STAGIONE LIRICA 2012-13 Venerdì 15 e Sabato 16 marzo, ore 20.30 – Teatro Goldoni L.T.L. Opera Studio presenta Napoli Milionaria dramma lirico in tre atti di Eduardo De Filippo tratto dalla sua omonima commedia musica di Nino Rota Editore originale: Schott Music GmbH & Co KG, Mainz Sub-editore per l’Italia: Sugarmusic SpA – Edizioni Suvini Zerboni, Milano Personaggi e interpreti (la scelta degli interpreti è frutto del progetto LTL OperaStudio 2012) Gennaro Iovine Giampiero Cicino (15) - Giuseppe Pellingra (16) Amalia, sua moglie Gaia Matteini (15) - Marina Shevchenco (16) Maria Rosaria, figlia Paola Santucci (15) - Manuela Ranno (16) Amedeo, figlio Saverio Pugliese (15) - Fabio Valenti (16) Errico Settebellizze Dario Di Vietri Peppe 'o Cricco Veio Torcigliani Riccardo Spasiano, ragioniere Juan José Navarro Federico Antonio Sapio 'O Miezo Prevete Gianluca Tumino Pascalino 'o pittore Andrea Antonino Schifaudo (15) - Andrei Bogatš (16) Il Brigadiere Ciappa Giuseppe Pellingra (15) - Giampiero Cicino (16) Johnny, sergente americano Francisco Javier Landete (15) - Stefano Trizzino (16) Adelaide Schiano Marta Lotti (15) - Sofio Janelidze (16) Assunta, sua nipote Alessandra Masini Donna Peppenella Raluca Pescaru Donna Vincenza Teresa Gargano Rituccia, l'ultima figlia di Gennaro Eleonora Mascia Direttore Matteo Beltrami Regia Fabio Sparvoli Scene e costumi Alessandra Torella Luci Marco Minghetti Orchestra della Toscana Ensemble vocale del Progetto L.T.L. OperaStudio 2012 diretto da Mauro Fabbri Nuovo allestimento del Teatro del Giglio di Lucca Coproduzione L.T.L. OperaStudio (Teatro C. Goldoni di Livorno, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro di Pisa) 1 Napoli milionaria di Nino Rota ed Eduardo De Filippo è il titolo che quest’anno i tre Teatri di Tradizione della Toscana (Teatro Verdi di Pisa, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Goldoni di Livorno) hanno scelto per il progetto LTL Opera Studio, da anni importante appuntamento della loro programmazione. Opera Studio è il percorso che, ormai dal lontano 2001, conduce alla scoperta, selezione e formazione di giovani talenti dell’opera lirica, sia cantanti sia maestri collaboratori: attraverso un’intensa serie di stage e laboratori formativi questi nuovi protagonisti della scena lirica raffinano la propria preparazione in tutti gli aspetti del mondo dell’opera, seguendo un percorso sempre più selettivo e impegnativo che conduce alla messa in scena di un titolo lirico. Orgoglioso vanto di Opera Studio è stata la scelta di titoli anche rari nei cartelloni dei teatri, e soprattutto l’obiettivo di proporre l’opera come una realtà viva e poliedrica, riscoprendone le particolarità e i molteplici sapori oltre i classici più noti, portandola in scena con artisti giovani e per un pubblico che sappia rinnovarsi. Dopo Candide di Leonard Bernstein, Le convenienze e inconvenienze teatrali di Gaetano Donizetti e L’opera da tre soldi di Kurt Weill, ecco che approdiamo a Napoli milionaria, esito dell’eccezionale connubio di due grandi artisti del Novecento italiano, che debuttò nel 1977 al «Festival dei Due Mondi» di Spoleto. Un’opera che racconta del secondo dopoguerra, di una Napoli in fase di apparente ripresa, ma minata da una rovina interiore su cui lo sguardo di Eduardo si posa ormai disilluso e sfiduciato, tingendo il libretto di colori più cupi di quelli usati nell’omonimo copione teatrale già messo in scena anni prima. Dopo la prima mondiale a Spoleto, ed una recente ripresa a Martina Franca e Cagliari, è oggi nei nostri teatri intatta nella forza espressiva dell’affresco musicale di Nino Rota, creatore di una Napoli vibrante di umanità ferita e fragile, alla quale non possiamo non accostarci senza percepirne il riverbero nella nostra vita di oggi. Marco Bertini Direttore Generale Teatro Goldoni Livorno Paolo Scacchiotti Giuseppe Toscano Presidente Teatro del Giglio di Lucca Presidente Teatro di Pisa “NAPOLI MILIONARIA”: PER LTL OPERA STUDIO IN PRIMA ASSOLUTA PER LA TOSCANA LA COMMEDIA DEL GRANDE EDUARDO NELLA VERSIONE LIRICA DI NINO ROTA Dopo il successo dell'Opera da tre soldi di Brecht-Weill che ha visto la Fondazione Teatro Goldoni impegnata lo scorso anno nelle vesti di teatro 'capofila', il Progetto LTL Opera Studio dei teatri di Livorno Lucca e Pisa, porta in scena per la prima volta