5 n. marzo 08 Brain of the month LUCA GIORCELLI V.V.V.: Video Virali Violenti ALMOST SKATEBOARD Andrea Natella NEL NOME DEL PADRE, LEVINSON ... Love Me! Fake Me! Dis-Integrare il guerrilla FEBBRAIO BLOG MINIATURES Jay Sid “Levinson” Vicious Punk ‘s not dead! scrivevano sui muri di Londra. Non erano passati che pochi mesi dall’esplosione di Vicious ed epigoni vari, raccontano i reduci di quella stagione, e già si litigava sul sesso degli angeli. Chi passava il tempo a teorizzare i dogmi di una nuova musica e relativo stile di vita, e chi a distruggerli; il partito dei duri e puri che lancia anatemi contro le major discografiche – l’affare lo avevano fiutato subito - gli apocalittici, gli integrati. Comunque sia andata, sono passati trent’anni da quell’esperienza, e talvolta ancora mi capita di incontrare qua e là, in tante città d’europa, proprio quella scritta di cui sopra. Uno slogan che sembra un’ affermazione, ma in realtà è quasi una domanda. E’ vivo, vero, ragazzi? Questa intro è per tranquillizzarvi, no, neanche noi vogliamo parlare del sesso degli angeli; resta il fatto che non riusciamo a trattenerci dalla tentazione di interrogarci sullo stato dell’arte del guerrilla. Come il punk o come ogni piccola rivoluzione culturale o comunicativa, egli sta lentamente cambiando qualcosa; il nostro stesso approccio, la forma mentis sia degli addetti ai lavori che dei cosiddetti consumatori, noi tutti insomma. Così abbiamo chiesto a maghi e cartomanti di guardare nella loro sfera di cristallo 2.0 e predirci il futuro. Dove andrà il guerrilla, come sarà? E’ vivo, è morto, è un falso storico, se ha del tempo libero andrà alle olimpiadi in Cina? Assistiamo in questi mesi a un impennata dell’interesse sull’argomento: escono libri, si fanno conferenze, le grandi agenzie aprono sottosezioni e le sottosezioni aprono agenzie. C’è chi già lo insegna e chi insegna che non c’è proprio nulla da insegnare. Chi dice che guerriglieri si nasce, chi dice che lo si diventa. Che è uno stato dell’anima, o una mera tecnica. Moriremo democristiani o guerriglieri? Eh già. Proprio un bel dilemma. Forse è il caso di interrogare anche il passato per comprendere il futuro. Andiamo avanti noi, che ci viene da ridere. Willkommen, Madamen und Herren, a Subvertising numero Funf. Francesco Rossi Direttore Responsabile [email protected] 3 La fotografa di questo numero: MARTHA CECILIA BAGGETTA MarthaCecil, nome d’arte di questa giovane nata in Ecuador e trapiantata in Italia da alcuni anni, potrebbe diventare noto anche nell’ambito del marketing non convenzionale. A noi di Subvertising sono piaciuti particolarmente proprio gli scatti notturni della strada, dei suoi colori e dei suoi murales. Martha, laureata in comunicazione internazionale, ama la fotografia sin da bambina, ed ha pubblicato diversi scatti su riviste d’arte e fotografia, su blog internazionali oltre che partecipato a numerose mostre collettive. Gallery: http://www.flickr.com/photos/15793843@N08/ Info: [email protected] (Pubblichiamo volentieri i lavori di giovani artisti della fotografia. Scrivete a [email protected], inviando i link dove reperire gli scatti.) .5 In nomine patris Levinson Blog history La prima volta del guerrilla marketing Guerrilla marketing: futuro razionale .6 .9 .13 Love me! Fake me! In gorghi tra corpi e comunicazione viral / Skaters aggressivi? No, è solo un’operazione di marketing SUBLIST .17 Dis/integrare la guerriglia Il guerrilla del futuro? Narrazione e integrazione .18 brain of the month Gratta e lavora per un futuro sicuro. Intanto ridici sopra... .19 gigabyte Internet e Viral Marketing: insieme dalla nascita? .21 their laws Marketing e cimiteri .23 tool box Ambient marketing SUBVERTISING Anno II, numero 5 del 10 marzo 2008 Direttore Responsabile: Francesco Rossi ([email protected]) Comunicati stampa, informazioni o altre richieste: [email protected] Pubblicità: Barbara Zanardi ([email protected]) Grafica e impaginazione: Frameart.it Edizioni Cnet Web Mensile iscritto presso il Tribunale di Bologna, numero 7803 del 16/10/2007 blog history La prima volta del guerrilla marketing di Fables (www.bloguerrilla.it) I nizio in stile Wu ming. 26 Luglio 2001 ore 8 del mattino, Acquafan di Riccione, caldo torrido, improvvisi ritrovamenti, vento da ponente, 3 misteriose tracce circolari, la gente incredula, un triangolo equilatero di circa 15 metri. La voce del custode, una nube che si alza in volo. Tutto questo è successo a Riccione, quasi 7 anni fa, in quella che da molti è stata definita la prima azione di guerrilla marketing della storia italiana. Non so come sarà il futuro di questa disciplina, ma il passato vive intorno a quella notte. La notte in cui sono stati fatti quei cerchi non nel grano ma sull’asfalto. Vi racconto la storia di come è stato inscenato questo falso atterraggio Ufo. Il tutto scatta dopo la segnalazione del custode, ovviamente complice dell’iniziativa, alle autorità locali: tre misteriose tracce sono state ritrovate vicino l’Acquafan. Sul luogo arrivano i carabinieri, che una volta messi i sigilli hanno già garantito la riuscita dell’azione, una miriade di curiosi, giornalisti dalle redazioni dei giornali locali, e ufologi, attenzione, anche questi ultimi diventeranno complici, sono loro che riusciranno a dare a quest’azione quel tocco di credibilità in più. I cerchi vennero realizzati con una speciale miscela di acidi, che ha garantito una visibilità speciale ai 3 cerchi. Dagli speaker di radio Deejay la notizia echeggia in tutta Italia, passando poi su tutte le testate locali, mentre i creativi dell’agenzia realizzatrice – Guerrigliamarketing.it – sono intervenuti sul luogo spac- ciandosi per esperti del caso. L’aspetto curioso è che sono stati intervistati dai giornalisti come reali conoscitori dei fatti, quindi come veri e propri testimoni oculari. Per tutta la durata dell’iniziativa è stato di fondamentale importanza che tutti continuassero a seguire la pista ufologica senza alimentare eccessivi allarmi. Il momento della beffa. All’indomani dei ritrovamenti, il comune stesso ha organizzato una conferenza stampa per dare delucidazioni sul caso, così oltre a svelare la