luca giorcelli nel nome del padre, levinson almost

annuncio pubblicitario
5
n.
marzo 08
Brain of the month
LUCA GIORCELLI
V.V.V.: Video Virali Violenti
ALMOST SKATEBOARD
Andrea Natella
NEL NOME DEL
PADRE, LEVINSON
... Love Me! Fake Me!
Dis-Integrare il guerrilla
FEBBRAIO
BLOG MINIATURES
Jay Sid
“Levinson” Vicious
Punk ‘s not dead! scrivevano sui muri di Londra. Non erano passati che pochi mesi dall’esplosione di Vicious ed epigoni vari, raccontano i
reduci di quella stagione, e già si litigava sul sesso degli angeli. Chi passava il
tempo a teorizzare i dogmi di una nuova musica e relativo stile di vita, e chi a distruggerli; il partito dei duri e puri che lancia anatemi contro le major discografiche – l’affare
lo avevano fiutato subito - gli apocalittici, gli integrati. Comunque sia andata, sono passati
trent’anni da quell’esperienza, e talvolta ancora mi capita di incontrare qua e là, in tante città
d’europa, proprio quella scritta di cui sopra. Uno slogan che sembra un’ affermazione, ma in
realtà è quasi una domanda. E’ vivo, vero, ragazzi?
Questa intro è per tranquillizzarvi, no, neanche noi vogliamo parlare del sesso degli angeli; resta
il fatto che non riusciamo a trattenerci dalla tentazione di interrogarci sullo stato dell’arte del guerrilla. Come il punk o come ogni piccola rivoluzione culturale o comunicativa, egli sta lentamente
cambiando qualcosa; il nostro stesso approccio, la forma mentis sia degli addetti ai lavori che dei
cosiddetti consumatori, noi tutti insomma. Così abbiamo chiesto a maghi e cartomanti di guardare nella loro sfera di cristallo 2.0 e predirci il futuro. Dove andrà il guerrilla, come sarà? E’ vivo,
è morto, è un falso storico, se ha del tempo libero andrà alle olimpiadi in Cina? Assistiamo in
questi mesi a un impennata dell’interesse sull’argomento: escono libri, si fanno conferenze, le
grandi agenzie aprono sottosezioni e le sottosezioni aprono agenzie. C’è chi già lo insegna
e chi insegna che non c’è proprio nulla da insegnare. Chi dice che guerriglieri si nasce,
chi dice che lo si diventa. Che è uno stato dell’anima, o una mera tecnica. Moriremo
democristiani o guerriglieri? Eh già. Proprio un bel dilemma. Forse è il caso di
interrogare anche il passato per comprendere il futuro. Andiamo avanti
noi, che ci viene da ridere. Willkommen, Madamen und Herren, a
Subvertising numero Funf.
Francesco Rossi
Direttore Responsabile
[email protected]
3
La fotografa di questo numero:
MARTHA CECILIA BAGGETTA
MarthaCecil, nome d’arte di questa giovane nata in Ecuador e trapiantata in Italia da alcuni anni, potrebbe diventare noto anche nell’ambito
del marketing non convenzionale. A noi di Subvertising sono piaciuti
particolarmente proprio gli scatti notturni della strada, dei suoi colori e
dei
suoi murales.
Martha, laureata in comunicazione internazionale,
ama la fotografia sin da bambina, ed ha pubblicato
diversi scatti su riviste d’arte e fotografia, su blog
internazionali oltre che partecipato a numerose mostre
collettive.
Gallery:
http://www.flickr.com/photos/15793843@N08/
Info: [email protected]
(Pubblichiamo volentieri i lavori di giovani artisti della fotografia.
Scrivete a [email protected], inviando i link dove reperire gli scatti.)
.5
In nomine patris Levinson
Blog history
La prima volta del guerrilla marketing
Guerrilla marketing: futuro razionale
.6
.9
.13 Love me! Fake me!
In gorghi tra corpi e comunicazione
viral / Skaters aggressivi?
No, è solo un’operazione di marketing
SUBLIST
.17 Dis/integrare la guerriglia
Il guerrilla del futuro?
Narrazione e integrazione
.18 brain of the month
Gratta e lavora per un futuro sicuro.
Intanto ridici sopra...
.19 gigabyte
Internet e Viral Marketing:
insieme dalla nascita?
.21 their laws
Marketing e cimiteri
.23 tool box
Ambient marketing
SUBVERTISING
Anno II, numero 5 del 10 marzo 2008
Direttore Responsabile: Francesco Rossi ([email protected])
Comunicati stampa, informazioni o altre richieste:
[email protected]
Pubblicità:
Barbara Zanardi ([email protected])
Grafica e impaginazione: Frameart.it
Edizioni Cnet Web
Mensile iscritto presso il Tribunale di Bologna, numero 7803 del 16/10/2007
blog history
La prima volta del guerrilla marketing
di Fables (www.bloguerrilla.it)
I
nizio in stile Wu ming. 26
Luglio 2001 ore 8 del mattino, Acquafan di Riccione,
caldo torrido, improvvisi ritrovamenti, vento da ponente, 3
misteriose tracce circolari, la
gente incredula, un triangolo
equilatero di circa 15 metri.
La voce del custode, una
nube che si alza in volo. Tutto
questo è successo a Riccione, quasi 7 anni fa, in quella
che da molti è stata definita la prima azione di guerrilla marketing
della storia italiana. Non so come
sarà il futuro di questa disciplina,
ma il passato vive intorno a quella notte. La notte in cui sono stati
fatti quei cerchi non nel grano ma
sull’asfalto. Vi racconto la storia
di come è stato inscenato questo falso atterraggio
Ufo. Il tutto scatta dopo la segnalazione del custode, ovviamente complice dell’iniziativa, alle autorità locali: tre misteriose tracce sono state ritrovate
vicino l’Acquafan. Sul luogo arrivano i carabinieri,
che una volta messi i sigilli hanno già garantito la
riuscita dell’azione, una miriade di curiosi, giornalisti dalle redazioni dei giornali locali, e ufologi, attenzione, anche
questi
ultimi
diventeranno
complici, sono
loro che riusciranno a dare
a quest’azione
quel tocco di credibilità in più. I cerchi vennero realizzati con una speciale miscela di acidi, che ha
garantito una visibilità speciale ai 3 cerchi. Dagli speaker di radio Deejay la notizia echeggia in
tutta Italia, passando poi su tutte le testate locali,
mentre i creativi dell’agenzia realizzatrice – Guerrigliamarketing.it – sono intervenuti sul luogo spac-
ciandosi per esperti del caso.
