C i fu un’altra rivoluzione, sul finire del Settecento, destinata a cambiare per sempre la vita e le abitudini secolari degli uomini di quell’epoca. Fu quella rivoluzione industriale destinata a sancire il trionfo della borghesia, la nascita del capitalismo e il superamento della scienza e della tecnica su ogni altro sapere. Curiosamente, la sua forza dirompente emerse proprio nel momento in cui ci si proponeva di resuscitare quell’Ancien régime ferito a morte dagli eventi rivoluzionari del secolo precedente. Ma il tentativo della Restaurazione era destinato a fallire. Le idee della Rivoluzione francese, il diffondersi della cultura romantica e il sorgere del liberalismo avevano fatto nascere nuove speranze nelle generazioni del primo Ottocento. Idee di libertà, d’indipendenza e di autodeterminazione: stimoli che si sarebbero concretizzati proprio nella penisola italiana attraverso la nascita di un movimento patriottico e unitario. In seguito a un cammino non facile e spesso contradditorio, quello che era sembrato un sogno impossibile, l’Italia unita, trovò alla fine il suo legittimo compimento. L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione 1760 1800 1861 Per orientarti Seconda Repubblica 1760-1850 C 6 Prima Rivoluzione industriale 1815-1830 Restaurazione 1830-1848 C 7 Regno di Luigi Filippo 18481852-1870 C 7 1852 C 7 Napoleone III imperatore 1848-1870 1824 1814-1815 C 6 Formazione C 7 Congresso delle Trade Unions di Vienna 1820-1830 C 7 Moti liberali in Europa Da ricordare 1765-1784 C 6 Watt perfeziona la macchina a vapore 1787 C 6 Primo telaio completamente meccanico © Loescher Editore – Torino Indipendenza dell’America Latina da Spagna e Portogallo 1811 Prime proteste operaie: i luddisti distruggono le macchine C 8 1821-1832 La Grecia si libera dal dominio ottomano C 7 C 7 Risorgimento 1861 1830 C 8 Nascita del Regno d’Italia C 6 Stephenson inaugura la ferrovia 1849-1859 Liverpool-Manchester C 8 Decennio di preparazione 1848 C 7 I francesi abbattono C 7 Rivoluzioni in Europa dell’unificazione italiana la monarchia assoluta C 7 Marx e Engels pubblicano il Manifesto del partito comunista 1811-1821 C 7 C 6 154 C 7 1831 C 8 1848-1849 Prima guerra d’indipendenza 1852- 1861 C 8 Mazzini fonda La Giovine Italia 1859 Seconda guerra d’indipendenza C 8 Cavour primo ministro 1860 C 8 Impresa dei Mille © Loescher Editore – Torino 155 La prima Rivoluzione industriale Stoccolma Dublino l t i c o Mosca a Mare del Nord Copenaghen B Glasgow San Pietroburgo M a r Brema Amburgo Londra O c e a no Berlino Poznan Kiev Varsavia Nantes Oviedo Leopoli Basilea Marsiglia Miniere di ferro Budapest Miniere di carbone Milano Venezia Torino Madrid oltre il 10% Ferrovie nel 1850 Stoccarda Monaco Vienna Lione Popolazione impiegata nell’industria dallo 0% al 5% dal 6% al 10% Colonia Strasburgo Parigi A t l a n t i c o Belgrado Bucarest Mar Nero Firenze Barcellona Mare Mediterraneo Roma Istanbul Napoli L’Europa industrializzata nei primi decenni dell’Ottocento 6.1 Il Regno Unito, patria della Rivoluzione industriale L’avvio della Rivoluzione industriale Con l’espressione «Rivoluzione industriale» gli storici indicano la nascita, in Europa, di un nuovo sistema produttivo e di una nuova economia. Fino alla seconda metà del Settecento le economie erano basate sull’agricoltura, sull’artigianato e sui commerci. Con la Rivoluzione industriale furono introdotte le macchine e i beni cominciarono a essere prodotti in grandi quantità. L’industria sostituì in gran parte l’artigianato, acquistando gradualmente, nel corso dell’Ottocento, maggiore importanza dell’agricoltura. Questa trasformazione prese avvio in Inghilterra, paese che nel XVIII secolo godeva Inoltre, il Regno Unito godeva di una supremazia praticamente indiscussa sui mari che garantiva lo sviluppo di ricchissimi commerci con l’Europa e con il resto del mondo. Infine, essa possedeva ingenti risorse minerarie, in particolare ferro e carbone, che si rivelarono preziose quando cominciò lo sviluppo delle industrie. Altre materie prime provenivano dalle colonie, sempre più estese: per esempio il cotone grezzo, risorsa fondamentale per lo sviluppo dell’industria tessile britannica. di condizioni politiche, sociali ed economiche particolarmente favorevoli per un grande cambiamento. Dopo il successo della Gloriosa rivoluzione del 1688, le isole britanniche erano guidate infatti da una monarchia parlamentare e i nobili, i ricchi proprietari terrieri e la borghesia partecipavano al governo del paese: avevano dunque la possibilità di determinare attivamente, in Parlamento, la politica fiscale. Le attività economiche di queste classi sociali non erano perciò limitate dal potere politico (come accadeva in Francia, dove la borghesia doveva sostenere quasi completamente il peso fiscale della nazione) e anzi potevano avvalersi di un sistema di leggi che garantiva i diritti di chi possedeva ricchezze. Particolarmente favoriti erano i mercanti e proprietari fondiari più intraprendenti, che intendevano far fruttare il proprio denaro investendo in nuove possibilità produttive (in agricoltura e nel settore manifatturiero) garantite dalle innovazioni tecnologiche. Il ruolo dell’incremento demografico Nel corso del Settecento e nel secolo successivo la popolazione inglese crebbe costantemente. Nel 1740 il paese aveva circa 6 milioni di abitanti, che divennero 8 intorno al 1790 e oltre 9,5 nel 1820. Questo incremento fu dovuto a diversi fattori. Innanzitutto ci fu un miglioramento delle condizioni di vita nelle campagne, con notevoli progressi nell’igiene e nelle cure mediche, che attenuarono gli effetti di malattie ed epidemie e portarono a drastiche riduzioni del tasso di mortalità e del tasso di mortalità infantile, mentre cresceva il tasso di natalità. D6 La pace interna, ovvero l’assenza di guerre, risparmiò alle popolazioni i lutti e le distruzioni che le avevano colpite nel corso del Seicento. Soprattutto vi fu un aumento deciso della produzione agricola, che permise di soddisfare il fabbisogno alimentare degli inglesi, senza i cali produttivi che nei secoli precedenti avevano causato ricorrenti carestie e dunque attenuato la crescita demografica. L’incremento della popolazione ebbe un legame strettissimo con la Rivoluzione industriale. Esso