sui palcoscenici della Toscana, l'ultimo importante lavoro teatrale di Nino Rota, il compositore barese divenuto popolare per le colonne sonore da lui firmate per i cinema di autori quali Fellini, Visconti, Coppola: Napoli milionaria, su libretto di una grande 'icona' del teatro italiano quale il drammaturgo e attore napoletano Eduardo De Filippo. Due le rappresentazioni in programma al Goldoni: venerdì 15 e sabato 16 marzo, sempre con inizio alle ore 20.30 Il Teatro di Tradizione livornese prosegue così nella riscoperta del teatro musicale del Novecento storico, esplorando le nuove frontiere ed evoluzioni del linguaggio lirico attraverso un’opera di grande interesse e dal taglio sempre attuale. La prima mondiale di Napoli milionaria avvenne nel 1977 a Spoleto nell’ambito del Festival dei Due Mondi, con direttore Bruno Bartoletti, regista lo stesso Eduardo De Filippo e nei ruoli principali due soprani destinati a una grande carriera quali Giovanna Casolla e Mariella Devia, che, tra l’altro, sono state le due prestigiose docenti dei Masterclass dedicati alla vocalità di Mascagni e Mozart negli ultimi “Cantieri Lirici” della Fondazione Goldoni a favore dei giovani interpreti. Napoli milionaria, si caratterizza per essere un drammatico affresco dei bassifondi napoletani del secondo dopoguerra debitrice delle suggestioni dei modelli dell’opera naturalista italiana (Mascagni, Leoncavallo, Puccini e Giordano), del teatro musicale americano (Gershwin e Bernstein), fino alle suggestioni dell’opera slava (Musorgskij, Prokofiev e Janacek): uno ‘spaccato’ della città partenopea tra seconda guerra mondiale e Liberazione, reso attraverso una 2 partitura quale quella di Rota, con uno stile eclettico che trova i suoi punti di forza, oltre che nel forte impatto teatrale ed emotivo, nel polimorfismo linguistico che la avvicina a un genere musicale oggi in gran voga, il cosiddetto crossover. Affidata alla guida di un giovane direttore italiano emergente quale Matteo Beltrami, che ha mosso i primi passi della sua carriera nel nostro Teatro con lo spettacolo Pagine d’amore, dedicato alle grandi figure femminili del teatro mascagnano e allestito a Livorno nel 2007, l’opera di Rota verrà firmata da un affermato regista quale Fabio Sparvoli, già collaboratore di grandi ‘icone’ del teatro italiano quali Giorgio Strehler e Roberto De Simone, che darà a Napoli milionaria una lettura di forte temperatura realistica e poetica. Nel foltissimo cast si segnalano, nei ruoli principali, alcune delle migliori voci scaturite dal Progetto Opera Studio, quali i soprani Gaia Matteini e Marina Schevcenko (Amalia), i bassibaritoni Giampiero Cicino e Giuseppe Pellingra (Gennaro Jovine), i soprani Paola Santucci ed Emanuela Ranno (Maria Rosaria) e il tenore Dario di Vietri (Settebellezze). L’opera si avvarrà della preziosa partecipazione dell’ORT-Orchestra della Toscana. L'opera di Rota – del quale il 2011 ha celebrato il centenario della nascita – rappresenta inoltre un test interessante per sperimentare questi giovani artisti lirici, sia sotto il profilo musicale che sotto quello più strettamente attoriale. Note di regia di Fabio Sparvoli «Ha da passà à nuttata»: ultima, famosissima battuta del testo teatrale Napoli milionaria! di Eduardo De Filippo, entrata ormai nell’immaginario collettivo, intesa nel senso di dover sopportare le difficoltà dell’esistenza con la speranza che si risolvano. Questa frase, nel libretto d’opera dello stesso Eduardo, viene sostituita dalla battuta, sempre affidata a Gennaro Jovine, «È la guerra Amà», presente anch’essa nel testo teatrale, ma che in questo caso assume ben altro significato. Se nella versione teatrale lasciava intendere un passaggio temporale, e quindi una speranza, nel libretto d’opera assume un significato definitivo a sancire l’ineluttabilità della vita e del modo in cui ci si pone di fronte ad essa. Appare chiaro come, a distanza di trenta anni dal debutto della commedia, a Eduardo quella battuta sia apparsa anacronistica, e che l’abbia quindi voluta sostituire con «È la guerra Amà», che allude metaforicamente alle difficoltà del vivere quotidiano. La difficoltà di questa messa in scena è stata soprattutto quella di non farsi condizionale da modelli prettamente eduardiani, cercando di uscire da uno schema ‘regionale’ e rendendo universale il testo