::: - CAPITOLO XX I moti del fiqS in Europa. ll lUB in Europa 257 Sommario Le interpretaziom del 1848 Due sono le interpretazioni preualenti del 1848: una analizza le riuoluzioni europee in rapporto alle d'ifferenti situaziorui delle classi sociali; un'altra, di carattere politico, è uolta a sottolineare la crisi dell'assetto politrco-istituzionale stabilito dal Congresso di Vienna. All'interno di questo quadro interpretatiuo c'è chi euidenzia il carattere preualentemente unitario del 1848, e chi inuece pone in rilieuo la specificità del caso francese. I1 1848 in Francia Secondo F. Furet sra nella Rtuoluzione francese del 1789, sia in quella del 1848, è presente un forte estremismo politico; nell'ambito di questo radicalismo per alcuni I'obiettiuo politico era la 1548 si pretrasformazione sociale, per altri la conquista della repubblica e della democrazia. ll sentò quindi come una sintesi di diuersi obiettiui e aspirazioni politicbe. Aspetti sociali della rivoluzione del 1848 La crisi economica in Frarucia rese più acute le tensioni sociali contribuendo a peggiorare i rapporti tra disoccupati e piccola e media borghesia, spauentata dal rischio di sommosse e saccheggi. Secondo lo storico Georges Lefebure, i riuoluzionari non seppero affrontare in modo conueto alcun problema, ma si persero nelle proclamazioni retortche e astratte. Il ll 1848 nel resto d'Europa 1S4S segnò l'ingresso delle masse popolari nella storia, come protagoniste in prima persona, pronte a battersi per un progetto politico di cui faceua parte integrante il diritto al lauoro. Larea riuoluzionaria si estese al centro del continente europeo, lasciando fuori Paesi più industrializzati come l'Inghilterra e il Belgio e quelli più arretrati, come la Russia e i territori dell'lmpero Ottomano. Secondo lo storico inglese Hobsbawm, ouunque furono presenti interessi di classe, uariamente intrecciati con riuendicaziorui di carattere etnico e nazionalistico. Secondo Saluatorelli le differenze di obiettiui impedirono alleanze durature tra forze politicbe diuerse e resero più fragile il mouimento riuoluzionario. Per Giorgio Spini il tirnore della riuoluzione democratica cialista fauorì il compromesso tra borgbesia liberale e monarchie. e so- 2s8 CAPITOLO XX Il 1848 rnltalia Il fallimento della riuoluzione del 1848, prepardta dai rnoti degli anni precedenti, fu decisiuo per auuiare su altri binari la soluzione del problema italiano; si incorninciò a guardare al Piemonte, unico Stato militarmente forte, interessato a contrapporsi alllAustria, come ad un soggetto politico capace di guidare il processo di unificazione nazionale. 1. Le interpretazioni del 1848 Nelle interpretazioni del 1848 si possono distinguere due orientamenti principali. una corrente storiografica che pone in relazione le rivoluzioni europee con l'ineguale sviluppo delle economie nazionali e dei rapporti di f orza tra le diverse classi sociali; una seconda che privilegia l'aspetto politico dei moti e quindi la rottura degli equilibri del 1815 e una conseguente, potenziale trasformazione della carta politico-territoriale del continente europeo. ln rapporto alla scelta dell'una o dell'altra teoria interpretativa, muta anche la collocazione della svolta regressiva. Per gli storici del primo gruppo va individuata nelle giornate parigine di giugno, quando fu sconfitta la rivolta operaia; per gli altri nella repressione dei moti di Praga, nella sconfitta di Custoza subìta dal Piemonte nella guerra contro l'Austria, e nella conseguente ripresa della politica degli Asburgo. È certo che nel 1848 in gran parte dell'Europa vennero posti in discussione i confini territoriali, le istituzioni politiche e le gerarchie sociali, nonché i rapporti tra gli Stati. Vi fu un incrociarsi di lotte e di rivendicazioni per cui non è facile ricostruire un quadro interpretativo unitario. Diversi storici, ponendo in rilievo proprio questa complessità, sottolineano il ruolo delle idee che si diffusero per la prima volta con eccezionale rapidità, costituendo un grandioso movrmento di opinione pubblica, mai visto prima per intensità e rapidità di sviluppo, Al centro di questo nucleo di idee rivoluzionarie stava la convinzione di poter ricreare la societa, gettando via il peso di tradizioni e vincoli avvertiti come superati dalle esigenze del presente. Lestensione e la complessità dei moti rivoluzio- nari hanno dato