rese infatti disponibile una grande quantità di manodopera per le fabbriche e al contempo fece salire la domanda interna per i beni che quelle stesse fabbriche producevano. La riorganizzazione dell’agricoltura e i suoi effetti Vediamo ora quale caratteristica ebbe la trasformazione agricola che tanto contribuì all’aumento della popolazione. Agli albori della Rivoluzione industriale giunse a conclusione in Inghilterra un mu- Veliero inglese mercantile in viaggio dall’Australia all’Inghilterra. tamento dell’assetto della proprietà terriera iniziato già nel Cinquecento. Si trattava delle cosiddette enclosures, o «recinzioni»: i proprietari terrieri avevano deciso di cingere anche quelle parti di territorio che fino ad allora erano state destinate al libero pascolo di bestiame, alla coltivazione e alla raccolta del legname da parte delle famiglie dei villaggi. Lo scopo era fondamentalmente quello di utilizzare tutte le terre disponibili per la produzione traendo quindi maggiori profitti. A questo più efficiente sfruttamento del territorio si aggiunsero la disponibilità di macchine agricole sempre più evolute e un nuovo e più efficiente sistema di rotazione delle coltivazioni, che determinarono un forte incremento delle rese. Le nuove macchine erano la seminatrice, che permetteva di seminare a una profondità regolare e più file contemporaneamente, e l’aratro in ferro, grazie al quale un uomo e una coppia di cavalli svolgevano lo stesso lavoro per il quale erano prima necessari due contadini e quattro buoi. D7 Il nuovo sistema di coltivazione comportò l’abbandono della rotazione triennale, che prevedeva ogni anno la messa a 1760 Dossier 7 p. 340 Gli scambi commerciali del Regno Unito nel XVIII-XIX secolo Nuova Inghilterra Pennsylvania Virginia E Maryland Georgia Honduras Canada Danimarca Olanda Irlanda Svezia Danzica Russia Isole Normanne Germania Terranova Fiandre New York Francia Carolina Levante Portogallo Gibilterra Piccole Antille Bengala Italia Spagna Bombay Senegambia Accra Giamaica Importazioni della Gran Bretagna Esportazioni verso la Gran Bretagna Africa Gran Bretagna e sue colonie o ex colonie © Loescher Editore – Torino 156 Dossier 6 p. 338 Indie Orientali Valore del commercio britannico 2 000 000 di sterline 1 000 000 500 000 100 000 © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 157 3 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione 6.2 Le macchine e le fabbriche La rivoluzione della tecnica La spinning jenny, filatrice con più fusi, brevettata da James Hargreaves nel 1770. P. de Loutherbourg, Coalbrookdale di notte, 1801, Londra, Science Museum. Dossier 8 p. 342 riposo di un terzo del terreno, e l’adozione della rotazione quadriennale: ogni anno un quarto della terra a disposizione veniva coltivato a foraggio e sfruttato per l’alimentazione delle greggi di pecore. In questo modo si otteneva un doppio obiettivo: il suolo non si esauriva e diventava interamente remunerativo. Grazie alle enclosures, al relativo aumento della superficie arabile e alle nuove tecniche di coltivazione, dunque, la produzione agricola crebbe, e determinò una crescita della popolazione. Aumentò anche il numero delle pecore, che fornirono lana in quantità crescente, prima per le botteghe artigiane e i telai a domicilio, poi per le vere e proprie industrie tessili. Mentre i proprietari si arricchivano, accumulando il denaro da investire nelle nuove attività industriali, i contadini si trasformarono sempre più frequentemente in operai salariati che lavoravano nelle terre ormai tutte amministrate direttamente dal padrone. Nello stesso tempo l’agricoltura assorbì meno lavoratori: col ridursi dei suoli comuni, infatti, molti giovani figli di contadini che non trovavano lavoro nei campi dei proprietari cominciarono a spostarsi nelle città in cerca di occupazione, creando una forte disponibilità di manodopera per le prime fabbriche. D8 I grandi proprietari terrieri e i ricchi mercanti inglesi avevano a disposizione grandi somme di denaro che potevano investire nell’avvio di nuove attività. Quando vennero inventate alcune macchine necessarie a potenziare la produzione tessile, furono proprio loro ad acquistarle, svilupparle e creare le prime fabbriche. Queste innovazioni riguardarono in un primo momento il cotone, la cui produzione era all’epoca assolutamente secondaria rispetto a quella della lana, ma il cui filato era più facilmente lavorabile. Fino al principio del Settecento la filatura e la tessitura del cotone venivano svolte da operai che usavano filatoi e telai molto lenti. Nei decenni successivi si diffusero, invece, diverse novità importanti: la spoletta volante inventata da John Kay nel 1733 spostava autonomamente il filato sul telaio: in questo modo si otteneva una quantità di tessuto maggiore, più largo, di migliore qualità e in tempi più rapidi. Questa innovazione sollecitò migliorie anche nella filatura, la fase precedente della lavorazione del tessuto. Così, nel 1764, James Hargreaves inventò un filatoio chiamato spinning jenny («Jenny la filatrice»), che consentiva a un solo operaio di seguire più fusi contemporaneamente e di creare quindi più fili di cotone. Nel 1787, infine, Edmund Cartwright costruì un telaio completamente meccanico, che prese il posto dei vecchi telai manuali: grazie ad esso, un solo uomo poteva far funzionare contemporaneamente più telai e produrre venti volte più di un tessitore a mano. Grazie a queste e ad altre innovazioni, i tempi della produzione cotoniera si La locomotiva North Star progettata da Robert Stephenson, figlio di George Stephenson, 1837, Londra, Science Museum. accorciarono notevolmente e tra Settecento e Ottocento aumentarono di continuo sia il numero delle filande sia la loro produttività. Alla fine del XVIII secolo la lavorazione di lana era ancora di gran lunga superiore a quella di cotone, ma il rapporto si invertì rapidamente e nel 1860 il cotone doppiò la lana nelle statistiche produttive britanniche. D14 La macchina a vapore, il carbone, l’industria siderurgica e i trasporti Un grande passo in avanti nella trasformazione del lavoro fu dovuto all’introduzione delle macchine a vapore. D7 Tra 1765 e 1784, infatti, James Watt introdusse pompe aspiranti che sfruttavano la forza sviluppata dall’ebollizione