L`Amministratore del Terzo Millennio

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L’Amministratore
del Terzo Millennio
L’amministratore: il costruttore di relazioni interpersonali
di Andrea Finizio
La formazione psicologica degli amministratori di condominio
di Giuseppe D’Amore
Il marketing del “know how” applicato alla professione
di amministratore di condominio
di Marco Lombardozzi
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L’AMMINISTRATORE: IL COSTRUTTORE
DI RELAZIONI INTERPERSONALI
di Andrea Finizio - Consigliere Nazionale ANACI Roma
Se pensiamo alla nostra professione di amministratore, la parola “manager” è quella che più ci piace essere accostata alla
nostra realtà.
Attraverso una ricerca sul comportamento manageriale, lo
studioso Henry Mintzberg (accademico canadese studioso di
scienze gestionali) ha sfatato alcuni luoghi comuni sull’attività dei manager, in particolare la concezione dominante che lo
vede come un pianificatore sistematico e riflessivo, razionalmente proteso all’uso di strumenti di comunicazione.
Mintzberg sostiene che: “se chiedete a un manager in cosa
consiste il suo lavoro, risponderà sicuramente che pianifica,
organizza, coordina e controlla. Se poi osservate in realtà
cosa fa, non sorprendetevi se sarà impossibile conciliare quello che vedete con le sue parole.”
Nella realtà infatti, il manager è spesso un artista impegnato
in attività di relazione con le persone (clienti, fornitori, colleghi, ecc.) ed è impegnato continuamente nella gestione di
alcune dinamiche quali opinioni, passaparola, relazioni umane e sensazioni.
L’attenzione è posta all’aspetto interiore del manager, ovvero
alle strategie interpersonali che egli usa per far si che le persone con le quali lavora si sentano realmente coinvolte in una
dimensione gestionale, divenendo il centro della questione
manageriale.
Proprio la dimensione relazionale rappresenta la principale risorsa che egli ha a disposizione per raccogliere informazioni
e svolgere il proprio lavoro.
L’amministratore è un manager; lo è sempre stato! Perché
ha sempre anteposto gli aspetti relazionali alle questioni
meramente tecniche, tecniche/contabili o tecnico/giuridiche.
Aspetti relazionali che riguardano dunque una strada nuova, rappresentata da materie che prima noi amministratori
consideravamo marginali e avulse dal nostro contesto professionale e che invece fanno stabilmente parte del nostro
bagaglio culturale di AMMINISTRATORE PROFESSIONISTA DEL
TERZO MILLENNIO
Nella conoscenza degli argomenti relativi agli aspetti relazionali si eleverà finalmente la figura dell’amministratore, il quale si dovrà ricucire un ruolo che già deteneva senza saperlo,
ma del quale ne è un assoluto protagonista: L’AMMINISTRATORE COSTRUTTORE DI RELAZIONI INTERPERSONALI
Si è sempre detto che l’amministratore deve operare da quel
“buon padre di famiglia” attribuitoci dal legislatore, anche
per prevenire e dirimere le controversie che insorgono tra i
condomini amministrati. Non possiamo però nasconderci dietro il famoso dito e dobbiamo constatare che, nell’ambito
del mandato conferitoci, risulta molto complicato dirimere
e gestire i conflitti insorti senza dare l’impressione di essere parziali e, al tempo stesso, riuscire ad essere confermati
nell’incarico.
Da questa breve analisi si può fare una considerazione a carattere generale: saper prevenire i conflitti può e deve essere
una di quelle capacità fondamentali per l’amministratore al
pari delle altre materie, se non superiore in quanto la prevenzione pone le basi per dei rapporti più sereni e pacificati
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che conducono ad una gestione più proficua e duratura dello
stabile da amministrare.
Ecco perché deve essere chiaro per l’amministratore del terzo
millennio che le competenze multidisciplinari tradizionali non
compongono in maniera esaustiva il suo bagaglio culturale,
ma le stesse devono essere integrate da questa competenza
aggiuntiva che allarga la sua offerta professionale e la completa, rendendola riconoscibile dalle altre.
Una competenza che sa riunire tutta una serie di capacità che
hanno alla loro base la progettualità formativa dell’amministratore quale costruttore di relazioni interpersonali.
Trovare un equilibrio tra la ragione e il sentimento, capacità
di lavorare in gruppo cooperando con gli altri, capacità di
ascoltare attivamente e di mettere in discussione le proprie
soluzioni, convinzione nei propri mezzi e nella nostra capacità
di comunicare agli altri, essere affidabili, puntare alla persuasione piuttosto che alla coercizione e accettarsi a vicenda.
Questi sono solo alcuni dei principali punti su cui si basa la
negoziazione.
Se ci pensiamo bene, noi amministratori poniamo in essere i
principi negoziali in quasi tutte le nostre attività lavorative; da
quelle esercitate all’interno del nostro studio a quelle verso
l’esterno e cioè verso i nostri fornitori e verso i nostri condomini. Sia con riguardo a singole persone che a gruppi come
l’assemblea di condominio.
Convinciamoci dunque che il buon amministratore è anche,
se non soprattutto, un buon negoziatore!
Anche perché le capacità negoziali non sono innate, ma vanno approfondite, allenate e acquisite come tecniche formative al pari delle altre conoscenze tradizionali.
La negoziazione è un elemento della nostra vita di tutti i giorni; storicamente la prima negoziazione avvenne tra un essere
umano e un animale. Più precisamente tra una donna e un
serpente, coinvolse subito un uomo e si concluse con la definitiva entrata in scena dell’Entità Sovrannaturale.