notizia, si è avuta la possibilità per presentare l’iniziativa “Riccione. Ultimo pianeta prima della Terra”. Questa campagna di guerrilla marketing è riuscita a creare attenzione intorno a una serie di manifestazioni promosse dal comune di Riccione, in un modo decisamente fuori dall’ordinario, riuscendo a rompere gli schemi precostituiti e ottenendo con costi contenuti più di quanto avrebbe ottenuto con qualsiasi copertura mediatica. Dal sito Guerrigliamarketing.it, ho la possibilità di darvi una visione su quelli che sono stati i risultati ottenuti. • • • • • Ansa: due lanci il 26 Luglio e il 27 Luglio Tv: servizi televisivi su Studio Aperto (Italia1) e Tg3 regione Stampa: prima pagina su due dei tre quotidiani locali (Il Resto del Carlino e La Voce di Rimini), ampi servizi sul terzo quotidiano (Corriere di Rimini) e nei giorni successivi allo pseudoevento copertura completa da parte delle emittenti radiofoniche e televisive locali copertura significativa sulla stampa e sui media nazionali (stima 30% del target) Per ta, essere una assolutamente prima niente volmale. 5 ? i v i s s e r g g a s r e t a k S vNiro,aèlso/lo un’operazione di marketing di Silvio Ottonello (redazione@subvertisi C ng.it) on l’avvento della condivisione di file via internet sono stati tanti gli effetti collaterali sviluppatisi: chi si occupa di marketing se ne è accorto da tempo, ed ultimamente anche nello “skate business” si è diffusa la pratica di sfruttare a pieno le capacità dello sharing per scopi pubblicitari e per diffondere viral video. Circa un mese fa Almost Skateboards, una delle più famose skateboard company americane, ha annunciato in rete la sponsorizzazione e la promozione a professional rider nel proprio team dell’australiano Lewis Marnell, pubblicando su Youtube un insolito,ma alquanto geniale video. Non si tratta, però, del canonico commercial spot di presentazione, dove il pro interessato sfoggia nuovi trick in sequenza, bensì di un viral video inititolato “Picchiato mentre cercavo di filmare Daewon!”. Che cosa c’entra l’aggressione ad un filmer con l’entrata di Lewis nel team Almost Skateboards? Nel video in questione Daewon Song, professional skater molto popolare e punta di diamante del team Almost, cerca di eseguire diverse manovre con il suo skateboard sopra un marciapiede, mentre un ragazzo lo sta filmando da vicino.Più lontano,un altro filmer nascosto dietro un albero con la sua videocamera, cerca di “rubare il trick” filmando con un’altra angolazione le prodezze di Daewon, senza farsi vedere.Il punto di vista del video è quello del “fimer ladro”, che dopo qualche minuto viene scoperto dai due ragazzi, i quali indispettiti dalla sua presenza gli intimano di andare via.Lo skater continua a provare il suo trick, ma chi sta dietro l’albero riprende a filmare con insistenza, nonostante sia stato invitato ad andarsene. Dopo un paio di tentativi Daewon accorgendosi della pressante presenza del “filmer ladro” si arrabbia scagliando con violenza il suo skateboard nel tentativo di colpirlo, mentre il suo amico corre 66 gridando verso il malcapitato. Le immagini del video diventano mosse e confuse:il filmer sta subendo un’aggressione da parte dei due e durante la rissa la videocamera incriminata cade sul prato dove sta avvenendo il fatto. La videocamera rimane in “REC” e l’inquadratura è fissa su uno skateboard, che sembra quello tirato da Daewon verso il filmer qualche attimo prima,ma l’oggetto inquadrato è il nuovo Pro Model di Lewis Marnell firmato da Almost Skateboards!Passano pochi secondi e sull’immagine fissa dello skate appare una scritta: “Congratulations on turning pro Lewis.Sincerely, Almost.” I commenti suscitati dal video su Youtube sono stati svariati:c’è chi si è domandato se l’aggressione fosse stata vera, chi ha definito stupido e incosciente l’operatore aggredito, e chi ancora ha intuito che si trattava di un advertising non convenzionale della company americana, commentando con un “It’s a joke!” e sottolineando che Lewis Marnell è entrato a far parte del team Almost. L’originalità del video e del suo contenuto hanno prodotto l’effetto desiderato:lo spot, cammuffato da video personale, ha avuto una rapida diffusione via internet, tanto che anche canali ufficiali e siti internet dello skateboarding internazionale ne hanno segnalato la presenza citandolo nelle news e nelle home page, mentre negli skateshop ed negli shop online il Pro Model di Lewis Marnell può essere acquistato dai suoi fans. Approfondimenti multimediali disponibili su: www.subvertising.it/media Caro Direttore, mi chiedi il mio pensiero sul futuro del guerrilla marketing? Eccolo: tra qualche mese inizieranno tutti a parlarne e tutti vorranno fare guerrilla (faccio finta che non sta già accadendo da tempo, in realtà), un po’ com’è successo con i blog. Dalle agenzie più piccole a quelle più grandi inizieranno ad aprire inutili uffici dedicati a questa tecnica sublime incatenando a vita il termine dietro falsi significati. Possiamo fare qualcosa per salvare tutto ciò? La risposta è sì! Tu devi chiudere Subvertising così come io chiuderò Bloguerrilla così nessuno parlerà più del guerrilla e il termine sarà salvo perché rimarrà un beneficio di pochi, noi continueremo a comunicare ma lo faremo in stile massoneria...” (Fables, Bloguerrilla.it) Prepariamoci alla mutazione tout court del marketing nella versione guerrilla. La penetrazione della Rete, l’evoluzione generazionale, i target sempre più affamati di novità e annoiati dal solito noise pubblicitario: questi sono i momenti fondamentali della trasformazione. Ci sarà da divertirsi ma anche da mettersi nelle mani dei capelli. Già il 2008 vede tanti cercare di scimmiottare campagne guerrigliesche: fanno solo brutta figura e ispirano senso di patetico. E ci proveranno ancora, ancora e ancora. Ma alla fine sopravviveranno solo i più creativamente genuini. o i più pazzi, che dir si voglia. Io non vedo l’ora, e voi? (Anakyn, [email protected]) 7 “Il futuro del guerrilla...e chi siamo noi per dirlo? Lo possiamo, a tempo perso, immaginare, a tempo pieno augurare. Il paragone che si sente in giro con la net-economy ci può pure stare: