che
per le sue dichiarazioni d’amore. Ancora il disprezzo,
ancora lo scontro con la società delle apparenze:
qui testimon vi chiamo/ che qui pagata io l’ho. E
allora ecco perché quell’ È tardi diventa la chiave
del Corpo a Corpo Traviata della compagnia Artemis.
Due parole che risuonano come una campana a
morte. Perché nulla può essere recuperato. Perché
Violetta, in abito rosso, danza e il suo cuore non può
che grondare sangue, sangue che è la tisi ma
che è anche segno di una ferita interiore da cui
non c’è scampo. La società che tutto vede
e controlla vuole il suo sacrificio. Sì, piangi, o
misera. Come finire dunque? Come terminare
questa visione in bianco e nero, sporcata dal rosso
e dal dolore? Che sia con Amami, Alfredo, che
ascolteremo in un mix di tante edizioni celebri,
un’invocazione che è un grido di morte. Perché se
nell’opera ascoltiamo Amami, Alfredo dopo l’incontro
decisivo tra Violetta e il padre di Alfredo, nello
spettacolo quest’invocazione è spostata al finale.
Un urlo di disperazione, un grido di solitudine,
in una Traviata molto femminile nella quale la partita
non si gioca sulla decorazione, ma sull’esplodere
di un’energia fisica di dolore, specchio dell’anima.
[Un cuore che gronda. Appunti da una conversazione
con Monica Casadei intorno a Corpo a Corpo
Traviata, Francesca Pedroni]
foto di Marco Caselli Nirmal
CONTEMPORANEO
CONTEMPORANEO
La danza di Monica Casadei, che già più volte si è
confrontata con la grande tradizione lirico-operistica,
affronta il capolavoro verdiano in un imprevedibile
corpo a corpo, dove il danzatore è lo strumento che
traduce, esalta e trasforma la potenza evocativa
dell’opera. Corpo compatto, univoco, essenziale:
corpo ‘lirico’ e ‘traviato’, che nella coralità come
nell’individualità ridà voce alla passione di Violetta
e Alfredo e al tragico epilogo della loro storia d’amore.
23 FEBBRAIO 2013
Una lezione di “impegno civile” anche questa,
come quelle cui Paolini ci ha abituato sin dai tempi
di Vajont, dove il palcoscenico rigorosamente spoglio
si trasforma ben presto in luogo di analisi
di un fenomeno, che viene sviscerato, scandagliato
e quindi consegnato alla riflessione del pubblico. […]
Paolini ripercorre l’intero tragitto esistenziale
di Galileo, prendendo spunto dal celebre Dialogo
sui due massimi sistemi del mondo, e fioccano
le battute sagaci: “ma perché, dopo la rivoluzione
copernicana, la mattina noi apriamo il giornale
e continuiamo a leggere l’oroscopo delle stelle
fisse di Tolomeo?
[Emilia Costantini, “Corriere della Sera”]
Viviamo in un tempo in cui la magia è tornata
a governare il futuro. Sarà perché le leggi
dell’economia non sono leggi matematiche e
contengono una componente di caso molto rilevante,
sta di fatto che il nostro mondo cerca consolazione
negli astri. E mi stupisce che, 400 anni dopo
la consacrazione dell’universo postrivoluzione
copernicana, tutti i giorni molti tra noi consultino
le previsioni dell’oroscopo che utilizzano le stelle
fisse di Tolomeo. Alla fine non importa se il cielo
non è così, perché quello che conta è che ci piace.
Galileo è usato spesso come simbolo della scienza
libera contro la fede integralista, ma in realtà
è uno che per campare fa anche oroscopi. Eppure
ha la forza di guardare oltre. Per noi è facile irridere
le teorie del passato, quando finiscono le teorie
fanno sempre ridere. Il problema è che mentre
ci sei dentro continui a pensare che non sia teoria,
ma spiegazione della realtà. Marco Paolini
Ecco allora gli interrogativi che sorgono nel
chiamare in causa Galileo. Forse la ragione ha perso
appeal? La scienza ha deluso? Una morale laica
non esiste? Questo spettacolo non approfondisce
la tradizionale dialettica fede-ragione, che ha
segnato la storia dello scienziato e del Seicento,
ma piuttosto indaga sulla discussione a tre fra fede,
ragione e superstizione. In fin dei conti, giocare
al lotto è più facile che pensare o guadagnarsi
il paradiso onestamente, anche se il calcolo delle
probabilità non dovrebbe indurre nessuno a giocarci.
