Polymers Abroad L’articolo che segue è frutto dell’accordo tra l’AIM e l’ABPol (Associazione Brasiliana dei Polimeri), accordo stilato all’inizio dello scorso anno e del quale abbiamo parlato ampiamente in un articolo di un precedente AIM Magazine. Esso prevede, oltre a divulgazione di notizie relative al settore macromolecolare dei rispettivi due paesi, uno scambio di articoli una volta all’anno. Questo è il secondo anno che si effettua questa operazione. Questa volta la loro scelta è andata all’Articolo “Il Gecko e i capelli di Sansone” di Anna Crestana – pubblicato sull’ultimo numero del 2004 del nostro Magazine – che uscirà, tradotto in portoghese, nell’edizione del Magazine brasiliano del prossimo ottobre in occasione del Congresso Biennale della ABPol. La scelta dell’articolo qui sotto riportato, è stata fatta tra cinque inviateci dal Comitato di Redazione della Rivista della ABPol “Polímeros: Ciência e Tecnologia”, ed è dovuta al fatto che il lavoro presentato è un connubio tra scienza dei polimeri e salute, connubio già spesso valorizzato nei nostri articoli. Si trattava quindi di un articolo in sintonia con la nostra linea editoriale. Inoltre, sia pur casualmente, questo articolo si allaccia strettamente all’articolo sulla Elettrofilatura presentato in questo numero ed è un valido esempio di applicazione pratica di questi tipi di nanofilamenti. Il Comitato Editoriale Membrane di acido poli (lattico-co-glicolico) per la cura della pelle: degradazione in vitro e in vivo Camila A. Rezende1, Carolina Luchesi2, Maria de Lourdes P. Barbo2, Eliana A.R. Duek2 Traduzione dal testo originale portoghese di Roberto Filippini Fantoni Poly (lactide-co-glycolide) membranes as skin repair: in vitro and in vivo degradation Abstract: Poly (lactide-co-glycolide) is a polymer with bioabsorption and biodegradation properties. The physical and chemical properties of this polymer have been studied in order to modulate its susceptibility to degradation and its interaction with cells and biological fluids, aiming at medical and dental applications. In this work, membranes of poly (lactide-co-glycolide) with and without plasticizer were prepared by solvent evaporation and characterized by in vitro and in vivo experiments. In vitro studies showed that the glass transition temperature decreased due to the addition of plasticizer and, consequently, their flexibility increased. During degradation, crystalline areas and porous appear. In vivo studies showed that the polymer degraded rapidly without causing inflammation and protected areas that were exposed to external agents. Furthermore, membranes improved wound healing time, indicating that they can be potentially used in skin repair. Keywords: Poly (lactide-co-glycolide), in vivo degradation, in vitro degradation, cicatrisation, membrane. Keywords: Poly(lactide-co-glicolide), in vivo degradation, in vitro degradation, cicatrisation, membrane Istituto de Quimica, UNICAMP; Centro de Ciências Médicas e Biológicas, PUC-SP. 1 2 15 zione del PLGA in vivo 11. Nakamura e collaboratori mostrarono che non si osserva la comparsa di tumori dopo l’impianto e sino alla completa scomparsa del copolimero impiantato 12. Sono state impiegate molte tecniche per la preparazione delle membrane porose di polimeri bioassorbibili: evaporazione di solvente utilizzando sale con granulometria controllata 13, inversione di fase 14 e gorgogliamento di gas 15. Luciano e collaboratori dimostrarono che l’addizione di un plastificante a una matrice di acido polilattico produce membrane porose e bio-assorbibili con pori interconnessi di grandezza controllata e con buone proprietà meccaniche per un utilizzo come supporto alla cultura di cellule 16-18. Oltre che come supporto per cellule il PLGA è stato anche studiato per l’applicazione in sistemi per il rilascio controllato di droghe nell’organismo. In questo caso gli agenti terapeutici vengono formulati dentro microsfere o dischi di copolimero e il rilascio della droga dipenderà dalla degradazione del polimero e dalla diffusione della stessa 19-20. Ferite della pelle, risultanti da ustioni e da malattie congenite o acquisite, risultano abbastanza pericolose per i pazienti, particolarmente nei casi