dell’acqua per eliminare l’acqua dalle gallerie delle miniere di carbone. Il vapore generava il movimento dei meccanismi di pompaggio e svuotamento e grazie ad esso fu possibile accedere anche a filoni carboniferi più profondi. Si incrementò così l’estrazione del carbone fossile, che era presente in grandi quantità in Inghilterra ed era un’ottima fonte di energia, tanto che col tempo sostituì in questo ruolo il carbone di legna, l’acqua dei mulini e la forza animale o umana. Molto presto, inoltre, le macchine a vapore vennero utilizzate per potenziare la produzione del ferro, i cui giacimenti pure erano abbondanti nelle isole britanniche. Per mezzo dell’invenzione di Watt era infatti possibile introdurre aria a più alta temperatura in altiforni sempre più grandi ed efficienti, capaci di produrre più ferro e di qualità migliore: quest’ultima era garantita dal coke, derivato dal carbone fossile usato nell’altoforno per la fusione del ferro grezzo. Il ferro era poi a sua volta sfruttato per costruire altre macchine, assai resistenti e in ogni campo produttivo, in sostituzione delle vecchie macchine di legno. In breve, il ferro diventò il metallo più usato nell’industria. Verso la fine del Settecento, le macchine a vapore furono impiegate per muovere le macchine dell’industria tessile: filatoi e telai. Infine, esse trasformarono a poco a poco anche il sistema dei trasporti. Nel 1814 George Stephenson costruì la prima locomotiva a vapore e inventò il sistema delle rotaie. Nel 1830 venne inaugurato il trasporto di merci e passeggeri sulla linea che univa Manchester, Disegno di un ponte ad arcata unica di T. Telford. il principale centro manifatturiero tessile inglese, a Liverpool, porto di approdo del cotone grezzo proveniente dall’America o dalle colonie e porto di partenza dei prodotti tessili finiti. Nel 1850 l’Inghilterra aveva una rete ferroviaria già estremamente sviluppata ed estesa per circa 10.000 chilometri. Si trattò di un volano importantissimo per lo sviluppo del sistema industriale nazionale: in primo luogo perché velocizzò in misura straordinaria i traffici e in secondo luogo perché agì da stimolo per il comparto siderurgico, chiamato a supportare il grande bisogno di ferro per binari, locomotive e vagoni. La nascita della fabbrica e la figura del capitalista imprenditore La diffusione delle macchine portò a una completa trasformazione del lavoro. All’artigiano che nel suo laboratorio, con pochi collaboratori, produceva una quantità limitata di beni si sostituì gradualmente l’operaio che lavorava nella fabbrica. Vi fu dapprima una fase in cui chi aveva accumulato ricchezze organizzò il lavoro fornendo le nuove macchine, specie i nuovi telai, alle botteghe degli artigiani o ai lavoratori a domicilio. Il passo successivo fu però breve e consistette nel concentrare il lavoro industriale solo nelle fabbriche. I protagonisti di questa evoluzione furono coloro che disponevano di capitali: perciò vennero definiti «capitalisti». In una prima fase, quando ancora le macchine erano di legno e non erano necessari investimenti massicci, tra essi si contarono piccoli possidenti agricoli, figli cadetti della nobiltà, maestri artigiani. In seguito, i membri della nuova classe borghese imprenditoriale vennero per lo più dalle file della proprietà fondiaria e del commercio, perché erano i soli a disporre del denaro necessario per acquistare le nuove macchine e avviare l’attività produttiva. I macchinari acquistati venivano concentrati in grandi edifici, dove © Loescher Editore – Torino 158 1760 Una macchina a vapore di James Watt, 1769, Londra, Science Museum. Dossier 7 p. 340 Dossier 14 p. 354 © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 159 3 6 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione potevano essere azionati da una o più macchine a vapore, con il supporto lavorativo di un gran numero di operai: erano, appunto, le fabbriche. La borghesia capitalistica aveva dunque una composizione eterogenea e i suoi membri non erano accomunati dai privilegi di nascita o dalla ricchezza, ma piuttosto dalla fiducia nel futuro, dalle grandi capacità organizzative, dalla propensione al rischio. Naturalmente, essi si aspettavano di ottenere un forte guadagno dalla spesa sostenuta per avviare l’attività di fabbrica. Proprio da tale aspettativa e dalle dure condizioni imposte agli operai nel nuovo ambiente di lavoro derivarono i primi accesi conflitti tra padroni e salariati. Rivoluzione industriale Inghilterra tre Settecento e Ottocento Introduzione delle macchine (che sostituirono il lavoro manuale) Produzione di beni in grande quantità Nascita dell’industria (che sostituì l’artigianato) Dossier 8 p. 342 6.3 Il mondo della fabbrica • egli non possedeva le macchine con le quali lavorava, né le materie prime, né la fabbrica; logico era inarrestabile e che il sabotaggio dei macchinari rappresentava una forma di rivolta ingenua e senza speranza. La crisi del lavoro artigianale e a domicilio • doveva recarsi al lavoro abbandonando la sua abitazione e restava in fabbrica il tempo stabilito dai suoi proprietari, cioè per turni di 10 e anche 12 ore; Lavoro di fabbrica e quartieri operai: nascono le città industriali e la vita degli operai Prima della diffusione delle fabbriche tutti i manufatti (vestiti, scarpe, stoviglie, attrezzi da lavoro e così via) venivano creati dagli artigiani. Ogni artigiano era proprietario dei propri strumenti di lavoro, svolgeva la propria attività in un laboratorio dove pochi aiutanti lavoravano alle sue dipendenze e imparavano anche il mestiere. L’artigiano produceva ogni singolo oggetto in ogni sua parte: conosceva, cioè, tutta l’«arte» di realizzare un prodotto e stabiliva il tempo necessario e le procedure per arrivare a un buon risultato. Egli aveva un rapporto diretto con i clienti e con loro discuteva il prezzo della sua merce. Gli artigiani lavoravano isolati l’uno dall’altro, ciascuno nella propria bottega, e solo in alcuni casi, specialmente nel settore tessile, accadeva che più artigiani lavorassero per un unico cliente, per esempio un ricco mercante. In modo analogo funzionava l’industria a domicilio, diffusa soprattutto nelle campagne, dove era più facile sfuggire ai rigidi controlli delle corporazioni. Un mercanteimprenditore