L’obiettivo di Marco Paolini con questo spettacolo
teatrale è quello di coinvolgere nel ragionare, non
solo nel raccontare, arrivare a una situazione in
cui il pubblico non sia seduto tranquillo, sapendo
di dover fare lo spettatore e basta. Va in scena
a teatro un dialogo, anche se non proprio sopra
i massimi sistemi, ma almeno su di un “minimo
comune e multiplo”.
foto di Marco Caselli Nirmal
RAGAZZI
RAGAZZI
foto di Marco Caselli Nirmal
TEATRO DELLE BRICIOLE
Cantiere Nuovi Sguardi per un Pubblico Giovane
foto di Elisa Contini
foto di Antonella Anti
Nel 2010 il Teatro delle Briciole ha inaugurato un “cantiere produttivo” dal titolo Nuovi Sguardi per un Pubblico
Giovane. Convinto dell’importanza di un confronto con esperienze teatrali differenti rispetto all’universo
tradizionalmente definito come teatro-ragazzi, il Teatro delle Briciole si propone con questo cantiere
di affidare a giovani gruppi della ricerca italiana il compito di creare uno spettacolo per bambini.
27 GENNAIO 2013
10 MARZO 2013
14 APRILE 2013
Ersiliadanza
BABY DON’T CRY
progetto affidato a Babilonia Teatri
a cura di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani
con Marco Olivieri e Francesco Speri
con la collaborazione di
Ilaria Dalle Donne e Vincenzo Todesco
musiche originali Marco Olivieri
piano luci Babilonia Teatri e Emiliano Curà
scene Babilonia Teatri e Lab TdB, Paolo Ramanini
montaggio audio Babilonia Teatri/Luca Scotton
illustrazioni Ilaria Dalle Donne
per bambini dai 7 ai 10 anni
Baby don’t cry è il primo spettacolo del progetto
Cantiere Nuovi Sguardi per un Pubblico Giovane
del Teatro delle Briciole affidato a Babilonia Teatri,
vincitori del premio Scenario 2007 con made in italy
e del Premio Speciale Ubu 2009. Baby don’t cry
si è sviluppato a partire da un lavoro di ricerca
diretto con i bambini di alcune scuole di Parma
e affronta il tema del pianto con un linguaggio
teatrale pop-rock che è la cifra stilistica
originale del gruppo veronese.
Si piange per paura, per tristezza, per capriccio.
Si piange di gioia. Si piange di felicità. Si piange
di rabbia. Si piange di dolore. Si piange di tristezza.
Si piange per amore. Un pianto disperato.
Un pianto liberatorio. Si ride di chi piange.
Si piange di chi piange. Per chi piange.
Con chi piange. Si piange da soli. Si piange
abbracciati. Le lacrime sono dolci e sono amare.
CAPPUCCETTO
ROSSO
LA REPUBBLICA
DEI BAMBINI
Gli occhi sono lucidi, sono rossi, sono gonfi.
Le guance bagnate, rigate, salate. Piangere
è da uomini o da donne? Chi piange più forte?
Chi ha le lacrime più grosse? Chi usa più fazzoletti?
Dove, come, quando, perché, con chi si piange?
Hai pianto? Piangerai? Ridere è il suo contrario?
Piangere è consolarsi, sfogarsi, curarsi.
Il pianto ci calma e ci dà sollievo.
Il pianto chiede ascolto, attenzione, calore.
Lo spettacolo racconta della libertà con cui i bambini
sono in grado di piangere. Di parlare del loro pianto.
Di manifestarlo e non nasconderlo.
Di utilizzarlo come lingua, segnale, messaggio.
progetto affidato a Teatro Sotterraneo
con Andrea Corsi, Chiara Renzi
regia Sara Bonaventura, Iacopo Braca
Claudio Cirri, Daniele Villa
grafica Marco Smacchia
disegno luci Emiliano Curà
in collaborazione con
Teatro Metastasio Stabile della Toscana
per bambini dai 7 ai 10 anni
Nel 2011 il progetto Cantiere Nuovi Sguardi per un
Pubblico Giovane del Teatro delle Briciole continua
con un secondo spettacolo affidato a Teatro
Sotterraneo, un collettivo di ricerca teatrale nato
nel 2004. Dopo la partecipazione alla Generazione
Scenario 2005, nel 2009 riceve il Premio Speciale
Ubu come “uno dei gruppi guida dell’attuale
ricambio generazionale”. Teatro Sotterraneo lavora
da sempre su due piani: il coinvolgimento diretto e
decisionale dello spettatore e la dimensione ludica
dell’interazione teatrale, nel tentativo di conservare
il riso e il tragico quasi nello stesso frammento.
