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Da ormai circa 7 anni i miei studi relativi alla teoria di Zecharia Sitchin mi portano a
raccogliere materiale scientifico e letterario per stabilirne se non la veridicità, almeno la
plausibilità. Quando iniziai la ricerca non pensai che dal mondo scientifico potessero
venire così tanti indizi come quelli che riuscivo a raccogliere. Mi resi conto ben presto che
avrei dovuto suddividere e catalogare tutto il materiale con riferimenti ai singoli passaggi
dei libri dell’ autore; ciò però implicava un lavoro immane. Circa 2 anni fa mi venne in
mente di riordinare le idee e il materiale sotto forma di libro, o quantomeno di articoli
divulgativi. Fu così che mi imposi di buttare giù le nozioni che avevo acquisito scrivendo
una serie di articoli che postai in numerosi siti tematici, e infine raccolsi nel mio sito
personale. Da quegli articoli poi composi il mio primo esperimento letterario, il libro ‘Mille
cose nascoste’. Avevo nel mentre già iniziato a redigere quello che doveva essere il mio
‘capolavoro’, il più dettagliato e completo commentario dei vari aspetti della teoria di
Sitchin e la più completa analisi delle critiche mossegli; il lavoro andò per le lunghe, più
volte fui tentato di interromperlo per le varie difficoltà che mi trovavo ad affrontare. Prima
fra tutte il fatto che più mi avvicinavo alla fine della stesura, più nozioni riuscivo ad
acquisire tramite le mie ricerche online trovandomi così a dover di tanto in tanto modificare
ed ampliare ciò che già avevo considerato esaurientemente trattato. Il successo di ‘Mille
cose nascoste’ inoltre mi portò ad amministrare, collaborando con il fondatore Federico
Zaffarano, un gruppo dedicato a Sitchin sul social network Facebook. Mi portò inoltre a
mettermi in contatto con Erik Parker, webmaster e discepolo di Sitchin, e con Sasha
Lessin, un autore americano che aveva scritto un eccellente saggio intitolato ‘Enki speaks
– Bred to slaves’ dedicato all’ analisi meticolosa del libro dell’ orientalista russo ‘The lost
book of Enki’.
Tutta questa serie di stimoli da un lato mi spronava, da un altro lato mi bloccava
inquanto mi rendevo conto che diveniva sempre più difficile ordinare le idee, stabilire un
efficace scheletro per il libro che stavo preparando. Mi trovai più volte a pensare: ‘non
finirò mai…’. D’ altra parte ovunque scrivessi riguardo a Sitchin, ricevevo decine e decine
di domande alle quali cercavo di fornire la mia risposta dettagliata, ove possibile
accompagnata da links o da titoli di libri che trattassero l’ argomento.
A distanza di circa 1 anno e 8 mesi dall’ inizio della stesura del mio libro (tuttora in
corso) mi venne l’ idea di raccogliere il materiale che avevo pubblicato sul gruppo
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‘Zecharia Sitchin Italia’ in una sorta di bignami che trattasse alcuni dei punti principali della
teoria. Nasce così questo piccolo libro, che mi piace considerare come un completamento
di ‘Mille cose nascoste’, e un degno anticipo a quello che sarà il mio lavoro principale. Nel
libro che mi sto affrettando a completare infatti sarà disponibile tutto il materiale compreso
in questo libro, più tantissime altre analisi soprattutto linguistiche, letterarie e scientifiche,
che a mio parere cambieranno completamente il modo in cui la teoria di Sitchin andrà
vista.
Sia beninteso: mai e poi mai io affermo nei miei libri che tutto ciò che Sitchin
afferma è esatto, e che le cose son andate esattamente come lui sostiene. Io stesso
dissento da Sitchin in alcuni punti minori. Che Sitchin però abbia ragione su tantissimi
punti e che questi punti trovino riscontro scientifico é mia convinzione personale che non
voglio inculcare nella testa di nessuno. Ciò che il mio lavoro vuole ottenere, è solo far
capire alle persone quanti indizi letterari, scientifici, e linguistici sembrano supportare in
toto la teoria dell’ autore russo.
In quest’ ottica presento al pubblico questo ‘Nibiru e gli Anunnaki – una analisi
scientifica’. Non si tratta di un libro completamente esaustivo, ma di un manuale che
permette di muovere i primi passi nel mondo della teoria, e di venire a conoscenza di
alcuni dei tanti indizi che da ogni campo vengono in aiuto della stessa. Nel contempo mi
pongo l’ obiettivo di fornire alcune spiegazioni e di divulgare alcune nozioni che il lettore
medio non ha modo di reperire nella vita di tutti i giorni. E di far pensare, a chi legge,
quanto veniamo tenuti appositamente ignoranti da un establishment che, per paura di
mettere in gioco le nozioni acquisite ormai tantissimi anni fa, preferiscono ignorare e
nascondere la conoscenza.
Desidero ringraziare in primis Sasha Lessin, Erik Parker e l’ amico Antonello Corsi
Pettinato per l’ aiuto datomi nell’ analisi dei testi in lingua, e l’ amico Federico Zaffarano
per l’ opportunità di amministrare assieme a lui il più numeroso gruppo italiano in supporto
della teoria di Sitchin: ‘Zecharia Sitchin – Italia’.
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INDICE:
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-
Zecharia Sitchin: la teoria di base
p.9
-
Il mistero del diluvio
p.14
-
L’ aspetto genetico
p.22
-
Attendibilità dei parametri orbitali
p.25
-
Legame tra Mesopotamia e Mesoamerica
p.29
-
Guerre atomiche nel 2024 a.C.?
p.34
-
Il lato linguistico
p.38
-
Identificazione di Nibiru/Marduk
p.40
-
Nove obiezioni al lato astronomico della teoria
p.43
-
Bibliografia e links
p.61
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ZECHARIA SITCHIN: LA TEORIA DI BASE
Secondo Z. Sitchin il nostro sistema solare avrebbe un pianeta membro che viaggia
su una orbita molto ellittica, con un periodo di rivoluzione intorno al sole di circa 3.600
anni. Questo pianeta (chiamato Nibiru o Marduk), miliardi di anni fa, quando il nostro
sistema solare era ancora in via di formazione, sarebbe stato catturato dall’ attrazione
gravitazionale di Nettuno e deviato dal suo percorso verso l’ interno. Una volta arrivato in
prossimità di Giove il suo corso fu nuovamente deviato verso una orbita più interna fino a
che venne a trovarsi in posizione tra Marte e Giove dove un suo satellite ebbe una sorta di
scontro cosmico con un pianeta che si trovava in traiettoria (chiamato Tiamat). Dallo
scontro, il pianeta urtato venne sobbalzato assieme a un suo satellite (Kingu) tra Venere e
Marte dando origine al sistema Terra-Luna; una parte di Tiamat, sotto forma di frammenti,
ricadde sul suo satellite, e i residui dei satelliti del pianeta 'invasore' furono scagliati lungo
una orbita oblunga e retrograda dando origine alle comete, altri pezzi rimasero li sul luogo
dell' impatto tra Marte e Giove generando la fascia principale degli asteroidi. Man mano
che si stabilivano nuovi equilibri e si andavano a stabilizzare le orbite il sistema solare
prese la forma attuale.
Il pianeta 'invasore', che ospitava sulla sua superficie forme di vita organica a livello
macromolecolare, trasferì nell' urto parte di questa materia sul pianeta colpito. Secondo
Sitchin la vita sul pianeta invasore si evolvette molto più velocemente che sul nostro, tanto
che la civiltà che lo abitava (chiamati Anunnaki nei testi sumerobabilonesi), 450.000 anni
fa circa, viaggiò fino alla Terra per fondarvi una colonia, intraprendendo lavori di
estrazione di minerali, in particolare di oro. Questo elemento doveva essere trasformato in
fini polveri per essere rilasciato nell’ atmosfera di Nibiru per ripararla dai danni che si
aggravavano ad ogni passaggio del pianeta nel suo punto più vicino al nostro sole a causa
dell’ eccessivo calore e dell’ aumento di velocità che il pianeta subiva nella parte più
stretta della sua ellisse rotazionale. Furono fondati così i primi insediamenti nel
medioriente, luogo di atterraggio degli Anunnaki, e fu stabilita una gerarchia di comando
per i lavori. Nel contempo venne mantenuta una stazione in orbita e successivamente fu
fondata una colonia su Lahmu (Marte) da dove un gruppo di questi esseri (chiamati Igigi =
coloro che osservano) dirigevano le operazioni di trasferimento.
In seguito a un ammutinamento di alcuni lavoratori, 300mila anni fa circa, uno degli
scienziati venuti dal pianeta (Enki), creò l' Homo Sapiens (Lulu) mescolando l' ovulo di una
ominide terrestre con il proprio sperma. Questo per creare una serie di individui che
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portassero avanti le operazioni di estrazione al posto degli extraterrestri. Successivamente
attraverso operazioni di ingegneria genetica questi esemplari furono resi capaci di
procreare ottenendo quello che noi chiamiamo Homo Sapiens il quale si diffuse sulla
Terra, in particolar modo nell' Africa, nel medio oriente, e nella valle dell' Indo.
Questi personaggi diedero inizio nel corso di vari millenni alle varie forme di civiltà; la
prima fu quella dei Sumeri, poi quella egiziana e successivamente quella esteuropeaindiana.
Secondo Sitchin le storie raccontate dalla Bibbia, e quindi la genesi, il diluvio universale, la
vicenda di Sodoma e Gomorra, ma anche alcuni racconti lasciatici dalle culture egizie e
mesopotamiche, non sarebbero altro che delle 'cronache' dei tempi in cui questi esseri
abitavano sul nostro pianeta. In particolare lui identifica tre episodi:
1) il diluvio universale: fu causato dal distacco di una massa di ghiaccio dall’ Antartide in
un periodo a cavallo della fine dell’ ultima era glaciale, approssimativamente tra l’ 11.000 e
il 10.000 a.C. – Sitchin narra che il racconto della bibbia secondo cui ‘Dio mandò il diluvio’
non è altro che un sunto della decisione di Enlil di non rivelare all’ uomo l’ avvicinarsi della
imminente catastrofe (che era stata prevista da Enki che regnava nel Sudafrica);
2) Il racconto della Torre di Babele sarebbe la cronaca del tentativo di Marduk e suo figlio
Nabu di prendere possesso di Sumer dove invece regnava una altra fazione. Per impedire
ciò, e la costruzione da parte di Marduk di un suo tempio, la fazione regnante decise di
muovere guerra e scacciare Marduk e i suoi seguaci dividendoli in varie terre e ordinando
ad ogni gruppo una nuova lingua. Sitchin data questo evento a circa il 3450 a.C.;
3) La distruzione di Sodoma e Gomorra fu un atto che fa seguito alla decisione del
consiglio degli Anunnaki di muovere di nuovo guerra contro Marduk e Nabu che ancora
una volta pretendevano il dominio sulle terre di Sumer e Babilonia. La guerra avvenne con
l’ impiego di armi nucleari e chimiche, di cui si troverebbero ancora i segni nella penisola
del Sinai, nella piana del Mar Morto, e nella zona di Harappa – Moenjo Daro. Sitchin data
questo evento al 2024 a.C.
Sitchin sostiene che le religioni delle prime culture terrestri non sono altro che l’ eco delle
vicende riguardanti questi esseri, che vennero adorati dagli uomini e il cui culto si sparse
in tutto il mondo. Ciò fu agevolato dal fatto che alcuni di questi esseri si trasferirono con
dei seguaci nel continente sudamericano, in quello asiatico, e nel nordeuropa, creando di
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volta in volta dei piccoli gruppi da cui sarebbero discese le popolazioni fino ad arrivare alle
nascite di vere e proprie civiltà.
Sitchin sostiene inoltre che:
- i maggiori centri megalitici sparsi nel globo siano stati costruiti dagli Anunnaki con
funzione prevalentemente calendariale ed astronomica,
- le Piramidi di Giza siano state costruite subito dopo il diluvio come 'fari' che
segnassero la rotta di atterraggio verso il Sinai dove stava il centro di controllo missione,
- la Sfinge fu costruita per segnalare cronologicamente il momento della costruzione
delle piramidi (L' era del Leone) e che il suo volte fosse in origine quello del dio che
progettò le piramidi (Ningishzidda) e che solo successivamente fu ri-scolpito per
immortalare il volto di Marduk/Ra,
- le civiltà meso e sudamericane discendano direttamente da quella mesopotamica
e si sarebbero formate in due diverse fasi: una tramite un gruppo di coloni portati nelle
ande per estrarre metalli, e una a causa dell' esilio di una divinità espulsa dall' Egitto che si
stabilì nel centro America e che fondò i primi centri astronomici;
Sitchin basa le sue teorie sullo studio di tavolette di argilla mesopotamiche contenenti le
cronache ed i miti locali, sui miti delle popolazioni di altre zone del globo (in particolare il
sudamerica), reperti archeologici quali sigilli, monili, statue, incisioni, e studi in ambito
scientifico che sembrano confermare le sue conclusioni. Non ultima una rivisitazione
linguistica degli scritti lasciatici da sumeri, accadi, babilonesi e del Vecchio Testamento.
