stagione 2012 - 2013 Fabriano Teatro Gentile Città di Fabriano 22 NOVEMBRE 2012 residenza di riallestimento Nuovo Teatro diretto da Marco Balsamo Teatro Stabile dell’Umbria diretto da Franco Ruggieri Bis Tremila FURIOSO ORLANDO UN ISPETTORE IN CASA BIRLING Bis Tremila - Molise Spettacoli in collaborazione con Festival Teatrale di Borgio Verezzi ballata in ariostesche SPIRITO ALLEGRO rime per un cavalier narrante di Noel Coward traduzione e adattamento Nino Marino con Corrado Tedeschi, Debora Caprioglio e con Marioletta Bideri Antonella Piccolo, Mario liberamente tratto da Patanè Alessandra Toniutti, Marchione Orlando Furioso di Marina Ludovico Ariosto regia Patrick Rossi Gastaldi adattamento teatrale e regia Marco Baliani scene Andrea Accorsi Bianchi/Forlani con Stefano e Nina Savary costumi Giovanni Ciacci scene Bruno Buonincontri costumiluci Alessandro Lai disegno Umile Vainieri disegno luci Luca Barbati Il campo di battaglia è allestito, eserciti di fedi diverse sono pronti ad affrontarsi, ma appena il canto parte, tutto si dissolve. Basta che Angelica fugga a cavallo ed ecco che la Storia grande si sfalda e lascia il passo ad un infinito inseguimento di piccole ma dense vicende, l’un dentro l’altra avviluppate. Dal rocambolesco proliferare di avventure e personaggi che anima la gran giostra dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, ho scelto di seguire una sola traccia, quella che permette all’intero poema, fin dall’inizio appunto, di dispiegarsi e vivere, le orme che Angelica lascia sul terreno, quella è la traccia da seguire. È come se da subito ci fosse un suono che accompagna tutte le storie, un galoppare di cavalli in corsa, in lotta, in inseguimento, in volo. Tra i tanti spasimanti inseguitori, ce n’è uno, Orlando, che va precipitando di canto in canto dentro una modernissima patologia, di cui Ariosto è ironicamente consapevole, la fantasmagoria dell’amore non ricambiato. Il titolo stesso dello spettacolo rovescia l’originale dell’Ariosto, e mette al primo posto la furia dell’amore non corrisposto. Orlando crede che per il solo fatto che è lui ad amare Angelica, lei debba essere sua, da sempre e per sempre, e non sopporterà che possa essere di un altro, specie poi quando scoprirà che l’altro non è nemmeno un prode cavaliere del suo rango ma un semplice soldato di fanteria. Allora scatta la furia e la pazzia, la stessa che riempie le nostre quotidiane cronache, con donne che finiscono la loro vita per mano di uomini che dicono di amarle perdutamente. Ma qui gli inseguimenti e la gelosia e poi ancora la pazzia e la furia vengono risolti con la leggerezza della rima, del gioco sonoro di citazioni e assonanze, con la soavità del volo, perché le storie servono sì a parlare del mondo ma anche a renderlo meno terribile. Ecco dunque che i duellanti del nostro spettacolo non saranno i tanti paladini e cavalieri sempre attratti da sfide e tenzoni e furti di cavalli e di armerie altrui, ma saranno loro due, Angelica e Orlando, oppure, a volte, con un’altra declinazione dello stesso tema, Ruggiero e Bradamante, uomo e donna insomma, loro si sfidano a singolar tenzone per mostrare i conflitti, le gioie, i dolori, i patimenti che colpiscono come colpi di spada e di lancia, i cuori di chi ama, di chi crede di amare o di essere amato. Nella nostra giostra anche le ottave dell’Ariosto sono state girovoltate, e altre ne sono nate, cercando di rendere più orale possibile l’impianto letterario, senza perderne la costruzione. Marco Baliani di John Boynton Priestley traduzione Giovanni Lombardo Radice con Paolo Ferrari, Andrea Giordana e con Orsetta de Rossi Cristina Spina, Vito Di Bella Mario Toccafondi, Loredana Gjeci regia Giancarlo Sepe scene Almodovar costumi Giovanni Ciacci musiche Harmonia Team disegno luci Umile Vainieri disegno audio Paolo Astolfi Uno spettacolo intrigante, coinvolgente, non banale che vede per la prima volta insieme Ferrari e Giordana, due mostri della recitazione, campioni di straordinaria e raffinata bravura diretti da Giancarlo Sepe, regista che possiede estro e grande senso della teatralità. In Inghilterra nel 1912, la famiglia Birling festeggia il proprio benessere finanziario e il fidanzamento della figlia Sheila con un giovane industriale. Abiti da sera, cena e vini d’annata. Mentre tutto fila liscio verso la conclusione, bussano alla porta: un ispettore di polizia deve porre delle domande al capo famiglia, Arthur. Un inizio folgorante per una commedia a carattere giallo, piena di suspense. Il poliziotto mette in crisi la serata, la famiglia, gli affari, il fidanzamento e tutto il resto. Sulla storia aleggia la morte violenta di una giovane donna. Ecco una combine che non ha eguali nel teatro del novecento, di cui Priestley ne è un rappresentante esemplare: thriller e dramma borghese. Le ipocrisie dell’alta società che si mischiano al disagio del ceto meno abbiente, che soccombe. Le colpe che si materializzano e diventano spauracchi agli occhi della famiglia Birling che prova a scaricare le proprie responsabilità. Un interrogatorio poliziesco che dura un’intera notte, non risparmiando niente e nessuno. Una serie di colpi di scena alla Hitchcock che cambia ogni volta il nome dell’assassino, coinvolgendo i protagonisti, presunti ignari e presunti colpevoli, in una sarabanda surreale e velenosa, che non conosce sosta e che ha termine alle prime luci dell’alba. Giancarlo Sepe I vizi privati e le pubbliche virtù di una rispettabile famiglia della media borghesia inglese si mischiano ai disagi delle classi sociali più basse. E tutto ciò sembra non avere né confini né spazi temporali. Ecco perché il testo di John Boyton Priestley, scritto nel 1933 e ambientato nell’Inghilterra del primo Novecento, sembra estremamente attuale. Giancarlo Sepe dirige con maestria una compagnia di giovani interpreti capeggiati da due mattatori del teatro italiano: Andrea Giordana e Paolo Ferrari. “Ho compiuto un lavoro di approfondimento sul testo. Mi rifaccio alla versione del ‘47, la prima in Italia, che riscosse molto successo, con Salvo Randone. Partendo dalla traduzione di Giovanni Lombardo Radice, ho conservato il genere nuovo al quale l’opera appartiene, ovvero quello che nasce dal connubio fra thriller e dramma borghese. Essendo un cinefilo - continua il regista Sepe - ho amato ripercorrere il genere cinematografico al quale questo lavoro potrebbe appartenere e, avvalendomi di molta musica, ho portato la vicenda