L’aspetto curioso è che sono
stati intervistati dai giornalisti come reali conoscitori dei
fatti, quindi come veri e propri testimoni oculari. Per tutta
la durata dell’iniziativa è stato
di fondamentale importanza
che tutti continuassero a seguire la pista ufologica senza
alimentare eccessivi allarmi.
Il momento della beffa. All’indomani dei ritrovamenti, il comune
stesso ha organizzato una conferenza stampa per dare delucidazioni sul caso, così oltre a svelare
la notizia, si è avuta la possibilità
per presentare l’iniziativa “Riccione. Ultimo pianeta prima della Terra”. Questa campagna di guerrilla
marketing è riuscita a creare attenzione intorno a
una serie di manifestazioni promosse dal comune
di Riccione, in un modo decisamente fuori dall’ordinario, riuscendo a rompere gli schemi precostituiti e
ottenendo con costi contenuti più di quanto avrebbe
ottenuto con qualsiasi copertura mediatica. Dal sito
Guerrigliamarketing.it, ho la possibilità di darvi una
visione su quelli che sono stati i risultati ottenuti.
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Ansa: due lanci il 26 Luglio e il 27 Luglio
Tv:
servizi
televisivi
su
Studio Aperto
(Italia1)
e Tg3
regione
Stampa: prima pagina su due dei tre quotidiani
locali (Il Resto del Carlino e La Voce di Rimini),
ampi servizi sul terzo quotidiano (Corriere di Rimini) e nei giorni successivi allo pseudoevento
copertura completa da parte delle emittenti
radiofoniche
e
televisive
locali
copertura significativa sulla stampa e sui
media nazionali (stima 30% del target)
Per
ta,
essere
una
assolutamente
prima
niente
volmale.
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S
vNiro,aèlso/lo un’operazione di marketing
di Silvio Ottonello (redazione@subvertisi
C
ng.it)
on l’avvento della condivisione di file via internet
sono stati tanti gli effetti collaterali sviluppatisi:
chi si occupa di marketing se ne è accorto da tempo,
ed ultimamente anche nello “skate business” si è diffusa la pratica di sfruttare a pieno le capacità dello sharing per scopi pubblicitari e per diffondere viral video.
Circa un mese fa Almost Skateboards, una delle più famose skateboard company americane, ha annunciato
in rete la sponsorizzazione e la
promozione a professional rider
nel proprio team dell’australiano
Lewis Marnell, pubblicando su
Youtube un insolito,ma alquanto geniale video. Non si tratta,
però, del canonico commercial
spot di presentazione, dove il pro
interessato sfoggia nuovi trick
in sequenza, bensì di un viral
video inititolato “Picchiato mentre cercavo di filmare Daewon!”.
Che cosa c’entra l’aggressione ad un filmer con l’entrata di Lewis nel team Almost Skateboards?
Nel video in questione Daewon Song, professional
skater molto popolare e punta di diamante del team
Almost, cerca di eseguire diverse manovre con il suo
skateboard sopra un marciapiede, mentre un ragazzo lo sta filmando da vicino.Più lontano,un altro filmer
nascosto dietro un albero con la sua videocamera,
cerca di “rubare il trick” filmando con un’altra angolazione le prodezze di Daewon, senza farsi vedere.Il
punto di vista del video è quello del “fimer ladro”, che
dopo qualche minuto viene scoperto dai due ragazzi,
i quali indispettiti dalla sua presenza gli intimano di
andare via.Lo skater continua a provare il suo trick,
ma chi sta dietro l’albero riprende a filmare con insistenza, nonostante sia stato invitato ad andarsene.
Dopo un paio di tentativi Daewon accorgendosi
della pressante presenza del “filmer ladro” si arrabbia scagliando con violenza il suo skateboard
nel tentativo di colpirlo, mentre il suo amico corre
66
gridando verso il malcapitato.
Le immagini del video diventano mosse e confuse:il filmer
sta subendo un’aggressione
da parte dei due e durante la
rissa la videocamera incriminata cade sul prato dove sta avvenendo il fatto.
La videocamera rimane in “REC”
e l’inquadratura è fissa su uno
skateboard, che sembra quello tirato da Daewon verso il filmer qualche attimo prima,ma l’oggetto inquadrato è il nuovo Pro Model di
Lewis Marnell firmato da Almost
Skateboards!Passano pochi secondi
e sull’immagine fissa dello skate appare una scritta: “Congratulations on
turning pro Lewis.Sincerely, Almost.”
I commenti suscitati dal video su
Youtube sono stati svariati:c’è chi si
è domandato se l’aggressione fosse
stata vera, chi ha definito stupido e
incosciente l’operatore aggredito, e
chi ancora ha intuito che si trattava di un advertising
non convenzionale della company americana, commentando con un “It’s a joke!” e sottolineando che
Lewis Marnell è entrato a far parte del team Almost.
L’originalità del video e del suo contenuto hanno
prodotto l’effetto desiderato:lo spot, cammuffato da
video personale, ha avuto una rapida diffusione via
internet, tanto che anche canali
ufficiali e siti internet dello skateboarding internazionale ne hanno
segnalato la presenza citandolo
nelle news e nelle home page, mentre negli skateshop ed negli shop
online il Pro Model di Lewis Marnell
può essere acquistato dai suoi fans.
Approfondimenti multimediali
disponibili su:
www.subvertising.it/media
Caro Direttore, mi chiedi il mio pensiero sul futuro del
guerrilla marketing?
Eccolo: tra qualche mese inizieranno tutti a parlarne e tutti
vorranno fare guerrilla (faccio finta che non sta già accadendo
da tempo, in realtà), un po’ com’è successo con i blog. Dalle agenzie più piccole a quelle più grandi inizieranno ad aprire
inutili uffici dedicati a questa tecnica sublime incatenando a vita il
termine dietro falsi significati. Possiamo fare qualcosa per salvare
tutto ciò? La risposta è sì! Tu devi chiudere Subvertising così come
io chiuderò Bloguerrilla così nessuno parlerà più del guerrilla e il
termine sarà salvo perché rimarrà un beneficio di pochi, noi continueremo a comunicare ma lo faremo in stile massoneria...”
(Fables, Bloguerrilla.it)
Prepariamoci alla mutazione tout court del marketing
nella versione guerrilla. La penetrazione della Rete, l’evoluzione generazionale, i target sempre più affamati di novità
e annoiati dal solito noise pubblicitario: questi sono i momenti
fondamentali della trasformazione.
Ci sarà da divertirsi ma anche da mettersi nelle mani dei capelli.