come per il web, solo i migliori restano. Sarà una gara durissima, interessante, una vera e propria guerriglia combattuta a suon di colpi creativi e diffamanti cannonate fra eserciti-agenzie concorrenti; questo va bene, è nella natura delle nuove idee in una società dove le stesse si bruciano alla velocità della luce e vengono poi copiate, riciclate, reincarnate. Il guerrilla non morirà, non può morire, almeno non finché avremo consumatori annoiati che si evolvono ampliando il loro potere, e aziende con budget sempre più modesti, fattori che entrambi paiono accentuarsi piuttosto che diminuire. E allora, diamo il via alle danze di guerra...” (Pensiero uniforme di tutti i guerriglieri di G-Com.it) 8 Guerrilla m arke ting: futuro raz ionale di Andrea Natella (a.n atella@gu errigliama rketing.it) L a recente uscita per l’editore Castelvecchi del libro Guerriglia Marketing di Jay Conrad Levinson e Paul R.J. Hanley è l’occasione per una serie di riflessioni sullo stato di salute del marketing non convenzionale in Italia. Innanzitutto perché è la prima volta che un libro del padre del guerrilla marketing viene tradotto in italiano, e questo è già un dato curioso. Il primo libro di Levinson sul marketing di guerriglia è infatti del 1983 e da allora, come lo stesso autore fa notare sul suo sito web, i suoi lavori sono stati tradotti in 41 lingue. L’Italia arriva dunque buona ultima dopo cinque anni di entusiami che hanno accompagnato il settore a partire dalla nascita del sito/agenzia guerrigliamarketing.it. Non che fino a quel momento non si fossero viste azioni di marketing non convenzionale in Italia, ma nessuno fino al 2003 aveva provato a considerare queste pratiche come un’insieme di tattiche riferibili a un’unica famiglia concettuale. Guerrigliamarketing.it lo ha fatto attraverso un detournament: ha sganciato il “guerrilla marketing” dalle stagionate teorizza- 9 zioni di Jay Conrdad Levinson e lo ha condotto verso una dimensione politico-sociale che valorizzava le pratiche di cultural jamming che durante gli anni novanta erano emerse in Italia. Nel frattempo la produzione editoriale di Levinson era cre- sciuta in quantità ma non sempre in qualità. Tre il 1983 ed il 2007 sono usciti oltre cento libri firmati dallo scrittore americano, quasi tutti con il termine “guerrilla” infilato nel titolo. Testi dedicati ai campi più disparati del marketing e della comunicazione (dalle piccole imprese ai grandi franchise, dalle tecniche di scrittura al financial advisory) che adottavano approcci teorici progressivamente diversi (dalla memetica alla programmazione neurolinguistica, dal marketing virale al pensiero laterale). Pur non volendo generalizzare è però evidente che la forza del suo pragmatismo originario si è gradualmente spenta nella ricerca di una continua innovazione e nel tentativo di rispondere alle nuove esigenze di mercato. Sarebbe quindi stato saggio introdurre il pubbli- 9 co italiano al pensiero di Jay Conrad Levinson attraverso la pubblicazione di uno dei suoi testi più solidi e importanti. O quanto meno accompagnare la pubblicazione di uno dei suoi testi più recenti con una apparato critico in grado di contestualizzarne il valore. Se c’è infatti un urgenza per il guerriglia marketing in Italia è infatti quella di fare “cultura” presso il mercato in modo serio. Invece il volume di Levinson che viene pubblicato è Guerrilla Marketing Revolution del 2007, che pur essendo assai poco rivoluzionario non giustifica, se non per ragioni di vendita, l’omissione di Revolution nel titolo di traduzione. Soprattutto perché il Guerrilla Marketing di Levinson edito dalla Castelvecchi è il primo libro in Italia su quelle tematiche e sarebbe stato davvero auspicabile che avesse avuto una funzione introduttiva se non manualistica per il pubblico. Invece purtroppo Guerrilla Marketing Revolution è uno dei volumi più anacronistic i del padre del guerriglia marketing, un libro in cui si cancella la centralità “produttiva” del consumatore in favore di un approccio da “persuasori occulti” che mira a colpire la “mente inconscia” del consumatore attraverso la PNL. Se questo livello di leggerezza è accettabile nelle logiche dell’industria editoriale è invece più colpevole il contributo dei curatori del volume che si dichiarano in qualche modo esperti del settore. Invece 10 l’appendice italiana sembra essere scritta da persone che non si sono nemmeno prese la briga di leggere il libro: nessuna contestualizzazione storica o teorica, nessun riferimento alle ragioni dell’utilizzo da parte di Levinson e Hanley della PNL che permea il libro dalla prima all’ultima pagina e che mai è stata considerata in Italia affine al marketing di guerriglia. Come è possibile tutto questo? L’impressione è che ancora oggi il guerriglia marketing venga considerato da molti sedicenti operatori una semplice “moda pubblicitaria” da spremere al meglio finché è possibile e non uno nuovo strumento intorno a cui fare cultura affinché possa finire stabilmente nel media-mix degli investimenti pubblicitari. Si tratta di un atteggiamento miope che testimonia della stato di salute del marketing non convenzionale in Italia che probabilmente finirà per esplodere in una piccola bolla ma che speriamo lasci sul campo gli operatori più capaci. Gli altri però non courtesy MarthaCecil potranno godersi in qualche spiaggia caraibica le loro stock-option come i miracolati della neweconomy, perché quello del guerriglia è un mercato millesimale e non elargisce stock-option. Ai guerriglieri più abili regala occhi rossi da monitor Lcd e mani sporche di grasso e silicone, ma soprattutto la gioia e il divertimento di un mestiere che non riconosce regole e non accetta confini. 