Da quel giorno in poi la storia dell’umanità è segnata da negoziazioni continue. Si negozia a scuola per una merendina
o per il banco in una posizione strategica. Si negozia con
il partner, con gli amici, con i colleghi, con i fornitori, con i
clienti e quindi anche con i nostri condomini…
Ma, attenzione, non sempre si può negoziare: è impossibile
negoziare con la morte, con la propria moglie e con il Ministro delle Finanze!!!....
La negoziazione può essere di due tipi:
- quella competitiva dove le due parti entrano in relazione per
vincere, incamerando tutto il valore disponibile a danno della
controparte;
- quella cooperativa dove le due parti entrano in relazione per
creare e scambiarsi valore, cercando di incrementarlo in ottica
collaborativa. Il risultato finale non avrà un vincitore ed un
perdente, ma due vincitori che avranno creato i presupposti
per continuare positivamente la relazione, rafforzata da una
rinnovata fiducia reciproca.
Ma il fatto che la negoziazione sia un elemento della nostra
quotidianità non significa che la facciamo bene.
Trovare degli equilibri nei contesti sociali in cui viviamo non è
facile, ma costruire le relazioni negoziando consente di trovare un numero maggiore di accordi e può portare, nel nostro
lavoro, ad una gestione più proficua e duratura dello stabile
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da amministrare. Ecco allora la “mission” della nostra attività
professionale, definita nel concetto di gestione più proficua
e duratura dello stabile da amministrare, ove si fondono i
fini del profitto e della lunghezza temporale del mandato di
amministratore in un unica risultanza finale: l’incremento del
nostro fatturato ottenuto in maniera sinergica dal maggior
profitto e parimenti dalla lunghezza del mandato.
GLI ELEMENTI FONDAMENTALI NEI RAPPORTI
Per poter costruire e gestire i rapporti interpersonali bisogna
conoscere quali sono gli elementi fondamentali dei rapporti.
Per misurare lo stato di salute di un individuo, ad esempio, si
controllano gli elementi fondamentali quali il sistema circolatorio, quello respiratorio, nervoso, digestivo, ecc. Per misurare
lo stato di salute di un rapporto bisogna approfondire e conoscere i seguenti elementi fondamentali (trattazione di Roger
Fisher, direttore della Harvard Negotiation Project, primo responsabile di un corso sulla negoziazione ad Harvard):
RAZIONALITA’;
COMPRENSIONE;
COMUNICAZIONE;
AFFIDABILITA’;
PERSUASIONE E NON COERCIZIONE;
ACCETTAZIONE.
RAZIONALITA’: molti aspetti di un rapporto non sono razionali; figuriamoci nei rapporti che esistono all’interno del “mondo condominio”! Spesso per raggiungere un certo obiettivo
reagiamo in maniera irrazionale, senza logica. Sentimenti
quali la paura, la rabbia, la frustrazione o persino l’amore
potrebbero interferire nella nostra linea di condotta. Provare
dei sentimenti però è normale, anzi necessario e spesso è
essenziale per trovare la soluzione a determinati problemi. La
condizione ideale è la ragione guidata dal sentimento e il sentimento mitigato dalla ragione. Questo equilibrio tra la sfera
logica e la sfera emotiva è una definizione pratica di razionalità efficiente. Non so voi, ma io non sono mai riuscito a gestire
un’assemblea, dall’inizio alla fine, solo ed esclusivamente con
il codice civile e il regolamento di condominio in mano. Sono
maggiori le riunioni che rammento dove, per elaborare delle
delibere costruttive, ho dovuto prima comprendere lo stato
d’animo di determinati condomini e i loro atteggiamenti che
emergevano verso gli altri. Solo dopo l’acquisizione di queste
informazioni “emotive”, opportunamente filtrate e decrittate, ho potuto fornire il mio contributo razionale all’assemblea
calibrandolo alle aspettative “emotive” emerse di alcuni condomini e alle loro riserve mentali.
COMPRENSIONE: se vogliamo raggiungere un risultato quanto meno soddisfacente in modo che le parti ritengano di aver
ricevuto un trattamento equo, dobbiamo comprendere interessi, percezioni, e convinzioni reciproche. Se non abbiamo un’idea chiara sul concetto di equità altrui, non saremo
nella condizione di individuare una soluzione che possa soddisfare entrambi. Anche la controparte sarà limitata se non
capirà bene il nostro punto di vista. Quante volte ci siamo
trovati di fronte a condomini che hanno ripetutamente negato il proprio assenso alla riparazione della caldaia, senza
capirne la reale motivazione, trovandoci nel bel mezzo della
stagione invernale? Salvo poi appurare che quel condomino,
che si trova all’ultimo piano, ha la priorità della riparazione
dell’ascensore; argomento che si trova inserito all’ordine del
giorno successivamente a quello per la caldaia e che probabilmente (questa è la sua percezione) riceverà una bocciatura,
da parte dell’assemblea, per la mancanza di denaro precedentemente stanziato per la caldaia.
COMUNICAZIONE: L’argomento, dotato di ampie proporzioni,
verrà approfondito dai colleghi, ma in questo contesto sottolineerò alcuni aspetti generali. La questione della comunicazione
è per l’amministratore un centro di interesse: “non è possibile
non comunicare” recita uno dei principali assiomi della comunicazione, quindi diventa basilare comunicare bene.
E’ determinante per un amministratore esporre bene i propri
rendiconti?
E’ determinante per un amministratore rappresentare gli articoli del codice civile o del regolamento di condominio?
La risposta è, semplicemente, SI!!! Resta da stabilire cosa significa comunicare bene o, in altre parole, essere un bravo
comunicatore.