dove questi esseri umani lottano, amano, vivono grandi passioni ed altrettante amarezze e delusioni, sempre lo sguardo e l’anima proiettati al domani. Credo fermamente che questo di Eduardo sia un testo universale, capace di cogliere, oggi più che mai, un importante messaggio di solidarietà, spesso però dimenticato da tutti noi. Con Napoli milionaria Eduardo ci invita a riflettere sulla realtà da noi stessi distorta, nella quale si annida il vuoto più profondo assunto come valore dominante, che priva l’uomo della sua dignità, ma principalmente della sua umanità. Napoli milionaria trentasei anni dopo: ricordi del debutto di un capolavoro incompreso di Alberto Paloscia Ero presente alla prima mondiale di Napoli milionaria di Rota-De Filippo il 22 giugno 1977; ero un giovane appassionato di musica che solo un anno dopo si sarebbe affacciato alla critica musicale, ma già accanito frequentatore di sale da concerto e di teatri d’opera. Mi ricordo perfettamente il clima della serata: una première all’insegna della più sfrenata mondanità, com’era consuetudine al Festival dei Due Mondi di quella gloriosa stagione. Alla fine degli anni Settanta la gestione di Giancarlo Menotti presidente e Romolo Valli direttore artistico aveva dato vita, nell’ambito delle programmazione lirica, a occasioni memorabili, anche se molto discusse. Si passò, nel giro di poche stagioni, dalla storica Manon Lescaut pucciniana firmata dal 3 duo Thomas Schippers-Luchino Visconti alle più controverse proposte di Così fan tutte, che Peppino Patroni Griffi, al suo primo approccio con la lirica, ricondusse alla sua solare ambientazione ‘partenopea’ e alla Lulu di Berg (versione in due atti), non del tutto convincente, che un altro esordiente ‘di lusso’ nel teatro musicale, Roman Polanski, rilesse come torbida tragedia del potere e del sesso. Nel 1977, in un periodo in cui terrorismo e conflitti politici avevano acceso la vita del nostro paese, la proposta di una nuova creazione del più popolare autore di colonne sonore cinematografiche – anche se consacrato all’opera lirica da autentici capolavori, in primis quel Cappello di paglia di Firenze che aveva ormai raggiunto una popolarità internazionale dopo la memorabile edizione allestita da Giorgio Strehler alla Piccola Scala di Milano – e del ‘demiurgo’ del teatro napoletano, il grande Eduardo, apparve come una ricetta quasi evasiva e consolatoria. La prima rappresentazione, documentata da una ripresa televisiva in diretta effettuata dalla Rai, fu preceduta da una bellissima presentazione al pubblico del direttore artistico Romolo Valli, che mise in evidenza il clima problematico che l’Italia stava attraversando in quel periodo e il grande sforzo produttivo a cui il Festival si era sottoposto per dare al suo pubblico un evento d’eccezione: l’opera nuova di uno dei più famosi e celebrati compositori italiani, ‘condìta’ con ingredienti particolarmente appetitosi, quali il coinvolgimento di grandi interpreti quali il direttore d’orchestra Bruno Bartoletti, un vero e proprio ‘sacerdote’ della musica del Novecento, che aveva legato gran parte della sua fama alle proposte operistiche dei grandi autori del XX secolo – dagli esponenti del Novecento storico (Berg, Krenek, Janácek, Prokof’ev, Šostakovic) alle prime assolute di Penderecki, Berio, etc. – e il regista Eduardo De Filippo, autore della pièce teatrale da cui l’opera derivava e, naturalmente, del libretto. Nella ricchissima compagnia di canto, secondo lo stile della gestione Menotti, erano presenti giovani artisti accuratamente selezionati in vista del debutto, accanto ad altri cantanti di consolidati esperienza teatrale. Vi figuravano, tra gli altri, nei ruoli principali, un baritono particolarmente apprezzato nel repertorio buffo napoletano quale Silvano Pagliuca nel ruolo di Gennaro Iovine, un giovane soprano lirico-leggero che stava muovendo i primi passi di una luminosa carriera e che già Nino Rota aveva apprezzato in una edizione del Cappello di paglia allestita alla Monnaie di Bruxelles come Mariella Devia nei panni della figlia ribelle Maria Rosaria, un tenore particolarmente apprezzato nel repertorio verdiano e verista come Piero Visconti nelle vesti di Enrico Settebellizze, un baritono emergente quale il pugliese Luigi De Corato in quelle del poliziotto Ciappa e infine un soprano drammatico