Già il 2008 vede tanti cercare di scimmiottare campagne guerrigliesche: fanno solo brutta figura e ispirano senso di patetico. E
ci proveranno ancora, ancora e ancora. Ma alla fine sopravviveranno solo i più creativamente genuini. o i più pazzi, che dir si
voglia. Io non vedo l’ora, e voi?
(Anakyn, [email protected])
7
“Il futuro del guerrilla...e chi siamo noi per dirlo? Lo possiamo,
a tempo perso, immaginare, a tempo pieno augurare. Il paragone che si sente in giro con la net-economy ci può pure stare: come
per il web, solo i migliori restano. Sarà una gara durissima, interessante, una vera e propria guerriglia combattuta a suon di colpi creativi
e diffamanti cannonate fra eserciti-agenzie concorrenti; questo va bene,
è nella natura delle nuove idee in una società dove le stesse si bruciano alla velocità della luce e vengono poi copiate, riciclate, reincarnate. Il
guerrilla non morirà, non può morire, almeno non finché avremo consumatori annoiati che si evolvono ampliando il loro potere, e aziende con
budget sempre più modesti, fattori che entrambi paiono accentuarsi
piuttosto che diminuire. E allora, diamo il via alle danze di guerra...”
(Pensiero uniforme di tutti
i guerriglieri di G-Com.it)
8
Guerrilla m
arke
ting:
futuro
raz
ionale
di Andrea
Natella (a.n
atella@gu
errigliama
rketing.it)
L
a recente uscita per l’editore Castelvecchi
del libro Guerriglia Marketing di Jay Conrad Levinson e Paul R.J. Hanley è l’occasione per una serie di riflessioni sullo stato di salute del marketing non convenzionale in Italia.
Innanzitutto perché è la prima volta che un libro
del padre del guerrilla marketing viene tradotto
in italiano, e questo è già un dato curioso. Il primo libro di Levinson sul marketing di guerriglia è
infatti del 1983 e da allora, come lo
stesso autore fa notare sul suo sito
web, i suoi lavori sono stati tradotti
in 41 lingue. L’Italia arriva dunque
buona ultima dopo cinque anni di
entusiami che hanno accompagnato
il settore a partire dalla nascita del
sito/agenzia guerrigliamarketing.it.
Non che fino a quel momento non
si fossero viste azioni di marketing
non convenzionale in Italia, ma nessuno fino al
2003 aveva provato a considerare queste pratiche come un’insieme di tattiche riferibili a un’unica famiglia concettuale. Guerrigliamarketing.it lo
ha fatto attraverso un detournament: ha sganciato
il “guerrilla marketing” dalle stagionate teorizza-
9
zioni di Jay Conrdad
Levinson e lo
ha condotto verso
una dimensione
politico-sociale che
valorizzava le pratiche di cultural
jamming che durante
gli anni novanta
erano emerse in Italia.
Nel
frattempo
la produzione editoriale
di Levinson era cre- sciuta in quantità ma non
sempre in qualità. Tre il 1983 ed il 2007 sono usciti oltre cento libri firmati dallo scrittore americano,
quasi tutti con il termine “guerrilla”
infilato nel titolo. Testi dedicati ai
campi più disparati del marketing e
della comunicazione (dalle piccole imprese ai grandi franchise, dalle tecniche di scrittura al financial
advisory) che adottavano approcci teorici progressivamente diversi
(dalla memetica alla programmazione neurolinguistica, dal marketing virale al pensiero laterale). Pur non volendo
generalizzare è però evidente che la forza del suo
pragmatismo originario si è gradualmente spenta
nella ricerca di una continua innovazione e nel tentativo di rispondere alle nuove esigenze di mercato.
Sarebbe quindi stato saggio introdurre il pubbli-
9
co italiano al
pensiero di Jay Conrad Levinson attraverso la pubblicazione di uno dei suoi testi più solidi
e importanti. O quanto meno accompagnare la pubblicazione di
uno dei suoi testi più recenti con
una apparato critico in grado di
contestualizzarne il valore. Se
c’è infatti un urgenza per il guerriglia marketing in Italia è infatti
quella di fare “cultura” presso il mercato in modo serio.
Invece il volume di Levinson
che viene pubblicato è Guerrilla Marketing Revolution del
2007, che pur essendo assai poco rivoluzionario non
giustifica, se non per ragioni di vendita, l’omissione di Revolution
nel titolo di traduzione. Soprattutto perché
il Guerrilla Marketing di
Levinson edito dalla Castelvecchi è il primo libro
in Italia su quelle tematiche e sarebbe stato davvero auspicabile che avesse
avuto una funzione introduttiva se non manualistica per
il pubblico. Invece purtroppo
Guerrilla Marketing Revolution
è uno dei volumi più anacronistic i
del padre del guerriglia marketing,
un libro in cui si cancella la centralità “produttiva” del consumatore in favore di un approccio da
“persuasori occulti” che mira a colpire la “mente inconscia” del consumatore attraverso la PNL.
Se questo livello di leggerezza è accettabile nelle logiche dell’industria editoriale è invece più colpevole
il contributo dei curatori del volume che si dichiarano in qualche modo esperti del settore. Invece
10
l’appendice italiana sembra
essere
scritta da persone
che non si sono
nemmeno prese la briga di leggere il libro: nessuna contestualizzazione storica o teorica, nessun
riferimento alle ragioni dell’utilizzo da parte di Levinson e Hanley della PNL che permea il libro dalla prima all’ultima pagina e che mai è stata considerata in Italia affine al marketing di guerriglia.
Come è possibile tutto questo? L’impressione è
che ancora oggi il guerriglia marketing venga considerato da molti sedicenti operatori una semplice
“moda pubblicitaria” da spremere al meglio finché
è possibile e non uno nuovo strumento intorno a
cui fare cultura affinché possa finire stabilmente nel media-mix degli investimenti pubblicitari.
Si tratta di un atteggiamento miope che testimonia
della stato di salute del marketing non convenzionale in Italia che probabilmente finirà per esplodere in una piccola bolla ma che speriamo lasci sul
campo gli operatori più capaci. Gli altri però non
courtesy MarthaCecil
potranno godersi in qualche spiaggia caraibica
le loro stock-option come i miracolati della neweconomy, perché quello del guerriglia è un mercato millesimale e non elargisce stock-option. Ai
guerriglieri più abili regala occhi rossi da monitor
Lcd e mani sporche di grasso e silicone, ma soprattutto la gioia e il divertimento di un mestiere
che non riconosce regole e non accetta confini.
10
“Il futuro del guerrilla marketing?