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Orbita di Nibiru secondo Zecharia Sitchin
Raffigurazione dell’ orbita di Nibiru che incrocia l’ orbita di Tiamat
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Raffigurazione dello scontro tra Nibiru e Tiamat
Sigillo VA/243 uno dei documenti fondanti della teoria di Z. Sitchin
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IL MISTERO DEL DILUVIO
Uno dei ‘misteri mitologici’ più controversi a livello globale è il racconto di un diluvio
che spazzò via la civiltà, al quale però l’ uomo sopravvisse per volere dello stesso dio che
aveva mandato questa ‘punizione’. In alcuni racconti il diluvio è un evento locale, in altri un
evento a livello planetario; in alcuni racconti si afferma addirittura che gli dei stessi (o il dio
stesso) aiutarono l’ uomo a ricreare la civiltà dopo il diluvio. Quasi tutti i racconti però sono
basati su alcuni concetti chiave:
-
Il diluvio ha una funzione ‘punitiva’;
-
Un uomo e una donna benedetti da un dio o dagli dei riescono a salvarsi;
-
Questa coppia ‘benedetta’ si salva grazie ad una imbarcazione costruita secondo
indicazioni divine;
-
Il diluvio segna la fine di una era o di un percorso storico e al diluvio segue una
nuova fase evolutiva.
Il mito del diluvio è registrato in più di 15 civiltà diverse, ognuna ha delle varianti,
alcune hanno un racconto molto dettagliato, altre solo qualche accenno. Zecharia Sitchin
nei suoi libri analizza in maniera approfondita il racconto del diluvio tramandatoci dalla
bibbia, dalle fonti mesopotamiche, e da quelle mesoamericane.
Ripercorrerò qui i punti salienti dei vari miti del diluvio giuntici da queste 3 e da altre
popolazioni.
1. Il diluvio nella Bibbia
Il racconto del diluvio universale presente nella Bibbia presenta degli elementi
estremamente controversi. Il particolare che più di ogni altro ha colpito e lasciato perplessi
gli esegeti e studiosi è l’ improvvisa decisione di Dio, dopo aver dichiarato la volontà di
eliminare il genere umano, di salvare 8 persone: Noè, la moglie, e i suoi 3 figli con le
rispettive mogli. Se l’ umanità era corrotta, e Noè era garanzia di rettitudine, così non era
però per la moglie, per i 3 figli e le 3 nuore di Noè. Eppure Dio permette che queste
persone siano i nuovi ‘capostipiti’ di tutta l’ umanità.
Un altro particolare controverso è la cronologia del diluvio. In alcuni passi (Genesi
7:17) si dice che il diluvio imperversò per 40 giorni e 40 notti, in altri versi “il diluvio spazzò
la terra per 150 giorni” (Genesi 7:24), come se il racconto biblico fosse un condensato di
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almeno 2 versioni. Inoltre, se si dà ragione alla frase riguardante i 150 giorni, c’ è un altro
punto da chiarire: in Genesi 8:4 si afferma che “Alla fine dei 150 giorni le acque si erano
ritirate, e nel 17° giorno del 7° mese l’ Arca si posò sul monte Ararat”. Ma 150 giorni sono
5 mesi, non 7 mesi. Nonostante questo Noè rimane ancora nell’ Arca, perché in Genesi
8:5 si afferma che “le acque continuarono a ritirarsi fino al 10° mese, e il primo giorno del
10° mese le cime delle montagne divennero visibili”.
2. Il diluvio in Mesopotamia
Le due fonti principali del racconto del diluvio in mesopotamica sono L' epica di
Gilgamesh e l' Atra hasis.
La vicenda del diluvio ha inizio a Shuruppak. In un non precisato periodo (Ziusudra
non dà nessun riferimento temporale) vi si trovarono riuniti tutti ‘i vecchi dei’.
In quei giorni il mondo pullulava, la gente si moltiplicava,
il mondo mugghiava come toro selvaggio e il grande dio
venne destato dal clamore. Enlil udì il clamore e disse:
“Lo strepitio dell’ umanità non è più tollerabile
e il sonno non è più possibile”. Così gli dei
si accordarono per sterminare l’ umanità.
Lo fece Enlil ma Ea, per il suo giuramento,
mi avvertì in sogno del tremendo piano.
Secondo la versione mesopotamica che è stata inserita nel racconto di Gilgamesh
quindi, il diluvio sembra un atto volontariamente causato da un dio iracondo, Enlil. Questa
del racconto di Gilgamesh è una versione che riassume molto l’ inizio della storia, quella
della decisione di Enlil. Nel poema ‘Atra Hasis e il diluvio’ invece, ci si ferma di più su
questa fase iniziale raccontando che all’ inizio Enlil pretendeva che fosse Ea a porre fine al
genere umano, ma questi si rifiutò.
“questo non è mio potere, non è una azione per me...
è una azione per te, Enlil, e tuo figlio Ninurta.
Se vuoi un diluvio dì a Ninurta di aprire le porte del cielo”
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Quando Ea per far si che Ziusudra si salvasse gli dà le indicazioni per costruire una
barca, usa queste parole:
“conduci quindi nella nave
il seme di tutte le creature viventi”
Il termine utilizzato nel poema per descrivere la barca è Ma.Gur.Gur che significa
‘che può rotolare e capovolgersi’. Dalla descrizione più che una barca o nave sembra si
tratti di una specie di ‘sottomarino’ o ‘sommergibile’. La frase ‘il seme di tutte le creature
viventi’ ha destato non poco imbarazzo tra i sumerologi perché è una di quelle espressioni
di chiara traduzione ma con un significato che, nel contesto dell’ epoca, è assolutamente
fuori luogo. Se è lecito pensare a un vero e proprio seme per le piante e i frutti, come si
dovrebbe interpretare questa espressione nel caso di animali e uomini? Più avanti nel
testo Ziusudra ricorda che:
Poi sorsero gli dei dell’ abisso: Nergal divelse le dighe delle
Acque dell’ Absu, Ninurta abbattè gli argini e i sette giudici,
gli Anunnaki, innalzarono le loro torce, illuminando la terra
con le loro livide fiamme.
L’ espressione ‘acque dell Absu’ è un riferimento geografico. Indica che le acque si
riversarono da Sud. L’ Absu era la regione di dominio di Nergal e sua moglie Ereshkigal, e
precedentemente sotto dominio di Enki. Corrispondeva grossomodo al sudafrica.
Una conferma di questo riferimento si trova qualche riga più avanti nel testo:
I venti soffiarono per sei giorni e sei notti,
fiumana buffera e piena sopraffecero il mondo.
All’ alba del settimo giorno la tempesta del sud
diminuì, divenne calmo il mare.
Dal racconto si legge che ‘la nave sul monte Nisir si arenò, lì rimase incagliata la
nave’. Il monte Nisir, che ricorre in alcune tavolette di re Assurbanipal in cui egli scrive di
aver trovato la nave di Ziusudra, attualmente viene generalmente identificato con il Pir
Magrun, ed è localizzato al confine tra il Kurdistan iraqeno e la Turchia dell’ est, l’ antica
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Anatolia. Approssimativamente nel tratto in cui è collocato l’ Ararat della bibbia (data la
non definitiva identificazione di entrambe le montagne ci si può permettere una certa
tolleranza).
3. Il diluvio nelle Ande e nel Sudamerica
Dalle popolazioni andine ci sono giunte poche testimonianze sul diluvio. Non
abbiamo racconti elaborati e dettagliati come nel caso della bibbia, dell’ Atra Hasis o dell’
epopea di Gilgamesh. Due racconti in particolare però ci raccontano dei particolari
abbastanza curiosi. Il mito del diluvio e dei tre figli d Pacha (il primo uomo creato) ci dice
che il diluvio fu causa della distruzione del primo popolo in seguito a un ‘gioco alla guerra’
dei tre fratelli. Questi volevano combattere, ma non avendo avversari decisero di
combattere il drago il quale, ferito dalle frecce dei fratelli, si difese gettando acqua dalla
bocca. Quest’ acqua ricoprì le ande e l’ intera terra. Pacha, il primo uomo, trovò rifugio per
sè, i suoi figli e loro mogli, sulla vetta del monte Pichincha, che sovrastava la città di Quito.
Giunto al sicuro, costruì una capanna e vi raccolse moltissime specie di animali e una
bastevole quantità di cibo e attese che la furia del diluvio si attenuasse. Dopo qualche
tempo liberò un grande uccello, l' Ullaguanga, che tuttavia non fece ritorno perchè trovò
sufficiente possibilità di nutrimento nei corpi degli animali morti, sparsi nella vallata. Un
altro uccello, però, liberato da Pacha, tornò portando nel becco delle foglie verdi e da
questo segno Pacha dedusse che la vita vegetale aveva ripreso a svolgersi e che, quindi,
era ormai possibile lasciare la cima del Pichincha. In questo racconto si possono notare
subito alcuni tratti comuni agli altri miti: l’ acqua che ricopre un monte altissimo (Il
Pichincha è un vulcano dell’ Equador alto 4780 metri – l’ Ararat è un vulcano alto 5170
metri) e tutte le terre circostanti, gli uccelli che vengono mandati in avanscoperta (l’ uccello
Ullaguanga a volte è identificato con i ‘gallinazos’, gli avvoltoi, altre volte con i corvi), un
uomo saggio e la sua famiglia che si salvano, la raccolta di animali per dare di nuovo inizio
alla vita dopo il ritirarsi delle acque. E’ interessante anche notare la strana conclusione del
racconto:
“Insieme alla sua famiglia, si stabilì in una
capanna nel luogo ove
sorge
la città di Quito, per vivervi sempre, ma accadde che i suoi figli si trovarono
improvvisamente a parlare lingue diverse e a non essere più in grado, quindi, di intendersi.
A causa di questo misterioso evento, i tre fratelli e il loro padre Pacha lasciarono quel
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luogo e si separarono, volgendo ognuno in una direzione e dando origine a tutti i popoli
che oggi abitano quelle terre. “
In un solo mito ecco riuniti due eventi identificabili con il diluvio universale e il
confondersi delle lingue dell’ episodio della torre di Babele. Il secondo mito andino che ci
parla di un diluvio è quello della ‘Ira degli dei’. Se nel primo mito troviamo in comune con
quello mesopotamico e biblico gli elementi già evidenziati, in questo tali elementi sono
assenti ma fa la comparsa un altro elemento comune: un dio iracondo che decide di
sterminare gli uomini per ‘motivi personali’. Secondo questo racconto gli uomini, creati dal
dio Pachayachachic, a un certo punto della loro storia dimenticarono il culto di questo dio,
il quale, furioso, scagliò sulla Terra le sue folgori sterminatrici. Questo però non bastò e
dunque, sempre più adirato, provocò un grande diluvio che sommerse ogni terra e ogni
villaggio, provocando la morte di gran parte degli uomini: solo a quei pochi che si erano
mantenuti fedeli a lui, Pachayachachic permise di salvarsi trovando rifugio sulle alte
montagne o in profonde grotte. E’ evidente un parallelo con il Dio biblico e con l’ Enlil
sumero, entrambi iracondi e vendicativi per puro interesse personale. Inoltre il nome
Pachayachachic viene tradotto in vari modi: ‘Dio dell universo’, ‘dio invisibile’, ‘dio che vive
nel vento’, tutti epiteti che si prestano bene sia a rappresentare Jahwe che, ancora meglio,
Enlil.
4. Il diluvio in Centroamerica
In Centro America il mito sul diluvio più famoso è quello contenuto nel codice
Latino-Vaticano del popolo degli Aztechi. Si dice infatti che la prima era della storia del
mondo fu distrutta da un diluvio d' acqua. Il primo sole, Matlactili, durò 4008 anni. In
questo tempo il popolo era costituito da esseri giganti che mangiavano prevalentemente
mais. Solo una coppia si salvò dal diluvio (Nene e Tata) poichè era protetta da un albero.
Comunque altri miti locali affermavano che sette coppie si rifugiarono in una caverna e ne
uscirono quando le acque si ritirarono. Quando la terra venne ripopolata, questi superstiti
vennero considerati delle divinità.
Secondo un altro popolo mesoamericano chiamato Mechoacanesecs, il dio
Tezcatilpoca volle distruggere tutta l' umanità con un diluvio e salvò solo un uomo di nome
Tezpi. Quest' ultimo si imbarcò con la sua famiglia e ogni genere di animali e sementi su
un' arca. Quando il dio ordinò la fine del diluvio, l' imbarcazione si arenò su una montagna.
Tezpi, per sondare l' abitabilità della terra, liberò un avvoltoio che non tornò perché si
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nutriva delle carcasse degli animali. Allora vennero liberati molti altri uccelli, dei quali tornò
solo il colibrì con un ramo nel becco. Il diluvio era finito. Quest’ ultimo racconto contiene il
particolare dell’ avvoltoio che abbiamo già visto nella storia di Pacha. Gli Indios
Tupinamba del Brasile raccontano che l' eroe civilizzatore Monan aveva creato l' umanità
ma distrutto il mondo tramite un diluvio. Anche i Canari dell' Ecuador parlano di due fratelli
scampati al diluvio.