di grande esuberanza vocale e interpretativa al suo esordio ufficiale in teatro: la napoletana Giovanna Casolla, scelta personalmente da Rota e da Eduardo dopo vari provini e audizioni per l’impervio ruolo di Amalia; come ricorda Nicola Scardicchio nel bellissimo saggio sull’opera pubblicato per la riproposta effettuata nel 2010 dal Festival della Valle d’Itria di Martina Franca e riproposto per l’odierna edizione, la parte della consorte di Gennaro Iovine, vero ‘fucro’ della drammaturgia di Napoli milionaria e autentica reincarnazione della figura della cantante-attrice coniata dall’opera verista, era già stata offerta dai due Autori a Maria Callas, per una sua rentrée in grande stile sulle scene liriche italiane: ma la grande Maria, dopo varie telefonate di Eduardo, gentilmente rifiutò la proposta. Ricordo che la prova della Casolla, con la sua sontuosa vocalità e la recitazione tesa e realistica, perfettamente aderente alle richieste di Eduardo regista, fu l’autentica rivelazione della serata. Serata, che nel mio ricordo ancora vivissimo, fu un vero e proprio trionfo. Applausi entusiastici salutarono già il drammatico finale del primo atto, vivissime le accoglienze del finale secondo, dopo la malinconia livida e lancinante del duetto d’amore – o meglio dell’incomunicabilità – tra la giovane Maria Rosaria e il soldato americano Johnny, eseguito con delicato lirismo da una splendida Devia e dal baritono americano William Stone, un altro giovane cantante che l’anno successivo avrebbe consacrato la sua fama nelle vesti del protagonista del nuovo Wozzeck berghiano che avrebbe inaugurato, proprio con la direzione di Bartoletti e la regia della Cavani, il Maggio Musicale Fiorentino. Grandi ovazioni, dopo la trenodia funebre «Mamma mia» che conclude l’opera, con un’intensa Casolla sostenuta con lucida sobrietà dalla direzione di Bartoletti; ripetute chiamate alla fine per tutti, con il pubblico in piedi a festeggiare Bruno Bartoletti, i cantanti tutti, Eduardo, e infine Rota come sempre timido, incredulo, commosso fino alle lacrime. Il successo di pubblico fu smentito e tradito dalle reazioni controverse – ma forse anche prevedibili – della critica italiana: Rota fu attaccato quasi come un epigono ‘strapaesano’ dell’opera verista, che aveva infarcito la partitura di citazioni della più volgare canzone napoletana. Gli strali colpirono 4 anche Eduardo librettista e regista; furono solo riconosciuti la passione infaticabile del direttore Bartoletti e le belle prove dei cantanti. Un vero e proprio insuccesso, che fu per Rota motivo di sconforto e depressione, e che causò la subitanea scomparsa di Napoli milionaria dal repertorio. Anche l’auspicata ripresa al San Carlo di Napoli non ebbe mai luogo, proprio sull’onda del vento negativo delle accoglienze della stampa. Fortunatamente le riprese recenti di Martina Franca e di Cagliari – per le quali va ringraziato il direttore artistico del festival pugliese Alberto Triola – hanno dimostrato che Napoli milionaria può ancora conquistare il pubblico e anche una critica musicale, come quella odierna, meno afflitta da vizi ideologici. Anzi, l’affresco lucido e tragico che Rota e De Filippo ci danno della Napoli del secondo dopoguerra, può oggi rivelarsi molto attuale. Rota, con Napoli milionaria, rielabora, è vero, il modello dell’opera verista di Mascagni, Leoncavallo, Giordano e soprattutto dell’ultimo Puccini – quello dove l’affresco della collettività prevale sul protagonismo dei caratteri; si pensi soprattutto alla Fanciulla del West e del Tabarro – ma lo fonde magistralmente con le suggestioni del teatro musicale americano di Gershwin, Bernstein e Menotti, senza trascurare, con la sua restituzione fedele della «lingua » teatrale di Eduardo, lo stile dell’«opera di conversazione» di Strauss e Janácek. Il realismo ora lirico, ora crudo e brutale, di Napoli milionaria, con i suoi personaggi delineati in modo quasi nevrotico, mi ha sempre fatto pensare alla drammaticità febbrile e convulsa di un grande capolavoro della musica del secolo scorso quale Jenufa di Janácek. Lo ammetteva l’unico recensore che salutò la prima dell’ultima creazione rotiana senza riserve e premeditazioni, il compianto Lele D’Amico, che riconobbe nell’opera di Rota «la cronaca di una degradazione collettiva nella falsa prosperità creata da una