Sull`esempio inglese anche alcune regioni europee, quelle nord

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Sull'esempio inglese anche alcune regioni europee, quelle nord-occidentali,
vivono la rivoluzione Industriale . Incremento dell'agricoltura e dei commerci,
tecnologia ed espansione demografica alla base del processo. Fioriscono l'
industria estrattiva del carbone, la siderurgia , la chimica . Si diffonde un
nuovo sistema economico: il capitalismo basato sulla proprietà privata dei
mezzi di produzione e dei capitali. Sviluppo del sistema bancario. Le Borse . Il
supporto all'industrializzazione è fornito dalle ferrovie . Profondo mutamento
sociale: nascono la borghesia capitalista , detentrice dei mezzi di produzione e
il proletariato , la cui unica ricchezza è la forza-lavoro. Gli operai lavorano in
condizioni tristissime nelle fabbriche. I lavoratori inglesi si riuniscono nelle
Trade Unions , legalizzate nel 1824. In Francia nascono le Società di mutuo
soccorso . La loro lotta in difesa degli operai è molto difficile. Solo una piccola
parte della borghesia è favorevole alle loro richieste. Nel 1831 la prima legge a
tutela dei bambini in Inghilterra. In Francia ne viene emanata una solo nel
1841.
La rivoluzione industriale, iniziata in Inghilterra sul finire del XVIII sec., non
tardò a manifestarsi anche in Europa. Il fenomeno non fu generalizzato, ma
riguardò solo alcune regioni del continente: Francia, Prussia, poche aree
dell'Impero Asburgico e zone isolate dell'Italia settentrionale; nelle Americhe si
verificò nel nord degli Stati Uniti. Il “decollo” dell'industria fu legato da un lato
a un aumento della produttività agricola, dall'altro a importanti innovazioni
tecnologiche, all'impennata dei commerci con conseguente accumulo di capitali
e alla crescita demografica. Su queste basi si sviluppò il capitalismo, sistema
economico basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e dei capitali
e sulla centralità dei mercati nel determinare i rapporti di scambio. Esso
avrebbe portato due nuove classi sociali a prendere il sopravvento: la
borghesia capitalistica, che deteneva il controllo dei sistemi di produzione
moderna, e il proletariato che “vendeva” ai capitalisti il proprio lavoro in
cambio di un salario (operai salariati). Destinati a convivere in perpetua
concorrenza, i contrasti tra i due ceti avrebbero caratterizzato gran parte del
corso storico seguente.
La ripresa dell'agricoltura
La ripresa dell'agricoltura. La rivoluzione industriale avvenne in corrispondenza
di una forte ripresa dell'agricoltura (particolarmente nei paesi più avanzati del
continente). Seguendo l'esempio inglese nelle aziende agricole vennero
introdotte nuove tecniche (sia di coltivazione sia di allevamento) e moderne
tecnologie (macchine agricole quali: seminatrici, trebbiatrici meccaniche ecc.),
tali da incrementare notevolmente i raccolti. Risultato di questi passaggi fu un
deciso aumento della redditività, con conseguente accumulo di capitali che, per
opera delle banche, furono messi a disposizione dell'industria. Ma questo
“circolo virtuoso” si innescò solo nei paesi più progrediti ed ebbe come
protagonisti esclusivamente i grandi proprietari terrieri. I piccoli proprietari e il
mondo agricolo delle regioni prevalentemente rurali (Spagna, Italia centrale e
meridionale, Polonia, Russia) restarono ancorati al passato mantenendo i
metodi produttivi arretrati.
Invenzioni, industrie e finanza
Invenzioni, industrie e finanza. La rivoluzione industriale poggiò sulle solide
basi delle scoperte scientifiche e tecnologiche effettuate nel corso del XVIII e
XIX sec. Già nel 1769, James Watt perfezionò la macchina a vapore; la sua
applicazione nel settore tessile, nella metallurgia e nei trasporti contribuì al
progresso in maniera determinante. Tra il 1830 e il 1847 il numero delle
macchine a vapore crebbe costantemente nell'Europa industrializzata: in Gran
Bretagna esse passarono da 15 a 30 mila, in Francia da 3 a 5 mila. La loro
diffusione causò un'intensificazione dello sfruttamento delle miniere di carbone.