10 “Il futuro del guerrilla marketing? Personalmente preferirei inquadrare il tema ampliando il concetto di guerrilla e posizionarlo all’interno del concetto di marketing non convenzionale. Il futuro del marketing non convenzionale praticamente lo stiamo scrivendo. Giorno per giorno. E non sono solo le aziende a farlo. In prima istanza è tutto il web a farlo: in tempi non sospetti quante volte da semplici consumatori abbiamo utilizzato il web per reperire informazioni? Oggi grazie alla blogosfera le informazioni che il cliente può reperire sono migliori, più critiche, per questo più affidabili. Non solo, ma il 2.0 ci mette in mano alcune chiavi per poter varcare soglie fino ad ora inaccessibili. Una per tutti l’UGC (User Generated Content): le aziende più sensibili già da tempo hanno instaurato una nuova relationship (quella che io chiamo WnRM) con i propri Clienti/Consumatori rendendoli partecipi nello sviluppo dei propri prodotti o della propria comunicazione . Il futuro del marketing non convenzionale sta proprio qui: nella capacità delle aziende di venire incontro al Cliente e di attrarre il prospect. Va da sé che il percorso è lungo; è un percorso in cui l’azienda deve ridisegnare il proprio paradigma di relationship calandolo nelle sub culture di riferimento, per entrare nel cuore dei consumatori per incontrarli in modo diretto; parlando il loro linguaggio ed azzerando “l’advertising conscious”. (Camillo Di Tullio a.k.a. Dr_Who, www.drwho.it) 11 “Il guerriglia marketing è tra di noi, perché era già tra di noi ancor prima che iniziassimo a chiamarlo per nome. Umberto Eco, la guerriglia semiologia, i Provos, Luther Blisset e prima ancora i situazionisti e le avanguardie artistiche che li hanno preceduti insegnano. Senza accorgercene la parabola del guerrilla marketing ha raggiunto il punto più alto, è entrata a far parte dell’esistente e ci ha già lasciato la sua eredità: l’uso congiunto di una molteplicità di tecniche e strategie come maggiore insegnamento.C’è un rischio assuefazione? Una meccanismo induttivo di tolleranza? Sicuramente. Ma qui entra in gioco la sapienza del guerrigliero, di colui che sa che una buona strategia esula dall’alzare indefinitivamente la posta in gioco. Il guerrila marketing è un equilibrio delicato e non convenzionale, da utilizzare con parsimonia, conoscendo la forza dell’attesa come motore immobile dell’azione.In realtà, il rischio maggiore è che, seppur partendo da radici comuni ci si dimentichi di una differenza di fondo fra guerrilla marketing e comunicazione non convenzionale: la generazione di profitto. Soltanto se dalle nostre azioni nasce un profitto siamo in presenza di guerrilla marketing, se perdiamo di vista ciò stiamo operando un’azione diversiva, comunicazione non convenzionale, ma non stiamo perseguendo quello che effettivamente è il nostro obiettivo primario e segreto.C’è però un dubbio che si insinua nell’utilizzo di questa tecnica, ovvero che il consumatore muti le sue abitudini e divenga sempre più un consumatore guerrigliero, che alla guerrilla risponda risponda con la guerrilla, non soltanto un abile cherry pickers, quanto piuttosto un produttore esperto di contenuto semiologico capace di sottrarsi alla colonizzazione delle sue storie riprogrammandole contro chi lo vorrebbe sedurre. Fortunatamente il guerrilla marketing è ancora un’arma talmente sofisticata e raffinata da rendere impensabile uno scenario del genere ancora per molto, soprattutto in Italia laddove i maggiori beneficiari dei servigi di questa tecnica, pmi e pubblica amministrazione, ancora la ignorano o quasi, preferendo cure da cavallo di mass market all’approccio che massimizza il risultato con il minimo sforzo. È dura credere che la forza nasca dalla propria debolezza, per questo è più semplice che un cane sciolto mostri il suo talento piuttosto che convincere un addetto ai lavori della soluzione più ovvia.Il guerrilla marketing avrà un futuro perché ha radici lontane nel passato, purchè non tradisca i suoi i suoi fondamenti: la camaleontica arte della mimetizzazione, lo sfinimento e la disciplina dell’attesa, la falsificazione di sé e del nemico, l’unicità di ogni sua azione che diviene evento e rappresentazione, arte come pratica reale. Questa è la traccia che sta lasciando il guerrilla marketing. La stessa che lascia un oggetto fuori moda per tornare di moda. Postmoderno.” (Michele Sabatini, agenzia Zig-Zag) 12 Love me! Fake me! In gorghi tra corpi e comunicazione. di Emanuela Ciuffoli, docente presso l’Università di Urbino ([email protected]) I teorici hanno i loro feticci, sillabe fasciate di latex con cui vestire concetti e intuizioni. Spazio dei flussi (Castells) e modernità liquida (Baumann): la metafora acquatica esercita il suo sciabordio tra le scienze sociali e, soprattutto, investe chiunque si occupi di media. Sarà il mio ciclico trasformare parte di me in un flusso carminio a farmi pensare che forse, per comprendere meglio come stanno cambiando comunicazione e consumo bisogna iniziare sporcando quella stessa metafora. Grumo - Il successo delle forme di guerrilla è legato alla loro capacità di essere vischiose, di attaccarsi fatalmente al corpo del consumatore senza essere vissute come parassiti: dalla punta della lingua (word-of-mouth), passando per il sistema immunitario (viral marketing) fino all’ecosistema socio-culturale in cui l’individuo stesso si muove (ambient, site-specific). Esse esaltano il paradigma reiterativo, agendo sulla frizione libidica che lega il messaggio pubblicitario al bodyscape del suo fruitore, in una reciproca attrazione/alterazione. 13 - Mi piaci perché mi alteri Grumo - Corpo e mondo sono in relazione osmotica, separati da friabili e incerti confini. Il marketing non convenzionale agisce essenzialmente su questa labilità del margine, si muove infatti sbrecciando le cornici e i confini tra mezzi di comunicazione, tra generi, tra emittente e destinatario, tra corpo del consumatore e corpo del prodotto. Il margine è sostituito quindi dall’emergenza dell’interstizio. Lo spazio tra, la piega/piaga, che apre alla proliferazione disseminata di traiettorie inaspettate, necessariamente periture, capitalizzabili solo nella forma in cui aperte all’innesto e alla mutazione (di qui la predilezione per la metropoli). – Mi piaci perché mi complichi Grumo - Il “consumattore” (Fabris), l’utente nomade muta le proprie caratteristiche a seconda dei momenti e delle opportunità. Il neo-consumatore è Giuda, insomma, fedele discepolo, delatore e, soprattutto, doppio imprescindibile nell’economia di redenzione del brand. Nel loro costituirsi come social 13 Love me! Fake me! In gorghi tra corpi e comunicazione. di Emanuela Ciuffoli, docente presso l’Università di Urbino ([email protected]) media (Arvidsson), come piattaforme di senso e significati che spingono a rinegoziare i legami, le emozioni, gli stili di vita, i marchi necessitano infatti di un contraltare speculare che li riscatti assurgendoli al rango di generatori (sacrificali) di segni, simboli, mitologie. Effetto specchio: ME/WE. – Mi piaci perché mi immoli Grumo - Compito del guerrilla è, per sua genetica e genealogia, il profanare le “scritture”. Alludere a una desacralizzazione del marchio, stare fuori dal tempio e contemporaneamente richiamarne l’interno, l’identità. Scegliere l’ambivalenza dell’interstizio, giocare con gli scarti e amare i lapsus: “Love me! Fake me!”