affidava il lavoro – per esempio, la tessitura al telaio di alcune stoffe – a una famiglia, che assolveva la commissione e veniva pagata. In questo caso l’attività economica era quasi sempre incentrata sul lavoro delle donne. L’introduzione delle macchine e la nascita delle fabbriche tolse occupazione alle botteghe artigiane e all’industria a domicilio, che entrarono in crisi e progressivamente scomparvero. Nessun lavoratore manuale poteva infatti sostenere la competizione delle macchine, che producevano grandi quantità di prodotto in poco tempo e soprattutto con un prezzo finale per pezzo assai più basso di quello praticabile da qualsiasi artigiano. In conseguenza di ciò una grande massa di manodopera per le fabbriche si rese disponibile. D8 L’operaio: la divisione del lavoro e il luddismo La tessitura con il telaio elettrico alla Swainson and Birley Mill, 1835. La prima Rivoluzione industriale La condizione dell’operaio di fabbrica era molto diversa da quella dell’artigiano in bottega o dei lavoratori a domicilio: • non sapeva «creare» un oggetto, ma soltanto seguire il movimento della macchina, e inoltre era la macchina a stabilire il ritmo del suo lavoro. • non aveva rapporti con i clienti, perché era il padrone della fabbrica a vendere la merce al pubblico. Infine, cosa più importante, l’operaio era sottoposto a una rigida «divisione del lavoro»: era cioè responsabile di una sola fase della produzione e ignorava le fasi precedenti e quelle successive. Egli, quindi, non imparava un mestiere, ma sapeva solo far eseguire alle macchine una singola operazione, ripetuta all’infinito in modo sempre uguale. [Testimonianze documento 1, p. 220] Come è facile immaginare, si trattava di un sistema di lavoro alienante e assai lontano dai modi tradizionali dell’attività umana, che per millenni si era misurata sui tempi della natura. Il cambiamento imposto dalla diffusione delle macchine e delle fabbriche ebbe così un impatto tale da provocare subito reazioni violente. D9 Nel corso del primo decennio dell’Ottocento si sviluppò il movimento luddista , che esprimeva la protesta degli operai, insoddisfatti delle condizioni in cui si trovavano, e di molti artigiani e lavoratori a domicilio del settore tessile, che si vedevano rovinati dalla concorrenza delle fabbriche. I luddisti non si limitarono alle manifestazioni di piazza, ma agirono distruggendo macchinari e merci in diverse città inglesi. La reazione delle autorità fu molto decisa. Del resto, nel Parlamento e al governo sedevano solo rappresentanti dei ceti sociali che traevano forti benefici dalla Rivoluzione industriale: essi non si ponevano il problema della condizione dei lavoratori. Molti luddisti furono incarcerati e, negli anni dell’acme della protesta, tra 1811 e 1813, si giunse a comminare la pena di morte per i loro reati. L’autorità politica si schierò dunque a favore della massiccia trasformazione economica in atto. I luddisti, a loro volta, non compresero che il cambiamento tecno- Gli operai dovevano stabilirsi con le loro famiglie nei pressi delle fabbriche. Queste erano poste in vicinanza dei fiumi, perché l’acqua era indispensabile per far funzionare le macchine a vapore, e in corrispondenza delle principali vie di comunicazione, per poter far circolare più facilmente materie prime e prodotti finiti. Entrambe queste condizioni favorirono la concentrazione delle fabbriche nelle periferie delle grandi città. Nel corso della prima metà dell’Ottocento, centri come Manchester, Birmingham, Liverpool, Londra (la cui popolazione già alla fine del Settecento sfiorava il milione di abitanti) furono circondati da vaste zone industriali, dove accanto alle fabbriche, in vie strette e anguste, sorsero rapidamente quartieri destinati agli operai, in cui i servizi igienici erano scarsi, la rete fognaria assente, le vie strette e ingombre di rifiuti e liquami. D8 L’inquinamento dell’aria e delle acque, provocato dalle industrie, causava malattie di ogni tipo. La mortalità, soprattutto infantile, era altissima. L’affollamento e la miseria facevano di questi quartieri lo specchio del degrado, in netto contrasto con l’immagine di progresso e sviluppo che l’evoluzione tecnologica e l’avanzamento economico davano in quello stesso periodo dell’Inghilterra. Gli operai inoltre, come già accennato, sperimentavano pessime condizioni di lavoro. Le fabbriche infatti erano ambienti rumorosi e maleodoranti e i ritmi di lavoro erano così intensi e prolungati che spesso accadevano incidenti. A lavorare non erano solo uomini e donne adulti, ma anche ragazzi di dieci-dodici anni e spesso anche molto più piccoli. Le paghe erano basse perché il lavoro di operaio non richiedeva alcuna specializzazione e gli aspiranti all’impiego erano numerosi. Così i lavoratori – ridotti essi stessi a merce – venivano messi di fronte a una scelta obbligata: accettare compensi miseri o rinunciare al lavoro e ridursi alla fame. [Testimonianze documento 2, p. 220] I vecchi, i malati e i disoccupati, infine, non avevano alcuna protezione ed erano abbandonati a se stessi. © Loescher Editore – Torino 160 1760 Bambini che lavorano in una fabbrica di mattoni in Inghilterra, 1871. G. Doré, Londra dalla ferrovia sopraelevata, incisione tratta da Viaggio a Londra, 1872. movimento luddista: movimento che prese il nome dall’operaio inglese Ned Ludd, che nel 1779 era stato giustiziato per aver distrutto per protesta un telaio di nuova invenzione. Dossier 8 p. 342 Dossier 9 p. 344 © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 161 3 6 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione La «questione sociale» e le prime lotte degli operai p. 218 indennità: assegno spettante ai deputati e ai senatori per l’espletamento delle loro funzioni. Album p. 166 Tra Settecento e Ottocento, un crescente numero di contadini abbandonò le campagne inglesi e si spostò in città alla ricerca di lavoro nelle nuove attività industriali. Ci fu, quindi, un forte aumento della popolazione urbana e la disponibilità di tanta manodopera indusse i capitalisti a ridurre i già bassi salari, aggravando ulteriormente la situazione degli operai. In breve, divenne evidente che stava nascendo una nuova classe sociale, il cui sviluppo stava cambiando il volto della società e i cui problemi