Martin A. Nowak con Roger Highfield Supercooperatori Altruismo ed evoluzione: perché abbiamo bisogno l’uno dell’altro Traduzione di Libero Sosio Martin A. Nowak con Roger Highfield Supercooperatori Altruismo ed evoluzione: perché abbiamo bisogno l’uno dell’altro Progetto grafico: studiofluo srl Impaginazione: Kibo graphic design Redazione: Francesco Rossa Coordinamento produttivo: Enrico Casadei Martin A. Nowak with Roger Highfield SuperCooperators Altruism, Evolution, and Why We Need Each Other to Succeed Copyright © Martin Nowak and Roger Highfield, 2011 All rights reserved © 2012 Codice edizioni, Torino Tutti i diritti sono riservati ISBN 978-88-7578-277-1 A Karl e Bob, cooperatori instancabili L’unica cosa che redimerà l’umanità è la cooperazione. Bertrand Russell, 1954 Indice Prefazione Introduzione xi 3 Parte i. Cinque modi per risolvere il dilemma Capitolo 1 Reciprocità diretta: tit for tat 23 Capitolo 2 Reciprocità indiretta: il potere della reputazione 53 Capitolo 3 Giochi spaziali: la scacchiera della vita 71 Capitolo 4 Selezione di gruppo: guerre tribali 83 Capitolo 5 Selezione di parentela: il nepotismo 99 Parte ii. I fasti della cooperazione Capitolo 6 119 Pre-vita Capitolo 7 143 Società di cellule Capitolo 8 161 Il signore delle formiche e perire Capitolo 12 amici sono troppi? Capitolo 13 263 Gioco, comuni Capitolo 11 247 Quanti Capitolo 10 231 Punire Da cooperatori a supercooperatori dono della parola 207 Risorse iii. Capitolo 9 179 Il Parte partita e incontro Capitolo 14 277 Un crescendo di cooperazione 297 Ringraziamenti 301 Bibliografia 321 Indice analitico Prefazione La lotta Dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte, direttamente deriva il più alto risultato che si possa concepire, cioè la produzione degli animali superiori. Charles Darwin, 19671 La biologia ha un lato oscuro. Charles Darwin si riferì a questo aspetto cupo della natura nei termini della lotta per l’esistenza. Egli si rese conto che la competizione è al cuore stesso dell’evoluzione. «La lotta per l’esistenza è più aspra fra individui e varietà di una stessa specie»2, e a vincerla sono gli individui più adatti (o meglio adattati), mentre tutti gli altri periscono. Di conseguenza tutti gli animali che oggi strisciano, nuotano e volano hanno progenitori che un tempo hanno avuto un grande successo e si sono riprodotti più spesso dei loro competitori meno fortunati. Quanto agli altri, hanno perso un’opportunità di dare un contributo utile alla generazione successiva. Sono stati sconfitti, e sono usciti di scena. La lotta ha avuto inizio almeno 4 miliardi di anni fa, fra le prime cellule primitive. Erano semplici batteri, poco più che piccole aggregazioni organizzate di sostanze chimiche. Se una di queste mac- 1 2 Darwin, 1967, p. 554. [N.d.T.] Darwin, 1967, p. 143. Nella prima traduzione italiana, di Giovanni Canestrini, dalla 6ª ed. (1872), la frase è così tradotta: «La lotta per l’esistenza è più severa fra gli individui e le varietà di una stessa specie» (Darwin, 1875, p. 74). E a p. 63, nel sommario del capitolo, Canestrini traduceva: «Lotta per l’esistenza più severa fra gli individui e le varietà di una stessa specie; spesso anche fra le specie del medesimo genere». Recentemente ha dedicato un saggio brillante a questo aspetto oscuro della biologia il citologo e biochimico Christian de Duve, premio Nobel 1974 per la medicina e la fisiologia e autore di vari libri autorevoli sull’origine della vita. Il saggio si intitola Genetica del peccato originale, Raffello Cortina, Milano 2010. Il peccato originale è identificato con la selezione naturale introdotta da Darwin come meccanismo dell’evoluzione. Una metafora in qualche misura simile, benché alla lontana, è quella dell’orologiaio cieco di Dawkins (1988) che vede nella selezione naturale un meccanismo inconscio, che costruisce senza progettare, senza avere in vista alcun fine, appunto come un orologiaio cieco. [N.d.T.] xii Supercooperatori chine chimiche aveva un vantaggio sulle altre, si riproduceva più velocemente. Se aveva un accesso un po’ migliore della media a una fonte di cibo limitata, prosperava, condannando le sue avversarie a sparire. Questa lotta continua ancora oggi, in tutta una varietà di habitat. Attualmente la Terra è soprattutto il pianeta delle cellule: i microrganismi prosperano in quasi tutti gli habitat, dai poli ai deserti, ai geyser, alle rocce e ai bui abissi degli oceani. Persino nel corpo umano le cellule batteriche sovrastano in numero le altre. Se vogliamo calcolare il numero totale delle cellule presenti sulla Terra oggi (circa 1030, ossia un 1 seguito da 30 zeri) tutto quello che si deve fare è stimare il numero delle cellule batteriche; il resto sono spiccioli. Possiamo imbatterci in questa lotta anche in quelle collezioni organizzate di cellule che chiamiamo animali. Nelle savane, in Africa, un leone si acquatta nell’erba alta, con i muscoli