. – Mi piaci perché mi falsifichi Grumo - Al guerrilla è richiesto, per funzionare efficacemente, il fornire strumenti per il meta-bracconaggio, l’elaborare frammenti di dispositivi con cui il consumatore possa poi fare e disfare il gioco dell’altro. Reload. Ma di traverso, poiché richiede un’adesione che poi, nel suo funzionare, deve necessariamente disattendere. – Mi piaci perché sei exterminato – Grumo - Il consumo si costituisce come linguaggio, l’individuo acquista quindi per accedere a se stesso, per (ri)definire ed esperire i confini e i processi del proprio ambiente socio-culturale. I brand offrono lessici e grammatiche di pronto utilizzo, imprescindibili però dalla dimensione somatica. Poiché 14 il linguaggio è incarnato, trascina con sé la grana della voce, attecchisce nell’asfalto, nella carne della metropoli così come sulla pelle pixelata del web. Il linguaggio vive della lingua che inciampa sul pensiero, dei lapsus che creano sfasature (di qui il fallimento di qualsiasi esperanto, che pretende l’uso, senza l’abuso del passaggio di bocca in bocca). – Mi piaci perché mi scortecci Grumo - Il guerrilla è una sorgente di neologismi iconici, processuali, mediali. Il guerrilla (si) morde la lingua per farne bocconi, oggetti parziali e conturbanti. Proprio per questa sua caratteristica deve sempre offrirsi all’abuso di chi lo fruisce. Ma l’abuso non è affatto sinonimo di usura. Si può abusare di ciò che non si usura, si possono infliggere le proprie pratiche e i propri desideri a ciò che regge al degrado. – Mi piaci perché ti profondi Grumo – La relazione tra il corpo del consumatore e il corpus della comunicazione pubblicitaria viene triangolata da un terzo corpo, che è insieme cassa di risonanza e dispositivo di selezione, il sistema dei media. Ora quest’ultimo, si sa, soffre di una “pubblifagia” dai sintomi mutevoli e facilmente deperibili. Mentre il guerrilla frequenta i buchi testuali e pratica una costante topofilia delle lacune, l’industria mediale predilige difatti le protuberanze e le saturazioni. Dunque in mezzo a questa tensione contrapposta, ma funzionale al sistema economico, troviamo il corpo del consumatore: danza di vuoti e di pieni, strumento di distorsione e rovesciamento dei saperi poiché fatalmente capace di dichiarare, di ogni produzione di senso, insieme la necessarietà e la precarietà. – Mi piaci perché potresti non piacermi - 14 “Il guerrilla marketing ha un futuro ma deve essere abile a non bruciarsi da sé. Il rischio più grande è quello di spettacolarizzare la spettacolarizzazione diventando vittime dell’autoreferenzialità. Il guerrilla deve - parlare al destinatario del messaggio - non risultare invasivo - informare facendo sorridere o riflettere - supportare qualcosa - essere supportato In questo modo prospererà come e più di altri strumenti.” (Marketingarena.it) 15 “Tutto ha un inizio e una fine, banale quindi vero.Il Guerrilla sta iniziando, e prima di preoccuparsi della sua fine bisognerebbe sfruttarne le potenzialità.I nostri genitori a vent’anni guardavano la tv da spettatori. Gli spettatori di oggi partecipano alla tv. Partecipano perché la nuova tv, cioè internet, li ha messi in condizione di farlo ad ogni livello.Questo voler interagire con la comunicazione ha fatto nascere anche il guerrilla, una forma invasiva, interattiva di comunicazione. Non so cosa accadrà fra dieci anni, so che farà più caldo, ma non so se la guerrilla sarà già finita. Saranno gli spettatori di domani a dirci cos’altro fare.” (Paolo Troilo, creative director di Arnold Worldwide) 16 Dis/integrare la guerriglia Il guerrilla del futuro? Narrazione e integrazione di Stefano Cicconardi, collaboratore K-Events/Filmaster ([email protected]) U n’esplorazione che porta alla luce trend e meccaniche sociali nascoste e di nicchia, un pensiero che cavalca fenomeni di costume e ogni altra cosa che possa entrare in agenda, uno studio che reinventa i normali meccanismi pubblicitari con il solo obiettivo di far entrare un brand in un ambiente che altrimenti gli sarebbe vietato. Il guerriglia marketing è tutto ciò: una strategia di comunicazione che ha la sua forza nella flessibilità delle tecniche e nella capacità di riuscire a stupire e colpire di sorpresa il consumatore per stimolarlo, coinvolgerlo e renderlo partecipe di un messaggio. Un messaggio che in alcuni casi deve essere capace di infilarsi e sfruttare le crepe del sistema d’informazione, acquisire la credibilità di cui ha bisogno per continuare ad alimentarsi da solo fino al momento del reveal. Dopo un periodo iniziale di normale confusione, dove l’unico obiettivo era quello di rompere gli schemi usuali della comunicazione e il modo di pensare delle persone, la guerriglia in Italia è partita soprattutto con una sperimentazione di matrice contro-culturale che con progetti quali Luther Blissett ha espresso le sue potenzialità e aperto la strada a un percorso alternativo al servizio anche delle imprese italiane. Ma dalla confusione iniziale e la comprensibile inesperienza dei clienti e dei direttori marketing, abituati a dover catalogare e incasellare ogni pensiero e attività sotto una definita voce di budget, la non convenzionalità del guerriglia marketing si sta oggi perdendo. Soffocata e disintegrata da azioni con promoter e volantini in versione 2.0 che si mascherano da attività di guerriglia marketing