in cui l’area compromessa sia estesa, una volta che la ferita è soggetta a invasioni di batteri e a perdita di fluidi corporei. In queste condizioni la ricopertura rapida ed efficace della ferita è essenziale per il trattamento della malattia21. Per molti anni il trattamento convenzionale di questi tipi di problemi è stato il trapianto della pelle. Oltretutto, tale procedimento è difficile, o persino impossibile, nei casi in cui l’area della ferita sia molto grande, per esempio nelle ustioni assai estese; ciò è dovuto alla mancanza di donatori, al rigetto del materiale impiantato, al tempo necessario per la completa cicatrizzazione e ai rischi coinvolti. Queste difficoltà rendono necessari studi che coinvolgano materiali alternativi per la protezione e la cicatrizzazione delle ulcere della pelle e che siano flessibili, atossici e capaci di aderire adeguatamente all’area compromessa, facendo diminuire la perdita di fluidi ed elettroliti, proteggendola contro la proliferazione di microbi e promovendo la cicatrizzazione della ferita 21. In questo lavoro sono state preparate membrane di acido poli(lattico-co-glicolico) con e senza plastificante e le loro proprietà sono state studiate con l’obiettivo di valutare la loro potenziale applicazione come curativi per le ulcerazioni della pelle. Introduzione I primi utilizzi di polimeri in vivo furono nelle applicazioni in cui il materiale si manteneva inerte durante il tempo dell’impianto e si dovevano evitare o minimizzare indesiderate interazioni. Nonostante la prevenzione delle risposte indesiderate sia ancora importante per molte applicazioni, sono stati sviluppati nuovi polimeri capaci di interagire con le cellule per promuove crescita e differenziazioni 1. Nella classe dei poli(α-idrossiacidi) si incontrano molti esempi di polimeri bio-assorbibili che, dopo essere stati impiantati nell’organismo per una determinata finalità, dallo stesso vengono assorbiti. Esempi di tali polimeri sono l’acido poli(L-lattico) (PLLA), l’acido poliglicolico (PGA), il poli(pdioxanone) (PDD), il poli(idrossibutirrato) (PHB), il poli(idrossivalerato) (PHV) e i loro copolimeri. L’acido poli(L-lattico) degrada lentamente generando unità cristalline che possono causare una risposta lunga e prolungata da parte del tessuto. D’altro canto, l’acido poliglicolico degrada tanto rapidamente che risulta inutilizzabile nella maggior parte delle applicazioni. Il grande vantaggio dell’utilizzazione del copolimero costituito dalle unità monomeriche di due polimeri è quello di poter variare la proporzione tra di loro e ottimizzare il tempo di degradazione del materiale per determinate applicazioni 2. Il processo di degradazione del polimero che costituisce l’impianto varia con la sua massa molecolare, la sua composizione, la storia termica, la struttura cristallina e la quantità di polimero applicata. Pertanto è importante studiare queste proprietà in quanto esse determinano il tipo e l’intensità della risposta infiammatoria del tessuto 2-4. Membrane dense e porose di polimeri assorbibili vengono ottenute con l’intento che possano servire come substrato che consenta a cellule isolate di fissarsi e crescere fino a formare il tessuto. Questo supporto può agire tanto come appoggio fisico quanto come substrato di adesione per le cellule isolate durante la cultura in vitro o susseguente impianto per promuovere la rigenerazione naturale dei tessuti, specialmente ossa e cartilagini. Per questo tipo di applicazione è necessaria una matrice tridimensionale, meccanicamente stabile e con pori interconnessi affinché le cellule possano crescere su tutta la struttura. Man mano che le cellule crescono e si organizzano il polimero degrada ed è assorbito dall’organismo, portando a una naturale sostituzione del tessuto 5-11. L’acido poli(lattico-co-glicolico), PLGA, è abbastanza idoneo per essere applicato come supporto per le cellule 10. Uno studio realizzato da Peter e collaboratori ha mostrato che non avviene la demineralizzazione dell’osso durante la degrada- Parte sperimentale Preparazione delle membrane Sono state preparate membrane, con e senza plastificante, di dimensioni di 6 cm x 2 cm x 0.5 cm, 16 SCD 050) campioni di superfici di membrane e di fratture (ottenuti in azoto liquido) e poi analizzati con un microscopio elettronico a scansione (JOL JXA 860) che lavorava a 10 kV. Difrattometria di raggi X: le analisi sono state eseguite con angoli tra 0° e 50° con un rifrattometro a raggi X Shimadzu XD3A con fonte di radiazioni a CuKα. Si è utilizzato un voltaggio di 30 kV e una corrente di 20 mA. utilizzando la tecnica dell’evaporazione del solvente. Il polimero utilizzato per la preparazione delle membrane è stato l’acido poli(lattico-co-glicolico) (50:50, MM 81700 g moli-1) (PURAC - Groeningen - Olanda). 