alla svolta finale.” Andrea Giordana e Paolo Ferrari, magnifico ottantenne, recitano per la prima volta insieme e sono da sempre sinonimo di qualità. Accanto a loro, un gruppo di giovani artisti di talento. [Antonella Fassi, www.myword.it]. PROSA PROSA 1 NOVEMBRE DI 2012 RESIDENZA ALLESTIMENTO 7 e 8 ottobre 2010 15 E 16 GENNAIO 2013 residenza di riallestimento Peep Arrow Khora.teatro – Teatro Stabile d’Abruzzo IL VIZIETTO CYRANO DE BERGERAC musical di Jerry Herman e Harvey Fierstein tratto dalla commedia omonima di Jean Poiret traduzione, adattamento e regia Massimo Romeo Piparo con Enzo Iacchetti, Marco Columbro e con Russell Russell, Gianni Fantoni scene Gianluca Amodio costumi Nicoletta Ercole luci Daniele Ceprani suono Luca Finotti coreografie Bill Goodson direzione musicale Emanuele Friello di Edmond Rostand traduzione e adattamento Tommaso Mattei interpretato e diretto da Alessandro Preziosi e con Benjamin Stender, Veronica Visentin Massimo Zordan, Emiliano Masala, Marco Canuto Luigi Di Pietro, Francesco Civile, Gianni Rossi Salvatore Cuomo, Sara Borghi, Natasha Truden Giannina Raspini, Bianca Pugno Vanoni scene Andrea Taddei costumi Alessandro Lai luci Valerio Tiberi musiche Andrea Farri collaborazione artistica e movimenti scenici Nicolaj Karpov Due ore di assoluto godimento, per chi guarda ma anche per chi si esibisce... Una commedia esilarante dal ritmo incessante che diverte, commuove, sorprende. Cyrano è una commedia tenera e romantica, tutta puntata sul ritmo, che rifugge il monumentale e il fastoso, ma soprattutto coinvolgente come solo il personaggio del celebre poeta e spadaccino sa essere, capace com’è, di gridare e di piangere con eguale convinzione. Nell’allestimento di Khora.teatro e Teatro Stabile d’Abruzzo lo scontroso spadaccino, dal mostruoso naso, innamorato della bella Rossana è interpretato da Alessandro Preziosi, reduce dai successi televisivi e premi cinematografici, che raccoglie la sfida tutta teatrale di mettere in scena lo scrittore e poeta dall’irresistibile e vitale creatività, che ama mettere in ridicolo i suoi nemici con la straordinaria abilità della spada, leggendaria almeno quanto la lingua, tutta giocata tra trovate comiche e giochi di parole, raggiungendo le vette tra le più alte della poesia ottocentesca. Il vizietto è uno degli spettacoli più amati in tutto il mondo: una commovente storia d’Amore (con la maiuscola), ambientata in un locale della Costa Azzurra in pieni Anni ‘70, (La Cage aux Folles). Un cast di rara bravura, una confezione di grande impatto piena di Anni ‘70, un mix di trasgressione e classicità, rigore e stravaganza, a firma di Massimo Romeo Piparo. Diventato prima film nel ‘78 e poi musical nel 1983, Il vizietto ha già vinto diversi Oscar del Musical a Broadway e Londra, e finalmente viene prodotto in Italia con lo sfarzo e l’eleganza che si addicono ad un capolavoro del genere. Per la prima volta sul palco quattordici uomini che ballano su tacchi a spillo coreografati dal grande Bill Goodson e cantano con voce da soprano diretti dal Maestro Emanuele Friello, ma agiscono con verve ed energia sempre in equilibrio sul filo dell’eleganza. La Cage aux Folles è un musical americano del 1983 di Jerry Herman (musica e testi) e Harvey Fierstein (libretto). È un adattamento dell’omonima opera teatrale francese di Jean Poiret del 1973 dalla quale era stato tratto nel 1979 il film Il vizietto. Il Musical debuttò il 21 agosto del 1983 e chiuse il 12 novembre 1987 dopo 1761 repliche. La regia dello spettacolo fu affidata a Arthur Laurents e le coreografie a Scott Salmon. I protagonisti furono interpretati da Gene Barry e George Hearn. La produzione londinese aprí il 7 maggio 1986 e rimase in scena 8 mesi. Fra le canzoni più popolari di questa produzione meritano menzione The Best of Times e soprattutto I Am What I Am (“sono quel che sono”), un inno alla “diversità” (“questo è il mio mondo / quindi ci voglio un pizzico di orgoglio”), divenuto celeberrimo anche fra il grande pubblico grazie all’interpretazione di numerosi cantanti, in primo luogo per la versione disco di Gloria Gaynor, che ha avuto un ottimo successo di pubblico. La storia narra la vicenda di Renato e del suo compagno Albin: gestiscono uno sfavillante locale notturno per travestiti a Saint Tropez, dove Albin si esibisce come drag queen con il nome d’arte di “Zazà”. I due, che vivono insieme da oltre 20 anni, hanno cresciuto assieme Laurent, figlio di Renato, nato da una fugace relazione eterosessuale con una ballerina. La tranquilla vita dei due viene però messa a dura prova quando Laurent annuncia di essersi fidanzato con la figlia di un politico reazionario e ultra-conservatore e che, in occasione della visita dei futuri suoceri, desidererebbe che Albin non fosse presente, per non fare cattiva impressione sul futuro suocero. Da qui ha inizio una serie di equivoci comici, che movimentano la vicenda fino a una conclusione a sorpresa. La produzione originale del 1983 vinse 6 Tony Award (gli Oscar del Musical), tra cui Miglior musical. Tony Award alla riedizione del 2010 come “Best Revival”. Dal connubio di dignità e incapacità di amare ho cercato di prendere le mosse credendo sin dal principio che il Cyrano de Bergerac sia una commedia sulla “inadeguatezza” e sulla epicità sentimentale delle grandi personalità rispetto al comune sentire dell’amore, dell’amicizia e in genere rispetto alla coerenza con la quale compiere, in un labirinto di scelte, la più giusta per sé e per i propri valori. Finalmente un personaggio che può agire liberamente per perseguire il suo sogno di essere amato attraverso qualunque mezzo, qualunque sotterfugio. In questo solo apparente gioco d’amore, ho fornito a Cyrano una messa in scena che permettesse di muovere come un burattinaio i personaggi e le loro dinamiche fino a darci l’illusione di una storia scritta all’impronta solo per noi pubblico; così nell’adattamento del testo e nella rispettiva traduzione, ho cercato di far coesistere la prosa e la poesia relegando i versi alessandrini ad un gioco lezioso e risolutivo di certe questioni e cercando invece di dare respiro alla travolgente dimensione poetica del testo che va dritta allo spirito e all’anima di una donna per il cui amore si è disposti anche a morire. Alessandro Preziosi PROSA PROSA 30 NOVEMBRE 2012 2 MARZO 2013 Daniele Cipriani Entertainment presenta Danzitalia Italian Touring Dance Company Parmaconcerti AMARCORD OSCAR E LA DAMA IN