5. Il diluvio in Oceania
E' molto importante analizzare il mito del diluvio di Tahiti, poichè contiene degli
elementi che ricalcano quello mesopotamico... una cosa incredibile considerando la
enorme distanza tra le due zone.
A Tahiti viene ancora raccontata una leggenda secondo la quale l’ isola fu
anticamente sommersa dal mare, nell' isola sopravvissero solamente un uomo e una
donna e gli animali che essi salvarono; il disastro iniziò con grandi piogge e una tempesta
furiosa che fini per travolgere l'intera isola. Per salvarsi assieme agli animali i due esseri
umani si rifugiarono sul monte più alto PITO-HITI. Finalmente dopo 10 notti cessò di
piovere e il mare calò, così la vita, grazie alla coppia, tornò a fiorire nell' isola. Dal testo si
può leggere:
Venne un forte vento del sud, con piogge e piene,
e una forte tempesta esiziale e turbini. Grandi alberi furono sradicati,
con massi di ogni genere e trasportati in aria. Soltanto una coppia
fu risparmiata, un uomo con sua moglie furono salvati.
[…]
Tutta la terra di Tahiti e Tai-arapu fu allagata dal mare
e dalle acque dolci. Il monte Orena rimase sommerso;
solo il monte Pito-hiti si mantenne sopra il livello delle acque.
Sopra Tahiti piccola (Mo'orea) pareva mare aperto:
Nessuna montagna emergeva dalle onde.
[…]
Allora dissero: "L' ira di Ta'aroa, l' unico fondamento del mondo,
è placata! Il mare è calmo, si è abbassato e il tempo è asciutto,
ma noi rimaniamo tra cielo e terra.
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Questi tre passaggi del racconto Tahitiano contengono elementi che devono far
pensare: innanzitutto nel primo estratto si dice che la tempesta proveniva da sud,
esattamente come nel mito di Gilgamesh. Questo fatto è molto importante a causa della
posizione geografica dell’ arcipelago della Polinesia Francese in cui si trovano le isole
tahitiane. Situato a 6000 km a est dell’ Australia, è uno dei punti più a sud di tutto il globo.
Una tempesta che provenga da Sud dell’ Oceania può venire solo da uno specifico luogo
geografico: il polo sud. Il secondo passaggio del brano fa riferimento al riversarsi di “acque
dolci”, un chiaro riferimento a ghiaccio disciolto, un altro punto a favore della teoria del
diluvio come scioglimento dei ghiacci del polo sud. Nel terzo estratto del brano troviamo,
come nei miti visti in precedenza, la figura di un dio iracondo: Ta’aroa. La mitologia
tahitiana non si può descrivere come esattamente politeista. Nei testi rinvenutici e nelle
leggende raccontate, solo Ta’aroa figura come ‘grande dio eterno’ mentre le altre figure
risultano come degli dei creati ‘su commissione’ di Ta’aroa dagli ‘artisti della creazione’.
Questi avevano dei cesti ripieni di To’i, una sorta di materiale non identificabile. Da questo
materiale crearono 4 personaggi: Tane, Ru, Hina, Maui.
Dopo che Tane creò il cielo con le stelle, Ta’aora creò sette livelli nel mondo e nell’
ultimo, il più basso, creò l’ uomo. Nella sua accezione di ‘dio creatore’ Ta’aroa ricorda
molto la figura di Enki nella sua connotazione di ‘Nudimmud’, ossia ‘abile creatore’, così
come il dio egizio Ptah, il ‘creatore delle cose’.
6. Il diluvio in altre culture
Sparse per il globo, quasi tutte le culture ci hanno lasciato miti riguardanti il diluvio:
nel mito polinesiano, il Nibbio e il Granchio litigarono e il primo, in impeto di rabbia,
colpisce il secondo sul cranio. Il Granchio per vendicarsi inonda e annega tutti gli viventi.
Gli unici a salvarsi sono due giovani sposi e gli animali riparatisi sulla loro imbarcazione.
Un mito cinese racconta che un tempo gli uomini si ribellarono agli dei. L' universo allora
piombò nel caos e le acque invasero la terra. Nel Laos e nella Thailandia settentrionale, si
dice che un tempo un popolo chiamato Then viveva in un regno superiore, mentre gli inferi
erano guidati da tre grandi uomini saggi. I Then decisero che le persone avrebbero dovuto
donare loro una parte del proprio cibo. Il popolo si rifiutò e i Then fecero piombare un
diluvio sulla terra. I tre uomini tuttavia costruirono una zattere e misero in salvo non solo
se stessi ma anche alcune donne e bambini. In questo modo salvarono l'umanità
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dall'estinzione. E’ importante in questo caso rimarcare che i termini usati nel mito, in lingua
thailandese, per ‘inferi’ in effetti vogliono dire ‘mondo inferiore’.
Nel Vietnam, secondo le leggende locali, trovarono scampo dalle acque del diluvio
solo un fratello e una sorella. Essi si trovavano all' interno di una ‘cassa di legno’ nella
quale c' erano una coppia di ogni specie animale. Gli aborigeni d' Australia delle coste
settentrionali sostengono che un diluvio distrusse un mondo precedente. Secondo altri miti
di altre tribù australiane, tuttavia, il serpente cosmico Yurlunggur sarebbe il reale
responsabile del diluvio. In Giappone, alcune tradizioni ritengono che la creazione dell'
Oceania sarebbe derivata dal ritirarsi delle acque di un diluvio. Anche in Nord America
molti gruppi di pellirosse e popolazioni indigene tramandano racconti su una catastrofe
dovuta all’ acqua: gli Inuit dell' Alaska parlano di un diluvio e di un terremoto che
risparmiarono i pochi che fuggirono tramite canoe o scapparono sui monti. Il popolo
Luiseño e quello degli Huroni raccontano che si abbatté un diluvio su tutta la terra e solo
coloro che si rifugiarono sulle vette delle montagne si salvarono.
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L’ ASPETTO GENETICO
Uno dei punti più incredibili della teoria di Sitchin è senza dubbio la creazione del
Lulu tramite un intervento di fecondazione in vitro eterologa. Il procedimento che si deduce
unendo i vari miti (principalmente l' Atra Hasis, Enki e Ninhursag, Enuma Elish) consisteva
nell' utilizzare il sangue e la carne (in altre versioni il seme e in altri le ossa) di un dio
Anunnaki e unirlo all' ovulo di una ominide, per poi impiantarne il risultato nel grembo delle
'dee della nascita'.
Tutti e tre le versioni del racconto contengono lo stesso particolare, l' utilizzo di
pezzi di argilla. Erroneamente gli analisti dei miti hanno sostenuto che l' argilla era il
materiale CON CUI é stato creato l' uomo... Sitchin sostiene invece che l' argilla é il
materiale SUL QUALE é stato creato l' uomo. In sostanza l' argilla veniva usata come
'dischetto di Petri' per la coltura del mix genetico.
Per quanto assurda questa teoria possa sembrare, ci sono recenti studi genetici che
indicano che la cosa é fattibile.
Andiamo nel dettaglio...
Sitchin riporta in particolare varie versioni del mito della creazione dell’ uomo,
soffermandosi molto sulla versione giuntaci tramite l’ Atra Hasis. Vi si narra di una
discussione animata in seno al consiglio degli Anunnaki al termine della quale Enki avanza
l’ idea di creare un essere primitivo che potesse lavorare al posto degli dei. La descrizione
di questo atto di creazione, ricorda in modo stupefacente la procedura HIVF (Heterologue
In-Vitro Fertilisation), ma un punto particolare del testo riporta:
“Ninmah addormentò Adapa, prese la sua essenza della vita, la mischio in 14 pezzi
di argilla, e con le dee della nascita creò 7 maschi e 7 femmine”
Questo passaggio, oltre a descrivere una clonazione, contiene un particolare molto
importante: quello dell’ uso dell’ argilla. Uno studio di Martin Hanczyc e Shelley Fujikawa
del 2002 ha provato che un tipo particolare di argilla, la montmorillonite, ha mostrato
capacità di catalisi nei confronti delle reazioni di combinazione dell’ RNA tramite la
formazione di vesciche di grasso. Non solo, la montmorillonite protegge le molecole
organiche dal degradamento e permette loro di assemblasi spontaneamente con
percentuale di successo maggiore rispetto a un ambiente in cui la montmorillonite è
assente.
22
Lo studio dell’ applicazione delle argille in campo biologico e genetico però non è
una novità del 2002. Prima di questa scoperta, erano stati condotti sin dai primi anni 90
studi sulla catalisi da parte di argille organiche in colture ad uso biologico. Alcuni studi
evidenziarono che la montmorillonite giocava un ruolo fondamentale nel tentativo di
riproduzione di batteri derivanti dall’ Escherichia Coli.
Sull’ uso della montmorillonite son noti in particolare 3 studi:
-
quello di Hanczyz e Fujikawa nel 2002
-
quello di James P. Ferris nel 2006
-
quello dei Q. Huang e W. Chen nel 2007
Inquadrati questi studi nel contesto del racconto babilonese, l’ argilla non è, come
sostengono molti studiosi e religiosi, il materiale DA CUI è stato creato l’ uomo (la Bibbia
riporta che ‘Dio creò Adamo dalla terra’), ma il materiale SU CUI questo è stato creato.
Potremmo ipotizzare che la montmorilllonite, o un simile tipo di argilla, fosse usata come
‘piattina per la coltura’ del mix cellulare, o come catalizzatore.
Ma c’ é di più.
Il 16 Febbraio 2000 la rivista Science pubblica un report di alcuni membri del
progetto Human Genome project che evidenzia una scoperta a dir poco imbarazzante.
Analizzando il genoma umano son stati ritrovati 223 geni che “non hanno predecessori
nella storia evolutiva del DNA”, come se improvvisamente al genoma umano fossero stati
aggiunti questi 223 geni in qualche maniera. Questo fenomeno, provocato volutamente in
laboratorio in alcuni casi, è chiamato Trasferimento Orizzontale di Geni (Horizontal Gene
Transfert), è da molto tempo noto in campo batterico. Ma fare una scoperta simile in
campo umano è disarmante.
Non è chiaro agli specialisti se questi geni siano passati dal genoma umano a quello
batterico o viceversa, ma lo studio ha identificato che non esiste un tipo di batterio con più
di 113 tra questi geni. Non solo, questi 223 geni sono totalmente assenti negli invertebrati,
e uno studio delle proteine prodotte da questi geni ha mostrato che solo 35 geni sono
presenti
nei
vertebrati,
e
25
di
questi
35
sono
presenti
solo
nell’
uomo.
Ulteriori sviluppi di questo studio son stati ottenuti da Steven Salzberg, Owen White,
Jeremy Peterson, Jonathan Eisen, e pubblicati ancora su Science il 17 Maggio 2001. L’
articolo intitolato “Geni microbici nel genoma umano: trasferimento orizzontale o perdita
23
genetica?” afferma che 40 geni son stati identificati come probabile frutto di trasferimento
orizzontale tra batteri e uomo, ma non si sa ancora in che direzione né si riesce a stabilire
da dove questi geni vengano. Se apparentemente queste nozioni non hanno riferimento
alla teoria di Sitchin, analizzandole in maniera più generale il loro contributo è quello di
stabilire che c’ è stato un momento, nel passato, in cui al genoma umano è successo
‘qualcosa’. Improvvisamente l’ uomo, non si sa come, ha acquisito 223 nuovi geni.
24
ATTENDIBILITA’ DEI PARAMETRI ORBITALI
Ricordiamo che secondo Sitchin Nibiru viaggiava su un’ orbita di 3600 anni circa.
Nel suo ultimo libro ‘The end of days’ Sitchin propone una modifica alla sua teoria.
Durante il passaggio di Nibiru all’ epoca del Diluvio, quando questo pianeta venne a
trovarsi all’ altezza di Miranda (satellite di Urano), vi fu una forte interferenza
gravitazionale che fece si che la traiettoria di Nibiru e il suo periodo orbitale cambiassero
leggermente, passando a circa 3450 anni. Sitchin fa notare come nel corso della nostra
storia antica lo sviluppo delle società dapprima nomadi e poi civilizzate ed organizzate sia
avvenuto a balzi appunto di circa 3600 / 3400 anni. Lui attribuisce alcuni eventi in
particolare al passaggio del pianeta Nibiru in prossimità della nostra Terra, periodo in cui
gli Anunnaki potevano portare dal loro pianeta al nostro i ‘semi’ dello sviluppo.
Gli ultimi passaggi di Nibiru sarebbero avvenuti secondo Sitchin all’ incirca:
• 11.000 a.C.
• 7.400 a.C. / 7.550 a.C.
• 3.800 a.C. / 4100 a.C.
• 200 a.C. / 550 a.C.