e richieste esigevano soluzioni e risposte adeguate. Era il proletariato urbano, composto da quanti avevano nella forza delle proprie braccia e nei figli (la prole) l’unica risorsa da spendere nella competizione per la vita. Le durissime condizioni di vita e di lavoro a cui i proletari erano costretti crearono un diffuso malcontento. Per questo, nel corso dell’Ottocento e poi ancora del Novecento, la «questione sociale», cioè lo sforzo di portare a un miglioramento delle condizioni di vita degli operai, acquistò maggiore importanza. Consapevoli della loro forza, i salariati dell’industria cominciarono infatti a far sentire la loro voce con proteste e scioperi. Queste prime lotte vennero duramente represse dalle autorità. Nel 1800 il Parlamento inglese dichiarò addirittura fuorilegge le associazioni che chiedevano migliori condizioni di lavoro. E nel 1819, a Manchester, l’esercito intervenne contro una manifestazione di decine di migliaia di operai che protestavano per il rincaro del prezzo del pane, provocando 11 morti e centinaia di feriti tra la folla. Le proteste non si attenuarono e nel 1824 fu revocata la proibizione di formare associazioni a tutela dei lavoratori: vennero così alla luce i primi sindacati, le cosiddette Trade Unions. Nel 1833 fu approvata una legge che per la prima volta proteggeva i bambini e limitava i loro turni di lavoro a dieci ore massime, poi ridotte a otto. Tra 1847 e 1850 anche l’orario di lavoro degli adulti fu ridotto a dieci. I sindacati riuscirono a costringere lo Stato a prendersi cura di chi era vittima di incidenti sul lavoro e di chi, ormai anziano, non poteva più lavorare. Fu infatti organizzata una prima forma di servizio sanitario gratuito, che forniva assistenza medica a chi era sprovvisto di mezzi, e furono creati i primi fondi per assicurare una pensione agli anziani. Grazie all’opera dei sindacati e all’intervento legislativo del Parlamento, fu così in parte ripristinato l’antico sistema di tutele dei più deboli promosso dalle corporazioni e dai vincoli solidaristici di villaggio, che era stato completamente scardinato dall’affermazione del libero mercato del lavoro seguito alla nascita del sistema produttivo di fabbrica. Risultato di tali politiche fu per l’Inghilterra l’attenuamento delle tensioni sociali. A Dalle richieste sociali a quelle politiche: il «cartismo» Mentre le condizioni di vita degli operai cominciavano a migliorare, diventava sempre più evidente che i lavoratori non avrebbero potuto difendere i propri interessi finché non fossero stati rappresentati in Parlamento, dove sedevano solo deputati eletti dalla nobiltà e dalla borghesia. La quasi totalità degli operai, infatti, era esclusa dal diritto di voto. Nel 1832 le Trade Unions e la parte più democratica dell’opinione pubblica cominciarono a lottare per ottenere una modifica della legge elettorale. Nel 1838 fu pubblicato in proposito un documento di richiesta, la Carta del Popolo, da cui prese il nome il movimento di protesta degli operai: il «movimento cartista». I cartisti chiedevano l’introduzione del suffragio universale maschile, con l’abolizione dei criteri di censo che ancora regolavano l’accesso alle urne. Chiedevano inoltre elezioni annuali, il voto segreto e l’indennità per i parlamentari: quest’ultima avrebbe permesso anche ai non benestanti di sedere alla Camera dei Comuni. La Carta del Popolo raccolse oltre un milione di firme e la sua diffusione fu accompagnata da scioperi e manifestazioni di protesta. Ma i deputati inglesi erano contrari ad aprire le porte del Parlamento agli operai, perché temevano che i rappresentanti dei lavoratori avrebbero preteso privilegi e parte della proprietà delle fabbriche e dei commerci. Per questo motivo, il «cartismo» fu represso con durezza. Una nuova stagione nelle richieste dei salariati si aprirà nella seconda metà dell’Ottocento, quando la Rivoluzione industriale si sarà ormai diffusa dall’Inghilterra al resto d’Europa e nasceranno i primi partiti politici dei lavoratori. 6.4 La diffusione della La prima Rivoluzione industriale Tra 1700 e 1800 la popolazione europea crebbe da 115 a 185 milioni di persone, con un incremento particolarmente pronunciato dopo la metà del secolo. Più avanti l’incremento demografico ebbe un’ulteriore impennata: 240 milioni di abitanti a metà dell’Ottocento e circa 380 nel 1900. In pratica, nel XIX secolo la popolazione europea raddoppiò. Infine, al termine delle guerre napoleoniche e grazie alla stabilità assicurata dal Congresso di Vienna (1814-1815), anche diverse aree del continente europeo conobbero l’avvio dell’industrializzazione. A molti governi appariva evidente che la superiorità inglese in campo economico, doveva venire combattuta investendo nel progresso tecnologico e nello sviluppo produttivo. [ I NODI DELLA STORIA p. 164] Rivoluzione industriale in Europa Le premesse dello sviluppo industriale sul continente europeo La Rivoluzione industriale prese avvio in Inghilterra e ciò avvenne per il concorso di alcune circostanze presenti nell’area britannica, come abbiamo già visto. Sul continente europeo, diverse di queste condizioni erano assenti. Per esempio, i piccoli proprietari terrieri francesi e i grandi latifondisti prussiani non mostravano la tendenza – spiccata nei proprietari inglesi – a migliorare con la tecnologia o i nuovi metodi di coltivazione la produttività dei propri fondi. Egualmente, mancava una classe borghese degli affari ampia come quella anglosassone e altrettanto forte sul piano economico e politico. L’Inghilterra contava inoltre sull’impero coloniale più vasto, dal quale attingere ogni sorta di materia prima e sul quale riversare le merci prodotte nella madrepatria. Diseguale, sul continente, era pure la distribuzione dei giacimenti di carbone e ferro, essenziali rispettivamente come fonte energetica e materiale per la costruzione di macchinari. Rilevante era invece anche sulla terraferma l’incremento demografico, generato come in Inghilterra da un miglioramento di condizioni igienico-sanitarie e alimentari, e dalla diminuzione di carestie ed epidemie. Dove e come prese piede la Rivoluzione industriale Lo sviluppo industriale del continente fu al principio più lento di quello inglese, ma assunse presto una forte accelerazione e si