ROSA balletto in due atti di Luciano Cannito liberamente ispirato all’omonimo film di Federico Fellini in occasione del 40° anniversario di Amarcord [1973] e 20° anniversario della scomparsa di Fellini [1993] con Rossella Brescia e Nicolò Noto e con Marco Schiavoni Alfred Schnittke, Glenn Miller musiche Nino Rota canzoni popolari degli Anni Trenta scenografie Carlo Centolavigna costumi Roberta Guidi di Bagno disegno luci Alessandro Caso coreografia e regia Luciano Cannito dal libro di Eric-Emmanuel Schmitt con Amanda Sandrelli e con Giovanni Mareggini flauto Cesare Chiacchiaretta fisarmonica Giampaolo Bandini chitarra Federico Marchesano contrabbasso regia Lorenzo Gioielli assistente alla regia Virginia Franchi musiche Giacomo Scaramuzza liberamente tratte da Lo Schiaccianoci di P.I.Tchaikovsky Pubblico tutto in piedi ieri sera al Lincoln Center alla prima americana di Amarcord, il balletto di Luciano Cannito tratto dal film premio Oscar di Fellini. [“The New York Times”] Da un piccolo capolavoro della letteratura un monologo di parole e musica. Amanda Sandrelli interpreta Oscar, il bambino malato di leucemia che, grazie all’amicizia con Nonna Rosa, una volontaria dell’ospedale in cui è ricoverato, vive in dodici giorni dodici anni della sua vita. Una favola. Più malinconica che triste. E delicata. E lucida. Come solo i bambini sanno essere: delicati e lucidi. Tutto esaurito all’Orange County di Los Angeles dopo lo straordinario successo newyorkese del balletto Amarcord di Luciano Cannito rappresentato dalla Scala di Milano. [“The Los Angeles Times”] Un’esplosione di energia e danza dinamica e divertente. [“la Repubblica”] Una splendida serata ieri sera alla Scala con Amarcord, il balletto di Luciano Cannito tratto dal magico film di Fellini. [“Corriere della Sera”] Il balletto Amarcord è liberamente ispirato al film in cui Fellini ricorda/reinventa la sua vita di ragazzo in una Rimini della prima metà degli anni Trenta. È un divertente e melanconico affresco dell’Italia fra le due guerre, dove il Fascismo e la Chiesa esercitavano il loro potere, influenzandone la cultura ed il costume. La storia di Titta, alter–ego del Fellini adolescente, e della sua famiglia si inserisce armoniosamente in un contesto di piccoli ritratti (Gradisca, Volpina, la tabaccaia) e di aneddoti legati ad un filo comune che li rende interdipendenti e dove affiora comunque sempre la spensieratezza e la voglia di vivere propria degli italiani dell’epoca. L’intento del balletto è trasportare coloro che lo guardano in un viaggio di condivisione, dove tutti si rivedano in ciò che accade in scena, sentano il profumo di ciò che negli anni Trenta si sentiva, ricordino ciò che eravamo noi, quegli italiani la cui storia non si studierà mai in alcun libro, quella gente normale e semplice di provincia. Un po’ come rivivere cose già vissute, come rivivere uno spaccato dell’Italia a cavallo tra le due guerre, dell’Italia piccola, quella della gente comune, con i soliti problemi di tutti i giorni. “Cannito – scriveva il critico del Corriere della Sera Mario Pasi – guarda dentro di sé e osserva gli altri al tempo stesso, da fuori, così può renderci le idee dei lussi irraggiungibili, il mitico Grand Hotel e il salone viaggiante del Rex. Ma poi è la terra, con i suoi spiriti, a prendere il sopravvento, perché le favole sono finite, perché anche i più ambiziosi si accontentano di poco. Perfino Gradisca, femmina esemplare, accetta un giovane povero che fa il carabiniere... così si esorcizzano le tragedie, ma senza dimenticarle: si ride dell’olio di ricino somministrato dai fascisti, ma non si dimentica, si fa dell’ironia sui nazisti maiali, ma non si dimentica. Vino, donne e canto potremmo dire a tempesta passata. Il presente si abbraccia e poi non è così male”. Proposto per la prima volta nel 1995 al Teatro San Carlo, Amarcord è andato in scena anche al Teatro alla Scala, negli Stati Uniti (Metropolitan di New York, Orange County di Los Angeles) e Teatro Massimo di Palermo, riscuotendo ampi successi. Questa del 2012 è una versione coreografica espressamente rivisitata per la Compagnia Danzitalia, che vede nel ruolo di Gradisca Rossella Brescia e il giovane Nicolò Noto nel ruolo di Titta. Ci sono storie che vogliono essere raccontate, che ti scelgono, come i gatti scelgono il loro padrone, ti salgono in collo e non se ne vanno più. Oscar e la dama in rosa non è solo un bellissimo libro di Schmitt, è una storia necessaria, di quelle che in alcuni momenti possono farti davvero bene. Per me e Lorenzo (Gioielli, il regista) è stato un viaggio, abbiamo riso e pianto chiusi in una stanzetta con la nostra Virginia (Franchi, l’aiuto) per dieci giorni e alla fine nel meraviglioso Teatro Ariosto a Reggio Emilia, l’abbiamo raccontato per la prima volta, e abbiamo capito che avevamo ragione, era necessario farlo. Credo proprio che nessuno si scorderà di Oscar, il bambino irriducibile, e dei suoi 120 anni di vita concentrati in 12 giorni, del suo rapporto con nonna Rosa e con Dio. Oltre alla musica scritta da Giacomo Scaramuzza e ai quattro musicisti, ci sono io, un pigiama e una sedia. Perché questa storia non ha bisogno di altro. Amanda Sandrelli Amanda Sandrelli, con il suo ultimo spettacolo Oscar e la dama in rosa di Eric-Emmanuel Schmitt dà una svolta decisa alla sua carriera di attrice. Qui, in un monologo lungo, denso, pieno di contenuti religiosi e filosofici, tiene la scena con grande sicurezza, modula con sapienza la voce per interpretare una miriade di personaggi, usa una gestualità essenziale ma efficacissima, porta con sé il pubblico nel cuore della narrazione e riceve, alla fine, un vero torrente di applausi. Il successo va condiviso con il regista Lorenzo Gioielli, che sa come ottenere dalla sua attrice una recitazione ricchissima di sfumature e dai quattro strumentisti che accompagnano l’azione con dei delicati contrappunti. Certo, in questa sua straordinaria performance Amanda Sandrelli è aiutata dalla qualità del testo. Schmitt si conferma autore di primissimo piano trasformando la storia di un bambino ammalato che, prima di morire, vuole capire il senso della sua esistenza, in un trattato morale di sopravvivenza. Si capisce, ascoltando le parole di Schmitt, che il mondo dei bambini gli è molto vicino e che per lui non ha segreti. I ragionamenti del piccolo Oscar sono ingenui ma pieni di significato e costringono chi li ascolta a impegnarsi in una serie di riflessioni