Il prossimo passaggio in teoria dovrebbe avvenire intorno al 3.400, secondo la
versione ‘ortodossa’ della teoria, o intorno al 2900 se teniamo conto e reputiamo valida
questa ultima variazione introdotta da Sitchin. In entrambi i casi quindi attualmente Nibiru
si troverebbe in rotta di ‘ritorno’ verso il nostro sistema solare avendo raggiunto il punto più
lontano nella sua traiettoria all’ incirca tra il 1400 e il 1500. Ricordando che l’ orbita di
Nibiru è molto oblunga, il pianeta subisce una notevole accelerazione al perielio, un
notevole rallentamento all’ afelio, per poi gradualmente stabilizzarsi su una velocità più
costante il percorso più ‘rettilineo’ dell’ orbita. Sarebbe quindi ora, a circa 500 anni dal suo
afelio, in rotta per rientrare nel sistema solare. Ovviamente su un periodo di 1800 anni (o
1700) che impiega tra afelio e perielio, 500 anni corrispondono a poco meno di 1/4 del
periodo quindi Nibiru si troverebbe ancora a notevole distanza dal luogo dello ‘scontro’
narrato da Sitchin (la zona di spazio tra Marte e Giove). Inoltre Sitchin descrive Nibiru
come un pianeta con una orbita inclinata rispetto agli altri pianeti di circa 30°.
Ma i parametri orbitali, le distanze, e le metodologie astronomiche che Sitchin
espone riguardo a Nibiru, hanno qualche fondamento astronomico che possa essere
25
convalidato? Un aiuto a rispondere a questa domanda potrebbe arrivare da studi esistenti
su oggetti esistenti che mostrassero delle analogie. E come vedremo, ce ne sono vari.
Francia 2003, la rivista "Science & Vie" pubblica un articolo di Valerie Greffos intitolato "Il
nostro sistema solare: quanti pianeti ne fanno parte?". L' articolo é basato su recenti
scoperte riguardanti la zona della Kuiper Belt, in particolare le strane orbite e inclinazioni di
molti oggetti che ne fanno parte.
Il materiale documentale utilizzato è basato sulle dichiarazioni dell' astronomo
Alessandro Morbidelli, astronomo dell' Osservatorio della Costa Azzurra. L' articolo
afferma senza mezzi termini che
“potrebbe esistere nel nostro sistema solare un pianeta con
una orbita molto allungata che lo rende impossibile da vedere con telescopi".
La dichiarazione é stata rilasciata da Morbidelli al giornale francese, mentre spiegava che:
"The Solar System, was chaotic in the beginning.
There was a celestial collision involving a supplementary planet
that had existed where the Asteroid Belt is now.
It happened about 3.9 billion years ago; and those events explain
the unusual long elliptical orbit of the Phantom Planet.”
“Mi aspetto che un giorno verrà scoperto un pianeta delle dimensioni di Marte,
un pianeta la cui orbita potrebbe essere di varie migliaia di anni”
Morbidelli
ha
fornito
uno
sketch
al
giornale
in
cui
rappresentava
approssimativamente come sarebbe apparsa la orbita di tale pianeta. Il suo sketch è del
tutto simile al famoso schema che Sitchin ha più volte pubblicato riguardante l’ orbita di
Nibiru. Interessante notare che Morbidelli nel suo sketch mostra l’ orbita ellittica molto
oblunga e suppone che il pianeta, se ancora esistente, sarebbe in fase di riavvicinamento
al nostro sistema solare. Morbidelli è uno dei massimi esperti in merito al planetoide
Sedna, sul quale assieme al suo collega Levinsson ha condotto vari studi riguardanti la
sua origine, e la particolare condizione della sua orbita. Morbidelli, senza nemmeno
26
toccare l’ argomento Sitchin, indica che non è assolutamente vero che un pianeta con una
orbita molto oblunga rischia di essere espulso dal sistema solare.
Egli infatti, nei suoi studi su Sedna, riporta che l' orbita di questo planetoide va molto
oltre la zona della fascia di Kuiper, e alcuni astronomi son propensi ad associare Sedna
con la nube di Oort. Il perielio di Sedna si trova a 76 UA rispetto al sole, ma il suo afelio
arriva a circa 970 UA, e ha un periodo orbitale tra gli 11.500 e i 12.000 anni.
Morbidelli ha esaminato negli anni tantissimi oggetti trans-nettuniani, i suoi studi son stati
presentati alla comunità scientifica e pubblicati da vari giornali. Se ne può leggere un
resoconto negli archivi news di Science et Vie
http://www.planetastronomy.com/astronews/astrn-2005/astronews-net31may05.htm
Il Morbidelli affronta assieme al collega Levinsson il tema nell' articolo:
http://www.boulder.swri.edu/~hal/CR105.html
In particolare lo studio di Morbidelli e Levison prende in esame 5 tipi di scenario che
possono aver dato origine agli oggetti trans-nettuniani:
1) The passage of Neptune through an high-eccentricity phase
2) The past existence of massive planetary embryos in the Edgeworth-Kuiper belt or the
Scattered Disc
3) The existence of a massive body beyond Neptune during the early solar system (Planet
X scenario)
4) A close stellar passage
5) The capture of extra-solar planetesimals from low mass stars or brown dwarfs
encountering the Sun
I punti 2, 3 e 4 sono particolarmente significativi perchè tutti corrispondenti ad
altrettanti avvenimenti spiegati da Sitchin nella sua traduzione del mito della creazione
babilonese.
Un altro oggetto associato alla nube di Oort, con parametri più simili a quelli di
Sedna che a quelli della zona Kuiper, è il planetoide 2000Cr105 molto più piccolo di
Sedna, con un perielio di 44 UA dal nostro sole (quindi molto più vicino di Sedna) e un
afelio di 400 UA, con un periodo orbitale tra i 3100 e i 3400 anni, e con una inclinazione di
27
22°. Sono dati incredibilmente somiglianti ai 3450 / 3600 anni e 30° che Sitchin attribuisce
a Nibiru.
Ora, nessuno di questi corpi celesti ovviamente é il Nibiru di cui parla Sitchin, ma
dalla loro esistenza e dai loro parametri si può comprendere come i dati astronomici che
Sitchin attribuisce a Nibiru non solo non sono assurdi, non solo sono probabili, ma trovano
anche almeno uno o due casi realmente esistenti e attualmente studiati.
Schizzo dell’ ipotetica orbita del pianeta teorizzato da Alessandro Morbidelli
28
LEGAME TRA MESOPOTAMIA E MESOAMERICA
Il libro "Gli dei dalle lacrime d' oro" affronta molto dettagliatamente il legame
mitologico della cultura mesopotamica con quella mesoamericana. Uno dei punti chiave
della teoria di Sitchin é l' identificazione di molti centri megalitici mexicani e peruviani come
centri di estrazione mineraria e luoghi di culto riservati a due particolari divinità che non
erano altro che Anunnaki trasferitisi nel nuovo continente. Il più importante di questi è
sicuramente Quetzalcoatl, il serpente piumato, identificato nel giovane dio sumero
Ningishzidda. Più in secondo piano invece la figura di Viracocha, la versione
mesoamericana di Ishkur, il figlio minore di Enlil, adorato presso gli accadi come Adad, il
dio delle tempeste.
L' identificazione di queste divinità é legata soprattutto alla loro iconografia.
Nel caso di Ningishzidda/Quetzalcoatl ci sono anche dei tratti mitologici comuni, come l'
attribuzione a entrambe queste divinità di un ruolo centrale nella nascita dell' uomo e nella
sua istruzione. Ningishzidda era una pacifica divinità rappresentata da 2 serpenti
incrociati, e quando nelle icone assumeva figura umana aveva due serpenti cornuti che
spuntavano dalle sue spalle. Era un abile ingegnere, tanto che nei record sumeri figura
sempre lui come progettista dei templi degli altri dei. Gudea ci lascia una tavoletta in cui
racconta di un suo sogno in cui Ningishzidda gli dà le istruzioni per costruire il Girsu
dedicato a Ninurta. Era chiamato anche 'il falco degli dei', il chè conferiva alla divinità un
accostamento agli uccelli e al volo. In questa veste é il 'serpente piumato' Quetzalcoatl,
che istruisce l' uomo e gli insegna a scrivere, a costruire, etc. Ishkur era invece un dio
belligerante, rappresentato da una figura barbuta in piedi su un toro, con in mano dei
fulmini o un tridente, e nell' altra mano spesso una scure o ascia. Gli stessi attributi
descrivono Viracocha, rappresentato con 2 fulmini in mano, e con una scure. Il primo re
della civiltà Inca di Cuzco, Manco Capac IV, dedito al culto di Viracocha, è rappresentato
proprio con in mano la scure d' oro del dio. Capac IV era discendente del primo Manco
Capac il quale aveva fondato Cuzco intorno al 2400 a.C. Secondo la leggenda Viracocha
in persona gli diede questo strumento ordinandogli di fondare una città dove questo
oggetto si fosse conficcato nel terreno. Stabilitisi in tempi diversi nel continente americano,
ognuno di questi dei presiedeva alla civiltà di una diversa zona. Quetzalcoatl in Mexico,
dove troneggia l' effige del serpente in moltissime costruzioni civili e religiose; e Viracocha
nel Perù dove, sulla costa a strapiombo sul mare, troneggia ancora la Candelabra delle
29
Ande, un 'megaglifo' rappresentate un tridente del tutto uguale a quello che viene mostrato
in tante effigi raffiguranti Ishkur.
Il
più
grande
problema
nel
divulgare
questa
derivazione
della
cultura
mesoamericana da quella mesopotamica sta nella difficoltà che la gente incontra nell'
accettare un contatto tra queste due popolazioni. La storia ufficiale ci dice che le più
antiche popolazioni mesoamericane civilizzate risalgono a circa il 1400 a.C., nonostante
alcuni 'codici' scritti all' epoca della conquista spagnola, sostengano chiaramente che città
come Cuzco erano già abitate 4000 anni prima della stesura del codice stesso. Ciò
porterebbe una datazione di circa il 2500 a.C., una datazione che gli studiosi ortodossi non
prendono nemmeno in considerazione. Molti studiosi negano che ci sia mai stato un
contatto tra queste culture visto che quella sumera-accadica nel 1400 a.C. era ormai
sparita lasciando spazio a quella babilonese-assira.
In realtà studi eminenti nel campo linguistico, archeologico, etnografico e molti
reperti dissotterrati in Mexico, Bolivia e Perù, ci raccontano che contatti tra sumeri e
mesoamericani ce ne furono tantissimi... alcuni studi invece tendono a dimostrare che
addirittura la civiltà mesoamericana sia DERIVATA da gruppi di sumeri e africani stabilitisi
nel nuovo continente. In questa ottica gli studi linguistici di Clyde Winters mostrano la
comune matrice linguistica tra la lngua Nauhatl e quella mesopotamica. Winters é stato
anche il traduttore delle iscrizioni del vaso di Fuente Magna, un vaso ritrovato in Bolivia
vicino al lago Titicaca, che contiene glifi sumeri nella forma cuneiforme utilizzata intorno al
3300 a.C.
Il dottor Bernardo Biados Yacovazzo inoltre ha ritrovato in Bolivia e in Venezuela
una serie di reperti ricoperti di scrizioni elamite e fenice. Una analisi dei tratti di molti
scheletri dissotterrati a Cuzco e a Chichen Itza ha mostrato che questi scheletri avevano
una conformazione negroide... come anche le famose statue Olmeche. Winters nei suoi
studi riporta tantissimi esempi di scopete archeologiche e linguistiche che associano la
civiltà Olmeca all' Africa, e dichiara che gli Olmechi erano un popolo 'arrivato' nel
mesoamerica, e composto per un buon 40% da popolazioni africane.
30
Sigillo di Ningishzidda come coppia di serpenti
Ningishzidda in forma umana con serpenti che
intrecciati a un bastone
nascono dalla schiena
Quetzalcoatl il serpente piumato
Quetzalcoatl con serpenti intrecciati a un
bastone
31
Ishkur/Teshub come dio con in mano il tridente
di fulmini e la scure.
Teshub con in mano tridenti ‘a candelabro’
Viracocha con nelle mani i fulmini e la scure
La ‘Candelabra delle Ande’ simbolo di Viracocha
32
Interno del vaso di Fuente Magna con scrittura cuneiforme Sumera.
Tabella fornita dal Dott. Yacovazzo che mostra i glifi trovati in Bolivia
Paragonati alla scrittura protoelamita.
33
GUERRE ATOMICHE NEL 2024 a.C.?