Comunicare bene significa essenzialmente comunicare efficacemente, ovvero ottenere gli scopi che ci prefiggiamo di
raggiungere. Si tratta di convincere qualcuno a fare qualcosa
che, in partenza, non pensava di fare o (talvolta) non voleva
proprio fare.
George Bernard Shaw (scrittore irlandese premio Nobel per
la letteratura nel 1925) disse: “con il tono giusto si può dire
tutto. Con il tono sbagliato, nulla.”. A riprova di come anche
le modalità di comunicazione incidono pesantemente sulla
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capacità di trasmettere una informazione.
Per poter instaurare una negoziazione cooperativa è necessario
comunicare. Ciò che comunichiamo e il modo in cui lo facciamo condizionano la nostra capacità di affrontare le situazioni.
Il modo in cui comunichiamo rileva la natura del rapporto
stesso: anche solo il tono della voce con cui un genitore si
rivolge al figlio, un marito alla propria moglie o un amministratore alla propria segretaria ci dice molto sul modo in cui
due persone interagiscono.
Saper comunicare non implica che si debba essere amici. Comunicare efficacemente con un condomino notoriamente
contrario alla nostra amministrazione, nonostante le divergenze di fondo che ci dividono, è più difficile che farlo con
coloro con i quali andiamo d’accordo, ma potrebbe portare a
risultati ben più positivi e inattesi.
sioni sui rapporti interpersonali.
Risulta pertanto evidente la scelta che deve fare l’amministratore, nella maggioranza dei casi della propria attività,
preferendo gli approcci comportamentali persuasivi a quelli
coercitivi.
Ma quando siamo costretti a coartare il singolo condomino,
sarà bene farlo applicando delle tecniche tipiche della negoziazione che ci consentono di aggredire il problema e non
l’individuo, attraverso:
AFFIDABILITA’: La fiducia viene vista come l’elemento in assoluto più importante di una buona relazione cooperativa in
tutti i campi. Se ho fiducia nel partner posso accettare le sue
affermazioni critiche senza metterle in discussione. La fiducia
delle istituzioni finanziarie e nei broker consente loro di fare
migliaia di accordi con una semplice stretta di mano o una
breve telefonata (almeno questo valeva fino all’attuale crisi, visti anche i recenti casi di truffatori come il caso Madoff
(capo del Nasdaq ora in carcere).
Affidabilità dunque significa trasmettere fiducia.
Ognuno di noi può fare qualcosa per accrescere la propria
affidabilità di amministratore e ridurre il peso della diffidenza
“storica” che coinvolge la nostra categoria. La direzione da
seguire è quella di rendere la nostra condotta affidabile, rendendo trasparenti e verificabili i passaggi del nostro operato.
E la fiducia riposta verso l’amministratore può consentirgli di
assumere ulteriori incarichi e intrecciare nuove relazioni.
- un percorso d’azione irreversibile: “…all’amministratore viene imposto da una delibera assembleare di iniziare i lavori
non oltre tale data.”.
Tali tecniche spesso funzionano, anche nell’ottica di una conferma del mandato in particolari situazioni di tensioni e conflitti.
Perché l’amministratore ha l’obbligo professionale di essere sempre aperto alla persuasione, anche laddove siamo in
presenza di una delibera assembleare coartante o addirittura
della forza del Codice Civile.
Rammentate, a tale proposito, come definiva l’attività del
manager lo studioso Mintzberg?
Il manager è impegnato continuamente nella gestione di al-
PERSUASIONE E NON COERCIZIONE: E’ l’elemento del rapporto interpersonale che racchiude il maggior numero di attività e di azioni che compie l’amministratore di condominio.
E’ l’elemento, complesso e articolato, attraverso il quale si
negozia con l’altra parte.
L’attività dell’amministratore, e l’insieme coordinato delle sue
azioni, è una continua applicazione di questo elemento che
caratterizza la negoziazione cooperativa.
La capacità di negoziare dell’amministratore influenza la qualità del rapporto con i condomini, così come la qualità del rapporto è direttamente influenzata dal modo in cui negoziamo.
E’ certo che non è difficile trovarsi in situazioni in cui le parti
possono essere interessate maggiormente al risultato immediato, piuttosto che a un rapporto di lungo periodo.
Ma queste situazioni, in cui predomina la visione di piccolo
cabotaggio, possono facilmente portare le persone a cercare
di condizionare le decisioni dell’altro, portando a delle profonde ripercussioni sulla qualità stessa del rapporto.
Vi siete mai trovati in assemblee in cui i condomini, forse è
meglio dire alcuni condomini, decidono di “stringere” all’angolo gli altri condomini e l’amministratore stesso per poter
prendere certe decisioni proprio alla fine dell’assemblea?
In ora tarda e quando gli altri sono già abbastanza stanchi?
Il più delle volte sono i cosiddetti “furbi” che noi abbiamo facilmente imparato a saper riconoscere, ma in altre circostanze
sono dei comportamenti naturali e incondizionati in buona
fede, ma che possono portare ugualmente a delle ripercus-
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- una dichiarazione pubblica: “…per superare il deficit di cassa l’amministratore sarà costretto ad intraprendere le azioni
legali per i decreti ingiuntivi.”;
ovvero attraverso:
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cune dinamiche quali opinioni, passaparola, relazioni umane
e sensazioni.
L’attenzione è posta al suo aspetto interiore, ovvero alle strategie interpersonali che egli usa per far si che le persone con
le quali lavora si sentano realmente coinvolte in una dimensione gestionale, divenendo il centro della questione manageriale.
esclusivo della terrazza in questione. Ma non devo necessariamente approvare la condotta e i notori comportamenti a me
avversi di quella persona.