per essere vendute come ‘cool’. Il grande rischio è di vedere abbattere ciò che fino ad ora è stato costruito con la fatica e idee vincenti che si ricordano quanto i claim di carosello. Una democratizzazione delle tecniche, tanto semplici quanto efficaci che sembrano poter essere pensate da chiunque, sta in realtà appiattendo e svalutando l’intero concetto di guerriglia marketing che sempre più pericolosamente regredisce a una definizione convenzio- 17 nale. Ma forse, solo dalla disintegrazione si può tornare a costruire. Bisogna riportare la guerriglia ad un nuovo livello di evoluzione e integrazione, che renda onore alla qualità dei progetti e porti valore e risultati ai professionisti e soprattutto alle aziende che decidono di investirci. Il futuro del guerriglia marketing è sempre più nella narrazione e nella capacità di integrare un determinato messaggio o i valori di marca all’interno di una struttura più ampia, di un evento che crea un precedente e che nell’essere vissuto o raccontato non può prescindere dal brand. Coinvolgere le persone, renderle partecipi di una storia dove, se i più smaliziati o esperti riescono ad intuire come finirà prima di arrivare all’ultima pagina del libro, saranno ripagati ampiamente dalla soddisfazione di averne svelato il meccanismo diventando contemporaneamente bersagli e promotori della narrazione. Quando era palese che un video sexy rubato con protagonista una famosa attrice nostrana non poteva essere altro che un innocuo video di backstage, che con difficoltà avrebbe potuto incontrare il favore dei fedelissimi di you porn, è chiaro come sia potuto diventare in sole due settimane il gossip che condivideva le prime pagine con la notizia della caduta del governo. E se i consumatori ‘colpiti’, con la loro partecipazione e il loro interesse contribuiscono al successo di una campagna allora significa che è stato costruito un nuovo livello di guerriglia. Per informazioni chiedere ai fan della Minimal Beauty o di Manuela Arcuri. 17 brain of the month Gratta e lavora per un futuro sicuro. Intanto ridici sopra... Sul marketing, del marketing:due chiacchiere con VeryWeb B rutta bestia comunicare il mercato del lavoro. Il panorama è fatto di campagne ministeriali di stampo sovietico o filo-anglosassoni, lontanissime dal clima di emergenza e di “tirare a campare” ... Qualcosa di diverso lo ha provato a fare la viral-agenzia di Milano VeryWeb, di cui conosco per l’occasione uno dei fondatori, Luca Giorcelli. Con il vostro guerrilla-marketing “gratta & vinci” in occasione del Concerto del 1°maggio dell’anno scorso, siete riusciti a rendere simpatico un sito come Infojobs e far sorridere chi ha una vita veramente difficile e manda avanti il paese. Cosa chiedeva il brief? Sono curiosa... Il brief era di tipo interlocutorio e chiedeva semplicemente di concepire un’iniziativa non convenzionale di stampo guerrilla, senza definire obiettivi di reach. Noi abbiamo risposto con una strategia basata sulla definizione di un social sense forte, capace di abilitare il brand a scendere dal podio dei mass media per interagire direttamente con il pubblico nei suoi spazi relazionali. Il social sense che abbiamo individuato per Infojobs viene citato esplicitamente sul retro dei gratta e lavora: “E’ più facile trovare il lavoro dei propri sogni o vincere alla lotteria? Siamo uomini o precari? Tutti i lavori nobilitano l’uomo? NON ABBIAMO TUTTE LE RISPOSTE MA CI STIAMO LAVORANDO - Infojobs”. Il social sense è stato individuato analizzando in profondità il brand, le sue origini, le sue motivazioni storiche, il suo approccio etico. In altre parole, abbiamo cercato un social sense che fosse “vero”. Il cliente pare dunque molto illuminato...è filato tutto liscio? Il cliente è senz’altro illuminato. L’illuminazione è made in Spain, paese della casa madre, da cui è arrivata la direttiva di sperimentare soluzioni non convenzionali. Direi che tutto è andato liscio. I lavori proposti con il gratta e vinci sono pazzeschi, anche se a ben vedere quello che c’è in 18 giro, non si allontanano molto dalla realtà. Ricordiamone alcuni insieme per chi si fosse perso la campagna. Addetto alla rimozione di gomma da masticare. Operativo su scuole e università. Orario notturno. Interessanti prospettive professionali... E anche: compagno di giochi in allevamento Rottweiler. Richiesto tedesco fluente e resistenza al dolore. No copertura assicurativa. Oppure, l’assaggiatore di alimenti scaduti per ipermercati. Richiesti gusto, curiosità e discrezione. Interessante proposta a cottimo. Quanti visitatori ci sono stati su www.infojobs.it a seguito dell’operazione di guerrilla? Non lo sappiamo: Infojobs non cercava più accessi per il suo sito, il quale ha una notorietà elevatissima e svariati milioni di utenti unici al mese; cercava piuttosto di esprimere la sua vocazione relazionale e di legarsi in maniera più profonda al suo pubblico. Il guerrilla-marketing è una trovata per budget sempre più ristretti, novità per uffici marketing assonnati o una strada diversa, vicino al sentire comune dei nuovi consumatori? Per legarci al tema di questo numero, vedi più probabile un futuro roseo o la saturazione del genere? La saturazione al momento non è un problema del marketing non convenzionale. E’ invece un problema dell’approccio mass-mediatico convenzionale. Per noi il guerrilla è una delle poche soluzioni che oggi sono in grado di aumentare veramente la propria “share of attention”. Sul futuro non mi pronuncio. Il tuo viral preferito di tutti i tempi? Come professionista: Dove, “Evolution”, Ray-Ban, “Never hide” Personalmente: Berlitz “What are you sinking about?” Ursula De Gaspari [email protected] gigabyte Internet e Viral Marketing: insieme dalla nascita? di Gabriella Rutigliano ([email protected]) W eb 2.0 e User Generated Content mettono al centro dell’attenzione l’ utente come creatore della Rete. Ma nella realtà non esiste soltanto l’utente. Volevo una prospettiva più ampia, che mi permettesse di valutare il punto di vista di chi Internet (così come lo conosciamo noi) lo ha visto nascere. Ho parlato con Mirko Sancassani, Responsabile Marketing di eLogic, società che