Un altro importante punto della teoria di Sitchin è la guerra atomica che si verificò
nel 2024 a.C. Si trattò in effetti di un duplice bombardamento messo in atto da due divinità,
Ishum ed Erra (rispettivamente Ninurta e Nergal), ai danni di Marduk e dei suoi seguaci,
capeggiati dal figlio Nabu. Le ragioni di questo bombardamento sono da cercare, secondo
Sitchin, nella pretesa da parte di Marduk, di avere la supremazia sugli altri dei inquanto
secondo il suo conto degli anni il sole sorgeva in quell’ epoca (2300 a.C. circa) nella
costellazione dell’ Ariete, a lui assegnata. La prima pretesa da parte di Marduk avvenne
con una sua occupazione a Sumer, ma fu convinto dal suo fratello Nergal , ad
abbandonare il sacro palazzo che aveva occupato e a ‘esiliarsi’ mentre egli avrebbe
sottoposto le sue ragioni al consigli degli Anunnaki. Analizzando i testi babilonesi e quelli
biblici, in particolare le vicende di Abramo, Sitchin conclude che dopo gli ultimi 24 anni di
esilio ad Haratta (2048-2024 a.C.) Marduk rientrò in Babilonia e pretese il riconoscimento
della sua supremazia, mentre suo figlio Nabu si muoveva su un altro fronte cercando di
occupare il Tilmun (la regione sacra degli Anunnaki) con un gruppo di seguaci di origine
camita.
Fu questo atto, visto come un affronto al consiglio, che fece infuriare Enlil che chiese che
una volta per tutte Marduk fosse annientato tramite ‘le sette armi del terrore’. Un poema
chiamato Erra Epos (Epica di Erra) ci riporta alcuni stralci della riunione del consiglio,
durante la quale solo Enki prese le parti di suo figlio. Fu Enlil stesso a donare le sette
terribili armi a Ninurta e a Nergal per condurre l’ attacco. Questo attacco avvenne su due
fronti. Mentre Ninurta attaccava il Tilmun (la penisola del Sinai) per evitare che Nabu
riuscisse a conquistarlo, Nergal attaccò le città dalle quali provenivano i seguaci di Marduk
e Nabu. Erano 5 città dislocate nei dintorni del Mar Morto.
La deflagrazione delle 7 armi nucleari provocò nel Sinai una istantanea fusione del
suolo, producendo quelle pietre nere che ancora popolano a migliaia la penisola, e nel Mar
Morto un avvallamento che è ancora osservabile. Secondo Sitchin l’ impatto delle armi
nucleari sulla zona terminale della parte meno profonda, ha causato l’ affossamento ed è
responsabile anche dell’ innaturale aumento della salinità nel mar Morto, che si aggira su
una media del 33%, 6 volte più alta della salinità media oceanica.
Secondo la analisi di Sitchin in seguito al bombardamento si levò una coltre di fumo
e polvere che dalla piana del Sinai si diresse verso Est, colpendo tutta la zona sud della
Mesopotamia, l’ Iran la Persia e fino all’ attuale Oman.
34
Dal punto di vista scientifico ci sono state misurazioni della radioattività e della
composizione salina sia del mar Morto, sia della penisola del Sinai e delle zone circostanti,
che hanno confermato un tasso di radioattività leggermente più elevato del normale. In
alcune zone più a est, nella zona della valle dell’ Indo, ancora oggi esistono località in cui il
tasso di radioattività
è
notevolmente
più alto di quanto
ci si aspetterebbe.
Ma a costituire una conferma della teoria di Sitchin e del contenuto dell’ Erra Epos sugli
effetti devastanti della nube radioattiva, è uno studio effettuato sulla quantità di sabbie e
polveri depositatesi in quella area geografica. Lo studio è stato portato avanti dallo staff
composto da Heidi M. Cullen, P. B. deMenocal, S. Hemming, G. Hemming, F. H. Brown,
T. Guilderson, e F. Sirocko; é interessante notare che gli autori dello studio hanno
presentato il loro lavoro con il titolo: “Climate change and the collapse of the Akkadian
Empire: Evidence from the deep-sea” (Cambiamenti climatici e il collasso del’ Impero
Accadico: una evidenza dal mare profondo).
Come Sitchin, anche questi studiosi mettono in relazione i risultati del loro studio
alla scomparsa improvvisa dell’ impero sumeroaccadico. Ma andiamo a leggere cosa
sostiene questo studio, consultabile online.
“Archeological evidence has shown that this complex civilization collapsed abruptly
near 4170±150 years ago, perhaps related to a shift to more arid conditions (Weiss et al.,
1993). Detailed paleoclimate records to test this assertion from Mesopotamia are rare, but
changes in regional aridity are preserved in adjacent ocean basins.”
La premessa è che la civiltà accadica sia terminata a causa di un improvviso e
profondo cambiamento climatico verso una aridità e siccità inimmaginabili. Lo studio
prosegue con un ‘astratto’ in cui si anticipa il risultato prima di mostrare una serie di dati e
grafici.
“Our results document a very abrupt increase in eolian dust and Mesopotamian
aridity which is AMS radiocarbon dated to 4025±125 years before present and which
persisted for approximately 300 years. Radiogenic (Nd and Sr) isotope analyses confirm
that the observed severalfold increase in mineral dust was derived from Mesopotamian
source areas.”.
35
E’ importante la datazione fornita dagli studiosi: 4025 anni before present. Contando
che lo studio è risalente all’ anno 2000, la datazione dell’ evento coincide perfettamente
con il 2024 a.C. proposto da Sitchin. Ma cosa hanno scoperto esattamente gli studiosi? In
cosa è consistito questo improvviso cambio delle condizioni climatiche?
“ Core M5-422 (24° 23.40'N, 59° 2.50'E, 2,732 m deep) from the Gulf of Oman
documenting an abrupt increase in eolian dolomite and CaCO3 between 4194-3626 cal. yr
BP.”
Nel Golfo di Oman, in un periodo tra 4194 e 3626 anni prima dello studio, ci fu un elevato
aumento di polveri e di calcare trasportati dal vento.
“ The eNd and 87/86Sr values for the abrupt increase in eolian dolomite and calcite
near 4025±150 cal. yr BP indicate that these samples contain increased (by 30%)
proportions terrigenous sediments derived from Mesopotamian sources.”
Qui la datazione è più precisa, ed è quella che più si confà alla teoria di Sitchin.
Inoltre questo punto conferma che le nubi di povere che invasero l’ attuale Oman
proveniva da nordovest, dalla zona mesopotamica.
Lo studio ci dà anche un’ idea della consistenza della nube, infatti mostrando un
grafico dei depositi di polveri e sabbie nel periodo che va tra 6000 e 2000 anni prima dello
studio, dichiara:
“The positions of the AMS radiocarbon age control values are indicated. Note the
abrupt increase in eolian dolomite and calcite concentrations commencing near 4025±150
cal. yr BP and ending near 3626 cal. yr BP. The calculated influx of solely eolian dolomite
increased from background values of 0.39-043 g/cm2/ka to a weighted average value of
0.97 g/cm2/ka during the dust peak between 4025-3626 cal. yr BP”
In sostanza mentre in tutti gli altri periodi le quantità depositate si aggiravano intorno
ai 0.39-043 g/cm2, durante il periodo preso in esame a partire dal 2024 circa le quantità
depositate si aggiravano intorno ai 0.97 g/cm2, cioè più del doppio. I dati sono mostrati nel
grafico qui sotto.
36
Grafico che mostra il picco di depositi di polveri intorno al 2000a.C.
37
IL LATO LINGUISTICO
Analizzando nomi di oggetti, città, località, e radici linguistiche del medioriente e del
mesoamerica non si può non notare delle incredibili somiglianze o addirittura in alcuni casi
delle perfette corrispondenze. Sitchin nel suo libro “Gli dei dalle lacrime d’ oro” riporta delle
analisi linguistiche effettuate da alcuni moderni studiosi che paragonano il termine ‘Manco’
utilizzato per i re incas a una simile radice semitica che ha il significato di ‘re’. Una analisi
simile è stata fatta anche sul termine ‘Meshica’ che non appartiene alla lingua Nauhatl, ma
che in mesoamerica compariva nel testo di una celebrazione (‘Yo Meshica, He Meshica,
Va Meshica’) ed è messo in relazione con Mashi’ach da cui deriva Messia. Altri termini con
chiara somiglianza sia nella forma che nel significato sono il nuhatl ‘Tupal’ con il
babilonese ‘Tubal’ (arrivato anche nella tradizione ebraica, pensiamo a Tubal-Cain,
personaggio biblico), il nuhatl Nusan con il semitico ‘Nissan’ e il sumero ‘Nisannu’, e il
nuhatl ‘Tic’ con l’ accadico ‘Ticu’.
Nei miti olmechi inoltre si parla del ‘Sacerdote Balam il giaguaro’, che trova una
perfetta corrispondenza nella storia egiziana del profeta e sacerdote Balaam al quale il re
di Moab chiese di scagliare una maledizione contro gli israeliti.
Altri termini che mostrano una incredibile somiglianza sono il nome mesopotamico
‘Choi’, corrispondente al mesoamericano ‘Chol-ula’, il mesopotamico ‘Zuibana’ con il
mesoamericano ‘Zuivan’, il mesopotamico ‘Zalissa’ con il mesoamericano ‘Xalisco’.
Somiglianze linguistiche controverse ma innegabili son state evidenziate anche da
Nyland che nel suo libro ‘Linguistic archeology: an introduction’ tratta il tema della
comparazione tra la lingua ainu giapponese, il nordafricano e il basco. La lingua basca è
sempre stata considerata un mistero dai linguisti, così come la lingua ainu, uno die pochi
esempi di lingua agglutinante oltre al sumero. Nel sito del già menzionato Bernardo Biados
Yacovazzo viene riportata una attenta e approfondita analisi delle somiglianze
grammaticali e lessicali esibite da Nyland, con tabelle comparative. Uno dei tanti esempi
per esempio è riguardante appunto l’ agglutinamento dei termini comuni sia al basco che
all’ ainu:
“ For instance, the many names beginning or ending with ‘ama’ (Goddess) are all
thought to be of Ainu origin. In 1994 the newly married prince and princess of Japan
traveled to the cave of the ‘Goddess Amaterasu’ to ask her blessings for their marriage.
The name Amaterasu is agglutinated from ‘ama-atera-asu’, ‘ama’ (Goddess) ‘atera’ (to
38
come out, to appear) ‘asturu’ (blessings flow): Blessings flow when the Goddess appears.
This name is made up of perfect Basque!”
Anche dal già citato Winters (vedi approfondimento sul legame tra mesoamerica e
medioriente) ci vengono indicazioni linguistiche. Egli infatti riporta che uno dei maggiori
centri archeologici nella zona di Pokotia si chiama ‘Potosi’ mettendolo in relazione al
termine sumero ‘Patesi’ che indicava una dinastia di re-sacerdoti (epiteto paragonabile ai
famosi Lugal). Lo stesso nome ‘Inca’ potrebbe essere una evoluzione di ‘En.Ka’ (En.Gal grande signore).
39
IDENTIFICAZIONE DI NIBIRU/MARDUK
Gli autori che criticano la teoria di Sitchin si basano su studi di archeologi e linguisti
ortodossi dicendo che 'Nibiru in realtà é un nome per indicare Giove'.
Da dove viene questa convinzione? Dalla Epica della creazione tradotta da King in
cui leggiamo:
“Lui stabilì le stazioni degli dei, le stelle, le loro immagini e lo zodiaco lui creò.
[…] Lui fondò la stazione di Nibiru (il pianeta Giove) In modo che nessuno potesse
sfuggire"
King stesso non fornisce nessuna spiegazione per questa identificazione che nel
corso degli anni ha trovato sempre più piede.
Non é superfluo segnalare che alcuni altri autori discordano sostenendo che Nibiru
in realtà é Mercurio, altri dicono che é un nome alternativamente associabile a entrambi
questi pianeti.
Ma questa spiegazione ha senso? Basta leggere l' Enuma Elish dettagliatamente
per capire quanto questo sia infondato.
Per prima cosa bisogna ricordare che Marduk / Nibiru é descritto nel testo (la stessa
traduzione di King) con i seguenti versi:
“Un vendicatore […] dal profondo […] valoroso […] le sue decisioni […] da suo
padre […] egli gli disse: 'O tu figlio che hai la pace nel cuore… in battaglia andrai […] coleri
che ti osserverà troverà finalmente pace' […]”
Si capisce quindi che Marduk é un pianeta che viene dal profondo, cioè dal di fuori
del sistema solare.
Inoltre il testo dice chiaramente che prima Marduk ‘stabilì le stazioni degli dei’,
quindi aveva già stabilito le posizioni di tutti i pianeti, compreso Giove, e solo dopo
introduce Nibiru. Non avrebbe senso, quindi, dire che ‘Marduk diede loro Giove in modo
che non potessero errare’ perché Giove stesso (Kishar) era già incluso tra gli dei (pianeti)
le cui stazioni aveva stabilito.
In un altro punto leggiamo che:
40
"Nell’ abisso profondo fu generato Marduk – fu creato nel cuore dell’ Absu.
Ea e Damkina lo crearono, padre e madre"
Dobbiamo ricordare che cronologicamente siamo in un periodo in cui il sistema
solare era ancora in via di formazione e le orbite non esistevano ancora o non erano così
definite e stabili come lo sono adesso.
