Polymers Abroad
L’articolo che segue è frutto dell’accordo tra l’AIM e l’ABPol (Associazione Brasiliana dei Polimeri),
accordo stilato all’inizio dello scorso anno e del quale abbiamo parlato ampiamente in un articolo di
un precedente AIM Magazine. Esso prevede, oltre a divulgazione di notizie relative al settore macromolecolare dei rispettivi due paesi, uno scambio di articoli una volta all’anno. Questo è il secondo anno
che si effettua questa operazione.
Questa volta la loro scelta è andata all’Articolo “Il Gecko e i capelli di Sansone” di Anna Crestana
– pubblicato sull’ultimo numero del 2004 del nostro Magazine – che uscirà, tradotto in portoghese,
nell’edizione del Magazine brasiliano del prossimo ottobre in occasione del Congresso Biennale della
ABPol.
La scelta dell’articolo qui sotto riportato, è stata fatta tra cinque inviateci dal Comitato di Redazione
della Rivista della ABPol “Polímeros: Ciência e Tecnologia”, ed è dovuta al fatto che il lavoro presentato
è un connubio tra scienza dei polimeri e salute, connubio già spesso valorizzato nei nostri articoli. Si
trattava quindi di un articolo in sintonia con la nostra linea editoriale.
Inoltre, sia pur casualmente, questo articolo si allaccia strettamente all’articolo sulla Elettrofilatura
presentato in questo numero ed è un valido esempio di applicazione pratica di questi tipi di nanofilamenti.
Il Comitato Editoriale
Membrane di acido poli
(lattico-co-glicolico) per la cura della
pelle: degradazione in vitro e in vivo
Camila A. Rezende1, Carolina Luchesi2, Maria de Lourdes P. Barbo2, Eliana A.R. Duek2
Traduzione dal testo originale portoghese di Roberto Filippini Fantoni
Poly (lactide-co-glycolide) membranes as skin repair: in vitro and in vivo degradation
Abstract: Poly (lactide-co-glycolide) is a polymer with bioabsorption and biodegradation properties. The
physical and chemical properties of this polymer have been studied in order to modulate its susceptibility
to degradation and its interaction with cells and biological fluids, aiming at medical and dental applications. In this work, membranes of poly (lactide-co-glycolide) with and without plasticizer were prepared
by solvent evaporation and characterized by in vitro and in vivo experiments. In vitro studies showed
that the glass transition temperature decreased due to the addition of plasticizer and, consequently, their
flexibility increased. During degradation, crystalline areas and porous appear. In vivo studies showed
that the polymer degraded rapidly without causing inflammation and protected areas that were exposed
to external agents. Furthermore, membranes improved wound healing time, indicating that they can be
potentially used in skin repair. Keywords: Poly (lactide-co-glycolide), in vivo degradation, in vitro degradation, cicatrisation, membrane.
Keywords: Poly(lactide-co-glicolide), in vivo degradation, in vitro degradation, cicatrisation, membrane
Istituto de Quimica, UNICAMP;
Centro de Ciências Médicas e Biológicas, PUC-SP.
1
2
15
zione del PLGA in vivo 11. Nakamura e collaboratori
mostrarono che non si osserva la comparsa di tumori dopo l’impianto e sino alla completa scomparsa
del copolimero impiantato 12.
Sono state impiegate molte tecniche per la preparazione delle membrane porose di polimeri bioassorbibili: evaporazione di solvente utilizzando
sale con granulometria controllata 13, inversione
di fase 14 e gorgogliamento di gas 15. Luciano e
collaboratori dimostrarono che l’addizione di un
plastificante a una matrice di acido polilattico
produce membrane porose e bio-assorbibili con
pori interconnessi di grandezza controllata e con
buone proprietà meccaniche per un utilizzo come
supporto alla cultura di cellule 16-18.
Oltre che come supporto per cellule il PLGA è
stato anche studiato per l’applicazione in sistemi
per il rilascio controllato di droghe nell’organismo.
In questo caso gli agenti terapeutici vengono formulati dentro microsfere o dischi di copolimero e
il rilascio della droga dipenderà dalla degradazione
del polimero e dalla diffusione della stessa 19-20.