situazione eccezionale, e proiettata nell’illusorio clima festivo d’una città affamata d’illusione, senza commenti (…). Intender questo e capire quanto fuori strada sia chi nella musica di Rota ha visto solo un cocktail di verismi e canzonettismi, improprio all’assunto, è tutt’uno. È vero che la sua base può dirsi, grosso modo, quel tipo d’immedesimazione viscerale nel personaggio ch’è tipica del verismo italiano (ma non senza sprazzi di quello di Janácek). Tuttavia questa partitura è il contrario di un cocktail: nella sua sapienza d’incastri fra iperboli sentimentali e spunti di color locale è un modello di lucidità di drammaturgica, in conclusione quanto l’assunto richiedeva (…)». Forse, se ci fu un limite nella prima assoluta di Napoli milionaria, fu la messinscena un po’ troppo bozzettistica di Eduardo. A trentasei anni dal debutto, una rilettura scenica più moderna e più vicino all’asciuttezza visiva di certo neorealismo cinematografico può senza dubbio esaltare l’alta temperatura musicale e teatrale di questo capolavoro incompreso. Matteo Beltrami, direttore d’orchestra Diplomato in violino al Conservatorio N. Paganini di Genova e in Direzione d'Orchestra al Conservatorio G. Verdi di Milano, debutta a vent’anni come direttore a Genova eseguendo Il trovatore di G. Verdi. Dal 1996 al 1998 diventa direttore stabile de “Ensemble Giovanile Genovese” col quale tiene numerosi concerti con repertorio cameristico-sinfonico. Dal 1998 al 2004 dirige, in piccole stagioni liriche e cameristiche, numerosi concerti e debutta titoli operistici quali: Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Requiem di W. A. Mozart; Il barbiere di Siviglia di G. Rossini; La traviata, Il trovatore e Rigoletto di G. Verdi; La bohème e Tosca di G. Puccini; Cavalleria rusticana di P. Mascagni e I Pagliacci di R. Leoncavallo. Si avvicina con eguale professionalità al repertorio contemporaneo dirigendo Il Contrapasso e La Casa del Nonno di Luigi Giachino in prima esecuzione assoluta. Nel 2004 è chiamato a dirigere Il matrimonio segreto di D. Cimarosa con l’Orchestra Sinfonica "G. Gavazzeni" della quale diventa direttore ospite. Nello stesso anno inaugura la stagione lirica del Teatro Civico di Vercelli con Il trovatore e dirige l'Orchestra Sinfonica di Goyania in Madama Butterfly di G. Puccini a Uberaba (Brasile) ed è finalista con speciale valutazione di merito al Concorso per giovani direttori d’orchestra della Comunità Europea “F. Capuana”. Nel 2005 dirige una serie di concerti con l’Orchestra Sinfonica Gavazzeni e l'Orchestra della fondazione I Pomeriggi Musicali, inaugura il Teatro Stabile di Potenza con La traviata, dirige La cenerentola di G. Rossini al Teatro Politeama Greco di Lecce, Don Giovanni a Voghera e La traviata al Teatro Arriaga di Bilbao dove nell'anno successivo dirigerà Don Giovanni. 5 Nell'autunno 2005 dirige La traviata allo Staatsoper di Stoccarda. Nel 2006 è invitato a Damasco per un concerto sinfonico e durante l’estate dirige La traviata, Il barbiere di Siviglia e Aida. Nell’autunno dello stesso anno dirige Il barbiere di Siviglia a Shangai con le maestranze del Teatro Carlo Felice di Genova, Rigoletto a Mantova e L'elisir d'amore di G. Donizetti al Teatro dell'Opera di Montpellier. Dal 2007 è docente presso il Conservatorio di Musica di Potenza ed è abitualmente invitato come membro della giuria in concorsi lirici. Nella primavera 2007 dirige Il barbiere di Siviglia in una nuova produzione AS.LI.CO destinata ai piccoli teatri storici lombardi. Nello stesso anno dirige Il filosofo di campagna di B. Galuppi presso l'auditorium del Conservatorio di Musica di Potenza, un concerto a Parma con l'orchestra "I Musici di Parma" e inaugura la Stagione del Teatro Goldoni di Livorno con un concerto di musiche di Mascagni. Nel 2008 dirige Jonas Kaufmann in un recital lirico a Monaco di Baviera e a Amburgo e Madama Butterfly al Teatro Stabile di Potenza. Nel maggio dello stesso anno ottiene un lusinghiero successo personale di critica e pubblico con La cenerentola di Rossini al Festival Spoleto/Charleston (U.S.A). Nell’autunno 2008 dirige La Medium di Menotti e Gianni Schicchi di Puccini nel Circuito Lirico Lombardo (Teatro Ponchielli di Cremona, Teatro Grande di Brescia, Teatro Sociale di Como, Teatro Fraschini di Pavia). Nel dicembre 2008 dirige l’Orchestra Filarmonica