Personalmente preferirei inquadrare il tema
ampliando il concetto di guerrilla e posizionarlo
all’interno del concetto di marketing non convenzionale. Il
futuro del marketing non convenzionale praticamente lo stiamo
scrivendo. Giorno per giorno. E non sono solo le aziende a farlo.
In prima istanza è tutto il web a farlo: in tempi non sospetti quante
volte da semplici consumatori abbiamo utilizzato il web per reperire
informazioni? Oggi grazie alla blogosfera le informazioni che il cliente può
reperire sono migliori, più critiche, per questo più affidabili. Non solo, ma il
2.0 ci mette in mano alcune chiavi per poter varcare soglie fino ad ora inaccessibili. Una per tutti l’UGC (User Generated Content): le aziende più sensibili
già da tempo hanno instaurato una nuova relationship (quella che io chiamo
WnRM) con i propri Clienti/Consumatori rendendoli partecipi nello sviluppo
dei propri prodotti o della propria comunicazione . Il futuro del marketing non
convenzionale sta proprio qui: nella capacità delle aziende di venire incontro al Cliente e di attrarre il prospect. Va da sé che il percorso è lungo;
è un percorso in cui l’azienda deve ridisegnare il proprio paradigma di
relationship calandolo nelle sub culture di riferimento, per entrare nel
cuore dei consumatori per incontrarli in modo diretto; parlando il
loro linguaggio ed azzerando “l’advertising conscious”.
(Camillo Di Tullio a.k.a. Dr_Who, www.drwho.it)
11
“Il guerriglia marketing è tra
di noi, perché era già tra di noi ancor prima
che iniziassimo a chiamarlo per nome. Umberto Eco,
la guerriglia semiologia, i Provos, Luther Blisset e prima ancora
i situazionisti e le avanguardie artistiche che li hanno preceduti insegnano. Senza accorgercene la parabola del guerrilla marketing ha raggiunto
il punto più alto, è entrata a far parte dell’esistente e ci ha già lasciato la sua
eredità: l’uso congiunto di una molteplicità di tecniche e strategie come maggiore
insegnamento.C’è un rischio assuefazione? Una meccanismo induttivo di tolleranza?
Sicuramente. Ma qui entra in gioco la sapienza del guerrigliero, di colui che sa che una buona strategia esula dall’alzare indefinitivamente la posta in gioco. Il guerrila marketing è un equilibrio delicato e non convenzionale, da utilizzare con parsimonia, conoscendo la forza dell’attesa
come motore immobile dell’azione.In realtà, il rischio maggiore è che, seppur partendo da radici
comuni ci si dimentichi di una differenza di fondo fra guerrilla marketing e comunicazione non convenzionale: la generazione di profitto. Soltanto se dalle nostre azioni nasce un profitto siamo in presenza di guerrilla marketing, se perdiamo di vista ciò stiamo operando un’azione diversiva, comunicazione
non convenzionale, ma non stiamo perseguendo quello che effettivamente è il nostro obiettivo primario e
segreto.C’è però un dubbio che si insinua nell’utilizzo di questa tecnica, ovvero che il consumatore muti
le sue abitudini e divenga sempre più un consumatore guerrigliero, che alla guerrilla risponda risponda
con la guerrilla, non soltanto un abile cherry pickers, quanto piuttosto un produttore esperto di contenuto
semiologico capace di sottrarsi alla colonizzazione delle sue storie riprogrammandole contro chi lo vorrebbe sedurre. Fortunatamente il guerrilla marketing è ancora un’arma talmente sofisticata e raffinata da
rendere impensabile uno scenario del genere ancora per molto, soprattutto in Italia laddove i maggiori
beneficiari dei servigi di questa tecnica, pmi e pubblica amministrazione, ancora la ignorano o quasi,
preferendo cure da cavallo di mass market all’approccio che massimizza il risultato con il minimo
sforzo. È dura credere che la forza nasca dalla propria debolezza, per questo è più semplice che
un cane sciolto mostri il suo talento piuttosto che convincere un addetto ai lavori della soluzione più ovvia.Il guerrilla marketing avrà un futuro perché ha radici lontane nel passato,
purchè non tradisca i suoi i suoi fondamenti: la camaleontica arte della mimetizzazione,
lo sfinimento e la disciplina dell’attesa, la falsificazione di sé e del nemico, l’unicità di
ogni sua azione che diviene evento e rappresentazione, arte come pratica reale.
Questa è la traccia che sta lasciando il guerrilla marketing. La stessa che
lascia un oggetto fuori moda per tornare di moda. Postmoderno.”
(Michele Sabatini, agenzia Zig-Zag)
12
Love
me!
Fake
me!
In gorghi tra corpi e comunicazione.
di Emanuela Ciuffoli, docente presso l’Università di Urbino ([email protected])
I
teorici hanno i loro feticci, sillabe fasciate di latex con cui vestire concetti e intuizioni. Spazio
dei flussi (Castells) e modernità liquida (Baumann):
la metafora acquatica esercita il suo sciabordio tra
le scienze sociali e, soprattutto, investe chiunque
si occupi di media. Sarà il mio ciclico trasformare
parte di me in un flusso carminio a farmi pensare
che forse, per comprendere meglio
come stanno cambiando comunicazione e consumo bisogna iniziare
sporcando quella stessa metafora.
Grumo - Il successo delle forme di
guerrilla è legato alla loro capacità di
essere vischiose, di attaccarsi fatalmente al corpo del consumatore senza essere vissute come parassiti: dalla punta della lingua (word-of-mouth),
passando per il sistema immunitario
(viral marketing) fino all’ecosistema
socio-culturale in cui l’individuo stesso si muove (ambient, site-specific). Esse esaltano il
paradigma reiterativo, agendo sulla frizione libidica
che lega il messaggio pubblicitario al bodyscape del
suo fruitore, in una reciproca attrazione/alterazione.
13
- Mi piaci perché mi alteri Grumo - Corpo e mondo sono in relazione osmotica, separati da friabili e incerti confini. Il marketing
non convenzionale agisce essenzialmente su questa labilità del margine, si muove infatti sbrecciando le cornici e i confini tra mezzi di comunicazione,
tra generi, tra emittente e destinatario, tra corpo del
consumatore e corpo del prodotto. Il
margine è sostituito quindi dall’emergenza dell’interstizio. Lo spazio tra,
la piega/piaga, che apre alla proliferazione disseminata di traiettorie inaspettate, necessariamente periture,
capitalizzabili solo nella forma in cui
aperte all’innesto e alla mutazione (di
qui la predilezione per la metropoli).