Sitchin non affronta il tema 'Damkina' ma possiamo ipotizzare che si possa
identificare in un oggetto transnettuniano simile ai vari Eris, Quoar o Sedna scoperti
recentemente.
Ma andiamo avanti...
Arriva il momento in cui Marduk/Nibiru dopo aver strutturato la parte interna del
sistema solare si dirige verso l' esterno, sottrae Gaga (Plutone) all' attrazione di Anshar
(saturno) e lo spinge verso l' esterno. Questo passaggio si evince nel testo:
"And he founded E-sara, a mansion like unto it. The mansion E-sara which he
created as heaven, He caused Anu, Bel, and Ea in their districts to inhabit"
Dove Bel (nome che sostituisce Gaga) sarebbe Enlil e, in chiave astronomica,
Plutone.
Il termine E-Sara è alquanto ostico perché di non univoca traduzione. Potrebbe significare
‘casa o zona che delimita il tempo o lo spazio’ (ricordiamo che il sar in sumero era una
unità di misura molteplice, applicata con diversi valori sia alle misure del tempo che a
quelle di spazio) ma anche ‘casa da cui si inizia’ o ‘casa da cui si esce’. E’ importante
notare questi ultimi due significati perché, per chi arriva dall’ esterno del sistema solare, la
zona E-Sara sarebbe proprio il punto iniziale del sistema, e parimenti per chi viaggia verso
l’ esterno partendo, ad esempio, dalla Terra, l’ E-Sara rappresenta la zona da cui ‘si esce’
dal sistema solare.
Andiamo avanti e troviamo un altro passaggio chiave, quello in cui Marduk prende
appunto il nome di Nibiru, cioè 'colui che attraversa':
"As NEBIRU he projected the stars in their orbit, the wandering gods obey
the laws of passage. Nebiru, at the still centre, is the god they adore; of this starry one
they say “He who once crossed the firmament tirelessly now is the nub of the universe,”
41
Qui compare il termine Nibiru, il cui significato è ‘attraversare’ o ‘colui che
attraversa’. In qualità di Nibiru egli stabilisce le orbite dei pianeti. Questi devono obbedire
alla ‘legge del passaggio’, che è facile identificare nelle leggi che governano le orbite e la
gravitazione planetaria; Nibiru si trova ‘nel centro’, esattamente la posizione occupata
dalla fascia degli asteroidi che divide il sistema solare in due gruppi di 5 elementi: da un
lato:
Mercurio ,Venere, Terra, Luna, Marte
E dall’ altro:
Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone
L’ attribuzione del nome ‘Nibiru’ (colui che attraversa) è motivata dal passaggio:
“Colui che un tempo ha attraversato il firmamento è ora re dell’ universo”.
42
NOVE OBIEZIONI AL LATO ASTRONOMICO DELLA TEORIA
(Con relativo commento)
L’ autore Ian Lawton, uno dei più seri e preparati autori di storia alternativa, si è
lanciato in una serie di critiche ai vari aspetti della teoria di Z. Sitchin. In questa sede
tralascerò le critiche agli aspetti linguistici e metodici, che saranno ampiamente trattati nel
prossimo lavoro. Qui invece voglio anticipare l’ analisi dei ‘nove punti’ che Lawton solleva
al lato astronomico della teoria. Ritengo sia importante trattare questo lato scientifico
inquanto fin troppa gente, sulla scia di Lawton, ha commentato la teoria di Sitchin usando
espressioni come ‘la sua teoria non ha valore scientifico’ o ‘Sitchin mostra una assoluta
ignoranza in campo astronomico’. Come vedremo non è esattamente così:
1.
It would require an extraordinary series of coincidences for even one
of the Earth, Moon, Pluto and Nibiru to stabilise in a different orbit after
a collision without additional accelerative stimuli.
It is therefore highly unlikely that they could all benefit from
such an unlikely sequence of events.
Intanto il fatto che ‘ci vorrebbe una straordinaria serie di coincidenze’ non è una
argomentazione valida in campo astronomico, soprattutto essendo abituati, negli ultimi
anni, a scoprire sempre ‘coincidenze’ nuove che hanno modellato il sistema solare fino a
renderlo quello che é. Inoltre Lawton fa una considerazione sbagliata quando dice che
Plutone, la Luna, la Terra e Nibiru non avrebbero potuto stabilirsi in certe orbite senza un’
ulteriore spinta dopo le collisioni. Il mito della creazione è chiarissimo: La Terra e la Luna
si son stabilite nella loro nuova posizione proprio a causa di urti e interazioni con Nibiru e i
suoi satelliti (che oltre all’ urto hanno fornito la spinta necessaria), mentre Plutone sarebbe
stato ‘strappato’ dall’ attrazione di Saturno a un passaggio di Nibiru che lo avrebbe
‘rilasciato’ nella zona oltre Nettuno (E-Sara). In questo caso la ‘ulteriore spinta’ sarebbe in
realtà un ‘trascinamento’ da parte dell’ attrazione di Nibiru che si muoveva in direzione di
uscita dal sistema solare.
2.
Sitchin’s view of gravity and its effects is hopelessly inadequate.
43
For example, he has Nibiru being affected by the pull of Neptune
and Uranus, but there is no contra effect on them;
gravity works both ways, especially since Nibiru is supposed to be
of similar size to them, and yet their orbits remain to this day more
circular than that of the Earth. Similarly, he
suggests that the gravitational pull of other planets could cause
‘bulges’ in Nibiru sufficient to cause satellites to be ripped out of it;
this is an idiotic view of how gravity works.
Ancora una volta Lawton mostra di non aver letto attentamente i libri di Sitchin. Nella
prima parte di questa obiezione Lawton afferma che secondo Sitchin Nibiru sarebbe stato
deviato dalla spinta di Nettuno e Urano, ma senza causare effetti su di loro. Errore
madornale perché Sitchin afferma chiaramente che il particolare orientamento di Urano sia
dovuto al passaggio di Nibiru al suo apparire nel sistema solare in formazione. Questo
passaggio si trova nella II tavoletta del ‘Libro perduto del dio Enki’, il libro in cui Sitchin
unisce tutte le nozioni esposte nei precedenti, in forma romanzata:
Toward Antu his course he turned, his face to An soon to show.
When An saw him, My son! My son! With exaltation he shouted.
To leadership you shall be consigned, a host by your side will be your servants!
Let Nibiru be your name, as Crossing forever known!
He bowed to Nibiru, turning his face at Nibiru’s passage;
He spread his net, for Nibiru four servants he brought forth,
His host by his side to be: the South Wind, the North Wind,
the Fast Wind, the West Wind.
Come si può evincere dalla frase sottolineata, An (Urano) si ‘inchinò girando il viso al
passaggio di Nibiru’. Urano infatti ha una caratteristica peculiare: é inclinato di 98° sul
piano dell’ orbita. Ciò fa sì che la sua rotazione sia tecnicamente definita retrograda, e
che un polo rimanga sempre rivolto verso il sole (in realtà ogni circa 40 anni il sole scalda
un polo diverso). La teoria attualmente accreditata riguardo alla particolare posizione di
Urano afferma che: “Per spiegare quest’ultimo fatto (l’ inclinazione di 98°) è stata
presentata un’ipotesi che si basa su una possibile collisione di Urano, durante le fasi di
formazione, con un altro protopianeta, con risultato finale questa strana inclinazione
44
dell’asse.”. Dunque non solo Sitchin afferma che Urano (e anche Nettuno) avessero
risentito dell’ effetto di Urano, ma la teoria corrente imputa il ‘mistero’ di Urano proprio alla
interazione con un altro corpo planetario. Ancora più importante è che questa interazione
sarebbe avvenuta in ‘fase di formazione’, esattamente la situazione immortalata nell’
Enuma Elish che, ricordiamo, fa avvenire la ‘battaglia celeste’ proprio nelle fasi di
formazione del sistema solare.
Nella stessa obiezione Lawton afferma che ‘eppure le loro orbite (di Urano e
Nettuno) rimangono a tuttoggi più circolari di quella della Terra’. Oltre a segnalare che
questo è vero solo nel caso di Nettuno (eccentricità = 0.0097 contro il 0.0167 della Terra)
ma non in quello di Urano (eccentricità = 0.0461 conto il 0.0167 della Terra), Lawton fa
sempre l’ errore di reputare che simili eventi si siano verificati in un periodo in cui le orbite
erano stabili. La terza parte di questa obiezione è che ‘Sitchin afferma che gli effetti
gravitazionali degli altri pianeti causassero disordini in Nibiru tanto da strappargli materia
che formasse satelliti – questa è una visione idiota di come la gravità funzioni’. E qui
potremmo anche dare ragione a Lawton se non fosse che punto di vista astronomico si
potrebbe fare una considerazione… è certamente vero che normalmente un satellite non
si può creare per separazione di materia da un altro corpo celeste solo a causa di spinta
gravitazionale,
ma nessun modello attualmente permette
di
stabilire
come
si
comportavano i pianeti in fase di formazione.
Sitchin, non essendo un astronomo né un astrofisico, spiega questo concetto con la
frase: “Marduk must still have been in a very plastic stage at that time. As he passed by
Ea/Neptune, the gravitational pull caused the side of Marduk to bulge.”.
3.
Nibiru had to make at least two orbital passes to tear Tiamat in half – and yet
on the second pass it came back in roughly the same orbit,
despite all the gravitational interactions it must
have suffered on the first pass which should have altered its orbit considerably.
From the opposite perspective, one might also ask why Nibiru
managed to cause so much devastation on these first
two passes, and yet cause none on the myriad of passes it
has supposedly made subsequently.
45
Su questo punto non ho niente da obiettare, è uno dei dubbi che mi misi anche io
quando iniziai il mio lavoro di critica e ricerca nei confronti della teoria di Sitchin. Ed è un
punto al quale non so dare una spiegazione se non il fatto che si trattasse di ‘coincidenza’
o che le varie forze di attrazione e repulsione fossero equilibrate in maniera che Nibiru
ottenesse, a ogni passaggio, più o meno la stessa proto orbita. Del resto il testo è troppo
vago. Ci viene detto che prima un suo satellite, e poi Nibiru stesso, urtarono Tiamat, ma
niente nel testo indica che i due urti avvennero nella stessa identica zona. A riguardo del
fatto che Nibiru abbia causato quel ‘danno’ nei primi due passaggi e nessuno nei
successivi, bisogna notare che ciò non è detto sia vero. Il ‘danno’ causato da Nibiru nel
primi due passaggi avvenne proprio perché su quella rotta si trovava un pianeta di certe
dimensioni. Dopo che questo pianeta fu sbalzato via, in quella regione non c’ era altro a
cui ‘causare danno’ nei successivi passaggi. O meglio, c’ era la fascia degli asteroidi. E
non è certo una novità la teoria secondo la quale la fascia degli asteroidi contiene delle
zone ‘buche’ (lacune di Kirkwood) che son dovute principalmente a un fenomeno chiamato
‘effetto fionda’ e imputabile alla risonanza orbitale con i pianeti vicini, ma secondariamente
possono essere causate, o potrebbero esserlo state milioni di anni fa, dal passaggio di un
corpo celeste che trascinasse con se parte degli asteroidi componenti la fascia. Sitchin
stesso rimarca questo punto nel libro ‘L altra Genesi’.
4.
As a corollary to the above, Sitchin uses another supposed text (unnamed)
to suggest that Nibiru’s orbital plane is inclined at 30 degrees to the ecliptic.
I am inclined to ask how, if this is the case, did it manage to come so close
to so many of the planets in our solar system on its first two
devastating passes? Or is he suggesting that once more unknown
forces forced it to stabilise in this non-aligned orbit thereafter?
Anche qui vale la considerazione fatta più volte riguardo alla stabilità e definizione
delle orbite, inoltre l’ orbita di Nibiru è si inclinata di 30 gradi, ma molto ellittica e molto
ristretta. Questo aspetto è discusso poco da Sitchin, come del resto è naturale. Anche il
fatto stesso dell’ orbita inclinata di 30 gradi è una interpretazione ma non è detto che sia
giusta. Tale cognizione viene principalmente da alcuni passi biblici in cui si indica che ‘il
signore viene da Sud’ e che elencano le costellazioni che attraversa. Nibiru quindi sarebbe
inclinato 30 gradi SOTTO l’ eclittica. Questo dato è importante per alcuni aspetti
46
astrologici, soprattutto a causa del fatto che, venendo da sud, a un certo punto Nibiru
‘sorgeva’ sull’ eclittica, compiva una ‘campana’ e ricadeva sotto l’ eclittica per proseguire
tutto il suo camino. Di tutta la sua orbita solo una minima parte era sopra l’ eclittica. Ciò
quindi lo rende osservabile in determinati momenti dell’ anno in modo diverso a seconda di
dove ci si trovi. Una località dell’ emisfero australe per esempio non avrebbe mai potuto
apprezzare la parte di orbita che Nibiru compiva sopra l’ eclittica. Uno schema della
possibile orbita di Nibiru fu realizzato da Andy Pye per la sua teoria ‘dark star’. Pur se il
suo schema pone Nibiru sopra l’ eclittica e non sotto, illustra bene come l’ orbita oblunga
ma ristretta intersechi le orbite invece molto larghe e circolari della zona interna del
sistema solare.