I paesi come l'Inghilterra, la Francia, la Germania e il Belgio, che ne erano
ricchi, furono avvantaggiati. Durante la rivoluzione industriale iniziò a
svilupparsi la siderurgia. Vi erano altiforni per l'acciaio e la ghisa in Inghilterra,
a Birmingham e Glasgow; in Germania cominciò la sua attività la famiglia
tedesca dei Krupp sfruttando il bacino della Ruhr. Ben presto gli altiforni a
legna furono sostituiti con quelli a coke. Si sviluppò quindi l'industria chimica,
soprattutto per produrre concimi e colori artificiali, nonché lo zucchero; nel
1843 si mise a punto il processo di vulcanizzazione del caucciù. Fondamentale
il supporto fornito alle industrie da nuove ed efficaci reti di trasporto. Mettendo
a frutto l'invenzione del treno, nella quale ebbero una parte decisiva gli inglesi
George e Robert Stephenson, all'inizio del secolo vennero costruite le prime
ferrovie, che nel 1850 si estendevano già per 38 mila chilometri: di questi 14
mila erano negli USA e 11 mila in Gran Bretagna. Iniziò a diffondersi la
navigazione a vapore (nel 1807 l'americano Robert Fulton costruì il vaporetto
Clermont). Per comunicare a distanza lo statunitense Samuel Morse nel 1844
perfezionò il telegrafo. Il nuovo sistema capitalistico mise le imprese di fronte
alla realtà della concorrenza: occorreva produrre manufatti di qualità al prezzo
minore possibile per assicurarsi la supremazia sul mercato (legge della
concorrenza). L'allargamento della produzione industriale richiedeva una solida
organizzazione finanziaria. Le banche seppero subito adeguarsi: esse ormai
dovevano garantire alle imprese la possibilità di ottenere capitali in prestito.
Accanto alle banche pubbliche, si svilupparono quelle private con alla testa
vere e proprie dinastie (vi erano i Rotschild, i Parish, i Baring ecc.). Le stesse
imprese, crescendo, furono costrette a darsi un assetto più solido: nacquero
così le Società per Azioni, in cui più capitalisti si legavano a esse con il proprio
danaro. Per provvedere alla compravendita delle azioni, al cambio di valuta e
al collocamento dei prestiti pubblici furono fondate le Borse (Londra e Parigi le
più importanti).
Le condizioni di lavoro
Le condizioni di lavoro. Nei paesi industrializzati i lavoratori che trovarono
impiego nelle fabbriche delle città si trasferirono spesso nelle periferie urbane
con le famiglie. Costretti a vivere in abitazioni malsane, e a lavorare
sopportando ritmi massacranti (13-15 ore quotidiane), presto maturarono
l'esigenza di vedere salvaguardati i propri interessi. Gli operai salariati
iniziarono così a riunirsi in associazioni di mestiere. In Inghilterra, furono
istituite le Trade Unions (Unioni di mestiere), nate nella seconda metà del
XVIII sec. e riconosciute dal governo nel 1824. Nel 1834 fu istituita la Grand
National Consolidated Trade Union che le comprendeva tutte. Non ottenendo
successi nella legislazione del lavoro, esse si orientarono all'attività politica. Nel
1838 redassero la Carta del popolo per la democratizzazione del sistema
politico inglese. In Francia tra gli artigiani e alcuni gruppi di operai si diffusero
le Società di mutuo soccorso. Esse compresero che era in atto una separazione
tra gli interessi borghesi e quelli del popolo. Di fronte a questi movimenti la
borghesia ebbe atteggiamenti differenti. I più respingevano ogni richiesta dei
lavoratori, una piccola minoranza era favorevole a un moderato
interessamento. I governi, dal canto loro, affrontarono i problemi legati al
mondo del lavoro proletario per evitare pericolose tensioni. In Inghilterra
furono emanate leggi che limitavano a 10 ore l'orario di lavoro per donne e
bambini sotto i 10 anni nel 1831. In Francia venne limitato l'impiego dei
bambini solo nel 1841, ma la legge in proposito riguardava esclusivamente le
fabbriche con più di 20 dipendenti.
I problemi dello sviluppo capitalistico
I problemi dello sviluppo capitalistico. L'affermarsi del capitalismo, cui sono
legati lo sviluppo dell'industrializzazione, l'incremento dei commerci, i problemi
di convivenza tra borghesia e proletariato, suscitò l'interesse di molti teorici.
Nacque in questo periodo la dottrina del liberismo economico per cui la libertà
economica (il libero commercio) non ostacolata in alcun modo dall'autorità
pubblica avrebbe portato alla realizzazione di un ordine naturale della società.
Capostipite di questa corrente di pensiero fu Adam Smith (1723-1790).
Ripresero in seguito le sue teorie David Ricardo (1772-1823), Thomas Robert
Malthus (1766-1834) e John Stuart Mill (1806-1873). I principi del liberismo
furono applicati dai governi nazionali per gran parte del XIX sec. Negli stessi
anni iniziava a diffondersi il pensiero socialista.