Nazionale Lettone in una serie di concerti per l'anniversario pucciniano. Nella Primavera 2009 dirige l'Orchestra Statale dell’Hermitage e Fiorenza Cedolins a San Pietroburgo a cui segue un concerto al Teatro San Carlo di Napoli con Bruno De Simone. Nell'estate dello stesso anno dirige una serie di concerti con l’Orchestra del Festival Puccini di Torre del Lago, Il barbiere di Siviglia per la stagione estiva di "Opera Festival" e torna a San Pietroburgo dove dirige un concerto con l'Orchestra Filarmonica. Nell'ottobre 2009 dirige un concerto al Teatro Stabile di Potenza alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano e un concerto nell'ambito del Verdi Festival al Teatro di Busseto con l'Orchestra del Teatro Regio di Parma. Con l'Orchestra dei Pomeriggi musicali torna nei Teatri del Circuito Lirico Lombardo con La Voix Humaine di Poulenc e Pagliacci di Leoncavallo, dittico che interpreta anche nei Teatri Pergolesi di Jesi e Comunale di Ferrara con l'Orchestra Filarmonica Marchigiana. Nel gennaio 2010 dirige Il barbiere di Siviglia al Teatro Alighieri di Ravenna a cui segue Il campanello di Donizetti in scena al Teatro della Fortuna di Fano e un concerto sinfonico al Teatro Filarmonico di Verona. Durante l'estate 2010 collabora nuovamente con Operafestival dirigendo il Don Giovanni di Mozart a Firenze e un concerto al Teatro Massimo di Catania. Nell'autunno dirige Rigoletto alla SemperOper di Dresda e L’elisir d’amore al Teatro La Fenice di Venezia. Sempre con Elisir debutta nei teatri di Rovigo e Treviso. La primavera 2011 lo vede debuttare a Darmstadt con una nuova produzione di Nabucco per poi tornare sul podio del Teatro la Fenice con La bohème. Per OperaFestival dirige La traviata nell'estate 2011 e Aida nell'estate 2012, e nel Circuito Lirico Lombardo dirige Il barbiere di Siviglia nel 2011 e Lucia di Lammermoor nel 2012 in coproduzione anche con il Teatro Pergolesi di Jesi, Teatro dell'Aquila di Fermo, Teatro Coccia di Novara e Teatro Alighieri di Ravenna. Nell'autunno 2012 torna al Semperoper di Dresda con Elisir d'amore, cui segue una nuova produzione di Macbeth allo StaatsTheater di Lubecca. Fabio Sparvoli, regista Inizia l’attività di regista a Roma in alcuni spettacoli di teatro sperimentale; collaborando con Mario Scaccia e Gianfranco Varetto. A partire dalla stagione 1980/1981 inizia la sua collaborazione con Il Piccolo Teatro di Milano, seguendo lo spettacolo Arlecchino servitore di due padroni che lo porterà a lavorare a fianco di Giorgio Strehler come aiuto regista dal 1982 al 1989. In questo periodo, sempre in qualità di assistente alla regia di Giorgio Strehler, segue e riallestisce, sia in Italia e che all’estero, molti spettacoli del Piccolo Teatro di Milano, fra i quali Arlecchino servitore dei due padroni; L'anima buona di Sezuan; Il Temporale e La grande magia. Nel 1984 è iniziato il suo rapporto di regista collaboratore nel teatro lirico con Roberto De Simone, con il quale ha allestito tutti gli spettacoli fino al 1995. Durante questo periodo, Fabio Sparvoli ha anche debuttato come regista al Piccolo Teatro di Milano con lo spettacolo Portate venti, questi dolci versi, (1987) e nel teatro lirico al Festival di Montepulciano con la produzione de L'ape musicale di Lorenzo Da Ponte (1988). Dopo la realizzazione di All'idea di quel metallo, uno spettacolo del Rossini Opera Festival 6 con arie rossiniane prodotto nel 1996, nel marzo 1997 ha riallestito La Cenerentola a Genova con la regia di Roberto De Simone, seguito, al Teatro San Carlo di Napoli dalla ripresa del suo Nabucco del 1991. Sempre nel 1997 ha curato La Cambiale di Matrimonio al Teatro Comunale di Modena. Nel 1999 ha presentato Elena da Feltre di Saverio Mercadante al Teatro Rossini di Lugo, Siberia di Umberto Giordano al Festival di Wexford e La Cenerentola al Teatro de la Maestranza di Siviglia (ripresa della produzione di De Simone). Nel 2000 ha curato al Teatro Vittorio Emanuele di Messina un nuovo allestimento di Gianni Schicchi di Giacomo Puccini e di Arlecchino di Ferruccio Busoni. Sempre nello stesso anno, la ripresa di La Cenerentola al Teatro dell’Opera di Roma (produzione di De Simone) e di Die Entführung aus dem Serail al Teatro Argentina di Roma per ”Musica per Roma”(direttore Claire Gibaud). Nella stagione 2001/2002 ha curato la regia di Sapho di