Ferite della pelle, risultanti da ustioni e da malattie
congenite o acquisite, risultano abbastanza pericolose per i pazienti, particolarmente nei casi in cui
l’area compromessa sia estesa, una volta che la
ferita è soggetta a invasioni di batteri e a perdita di
fluidi corporei. In queste condizioni la ricopertura
rapida ed efficace della ferita è essenziale per il
trattamento della malattia21. Per molti anni il trattamento convenzionale di questi tipi di problemi è
stato il trapianto della pelle. Oltretutto, tale procedimento è difficile, o persino impossibile, nei casi in
cui l’area della ferita sia molto grande, per esempio
nelle ustioni assai estese; ciò è dovuto alla mancanza di donatori, al rigetto del materiale impiantato,
al tempo necessario per la completa cicatrizzazione e ai rischi coinvolti. Queste difficoltà rendono
necessari studi che coinvolgano materiali alternativi
per la protezione e la cicatrizzazione delle ulcere
della pelle e che siano flessibili, atossici e capaci
di aderire adeguatamente all’area compromessa,
facendo diminuire la perdita di fluidi ed elettroliti,
proteggendola contro la proliferazione di microbi e
promovendo la cicatrizzazione della ferita 21.
In questo lavoro sono state preparate membrane
di acido poli(lattico-co-glicolico) con e senza plastificante e le loro proprietà sono state studiate con
l’obiettivo di valutare la loro potenziale applicazione come curativi per le ulcerazioni della pelle.
Introduzione
I primi utilizzi di polimeri in vivo furono nelle
applicazioni in cui il materiale si manteneva inerte durante il tempo dell’impianto e si dovevano
evitare o minimizzare indesiderate interazioni.
Nonostante la prevenzione delle risposte indesiderate sia ancora importante per molte applicazioni, sono stati sviluppati nuovi polimeri capaci di
interagire con le cellule per promuove crescita e
differenziazioni 1.
Nella classe dei poli(α-idrossiacidi) si incontrano
molti esempi di polimeri bio-assorbibili che, dopo
essere stati impiantati nell’organismo per una
determinata finalità, dallo stesso vengono assorbiti. Esempi di tali polimeri sono l’acido poli(L-lattico) (PLLA), l’acido poliglicolico (PGA), il poli(pdioxanone) (PDD), il poli(idrossibutirrato) (PHB),
il poli(idrossivalerato) (PHV) e i loro copolimeri.
L’acido poli(L-lattico) degrada lentamente generando unità cristalline che possono causare una
risposta lunga e prolungata da parte del tessuto.
D’altro canto, l’acido poliglicolico degrada tanto
rapidamente che risulta inutilizzabile nella maggior
parte delle applicazioni. Il grande vantaggio dell’utilizzazione del copolimero costituito dalle unità
monomeriche di due polimeri è quello di poter
variare la proporzione tra di loro e ottimizzare il
tempo di degradazione del materiale per determinate applicazioni 2.
Il processo di degradazione del polimero che costituisce l’impianto varia con la sua massa molecolare, la sua composizione, la storia termica, la struttura cristallina e la quantità di polimero applicata.
Pertanto è importante studiare queste proprietà in
quanto esse determinano il tipo e l’intensità della
risposta infiammatoria del tessuto 2-4.
Membrane dense e porose di polimeri assorbibili
vengono ottenute con l’intento che possano servire
come substrato che consenta a cellule isolate di
fissarsi e crescere fino a formare il tessuto. Questo
supporto può agire tanto come appoggio fisico
quanto come substrato di adesione per le cellule
isolate durante la cultura in vitro o susseguente
impianto per promuovere la rigenerazione naturale
dei tessuti, specialmente ossa e cartilagini. Per questo tipo di applicazione è necessaria una matrice
tridimensionale, meccanicamente stabile e con pori
interconnessi affinché le cellule possano crescere su
tutta la struttura. Man mano che le cellule crescono
e si organizzano il polimero degrada ed è assorbito
dall’organismo, portando a una naturale sostituzione del tessuto 5-11. L’acido poli(lattico-co-glicolico),
PLGA, è abbastanza idoneo per essere applicato
come supporto per le cellule 10. Uno studio realizzato
da Peter e collaboratori ha mostrato che non avviene
la demineralizzazione dell’osso durante la degrada-
Parte sperimentale
Preparazione delle membrane
Sono state preparate membrane, con e senza plastificante, di dimensioni di 6 cm x 2 cm x 0.5 cm,
16
SCD 050) campioni di superfici di membrane e di
fratture (ottenuti in azoto liquido) e poi analizzati
con un microscopio elettronico a scansione (JOL
JXA 860) che lavorava a 10 kV.