tesi e i sensi acutamente concentrati su una vicina mandria. Lentamente e in silenzio si avvicina furtivo alle antilopi e poi d’improvviso, con un’accelerazione esplosiva, corre verso un animale, salta, lo afferra al collo e con le lunghe zanne acuminate gli perfora la pelle, i vasi sanguigni e la trachea. Trascina poi la preda al suolo e la tiene immobile finché essa non esala l’ultimo respiro. Quando il leone ha terminato il suo pasto, un gruppo di avvoltoi si posa come un manto sui resti sanguinolenti della vittima. Nell’Origine dell’uomo Darwin notò che l’uomo moderno era nato dalla stessa lotta nello stesso continente: «È probabile che l’Africa fosse inizialmente abitata da scimmie estinte, strettamente affini al gorilla e allo scimpanzé. Poiché queste due specie sono oggi le più vicine all’uomo, è molto più probabile che i nostri primi progenitori abitassero sul continente africano che non altrove»3. Negli ultimi 60 000 anni i nostri avi si diffusero fino a colonizzare gran parte del pianeta, soppiantando specie arcaiche come l’Homo erectus e i neandertaliani dal grande cervello (anche se i lettori europei, asiatici o della Nuova Guinea potrebbero avere ancora oggi nelle loro vene qualche traccia di sangue neandertaliano). La lotta per l’esistenza continua ancora oggi a passo spedito, dalla concorrenza fra i supermercati per far calare i prezzi alla spietata rivalità fra le società quotate in borsa. Nel “gioco della vita” tutti noi siamo impegnati nella lotta per il successo, e tutti vogliamo vincere. Per conseguire questo obiettivo 3 Darwin, 1972, p. 181, dalla 2ª edizione. [N.d.T.] Prefazione xiii c’è un modo onesto: corri più veloce degli altri; salta più in alto; vedi più lontano; pensa di più; fa’ meglio quello che fai. Come sempre però c’è anche un lato oscuro, la logica calcolatrice dell’interesse egoistico, la quale dice che non si dovrebbe mai aiutare un concorrente. In effetti, perché non dovremmo impegnarci al massimo e rendere più dura la vita ai nostri rivali? Perché non barare e non ingannare anche loro, come ci sono altri che cercano di ingannare noi? C’è il panettiere che cerca di truffarti rifilandoti un panino di ieri invece di quello appena sfornato. C’è il cameriere che ti chiede una mancia quando il ristorante ti ha già messo in conto il servizio. C’è il farmacista che ti raccomanda una marca famosa mentre puoi avere un farmaco con lo stesso principio attivo comprando un generico che costa molto meno. Tutto sommato i tipi onesti possono essere abbindolati facilmente. Gli esseri umani sono scimmie egoiste. Noi siamo quelli che non riconoscono i bisogni degli altri: siamo egocentrici, mercenari e narcisisti. Pensiamo prima di tutto a noi stessi, e siamo motivati solo dall’interesse personale, che abbraccia fino all’ultimo ossicino del nostro corpo. Si dice che persino i nostri geni siano egoisti. Eppure la storia della biologia non si riduce alla sola competizione: in questa visione manca qualcosa di più profondo. Animali di ogni sorta e di qualsiasi livello di complessità fanno ricorso alla cooperazione per vivere. Alcuni fra i batteri più antichi formavano filamenti nei quali alcune cellule morivano per nutrire quelle vicine col loro azoto. Alcuni batteri conducono battute di caccia collettive, un po’ come un branco di leoni coopera per chiudere ogni via di fuga a un’antilope; le formiche formano società di milioni di individui capaci di risolvere problemi complessi, dall’agricoltura all’architettura alla navigazione; le api raccolgono instancabilmente polline per il loro alveare; le talpe permettono generosamente ai loro simili di cibarsi dei loro escrementi, fornendo loro una deliziosa seconda opportunità di digerire radici fibrose; e i suricati rischiano la vita per vigilare su un nido comune. Nella società umana abbonda la cooperazione. Anche le cose più semplici che facciamo implicano più cooperazione di quanto si possa immaginare. Consideriamo per esempio di fermarci una mattina a un bar per fare colazione con un cappuccino e un croissant. Per permetterci di godere di questo semplice piacere mattutino possono avere collaborato molte persone appartenenti ad almeno mezza dozzina di paesi. xiv Supercooperatori Il caffè è stato coltivato da contadini colombiani, mentre dai verdi campi di canne da zucchero ondeggianti del Brasile proviene lo zucchero che usiamo per dolcificare la nostra bevanda. Il latte cremoso è stato munto da mucche di una fattoria locale ed è stato riscaldato grazie all’elettricità generata da una centrale nucleare che si trova in uno stato confinante. Il barista, che è un tipetto pretenzioso, ha preparato il caffè con acqua minerale delle isole Figi. Quanto al croissant di pasta sfoglia, la farina arriva dal Canada, il burro dalla Francia e le uova da una cooperativa locale. L’impasto è stato riscaldato e poi cotto in un forno fabbricato in Cina a fargli assumere quel