– Mi piaci perché mi complichi Grumo - Il “consumattore” (Fabris),
l’utente nomade muta le proprie caratteristiche a seconda dei momenti
e delle opportunità. Il neo-consumatore è Giuda,
insomma, fedele discepolo, delatore e, soprattutto, doppio imprescindibile nell’economia di redenzione del brand. Nel loro costituirsi come social
13
Love
me!
Fake
me!
In gorghi tra corpi e comunicazione.
di Emanuela Ciuffoli, docente presso l’Università di Urbino ([email protected])
media
(Arvidsson), come
piattaforme di
senso e significati
che spingono a rinegoziare i legami, le emozioni, gli stili di vita, i marchi
necessitano infatti di un contraltare speculare che li
riscatti assurgendoli al rango di generatori (sacrificali)
di segni, simboli, mitologie. Effetto specchio: ME/WE.
– Mi piaci perché mi immoli Grumo - Compito del guerrilla è, per sua genetica e genealogia, il profanare le “scritture”. Alludere a una desacralizzazione del marchio,
stare fuori dal tempio e
contemporaneamente richiamarne l’interno, l’identità. Scegliere
l’ambivalenza dell’interstizio, giocare con gli
scarti e amare i lapsus:
“Love me! Fake me!”.
– Mi piaci perché mi
falsifichi Grumo - Al guerrilla è richiesto, per funzionare efficacemente, il fornire strumenti per
il meta-bracconaggio, l’elaborare frammenti di dispositivi
con cui il consumatore possa
poi fare e disfare il gioco dell’altro. Reload. Ma di traverso, poiché richiede un’adesione che
poi, nel suo funzionare, deve
necessariamente disattendere.
– Mi piaci perché sei exterminato –
Grumo - Il consumo si costituisce come linguaggio,
l’individuo acquista quindi per accedere a se stesso, per (ri)definire ed esperire i confini e i processi
del proprio ambiente socio-culturale. I brand offrono lessici e grammatiche di pronto utilizzo, imprescindibili però dalla dimensione somatica. Poiché
14
il linguaggio è incarnato, trascina con sé la grana
della voce, attecchisce nell’asfalto, nella carne della
metropoli così come sulla pelle pixelata del web. Il
linguaggio vive della lingua che inciampa sul pensiero, dei lapsus che creano sfasature (di qui il fallimento di qualsiasi esperanto, che pretende l’uso,
senza l’abuso del passaggio di bocca in bocca).
– Mi piaci perché mi scortecci Grumo - Il guerrilla è una sorgente di neologismi
iconici, processuali, mediali. Il guerrilla (si) morde
la lingua per farne bocconi, oggetti parziali e conturbanti. Proprio per questa sua caratteristica deve
sempre
offrirsi all’abuso di chi lo fruisce.
Ma l’abuso non è affatto sinonimo
di usura. Si può abusare di ciò che
non si usura, si possono infliggere
le proprie pratiche e i propri desideri a ciò che regge al degrado.
– Mi piaci perché ti profondi Grumo – La relazione tra il corpo del consumatore e il corpus
della comunicazione pubblicitaria viene triangolata da un
terzo corpo, che è insieme
cassa di risonanza e dispositivo di selezione, il sistema
dei media. Ora quest’ultimo,
si sa, soffre di una “pubblifagia” dai sintomi mutevoli
e facilmente deperibili.
Mentre il guerrilla frequenta i buchi testuali e
pratica una costante topofilia delle lacune, l’industria mediale predilige
difatti le protuberanze e le saturazioni. Dunque in mezzo a questa tensione contrapposta, ma funzionale al sistema economico, troviamo
il corpo del consumatore: danza di vuoti e di pieni,
strumento di distorsione e rovesciamento dei saperi
poiché fatalmente capace di dichiarare, di ogni produzione di senso, insieme la necessarietà e la precarietà. – Mi piaci perché potresti non piacermi -
14
“Il guerrilla marketing ha un futuro ma deve essere abile a non bruciarsi da sé. Il rischio più grande è quello di spettacolarizzare la spettacolarizzazione diventando vittime dell’autoreferenzialità. Il guerrilla deve
- parlare al destinatario del messaggio
- non risultare invasivo
- informare facendo sorridere o riflettere
- supportare qualcosa
- essere supportato
In questo modo prospererà come e più di altri strumenti.”
(Marketingarena.it)
15
“Tutto ha un inizio e una fine, banale quindi vero.Il Guerrilla sta
iniziando, e prima di preoccuparsi della sua fine bisognerebbe
sfruttarne le potenzialità.I nostri genitori a vent’anni guardavano la tv
da spettatori. Gli spettatori di oggi partecipano alla tv.
Partecipano perché la nuova tv, cioè internet, li ha messi in condizione di
farlo ad ogni livello.Questo voler interagire con la comunicazione ha fatto
nascere anche il guerrilla, una forma invasiva, interattiva di comunicazione. Non so cosa accadrà fra dieci anni, so che farà più caldo, ma non so
se la guerrilla sarà già finita.
Saranno gli spettatori di domani a dirci cos’altro fare.”
(Paolo Troilo, creative director di Arnold Worldwide)
16
Dis/integrare
la guerriglia
Il guerrilla del futuro? Narrazione e integrazione
di Stefano Cicconardi, collaboratore K-Events/Filmaster
([email protected])
U
n’esplorazione
che
porta alla luce trend e
meccaniche sociali nascoste e di
nicchia, un pensiero che cavalca fenomeni
di costume e ogni altra cosa che possa
entrare in agenda, uno studio che reinventa i normali meccanismi pubblicitari con il
solo obiettivo di far entrare un brand in un ambiente
che altrimenti gli sarebbe vietato. Il guerriglia marketing è tutto ciò: una strategia di comunicazione
che ha la sua forza nella flessibilità delle tecniche e
nella capacità di riuscire a stupire e colpire di sorpresa il consumatore per stimolarlo, coinvolgerlo e
renderlo partecipe di un messaggio. Un messaggio
che in alcuni casi deve essere capace di infilarsi e
sfruttare le crepe del sistema d’informazione, acquisire la credibilità di cui ha bisogno per continuare
ad alimentarsi da solo fino al momento del reveal.
Dopo un periodo iniziale di normale confusione, dove
l’unico obiettivo era quello di rompere gli schemi
usuali della comunicazione e il modo di pensare delle persone, la guerriglia in Italia è partita soprattutto
con una sperimentazione di matrice contro-culturale
che con progetti quali Luther Blissett ha espresso le
sue potenzialità e aperto la strada a un percorso alternativo al servizio anche delle imprese italiane. Ma
dalla confusione iniziale e la comprensibile inesperienza dei clienti e dei direttori marketing, abituati a
dover catalogare e incasellare ogni pensiero e attività
sotto una definita voce di budget, la non convenzionalità del guerriglia marketing si sta oggi perdendo.