luogo a due tendenze storiografiche: una rivolta a sottolineare il carattere fondamentalmente unitario del 1848, pur nella varietà dei caratteri peculiari di ogni Paese; l'altra diretta a isolare il «caso francese» come una rivoluzione sociale a sé stante, non comparabile con quanto avveniva nel resto dell'Europa. La tendenza oggi prevalente e tuttavia quella che vede nelle lotte del tempo un intreccio di speranze e di rivendicazioni, di idee e di esigenze, che, come scriveva lo storico liberale Tocqueville, contemporaneo a quegli avvenimenti, erano il frutto di quel «vento della rivoluzione» tornato a soffiare vigoroso dopo la sua prima comparsa nella Francia del 1789. Le questioni del diritto al lavoro e dell'eliminazio- ne degli obblighi feudali, della ridistribuzione della terra e dei carichi fiscali, del costituzionali- smo e dell'estensione del suffragio, dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, della sovranità nazionale e della conseguente necessità di creare Stati nazionali sono temi che per la prima volta vennero posti con la Rivoluzione dell'89 e che ritornarono nel 1848, con accenti e aspetti diversi, piu complessi e diversamente intrecciati a seconda delle situazioni. È tuttavia anche presente, nella storiografia contemporanea, il riconoscimento della fragilità del movimento rivoluzionario, punto di incontro di tendenze eterogenee, momento di provvisoria convergenza di obiettivi di classi diverse e di differenti opinioni politiche. L'unità d'azione entro così facilmente in crisi e mise a nudo aspri con- flitti tra classi sociali, tra nazionalità, tra correnti politiche. ll lUB in Europa Nel secondo dopoguerra gli studi sul 1848 hanno subìto un processo di rinnovamento. Nel X Congresso lnternazionale di Scienze Storiche del 1955, sono emerse queste direttrici di la- 2 - una integrazione tra storia e scienze voro. 3 - una valorizzazione dell'approccio sociologico e antropologico interessato al mutare della mentalità e della cultura. 1 - un aspro e serrato confronto con gli storici marxisti; sociali soprattutto in Francia, Stati Uniti e Germania Federale, con ùna predilezione per l'analisi dei fenoment economtct' 2. ll 1848 in Francia ll 1848, pur essendo un movimento rivoluziona- mette in luce il radicalismo idealistico di entram- rio di carattere europeo, ebbe in Francia, indub- be le rivoluzioni, l'atteggiamento di totale fidubiamente, caratteri peculiari. Qui piu che altrove cia nell'azione politica concepita come intervenè evidente il nesso con il 1789.1o storico F. Furet to risolutore dei mali della società: F. Funsr, Il riuoluzione. secolo della 17 7 0-7880, Milano, 1989, pp. 486. 4S5- La rivoluzione del 1848 era strettamente imparentata con quella del 1789 non tanto perché ne era una imitazione quanto perché entrambe erano pervase da un medesimo spirito, da ciò che Marx, nei suoi scritti giovanili, chiamava <<illusione dell'uomo politico>>. Gli uomini del 1789 avevano creduto che, una volta ricostruito 1o Stato sulla volontà popolare, si sarebbe aperta la strada al benessere della società; quel volontarismo politico aveva avuto il suo apogeo nel giacobinismo del 1793, quando la dittatura rivoluzionafla aveva creduto di essere in grado di trasformare con la propria azione tutta la società civile e di fare, di individui mossi dall'egoismo, dei cittadini virtuosi. Nel febbraio del tS+S quella esasperata politicrzzazione, caratteristica di tuttalavita pubblica francese fin dal 1789, era più attiva che mai. Intanto, il pensiero socialista aveva dibattuto Ia questione della contraddizione, insita nella Dichiarazione dei diritti, fra l'uguagltanza promessa e f ineguaglianza reale, e incoraggtaya, a sini- sffa,lalotta per una Repubblica della vera ugtaglianza. N mito robespierriano della dittatura della virtù si era sostituita la fede nella fraternità repubbhcana; Marx non si stancava di mettere sarcasticamente in rilievo l'illusione francese che fosse 1o Stato a produrre la società, mentre era vero il contrario. à 3. Aspetti sociali della rivoluzione del 1 848 Lo storico G. Lefebvre analizza gli aspetti economici e sociali della rivoluzione in Francia, descrivendo la crisi economica, che contribuì a peggiorare drasticamente le condizioni di vita delle classi popolari, i problemi sociali che il governo provvisorio dovette affrontare, il clima di paura che si alla piccola e media borghesia. Osserva lo storico francese che le preoccupazioni delle classi medie non erano tanto le conseguenze delle idee socialiste sulla collettivizzazione dei mezzi di produ- diffuse a Parigi, contrapponendo i disoccupati poteva essere disposta a tutto per procurarsele: zione, quanto piuttosto il timore di violenze e saccheggi da parte di gente senza risorse che It G. Leresvno, A proposito d'un centenario, in ..Revue historiquer, luglio-settembre 1948. pp.)