Esistono nel mondo alcune “nazioni in miniatura”.
Piattaforme petrolifere abbandonate, isole o
piccole porzioni di terraferma dove non vige alcuna
giurisdizione o controllo politico-militare e dove
alcuni soggetti, preso il controllo del territorio, hanno
emanato proprie leggi, coniato una nuova moneta,
strutturato proprie istituzioni e avviato rapporti con
territori vicini. Qui l’esercizio di cittadinanza può
ripartire da zero, porsi domande originarie sul fare
società e rispondere con modalità inedite.
Si parte dalla scena teatrale come piattaforma
vuota su cui costruire una micronazione. Due attori
irrompono sulla scena e cominciano a progettare il
loro paese in miniatura. Servono delle leggi. Servono
dei luoghi. Servono delle cose. Si parte da zero, tutto
è da costruire, liberi di costruirlo come vogliamo.
La micronazione è una scena vuota, deserta, che
lentamente si popola e riempie, magari anche
degli stessi elementi che compongo il panorama
teatrale (luci, musiche ecc) oppure di segnali che
diano regole (cartelli, striscioni ecc) di modo che ai
bambini sia dato vedere come da un vuoto si possa
edificare una Polis. L’incognita è sul tipo di Polis.
In questo quadro il coinvolgimento diretto dei bambini
pare un necessario rovesciamento. I bambini non
dispongono solitamente di potere diretto. Sui bambini
non gravano responsabilità. I bambini vivono in un
mondo normativo, fatto di ordini, obblighi e divieti.
È nella natura delle cose, che il vecchio guidi
il fanciullo. E del resto il fanciullo non potrebbe
decidere su cose di cui non ha ancora fatto
esperienza. Nel costruire una nazione in miniatura
proviamo a dotare i bambini di un potere inedito
e fatto su misura. Sullo sfondo un piccolo luogo
deserto in cui dar vita a una società, Robinson
Crusoe ma anche il serial Lost, e naturalmente
Il signore delle mosche di Golding. Si tratta di una
piccola Cosa Pubblica, si tratta di uno spettacolo
teatrale dove la finzione è evidente perché
è il motore dell’immaginazione, si tratta di un paese
in miniatura che si spegnerà quando si spegneranno
le luci che lo illuminano, ma al tempo stesso
si tratta di una possibilità.
ideazione, coreografia, regia e testi Laura Corradi
creato con Midori Watanabe, Carmelo Scarcella
musiche originali Fabio Basile
disegno luci e allestimento scenico
Alberta Finocchiaro
assistente alla coreografia Midori Watanabe
costumi Silvia Bonetti, Ilenia Rossit
adattamento voci registrate Alfonso De Filippis
voci di Alfonso De Filippis, Augusto Radice
Alberta Finocchiaro, Laura Corradi
una produzione Estate Teatrale Veronese
con il sostegno di MiBAC
Dipartimento dello Spettacolo Regione del Veneto-Arco
uno spettacolo per bambini (dai 5 anni) e adulti
La fiaba è sempre cominciata così, Cappuccetto
che disobbedisce e abbandona il sentiero
per addentrarsi nel bosco. Anche qui, Cappuccetto
e Lupo, nel ripercorrere la storia, prendono strade
laterali, trasgrediscono, aprono varchi di libertà
che nessuna delle stesure originali aveva previsto.
Ben presto ci si chiede chi sta conducendo il gioco,
Lupo o Cappuccetto? Chi sta ingannando l’altro?
E intanto scorrono fiori e seduzione, travestimenti,
foto ingiallite e immagini sacre, il bosco, la paura,
giochi pericolosi, spari di un cacciatore che da
tempo pecca di protagonismo e ora spara a tutto
quel che muove. Tutto questo crea scompiglio in un
angolo di cielo in cui sono riunite per l’occasione
le anime dei “padri” della fiaba, Charles Perrault
e i fratelli Grimm, Jakob e Wilhelm, le cui dispute
letterarie attirano l’attenzione di alcuni personaggi
sfuggiti al destino ripetitivo della fiaba in questione
e di qualche altra figura decisamente inaspettata.