Soffocata e disintegrata da azioni con promoter e
volantini in versione 2.0 che si mascherano da attività di guerriglia marketing per essere vendute come
‘cool’. Il grande rischio è di vedere abbattere ciò che
fino ad ora è stato costruito con la fatica e idee vincenti che si ricordano quanto i claim di carosello.
Una democratizzazione delle tecniche, tanto semplici
quanto efficaci che sembrano poter essere pensate da
chiunque, sta in realtà appiattendo e svalutando l’intero
concetto di guerriglia marketing che sempre più pericolosamente regredisce a una definizione convenzio-
17
nale. Ma
forse, solo
dalla disintegrazione si può tornare
a costruire. Bisogna riportare la
guerriglia ad un nuovo livello di evoluzione
e integrazione, che renda onore alla qualità
dei progetti e porti valore e risultati ai professionisti
e soprattutto alle aziende che decidono di investirci.
Il futuro del guerriglia marketing è sempre più nella
narrazione e nella capacità di integrare un determinato messaggio o i valori di marca all’interno di una
struttura più ampia, di un evento che crea un precedente e che nell’essere vissuto o raccontato non
può prescindere dal brand. Coinvolgere le persone,
renderle partecipi di una storia dove, se i più smaliziati o esperti riescono ad intuire come finirà prima
di arrivare all’ultima pagina del libro, saranno ripagati ampiamente dalla soddisfazione di averne svelato il meccanismo diventando contemporaneamente
bersagli e promotori della narrazione. Quando era
palese che un video sexy rubato con protagonista
una famosa attrice nostrana non poteva essere altro
che un innocuo video di backstage, che con difficoltà avrebbe potuto incontrare il favore dei fedelissimi
di you porn, è chiaro come sia potuto diventare in
sole due settimane il gossip che condivideva le prime pagine con la notizia della caduta del governo.
E se i consumatori ‘colpiti’,
con la loro partecipazione
e il loro interesse contribuiscono al successo di una
campagna allora significa
che è stato costruito un
nuovo livello di guerriglia.
Per informazioni chiedere
ai fan della Minimal Beauty o di Manuela Arcuri.
17
brain of the month
Gratta e lavora per un futuro sicuro. Intanto ridici sopra...
Sul marketing, del marketing:due chiacchiere con VeryWeb
B
rutta bestia comunicare il mercato del lavoro. Il panorama
è fatto di campagne ministeriali di
stampo sovietico o filo-anglosassoni, lontanissime dal clima di emergenza e di “tirare a campare” ...
Qualcosa di diverso lo ha provato a
fare la viral-agenzia di Milano VeryWeb, di cui conosco per l’occasione uno dei fondatori, Luca Giorcelli.
Con il vostro guerrilla-marketing
“gratta & vinci” in occasione del
Concerto del 1°maggio dell’anno scorso, siete riusciti a rendere simpatico un sito come Infojobs e far sorridere chi ha una
vita veramente difficile e manda avanti il paese. Cosa chiedeva il brief? Sono curiosa...
Il brief era di tipo interlocutorio e
chiedeva semplicemente di concepire un’iniziativa non convenzionale di stampo guerrilla, senza definire obiettivi di reach. Noi abbiamo
risposto con una strategia basata sulla definizione
di un social sense forte, capace di abilitare il brand a
scendere dal podio dei mass media per interagire direttamente con il pubblico nei suoi spazi relazionali.
Il social sense che abbiamo individuato per Infojobs
viene citato esplicitamente sul retro dei gratta e lavora: “E’ più facile trovare il lavoro dei propri sogni o
vincere alla lotteria? Siamo uomini o precari? Tutti
i lavori nobilitano l’uomo? NON ABBIAMO TUTTE
LE RISPOSTE MA CI STIAMO LAVORANDO - Infojobs”. Il social sense è stato individuato analizzando in profondità il brand, le sue origini, le sue motivazioni storiche, il suo approccio etico. In altre parole,
abbiamo cercato un social sense che fosse “vero”.
Il
cliente
pare
dunque
molto
illuminato...è
filato
tutto
liscio?
Il cliente è senz’altro illuminato. L’illuminazione è made in Spain, paese della casa madre, da
cui è arrivata la direttiva di sperimentare soluzioni
non convenzionali. Direi che tutto è andato liscio.
I lavori proposti con il gratta e vinci sono pazzeschi, anche se a ben vedere quello che c’è in
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giro, non si allontanano molto dalla
realtà. Ricordiamone alcuni insieme
per chi si fosse perso la campagna.
Addetto alla rimozione di gomma
da masticare. Operativo su scuole
e università. Orario notturno. Interessanti prospettive professionali...
E anche: compagno di giochi in allevamento Rottweiler. Richiesto tedesco fluente e resistenza al dolore. No copertura assicurativa.
Oppure, l’assaggiatore di alimenti scaduti per ipermercati. Richiesti gusto, curiosità e discrezione.
Interessante proposta a cottimo.
Quanti visitatori ci sono stati su www.infojobs.it a seguito dell’operazione di guerrilla?
Non lo sappiamo: Infojobs non cercava più accessi per il suo sito, il quale
ha una notorietà elevatissima e svariati milioni di utenti unici al mese; cercava piuttosto di esprimere la sua vocazione relazionale e di
legarsi in maniera più profonda al suo pubblico.
Il guerrilla-marketing è una trovata per budget
sempre più ristretti, novità per uffici marketing
assonnati o una strada diversa, vicino al sentire comune dei nuovi consumatori? Per legarci
al tema di questo numero, vedi più probabile
un futuro roseo o la saturazione del genere?
La saturazione al momento non è un problema del
marketing non convenzionale. E’ invece un problema dell’approccio mass-mediatico convenzionale.
Per noi il guerrilla è una delle poche soluzioni che
oggi sono in grado di aumentare veramente la propria “share of attention”. Sul futuro non mi pronuncio.
Il tuo viral preferito di tutti i tempi?
Come
professionista:
Dove,
“Evolution”,
Ray-Ban,
“Never
hide”
Personalmente: Berlitz “What are you sinking
about?”
Ursula De Gaspari
[email protected]
gigabyte
Internet e Viral Marketing: insieme dalla nascita?
di Gabriella Rutigliano ([email protected])
W
eb
2.0
e
User
Generated
Content
mettono
al
centro
dell’attenzione l’ utente come creatore della Rete.