-4. canza di spirito concreto, tendenza alla man- " Z§*' se della conoscenza dei problemi, quasi una sor- retorica ta di romanticismo più che alle decisioni politiche maturate sulla p. 6. in Eurooa Una crisi provoc ata da cattivi raccolti, generatori di anemia industriale e di difficoltà finanziarie, aveva contributto afomentare la rivoluzione di Febbralo, e questa le aveva infuso nuovo vigore nel momento in cui cominciava a calmarsi. A Parigi, gli operai in armi esigevano lavoro per guadagnarsi il pane quotidiano. Il problema essenziale che il Governo prowisorio dovette affrontare fu dunque quello che s'impone a ogni regime, qualunque esso sia, allorché si trova in presenza di folle affamate. In un simile caso, tutti coloro che possiedono qualche cosa si turbano vedendo moltiplicarsi i disoccupati e temono che, raggruppati, essi vengano a prendere nelle loro case di che prowedere ai bisogni quotidiani, senza preoccuparsi, nel loro smarrimento, della sorte che riserva, ad essi come agli altti,l'anarchia generale. I ricchi non saranno i soli ad avere pauta: chiunque, in un umile alloggio, possieda qualche mobile, un po' di biancheria e forse qualche scudo nella famosa <<calza di lan»>, trema altrettanto, sicché, come è stato detto a proposito della Grande Paura, il popolo fa paura a se stesso. Senza dubbio, nel 1848, le speculazioni socialiste furono denunziate per accrescere 1o spavento, ma ciò che parecchi francesi temettero non fu la sociaTizzazione dei mezzi di produzione, della quale non avevano alcuna idea chiara, ma puramente e semplicemente il saccheggio: i partageux del 1848 sono i <<briganti» del 1789, e non c'è da stupirsi che si siano avuti questa volta dei timori collettivi simili a quelli provocati dalla Grande Paura: se il loro angoscioso propagarsi risultò limitato, 1o si dovette al fatto che f imp alcatura amministrattya restava quasi del tutto nelle mani dei notabili che, seminando l'inquietudine, erano ben decisi, perché la condividevano, a limitarne gli effetti attraverso 1o spiegamento della forza pubblica. Lefebvre vede nei rivoluzionari del 1848 G. Lnrrnvnu, op. cit., 1848 ba- sentimentale che fa preferire la frase retorica alla politica dei fatti: Per gli uomini del 1848, l'effusione sentimentale, la buona volontà superficiale, l'emozione oratoria avevano il soprawento su tutto. La ftaternità doveva risolvere le difficoltà sociali: i poveri non minacceranno la proprietà dei loro fratelli, si diceva, e i ricchi dispenseranno a essi il loro superfluo. Nessuno pensa di contestare che laftatemità resterà la sorella della giustizia sociale, poiché questa non eliminerà \'amarezza che genera l'ineguagltanzanaturale, o che non consolerà i dolori che l'esistenzainfligge aTla maggioranza degli umani. Ma Ia fraternità non è la gtusttzia, si presta all'equivoco e lascia pertanto la porta apefia alla lotta: i ricchi la confusero con la cantà, che dipende dalla loro volontà, contribuisce alla loro salvezzafutura e lascia intattala loro autorità; le classi popolari se ne valsero per costituirsi 262 CAPITOLO XIX un diritto. Essa diventa concreta soltanto apatto di essere f ispiratrice dell'organtzzazione giuridica del1a sicurezza sociale. La generuzione de1 1848, imbevuta di metafisica nebulosa, ebbra di lirismo oratorio, credeva di agire quando parlava. Le mancava lo spirito del ruzionalismo positivo. j:: 4. ll 1848 nel resto d'Europa ll 1B4B come intreccio di motivi e aspirazioni diverse, come epopea romantica, ma anche come ingresso delle masse popolari nella storia, ingresE. Rora, Il 1848,Mlla- no,1948, p. 61. Il so consapevole e accompagnato da un progetto politico' questa è la tesi sostenuta da Rota: fula romantica epopea de1la credulità e dell'eroismo, sia nelf individuo che ne11e masse, tutti insorti per fede sicura in uno stesso ideale d'indipendenza e di benessere, sotto i segni distintivi della patrta;\a reazione impro'u.visa