ACCETTAZIONE: L’accettazione significa accettare sin da subito l’altra parte, decidendo di affrontare direttamente coloro
con i quali non andiamo d’accordo.
Al fine di costruire una relazione cooperativa, non servirà a
nulla ricorrere alla riflessione razionale, alla comprensione
sincera, a una comunicazione trasparente, a un comportamento affidabile o alla persuasione se ognuna delle due parti
considera inutile dialogare con l’altra.
L’amministratore di condominio, quasi solo per motivi istituzionali, deve accettare di affrontare tutti i condomini facenti
parte dello stabile amministrato.
Figuriamoci se non dovesse ritenere anche utile come professionista tout court, oltre ché per meri motivi istituzionali
legati al ruolo ricoperto, l’accettazione del condomino che
maggiormente lo avversa e lo ostacola!
Saremo in grado di accettare meglio un rapporto con una
persona con la quale abbiamo anche profonde divergenze se
distinguiamo chiaramente tra accettazione e approvazione.
Certo, l’idea di coltivare il rapporto con qualcuno la cui condotta non approviamo potrebbe sembrare profondamente
incoerente. Ma non è così. Se voglio risolvere le problematiche
di uno stabile come il rifacimento di una terrazza, che riguardano sia l’amministratore che il condomino avverso, dovrò necessariamente affrontare/accettare quel condòmino che ha l’uso
CONCLUSIONI
Ecco ancora una volta dimostrato in pratica il concetto che
le capacità multidisciplinari dell’amministratore immobiliare
non fanno parte di un professionista annacquato con peculiarità indefinite con labili confini, ma compongono il mosaico
di un nuovo professionista che ha tutta la voglia di affermarsi
nella sua reale originalità, fatta di un bagaglio professionale
da valorizzare, ampliare e da far conoscere per quello che
realmente vale.
La Bibbia ci dice: “ama il tuo nemico”, ma non pare suggerire che, per farlo, dobbiamo approvare la sua condotta o far
finta di non vedere le sue azioni.
LA FORMAZIONE PSICOLOGICA
DEGLI AMMINISTRATORI DI CONDOMINIO.
di Giuseppe D’Amore - Psicologo e Psicoanalista della Società
Italiana di Psicoanalisi della Relazione
Lo sviluppo delle competenze psicologiche
1. Lo sviluppo dell’identità soggettiva: la persona umana.
Una competenza psicologica di base che favorisce l’apprendimento e lo sviluppo delle altre è considerata quella di avere
“accesso” alla propria identità personale, cioè a quell’aspetto
della nostra vita mentale che ci fa riconoscere come noi stessi. Attraverso questa capacità di autoriconoscimento ogni inAMMINISTRARE Immobili
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dividuo, ognuno di noi, si può sperimentare, osservare, come
un soggetto unico separato dalle altre persone e che possiede dentro la propria soggettività: desideri, pensieri, propositi,
intenzioni, obiettivi professionali ecc.
Questa capacità di autoriconoscimento sembra essere innata
e nell’uomo compare durante la prima infanzia, precisamente
tra i 15-18 mesi dopo la nascita. Prima di quella età, se uno
mette un bambino di fronte a uno specchio si può facilmente
vedere che il bambino non si riconosce nella immagine che
vede riflessa dallo specchio. Dopo questa età, invece, il bambino è perfettamente in grado di guardare nello specchio e
riconoscere che l’immagine che vede è la propria, cioè stabilisce una uguaglianza, una identità appunto, tra la cosa che
percepisce e chi percepisce. Questo momento durante lo sviluppo della propria soggettività rappresenta la prima volta in
cui le persone umane sono in grado di auto-riconoscersi cioè
percepiscono un sé esistente.
La cosa molto interessante è che questo sé esistente e questa
soggettività è due cose nelle stesso tempo: è la cinepresa che
fa le riprese attraverso la percezione ma è anche la “cosa” ripresa o percepità è cioè l’immagine costruita di sé, di noi stessi.
Questo aspetto della nostra vita psicologica è quella qualità
che ci permette di sentire le esperienze che facciamo come
nostre, personali o, come si sente dire spesso, soggettive.
Quando usiamo la parola “soggettivo” quindi vogliamo dire
che appartiene solo a me o comunque che appartiene a me.
Un altro modo in cui usiamo il termine “soggettivo” è quello
che ci fa attribuire un significato (positivo o negativo) a noi
stessi delle esperienze che facciamo. Ad esempio: per i signori
condomini assume un significato soggettivo diverso il fatto che
quando chiamano nell’ufficio dell’amministratore non risponde mai nessuno, oppure risponde una segreteria telefonica con
un voce strana, una segretaria o un segretario con una voce
gentile e accogliente, oppure l’amministratore in persona!
Quello che voglio esprimere con questo esempio è che gli esseri umani sembrano consistere nella capacità di attribuire significati soggettivi alle esperienze che vivono, ed in questo senso
possiamo considerarli dotati di una identità soggettiva che è
la parte umana dell’essere, cioè è quella parte che definisce e
spiega il termine “umano” quando diciamo “essere umano”.
Saper usare la propria capacità di autoriconoscimento consente di esercitare una maggiore ed efficace azione professionale,
in quanto i nostri clienti sono in pratica costituiti della stessa
“materia” quindi sapendo osservare, ascoltare, trattare noi
stessi riusciremo a farlo anche con loro. Fino a prova contraria
anche i condomini sono esseri umani!
2. La comunicazione umana efficace
Dopo aver proposto il concetto di persona umana come un
soggetto individuale portatore di una identità prodotta dalla
capacità di autoriconoscimento, vediamo adesso come una
persona comunica con un’altra persona.