difficili da affrontare ma benefici per la mente. [Lino Zonin, “Il Giornale di Vicenza”] PROSA PROSA 9 FEBBRAIO 2013 15 DICEMBRE 2012 Nuovo Teatro diretto da Marco Balsamo in coproduzione con Gli Ipocriti BABILONIA TEATRI ART PINOCCHIO di Yasmina Reza traduzione Alessandra Serra con (in ordine alfabetico) Gigio Alberti, Alessio Boni, Alessandro Haber regia Giampiero Solari scene Gianni Carluccio luci Marcello Iazzetti costumi Nicoletta Ceccolini di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani con Enrico Castellani, Paolo Facchini Luigi Ferrarini, Riccardo Sielli e Luca Scotton collaborazione artistica Stefano Masotti e Vincenzo Todesco scene, costumi, luci e audio Babilonia Teatri produzione Babilonia Teatri in collaborazione con Operaestate Festival Veneto con il contributo di Comune di Bologna Regione Emilia Romagna patrocinio Emilia Teatro Teatro Fondazione promozione BaGs Entertainment residenza artistica Babilonia Teatri e La Corte Ospitale Pinocchio è un progetto di Babilonia Teatri e Gli Amici di Luca laboratorio teatrale presso la Casa dei Risvegli Luca De Nigris realizzato col contributo di Fondazione Alta Mane-Italia ringraziamo Laura Bissoli, Cristiana Bortolotti Cristina Fermani, Fulvio De Nigris, Eloisa Gatto Irene Giardini, Nicola Granata, Giovanna Grosso Marco Macciantelli, Francesca Maraventano Juri Mozzanti, Cristian Sacchetti, Davide Sacchetti All’amicizia maschile, sentimento generalmente considerato così puro, così autentico, così naturale, goliardicamente semplice, anche così sacro, specie in Italia, viene data una bella scartavetrata da questa autrice francese, Yasmina Reza. Una donna quindi. Che sbircia in una serata di tre vecchi amici, uomini fatti, divertenti, simpatici, folgoranti nelle loro battute, ognuno con una storia sentimentale non facile alle spalle, (i rapporti con l’altro sesso non sono mai facili si sa) per vedere se davvero l’amicizia tra uomini sia questa specie di Paradiso terrestre dove ognuno ritrova se stesso e se stesso riesce ad essere. E la risposta è no. Non è così. Basta un minimo pretesto, in questo caso l’acquisto da parte di Serge di un quadro bianco per dare il via ad uno scontro feroce tra i tre. Dove emerge come il bisogno di affermare se stessi per dare una ragione al proprio esistere sia alla base di tutti i rapporti. E se il finale sembra ricondurre ad un lieto fine, ad una riconciliazione, ad una amicizia rivitalizzata e rinnovata, la Reza lascia in realtà aperta una questione non semplice. È davvero la sincerità il modo migliore per far durare un rapporto? O non piuttosto una giusta dose di menzogna? Gigio Alberti Perché Pinocchio? Perché farlo con persone uscite dal coma? Ci è stato dato un indirizzo: via Altura, 3 – 40139 Bologna. Siamo arrivati. Davanti a noi un ospedale. Abbiamo chiesto se era lì la sede della compagnia “Gli Amici di Luca”. In fondo al corridoio sulla sinistra: Sala del Durante. Domanda nostra: perché fate teatro? Risposta loro: ci è stato dato un calcio nel culo, fare teatro è l’unica possibilità per restituirlo. Ci siamo innamorati di loro. Della loro autenticità. Della loro imperfezione. Della loro sporcizia. Abbiamo trovato in loro uno specchio della società reale. Persone lontane da noi. Con vissuti, esperienze e modi di pensare che non ci appartengono, che non appartengono alle persone che frequentiamo. Abbiamo incontrato quel mondo che sempre vogliamo fotografare, raccontare e restituire. Un’umanità da ascoltare e amplificare senza pietismo, paternalismo né razzismo. Pinocchio è la loro umanità. Le loro e le nostre debolezze e incoerenze. L’eterno contrasto tra innocenza e consapevolezza: assunzione o fuga dalle responsabilità. Pinocchio è una scelta di campo. Ascoltare il grillo parlante o il gatto e la volpe, andare a scuola o entrare nel teatro di mangiafuoco, seguire lucignolo o chiedere consiglio alla fata, ubbidire al padre o fare di testa propria. Pinocchio è le nostre tentazioni. Le nostre contraddizioni. Le nostre bugie. È questo il paese dei balocchi? Un quadro bianco, pagato molto. Scattano le reazioni degli amici di chi lo ha comprato. Esagerate, forse guidate dalla passione, dall’amicizia. L’amicizia. Il passaggio di un’esistenza insieme. Soli. Creando alleanze. Due contro uno. Altri due contro uno. Si provoca violenza nei rapporti. Violenza. Il tutto accade, forse, inconsapevolmente, dentro il quadro bianco. Forse è così, tutta la vicenda, le discussioni appassionate, le verità, le bugie, le alleanze, le insicurezze, tutto accade dentro il quadro bianco. Come un passaggio dentro un quadro bianco. Il paradosso del testo fa in modo che ci si rida sopra. Con ironia, con affetto, una risata in cui ci si riconosce. L’apparente satira sull’arte contemporanea diventa la finestra per entrare in un meccanismo di rapporti sull’amicizia. Il tutto… dentro un quadro bianco. Dentro. Dopo esserci passati… ci si confonde con il paesaggio e si sparisce. Giampiero Solari CONTEMPORANEO PROSA 24 APRILE 2013 Il Pinocchio allestito da Babilonia Teatri con pazienti usciti dal coma è parso già un risultato assoluto, forse il punto d’arrivo di una generazione: punto d’arrivo non solo per l’alto livello poetico, ma per la padronanza, per la sensibilità con cui Enrico Castellani e Valeria Raimondi hanno governato una materia difficilissima, che sarebbe sfuggita di mano a chiunque altro. Il loro Pinocchio è straordinario fin dalla scelta del titolo, che implica allusivamente il tema del risveglio, del passaggio dalla condizione di burattino a quella di bambino, e dunque della presa di coscienza di un prima e di un dopo. È straordinario nell’apparizione dei tre protagonisti, che entrano dalla sala, seminudi, due in bermuda e uno in mutande, incerti nei passi, ma non smarriti. È straordinario nell’idea di non farli recitare ma parlare di sé, sollecitati dalla voce fuori campo dello stesso Castellani, che li interroga, li coinvolge in una paradossale intervista, all’apparenza un grado zero della rappresentazione, di fatto invece teatralissima. Lui, invisibile, pone domande con affettuosa ma sfrontata ironia, senza retorica o pietismo: chiede della loro vita, dell’incidente che l’ha segnata, delle fate turchine che vorrebbero incontrare. Loro rispondono con humor irresistibile, quasi con spavalderia: il tutto sembra lieve, sorridente, ma il dramma si nasconde di continuo dietro la dizione faticosa, dietro i gesti esitanti, coesiste con la scheggia di