e violent a ai trattati del 1815, sopra un piano europeo; f insurrezione dei popoli, quasi tutti presi impetuosamente dalla volontà di vivere in regime di libera politica, civile ed economica; il momento in cui il popolo minuto fa il suo ingresso nella storia non più come forza aggregata ad altre che lo dirigono per farlo seruire ai propri fini, 1848 come nella Riuoluzione francese, ma con un suo programma, una sua coscienza sociale, con una propria esasperazione di fronte al passato. Sulle barricate parigine, nelle tumultuose giornate di febbraio, combatterono in gran numero g1i operai per chiedere non solo la libertà, il diritto di voto alla Repubblica, ma per imporre a1 governo prowisorio propri rappresentanti in nome del socialismo ch'essi volevano attuare. Proletariato e socialismo, ecco i due nuovissimi attori di storia nell'Europa ancora tutta awolta dai pesanti armamenti del1'antico regime. S'inizia i1 movimento operaio per la proclamazione de1 diritto al lavoro e per la difesa dei diritti che sono connessi ad esso. Capovolgimento della concezione millenaria che parlava de1 lavoro come di un dovere e che I aveva considerato servilmente nei suoi rapporti con la padronanza e col capitalismo. Hobsbawm ci offre un quadro della diffusione zioni economiche e politiche, per densità di podella rivoluzione sul continente europeo, sottoli- polazione, per tradizioni culturali: neando l'eterogeneità delle situazioni per condi- E. J. HoessasflM, 1/ rion/o dalla borghcsia. 1848-187), Bari, 1919, / p. 13. La rivoluzione trionfò nel grande nodo centrale de1 continente benché non alla r; p.;if.;ir.-a".sta compr.rrd.rru pr.ri *opi po distanti o isolati nella loro storia per esserne> in una misura qualsiasi, direttamente o immediatamente colpiti (la penisola iberica, IaSvezia, la Grecia), troppo affetrati per possedere i ceti sociali politicamente esplosivi dell'area rivoluzionafla (la Russia, l'impero ottomano) , ma anche i soli già industrtalizzati e con un gioco politico retto da norme alquanto diverse, come la ll 1848 in Europa Gran Bretagna e il Belgio. A sua volta,l'area rivoluzionarta, composta essenzialmente dalla Francia, dalla Confede razione germanica, dall'impero asburgico -'che si estendeva fin nell'Europa di sud-est e in ltalia - era piuttosto eterogenea, perché comprendeva regioni arretrate e difformi come laCalabrta ela Transilvania, sviluppate come la Sassonta ela Renania, istruite come la Prussia e incolte come la Sicilia, divise da grandi distaflze come le città di Kiel e Palermo, Perpignano e Bucarest. Quasi tutte erano governate da quelli che si possono chiamare approssimativamente monarchi e prìncipi assoluti, ma la Francia era già una monarchia borghese e costituzionale, e la sola re- pubblica di rispetto sul continente,la Confederazione elvetica, aveva inaugurato l'anno della rivoluzione, già alla fine del 1847 ;.; b;Z;.-s;.; .i"ii.. i p..'i -ipi;i ;r[;o nd,atari,,ol,zio] naria spaziavano, per numero di abitanti, dai 35 mrlioni della Francia alle poche migliaia dei principatt da opera buffa della Germania centrale; per condizione, da grandi potenze indipendenti di statura mondiale a province o a Stati satelliti di potenze straniere; per sruttura, da complessi centralizzati ed uniformi ad aggregati elastici e polimorfi. ;; quindi, pio, i governi conservatori votarono l'abolizione per Hobsbawm, un aspetto europeo; ovunque della servitù della gleba per attirare il consenso partecipazione popolare fu consistente e diffusa. dei contadini, e impedire così che questi insorgessero collegandosi ai rivoluzionari democratici. Rivalità etniche e nazionalistiche si fusero con teressi di classe: nell'impero austriaco, per esemll carattere sociale della rivoluzione fu, la in- E. J. HossraviM, I/ trianfo della borghesia. 