Uno degli aspetti della comunicazione più utile ai professionisti nello svolgiemento del loro lavoro, è quello di sviluppare
consapevolezza del fatto che ogni volta che due persone comunicano tra di loro, in realtà si svolgono parallelamente due
tipi di comunicazione:
una riguarda il contenuto (cioè le parole parlate, le cose dette)
l’altra riguarda i significati relazionali (che i modi di dire le parole portano con se. Cioè voce bassa, alta. Gridare piuttosto
che sussurrare. Il tipo di parole che vengono scelte: confidenziali, tecniche, scientifiche, volgari, la velocità del discorso, il
modo di vestire di chi parla ecc.)
Ad esempio mentre state leggendo queste parole sulla comunicazione, da un lato state cercando di capirne il contenuto
(tecnico per così dire) e dall’altro il modo in cui esse sono
state scritte, i vocaboli usati, vi dicono delle altre cose cioè vi
dicono qualcosa sulle intenzioni di chi scrive.
Per un professionista è molto importante saper distinguere
gli aspetti di contenuto dagli aspetti di relazione riguardo le
comunicazioni che riceve dai propri clienti. L’ideale sarebbe
poter prestare una adeguata attenzione a questi due aspetti
del linguaggio umano. L’aspetto di contenuto riguarda quindi
“cosa diciamo” mentre l’aspetto di relazione si riferisce al
“come” parliamo, cioè ai “modi” che vengono maggiormente espressi con i comportamenti del corpo. Infatti per riferirsi
a questo aspetto della cominicazione si usa dire “linguaggio
del corpo” oppure “linguaggio non verbale” per mettere in
evidenza che non riguarda il contenuto delle parole.
3. La gestione della relazione interpersonale
Un altro aspetto importante della professionalità di un amministratore di condominio è rappresentato dal saper gestire la relazione interpersonale con i propri clienti. Ma cosa significa gestire
la relazione interpersonale? Cominciamo con gestire: questa parola deriva dal verbo latino gerere che significa comportarsi, cioè
avere un comportamento. Relazione significa modo o qualità
del rapporto tra due cose e si riferisce quindi al tipo di legame
esistente tra loro. Interpersonale significa tra persone umane.
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Riassumendo possiamo dire che il senso più appropriato sembra essere: avere un comportamento che tenga conto della
qualità del rapporto e del tipo di legame che si instaura con
una altra persona. Ricordiamo che precedentemente abbiamo definito la persona umana come un soggetto individuale
che è portatore di una identità frutto della capacità di autoriconoscimento che genera tutti quei significati, positivi e
negativi, che attribuiamo alle esperienze con le altre pesone.
In questo senso la qualità del rapporto e il tipo di legame da
tenere in conto dipendono dai significati che noi attribuiamo al come gli altri ci trattano o si comportano con noi, ma
anche i significati che attribuiamo a come noi trattiamo e ci
comportiamo con gli altri.
I clienti dell’amministratore di condominio si faranno una
idea positiva o negativa degli incontri relazionali che hanno
o che non hanno avuto con lui ed è proprio alla possibilità e
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alla capacità e alla competenza relazionale cosciente e volontaria nel riuscire a indirizzare il tipo di idea che i clienti si
fanno dell’amministratore che ci riferiamo con la espressione
gestione della relazione interpersonale.
4. Il lavoro di gruppo e la gestione dell’assemblea
di condominio: quando il cliente è un gruppo di persone.
Finora abbiamo cercato brevemente di tratteggiare in prima
battuta il “che cosa” è una persona umana, successivamente
abbiamo cercato di mettere in evidenza quello che succede
quando due persone umane comunicano tra loro e instaurano
una relazione interpersonale, in questo caso di tipo professionale come può essere descritta quella tra l’amministratore e il
suo cliente condomino. Adesso cercheremo di vedere cosa accade quando “più persone umane interagiscono tra di loro”.
Diciamo subito che noi consideriamo l’assemblea di condominio un gruppo di persone quindi applicheremo alla sua
gestione, seppur con le dovute differenze, le conoscenze in
nostro possesso per quanto riguarda i gruppi di lavoro. Un
gruppo è definito come un insieme di persone che si riuniscono per raggiungere un obiettivo condiviso. In questo senso
l’assemblea di condominio è un gruppo di persone che si riuniscono per raggiungere un obiettivo condiviso che è quello
di amministrare le parti in comune attraverso le delibere assembleari. Quindi il lavoro del gruppo assemblea è quello di
raggiungere la delibera.
Dopo 10 anni di attività di formazione rivolta agli amministratori di condominio, ho imparato che raggiungere la delibera
è in certi casi una impresa difficile, ardua, e che da la possibilità di osservare dei comportamenti di persone che mai si
riterrebbero capaci di comportarsi in un certo modo, spesso
scorretto o troppo “di parte”. Paradigmatico per me è diventato il caso di un insigne magistrato che, una volta indossati
i panni di proprietario condomino, si trasforma in maniera
evidente, “dimenticando” le più banali basi del diritto e del
buon senso agendo inspiegabilmente, certe volte, in modo
non qualificabile (caso raccontato da un altrettanto insigne
amministratore di condominio).
Questa “vignetta” ci è utile per sottolineare il fatto che quando le persone sono in gruppo o dentro un gruppo, si trovano a vivere esperienze di cui sono nello stesso tempo “attori
produttivi” e “vittime inconsapevoli”. Questi fenomeni sono
noti da tempo in psicologia e sono definiti con il termine “dinamiche di gruppo”.