immediata realtà che essi incarnano, la illumina e in qualche modo nobilita. [Renato Palazzi, “Il Sole 24 Ore”] foto di Marco Caselli Nirmal Traviata è il primo capitolo di un coraggioso progetto firmato da Monica Casadei, eclettica coreografa emiliana formatasi fra Italia, Inghilterra, Francia e vari soggiorni in Oriente: si tratta di Corpo a Corpo Verdi, che si propone di tradurre nel linguaggio della danza i melodrammi più celebri del più amato compositore italiano. La tappa successiva, Rigoletto, ha debuttato a gennaio 2012 al Théâtre de Suresnes Jean Vilar di Parigi. Violetta contro tutti. Violetta in bianco, speranza di purezza, Violetta in rosso, perché le sanguina il cuore. Un cuore che forse sarebbe stato meglio non fosse mai battuto. Meno dolore, meno contrasto. Violetta, una storia in cui scorre il senso della fine ad ogni alzar di calice. Nulla si risolve. È tardi. È tardi. Dietro i valzer, il male che attende. Dietro le feste e la forma, il marciume di una società in vendita, vuota, scintillante. Addio, del passato bei sogni ridenti. Perché non si è pura siccome un angelo. Questa donna conoscete? Amami, Alfredo… Aver conversato con Monica Casadei sul debutto del primo capitolo del progetto triennale Corpo a Corpo Verdi, ovvero Traviata, ci ha catapultati all’interno di un viaggio coreografico in cui la danza e l’opera duettano dando corpo a un fluire di immagini sbrigliato da qualsiasi volontà di aderenza didascalica, eppure legato a doppio filo al dramma di Violetta. Viaggio in cui vibra il sentimento amoroso di chi spera, legato tragicamente alla sensazione di sapere che tutto finisce, mentre si consuma il conflitto tra singolo e società, pubblica facciata e privato sentire. Ci vuole coraggio e determinazione, ma Casadei, coreografa volitiva e combattiva ne ha eccome, e accetta la proposta di intraprendere un progetto coreografico sulla trilogia popolare di Giuseppe Verdi, ovvero Traviata, Rigoletto e Trovatore. Tre creazioni da qui al 2013, su commissione del Festival Verdi, coproduttore per Traviata in tandem con il Comunale di Ferrara, nelle quali sarà il codice danza a confrontarsi con una tradizione lirica intramontabile quanto conosciuta ai più. Un Corpo a Corpo, nato dal fatto di misurarsi con una musica che non possiamo pensare slegata dalle scene, complice un artista, Verdi, drammaturgo ancor prima che compositore. Per Traviata, quell’Amami, Alfredo, quel libiam ne’ lieti calici, quel croce e delizia, quel sì, piangi, quell’è tardi, qualunque sia la taratura della passione per il bel canto di chi legge, sono parole che si legano nella memoria a voci, ad arie, musiche, storie, teatri, a partire dalle pagine del libro, fonte dell’opera verdiana. Alfredo e Violetta si mischiano nella mente con Marguerite e Armand, i protagonisti dello struggente romanzo La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, 1848, una storia, scriveva il suo autore, che ha un solo merito: “quello di essere vera”. Perché è la società reale con il suo conformismo di copertura che pulsa nelle pagine di Dumas e in Marguerite, nome di fantasia sotto cui si nascondeva quella Marie Duplessis, morta di tisi, sepolta a Montmartre e amata dal giovane scrittore. Romanzo che diventa prima dramma teatrale, poi opera lirica, poi balletto. Da Eleonora Duse a Sarah Bernhardt, da Maria Callas a Alessandra Ferri, Marie/Marguerite/Violetta con la voce, il canto o l’emozione del corpo che danza ha fatto piangere intere generazioni. Ma quale Traviata vedremo stasera? Una Traviata letta dal punto di vista di Violetta. Violetta, appunto, contro tutti. Violetta al centro di una società maschilista espressa da un coro in nero. Violetta moltiplicata in tanti elementi femminili, in tanti spaccati di cuore. Violetta disprezzata, che anela, pur malata, pur cortigiana, a qualcosa di puro. Violetta contro cui si scagliano le regole borghesi espresse dal padre di Alfredo, Giorgio Germont, emblema di una società dalla morale malsana. Una società in cui per certi versi si rispecchia a distanza anche la nostra. Ed ecco Violetta in mezzo a altre Violette, gonna bianca, gonna della festa, gonna del libiam, ma anche del dolore, di un assolo danzato di schiena, in cui assolo significa solitudine, viaggio verso la morte, cammino verso il proprio funerale: e intanto ascoltiamo l’addio, del passato. 6 APRILE 2013 ARTEMIS DANZA / MONICA CASADEI Jolefilm TRAVIATA ITIS GALILEO coreografia, regia, scene, luci e costumi Monica Casadei assistente alla coreografia Elena Bertuzzi con Vittorio Colella, Melissa Cosseta Gloria Dorliguzzo, Chiara Montalbani Gioia Maria Morisco, Sara Muccioli, Camilla Negri Stefano Roveda, Francesca Ruggerini Emanuele Serrecchia, Vilma Trevisan musiche Giuseppe Verdi elaborazione musicale Luca Vianini drammaturgia musicale Alessandro Taverna produzione Compagnia Artemis Danza/Monica Casadei coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Festival Verdi - Parma con il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Emilia Romagna-Assessorato alla Cultura Provincia e Comune di Parma di Francesco Niccolini e Marco Paolini con Marco Paolini consulenza scientifica Stefano Gattei consulenza storica Giovanni De Martis elementi scenici Juri Pevere allo spettacolo è collegato un mini workshop, curato dagli artisti della compagnia dedicato alle scuole di danza locali per un coinvolgimento come comparse di un gruppo di giovani danzatori per il finale dello spettacolo Essere geniali, in circostanze difficili, può essere un problema, per gli altri soprattutto. Parte da questa considerazione il lavoro di approfondimento curioso che Marco Paolini e Francesco Niccolini hanno dedicato alla figura di Galileo. Il padre della scienza moderna, infatti, appare agli occhi dei contemporanei come un grande divulgatore dei propri studi, ma soprattutto come una mente che rimane aperta al dubbio fino alla fine, fino alla vecchiaia. Quando si parla di Galileo si pensa sempre a un anziano venerando: sarà una questione di iconografia, ma forse è anche perché si capisce che lo scienziato non si mette mai in pensione con la testa. Anzi, le scoperte più importanti le raggiunge dopo i sessant’anni. Galileo vive quattrocento anni prima di noi, in un’epoca governata da certezze e rigidità di pensiero, ma alcuni elementi tornano oggi a riaprire il confronto con quel passato. Traviata ha significato per Casadei e i suoi collaboratori, da Alessandro Taverna, autore della