1848-1875, Bari, 7979, pp, 18-19- Quelli che avevano fatto la rivoluzione erano indiscutibilmente i «poveri che lavorano>> (labouring poor). Erano stati essi a morire sulle banicate; a Berlino,fra le trecento vittime degli scontri di marzo v'erano stati appena quindici rappresentanti delle classi colte e circa trenta mastri afiigrani: a Milano, fra i 350 morti delle Cinque Giornate, solo dodici studenti, impiegati o proprietari fondiari. Era stata la loro fame a scatenare le dimostrazioni trasformatesi in rivoluzioni. Le campagne delle regioni occidentali rimasero relativamente tranquille; se la Germania sudoccidentale assistette a un numero molto maggiore di rivolte contadine di quanto comunemente non si scriva, altrove il timore di una insurrezione agraria fu abbastanza acuto da fat scambiare 1'apparenza con la rcaltà, benché non occorresse molta immagin azione a questo fine in aree com e 7'Italta meridionale, dove i contadini invadevano spontaneamente con bandiere e tamburi i latifondi e procedevano a spartirli. Spaventata da false voci di una poderosa rivolta dei servi guidati dal poeta S. Petòfi (L823-L849), la Dieta ungherese - una assemblea in cui i grandi agrai erano in schiacciante maggioranza - votò l'immedi ata abohzione della servitù della gleba fin dal L5 marzo 1848, solo pochi giorni dopo che iI governo imperiale, nello , 264 CAPITOLO XIX sforzo di privare i rivoluzionan della loro base contadina,l'aveva decretata con effetto immediato in Gahzia parallelamente alla soppressione del lavoro obbligatorio e di altre coruées nelle terre cèche. Nessun dubbio: l'<<ordine sociale>> era in pericolo. I1 pericolo non si presentava con la stessa gravità dappertutto. Governi conservatori potevano comprare e di fatto comprarono i contadini, soprattutto 1à dove i proprietari terrieri, o i mercanti e usurai che sfruttavano la popolazione rurale, appartenevano a una nazionalità diversa e, nelf ipotesi più probabile , non <<rivoluzionaria>>: polacca, magtara o tedesca. E improbabile che la borghesia germanica, inclusi gli uomini d'aff.arr renani in baldanzosa ascesa, si lasciasse veramente turb are t sonni da una prospettiva imme diata di comunismo o anche solo di governo proletario, prospettiva che non fu mai seriamente considerata neppure a Colonia, dove Marx aveva stabilito il suo quartier generale, o a Berlino, dove il tipografo Stephan Born dava vita a un movimento operaio organizzato di un certo rilievo. Ma la borghesia europea, come nel 1840-1850 aveva creduto di intravedere nella pioggia e nel fumo del Lancashire f immagine dei problemi sociali che l'avrebbero assillata nel futuro, così credeya ota di intravedere dietro le barricate di Parigi, questa grande anticipatrice ed esportatrice di rivoluzioni, un'altra immagine dell'awenire. Salvatorelli mette in rilievo icontrasti tra obiettivi ze rivoluzionarie di creare un fronte unico democratico: e ideali diversi, mostrando l'incapacità delle for- L..ServaroRELLr, ll Quarantotto italiano e il Qua- rantotto europeo, ln «Spiriti e figure del Ri- sorgimento>>, Firenze, 1961. Non mancarono durante la rivoluzione grandi anime che compresero che il successo del moto era subordinato alla cteazione di un fronte unico democratico: ad esse va riportato l'appello di taluni democratici tedeschi a solidarizzare conla guerca nazionale italiana,la condanna del pangermanesimo da parte di Marx ed Engels, f invocazione di una giovane Europa del Mazzini o degli Stati Uniti d'Europ a da parte del congresso panslavo di Pruga. Ma queste nobili voci furono sopraffatte dal più gretto nazionalismo per cui i popoli insorgenti si misero in lotta tra 1oro, come i po1li di Renzo nei Promessi Sposi. Tedeschi contro italiani e slavi; slavi conro tedeschi e magiari contro slavi e slovacchi e via dicendo. I danesi contesero ai tedeschi 1o Schleswig; i tedeschi ai polacchi la Posnania; l'Ungheria voleva sotto di sé la Croazia, mentre i croati reclam avano f indipendenza dagli ungheresi;laTransilvania era contesatratre o quattro popoli... Mancò I'organizzazione unitaria della riuoluzione, neeessaria per la saluezza della riuoluziorue stessa. La rivoluzione non poteva assolvere il suo compito che nel piano internazionale europeo. Quello che aveva fatto un'associazione di Stati autocratici nella Santa Alleanza, solo un'altra associazione di Stati democratici poteva disfare.Era un appello di rrorganuzzazione ll 1848 in Europa 265 totale dell'Europa che si poneva... Gli appelli delMazzini, del congresso di Praga e di Marx esprimono in modo diverso una stessa idea: la necessità di una federazione europea. Ma questa presupponeva un centro, una direzione) uno Stato già formato, capace di abbattere I'impedimento asburgico e organizzarc \a nuova convivenza. Questo Stato poteva essere soltanto la Francia, ma essa ne fu impedita non solo dalla gelosia e dal sospetto dei conservatori e nazionalisti itahani e germanici ma dalla sua crisi interna sociale. Se i contrasti di