avvantaggiò di tutte le novità che erano già state sperimentate in area britannica: in particolare le nuove macchine a vapore, il sistema delle fabbriche e la sua organizzazione del lavoro. La legislazione sociale inglese venne presa ad esempio e adattata alle diverse realtà locali europee. Le regioni interessate da questi eventi furono il Belgio, il Nord della Francia, la Svizzera e la Prussia. Lo sviluppo industriale continentale presentò poi due rilevanti differenze rispetto a L’espansione dell’industria in Europa nel XVIII-XIX secolo Area industrializzata nel tardo Settecento Area industrializzata nel primo Ottocento Area industrializzata a metà dell’Ottocento Area industrializzata nel tardo Ottocento Göteborg Glasgow Dublino Bruxelles Madrid Mosca Copenaghen Danzica Amburgo Breslavia Colonia Praga Nantes Basilea Monaco Vienna Lione Torino Milano Tolosa Marsiglia Genova Parigi Bilbao San Pietroburgo Riga Manchester Londra Stoccolma Kiev Rostov Odessa Barcellona Valencia Napoli © Loescher Editore – Torino 162 1760 © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 163 3 6 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione quello inglese. Da un lato, a fornire capitali agli imprenditori intenzionati ad aprire fabbriche furono soprattutto le banche, dove proprietari terrieri e mercanti depositavano i loro soldi. Dall’altro, il primo comparto industriale a svilupparsi non fu quello tessile, ma quello estrattivo e metallurgico. Tali peculiarità apparvero particolarmente evidenti in Prussia, dove fu addirittura lo Stato ad assumere un ruolo di primo piano nello stimolare l’avvio dell’industrializzazione con cospicui finanziamenti pubblici, incentivi all’estrazione di carbone e ferro, creazione delle infrastrutture necessarie all’aumento dei traffici. Nonostante gli sforzi di Parigi e Berlino, il divario quantitativo nel progresso industriale tra continente e Inghilterra rimase comunque enorme. Nel 1855 l’Inghilterra estraeva una quantità di carbone pari a 6,5 volte quello estratto in Germania e ad 11 volte quello estratto in Francia. Nello stesso anno, l’Inghilterra produceva 1,8 milioni di cavalli vapore, contro 1,3 milioni della Francia e 600.000 della Germania. Alla metà esatta del secolo, l’Inghilterra contava sul doppio dei binari ferroviari tedeschi e sul triplo di quelli francesi. Non bisogna infine dimenticare che da questo processo rimasero escluse le regioni socio-economicamente meno avanzate del continente. Esse conobbero l’industrializzazione solo dopo il 1870, nel corso di quella che viene definita «seconda Rivoluzione industriale»: parliamo di Italia settentrionale, resto della Francia e della Germania, Austria, Paesi scandinavi e Russia. In questo stesso periodo, la trasformazione dei sistemi produttivi coinvolse anche, fuori dall’Europa, gli Stati Uniti e il Giappone. 1710 Il Parlamento britannico autorizza le enclosures 1733 Kay inventa la spoletta volante 1764 Hargreaves inventa la spinning jenny 1765-1784 Watt perfeziona la macchina a vapore 1765-1780 L’industrializzazione si avvia anche in Francia, Belgio e Svizzera 1787 Cartwright mette a punto il primo telaio completamente meccanico I NODI DELLA STORIA Come cambiò l’Inghilterra con la Rivoluzione industriale? Quando si parla di Rivoluzione industriale bisogna sempre partire da un dato di fatto molto importante: essa non partì contemporaneamente in tutta l’Europa e non condizionò allo stesso modo lo sviluppo socioeconomico del continente. Per capire questo concetto basti pensare che, mentre il sistema della fabbrica capitalistica era già una realtà in Inghilterra all’inizio dell’Ottocento, nell’Europa orientale si era ancora ben lungi dal superare quel particolare modello di economia feudale che si era, nei secoli, sviluppato. L’abolizione della servitù della gleba nella Russia zarista, infatti, avvenne solo nel 1861, quando il capitalismo inglese era una realtà mondiale, l’industrializzazione della Francia era compiuta e gli Stati tedeschi, non ancora uniti in un impero, già si preparavano a recuperare il tempo perduto. Mentre i contadini russi stentavano a emanciparsi dai loro signori terrieri, il sistema industriale britannico avevo cambiato lo scenario dei rapporti sociali e della relazione tra capitali investiti e merci prodotte. Ma era soprattutto il concetto di lavoro a essere cambiato per sempre. Per secoli le poche merci non autoprodotte dai contadini e quelle destinate al mercato del lusso erano state fabbricate in botteghe cittadine da un numero limitato di artigiani, ben protetti dal sistema delle corporazioni e da norme giuridiche specifiche. Il sistema basato sulla fabbrica, invece, faceva piazza pulita di modelli e convenzioni antichissime. L’in- 164 © Loescher Editore – Torino troduzione delle macchine velocizzava il processo produttivo, aumentava il numero e il volume delle merci prodotte; la divisione sociale del lavoro segmentava il processo produttivo in mansioni sempre più limitate a poche e sicure azioni sempre uguali a se stesse. Il lavoratore della fabbrica, l’operaio, non era più il detentore di saperi specialistici costruiti in anni di praticantato nella bottega di un artigiano esperto, ma il venditore di pura «forza lavoro» tanto facilmente reclutabile quanto sostituibile. La Rivoluzione industriale non cambiò solo gli assetti economici e sociali, ma modificò profondamente la psicologia collettiva, le forme della vita sociale e, persino, il panorama urbano delle città nelle quali si insidiarono le fabbriche. Piccoli borghi del Nord dell’Inghilterra come Liverpool o Manchester divennero grandi centri urbani industriali, circondati da quartieri operai, disordinati e malsani. Nel clima plumbeo delle nuove città industriali, rese grigie dall’aria inquinata e irrespirabile, si generò il più significativo processo di evoluzione della storia dell’Occidente. Una rivoluzione basata sulla macchina a vapore, sulla spoletta volante dei nuovi telai meccanici, sugli altiforni e su eserciti di salariati che nella fabbrica avrebbero trovato un lavoro diverso da quello delle campagne, ma anche un’occasione per sperimentare una nuova identità di classe e forme prima sconosciute di solidarietà. 