drammaturgia musicale, a Luca Vianini, che ha curato l’elaborazione musicale, entrare nel dramma di Violetta, di questa donna a cui è negata la speranza di un sentimento d’amore. Perché, se come prostituta felice del suo ruolo poteva essere integrata nascostamente dalla società, da cortigiana animata dal desiderio di uscire dal suo destino, non poteva che essere punita dalla malattia, dalla morte, dal disprezzo. Uccisa dall’ipocrisia del coro. Alfredo perciò è nello spettacolo soprattutto un uomo di poco spessore, schiacciato dalle azioni del padre. Appartiene anch’egli al coro. Viene evocato più per la scena della festa da Flora, che per le sue dichiarazioni d’amore. Ancora il disprezzo, ancora lo scontro con la società delle apparenze: qui testimon vi chiamo/ che qui pagata io l’ho. E allora ecco perché quell’ È tardi diventa la chiave del Corpo a Corpo Traviata della compagnia Artemis. Due parole che risuonano come una campana a morte. Perché nulla può essere recuperato. Perché Violetta, in abito rosso, danza e il suo cuore non può che grondare sangue, sangue che è la tisi ma che è anche segno di una ferita interiore da cui non c’è scampo. La società che tutto vede e controlla vuole il suo sacrificio. Sì, piangi, o misera. Come finire dunque? Come terminare questa visione in bianco e nero, sporcata dal rosso e dal dolore? Che sia con Amami, Alfredo, che ascolteremo in un mix di tante edizioni celebri, un’invocazione che è un grido di morte. Perché se nell’opera ascoltiamo Amami, Alfredo dopo l’incontro decisivo tra Violetta e il padre di Alfredo, nello spettacolo quest’invocazione è spostata al finale. Un urlo di disperazione, un grido di solitudine, in una Traviata molto femminile nella quale la partita non si gioca sulla decorazione, ma sull’esplodere di un’energia fisica di dolore, specchio dell’anima. [Un cuore che gronda. Appunti da una conversazione con Monica Casadei intorno a Corpo a Corpo Traviata, Francesca Pedroni] foto di Marco Caselli Nirmal CONTEMPORANEO CONTEMPORANEO La danza di Monica Casadei, che già più volte si è confrontata con la grande tradizione lirico-operistica, affronta il capolavoro verdiano in un imprevedibile corpo a corpo, dove il danzatore è lo strumento che traduce, esalta e trasforma la potenza evocativa dell’opera. Corpo compatto, univoco, essenziale: corpo ‘lirico’ e ‘traviato’, che nella coralità come nell’individualità ridà voce alla passione di Violetta e Alfredo e al tragico epilogo della loro storia d’amore. 23 FEBBRAIO 2013 Una lezione di “impegno civile” anche questa, come quelle cui Paolini ci ha abituato sin dai tempi di Vajont, dove il palcoscenico rigorosamente spoglio si trasforma ben presto in luogo di analisi di un fenomeno, che viene sviscerato, scandagliato e quindi consegnato alla riflessione del pubblico. […] Paolini ripercorre l’intero tragitto esistenziale di Galileo, prendendo spunto dal celebre Dialogo sui due massimi sistemi del mondo, e fioccano le battute sagaci: “ma perché, dopo la rivoluzione copernicana, la mattina noi apriamo il giornale e continuiamo a leggere l’oroscopo delle stelle fisse di Tolomeo? [Emilia Costantini, “Corriere della Sera”] Viviamo in un tempo in cui la magia è tornata a governare il futuro. Sarà perché le leggi dell’economia non sono leggi matematiche e contengono una componente di caso molto rilevante, sta di fatto che il nostro mondo cerca consolazione negli astri. E mi stupisce che, 400 anni dopo la consacrazione dell’universo postrivoluzione copernicana, tutti i giorni molti tra noi consultino le previsioni dell’oroscopo che utilizzano le stelle fisse di Tolomeo. Alla fine non importa se il cielo non è così, perché quello che conta è che ci piace. Galileo è usato spesso come simbolo della scienza libera contro la fede integralista, ma in realtà è uno che per campare fa anche oroscopi. Eppure ha la forza di guardare oltre. Per noi è facile irridere le teorie del passato, quando finiscono le teorie fanno sempre ridere. Il problema è che mentre ci sei dentro continui a pensare che non sia teoria, ma spiegazione della realtà. Marco Paolini Ecco allora gli interrogativi che sorgono nel chiamare in causa Galileo. Forse la ragione ha perso appeal? La scienza ha deluso? Una morale laica non esiste? Questo spettacolo non approfondisce la tradizionale dialettica fede-ragione, che ha segnato la storia dello scienziato e del Seicento, ma piuttosto indaga sulla discussione a tre fra fede, ragione e superstizione. In fin dei conti, giocare al lotto è più facile che pensare o guadagnarsi il paradiso onestamente, anche se il calcolo delle probabilità non dovrebbe indurre nessuno a giocarci. L’obiettivo di Marco Paolini con questo spettacolo teatrale è quello di coinvolgere nel ragionare, non solo nel raccontare, arrivare a una situazione in cui il pubblico non sia seduto tranquillo, sapendo di dover fare lo spettatore e basta. Va in scena a teatro un dialogo, anche se non proprio sopra i massimi sistemi, ma almeno su di un “minimo comune e multiplo”. foto di Marco Caselli Nirmal RAGAZZI RAGAZZI foto di Marco Caselli Nirmal TEATRO DELLE BRICIOLE Cantiere Nuovi Sguardi per un Pubblico Giovane foto di Elisa Contini foto di Antonella Anti Nel 2010 il Teatro delle Briciole ha inaugurato un “cantiere produttivo” dal titolo Nuovi Sguardi per un Pubblico Giovane. Convinto dell’importanza di un confronto con esperienze teatrali differenti rispetto all’universo tradizionalmente definito come teatro-ragazzi, il Teatro delle Briciole si propone con questo cantiere di affidare a giovani gruppi della ricerca italiana il compito di creare uno spettacolo per bambini. 