Ma nella realtà non esiste soltanto l’utente.
Volevo una prospettiva più ampia, che mi permettesse di valutare il punto di vista di chi Internet
(così come lo conosciamo noi) lo ha visto nascere.
Ho parlato con Mirko Sancassani, Responsabile Marketing di eLogic, società che offre servizi Internet e di posizionamento per aziende.
Lei lavora con Internet da più dieci anni e sono
cambiate molte cose da quando ha cominciato. A cavallo del terzo millennio tutte le aziende cercavano di guadagnarsi un posto nella
Rete, poi nel 2001 la bolla è scoppiata e numerose aziende si sono ritirate dal mercato.
Adesso però la situazione sembra cambiata…
Lavorando con Internet dall’88, ho avuto la possibilità di vivere l’evoluzione della rete che, da “mondo virtuale”, frequentato quasi esclusivamente da
informatici, è diventato “mondo reale”, entrando
a far parte della vita di tutti i giorni. Nonostante la
bolla speculativa, la diffusione di Internet non ha
vissuto mai un giorno di crisi. Semplicemente, le
aspettative del 2000 erano alimentate da un’onda
di entusiasmo, per la larga disponibilità di un nuovo mezzo di comunicazione davvero rivoluzionario.
Si è sottovalutato l’aspetto culturale: il mezzo e la
tecnologia erano pronti, ma le persone no. Doveva
passare almeno una generazione, oggi è passata.
Il Web 2.0 ha cambiato radicalmente il modo
di fare Internet. L’utente non è più spettatore ma direttamente generatore di contenuti. Il sito web spesso viene sostituito dal
blog. Questo in qualche modo sposta il centro di potere dall’Azienda al consumatore…
Internet ha sempre messo al centro l’utente, a partire dalla sua architettura, nata con l’obiettivo di non
avere punti vitali, la cui vulnerabilità avrebbe potuto
mettere in pericolo l’esistenza della Rete stessa. I
servizi maggiormente importanti all’inizio degli anni
’90 erano posta elettronica e le ormai dimenticate
Usenet News che erano, e sono, un grande forum in cui ogni persona contribuiva con le proprie
competenze a una base di conoscenza e sapere
comune. Oggi la vera rivoluzione è di tipo culturale: vi sono molte più persone che hanno familiarità
con il mezzo c’è maggiore consapevolezza che non
è necessario avere il controllo di una televisione
o un giornale per veicolare le proprie idee. Il passaparola oggi è velocissimo e globale, anche le
aziende devono iniziare a tenere conto di questo.
Velocità e globalità. Queste caratteristiche fanno di Internet il canale di comunicazione prediletto per azioni di marketing virale. Quale
è la sue esperienza personale e professionale del rapporto tra Internet e viral marketing?
Ricordo che nel ’95 chi si collegava ad Internet e
aveva una casella di posta elettronica aveva il problema di trovare interlocutori con cui scambiare “2
chiacchere” telematiche (incredibile eh?). Un nostro cliente ebbe l’idea di inviare quotidianamente
ai primi amici “internettari” una barzelletta via email,
così da evitare loro la tristezza di aprire alla mattina una cassetta postale vuota. Chi si allacciava ad
Internet allora lo faceva su consiglio di un amico,
che pensava, subito dopo l’attivazione del collegamento, ad iscriverlo al quel servizio di barzellette
che aveva nome “Buongiorno”. Il passaparola andò
avanti e oggi quella barzelletta è un’azienda quotata alla borsa di Milano che si chiama Buongiorno.it. Oggi questa potenzialità è ancora maggiore,
il mio parere è però quello che il passaparola in
19
gigabyte
Internet e Viral Marketing: insieme dalla nascita?
di Gabriella Rutigliano ([email protected])
Internet possa solo essere innescato dall’azienda.
E i risultati?
Se un’offerta è davvero vantaggiosa, oggi si può riuscire
a diffonderla senza troppa
pubblicità convenzionale, ma se il prodotto non
spicca, la propagazione Internet si ferma.
Grazie all’analisi delle statistiche web, i
risultati delle azioni
effettuate su Internet
sono misurabili e quantificabili. Secondo Lei, in che
modo questa caratteristica di
misurabilità può essere applicata
alla diffusione di un messaggio virale on line?
Beh, innanzitutto noi riusciamo a misurare solo i dispositivi di cui abbiamo pieno controllo, come il sito
web aziendale, mentre per definizione la propagazione virale di un messaggio avviene sulla rete, in
luoghi sui quali non abbiamo nessun punto di os-
courtesy MarthaCecil
servazione privilegiato. A questo punto, se voglio
misurare la diffusione di un messaggio devo legarlo
ad un elemento misurabile di cui ho pieno controllo.
Comunque misurare su web l’effetto di un’iniziativa
di webmarketing virale è sempre parziale perché
gli effetti si hanno anche sul mondo reale, e questi
sono molto più difficili da valutare. La misurabilità
20
andrebbe organizzata non solo sul web, ma a livello
aziendale, attuando procedure e sistemi informatici per memorizzare e
soprattutto trattare i dati. Certo
il web fornisce strumenti di
valutazione dei ritorni di
una comunicazione non
possibili per carta stampata, radio e televisione, ma per avere dati
attendibili è necessario
strutturare un percorso
dell’utente misurabile
e predisporre accuratamente gli strumenti di web
analytics per filtrare il rumore e raccogliere solo le informazioni che ci interessano.
Quali evoluzioni si aspetta e soprattutto quale
evoluzione del rapporto tra viral marketing e
Web?
Beh credo che il cammino di maggiore diffusione
tecnologica e culturale della rete proseguirà a velocità molto sostenuta. Pensiamo alle reti wireless, ai
dispositivi palmari o ai monitor e tastiere pieghevoli
e pensiamo alla potenza di progetti come Wikipedia
Youtube o Myspace. Sicuramente sarà sempre più
facile trovare informazioni su tutto e queste informazioni saranno sempre meno controllate da centri
informativi istituzionali, molto spesso legati a possibilità economiche e finanziarie.
E
le
aziende
quale
ruolo
avranno?
Anche il “sito web” di un’azienda me lo immagino
molto più distribuito, una parte di esso sarà controllato dall’azienda stessa e un’altra parte non meno
importante sarà distribuita sulla rete e redatto dalle persone che con l’azienda hanno avuto rapporti.