1) Membrane senza plastificante Sono state preparate soluzioni polimeriche contenenti polimero a concentrazioni di 5 e 10% m/V dissolvendo rispettivamente 0.3 e 0.6 g de PLGA in 5.7 e 5.4 ml di cloroformio (Merk KgaA, Darmstadt, Germania). Dopo la completa dissoluzione del polimero, via agitazione, le soluzioni sono state deposte su una placca di vetro e collocate in una vaschetta saturata con i vapori del solvente. Dopo un’evaporazione del solvente durata 24 ore, le membrane sono state essiccate sotto vuoto per 8 ore e mantenute in questa condizione fino alla loro caratterizzazione. 2) Membrane con plastificante Queste membrane sono state preparate esattamente come le precedenti, salvo l’addizione del plastificante trietilcitrato sodico (ALDRICH, Milwaukee, USA) durante la dissoluzione sotto agitazione. In totale sono stati preparati cinque tipi di membrane: PLGA 5% (5% di polimero); PLGA 5% 1p (5% di polimero e 1% di plastificante); PLGA 10% (10% di polimero); PLGA 10% 3p (10% di polimero e 3% di plastificante) e PLGA 10% 5p (10% di polimero e 5% di plasticante). Degradazione e caratterizzazione in vivo Sono stati impiantati due tipi di membrane (10% 3p e 10% 5p). Lo studio ha coinvolto 24 topi Wistar di ambo i sessi aventi un’età di circa 3 mesi e 0.4 kg di peso. I topi furono divisi in tre gruppi di 8 ciascuno. La membrana 10%5p è stata implantata nel primo gruppo e la 10% 3p nel secondo. Nel terzo gruppo la ferita non è stata ricoperta. La pelle normale, ritirata durante l’intervento chirurgico, è stata conservata sotto formaldeide ed è servita come comparazione. Durante il periodo di studio i topi hanno ricevuto razioni commerciali, acqua ad libitum, nonché anestetici durante la chirurgia. La pelle e il sottocutaneo sono stati seccati, rimossi sino al livello della fascia e le risultanti ferite sono state ricoperte con pezzi di membrane polimeriche (2 cm x 2 cm x 0.5 cm). Gli impianti furono rimossi dopo 1, 3, 5, 7, 10, 21 e 30 giorni, disidratati e processati attraverso l’inclusione in paraffina. I campioni sono stati colorati con ematossilina ed eosina (HE) ed esaminati per mezzo di un microscopio ottico NIKON Eclipse E800. Degradazione e caratterizzazione in vitro Le membrane sono state immerse in un tampone fosfato (pH = 7), dentro provette chiuse, mantenute alla temperatura di 37°C e sono state ritirate dopo 15, 30, 60 e 120 giorni. Alla fine di ciascun periodo le membrane furono rimosse dalla soluzione tampone, lavate e mantenute in acqua distillata per 1 ora allo scopo di rimuovere la massima quantità possibile di soluzione tampone. Prima e dopo la degradazione le membrane sono state caratterizzate attraverso la tecnica che descriviamo di seguito. Calorimetria differenziale a scansione (DSC): riscaldamento tra 25 e 200°C seguito da una isoterma di 5 minuti. Successivamente i campioni sono stati raffreddati a – 20°C, mantenuti in isoterma per altri 5 minuti e riscaldati nuovamente a 200°C. Tanto il riscaldamento quanto il raffreddamento sono stati realizzati con scansioni di 10°C min-1 e l’apparecchiatura utilizzata è stata un DSC 2920 - Modulated DSC (TA Instruments). Microscopia elettronica a scansione (MEV): sono stati metallizzati con oro (Sputter Coater BALTEC Risultati e discussione Degradazione in vitro Per le membrane di PLGA i valori della temperatura di transizione vetrosa (Tg) furono ottenuti, prima e dopo la degradazione, per mezzo della calorimetria differenziale a scansione (DSC) (curve del secondo riscaldamento). Osservando i valori della Tg nella Tab. 1 è possibile verificare che le membrane con il plastificante presentano valori di Tg sempre minori rispetto a