Questo schema inoltre illustra anche come mai Nibiru, al suo passaggio, incontri
così tanti pianeti quasi allineati. Se a noi sembra una cosa assurda pensare ai pianeti
allineati quasi in fila ad aspettare Nibiru, in realtà questo è un fenomeno che avviene
regolarmente. Le durate espresse in anni delle orbite dei pianeti sono molto diverse tra
loro, basti pensare che l’ orbita della Terra dura 1 anno, e quella di Nettuno 165 anni. Ma
cosa vuol dire che ‘Nibiru incontra i pianeti in fila’? Vuol dire che in un dato momento in un
dato punto le orbite dei pianeti sono sincronizzate. Poniamo per esempio che in un dato
momento T1 Nibiru si trovi in una posizione P1. I pianeti compiranno le loro orbite molto
meno durevoli in termine di tempo ma in quel momento T1 si troveranno nei pressi del
punto P1.
47
Se noi ipotizziamo il punto P1 in una zona dell’ orbita di Nibiru nei pressi del limite
esterno del sistema solare, i pianeti si troveranno in quella zona o allineati in quella
direzione. Questo punto ovviamente sarà raggiunto di nuovo da Nibiru in un momento T2
esattamente dopo 3600 anni. Possiamo verificare in qualche modo se questo concetto è
valido? Si, basta guardare i parametri orbitali dei pianeti esterni:
PIANETA
DURATA ORBITA
NUMERO ORBITE
DURATA TOTALE
Nettuno
165 anni
22
3630 anni
Urano
84 anni
43
3612 anni
Saturno
29.5 anni
123
3628 anni
Giove
11.8 anni
307
3622 anni
Questa tabella mostra chiaramente che l’ orbita di Nibiru di circa 3600 anni è
perfettamente compatibile con quelle degli altri pianeti, semplicemente in quel tot di tempo
ogni pianeta compirà un numero diverso di orbite e ogni circa 3600 anni questi pianeti si
troveranno nella stessa zona. Ovviamente c’ è da fare una considerazione. Guardiamo
Giove: ha un periodo orbitale di soli 11.8 anni, cioè in questo tempo compie l’ intero
percorso intorno al sole e ritorna al punto di partenza. Ciò fa si che basta un
disallineamento temporale di 1 o 2 anni perchè Giove, al passaggio di Nibiru in un dato
punto, sia in un punto diverso. Questo va specificato perché è bene chiarire che né Sitchin
né io affermiamo che al passaggio di Nibiru tutti i pianeti son allineati e lui li incontra nello
stesso punto nello stesso momento, ma solo che, nel suo lento avvicinamento nella zona
più esterna (Nettuno, Urano), il prodotto della durata delle orbite per il numero di orbite
compiute da questi 2 pianeti è tale che Nibiru li può assolutamente incrociare in sequenza.
Questo risponde alla domanda di Lawton sul come mai Nibiru sembra incrociare tutti
questi pianeti in fila ogni volta che passa in quel dato punto. Paradossalmente nella zona
esterna del sistema solare è proprio Plutone il corpo celeste che ha più difficoltà ad
incrociare (o ad allinearsi con) Nibiru. Questo perché la sua orbita viene percorsa in 248
anni, e compie 15 orbite in 3720 anni (14 orbite in 3472 anni) un periodo incompatibile con
i circa 3600 di Nibiru e dell’ allineamento degli altri pianeti.
5.
Nowadays the asteroid belt does not contain anything like enough
mass to make up a planet the size of the Earth (i.e., the other half of Tiamat).
48
However it must be appreciated that Jupiter would have acted like
a giant suction cleaner on any debris from an exploding planet
(a possibility that still cannot be written off, even if Sitchin's
interpretations are wrong), and other factors would have reduced
the extent of the debris remaining over time.
Siamo arrivati alla ‘chicca’ che tutti i critici di Sitchin, indistintamente, prima o poi
tirano fuori come ‘asso piglia tutto’. Il concetto espresso è che la massa totale degli
asteroidi contenuti nella fascia principale tra Marte e Giove, radunata, non basta nemmeno
a formare un pianeta piccolo come Terra. Ciò, secondo loro è prova che la fascia degli
asteroidi non è dovuta a un urto cosmico (che secondo loro avrebbe dovuto lasciare molti
più resti). Alcuni di loro sostengono che invece la fascia sia composta da residui della
materia di formazione dell’ intero sistema solare interno, ma che non ha avuto modo di
assemblarsi fino a costituire un pianeta a causa dell’ eccessiva interazione causata da
Giove (Lawton ne parla al punto successivo). Lawton nuovamente fa una obiezione ma
ofre una ammissione del fatto che questa massa sia insufficiente a causa di vari fattori.
Commentiamo subito il primo punto. La fascia degli asteroidi ha una massa totale stimata
in 2,3×10^21 kg, meno di quella di Plutone. Questa massa non è paragonabile con quella
della Terra che è di 5,9742 × 10^24 quindi 2000 volte più grande. Ma questo dato come va
letto? Il mito della creazione dichiara precisamente che Marduk colpì Tiamat e ne strappò
una parte, gettandola a formare la fascia degli asteroidi. Supponendo, come Lawton
stesso ammette, che nel tempo vari fenomeni abbiano contribuito a ridurre la massa totale
di asteroidi nella fascia, la massa totale sarebbe quella della parte strappata, quindi non
da paragonare con la massa della Terra. Inoltre la massa totale della Terra è una media
delle masse stimate delle zone periferiche (crosta e mantello), più leggere e meno dense,
e di quelle interne (nucleo) ben più pesanti e più dense. La massa della fascia, essendo
questa nata dallo ‘sradicamento’ di una porzione superficiale della Terra, è normalmente
più bassa poichè composta da materiali più leggeri e meno densi.
Oltre a questo, è giusto sostenere che la fascia degli asteroidi sia stata originata da
materia che non si è assemblata a causa dell’ effetto di interferenza gravitazionale di
Giove?
La risposta ancora una volta ci viene dal team di astronomi e astrofisici di
Alessandro Morbidelli. Il 18 aprile del 2000 Morbidelli, Chambers e Petit pubblicano il
saggio: “The Primordial Excitation and Clearing of the Asteroid Belt” (consultabile nel sito
49
di Sciencedirect.com) che relaziona su una serie di modelli astronomici studiati dagli
scienziati per chiarire quali erano gli effetti planetari nella fase di formazione della fascia
degli asteroidi. L’ abstract della relazione afferma chiaramente che:
This suggests that the formation of Jupiter did not prohibit
the formation of large embryos in the outer belt and Jupiter
did not accrete them while it was still growing.
Cioè che il processo di formazione di Giove non ha proibito che nella fascia esterna
(quindi quella più vicina a Giove e che avrebbe risentito di più dei suoi effetti) l’
assemblamento di corpi asteroidali fino a formare grandi ‘embrioni’ di pianeti.
6.
Bodes law predicts that not only should a planet have originally formed
between Mars and Jupiter as Sitchin asserts (but which many astronomers
believe never formed due to the gravitational effects of the massive
Jupiter, leaving the asteroid belt only), but also that a planet should
always have been where the Earth is now. Yet according to Sitchin
the latter’s position was achieved subsequent to the original formation of
our solar system, so originally this space must have been empty.
This law supports him in one sense but at the same time undermines
him in another - although at one point he does produce what appears
to be somewhat contrived evidence, involving simplification of Bode’s Law,
to refute this claim. (However in fairness it should be appreciated that
Bodes Law is not as foolproof as it sounds, and is in reality only
another 'theory' about how the solar system was formed.)
Altro caso in cui Lawton muove una obiezione ma subito dopo dà una spiegazione e
fa una ammissione che da sola basterebbe a mettere in dubbio il senso della obiezione.
Analizziamo in dettaglio la questione della legge di Bode.
Questa è una legge empirica che stabilisce il semiasse maggiore delle orbite dei
pianeti del sistema solare tramite una formula che nella sua ultima formulazione in UA
(unità astronomiche) è: a=0.4+0.3xK dove K è una costante che assume valori positivi
ognuno doppio del precedente (0,1,2,4,8,16,32 etc). Grazie a tale legge nella sua
50
formulazione originaria Johan Bode nel 1772 riuscì a verificare le orbite dei 6 pianeti allora
conosciuti. La legge secondo i calcoli prediceva la presenza di un pianeta tra Marte e
Giove, come sostiene Sitchin e come sostengono tantissimi ricercatori e divulgatori che
trattano l’ argomento ‘pianeta X’. Ma allo stesso tempo, se riteniamo la legge di Bode
valida, avrebbe comunque dovuto esserci un pianeta dove si trova la Terra per soddisfare
pienamente la legge.
Per capire meglio riportiamo lo specchietto dei valori in UA relativi alle orbite medie
dei pianeti:
Pianeta
k
Distanza teorica
Distanza osservata
Mercurio
0
0,4 UA
0,39 UA
Venere
1
0,7 UA
0,72 UA
Terra
2
1,0 UA
1,00 UA
Marte
4
1,6 UA
1,52 UA
?
8
2,8 UA
Giove
16
5,2 UA
5,20 UA
Saturno
32
10,0 UA
9,54 UA
Urano
64
19,6 UA
19,2 UA
Nettuno
128
38,8 UA
30,1 UA
Plutone
256
77,2 UA
39,5 UA
Nella posizione occupante k=8 in effetti c’ è la fascia principale degli asteroidi. Verso
la fine del XVIII secolo fu in effetti scoperto il pianetino Cerere che soddisfaceva la legge
inquanto la sua distanza è di 2,77 UA quindi perfettamente compatibile con il k=8 e la
distanza teorica di 2.8 UA. Ricordiamo che secondo Sitchin Tiamat si trovava dove ora
esiste la fascia principale degli asteroidi, e quindi Cerere; però prima dell’ impatto la Terra
non esisteva, quindi sarebbe stata soddisfatto il punto k=8 ma non quello k=2; Sitchin
infatti sbaglia gravemente a rifarsi a questa legge per giustificare la presenza di Tiamat in
quella data zona di spazio, come sbagliano tutti quegli altri che come lui si basano sulla
legge di Bode.
Ma veniamo al punto. La legge di Bode è davvero valida? Ha una giustificazione?
Intanto bisogna tenere presente una cosa. La legge fu formulata quando Bode
conosceva già bene le distanze dei primi 6 pianeti, e nonostante il primo pianeta del
sistema solare sia Mercurio, il valore k=1 viene dato a Venere, il pianeta successivo. Il mio
51
sospetto è che questa decisione fu presa perché così tutte le distanze erano soddisfatte.
Se si assegnasse il k=1 a Mercurio, la situazione sarebbe completamente diversa e la
legge di Bode non sarebbe rispettata in almeno 3 casi, come evidenzia Brodetsky nel suo
saggio: ‘Some problems with astronomy’. Inoltre bisogna anche tenere conto di un altro
fattore. E’ riconosciuto ormai ufficialmente dall’ astronomia che le orbite sono legate tra
loro agli effetti delle interazioni gravitazionali dei pianeti, e quindi indirettamente alla massa
degli stessi. Ciò vuol dire, per esempio, che se paradossalmente potessimo ridurre la
massa di un pianeta, il suo campo gravitazionale verrebbe ridotto, e le orbite sua e dei
corpi circostanti ne sarebbero influenzate.
Ne risulta che la durata, la disposizione delle orbite, e l’ equilibrio delle forze di
gravitazione tra i pianeti sono influenzati dalla massa degli stessi. La legge di Bode non
tiene conto di questi fattori. Inoltre la legge di Bode non è soddisfatta dalle orbite dei
satelliti naturali dei singoli pianeti, cosa che invece ci si dovrebbe aspettare, mentre la
legge di Keplero viene soddisfatta.
Ma torniamo alla legge di Bode. Dallo specchietto risulta evidente che per la coppia
Nettuno e Plutone la legge non viene soddisfatta. Infatti con il k=128 Nettuno dovrebbe
avere una distanza di 38,8 UA, mentre la sua distanza reale è di 30, 1 UA. Plutone,
pianeta successivo, che dovrebbe avere k=256 e distanza teorica 77,2 UA ha invece 39,5
cioè di poco superiore alla teorica di Nettuno. Cosa vorrebbe dire questo? Che secondo la
legge di Bode Plutone si viene a trovare esattamente dove dovrebbe trovarsi Nettuno, e
Nettuno sta ‘in mezzo ai piedi’ tra Urano e Plutone in un posto non suo.
La distanza teorica di Plutone invece corrisponde a meno di un piccolo scarto alla
posizione effettiva del planetoide Eris (67,7 UA). Il grafico a pagina seguente evidenzia il
discostamento tra i valori reali e quelli teorici.