nazionalità portarono le diverse rivoluzioni a cozzarc fra 1oro, quelli sociali minarono dalf interno le singole rivoluzioni, e innanzi tutto quella francese, travagTiata dalla <<paura del rosso>> cioè dal trionfo del socialismo. Fu essa che allontanò i liberali, rappresentanti della piccola e media borghesia, dai socialisti; fu essa che allontanò i liberali dai democratici, rappresentanti del ceto medio; fu essa, insomma, che ruppe il fronte rivoluzionano, isolò i socialisti e spinse gli altri partiti nelle braccia della reazione. Per queste ragioni, le possibilità di fusione tra proletaiato e borghesia progressiva in una sola dem octazia nazionale andarono perdute; ciò, menre portò a questa un colpo gravissimo, costituì il punto di partenza per la successiva fase marxista del movimento proletario. Dalla paura del rivoluzionarismo democratico, zionali con il duplice scopo di opporsi al conserrepubblicano e socialista derivo, secondo Gior- vatorismo di destra e al rivoluzionarismo di sinigio Spini, il compromesso tra monarchia e stra'. ghesia liberale, che diede origine ai regni costitu- bor- G. Spru, Disegno storico della ciuiltà italiana, vol. III, Roma, 19)2. fu principalmente rivolto contro democratici e socialisti, a difesa dell'ordine, della struttura tradizionale della società e del principio di proprietà pivata. La ftattura non awenne soltanto fra liberali e democratici ma I1 compromesso liberale-monarchico anche a destra, tra Stato e Chiesa. I1 compromesso monarchico-liberale, dando vita a uno Stato assai più saldo del vecchio Stato legittimista e reazionario, non rende più necessario il connubio tra iI trono e l'altare. Così, le borghesie liberali, che attraverso questo connubio raggiungono il potere, entrano in conflitto con la Chiesa cattolica, sia per il rifiuto di quest'ultima di accettare il principio liberale sul terreno religioso (tolleranza di altri culti, libertà di stampa ecc.), sia per la pretesa dei liberali di laicizzare, di togliere cioè al predominio del clero, campi particolarmente delicati come f istruzione pubblica o il diritto matrimoniale, sia, infine, per la intolleranza che suscita nei liberalila presenza di f.orue politiche legate a una alrtorità super-nazionale come il pontefice. Pertanto il clero si allontanò sempre più dalla monarchia liberale per diventare soltanto il clero del papa, in opposizione al re. ?66. . ., CAPTTOLO XtX Al principio democratico fu sostituita l'iniziativa dall'alto', alla repubblica popolare seguì il cesarismo; la borghesia, pur di conservare le sue posizioni di privilegio e di sfruttamento, preferì sacrificare la libertà alla dittatura esasperando, così, quel disagio delle classi lavoratrici che sara la 5. condizione più favorevole della diffusione del socialismo. lnfine, il soffocato movimento naziona- Ie dei popoli alimenterà le guerre che fino al 1918 essi faranno per raggiungere l'indipendenza e l'unità. ll 1848 in ltalia Per Luigi Salvatorelli la rivoluzione italiana fu preparata da tutta una serie di moti e di rivendicazioni che caratterizzarono il biennio precedente: L. SarveroRELLr, Il Qua- rantotto italiano e il Quarantotto europeo, ctt. Nelle folle che dimostravano continuamente c'era un'autentica fusione nazionale di classi, un popolo che si awezzava a interessarsi della cosa pubblica, a discutere di libertà, di parlamento, di indipendenza e d'Italia; masse che da un capo all'altro della penisola si mettevano in movimento l'iniziativa dei popoli e l'esautoramento dei governi; il risorgimento del popolo italiano e la fiamma d'amore della patria comune, divampante fra i ricordi del passato e le speranze del futuro. Inoltre se il moto rtaliano trapassò dal riformismo, non valicante i confini dell'assolutismo illuminato, al costituzionalismo moderato e a quello democratico per giungere alla repubblica, e in tre anni fu percorsa tutta la curva dell'evoluzione politica, Ia rapidità non fu dovuta alle quarantottate ma allalunga e profonda preparazione precedente e alf incalzarc degli eventi; alla pregnanza di una situazione tutta italiana ed europea. Battuta e disciolta l'avangu ardia moderata, si fece avanti, in prima linea, la riserva democratica; al posto del Congresso federale subentrò la Costituente; al posto della guerra rcgia, quella di popolo; al posto della monarchia cost ituzionale, la repubblica. ll fallimento del '48, che fu