L'espansione demografica nell'Europa d'inizio '800 e le teorie di
Malthus
Nei primi cinquant'anni del XIX sec. la popolazione europea passò da 188 a
247 milioni di abitanti. Quella della Terra da 900 milioni a un miliardo e 200
milioni. In questo contesto assunsero notevole risonanza le teorie diffuse sul
finire del Settecento dal pastore anglicano Thomas Robert Malthus (17661834). Egli, nel suo Saggio sul principio della popolazione in rapporto ai suoi
effetti sul progresso futuro della società (1798) sosteneva l'impossibilità di
sfamare la popolazione perché se questa cresceva in proporzione geometrica
(come 1-2-4-8 ecc. con uno “scatto” ogni 25 anni), la produttività della terra
aumentava solo in proporzione aritmetica (come 1-2-3, ecc. in analogo spazio
di tempo). Le teorie di Malthus si rivelarono infondate; suo merito, comunque,
fu di aver sensibilizzato i governi spingendoli a finanziare istituti per
l'agricoltura che diffondessero nel settore le scoperte scientifiche in grado di
incrementare i raccolti.
Impatto sociale dell'industrializzazione
La rivoluzione industriale comportò un generale stravolgimento delle strutture
sociali dell'epoca, attraverso una impressionante accelerazione di mutamenti
che portò nel giro di pochi decenni alla trasformazione radicale delle abitudini
di vita, dei rapporti fra le classi sociali, e anche dell'aspetto delle città,
soprattutto le più grandi.
Fu infatti prevalentemente nei centri urbani, specie se industriali, che si
avvertirono maggiormente i mutamenti sociali, con la repentina crescita di
grandi sobborghi a ridosso delle città, nei quali si ammassava il
sottoproletariato che dalle campagne cercava lavoro nelle fabbriche cittadine.
Si trattava per lo più di quartieri malsani e malfamati, in cui le condizioni di
vita erano spesso al limite della vivibilità.
Una simile situazione, sia pure con diverse varianti e aspetti peculiari a
seconda dell'epoca e dei Paesi industriali, si è protratta fino a tempi più recenti,
e ha dato spunto per una vasta letteratura, politca, sociologica, ma anche
narrativa. In Francia, ad esempio, fu Emile Zola a denunciare attraverso i suoi
romanzi le miserevoli condizioni delle classi più umili nella Parigi dell'epoca, o
ad esempio dei minatori, nel romanzo Germinal. Prima ancora, in Gran
Bretagna, Charles Dickens aveva più volte ritratto nei suoi romanzi una
umanità disperata e incattivita dagli spietati meccanismi produttivi imposti
dalla rivoluzione industriale.
Nel verismo italiano è assente la realtà industriale, in quanto il meridione si
poggiava essenzialmente su un sistema agricolo, sostituita dalla presenza di
tanti personaggi di contadini oppressi e affamati dal monopolio della nobiltà
rurale: Nedda, la ragazza protagonista della breve novella considerata uno dei
massimi capolavori di Verga, è un personaggio simbolo del disagio del Sud.
In campo politico-filosofico è indubbio che siano state le condizioni umane e
sociali delle masse operaie dell'epoca ad aver stimolato le opere di Karl Marx e
Friedrich Engels, che avranno nel secolo successivo una fondamentale
importanza nel panorama politico mondiale.
La rivoluzione industriale, a lungo andare, ha permesso comunque di elevare le
condizioni di benessere di una sempre più vasta percentuale della popolazione,
conducendo già dalla fine del XIX secolo ad un generale miglioramento delle
condizioni sanitarie (non è casuale che dalla rivoluzione industriale in poi
l'Europa non abbia più conosciuto l'incubo della peste e delle carestie di tipo
agricolo), un estendersi della alfabetizzazione, la disponibilità per un maggior
numero di persone di beni e servizi che in altre epoche erano totalmente
preclusi alle classi più povere.
Le numerose e importantissime novità tecnologiche hanno avuto un ruolo
decisivo in tal senso. L'avvento, concentrato in pochi decenni, di grandi
invenzioni come la macchina industriale a vapore, la ferrovia, l'energia
elettrica, l'illuminazione a gas e quella elettrica, il telegrafo, la dinamite, e nella
seconda fase della rivoluzione, il telefono e l'automobile, ha rapidamente
trasformato la vita della popolazione e coinvolto l'intero quadro sociale dei
paesi industrializzati, modificando alla radice secolari abitudini di vita e
contribuendo ad un rapidissimo cambio di mentalità, di equilibri fra le classi
sociali, di aspettative degli individui.
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