offre servizi Internet e di posizionamento per aziende. Lei lavora con Internet da più dieci anni e sono cambiate molte cose da quando ha cominciato. A cavallo del terzo millennio tutte le aziende cercavano di guadagnarsi un posto nella Rete, poi nel 2001 la bolla è scoppiata e numerose aziende si sono ritirate dal mercato. Adesso però la situazione sembra cambiata… Lavorando con Internet dall’88, ho avuto la possibilità di vivere l’evoluzione della rete che, da “mondo virtuale”, frequentato quasi esclusivamente da informatici, è diventato “mondo reale”, entrando a far parte della vita di tutti i giorni. Nonostante la bolla speculativa, la diffusione di Internet non ha vissuto mai un giorno di crisi. Semplicemente, le aspettative del 2000 erano alimentate da un’onda di entusiasmo, per la larga disponibilità di un nuovo mezzo di comunicazione davvero rivoluzionario. Si è sottovalutato l’aspetto culturale: il mezzo e la tecnologia erano pronti, ma le persone no. Doveva passare almeno una generazione, oggi è passata. Il Web 2.0 ha cambiato radicalmente il modo di fare Internet. L’utente non è più spettatore ma direttamente generatore di contenuti. Il sito web spesso viene sostituito dal blog. Questo in qualche modo sposta il centro di potere dall’Azienda al consumatore… Internet ha sempre messo al centro l’utente, a partire dalla sua architettura, nata con l’obiettivo di non avere punti vitali, la cui vulnerabilità avrebbe potuto mettere in pericolo l’esistenza della Rete stessa. I servizi maggiormente importanti all’inizio degli anni ’90 erano posta elettronica e le ormai dimenticate Usenet News che erano, e sono, un grande forum in cui ogni persona contribuiva con le proprie competenze a una base di conoscenza e sapere comune. Oggi la vera rivoluzione è di tipo culturale: vi sono molte più persone che hanno familiarità con il mezzo c’è maggiore consapevolezza che non è necessario avere il controllo di una televisione o un giornale per veicolare le proprie idee. Il passaparola oggi è velocissimo e globale, anche le aziende devono iniziare a tenere conto di questo. Velocità e globalità. Queste caratteristiche fanno di Internet il canale di comunicazione prediletto per azioni di marketing virale. Quale è la sue esperienza personale e professionale del rapporto tra Internet e viral marketing? Ricordo che nel ’95 chi si collegava ad Internet e aveva una casella di posta elettronica aveva il problema di trovare interlocutori con cui scambiare “2 chiacchere” telematiche (incredibile eh?). Un nostro cliente ebbe l’idea di inviare quotidianamente ai primi amici “internettari” una barzelletta via email, così da evitare loro la tristezza di aprire alla mattina una cassetta postale vuota. Chi si allacciava ad Internet allora lo faceva su consiglio di un amico, che pensava, subito dopo l’attivazione del collegamento, ad iscriverlo al quel servizio di barzellette che aveva nome “Buongiorno”. Il passaparola andò avanti e oggi quella barzelletta è un’azienda quotata alla borsa di Milano che si chiama Buongiorno.it. Oggi questa potenzialità è ancora maggiore, il mio parere è però quello che il passaparola in 19 gigabyte Internet e Viral Marketing: insieme dalla nascita? di Gabriella Rutigliano ([email protected]) Internet possa solo essere innescato dall’azienda. E i risultati? Se un’offerta è davvero vantaggiosa, oggi si può riuscire a diffonderla senza troppa pubblicità convenzionale, ma se il prodotto non spicca, la propagazione Internet si ferma. Grazie all’analisi delle statistiche web, i risultati delle azioni effettuate su Internet sono misurabili e quantificabili. Secondo Lei, in che modo questa caratteristica di misurabilità può essere applicata alla diffusione di un messaggio virale on line? Beh, innanzitutto noi riusciamo a misurare solo i dispositivi di cui abbiamo pieno controllo, come il sito web aziendale, mentre per definizione la propagazione virale di un messaggio avviene sulla rete, in luoghi sui quali non abbiamo nessun punto di os- courtesy MarthaCecil servazione privilegiato. A questo punto, se voglio misurare la diffusione di un messaggio devo legarlo ad un elemento misurabile di cui ho pieno controllo. Comunque misurare su web l’effetto di un’iniziativa di webmarketing virale è sempre parziale perché gli effetti si hanno anche sul mondo reale, e questi sono molto più difficili da valutare. La misurabilità 20 andrebbe organizzata non solo sul web, ma a livello aziendale, attuando procedure e sistemi informatici per memorizzare e soprattutto trattare i dati. Certo il web fornisce strumenti di valutazione dei ritorni di una comunicazione non possibili per carta stampata, radio e televisione, ma per avere dati attendibili è necessario strutturare un percorso dell’utente misurabile e predisporre accuratamente gli strumenti di web analytics per filtrare il rumore e raccogliere solo le informazioni che ci interessano. Quali evoluzioni si aspetta e soprattutto quale evoluzione del rapporto tra viral marketing e Web? Beh credo che il cammino di maggiore diffusione tecnologica e culturale della rete proseguirà a velocità molto sostenuta. Pensiamo alle reti wireless, ai dispositivi palmari o ai monitor e tastiere pieghevoli e pensiamo alla potenza di progetti come Wikipedia Youtube o Myspace. Sicuramente sarà sempre più facile trovare informazioni su tutto e queste informazioni saranno sempre meno controllate da centri informativi istituzionali, molto spesso legati a possibilità economiche e finanziarie. E le aziende quale ruolo avranno? Anche il “sito web” di un’azienda me lo immagino molto più distribuito, una parte di esso sarà controllato dall’azienda stessa e un’altra parte non meno importante sarà distribuita sulla rete e redatto dalle persone che con l’azienda hanno avuto rapporti. L’azienda di successo sarà allora quella che riuscirà a fare coincidere il contenuto ufficiale con quello della “comunità web”, insomma una grande sfida verso la trasparenza…troppa utopia? their laws MARKETING E CIMITERI di Intrastudio – Consulenti in materia di leggi speciali e privacy ([email protected]) Vorrei realizzare uno video virale pubblicitario la cui