Jules Massenet all’Opera Festival di Wexford, Edipo Re di Ruggiero Leoncavallo e Il Prigioniero di Luigi Dallapiccola al Teatro Regio di Torino. Nel 2002, al Teatro dell’Opera di Roma cura L’Elisir d’amore, allestimento fortunatissimo che riproporrà successivamente con grande successo di pubblico e di critica al Teatro Comunale di Bologna (2003), al Teatro de la Maestranza di Siviglia (2003), al Teatro Massimo di Palermo (2004), al Teatro di Valladolid (2004), al Teatro Regio di Torino (2007), al Teatro Mikhailovskij di San Pietroburgo (2008) al Teatro del Maggio Musicale di Firenze (2008), Opera de Lille (1996). Nel 2004, in occasione del centenario della nascita di Luigi Dallapiccola, cura la regia di un nuovo allestimento di Job al Teatro Bellini di Catania e de Il prigioniero del Teatro Regio di Torino. Nel 2005 presenta un nuovo allestimento di Madama Butterfly al Teatro di Valladolid. Nella stagione 2006/2007 presenta un nuovo allestimento di Otello di Giuseppe Verdi al Teatro Municipal di Santiago del Cile. Nel 2008 ha curato Les Pecheurs de Perles di Georges Bizet al Teatro Giuseppe Verdi di Trieste, seguito da un bellissimo allestimento de Il Barbiere di Siviglia al Teatro Municipal a Santiago del Cile. Nell’aprile 2009 ha allestito Suor Angelica e Gianni Schicchi presso il Teatro dell’Opera di Spalato, ottenendo un grande successo di pubblico e di critica, seguito da un nuovo allestimento di Madama Butterfly al Teatro San Carlo di Napoli (luglio 2009) e da Il Barbiere di Siviglia al Teatro Solis di Montevideo nell’agosto scorso. Più recentemente nel 2010 ha allestito la regia di Cavalleria Rusticana e Pagliacci presso il teatro Municipal di Santiago del Cile. Tra i suoi ultimi impegni del 2011 ricordiamo l’ Elisir d’amore a Nizza, Les Pecheurs du Perles al Teatro Filarmonico di Verona, il Barbiere di Siviglia al Festival International de Opera Alejandro Granada in Perù ed il Don Pasquale al Teatro Municipal di Santiago. Nella stagione 2011/2012 ha curato la regia dell’opera di Bizet Les Pecheurs de Perles al Teatro San Carlo di Napoli. Alessandra Torella, scenografa e costumista Nata a Napoli, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove si è diplomata in Scenografia. Dal 1987 al 1995 ha preso parte ad un gran numero di spettacoli teatrali, film e film per la televisione come assistente costumista con noti registi – Corbelli, De Simone, De Ana, De Monticelli, De Bosio, Frazzi – e costumisti – De Vincentiis, Squarciapino, De Ana, Calì. Dal 1995 al 2002 collabora con Danilo Donati per film come “Marianna Ucria” (regia Roberto Faenza), “La vita è bella” e “Pinocchio” (regia di Benigni), e per spettacoli teatrali di prosa e di lirica come “Jerusalem” al Teatro Carlo Felice di Genova (regia di Ermanno Olmi). Dal 1997 firma come costumista numerose produzioni per il teatro di prosa e lirico e per il cinema collaborando con registi come Guido De Monticelli, Fabio Sparvoli, Roberto Faenza, Giorgio Ferrara. Tra i film “L’amante perduto” (regia di Roberto Faenza), “Tosca e altre due” (regia di Giorgio Ferrara), “Imago Mortis” (regia di Stefano Bessoni), “Vivaldi il prete rosso” (regia di Liana Marabini). Dal 2004 al 2011 è docente all’Accademia di Costume e Moda di Roma. Nel 2004 è consulente scientifico della mostra Traivestimenti “L’inventiva della Sartoria Farani in 40 anni di cinema teatro e televisione”. Nel 2007 ha curato la mostra ed il catalogo Costumi a Corte Le collezioni della sartoria Farani al castello Odescalchi di Bracciano. Nello stesso anno è consulente scientifico della mostra “La Trama e il Mito” al Festival del cinema di Venezia. Ha realizzato per il Museo Aldobrandini di Napoli il progetto “Per Un Museo della Moda in Italia”. 