Facciamo un esempio: certe volte gli amministratori osservano che l’assemblea ha un atteggiamento del tipo che tutto
ciò di cui il condominio ha bisogno dovrebbe essere procurato dall’amministratore di condominio. In queste circostanze
l’amministratore diventa una specie di figura potentissima
che dovrebbe dare ai condomini tutto ciò di cui loro avrebbero bisogno. Diciamo che l’assemblea si trova in un atteggiamento di dipendenza verso l’amministratore dall’azione
del quale dipenderebbe tutto, dimenticando che invece è il
lavoro dell’assemblea che attraverso le delibere produce il risultato di amministrare le parti comuni.
Un altro esempio: in alcuni casi si osserva che l’atteggiamento dell’assemblea è quello di ritenere l’amministratore responsabile e colpevole unico di tutti i mali e dei problemi che
il condominio si trova a patire e di cui è costretto a doversi
occupare. In questo caso diciamo che il gruppo assemblea si
trova in un atteggiamento di attacco, cioè di aggressiva di-
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struttività, nei confronti dell’amministratore ed anche in questi casi, approfondendo lo studio della dinamica, si osserva
facilmente che l’assemblea invece di lavorare per raggiungere
la delibera, si dimentica di questo obiettivo e si mette a fare
la guerra all’amministratore che sembra essere diventato il
portatore di tutti i mali. Quello che succede molto spesso in
questi casi è che l’amministratore perde il lavoro perché viene
sostituito con un altro collega, mentre i problemi del condominio restano tutti li.
Si potrebbe continuare con gli esempi ma lo spazio di questo
lavoro ci suggerisce di fermarci qui e di sottolineare, invece,
come l’amministratore con il diventare esperto di queste dinamiche possa in qualche modo prevenirle e gestirle. L’acquisizione di questa competenza richiede un addestramento
pratico e costante nel tempo perché si tratta del fatto che,
come tutti i partecipanti all’assemblea, anche l’amministratore è “attore produttore” e nello stesso tempo “vittima inconsapevole” delle dinamiche sopra descritte. Sintetizzando
possiamo dire che sarebbe necessario un percorso formativo,
aggiunto ad esperienze di “coaching di gruppo”, per permettere agli amministratori di imparare a gestire le forti dinamiche che si sviluppano durante l’assemblea di condominio.
5. La capacità di negoziazione come competenza operativa
A questo punto del discorso sembra opportuno introdurre
“la competenza delle competenze”: la capacità di negoziazione. Essa è stata trattata ampiamente nel capitolo dedicato
ad essa da Andrea Finizio. Qui sono fatti solamente dei brevi
cenni operativi. A questo proposito è importante ribadire
che, in una ottica di apprendimento, essa venga preceduta
dagli altri discorsi sulle altre capacità perché questo ci da la
possibilità di dire che non si può essere dei buoni negoziatori
senza essere dei buoni conoscitori della persona umana, senza sapersi destreggiare nei processi comunicativi, senza saper
orientare il proprio comportamento relazionale, senza essere
abile a percepire e gestire le dinamiche di gruppo di cui si è
attori attivi-passivi.
Tutti gli esperti mondiali di questo tema concordano sempre
di più sul fatto che i “processi di negoziazione” sono rilevabili
in qualunque aspetto della vita associata delle persone umane e sul fatto che essi sono alla base del rapporto economico
e dell’azione commerciale.
Qui la applichiamo al rapporto tra professionista e cliente
quale intendiamo noi il tipo di relazione esistente tra amministratore di condominio e il suo cliente condomino.
Esistono due tipi principali di negoziazione, una detta competitiva e una detta cooperativa.
Nella negoziazione competitiva due parti, due persone (professionista e cliente) lottano per accaparrarsi un valore prestabilito. L’ottica di questo tipo di relazione è quello di prendersi
tutto il valore e non lasciare niente all’altro che viene qualificato come un concorrente, qualcuno che ci vuole fregare; alla
fine quindi qualcuno vince e qualcuno perde.
Nella negoziazione detta cooperativa le due parti cercano di
creare e di scambiarsi un valore nell’ottica di poterlo incrementare e sviluppare ulteriormente, questo è possibile solo se
si è disposti a scambiare le informazioni che si possiedono e a
giocare a carte scoperte. Alla fine si hanno due risultati:
le due parti si possono dire “ho vinto io e hai vinto pure tu”
la relazione può continuare e anzi ne esce rafforzata da una
reciproca fiducia.
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Il “segreto” della negoziazione cooperativa sta nel fatto di
creare e scambiare valore con l’altro. Questo, secondo noi,
per l’amministratore di condominio è una super competenza
sia quando ha a che fare con il singolo condomino sia quando
si trova nella assemblea di condominio dove le dinamiche si
sviluppano delle volte con il produrre dei sottogruppi in competizione tra di loro. In quel caso l’amministratore dovrebbe
essere competente nel trasformare la negoziazione competitiva ( i sottogruppi che vogliono la meglio l’uno contro l’altro)
in un clima da negoziazione cooperativa dove l’obiettivo è
creare valore reciprocamente. All’interno di un condominio
tutto questo si traduce nel poter amministrare le parti comuni
in un modo che risulti vantaggioso per tutti.
6. La convivenza nei condomini
Un altro aspetto di vitale importanza per chi, come l’amministratore professionista, si trova come professionista inserito
nei processi della vita associata è la convivenza nei condomini. La “competenza alla convivenza” può dare al professionista, oltre che un modello di lettura delle esperienze lavorative, anche uno strumento di intervento che gli consente di
migliorare la qualità dell’intervento stesso.
La competenza alla convivenza può essere definita come “la
capacità di avere una relazione con l’altro, con l’estraneo entro delle regole del gioco condivise”. In un certo senso quindi
convivere significa saper trattare con la diversità. Detto altri-
menti, possiamo affermare che si ha convivenza quando ci si
propone la conoscenza e la relazione con l’altro.