È un altro pubblico, invisibile, che assiste, sussurra
al vicino, brontola, parteggia, litiga e soprattutto,
in nome della tradizione, interviene. È il mondo
adulto che vuole rimettere ogni cosa al suo posto
e mentre è preso dai suoi princìpi dimentica di
cambiare lo sguardo e di accettare il cambiamento.
Ma Cappuccetto e Lupo ne hanno passate tante
insieme, tante fiabe, tante epoche e tutte le lingue
del mondo. Lei una ragazzina e lui pur sempre
un lupo, ma il tempo cambia sempre tutto e loro
adesso farebbero qualsiasi cosa per non arrivare
alla battuta fatale: oh nonna, che bocca grande hai...
Laura Corradi
LA CITTÀ IN SCENA
16 - 17 MARZO 2013
4 - 5 E 11 - 12 MAGGIO 2013
Papaveri e Papere
LE PILLOLE D’ERCOLE
FACE.
OGNI VOLTO UNA STORIA
commedia degli equivoci di
Charles Maurice Hennequin e Paul Bilhaud
adattamento e regia Massimiliano Giovanetti
un musical di Don Umberto Rotili e Matteo Volpotti
musiche originali Matteo Volpotti
Un marito fedelissimo, di professione medico, rimane vittima dello scherzo
di un collega che gli propina una di quelle famose pasticche afrodisiache note
come “le pillole d’Ercole”. Il risultato è che il nostro eroe diventa un irresistibile
dongiovanni e un mandrillo scatenato, pronto a buttarsi su tutte le donne
che gli capitano a tiro. I guai iniziano quando il marito americano di una di queste
“vittime” esige di rendere al dottore pan per focaccia. C’è una sola cosa
da fare: inventarsi una moglie fittizia da mandare fra le braccia dell’americano
e spedire la legittima consorte il più lontano possibile. Ma il destino fa sì che tutti
si incontrino in un hotel termale (che richiama da vicino il celebre “albergo del
libero scambio” di Feydeau), dove anche la donna proverà l’ebbrezza della pillola
magica, portando il ritmo scatenato della vicenda ad un crescendo scandito
dall’aprirsi e chiudersi delle porte delle camere da letto. Le pillole d’Ercole
è una serie di irresistibili gags, di equivoci, qui pro quo, imbrogli e colpi di scena,
un grande meccanismo comico che offre al contempo un’acuta osservazione
critica dell’animo umano. Tipico esempio di vaudeville, Le pillole d’Ercole funziona
come un meccanismo ad orologeria, dove in ogni istante la vicenda si complica
arrivando a ingenerare situazioni così paradossali e complicate che sembra
impossibile allo spettatore, tra una risata e l’altra, che tutto ritorni alla normalità,
arrivando ad un lieto fine.
Face. Ogni volto, una storia è un musical voluto dalla Pastorale Giovanile
di Fabriano, con testo originale ideato da Don Umberto Rotili e musiche originali
create dal giovane e talentuoso Matteo Volpotti.
Lo spettacolo parla dei giovani, del loro mondo, di quello che vivono in positivo
ma anche in negativo. Ogni giovane, ogni volto, ha la sua vita, la sua storia
personale, i suoi problemi da risolvere e durante lo spettacolo ognuno cercherà
di ritrovare se stesso. Lo spettatore diventa parte integrante della scenografia
e sarà coinvolto in maniera totale e inconsapevole in questo mondo di allegria
frizzante, ma anche di cruda realtà. Tanti aspetti di cui spesso gli adulti fanno
finta di non essere a conoscenza, con una velata critica al fatto che spesso
i giovani non vengono presi in considerazione nel modo dovuto. Una scommessa
che l’autore è pronto a fare: i giovani invece, hanno tanto da dare se motivati
nel modo giusto e lui intende dimostrarlo con questo spettacolo. Lo spettacolo
prevede la presenza di un corpo di ballo, di un’orchestra dal vivo, di un coro
e di 30 personaggi protagonisti, più un gruppo di personaggi che danno vita alle
scene corali. La scenografia è di tipo moderno; il fondale presenta un’innovazione
luminosa d’avanguardia, i costumi sono realizzati originali da Roberta Fratini,
esperta del settore; l’idea dei personaggi nasce in collaborazione con
la fumettista Licinia Tozzi, autrice di un fumetto pubblicato presso la casa editrice
Soleil di Parigi. Le voci sono dirette dalla maestra Paola Paolucci, mentre
la direzione dell’orchestra sarà affidata ad Antonio Lusi.