7 Napoli milionaria Sinopsi ATTO PRIMO 1942, Napoli. C’è la guerra, tra i vicoli e il vociare dei bassi prospera la borsa nera, si parla dei bombardamenti della sera prima, ma non si rinuncia all’immancabile caffè. Amalia Jovine ne ha messo su un commercio clandestino, ma suo marito Gennaro non lo approva. Teme i rischi, le conseguenze, ma non così Amalia, che anzi minimizza e si proclama al di fuori di traffici illegali. A dar credito a questa versione, giunge Errico Settebellizze, che rimasto solo con Amalia ci si rivela per quello che è: lo spasimante di lei, e prorompe in una dichiarazione appassionata. Forse aveva ragione Gennaro a temere le attività di Amalia: dal vociare del vicolo arriva la notizia che Amalia è stata denunciata da qualcuno che evidentemente vorrebbe per sé i suoi traffici, e il brigadiere Ciappa sta per arrivare. Occorre trovare un rimedio. Al suo arrivo, Ciappa si trova davanti ad una veglia funebre: il morto sarebbe Gennaro, pianto disperatamente dalla vedova e dai figli, circondato dalle preghiere e dal dolore di amici e vicini. Ma Ciappa non ci casca, resta impassibile di fronte ai piagnistei e irremovibile nella sua indifferenza. La sirena del bombardamento lacera l’aria e tutti scappano, spaventati, lasciando lì il ‘morto’ e i suoi parenti, assieme al brigadiere. Ciappa promette di non procedere, e dunque il morto può rispondere con serenità al suo invito a ‘risorgere’… Il bombardamento, ora passato, ha fatto crollare il palazzo di fianco a casa di Gennaro. ATTO SECONDO È passato un anno e a Napoli sono arrivati gli americani a portare la fine della guerra. È tornata un po’ di ricchezza e gli Jovine hanno trasformato il loro basso: adesso è diventato una casa di lusso, arredata riccamente, sontuosa. Con la ricchezza anche Amalia sì è trasformata: elegante e vistosa sta preparando la festa di compleanno per Errico Settebellizze, ormai di casa. Gennaro infatti è sparito nella guerra: deportato, poi disperso, non è più tornato. Al suo posto, come amante di Amalia, ora c’è Settebellizze, la loro passione non si nasconde più. C’è una lettera che fa presagire il ritorno di Gennaro, da un momento all’altro, ma Amalia e il suo amante sembrano non volerla considerare. Usciti Amalia ed Errico, entra Maria Rosaria, figlia di Amalia e poco dopo ecco arrivare un gruppo di soldati americani con tutta la loro scorta di sigarette, bottiglie e ‘segnorine’, che in attesa della festa si mettono a bere, suonare l’armonica, a ballare il boogie-woogie. Uscita tutta la comitiva, assieme a Maria Rosaria resta Johnny, a farle dolce compagnia: parla in inglese e le racconta di essere prossimo a tornare in America dalla moglie e dai tre figli, la chiama Butterfly, quasi la rimprovera di essersi lasciata amare. Maria Rosaria non capisce, gli risponde amandolo e parlandogli del bambino che aspetta da lui, mentre su di loro incombe la triste atmosfera di un addio. ATTO TERZO Amalia è ancora alle prese con gli ultimi preparativi della festa per Errico. Entra Maria Rosaria, e madre e figlia ripercorrono il recente passato di debolezze morali, con sarcastici reciproci rimproveri. Fuori, intanto il vicolo si anima di voci: Gennaro è tornato! Magrissimo, sudicio, entra in casa: è disorientato… ma subito abbraccia moglie e figli. Arrivato a casa, si scusa del suo aspetto: ma la guerra è finita, questo gli dicono i suoi senza prestare troppo ascolto a ciò che lui racconta, ora può stare tranquillo. Gennaro si guarda attorno: la casa è irriconoscibile, ricca, sontuosa… tutti sono vestiti elegantemente. Quando chiede il perché dei cambiamenti, riceve solo risposte vaghe e poco chiare. Si avvicina il momento della festa, gli invitati arrivano e cercano di trascinare anche Gennaro nel divertimento sguaiato del compleanno, tra schiamazzi smodati. Errico ha chiamato perfino i musicisti per cantare la canzone sua e di Amalia. Gennaro sta in disparte, stordito. La festa a un tratto si interrompe bruscamente: ecco la Pubblica Sicurezza. In quattro, armati, irrompono per arrestare Errico e il figlio di Gennaro, Amedeo, a causa dei commerci illegali e dei loro traffici. Nella sorpresa del momento, Errico e Amedeo provano a scappare; si spara, Errico fugge, ma Amedeo cade a terra, colpito a morte alle spalle. Amalia si dispera: «ch’aggio fatto…». Il mondo è cambiato, «fuoco ingiustizia e polvere» sono ormai dappertutto: non è vero che la guerra è finita. 8 Biglietti I biglietti sono disponibili presso il botteghino del Teatro Goldoni (tel. 0586 204290) dal lunedì al venerdì con orario 17 - 20 e il sabato con orario 10-13 e 17-20. I prezzi variano dai € 12 a € 25; Giovani - 3° settore e Loggione € 12,00 – Tutte le informazioni su www.goldoniteatro.it Promozione Porta un amico a teatro gratis! Una straordinaria offerta in occasione di Napoli Milionaria: compra il biglietto, l'altro te lo regaliamo noi! La promozione è valida per la replica di sabato 16 marzo alle ore 20,30. 9