Cerchiamo di spiegare queste affermazioni, e per farlo usiamo una metafora: se la convivenza fosse una torta potremmo dire che essa si potrebbe fare solo se possedessimo tre
ingredienti.
Primo ingrediente: l’altro, l’estraneo, la diversità, il non conosciuto.
Secondo ingrediente: io, noi, i sistemi di appartenenza.
Terzo ingrediente: regole del gioco condivise.
L’altro, l’estraneo può essere il condomino rompiscatole del
piano di sopra, possono essere quelli della scala C che pretendono da noi questo e quello, e così via di seguito.
Io, noi, i sistemi di appartenenza, possono essere la famiglia,
noi della scala A, noi “meridionali” che siamo distinti da quelli “settentrionali” che sono diversi, appunto estranei, noi che
siamo stranieri e pertanto diversi da loro che sono italiani,
quindi non appartenenti a noi e così via.
Le regole del gioco condivise sono quegli “accordi” che ci
permettono di entrare in relazione con l’altro e di conoscerlo
così da sviluppare la convivenza. La questione delle regole condivise è molto importante perché è quell’aspetto della
convivenza che ci garantisce che l’altro, l’estraneo, non ci faccia del male. Infatti regole del gioco condivise significa, semplicemente, che io sono assolutamente in grado di prevedere
il comportamento dell’altro positivamente intenzionato verso
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di me. È la percezione dell’intenzione positiva dell’altro verso
di noi che ce lo fa percepire come amico e non come nemico.
Appena io non riesco a prevedere il comportamento dell’altro, questo si qualifica automanticamente come nemico. È
chiaro a questo punto che la previsione del comportamento
dell’altro si può fare solo se si rispettano le regole del gioco
condivise, e risulta ancora più chiaro che la questione chiave
non sono le regole del gioco ma la loro condivisione, cioè il
loro rispetto. Quindi alla fine ci si potrebbe chiedere come si
fa a creare la condivisione delle regole? A questo punto uno
dei possibili modi che ci preme suggerire è quello di adottare e utilizzare la “competenza delle competenze” e cioè “la
capacità di negoziazione cooperativa”. Da questo punto di
vista convincere l’altro a condividere qualcosa con noi (es.
le regole) si può fare solo se si mostra effettivamente, concretamente, materialmente, psicologicamente, socialmente,
economicamente ecc. che a fare quello che noi proponiamo
si vince in due: vinco io e vinci pure tu. D’altronde con-vincere
significa appunto vincere insieme.
In questo senso l’azione professionale si può considerare
come basata sulla competenza del “know how” in quanto è
questa la capacità che viene richiesta per risolvere i problemi
complessi che l’amministratore professionista viene quotidianamente chiamato ad affrontare.
Da questo punto di vista l’amministrare un condominio pertanto non può essere assimilabile al “prestare un servizio” in
quanto le aziende di servizi si occupano di risolvere problemi
semplici; seguendo questi ragionamenti ne risulta come né il
marketing classico, né tantomeno il marketing dei servizi possano essere automaticamente applicabili agli amministratori
di condominio.
Per essere più aderenti alla loro realtà bisogna applicare il marketing del “know how” e per fare questo definiamo professionisti del know how quelli che nella loro azione professionale:
- si occupano di risolvere problemi complessi
- si occupano di questioni con marcata individualità
- sono chiamati ad usare la creatività
- devono sviluppare un rapporto duraturo con i propri clienti.
Il marketing del “Know how” applicato La prima conseguenza di questa visione della professione è
alla professione di Amministratore
che il marketing dei professionisti del “know how” è basato
di Condominio
sulla competenza strategica di creare, sviluppare e mantenere
di Marco Lombardozzi - Presidente ANACI Bolzano
Secondo Philip Kottler , il più autorevole esperto mondiale in
materia, il marketing è la scienza e l’arte di acquisire, mantenere e sviluppare una clientela che assicuri un profitto.
Gli elementi costitutivi di ogni azione di marketing comprendono alcuni passi prestabiliti e strategicamente determinati:
- Analizzare il mercato
- Programmare le attività di marketing
- Realizzare concretamente il programma di marketing
- Verificare i risultati dell’azione concreta sul mercato
In senso classico le leve su cui gli esperti di marketing fanno
pressione per sviluppare il successo di una azione commerciale sono noti come i fattori del “marketing mix” e vengono
cosi denominati:
Prodotto/Servizio
Prezzo
Posto (distribuzione)
Promozione
Potere (sulla concorrenza, sui clienti)
Pubbliche Relazioni
Packaging (confezionamento)
Gli esperti sostengono che il massimo dei risultati in termini
di profitto economico si ottiene agendo sui diversi fattori del
“mix”; questo significa che a seconda delle circostanze si può
ad esempio: aumentare o diminuire la qualità del prodotto/
servizio; aumentare o diminuire il prezzo; aumentare o diminuire la qualità della distribuzione; aumentare o diminuire la
promozione; e cosi via con tutti gli altri fattori.
A partire da queste concezioni classiche del marketing noi
riteniamo che sia possibile sviluppare un marketing che sia
specifico e adatto alle caratteristiche della professione di amministratore di condominio; pertanto è opportuno chiarire
innanzitutto come la caratteristica centrale di questa professione sia quella di risolvere problemi complessi, anzi “complessissimi”.
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nel tempo un rapporto con i clienti.
A questo punto bisogna mettere in evidenza come il punto
focale di tutta l’attività di marketing sia la soddisfazione dei
clienti e che per ottenere ciò occorra sviluppare un marketing specifico.