quelli delle membrane di pari concentrazione e alle quali il plastificante non era stato addizionato. Per ora questo effetto è osservato in modo predominante prima dell’inizio del processo di degradazione o all’inizio del processo (15 giorni). Con 30 e 60 giorni di degradazione i valori di Tg, tanto per le membrane con plastificante quanto per quelle che non lo contengono, diventano molto simili. Un altro comportamento che si può notare è la diminuzione dei valori delle Tg delle membrane senza plastificante man mano che avanza il tempo di degradazione, il che può essere spiegato dalla 17 diminuzione della massa molecolare che avviene nel corso della degradazione e dovuta alla rottura delle catene polimeriche. Per le membrane con plastificante in pratica non si notano variazioni nei valori di Tg nel corso della degradazione. Ciò probabilmente accade a causa dell’azione di due effetti di azione contraria: l’uscita del plastificante che diffonde verso la soluzione, provocando un aumento della Tg, e la perdita di massa molecolare del polimero, in conseguenza del processo di degradazione, che porta a diminuire la Tg. Prima della degradazione e negli stadi iniziali della stessa (fino a 30 giorni) nel termogramma appaiono solo le temperature di transizione vetrosa, a temperature comprese approssimativamente tra 20°C e 40°C, indicando che il polimero è amorfo (Fig. 1a-e). Con 60 giorni di degradazione, nei campioni con concentrazioni di polimero del 10%, c’è la comparsa di un discreto picco endotermico intorno ai 150°C, il che è indicativo del fatto che sta avvenendo una cristallizzazione del polimero durante il processo di degradazione. Li e collaboratori osservarono un comportamento simile studiando la degradazione in vitro dell’acido poli(D,L-lattico) a pH 3.4 e 7.4 e temperature di 37°C e 60°C. Inizialmente il polimero presenta un comportamento tipicamente amorfo e, man mano che il processo di degradazione avanza appaiono picchi endotermici nella curva del DSC e picchi nel difrattogramma che si riferiscono a formazioni di regioni cristalline 22. La cristallinità contribuisce ad aumentare il tempo di degradazione delle membrane facendo sì che esse restino impiantate per più tempo. In Figura 2 sono riportati i diffrattogrammi ai raggi X della membrana PLGA 10%5p prima e dopo 60 e 120 giorni di degradazione. Per la membrana prima della degradazione si può osservare una banda larga con intensità massima attorno ai 20° (curva c). Questo identico comportamento è stato osservato in tutte le membrane non degradate, indipendentemente dalla concentrazione di poli- Figura 1: Temperature di transizione vetrosa (Tg) (°C) per le membrane di PLGA in funzione del tempo di degradazione, ottenute via DSC (2°C/min di scansione). (a) 10% non degradata (b) 10% - 15 giorni (c) 10% 3p - 15 giorni (d) 10% - 30 giorni (e) 10% 5p - 30 giorni (f) 10% - 60 giorni (g) 10% 3p - 60 giorni. mero o dalla presenza di plastificante e indica che il copolimero è amorfo. Dopo 60 giorni di degradazione si ha la formazione di aree cristalline e la comparsa di alcuni ben definiti picchi nella membrana 10% 5p (curva b), che diventano più pronunciati dopo 120 giorni di degradazione (curva a). Si è anche osservata la comparsa di picchi nel diffrattogramma delle membrane 10% e 10% 3p dopo 60 e 120 giorni di degradazione. Questi risultati confermano lo stesso comportamento già osservato a partire dall’analisi termica: la formazione di aree cristalline man mano avanza il processo di degradazione. In Figura 3 si trovano micrografie delle frattura delle membrane in funzione del tempo di degradazione. La membrana 5% (che si vede in Fig. 3a) presenta una morfologia densa prima della degradazione. Le membrane, per tutte le concentrazioni Tabella 1: Temperature di transizione vetrosa (Tg) (°C) per le membrane di PLGA in funzione del tempo di degradazione, ottenute via DSC (2°C/min di scansione) Membrane di PLGA Tempo di degradazione zero 15 giorni 30 giorni 60 giorni 5% 44 40 26 21 5% 1p 18 26 26 23 10% 46 40 16 *** 10% 3p 11 23 14 15 10% 5p 12 18 21 15 *** Non appare nella curva 18 Figura 2: Diffrattogrammi ai raggi X ottenuti sulle membrane di PLGA; (a) 10% 5p - 120 giorni; (b) 10%5p - 60 giorni; (c) 