Ne concludiamo che la legge di Bode non è assolutamente soddisfacente per lo
scopo che si prefigge, e che il fatto che questa fornisca valori teorici molto simili a quelli
reali di 7 pianeti sia frutto di una errata formulazione empirica, e per questo non dovrebbe
essere tenuta in conto nelle argomentazioni pro e contro riguardanti il famoso ‘pianeta X’.
Possiamo quindi passare al punto successivo.
52
7.
The idea that the Moon was originally a planet in its own right is not
supported by modern discoveries; the latest thinking appears to be that,
most likely, it split off from the Earth after the impact of a Mars-sized body.
Sull’ origine della Luna si sono susseguite varie teorie, tra le quali quella che ha
preso più piede è quella descritta da Lawton. Ma davvero la teoria dell’ impatto di un
pianeta con la Terra è supportata dalle ‘moderne scoperte’? Di quali scoperte si tratti
Lawton non fa menzione. Ripercorriamo allora brevemente i passi salienti del susseguirsi
delle varie teorie.
Le tre teorie precedenti sull’ origine della luna, e il motivo per cui sono state scartate,
sono descritte brevemente da Donald R. Davis e William K. Hartmann nel loro documento
‘The origin of the Moon’:
1. One early theory was that the moon is a sister world that formed in orbit around
Earth as the Earth formed. This theory failed because it could not explain why the moon
lacks iron.
2. A second early idea was that the moon formed somewhere else in the solar
system where there was little iron, and then was captured into orbit around Earth. This
failed when lunar rocks showed the same isotope composition as the Earth.
3. A third early idea was that early Earth spun so fast that it spun off the moon. This
53
idea would produce a moon similar to Earth's mantle, but it failed when analysis of the total
angular momentum and energy involved indicated that the present Earth-moon system
could not form in this way.
Mentre la terza teoria non ha niente a che vedere con la teoria di Sitchin, le prime
due ne son strettamente legate. La Luna, chiamata Kingu nell’ Epica della Creazione, era
un prodotto di Tiamat la quale ‘creò 11 mostri terribili’. Secondo Sitchin la Luna era un
corpo celeste che si è formato dopo Tiamat e poco prima della ‘battaglia celeste’ tra
Marduk e Tiamat, quindi poco prima che la Terra si formasse come è adesso. Quindi si
possono
considerare
Terra
e
Luna
come
due
pianeti
imparentati
cresciuti
contemporaneamente in una regione di spazio delimitata. Questa ipotesi fu introdotta già
alla fine del XVIII secolo da Laplace il quale sosteneva che i satelliti naturali dei pianeti si
siano formati da nubi di detriti cosmici che si sarebbero ‘addensati’ fino a formare corpi
sferici successivamente stabilizzatisi in orbita intorno ai pianeti. Gli astronomi
generalmente accettano questa teoria in tutti i casi tranne appunto il sistema Terra-Luna,
per due motivi: il primo, leggiamo della descrizione della prima teoria, è che la
composizione della Luna manca di alcuni elementi tra cui il più importante è il ferro, del
quale invece la Terra è piena nel nucleo, e del quale sembrano essere pieni gli altri pianeti
rocciosi. Il secondo è che la massa della Luna è troppo grande rispetto a quella della
Terra. Va notato però che la composizione del nucleo terrestre (e del nucleo degli altri
pianeti) non è stata determinata con certezza. Secondo la teoria ufficialmente accettata
attualmente (chiamata ‘del grande impatto’) la Luna non contiene ferro proprio perché l’
impatto della Terra con un corpo delle proporzioni di Marte sarebbe avvenuto sul mantello
e sulla crosta, mentre il grosso del ferro sulla Terra si trova nel nucleo che non sarebbe
stato interessato dall’ urto. Se questa teoria da un lato sembra spiegare la mancanza di
ferro della Luna, e quindi provare che la Luna si sia ‘distaccata’ dal mantello e dalla crosta
della Terra, da un altro si rivela fallace. Infatti il mantello e la crosta terrestre contengono
notevoli quantità di nickel, fosforo, tungsteno e cobalto, elementi che invece nel mantello e
nella crosta lunare son ritenuti scarsi. Anche alluminio e calcio, di cui la crosta terrestre è
piena, son rari sulla Luna. La teoria attualmente accettata inoltre commette un grosso
errore: il ferro è un elemento volatile ad alta temperatura, e un impatto planetario avrebbe
prodotto temperature elevate (circa 6000°C come calcolato dallo stesso team che formulò
la teoria del grande impatto) che avrebbe fatto evaporare all’ istante il ferro oltre all’ acqua,
al sodio, e agli altri elementi più volatili. Sarebbe stato difficile quindi che gran parte del
54
ferro presente sulla Terra si concentrasse nella zona più interna fino a formare il nucleo.
Nonostante ciò nel 1984 alla Conferenza sulle origini della Luna questa teoria venne
accettata come versione ufficiale pur con tutti questi punti non spiegati. Come se i punti
irrisolti non bastassero, nel 1988 alla Conferenza sulle origini della Terra fu evidenziato
che l’ analisi delle condriti terrestri e della cristallizzazione delle rocce terrestri mostrano
che la geochimica della Terra è incompatibile con la teoria del grande impatto.
Lawton non menziona tutti questi problemi, si limita a liquidare la teoria di Sitchin
citando quale è la versione ufficiale attualmente, senza riflettere su tutti i problemi che
questa teoria presenta. Uno dei motivi per cui la Luna non viene considerata un corpo
‘imparentato con la Terra’ e catturato da quest’ ultima, come già menzionato, è il fatto che
Luna è troppo grande. In effetti se si considerano gli altri pianeti del sistema solare,
nessuno di loro ha un satellite che in proporzione sia grande rispetto a loro quanto la Luna
lo è rispetto alla Terra.
Ma anche qui il ragionamento è sbagliato. Luna, secondo Sitchin, non è un satellite
della Terra, ma un satellite di Tiamat, un pianeta notevolmente più grande della Terra. Fu
solo quando Tiamat fu urtato dai satelliti di Marduk/Nibiru, e una sua parte venne sbalzata
con Kingu in una posizione più interna (dove si trova attualmente) che la Luna divenne un
‘satellite acquisito’ della Terra. Quando avvenne tutto ciò? Circa 4 miliardi di anni fa. L’ età
della Luna viene stimata essere tra i 4,2 e i 4,6 miliardi di anni. Le rocce più antiche
rinvenute nelle missioni lunari risalgono a 4,5 miliardi di anni fa. Stanley Keith Runcorn, un
ingegnere esperto di analisi di rocce, di magnetismo geofisico e di geochimica, stabilì che
la Luna possiede un ‘postumo’ di campo magnetico, cioè un campo magnetico molto
basso residuo di uno molto più alto che sembra essersi esaurito circa 4 miliardi di anni fa.
Leggiamo un sunto di questa sua relazione in un articolo da lui firmato chiamato ‘An
ancient lunar magnetic dipole field’ (Feb. 1975):
Paradoxical as it may seem, it follows from this observation that the
Moon possessed a magnetic field of internal origin in its early history.
Questo particolare è importantissimo perché venne completamente trascurato nella
conferenza che accettò la teoria del grande impatto come ufficiale, a causa del fatto che la
Luna non avrebbe ferro al suo interno, indizio che derivava dalla mancanza di campo
magnetico. Uno studio pubblicato nel gennaio 2009 e intitolato ‘Early Lunar Magnetism’ ad
opera di Ian Garrick-Bethell, Benjamin P. Weiss, David L. Shuster e Jennifer Buz riporta
55
che:
“It is uncertain whether the Moon ever formed a metallic
core or generated a core dynamo. The lunar crust
and returned samples are magnetized, but the source of
this magnetization could be meteoroid impacts rather than a dynamo.”
Cioè allo stato attuale non si sa se il nucleo della Luna sia costituito da un cuore
metallico inerte o da un cuore di metallo fuso che scorrendo su se stesso possa generare
magnetismo. Successivamente nello stesso abstract leggiamo però:
“Here, we report magnetic measurements and 40Ar/39Ar
thermochronological calculations for the oldest known unshocked
lunar rock, troctolite 76535. These data imply that there was
a long-lived field on the Moon of at least 1 microtesla
~4.2 billion years ago. The early age, substantial intensity,
and long lifetime of this field support the hypothesis of
an ancient lunar core dynamo.”
Ma cosa leggiamo in sostanza? Un cuore di metallo fuso che svolge un effetto
dinamo è esattamente la situazione che si presenta nel nucleo della Terra, che secondo
gli scienziati non è costituito di una ‘palla’ di metallo inerte, ma da strati di metallo fuso che
scorrono uno sull’ altro. Penso che a questo punto siano evidenti i numerosi problemi che
la teoria del gigantesco impatto presenta, i vari punti irrisolti che ci permetterebbero di
poter passare oltre questa teoria. Purtroppo l’ ambiente scientifico stenta ad abbandonare
teorie non più valide finchè non se ne presenta una che risponda a più domande di quante
ne fossero risposte dalla teoria precedente. Allo stesso modo, tutte queste nuove scoperte
riguardanti le quantità di ferro e il campo magnetico originario della Luna, rendono
obsoleto il motivo per cui la teoria che vedeva la Luna compagna della Terra, e non
derivata da essa, fu scartata.
8.
Sitchin’s initial evidence for Nibiru having a retrograde orbit appears
to be purely based on the order in which it encounters the outer planets –
56
according to him, Neptune then Uranus. Given that the relative position of
these two to each other must change as they orbit the Sun at different
speeds, it appears to me that this argument is pretty insubstantial.
I would have thought that in a sense it could just as easily have
passed them in this order
while travelling in a conventional direction of orbit.
Anche questo punto rappresenta uno dei dubbi su cui investigai anni fa perché non
riuscivo a trovare traccia scientifica che potesse supportare il fenomeno. Non avendone
trovate mi sono servito di una simulazione computerizzata realizzata tramite il software
Celestia con l’ ausilio di alcuni semplici calcoli riguardanti le orbite. La situazione che ne
scaturisce è riassunta con una certa approssimazione (per esigenza grafica l’ orbita di
Nibiru è più corta di quanto dovrebbe essere) nella immagine seguente.
:
57
Le due rette disposte a croce dividono le orbite planetarie in 4 quadranti che,
essendo le orbite quasi sferiche, possiamo ritenere di durata approssimativamente simile.
Notiamo che nel caso di Urano ogni quadrante dura 21 anni, mentre nel caso di Nettuno
dura 41,3 anni.
Le frecce indicano la direzione della rotazione dei pianeti, con Nibiru che si
muoverebbe in direzione antioraria come gli altri pianeti. Ci siamo messi quindi nelle
condizioni citate da Lawton quando dice che Nibiru avrebbe incontrato Nettuno prima di
Urano anche se si fosse mosso in una orbita convenzionale e non retrograda.
Lo schema mostra chiaramente che a causa della durata del quadrante di Nettuno
che è quasi esattamente il doppio di quella del quadrante di Urano, un corpo che si
avvicina ai due pianeti nello stesso loro verso di movimento ha doppia possibilità di
incrociare Urano rispetto a quanta ne abbia di incrociare Nettuno. Se invece la direzione di
movimento di Nibiru fosse opposta a quella di Nettuno e Urano, quindi una orbita
retrograda come sostiene Sitchin, il pianeta arrivando in prossimità della zona esterna del
sistema solare avrebbe più possibilità di incrociare Nettuno proprio a causa della sua
orbita più lunga e di durata maggiore. Usando termini impropri, con Nibiru che si avvicina
in orbita convenzionale Urano ‘asseconda’ il suo moto con un rapporto 2:1 rispetto a
Nettuno, mente con Nibiru che si avvicina in orbita retrograda Urano ‘sfugge’ al suo moto
con lo stesso rapporto. Un esempio di ciò si può osservare in una animazione della orbita
della cometa di Halley che si muove in senso retrogrado rispetto ai pianeti. Seppur la sua
orbita sia di soli 76 anni quindi inferiore a quella di Urano, nella animazione è evidente che
questo pianeta gli ‘sfugge’ più velocemente di quanto faccia Nettuno, e quindi ha
possibilità minore di incrociarla.
Siamo arrivati così all’ ultimo dei 9 punti elencati da Lawton.
9.
In Genesis Revisited Sitchin goes to some lengths in attempting to prove
that modern scientific analysis of the Earth and its crust, the theory of
continental drift, and the study of plate tectonics all support his claim that
the Earth as we now know it was formed by a huge impact.
This may be so, but in my view his analysis does not support his
theory of the Earth being formed by the splitting in two of another planet
any better than it supports the more conventional idea of the Moon
being split off from the Earth.
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Questa non è una reale obiezione. Si potrebbe anche dare ragione a Lawton in
effetti, comunque se i dati scientifici sulla struttura della tettonica a placche supportano l’
idea che un pianeta (sia esso la Terra o Tiamat) abbia subito una collisione con un altro
corpo planetario, abbiamo già visto nel commentare il punto 7 quali dubbi sussistano sul
fatto che questo pianeta potesse essere effettivamente la Terra e la porzione ‘strappata’
dall’ urto potesse aver dato luogo alla Luna.
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