location è un cimitero Con ogni probabilità, nel corso delle riprese, saranno inquadrate anche alcune lapidi con i nomi e le foto dei defunti. Che cosa dice in proposito la legge sulla privacy? L a normativa Privacy (varie Direttive Comunitarie e varie leggi e decreti nazionali, compendiati nel D. Lgs. 196/2003, il c.d. Testo unico sulla Privacy) rappresenta uno strumento giuridico che disciplina il trattamento dei dati personali. Le foto e i nomi che si trovano sulle lapidi cimiteriali, sono dati personali? Come si vede, la questione sollevata verte intorno al concetto di “dato personale”. Un documento, approvato qualche mese fa a Bruxelles dai Garanti europei, cercando di chiarire meglio l’ambito della nozione di “dato personale” sottolineava che secondo la Direttiva 95/46 si deve considerare dato personale, “qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile”. Questa definizione, analizzata anche attraverso casi affrontati in vari Paesi UE dalle Autorità di protezione dei dati, indica che, nell’intenzione del Legislatore Comunitario l’ambito del concetto di dato personale è assai ampio e, pur non dovendo interpretare in modo esteso le norme in materia di protezione dei dati, d’altro canto, non si devono certo introdurre eccessivi limiti in merito alla interpretazione del concetto di “dato personale”. Si notino le espressioni usate dalla Direttiva, e cioè, “qualsiasi informazione” su una “persona fisica” che sia “identificata o identificabile”. “Qualsiasi informazione”, significa, ad esempio che le immagini filmate da un impianto di videosorveglianza, se i singoli individui sono riconoscibili, non possono, che essere considerate, un dato personale. Una persona, inoltre, può essere identificata o identificabile, ad esempio, in quanto, è lui l’oggetto di quel dato o di quella informazione, oppure perché la finalità del dato raccolto “incide” in qualche modo su di lui, oppure, ancora, perché l’informazione, se trattata, genera risultati specifici sui suoi diritti e interessi. La “identificabilità”, poi, di una persona, secondo la Direttiva può essere, “diretta” o “indiretta”. Cioè, un individuo può essere “identificabile” anche solo indirettamente, ad esempio, attra- 21 their laws MARKETING E CIMITERI di Intrastudio – Consulenti in materia di leggi speciali e privacy ([email protected]) tuate, sarebbero, oltre che discutibili per sensibilità e stile, anche censurabili per violazione della legge sul trattamento dei dati personali. Rif.: Garante Privacy web Potete scrivere le Vostre domande inerenti a leggi, privacy e pubblicità all’indirizzo [email protected]. Le più interessanti riceveranno risposta pubblicata su numeri successivi di Subvertising. verso varie circostanze che rendono possibile la ricostruzione della sua identità personale. Tutto questo non può che avere rilevanza anche in quanto al trattamento di dati relativi a defunti. E’ vero che la Direttiva citata parlava di informazioni concernenti una “persona fisica”, nel senso di persona fisica “vivente”, in quanto, la personalità giuridica inizia con la nascita e termina con la morte dell’individuo. Tuttavia, il trattamento di dati relativi a defunti in determinate circostanze può essere un trattamento di dati personali, perché la legge nazionale lo ammette, e perché esistono interessi legittimi del defunto (come l’onore, l’immagine, ecc.) che continuano ad avere la necessità di essere tutelati anche dopo la morte. Certo, quando vengono fatte riprese fotografiche e filmati in luoghi pubblici, nel corso di manifestazioni pubbliche, è possibile trattare i dati dei Soggetti ripresi senza una preventiva informativa. Tuttavia è difficile considerare le immagini di foto e di altri dati personali ripresi sulle lapidi di un cimitero come immagini dello stesso tipo di quelle riprese in manifestazioni pubbliche come feste, concerti o eventi sportivi. E questo, specialmente in considerazione del fatto che il trattamento dei dati avverrebbe in associazione a finalità oltremodo “secolari” (quelli perseguiti da una campagna promozionale, commerciale o di marketing), finalità che non giovano certo all’onore, al rispetto della dignità e all’atmosfera emotiva e di raccoglimento che tutti e da sempre riconoscono ai cimiteri e ai defunti che vi riposano. Pertanto, si è dell’avviso che azioni come quelle prospettate nella domanda, se venissero at- 22 PILLOLE DI NOVITA’ Blogosfera IL VOSTRO E IL NOSTRO MARKETING Quando la discussione sul marketing scavalca i soliti grandi confini (Roma e Milano), quelli che sgomitano per imporsi (Bologna e la zona campana), si arriva a Catania, dove nasce un nuovo blog curato da alcuni studenti di comunicazione. Un nuovo punto di vista sul mondo della pubblicità che va visto come un arricchimento. (ouryourmarketing.blogspot.com/) Hi-Tech GEAR.it: BLUETOOTH MARKETING A Reggio Emilia Gear.it, nata come software house, ha deciso di intraprendere il cammino delle contaminazioni con il marketing non convenzionale allargando i propri servizi al Bluetooth marketing. Molto interessante una delle loro prime applicazioni realizzate per Lucca Comics and Games, forum sul fumetto, sul gioco di ruolo e in generale sull’intrattenimento digitale. (www.gear.it) 22 tool box AMBIENT MARKETING di Wolverine ([email protected]) I l marketing ambientale nasce dalla necessità crescente di tutte le aziende di raggiungere un pubblico sempre più impermeabile ai messaggi veicolati dai media tradizionali. L’ambient marketing sfrutta i luoghi ed i tempi della vita quotidia- duare e segmentare in modo efficace il target di riferimento, in quanto raggiungono l’utente nei luoghi della vita reale dove spontaneamente entra in contatto con gli altri e dove è maggiormente ricettivo agli stimoli esterni. na trasformandoli in vere e proprie “esperienze pubblicitarie”. Oggetti urbani, monumenti, mezzi di trasporto, scenari intimi e pubblici e gli stessi media tradizionali vengono modificati fisicamente in modo da stupire il pubblico e far penetrare nella sua giornata un messaggio pubblicitario. Le tecniche di ambient permettono inoltre di indivi- 23 23 Subvertising 6: online dal 10 aprile www.subvertising.it