Difrattometria di raggi X: le analisi sono state eseguite con angoli tra 0° e 50° con un rifrattometro
a raggi X Shimadzu XD3A con fonte di radiazioni
a CuKα. Si è utilizzato un voltaggio di 30 kV e una
corrente di 20 mA.
utilizzando la tecnica dell’evaporazione del solvente. Il polimero utilizzato per la preparazione delle
membrane è stato l’acido poli(lattico-co-glicolico)
(50:50, MM 81700 g moli-1) (PURAC - Groeningen
- Olanda).
1) Membrane senza plastificante
Sono state preparate soluzioni polimeriche contenenti polimero a concentrazioni di 5 e 10%
m/V dissolvendo rispettivamente 0.3 e 0.6 g de
PLGA in 5.7 e 5.4 ml di cloroformio (Merk KgaA,
Darmstadt, Germania). Dopo la completa dissoluzione del polimero, via agitazione, le soluzioni sono
state deposte su una placca di vetro e collocate in
una vaschetta saturata con i vapori del solvente.
Dopo un’evaporazione del solvente durata 24 ore,
le membrane sono state essiccate sotto vuoto per
8 ore e mantenute in questa condizione fino alla
loro caratterizzazione.
2) Membrane con plastificante
Queste membrane sono state preparate esattamente come le precedenti, salvo l’addizione
del plastificante trietilcitrato sodico (ALDRICH,
Milwaukee, USA) durante la dissoluzione sotto
agitazione.
In totale sono stati preparati cinque tipi di membrane: PLGA 5% (5% di polimero); PLGA 5% 1p
(5% di polimero e 1% di plastificante); PLGA 10%
(10% di polimero); PLGA 10% 3p (10% di polimero e 3% di plastificante) e PLGA 10% 5p (10% di
polimero e 5% di plasticante).
Degradazione e caratterizzazione in vivo
Sono stati impiantati due tipi di membrane (10%
3p e 10% 5p). Lo studio ha coinvolto 24 topi Wistar
di ambo i sessi aventi un’età di circa 3 mesi e 0.4
kg di peso. I topi furono divisi in tre gruppi di 8
ciascuno. La membrana 10%5p è stata implantata
nel primo gruppo e la 10% 3p nel secondo. Nel
terzo gruppo la ferita non è stata ricoperta. La pelle
normale, ritirata durante l’intervento chirurgico, è
stata conservata sotto formaldeide ed è servita
come comparazione. Durante il periodo di studio i
topi hanno ricevuto razioni commerciali, acqua ad
libitum, nonché anestetici durante la chirurgia. La
pelle e il sottocutaneo sono stati seccati, rimossi
sino al livello della fascia e le risultanti ferite sono
state ricoperte con pezzi di membrane polimeriche
(2 cm x 2 cm x 0.5 cm). Gli impianti furono rimossi dopo 1, 3, 5, 7, 10, 21 e 30 giorni, disidratati
e processati attraverso l’inclusione in paraffina. I
campioni sono stati colorati con ematossilina ed
eosina (HE) ed esaminati per mezzo di un microscopio ottico NIKON Eclipse E800.
Degradazione e caratterizzazione in vitro
Le membrane sono state immerse in un tampone
fosfato (pH = 7), dentro provette chiuse, mantenute alla temperatura di 37°C e sono state ritirate
dopo 15, 30, 60 e 120 giorni. Alla fine di ciascun
periodo le membrane furono rimosse dalla soluzione tampone, lavate e mantenute in acqua distillata
per 1 ora allo scopo di rimuovere la massima
quantità possibile di soluzione tampone. Prima
e dopo la degradazione le membrane sono state
caratterizzate attraverso la tecnica che descriviamo di seguito.
Calorimetria differenziale a scansione (DSC): riscaldamento tra 25 e 200°C seguito da una isoterma
di 5 minuti. Successivamente i campioni sono
stati raffreddati a – 20°C, mantenuti in isoterma
per altri 5 minuti e riscaldati nuovamente a 200°C.
Tanto il riscaldamento quanto il raffreddamento
sono stati realizzati con scansioni di 10°C min-1 e
l’apparecchiatura utilizzata è stata un DSC 2920
- Modulated DSC (TA Instruments).