27 GENNAIO 2013 10 MARZO 2013 14 APRILE 2013 Ersiliadanza BABY DON’T CRY progetto affidato a Babilonia Teatri a cura di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani con Marco Olivieri e Francesco Speri con la collaborazione di Ilaria Dalle Donne e Vincenzo Todesco musiche originali Marco Olivieri piano luci Babilonia Teatri e Emiliano Curà scene Babilonia Teatri e Lab TdB, Paolo Ramanini montaggio audio Babilonia Teatri/Luca Scotton illustrazioni Ilaria Dalle Donne per bambini dai 7 ai 10 anni Baby don’t cry è il primo spettacolo del progetto Cantiere Nuovi Sguardi per un Pubblico Giovane del Teatro delle Briciole affidato a Babilonia Teatri, vincitori del premio Scenario 2007 con made in italy e del Premio Speciale Ubu 2009. Baby don’t cry si è sviluppato a partire da un lavoro di ricerca diretto con i bambini di alcune scuole di Parma e affronta il tema del pianto con un linguaggio teatrale pop-rock che è la cifra stilistica originale del gruppo veronese. Si piange per paura, per tristezza, per capriccio. Si piange di gioia. Si piange di felicità. Si piange di rabbia. Si piange di dolore. Si piange di tristezza. Si piange per amore. Un pianto disperato. Un pianto liberatorio. Si ride di chi piange. Si piange di chi piange. Per chi piange. Con chi piange. Si piange da soli. Si piange abbracciati. Le lacrime sono dolci e sono amare. CAPPUCCETTO ROSSO LA REPUBBLICA DEI BAMBINI Gli occhi sono lucidi, sono rossi, sono gonfi. Le guance bagnate, rigate, salate. Piangere è da uomini o da donne? Chi piange più forte? Chi ha le lacrime più grosse? Chi usa più fazzoletti? Dove, come, quando, perché, con chi si piange? Hai pianto? Piangerai? Ridere è il suo contrario? Piangere è consolarsi, sfogarsi, curarsi. Il pianto ci calma e ci dà sollievo. Il pianto chiede ascolto, attenzione, calore. Lo spettacolo racconta della libertà con cui i bambini sono in grado di piangere. Di parlare del loro pianto. Di manifestarlo e non nasconderlo. Di utilizzarlo come lingua, segnale, messaggio. progetto affidato a Teatro Sotterraneo con Andrea Corsi, Chiara Renzi regia Sara Bonaventura, Iacopo Braca Claudio Cirri, Daniele Villa grafica Marco Smacchia disegno luci Emiliano Curà in collaborazione con Teatro Metastasio Stabile della Toscana per bambini dai 7 ai 10 anni Nel 2011 il progetto Cantiere Nuovi Sguardi per un Pubblico Giovane del Teatro delle Briciole continua con un secondo spettacolo affidato a Teatro Sotterraneo, un collettivo di ricerca teatrale nato nel 2004. Dopo la partecipazione alla Generazione Scenario 2005, nel 2009 riceve il Premio Speciale Ubu come “uno dei gruppi guida dell’attuale ricambio generazionale”. Teatro Sotterraneo lavora da sempre su due piani: il coinvolgimento diretto e decisionale dello spettatore e la dimensione ludica dell’interazione teatrale, nel tentativo di conservare il riso e il tragico quasi nello stesso frammento. Esistono nel mondo alcune “nazioni in miniatura”. Piattaforme petrolifere abbandonate, isole o piccole porzioni di terraferma dove non vige alcuna giurisdizione o controllo politico-militare e dove alcuni soggetti, preso il controllo del territorio, hanno emanato proprie leggi, coniato una nuova moneta, strutturato proprie istituzioni e avviato rapporti con territori vicini. Qui l’esercizio di cittadinanza può ripartire da zero, porsi domande originarie sul fare società e rispondere con modalità inedite. Si parte dalla scena teatrale come piattaforma vuota su cui costruire una micronazione. Due attori irrompono sulla scena e cominciano a progettare il loro paese in miniatura. Servono delle leggi. Servono dei luoghi. Servono delle cose. Si parte da zero, tutto è da costruire, liberi di costruirlo come vogliamo. La micronazione è una scena vuota, deserta, che lentamente si popola e riempie, magari anche degli stessi elementi che compongo il panorama teatrale (luci, musiche ecc) oppure di segnali che diano regole (cartelli, striscioni ecc) di modo che ai bambini sia dato vedere come da un vuoto si possa edificare una Polis. L’incognita è sul tipo di Polis. In questo quadro il coinvolgimento diretto dei bambini pare un necessario rovesciamento. I bambini non dispongono solitamente di potere diretto. Sui bambini non gravano responsabilità. I bambini vivono in un mondo normativo, fatto di ordini, obblighi e divieti. È nella natura delle cose, che il vecchio guidi il fanciullo. E del resto il fanciullo non potrebbe decidere su cose di cui non ha ancora fatto esperienza. Nel costruire una nazione in miniatura proviamo a dotare i bambini di un potere inedito e fatto su misura. Sullo sfondo un piccolo luogo deserto in cui dar vita a una società, Robinson Crusoe ma anche il serial Lost, e naturalmente Il signore delle mosche di Golding. Si tratta di una piccola Cosa Pubblica, si tratta di uno spettacolo teatrale dove la finzione è evidente perché è il motore dell’immaginazione, si tratta di un paese in miniatura che si spegnerà quando si spegneranno le luci che lo illuminano, ma al tempo stesso si tratta di una possibilità. ideazione, coreografia, regia e testi Laura Corradi creato con Midori Watanabe, Carmelo Scarcella musiche originali Fabio Basile disegno luci e allestimento scenico Alberta Finocchiaro assistente alla coreografia Midori Watanabe costumi Silvia Bonetti, Ilenia Rossit adattamento voci registrate Alfonso De Filippis voci di Alfonso De Filippis, Augusto Radice Alberta Finocchiaro, Laura Corradi una produzione Estate Teatrale Veronese con il sostegno di MiBAC Dipartimento dello Spettacolo Regione del Veneto-Arco uno spettacolo per bambini (dai 5 anni) e adulti La fiaba è sempre cominciata così, Cappuccetto che disobbedisce e abbandona il sentiero per addentrarsi nel bosco. Anche qui, Cappuccetto e Lupo, nel ripercorrere la storia, prendono strade laterali, trasgrediscono, aprono varchi di libertà che nessuna delle stesure originali aveva previsto. Ben presto ci si chiede chi sta conducendo il gioco, Lupo o Cappuccetto? Chi sta ingannando l’altro? E intanto scorrono fiori e seduzione, travestimenti, foto ingiallite e immagini sacre, il bosco, la paura, giochi pericolosi, spari di un cacciatore che da tempo pecca di protagonismo e ora spara a tutto quel che muove. Tutto questo crea scompiglio in un angolo di cielo in cui sono riunite per l’occasione le anime dei “padri” della fiaba, Charles Perrault e i fratelli Grimm, Jakob e Wilhelm, le cui dispute letterarie attirano l’attenzione di alcuni personaggi sfuggiti al destino ripetitivo della fiaba in questione e di qualche altra figura decisamente inaspettata. È un altro pubblico, invisibile, che assiste, sussurra al vicino, brontola, parteggia, litiga e soprattutto, in nome della tradizione, interviene. È il mondo adulto che vuole rimettere ogni cosa al suo posto e mentre è preso dai suoi princìpi dimentica di cambiare lo sguardo e di accettare il cambiamento. Ma Cappuccetto e Lupo ne hanno passate tante insieme, tante fiabe, tante epoche e tutte le lingue del mondo. Lei una ragazzina e lui pur sempre un lupo, ma il tempo cambia sempre tutto e loro adesso farebbero qualsiasi cosa per non arrivare alla battuta fatale: oh nonna, che bocca grande hai... Laura Corradi LA CITTÀ IN SCENA 16 - 17 MARZO 2013 4 - 5 E 11 - 12 MAGGIO 2013 Papaveri e Papere LE