L’azienda di successo sarà allora quella che riuscirà a fare coincidere il contenuto ufficiale con quello
della “comunità web”, insomma una grande sfida
verso la trasparenza…troppa utopia?
their laws
MARKETING E CIMITERI
di Intrastudio – Consulenti in materia di leggi speciali e privacy ([email protected])
Vorrei realizzare uno video virale pubblicitario la cui location è un cimitero
Con ogni probabilità, nel corso delle riprese, saranno inquadrate anche alcune lapidi con i nomi e le foto dei defunti.
Che cosa dice in proposito la legge sulla
privacy?
L
a normativa Privacy (varie Direttive Comunitarie e varie leggi e decreti nazionali, compendiati nel D. Lgs. 196/2003, il c.d. Testo unico
sulla Privacy) rappresenta uno strumento giuridico che disciplina il trattamento dei dati personali.
Le foto e i nomi che si trovano sulle lapidi cimiteriali, sono dati personali?
Come si vede, la questione sollevata verte intorno al concetto di “dato personale”.
Un documento, approvato qualche mese fa a Bruxelles dai Garanti europei, cercando di chiarire meglio
l’ambito della nozione di “dato personale” sottolineava che secondo la Direttiva 95/46 si deve considerare dato personale, “qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile”.
Questa definizione, analizzata anche attraverso casi affrontati in vari Paesi UE dalle Autorità di
protezione dei dati, indica che, nell’intenzione del
Legislatore Comunitario l’ambito del concetto di
dato personale è assai ampio e, pur non dovendo interpretare in modo esteso le norme in materia di protezione dei dati, d’altro canto, non si devono certo introdurre eccessivi limiti in merito alla
interpretazione del concetto di “dato personale”.
Si notino le espressioni usate dalla Direttiva, e
cioè, “qualsiasi informazione” su una “persona fisica” che sia “identificata o identificabile”.
“Qualsiasi informazione”, significa, ad esempio che
le immagini filmate da un impianto di videosorveglianza, se i singoli individui sono riconoscibili, non
possono, che essere considerate, un dato personale.
Una persona, inoltre, può essere identificata o identificabile, ad esempio, in quanto, è lui l’oggetto di quel
dato o di quella informazione, oppure perché la finalità del dato raccolto “incide” in qualche modo su di
lui, oppure, ancora, perché l’informazione, se trattata, genera risultati specifici sui suoi diritti e interessi.
La “identificabilità”, poi, di una persona, secondo la Direttiva può essere, “diretta” o “indiretta”. Cioè, un individuo può essere “identificabile”
anche solo indirettamente, ad esempio, attra-
21
their laws
MARKETING E CIMITERI
di Intrastudio – Consulenti in materia di leggi speciali e privacy ([email protected])
tuate, sarebbero, oltre che discutibili per sensibilità e stile, anche censurabili per violazione
della legge sul trattamento dei dati personali.
Rif.: Garante Privacy web
Potete scrivere le Vostre
domande inerenti a leggi,
privacy e pubblicità all’indirizzo
[email protected].
Le più interessanti riceveranno
risposta pubblicata su numeri
successivi di Subvertising.
verso varie circostanze che rendono possibile la ricostruzione della sua identità personale.
Tutto questo non può che avere rilevanza anche
in quanto al trattamento di dati relativi a defunti.
E’ vero che la Direttiva citata parlava di informazioni
concernenti una “persona fisica”, nel senso di persona
fisica “vivente”, in quanto, la personalità giuridica inizia con la nascita e termina con la morte dell’individuo.
Tuttavia, il trattamento di dati relativi a defunti in determinate circostanze può essere un trattamento di dati
personali, perché la legge nazionale lo ammette, e
perché esistono interessi legittimi del defunto (come
l’onore, l’immagine, ecc.) che continuano ad avere
la necessità di essere tutelati anche dopo la morte.
Certo, quando vengono fatte riprese fotografiche e filmati in luoghi pubblici, nel corso di manifestazioni pubbliche, è possibile trattare i dati dei
Soggetti ripresi senza una preventiva informativa.
Tuttavia è difficile considerare le immagini di
foto e di altri dati personali ripresi sulle lapidi di un cimitero come immagini dello stesso tipo di quelle riprese in manifestazioni pubbliche come feste, concerti o eventi sportivi.
E questo, specialmente in considerazione del fatto
che il trattamento dei dati avverrebbe in associazione a finalità oltremodo “secolari” (quelli perseguiti da una campagna promozionale, commerciale o di marketing), finalità che non giovano certo
all’onore, al rispetto della dignità e all’atmosfera
emotiva e di raccoglimento che tutti e da sempre
riconoscono ai cimiteri e ai defunti che vi riposano.
Pertanto, si è dell’avviso che azioni come quelle prospettate nella domanda, se venissero at-
22
PILLOLE
DI
NOVITA’
Blogosfera
IL VOSTRO E IL NOSTRO
MARKETING
Quando la discussione sul marketing scavalca i soliti grandi confini (Roma e Milano),
quelli che sgomitano per imporsi (Bologna e
la zona campana), si arriva a Catania, dove
nasce un nuovo blog curato da alcuni studenti di comunicazione. Un nuovo punto di
vista sul mondo della pubblicità che va visto
come un arricchimento.
(ouryourmarketing.blogspot.com/)
Hi-Tech
GEAR.it: BLUETOOTH MARKETING
A Reggio Emilia Gear.it, nata come software
house, ha deciso di intraprendere il cammino delle contaminazioni con il marketing non
convenzionale allargando i propri servizi al
Bluetooth marketing. Molto interessante una
delle loro prime applicazioni realizzate per
Lucca Comics and Games, forum sul fumetto, sul gioco di ruolo e in generale sull’intrattenimento digitale.
(www.gear.it)
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tool box
AMBIENT MARKETING
di Wolverine ([email protected])
I
l marketing ambientale nasce dalla necessità
crescente di tutte le aziende di raggiungere un
pubblico sempre più impermeabile ai messaggi
veicolati dai media tradizionali. L’ambient marketing sfrutta i luoghi ed i tempi della vita quotidia-
duare e segmentare in modo efficace il target di riferimento, in quanto raggiungono l’utente nei luoghi
della vita reale dove spontaneamente entra in contatto con gli altri e dove è maggiormente ricettivo
agli stimoli esterni.
na trasformandoli in vere e proprie “esperienze
pubblicitarie”. Oggetti urbani, monumenti, mezzi
di trasporto, scenari intimi e pubblici e gli stessi
media tradizionali vengono modificati fisicamente in modo da stupire il pubblico e far penetrare nella sua giornata un messaggio pubblicitario.
Le tecniche di ambient permettono inoltre di indivi-
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Subvertising 6: online dal 10 aprile
www.subvertising.it
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