10% 5p prima della degradazione. di polimero e plastificante, presentarono lo stesso aspetto denso prima della degradazione, pur essendo alcune di esse più lisce. Dopo 30 giorni di degradazione la membrana 5% si trova a uno stadio di degradazione abbastanza avanzato (Fig. 3b) e la sua superficie ha un aspetto ben differente rispetto a quello della sua superficie di frattura, così come accade per tutte le altre membrane. Dopo la degradazione le membrane presentano fratture abbastanza caratteristiche, con solchi, pori e una apparenza fragmentata (Figg. 3c-f). In un lavoro precedente, realizzato da questo gruppo di ricerca, si mostrò che l’aggiunta del plastificante sodio trietilcitrato alle membrane di acido polilattico (PLA) dava origine a una morfologia con fori interconnessi. Gli studi in vivo realizzati con questo materiale mostrarono che, in conseguenza della loro porosità, era avvenuta un’interazione intima tra il tessuto in crescita e tali membrane 16. Così, in questo lavoro con le membrane PLGA, è stato egualmente addizionato il plastificante al polimero con l’intento di ottenere una morfologia porosa. Nel contempo le membrane di PLGA presentano un comportamento differente rispetto a quelle di PLA. Indipendentemente dalla presenza del plastificante queste membrane presentano, dopo degradazione, una morfologia porosa (Figg. 3c-f). Questo risultato è abbastanza positivo giacché la crescita delle cellule dipende dalla presenza di pori nel supporto-matrice. La formazione naturale di pori nelle membrane di PLGA durante la degradazione ci dispensa da procedimenti più elaborati per il loro ottenimento. Infine, durante lo studio in vitro fu possibile osservare che le membrane senza plastificante sono poco flessibili il che è il riflesso delle maggiori Tg rispetto a quelle con plastificante. Figura 3: Microfotografie di frattura di membrane di PLGA, prima e dopo la degradazione: (a) PLGA 5% prima della degradazione; (b, c, d) PLGA 5% - 30 giorni; (e) PLGA 5% 1p - 30 giorni; (f) PLGA 10%5p - 30 giorni. Questo fatto rende difficoltosa la sutura delle stesse durante l’impianto del materiale nonché un efficace contatto con la ferita, rendendo la sua funzione protettrice meno efficiente. D’altro canto le membrane con 5% di polimero sono più sottili e si rompono durante la sutura contenendo una minor quantità di materiale. In questo modo sono state selezionate, per essere impiantate, le membrane 10% 3p e 10% 5p, che sono relativamente più flessibili e più spesse. Oltre a ciò, dato che nelle membrane con concentrazioni del 10% avvengono formazioni di aree cristalline, tali membrane posseggono un tempo di degradazione leggermente maggiore rispetto a quelle con concentrazioni del 5%. Degradazione in vivo Nel primo giorno dopo la chirurgia, le ferite senza membrana (gruppo 3) mostravano una spessa crosta superficiale, con un infiltrato infiammatorio acuto e abbondanti neutrofili polimorfonucleari. D’altro canto, nelle ferite nelle quali era stata impiantata la membrana non si è osservata la formazione della crosta superficiale. Nel terzo giorno continuava a non osservarsi la formazione della crosta sulle ferite ricoperte ma apparivano cellule 19 più precoce e organizzata nelle aree coperte dalla membrana, mentre nel gruppo 3 la riparazione fu più irregolare con abbondanti granulomi di corpo estraneo che contenevano residui di materiali degradati (Fig. 4d). Dopo 21 e 30 giorni la riepitelizzazione fu praticamente totale nei tre gruppi, con maggiore ritiro nelle aree ricoperte dalle membrane rispetto a quelle di controllo. Negli animali con membrane, la rimodellazione iniziò precocemente in confronto a quella del controllo (Fig. 4e) e si registrò una minor reazione infiammatoria residua (Figg. 4f, 4g). Comparando i gruppi 1 e 2 relativamente alle alterazioni infiammatorie e di riparazione, non sono state notate differenze significative tra i comportamenti di ogni gruppo. In ambo i casi le cicatrici presentano una significativa diminuzione del numero di annessi rispetto a quelli della pelle di comparazione. Nonostante questo studio in vivo sia un progetto pilota e coinvolga un numero di casi piccolo (24 casi) fu possibile notare differenze che indicano che l’uso