PILLOLE D’ERCOLE FACE. OGNI VOLTO UNA STORIA commedia degli equivoci di Charles Maurice Hennequin e Paul Bilhaud adattamento e regia Massimiliano Giovanetti un musical di Don Umberto Rotili e Matteo Volpotti musiche originali Matteo Volpotti Un marito fedelissimo, di professione medico, rimane vittima dello scherzo di un collega che gli propina una di quelle famose pasticche afrodisiache note come “le pillole d’Ercole”. Il risultato è che il nostro eroe diventa un irresistibile dongiovanni e un mandrillo scatenato, pronto a buttarsi su tutte le donne che gli capitano a tiro. I guai iniziano quando il marito americano di una di queste “vittime” esige di rendere al dottore pan per focaccia. C’è una sola cosa da fare: inventarsi una moglie fittizia da mandare fra le braccia dell’americano e spedire la legittima consorte il più lontano possibile. Ma il destino fa sì che tutti si incontrino in un hotel termale (che richiama da vicino il celebre “albergo del libero scambio” di Feydeau), dove anche la donna proverà l’ebbrezza della pillola magica, portando il ritmo scatenato della vicenda ad un crescendo scandito dall’aprirsi e chiudersi delle porte delle camere da letto. Le pillole d’Ercole è una serie di irresistibili gags, di equivoci, qui pro quo, imbrogli e colpi di scena, un grande meccanismo comico che offre al contempo un’acuta osservazione critica dell’animo umano. Tipico esempio di vaudeville, Le pillole d’Ercole funziona come un meccanismo ad orologeria, dove in ogni istante la vicenda si complica arrivando a ingenerare situazioni così paradossali e complicate che sembra impossibile allo spettatore, tra una risata e l’altra, che tutto ritorni alla normalità, arrivando ad un lieto fine. Face. Ogni volto, una storia è un musical voluto dalla Pastorale Giovanile di Fabriano, con testo originale ideato da Don Umberto Rotili e musiche originali create dal giovane e talentuoso Matteo Volpotti. Lo spettacolo parla dei giovani, del loro mondo, di quello che vivono in positivo ma anche in negativo. Ogni giovane, ogni volto, ha la sua vita, la sua storia personale, i suoi problemi da risolvere e durante lo spettacolo ognuno cercherà di ritrovare se stesso. Lo spettatore diventa parte integrante della scenografia e sarà coinvolto in maniera totale e inconsapevole in questo mondo di allegria frizzante, ma anche di cruda realtà. Tanti aspetti di cui spesso gli adulti fanno finta di non essere a conoscenza, con una velata critica al fatto che spesso i giovani non vengono presi in considerazione nel modo dovuto. Una scommessa che l’autore è pronto a fare: i giovani invece, hanno tanto da dare se motivati nel modo giusto e lui intende dimostrarlo con questo spettacolo. Lo spettacolo prevede la presenza di un corpo di ballo, di un’orchestra dal vivo, di un coro e di 30 personaggi protagonisti, più un gruppo di personaggi che danno vita alle scene corali. La scenografia è di tipo moderno; il fondale presenta un’innovazione luminosa d’avanguardia, i costumi sono realizzati originali da Roberta Fratini, esperta del settore; l’idea dei personaggi nasce in collaborazione con la fumettista Licinia Tozzi, autrice di un fumetto pubblicato presso la casa editrice Soleil di Parigi. Le voci sono dirette dalla maestra Paola Paolucci, mentre la direzione dell’orchestra sarà affidata ad Antonio Lusi. ABBONAMENTI 11 - 14 ottobre rinnovi con conferma del posto 18 e 19 ottobre rinnovi con possibilità di cambio posto 20 - 23 ottobre nuovi Biglietteria Teatro Gentile dalle ore 16 alle ore 20 PROSA [7 SPETTACOLI] primo settore intero primo settore ridotto secondo settore intero secondo settore ridotto terzo settore intero terzo settore ridotto loggione unico €158,00 €126,00 €126,00 € 95,00 € 95,00 € 63,00 € 50,00 la riduzione è valida fino a 25 anni, sopra i 65, soci Fenalc, Circolo Arci, DLF, Iscritti Università della Terza Età e Università degli Adulti di Fabriano, Studenti UniFabriano, previa esibizione della tessera e del documento di riconoscimento CONTEMPORANEO [3 SPETTACOLI] posto unico numerato intero € 40,00 posto unico numerato ridotto € 27,00 la riduzione è valida fino a 25 anni, sopra i 65, soci Fenalc, Circolo Arci, DLF, Iscritti Università della Terza Età e Università degli Adulti di Fabriano, Studenti UniFabriano, previa esibizione della tessera e del documento di riconoscimento RAGAZZI [3 SPETTACOLI] posto unico numerato intero posto unico numerato ridotto la riduzione è valida fino a 14 anni compiuti € 21,00 € 13,00 DIRITTO DI PREVENDITA 2 euro, applicato sui biglietti di Prosa e Contemporaneo venduti fino al giorno precedente lo spettacolo; per i biglietti di Ragazzi e di Città in scena 1 euro BIGLIETTI dal 30 ottobre vendita biglietti per tutti gli spettacoli. La biglietteria del Teatro Gentile è aperta due giorni precedenti lo spettacolo dalle ore 16 alle ore 19; nei giorni di spettacolo dalle ore 19, la domenica di spettacolo dalle ore 16. PROSA primo settore intero primo settore ridotto secondo settore intero secondo settore ridotto terzo settore intero terzo settore ridotto loggione unico € € € € € € € VENDITA ON LINE www.vivaticket.it. 25,00 20,00 20,00 15,00 15,00 10,00 8,00 la riduzione è valida fino a 25 anni, sopra i 65, previa esibizione del documento di riconoscimento CONTEMPORANEO posto unico numerato intero posto unico numerato ridotto € 15,00 € 10,00 la riduzione è valida fino a 25 anni, sopra i 65, previa esibizione del documento di riconoscimento. Per Traviata la riduzione è valida anche per gli iscritti scuole di danza, per Pinocchio per gli iscritti scuole di teatro. RAGAZZI posto unico numerato intero posto unico numerato ridotto € € 8,00 5,00 la riduzione è valida fino a 14 anni compiuti LA CITTÀ IN SCENA primo settore intero primo settore ridotto secondo settore intero secondo settore ridotto loggione unico € 15,00 € 12,00 € 10,00 € 8,00 € 5,00 la riduzione è valida fino a 10 anni compiuti Le pillole d’Ercole primo settore intero primo settore ridotto secondo settore intero secondo settore ridotto terzo settore intero terzo settore ridotto loggione unico riduzione valida fino a 14 anni e per gli allievi dei corsi di teatro Papaveri e Papere € € € € € € € 15,00 12,00 13,00 10,00 10,00 8,00 5,00 INFO Biglietteria Teatro Gentile 0732 3644 www.piazzalta.it Città di Fabriano Assessorato alla Cultura 0732 709223 – 0732 709409 AMAT 071 2072439 www.amat.marche.it. INIZIO SPETTACOLI feriali ore 21 domenica ore 17 CON IL SOSTEGNO DI