Prendiamo in esame il marketing relazionale: con questa
espressione si indicano gli accordi a lungo termine e mutualmente soddisfacenti che intercorrono tra il professionista ed
il cliente; questo punto è così tanto importante che si può benissimo parlare di un Customer Relationship Management.
Il CRM è una tecnica che impiega informazioni sui clienti e il
loro comportamento di acquisto per creare strategie di marketing specifiche per sviluppare e sostenere relazioni desiderabili con i clienti.
Centrale in questa prospettiva diventa il valore che i professionisti del know how propongono ai propri clienti; aumentando “il valore del e per il cliente”, nel corso del tempo i
professionisti tentano di conservare e aumentare la redditività
di lungo periodo attraverso la fidelizzazione dei clienti.
Esaminiamo altri tre concetti molto importanti per il marketing moderno, ovvero il valore, i benefici ed il costo: il valore,
per il cliente, è la valutazione soggettiva dei benefici ricevuti
nello scambio rispetto ai costi sostenuti per ricevere quei benefici. Il valore è importante nella gestione delle relazioni a
lungo termine con i clienti.
I benefici per il cliente comprendono qualsiasi cosa lui riceva
in uno scambio.
I costi per il cliente comprendono qualsiasi cosa egli debba
cedere per ottenere i benefici forniti dal prodotto.
Ecco alcuni esempi di costi:
- prezzo monetario del prodotto
- tempo ed energia spesi per comprare
- rischio, da diminuire o da eliminare offrendo garanzie di
soddisfazione al 100%.
E’ bene tenere presente che affinchè possa avvenire uno scambio devono essere soddisfatte le seguenti quattro condizioni:
<< Inserto
- devono parteciparvi due o più individui o organizzazioni, e
ognuna delle parti deve possedere qualcosa di valore che sia
desiderato dall’altra parte;
- lo scambio deve essere in grado di procurare un beneficio o
una soddisfazione alle parti coinvolte;
- ciascuna parte deve avere fiducia che l’altra mantenga la
promessa di “qualcosa di valore”;
- per creare fiducia, le parti devono soddisfare le aspettative
reciproche.
È chiaro a questo punto come la logica del marketing mix
si sposi con la logica dell’aumento del valore alla base della
azione professionale dei professioni del know how.
Riteniamo che si debba passare ad una nuova concezione chiamata Marketing Max dove per ogni fattore su cui si agisce
occorre dare al cliente il massimo del valore possibile.
Riportiamo per esteso l’autorevole punto di vista di due esperte
di questo concetto, Britt-Marie Ahrnell e Monica Nicou, tratto
dal loro lavoro “Il marketing dell’azienda di know how”:
“Talvolta ci domandano quale dei sette fattori di concorrenza
è il più importante oppure può dare un effetto più immediato sul mercato. Purtroppo, in queste occasioni, dobbiamo
rispondere che sono tutti ugualmente importanti.
Anche se qualche fattore dà forse effetti più rapidi di altri
sulla breve distanza, il marketing dell’azienda di know how
deve essere impostato sulla lunga distanza. E per avere successo sulla lunga distanza tutti i fattori di concorrenza sono
ugualmente indispensabili. Anche se, in certe situazioni, può
essere necessario puntare di più su alcuni fattori, non si può
fare elaborazioni e calcoli sulle sette C come sulle quattro P.
Nella teoria delle P si possono calcolare le iniziative, provare
una ripartizione delle risorse e misurare il risultato. Quest’operazione si definisce marketing mix.<<Se abbassiamo il prezzo
e aumentiamo la pubblicità, allora …, se eleviamo la qualità,
diminuisce il numero di punti di vendita e ...>> Per l’azienda
di know how, l’idea del marketing mix non funziona. Ragionare in termini di «se aumentiamo i contatti ma evitiamo di
scegliere i clienti.., se comunichiamo meglio ma rallentiamo
lo sviluppo della competenza...» è assurdo” Un’impresa che
vive della vendita di conoscenza deve sostituire una a alla i
della parola mix. Per l’azienda di know how ciò che serve è il
max. Il marketing max”.
Il libro delle due autrici si basa sulla convinzione che l’azienda
di know how abbia successo solo quando chi vi lavora all’interno è in grado di creare fiducia nella propria capacità di
risolvere i problemi dei clienti.
Le autrici propongono un nuovo modello invertendo i concetti ormai consolidati e tradizionali del marketing, cercando
il loro contrario; in questo modo hanno elaborato la teoria
delle sette C nella convinzione che in questo modo sia possibile trovare la strada adatta all’azienda di know how.
Se prendiamo spunto da quanto ha asserito Rolf Back (Arndt
e Friman, 1981), ovvero che “il marketing è la comprensione
di ciò di cui il mercato prescelto ha bisogno, di ciò che desidera, di ciò che vuole avere e richiedere, la capacità di procurarsi la competenza e più in generale le risorse che rendono
possibile offrire ciò che richiede il mercato, e l’abilità di comunicare al mercato prescelto che si è in possesso di questa
competenza”, capiamo come il marketing non possa essere
considerato solamente una cosa che si fa, ma come occorra
riuscire ad intuire e capire ciò che occorre al mercato.
Marketing significa anche scegliersi i propri clienti e non subirli, marketing significa anche sviluppare le proprie competenze e le risorse che occorrono riuscendo a fare in modo che
il mercato venga a sapere che siamo in grado di offrire queste
competenze.
Insomma, iniziare a parlare di marketing applicato alla professione dell’amministratore di condominio vuole dire iniziare un
lungo percorso fatto di intuizioni. Di applicazioni e di approfondimenti che durerà per tutta la nostra attività lavorativa ed andrà
anche oltre; una prospettiva decisamente entusiasmante! n
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