Microscopia elettronica a scansione (MEV): sono
stati metallizzati con oro (Sputter Coater BALTEC
Risultati e discussione
Degradazione in vitro
Per le membrane di PLGA i valori della temperatura di transizione vetrosa (Tg) furono ottenuti, prima e dopo la degradazione, per mezzo
della calorimetria differenziale a scansione (DSC)
(curve del secondo riscaldamento). Osservando i
valori della Tg nella Tab. 1 è possibile verificare
che le membrane con il plastificante presentano
valori di Tg sempre minori rispetto a quelli delle
membrane di pari concentrazione e alle quali il
plastificante non era stato addizionato. Per ora
questo effetto è osservato in modo predominante
prima dell’inizio del processo di degradazione o
all’inizio del processo (15 giorni). Con 30 e 60
giorni di degradazione i valori di Tg, tanto per
le membrane con plastificante quanto per quelle
che non lo contengono, diventano molto simili.
Un altro comportamento che si può notare è la
diminuzione dei valori delle Tg delle membrane
senza plastificante man mano che avanza il tempo
di degradazione, il che può essere spiegato dalla
17
diminuzione della massa molecolare che avviene
nel corso della degradazione e dovuta alla rottura
delle catene polimeriche. Per le membrane con
plastificante in pratica non si notano variazioni
nei valori di Tg nel corso della degradazione. Ciò
probabilmente accade a causa dell’azione di due
effetti di azione contraria: l’uscita del plastificante
che diffonde verso la soluzione, provocando un
aumento della Tg, e la perdita di massa molecolare del polimero, in conseguenza del processo di
degradazione, che porta a diminuire la Tg.
Prima della degradazione e negli stadi iniziali della
stessa (fino a 30 giorni) nel termogramma appaiono solo le temperature di transizione vetrosa, a
temperature comprese approssimativamente tra
20°C e 40°C, indicando che il polimero è amorfo
(Fig. 1a-e).
Con 60 giorni di degradazione, nei campioni con
concentrazioni di polimero del 10%, c’è la comparsa di un discreto picco endotermico intorno ai
150°C, il che è indicativo del fatto che sta avvenendo una cristallizzazione del polimero durante
il processo di degradazione. Li e collaboratori
osservarono un comportamento simile studiando
la degradazione in vitro dell’acido poli(D,L-lattico)
a pH 3.4 e 7.4 e temperature di 37°C e 60°C.
Inizialmente il polimero presenta un comportamento tipicamente amorfo e, man mano che il
processo di degradazione avanza appaiono picchi endotermici nella curva del DSC e picchi nel
difrattogramma che si riferiscono a formazioni di
regioni cristalline 22. La cristallinità contribuisce ad
aumentare il tempo di degradazione delle membrane facendo sì che esse restino impiantate per
più tempo.
In Figura 2 sono riportati i diffrattogrammi ai raggi
X della membrana PLGA 10%5p prima e dopo 60
e 120 giorni di degradazione. Per la membrana
prima della degradazione si può osservare una
banda larga con intensità massima attorno ai 20°
(curva c). Questo identico comportamento è stato
osservato in tutte le membrane non degradate,
indipendentemente dalla concentrazione di poli-
Figura 1: Temperature di transizione vetrosa (Tg) (°C) per
le membrane di PLGA in funzione del tempo di degradazione, ottenute via DSC (2°C/min di scansione).
(a) 10% non degradata (b) 10% - 15 giorni (c) 10% 3p
- 15 giorni (d) 10% - 30 giorni (e) 10% 5p - 30 giorni (f)
10% - 60 giorni (g) 10% 3p - 60 giorni.
mero o dalla presenza di plastificante e indica che
il copolimero è amorfo.
Dopo 60 giorni di degradazione si ha la formazione di aree cristalline e la comparsa di alcuni ben
definiti picchi nella membrana 10% 5p (curva b),
che diventano più pronunciati dopo 120 giorni
di degradazione (curva a). Si è anche osservata
la comparsa di picchi nel diffrattogramma delle
membrane 10% e 10% 3p dopo 60 e 120 giorni
di degradazione. Questi risultati confermano lo
stesso comportamento già osservato a partire dall’analisi termica: la formazione di aree cristalline
man mano avanza il processo di degradazione.