ABBONAMENTI
11 - 14 ottobre
rinnovi con conferma del posto
18 e 19 ottobre
rinnovi con possibilità di cambio posto
20 - 23 ottobre
nuovi
Biglietteria Teatro Gentile
dalle ore 16 alle ore 20
PROSA [7 SPETTACOLI]
primo settore intero
primo settore ridotto
secondo settore intero
secondo settore ridotto
terzo settore intero
terzo settore ridotto
loggione unico
€158,00
€126,00
€126,00
€ 95,00
€ 95,00
€ 63,00
€ 50,00
la riduzione è valida fino a 25 anni, sopra i 65,
soci Fenalc, Circolo Arci, DLF, Iscritti Università
della Terza Età e Università degli Adulti di Fabriano,
Studenti UniFabriano, previa esibizione della tessera
e del documento di riconoscimento
CONTEMPORANEO [3 SPETTACOLI]
posto unico numerato intero
€ 40,00
posto unico numerato ridotto
€ 27,00
la riduzione è valida fino a 25 anni, sopra i 65, soci
Fenalc, Circolo Arci, DLF, Iscritti Università della Terza Età
e Università degli Adulti di Fabriano, Studenti UniFabriano,
previa esibizione della tessera e del documento
di riconoscimento
RAGAZZI [3 SPETTACOLI]
posto unico numerato intero
posto unico numerato ridotto
la riduzione è valida fino a 14 anni compiuti
€ 21,00
€ 13,00
DIRITTO DI PREVENDITA
2 euro, applicato sui biglietti di Prosa
e Contemporaneo venduti fino al giorno
precedente lo spettacolo;
per i biglietti di Ragazzi
e di Città in scena 1 euro
BIGLIETTI
dal 30 ottobre vendita biglietti
per tutti gli spettacoli.
La biglietteria del Teatro Gentile è aperta
due giorni precedenti lo spettacolo
dalle ore 16 alle ore 19;
nei giorni di spettacolo dalle ore 19,
la domenica di spettacolo dalle ore 16.
PROSA
primo settore intero
primo settore ridotto
secondo settore intero
secondo settore ridotto
terzo settore intero
terzo settore ridotto
loggione unico
€
€
€
€
€
€
€
VENDITA ON LINE
www.vivaticket.it.
25,00
20,00
20,00
15,00
15,00
10,00
8,00
la riduzione è valida fino a 25 anni,
sopra i 65, previa esibizione del documento
di riconoscimento
CONTEMPORANEO
posto unico numerato intero
posto unico numerato ridotto
€ 15,00
€ 10,00
la riduzione è valida fino a 25 anni,
sopra i 65, previa esibizione del documento
di riconoscimento. Per Traviata la riduzione
è valida anche per gli iscritti scuole di danza,
per Pinocchio per gli iscritti scuole di teatro.
RAGAZZI
posto unico numerato intero
posto unico numerato ridotto
€
€
8,00
5,00
la riduzione è valida fino a 14 anni compiuti
LA CITTÀ IN SCENA
primo settore intero
primo settore ridotto
secondo settore intero
secondo settore ridotto
loggione unico
€ 15,00
€ 12,00
€ 10,00
€ 8,00
€ 5,00
la riduzione è valida fino a 10 anni compiuti
Le pillole d’Ercole
primo settore intero
primo settore ridotto
secondo settore intero
secondo settore ridotto
terzo settore intero
terzo settore ridotto
loggione unico
riduzione valida fino a 14 anni e per gli allievi
dei corsi di teatro Papaveri e Papere
€
€
€
€
€
€
€
15,00
12,00
13,00
10,00
10,00
8,00
5,00
INFO
Biglietteria Teatro Gentile
0732 3644
www.piazzalta.it
Città di Fabriano
Assessorato alla Cultura
0732 709223 – 0732 709409
AMAT
071 2072439
www.amat.marche.it.
INIZIO SPETTACOLI
feriali ore 21
domenica ore 17
CON IL SOSTEGNO DI