di queste membrane è promettente nella protezione delle lesioni cutanee. È importante considerare che le chirurgie furono di proposito profonde raggiungendo il fascio, il che rende difficile la cicatrizzazione e impedisce la rigenerazione degli annessi cutanei. Il ritardo nella formazione della crosta è relazionato con il mantenimento dell’idratazione locale attraverso l’azione delle membrane. Il processo infiammatorio che si sviluppa dopo che la pelle è stata lesionata ha mostrato di avere un’azione più rapida ed efficace nelle aree protette rispetto a quelle senza protezione. Nonostante l’impianto di polimeri sviluppi da parte sua una risposta infiammatoria locale 13, non sono state registrate alterazioni che suggerissero una reazione infiammatoria secondaria. Oltre a ciò le membrane hanno propiziato un’azione di protezione contro agenti estranei e traumi. Figura 4: (a) Pelle di topo senza membrana impiantata (gruppo 3) dopo 3 giorni; (b) Pelle di topo con impianto della membrana 10% 5p (gruppo 1) dopo 5 giorni; (c) Pelle di topo senza membrana impiantata dopo 5 giorni; (d) Pelle di topo senza membrana impiantata dopo 10 giorni; (e) Pelle di topo con impianto di membrana 10% 3p dopo 21 giorni; (f) Pelle di topo con impianto di membrana 10% 5p dopo 30 giorni; (g) Pelle di topo senza membrana impiantata dopo 30 giorni; (h) Pelle di topo normale che mostra le appendici cutanee. Barra = 100 µm Conclusioni I risultati dello studio in vitro hanno mostrato che la Tg delle membrane di PLGA diminuisce in conseguenza dell’addizione del plastificante e del tempo di degradazione. Analisi con DSC e con difrattometria ai raggi X hanno dimostrato che con l’avanzare della degradazione c’è la comparsa di regioni cristalline nelle membrane di PLGA che, inizialmente, erano amorfe. La cristallinità contribuisce a una maggiore permanenza della membrana impiantata. Oltre a ciò, durante la degradazione si è osservata la formazione di pori il che favorisce una maggiore interazione tessutomatrice. mononucleari e fibroplasti con scarsi ascessi sul bordo della ferita. Nel gruppo 3, dove non erano state impiantate membrane, c’era ancora infiltrato infiammatorio acuto con piociti, fibrina, resti necrotici e estesa necrosi che raggiungeva la profondità della lesione (Fig. 4a). Al 5° giorno la pelle con l’impianto mostrava un tessuto con aspetto riparante, con organizzazione delle fibre di collagene e scarsi granulomi di corpo estraneo (Fig. 4b). Nel gruppo di controllo la crosta rimaneva e il processo infiammatorio aveva caratteristiche miste, con piociti e inizio di formazione di tessuto di granulazione (Fig. 4c). Nei successivi periodi si è evidenziata una riparazione 20 Lo studio in vivo ha mostrato che le membrane hanno contribuito al mantenimento dell’idratazione locale e hanno portato a un processo infiammatorio più rapido rispetto al riferimento. In maniera generale, le membrane offrono buone prospettive nella protezione di traumi di piccola e media intensità nelle bruciature superficiali e ulcere cutanee croniche di difficile trattamento, come quelle che avvengono nei membri inferiori in conseguenza di diabete, ipertensione e insufficienza vascolare. Oltre a ciò, l’uso di queste membrane per la ricopertura di grandi superfici può migliorare la prognosi dei pazienti, dando protezione nella fase acuta e propiziando migliori condizioni cliniche in caso di successivi trapianti di pelle. 6 7 8 9 10 11 12 13 Ringraziamenti Gli autori ringraziano la Fapesp per il supporto finanziario (contratto 99/01381-9). 14 15 16 Bibliografia 1 2 3 4 5 Hench LL. Bioactive Materials: the Potential for Tissue Regeneration, in: Founders Award, Society for Biomaterials 24th Annual Meeting, San Diego, CA (1998). Van der Elst M, Klein CPAT, Blieck-Hogervorst JM, Patka P, Haarman HJThM. Biomaterials, 1999;20:121. Ishaugh-Riley SL, Crane GM, Gurlek A, Miller MJ, Yasko AM, Yaszemski MJ, Mikos AG. Journ of Biomed Mater Res 1997;36:1. Wake MC, Gerecht PD, Lu L, Mikos AG. Biomaterials 1998;19:1255. Zoppi RA, Contant S, Duek EAR, Marques FR, Wada MLF, Nunes SP. Polymer, 1999 ;40:3275. 17 18 19 20 21 22 21 Park JB. Biomaterials: an Introduction. 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