1811 Prime proteste operaie: i luddisti distruggono le macchine 1819 L’esercito reprime una protesta operaia a Manchester 1824 Viene autorizzata la formazione delle Trade Unions 1830 Stephenson inaugura la ferrovia Liverpool-Manchester 1870 L’industrializzazione raggiunge Italia, paesi scandinavi e la Russia La prima Rivoluzione industriale 1 Nella seconda metà del Settecento il Regno Unito è uno Stato in pieno sviluppo. Le classi sociali più ricche e dinamiche stimolano la modernizzazione dell’agricoltura. Nella seconda metà del Settecento il Regno Unito aveva ormai ottenuto una piena supremazia sui mari e, grazie all’impero coloniale in crescita, era al centro del commercio mondiale e disponeva di una grande quantità di materie prime. I proprietari terrieri e la borghesia mercantile si mostrarono pronti a sfruttare questa ricchezza. Un settore che conobbe un forte sviluppo fu l’agricoltura. Tutte le terre fino ad allora lasciate libere per gli usi comunitari furono recintate; inoltre, grazie a nuovi strumenti, come la seminatrice e l’aratro metallico, e a nuovi sistemi di coltivazione, come la rotazione quadriennale, le rese agricole salirono considerevolmente. Crebbe anche l’allevamento di ovini da lana, che forniva materie prime per le manifatture tessili. 2 Nel settore tessile i «capitalisti» investono grandi somme di denaro per sfruttare le eccezionali innovazioni tecnologiche del periodo: è l’inizio della Rivoluzione industriale. Le manifatture tessili a metà secolo erano ancora organizzate con sistemi di produzione artigianali. Nella seconda metà del Settecento vennero introdotte, proprio in questo settore, importanti innovazioni tecnologiche: nuovi filatoi e telai meccanici inaugurarono l’era delle macchine, e determinante fu l’invenzione della macchina a vapore. I capitalisti, cioè i possessori di ricchezze da investire (in particolare proprietari fondiari e mercanti), acquistarono le prime macchine e concentrarono la produzione in appositi edifici: nacquero così le fabbriche, dove trovarono occupazione gli operai. 3 La migrazione della manodopera contadina verso i centri urbani porta alla nascita delle prime città industriali. Le condizioni di vita degli operai sono difficilissime. La manodopera inoperosa delle campagne prese a trasferirsi in città, e nelle periferie dei centri urbani sorsero i primi quartieri industriali. Migliaia di contadini (compresi donne e bambini) si trasformarono in operai di fabbrica e si sottoposero, in cambio di un salario misero, a una rigida divisione del lavoro e a nuovi e pesanti ritmi di produzione. Le difficili condizioni dell’ambiente di fabbrica e l’affollamento, la miseria e la delinquenza dei quartieri residenziali delle città industriali causarono disagi gravissimi agli operai e alle loro famiglie. 4 Emerge la «questione sociale» ed esplodono le lotte operaie, che otterranno i primi risultati a partire dagli anni venti dell’Ottocento. Mentre i capitalisti videro aumentare rapidamente i loro guadagni, emerse la cosiddetta «questione sociale». Gli operai cominciarono a organizzarsi per affermare i propri diritti: orari di lavoro più brevi, assistenza per i malati e gli anziani, paghe più elevate. Le prime proteste operaie furono represse con durezza, ma dal 1824 finalmente nacquero le prime organizzazioni sindacali, le Trade Unions, e gradualmente furono introdotte alcune norme di legge favorevoli ai lavoratori. Il diritto di voto fu tuttavia ancora negato e la rappresentanza parlamentare rimase una prerogativa della nobiltà e della borghesia. 5 Nel corso dell’Ottocento l’industrializzazione si diffonde nel resto dell’Europa, anche se in non modo uniforme. Al termine delle guerre napoleoniche, seppure con ritardo, l’industrializzazione si diffuse anche nell’Europa continentale. Diversamente da quanto accaduto nel Regno Unito, un ruolo fondamentale negli investimenti fu assunto dalle banche e dallo Stato, che cercò in ogni modo di incentivare lo sviluppo produttivo. Protagonisti furono il Belgio, il Nord della Francia, la Svizzera e la Prussia. Rimasero escluse dall’industrializzazione le regioni meno avanzate d’Europa, le quali approderanno al sistema di fabbrica solo nella seconda metà dell’Ottocento: tra esse, l’Italia, gran parte della Francia e della Germania, i paesi scandinavi e la Russia. © Loescher Editore – Torino 165 3 6 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione Dalla Rivoluzione industriale alla «questione sociale» L’operaio e la macchina La Rivoluzione industriale poneva il problema di un nuovo rapporto tra il lavoratore e la macchina. Infatti, da un lato la macchina costringeva l’operaio a uno stato di crescente alienazione rispetto al suo lavoro, sempre più ridotto a una ripetizione seriale di gesti all’interno della catena produttiva. Dall’altro, lo sviluppo tecnologico e la diffusione di avanzati sistemi di produzione consentivano a imprenditori e capitani d’industria di ricorrere a un numero sempre minore di manodopera, alimentando così la disoccupazione o la sottoccupazione. La Rivoluzione industriale, oltre a costituire un nuovo sistema organizzato di produzione di beni, e quindi di ricchezza economica, aprì una nuova, immensa questione sociale. I primi operai erano infatti spesso artigiani impoveriti e sottratti ai loro laboratori o più spesso contadini costretti a emigrare nelle città in cerca di occupazione nelle nascenti fabbriche. La Rivoluzione industriale provocò inoltre – come sua prima e fondamentale conseguenza – una profonda trasformazione del paesaggio sociale e umano. I nuovi agglomerati industriali La presenza di concentrazioni di fabbriche nelle periferie delle città inglesi, di Manchester in particolare, rappresentò una novità assoluta e per molti versi sconvolgente. Ciminiere fumanti, magazzini per macchine imponenti, case di mattoni rossi, ma anneriti dal fumo: queste erano le caratteristiche delle nuove città dominate dai progressi industriali, oggetto dei grandi romanzi dello scrittore inglese Charles Dickens. J. Nasmyth, Steam Hammer, una forgia a vapore al lavoro in una fonderia inglese, XIX secolo. Il movimento operaio Paesaggio inglese con fabbriche e ciminiere tipico della Rivoluzione industriale, seconda metà dell’Ottocento. La vita degli operai Le condizioni di lavoro dei primi operai erano durissime; nei nuovi e crescenti conglomerati urbani industriali erano spesso segnate dall’indigenza, dalla fatiscenza delle loro abitazioni, dalla mancanza di igiene. In questa prima fase dell’industrializzazione particolarmente esposti allo sfruttamento erano donne e bambini. Non sorprende che il giovane Friedrich Engels nel 1844, prima ancora di redigere insieme a Marx il Manifesto del Partito comunista, fosse stato colpito dalle nuove masse operaie. H. von Herkomer, In sciopero, 1891, Londra, Royal Academy. 