In Figura 3 si trovano micrografie delle frattura
delle membrane in funzione del tempo di degradazione. La membrana 5% (che si vede in Fig. 3a)
presenta una morfologia densa prima della degradazione. Le membrane, per tutte le concentrazioni
Tabella 1: Temperature di transizione vetrosa (Tg) (°C) per le membrane di PLGA in funzione del tempo di degradazione, ottenute via DSC (2°C/min di scansione)
Membrane di
PLGA
Tempo di degradazione
zero
15 giorni
30 giorni
60 giorni
5%
44
40
26
21
5% 1p
18
26
26
23
10%
46
40
16
***
10% 3p
11
23
14
15
10% 5p
12
18
21
15
***
Non appare nella curva
18
Figura 2: Diffrattogrammi ai raggi X ottenuti sulle membrane di PLGA; (a) 10% 5p - 120 giorni; (b) 10%5p - 60
giorni; (c) 10% 5p prima della degradazione.
di polimero e plastificante, presentarono lo stesso aspetto denso prima della degradazione, pur
essendo alcune di esse più lisce. Dopo 30 giorni
di degradazione la membrana 5% si trova a uno
stadio di degradazione abbastanza avanzato (Fig.
3b) e la sua superficie ha un aspetto ben differente
rispetto a quello della sua superficie di frattura,
così come accade per tutte le altre membrane.
Dopo la degradazione le membrane presentano
fratture abbastanza caratteristiche, con solchi, pori
e una apparenza fragmentata (Figg. 3c-f).
In un lavoro precedente, realizzato da questo
gruppo di ricerca, si mostrò che l’aggiunta del
plastificante sodio trietilcitrato alle membrane di
acido polilattico (PLA) dava origine a una morfologia con fori interconnessi. Gli studi in vivo
realizzati con questo materiale mostrarono che,
in conseguenza della loro porosità, era avvenuta
un’interazione intima tra il tessuto in crescita e
tali membrane 16. Così, in questo lavoro con le
membrane PLGA, è stato egualmente addizionato
il plastificante al polimero con l’intento di ottenere
una morfologia porosa.
Nel contempo le membrane di PLGA presentano
un comportamento differente rispetto a quelle di
PLA. Indipendentemente dalla presenza del plastificante queste membrane presentano, dopo degradazione, una morfologia porosa (Figg. 3c-f).
Questo risultato è abbastanza positivo giacché
la crescita delle cellule dipende dalla presenza di
pori nel supporto-matrice. La formazione naturale
di pori nelle membrane di PLGA durante la degradazione ci dispensa da procedimenti più elaborati
per il loro ottenimento. Infine, durante lo studio in
vitro fu possibile osservare che le membrane senza
plastificante sono poco flessibili il che è il riflesso
delle maggiori Tg rispetto a quelle con plastificante.
Figura 3: Microfotografie di frattura di membrane di
PLGA, prima e dopo la degradazione: (a) PLGA 5%
prima della degradazione; (b, c, d) PLGA 5% - 30 giorni;
(e) PLGA 5% 1p - 30 giorni; (f) PLGA 10%5p - 30 giorni.
Questo fatto rende difficoltosa la sutura delle stesse
durante l’impianto del materiale nonché un efficace
contatto con la ferita, rendendo la sua funzione protettrice meno efficiente. D’altro canto le membrane
con 5% di polimero sono più sottili e si rompono
durante la sutura contenendo una minor quantità di
materiale. In questo modo sono state selezionate,
per essere impiantate, le membrane 10% 3p e 10%
5p, che sono relativamente più flessibili e più spesse. Oltre a ciò, dato che nelle membrane con concentrazioni del 10% avvengono formazioni di aree
cristalline, tali membrane posseggono un tempo
di degradazione leggermente maggiore rispetto a
quelle con concentrazioni del 5%.
Degradazione in vivo
Nel primo giorno dopo la chirurgia, le ferite senza
membrana (gruppo 3) mostravano una spessa
crosta superficiale, con un infiltrato infiammatorio
acuto e abbondanti neutrofili polimorfonucleari.
D’altro canto, nelle ferite nelle quali era stata
impiantata la membrana non si è osservata la formazione della crosta superficiale. Nel terzo giorno
continuava a non osservarsi la formazione della
crosta sulle ferite ricoperte ma apparivano cellule
19
più precoce e organizzata nelle aree coperte dalla
membrana, mentre nel gruppo 3 la riparazione fu
più irregolare con abbondanti granulomi di corpo
estraneo che contenevano residui di materiali
degradati (Fig. 4d).