decisivo per su altri binari il processo di unificazione le, libero le menti da tante illusioni e svelo l'impossibilità del neoguelfismo, E. Rote, Il1848, cit. Il awiare naziona- utopie, dimostro l'insufficienza del regionalismo e del repubblicanesimo e convinse che l'indipendenza si poteva ottenere solo attraverso il Piemonte, lo Stato militarmente più forte: 184S - scrive Rota - è inseparabile anche ideologicamente dal '59; ne ha poste le premesse, ne ha indicato le direttive, dopo 1a dimostrazione delf impossibilità di una sistemazione federale della Penisola a causa della defezione borbonica e papale. Nonostante la disfatta di Novara, serbò valore I'iniziativa monarchica sabauda, poiché il trionfo dell'annessionismo piemontese indicava rl gravttare degli animi verso 1o Stato militarmente più forte e ancora disposto, con la rottura dell'armistizio e la fede de1lo Statuto, a tenacemente cospirare insieme al partito della rivoluzione. Così cadeva l'ideale repubblicano insieme alle tradrzionr federali delle città italiane e faceva un passo innanzi 1l ll 1848 in Europa principio monarchico. Attraverso lalotta contro Io straniero f idea di nazionalità, predrcata dalMazzini, entra nel suo sviluppo più decisivo e popolare; essa denuhzia in forma aperta la crisi degli Stati regionali;Ia petite-patrie ha finito di esistere a favore della pafftavera, che diviene f ideale operante degli anni futuri. Anche la negativa esperienza di Carlo Alberto, tutto chiuso in una versione piemontese della guerra e rifuggente da qualsiasi intervento forze straniere e di popolo, diede un utile insegnamento: Vittorio Emanuele ricorrerà proficua- di mente all'aiuto della Francia e non disdegnerà il prezioso aiuto delle forze popolari di Garibaldi. Comunque si giudichi il resto degli avvenimenti dopo Novara, nulla puo far credere all'inutilità dei sacrifici del 1848. Altre letture consigliate II 1848 in Europa L. Ser,veroRELLI, La riuoluzione europea (1848-49), Milano-Roma, Rjzzoli,1949. Atti del X Congresso Intern azionale di Scienze Storiche, Giunta centrale per gli studi storici, Roma, 1951. L. B. NnutER, La riuoluzione degli irutellettuali e ahri saggi sull'Ottocento europeo, Torino, Einaudi, 1957. D. CaNrrtront, Appunti per le ricerche sul 1848. Realtà e utopia nel 7848,in Studi di Storia, Torino, Einaudi, t959. Cunaro,Il 1848 italiano ed europeo, in A.A. V.V., l'luoue questioni di storia del Risorgimento dell'Unità d'Italia,vol. I, Milano, Marzorati,1961. F. e J. Gooncuor, Le riuoluzioni del 1848, Novara, De Agostini,l9T). Il 1848 in Francia A. Ds ToceusvrrrE, Una riuoluzione fallita (Ricordi del 1848-49),Bafi,Laterza,1939. L. CHevarrrx, Classi lauoratrici e classi pericolose. Parigi nella riuoluzione industriale,Bari,La- terza,I9l6, K. Manx, Riuoluzione e reazione in Francia 1848-50, Torino, Einaudi, 1976. M. AcurHoN, La Francia della n Repubblica, Roma, Editori Riuniti, 1979. Il 1848 in Italia G. Quilzzt, La questiorue romana nel 1848-49, Modena, Modenese,1947 L. SarvaroRELLI, Prima e dopo il Quarantotto,Roma, Faro, 1948. . A.A. V.V., Giuseppe Mazzini e la repubblica romant, Roma, Cucciani, 1949. N. BnoaroNt, Struttura sociale e lotta politica a Liuorno ruegli anni 1847-49, in t950. <<Società>> n. 3, R. RotuBo, I I Risor gim ento in Sicilia, Bari, Laterza, 1950. O. BenrE, L'Ingbilterua e il problema italiano nel 1848-49. Dalle riuoluzioni alla seconda restauraMilano, Giuffré, 1965. ziorue, F. Dulra Penur,t, Demouazia ntti, 1965. e socialismo nel Risorgimento. Saggi e ricerche, Roma, Editori Riu- a cura fi A. Massafra e B. Salvemini @ Editori Laterza 22 Storia della Puglia. 2. Dal Seicento a oggi sono tra i centri maggiormente studiati da questo punto di vista - entratenei consigli decurionali per conseguire nuove risorse e influenzarcle scelte della politica governativa. In diversi casi, i notabili più potenti preferirono non esporsi personalmente lanciando a1 governo locale uomini a loro legati e si riservarono, invece, di costruire reIazionia più alto livello con gLi apparati dello stato entrando nei consigli provinciali o collegandosi direttamente ai ministeri napoletani. L2. Città e prouince a metà Ottocento Lo sviluppo degli anni Trenta e Quaranta, se accentuò il ruolo dei settori più dinamici della borghesia, fece emergere alfa irbalta tn manieruancor più decisa la città di Bari. Essa avevaormai superato Foggia per