166 © Loescher Editore – Torino La prima Rivoluzione industriale Dagli anni Sessanta dell’Ottocento, il crescente malcontento da parte di quello che si cominciava a chiamare il movimento operaio fu all’origine delle forme associative tese a migliorarne le condizioni di vita e di lavoro: società di mutuo soccorso, cooperative, camere del lavoro, circoli ricreativi, sindacati, partiti politici. Alle prime associazioni spontanee si affiancarono, nella seconda metà dell’Ottocento, formazioni via via più organizzate e coordinate sul piano nazionale e internazionale. Le istanze di lotta dal basso, tese a rivendicare condizioni salariali o lavorative più dignitose, si intrecciarono con la volontà di un rinnovamento totale della società e di un rovesciamento radicale dei rapporti di forza tra borghesia e proletariato. Macchinario per battere il ferro in una fabbrica dell’Ottocento. R. Koehler, Lo sciopero,1886, Berlino, Museo di Storia Tedesca. A. von Menzel, La fonderia, 1872-1875, Berlin, Alte Nationalgalerie. © Loescher Editore – Torino 167 3 6 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 2 Osserva la cartina a p. 156 e rispondi alle domande: nei primi decenni dell'Ottocento, qual è il paese più industrializzato d'Europa? Quali fattori hanno reso possibile la sua industrializzazione? ATTIVITÀ 1 XVIII secolo 2 XIX secolo a b c d e f g h i l Nel John Kay inventa la spoletta volante in grado di spostare autonomamente il filato sul telaio Nel George Stephenson costruisce la prima locomotiva a vapore Nel l’esercito interviene contro una manifestazione di operai che protestavano per il rincaro del prezzo del pane, provocando 11 morti e centinai di feriti Nel James Hargreaves inventa il filatoio spinning jenny, che consente a un solo operaio di seguire più fusi contemporaneamente Nel viene revocato il divieto di formare associazioni a tutela dei lavoratori; nascono così i primi sindacati Nel viene approvata una legge che protegge i bambini e limita i loro turni di lavoro a dieci ore massime Nel Edmund Cartwright costruisce un telaio completamente meccanico Nel viene inaugurato il primo trasporto merci e passeggeri sulla linea Manchester-Liverpool Tra il e il le proteste dei luddisti raggiungono il loro acme Nel viene pubblicata la «Carta de Popolo», in cui si chiede l’introduzione del suffragio universale e l’abolizione dei criteri di censo Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo della Rivoluzione industriale. 1 2 3 4 Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi collega ciascun fatto al secolo in cui avviene. 5 La prima Rivoluzione industriale Filatura Tessitura Filanda Indennità Prova a riflettere sul significato di «alienazione» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega perché con l’avvento della Rivoluzione industriale si parla di «sistema di lavoro alienante». Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa alla Rivoluzione industriale inglese. Poi rispondi alle domande. Le condizioni fondamentali della Rivoluzione industriale inglese Esplora il macrotema 3 Completa il testo. In Inghilterra, l’introduzione delle macchine e la nascita delle industrie portano una completa trasformazione del lavoro: infatti, all’artigiano che nel suo (1) , con pochi collaboratori, produce una quantità limitata di beni si sostituisce gradualmente l’operaio che lavora nella (2) . Prima ogni artigiano era proprietario dei propri (3) di lavoro, svolgeva la propria attività in un laboratorio (in genere senza contatti con gli altri artigiani) e produceva ogni singolo oggetto in ogni sua parte: conosceva, cioè, l’«arte» di realizzare un prodotto e stabiliva il (4) necessario e le procedure per arrivare a un buon risultato. Egli inoltre aveva un rapporto diretto con i (5) , con i quali discuteva il prezzo della sua merce. In modo analogo funzionava l’industria a domicilio, diffusa soprattutto nelle (6) : un mercante imprenditore affidava il lavoro a una famiglia, che assolveva la commissione e veniva pagata. Con la nascita delle fabbriche queste forme di lavoro entrano in crisi e scompaiono progressivamente: nessun lavoratore manuale, infatti, può sostenere la competizione delle macchine, che producono (7) quantità di prodotto in poco tempo e soprattutto con un prezzo finale per pezzo assai più basso di quello praticabile da qualsiasi (8) . La condizione dell’operaio di fabbrica è molto diversa: egli non possiede le macchine con le quali lavora, né le materie prime, né la macchina; deve recarsi al lavoro abbandonando la sua (9) e resta in fabbrica il tempo stabilito dai suoi proprietari; non sa «creare» un oggetto, ma soltanto seguire il movimento della (10) , e inoltre è la macchina stessa a stabilire il ritmo del suo lavoro. Egli non ha rapporti con i clienti e, cosa più importante, è sottoposto a una rigida «(11) del lavoro»: l’operaio, infatti, è responsabile di una sola fase della produzione e ne ignora le fasi precedenti e successive. Egli, quindi, non impara un mestiere, ma sa solo far eseguire alle macchine una singola operazione, ripetuta all’infinito in modo sempre uguale; si tratta di un sistema di lavoro (12) . Il cambiamento imposto dal lavoro nelle fabbriche e le dure condizioni degli operai producono fin da subito reazioni violente, che sfociano nel movimento (13) e nei primi accesi conflitti tra padroni e salariati. 168 © Loescher Editore – Torino 1 Perché l’impero coloniale inglese gioca un ruolo importante nella Rivoluzione industriale? 2 Perché l’incremento demografico gioca un ruolo importante nella Rivoluzione industriale? 3 Chi sono i protagonisti della Rivoluzione industriale? Mostra quello che sai 7 Osserva le immagini a p. 161 e ricavane informazioni sulle condizioni di vita e di lavoro degli operai nel primo Ottocento. © Loescher Editore – Torino 169