Dopo 21 e 30 giorni la riepitelizzazione fu praticamente totale nei tre gruppi, con maggiore ritiro
nelle aree ricoperte dalle membrane rispetto a
quelle di controllo. Negli animali con membrane,
la rimodellazione iniziò precocemente in confronto
a quella del controllo (Fig. 4e) e si registrò una
minor reazione infiammatoria residua (Figg. 4f,
4g). Comparando i gruppi 1 e 2 relativamente
alle alterazioni infiammatorie e di riparazione,
non sono state notate differenze significative tra i
comportamenti di ogni gruppo. In ambo i casi le
cicatrici presentano una significativa diminuzione
del numero di annessi rispetto a quelli della pelle
di comparazione.
Nonostante questo studio in vivo sia un progetto
pilota e coinvolga un numero di casi piccolo (24
casi) fu possibile notare differenze che indicano
che l’uso di queste membrane è promettente nella
protezione delle lesioni cutanee. È importante
considerare che le chirurgie furono di proposito
profonde raggiungendo il fascio, il che rende difficile la cicatrizzazione e impedisce la rigenerazione
degli annessi cutanei. Il ritardo nella formazione
della crosta è relazionato con il mantenimento dell’idratazione locale attraverso l’azione delle membrane. Il processo infiammatorio che si sviluppa
dopo che la pelle è stata lesionata ha mostrato
di avere un’azione più rapida ed efficace nelle
aree protette rispetto a quelle senza protezione.
Nonostante l’impianto di polimeri sviluppi da parte
sua una risposta infiammatoria locale 13, non sono
state registrate alterazioni che suggerissero una
reazione infiammatoria secondaria. Oltre a ciò le
membrane hanno propiziato un’azione di protezione contro agenti estranei e traumi.
Figura 4: (a) Pelle di topo senza membrana impiantata
(gruppo 3) dopo 3 giorni; (b) Pelle di topo con impianto
della membrana 10% 5p (gruppo 1) dopo 5 giorni; (c)
Pelle di topo senza membrana impiantata dopo 5 giorni; (d) Pelle di topo senza membrana impiantata dopo
10 giorni; (e) Pelle di topo con impianto di membrana
10% 3p dopo 21 giorni; (f) Pelle di topo con impianto
di membrana 10% 5p dopo 30 giorni; (g) Pelle di topo
senza membrana impiantata dopo 30 giorni; (h) Pelle di
topo normale che mostra le appendici cutanee. Barra =
100 µm
Conclusioni
I risultati dello studio in vitro hanno mostrato
che la Tg delle membrane di PLGA diminuisce in
conseguenza dell’addizione del plastificante e del
tempo di degradazione. Analisi con DSC e con
difrattometria ai raggi X hanno dimostrato che
con l’avanzare della degradazione c’è la comparsa di regioni cristalline nelle membrane di PLGA
che, inizialmente, erano amorfe. La cristallinità
contribuisce a una maggiore permanenza della
membrana impiantata. Oltre a ciò, durante la
degradazione si è osservata la formazione di pori
il che favorisce una maggiore interazione tessutomatrice.
mononucleari e fibroplasti con scarsi ascessi sul
bordo della ferita. Nel gruppo 3, dove non erano
state impiantate membrane, c’era ancora infiltrato infiammatorio acuto con piociti, fibrina, resti
necrotici e estesa necrosi che raggiungeva la profondità della lesione (Fig. 4a).
Al 5° giorno la pelle con l’impianto mostrava un
tessuto con aspetto riparante, con organizzazione
delle fibre di collagene e scarsi granulomi di corpo
estraneo (Fig. 4b). Nel gruppo di controllo la crosta rimaneva e il processo infiammatorio aveva
caratteristiche miste, con piociti e inizio di formazione di tessuto di granulazione (Fig. 4c). Nei
successivi periodi si è evidenziata una riparazione
20
Lo studio in vivo ha mostrato che le membrane
hanno contribuito al mantenimento dell’idratazione locale e hanno portato a un processo
infiammatorio più rapido rispetto al riferimento.
In maniera generale, le membrane offrono buone
prospettive nella protezione di traumi di piccola
e media intensità nelle bruciature superficiali e
ulcere cutanee croniche di difficile trattamento,
come quelle che avvengono nei membri inferiori
in conseguenza di diabete, ipertensione e insufficienza vascolare. Oltre a ciò, l’uso di queste
membrane per la ricopertura di grandi superfici
può migliorare la prognosi dei pazienti, dando
protezione nella fase acuta e propiziando migliori
condizioni cliniche in caso di successivi trapianti
di pelle.
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Ringraziamenti
Gli autori ringraziano la Fapesp per il supporto
finanziario (contratto 99/01381-9).
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Bibliografia
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