numero di abitanti (nel 1846 contava 2l .000 abitanti contro i 24.000 di Foggia) e si distaccava sempre più dagli altri centri costieri (Barletta e Molfetta) che adinizio Ottocento avevano una popolazione non molto dissimile dalla sua. I1 declino di Lecce continuava irreversibile e la città capoluogo di Terra d'Otranto, che nel 1818 erula quattordicesima del regno con 14.000 abitanti,nelIS46 era sì al decimo posto con 19.000 abitanti, mala distanza che la separava daBai era passata dar quasi 5.000 abitanti de1 1818 agli 8.000 del 1846. Nel 1881 il divario traBari e Lecce sarebbe diventato incolmabile, contando la prima 19.000 abitantie la secon da25 .000. In compenso cresceva Taranto, che nel 1 8 1 8 aveva una popolazione pa^i aquella di Lecce, nel 1846 inferiore (17.000 contro 19.000), ma si preparava a quel grande balzo che l'avrebbe portata adessere, con una popolazione di 3 4 .000 abitantr al 1 88 1, \a qtarta città del Mezzo giorno continentale. Dal 183 L al 1842 fu intendente di Terca di Bari Giordano de' Bianchi Dottula, marchese di Montrone, iI quale assecondò le dinamiche di crescitamatutate negli ambienti imprenditoriali cittadini e che miravano ormai a farc di Bari l'elemento trainante di uno sviluppo che certamente ridimensionavale alffe città, ma che creavaarrche attorno al capoluogo una più forte unità de1la provincia prima e della regione dopo. In effetti, la provincia storica di Tena d'Otranto si andava disgrègando di fronte al declino di Lecce e di Gallipoli e alla crescita di Brindisi e di Tarunto; inoltre, né i centri di Capitaiata, a comin- A. Spagnoletti Le forme ei protagonisti del conflitto sociale e politico 23 ciare da Foggia e San Severo (che nel 1818 con 16.000 abttantrerala quinta città del regno), né quelli delf interno della provincia di Bari (Andria, Corato e Bitonto), che pur presentavano ne1 1846 una popolazione che superavai20.000 abitanti, erano in gradò di dotarsi di servizi che avrebbero consentito loro di governare i processi economici in atto. 13. La fine del regno e la collocazione della Puglia nello stato unitario Il Risorgimento in Puglia presenta caratteristiche analoghe a quelle riscontrabili nelle altre zone del Regno delle Due Sicilie, e anche per le nostre province il 1848 costituì lo spartiacque decisivo che segnò 1a profonda delegitttmazione della dinastia borbonica e la sua separuzione dagli interessi e dalle aspuazioni di granparte delle popolazioni pugliesi. La costituzione concessa dal re Ferdinando II nel gennaio del 1848 avrebbe potuto determinare, se applrcata e mantenuta, f inrzio di nuovi e più solidi rapporti tra Ie élites moderate del paese e la dinastia consentendo l'apertura di nuovi spazi di espressione politica, In questo senso sono da valutare le manifestazioni di giubilo che si ebbero in molte città pugliesi per la concessione della costituzione. Ma g1i esiti disastrosi della prima guerra d'indipendenza, preceduti dalla sanguinosa repressione operata dallo stesso sovrano delle manifestaziom drprazza svoltesi a Napoli rI L5 maggro 1848, nelle quali furono coinvolti pure molti patrioti pugliesi, orientarono il destino delMezzogiorno in tutt'altra direzione. Le rivendtcaziont costituzionali e nazionalistiche si accomp agnarono a gravi sommosse che turbarono l'ordine pubblico e che videro contadini senza teffa occupare a Lucera, Gioia, Acquaviva e altre località i demani comunali. Tra 1850 e 1852 furono celebrati innumerevoli processi politici rnnanzi allaGrun Corte speciale di Trani; moltissimi amministratori ed esponenti del notabilato locale furono inseriti in liste di «attendibili» e sottoposti a dure misure di poltzia per l'atteggiamento tenuto nel 1848-49, altri vennero costretti all'esilio. Lo scollamento tra il paese e la dinastia divenne perciò incolmabile e nel 1860 il regime borbonico cadde in Puglia quasi senza colpo ferire. Cambiava profondamente, all'interno del nuovo regno d'Italia, il 24 Storia della Puglia. 2. Dal Seicento a oggi ruolo e la configurazione della Puglia. Collegata per ferrovia lungo a dors ale adtiattca a17' Italta centro - s ettentrion ale, e s s a sp ezzav a p t o gressivamente i suoi tradizionali legami con Napoli; Bari emergeva definitivamente su Foggia e Lecce e, ormai più di un capoluogo provinciale, si assumeva il compito di dotare le tre province storiche di 1 una nuova e più solida identità regionale.