bel colore biondo scuro. Molte altre persone hanno lavorato in linee di approvvigionamento attraverso il pianeta per far trovare insieme tutti questi ingredienti. La preparazione di quel cappuccino e di quel croissant caldo è fondata anche su un gran numero di idee, che sono state ampiamente diffuse dal notevole mezzo di comunicazione del linguaggio. Ne risulta una rete di cooperazione strettamente interconnessa attraverso le generazioni, poiché le grandi idee sono generate, trasmesse, usate e abbellite a cominciare dalla prima persona che bevve un infuso preparato con semi tostati, per continuare con l’invenzione della lampadina che illumina il bar, per arrivare fino al brevetto concesso alla prima macchina per la preparazione del caffè espresso. Il risultato, quella semplice prima colazione quotidiana, è una straordinaria impresa cooperativa che si espande nel tempo come nello spazio. Quel piccolo pasto si fonda su concetti, idee e invenzioni che sono stati trasmessi a un gran numero di persone nel corso di centinaia, e persino migliaia di anni. Il mondo moderno è una straordinaria impresa collettiva. La conoscenza dei modi per selezionare le varietà giuste di caffè, per produrre la farina, per costruire forni e per produrre la schiuma di latte è disseminata in centinaia di teste. Oggi la misura in cui collaboriamo è più importante del peso del nostro cervello. Questo è il lato luminoso della biologia. Il livello e la misura in cui collaboriamo fanno di noi dei supremi cooperatori, i massimi nell’universo noto. Sotto questo aspetto, i nostri parenti biologici più stretti rimangono molto lontani da noi. Prendiamo quattrocento scimpanzé e sistemiamoli in classe economica su un volo di otto o nove ore. Con ogni probabilità al loro arrivo si precipiteranno fuori dall’aereo con le orecchie lacerate da morsi, con grandi ciuffi di pelliccia mancanti e con gli arti sanguinanti. Milioni di noi tollerano in- Prefazione xv vece di essere accalcati in spazi altrettanto ristretti per poter viaggiare in lungo e in largo sul nostro pianeta. La nostra stupefacente capacità di cooperare è uno dei mezzi principali grazie ai quali siamo riusciti a sopravvivere in ogni sorta di ecosistemi sulla Terra, dagli aridi deserti bruciati dal sole alle gelide distese inospitali dell’Antartide, alle buie profondità oceaniche, alle cui pressioni solo pochi organismi sono in grado di resistere. La nostra notevole capacità di unire le forze con i nostri simili ci ha permesso di compiere i primi passi in una grande impresa destinata a portarci al di fuori dell’atmosfera per viaggiare verso la Luna e le stelle vicine. Con la parola cooperazione intendo qualcosa di più di una semplice collaborazione in vista del raggiungimento di un fine comune. Qualcosa di più specifico, ossia la decisione di potenziali competitori di adottare una strategia nuova aiutandosi reciprocamente. Questa cosa non sembra avere molto senso se osservata da un punto di vista darwiniano tradizionale. Aiutando un altro, un competitore arreca danno alla propria fitness – al proprio ritmo di riproduzione – o semplicemente smussa la sua competitività. Eppure è facile trovare esempi: un’amica ti accompagna in macchina dal dentista, anche se questo atto di generosità la farà arrivare tardi al lavoro; tu decidi di donare 50 dollari a un ente benefico anziché spenderli per te stesso. Le cellule del tuo corpo, volenti o nolenti, anziché riprodursi per espandere egoisticamente il loro numero, rispettano le superiori necessità del corpo e si moltiplicano in modo ordinato per creare i nervi, il fegato, il cuore e altri organi vitali. Molte situazioni quotidiane possono essere interpretate come conseguenze di una scelta sul problema se cooperare o no. Poniamo che tu abbia deciso di aprire un conto di risparmio in una banca britannica (come abbiamo scoperto in Mary Poppins, che uscì molto tempo prima della stretta creditizia: «Una banca britannica è gestita con precisione»). Immagina di trovarti allo sportello con davanti un impiegato sorridente che ti spiega pazientemente le varie possibilità. Le banche preferiscono cercare di confondere i loro clienti con molti tipi di conto diversi fra loro per spese, tassi di interesse, accesso e condizioni. Se chiedi quale conto offra il migliore tasso di interesse, l’impiegato può interpretare questa domanda apparentemente semplice in due modi. Dal suo punto di vista il tasso di interesse migliore è quello minimo, che procura alla banca il massimo profitto. Dal punto di vista del cliente, il migliore tasso di interesse è quello che frutta più denaro a lui. Se l’impiegato propone il tasso di interesse minimo, questo xvi Supercooperatori è un esempio di defezione; se invece raccomanda un conto che offre il massimo rendimento al cliente, e non alla banca, il suo consiglio è un esempio di cooperazione. L’idea che la cooperazione possa essere espressa in questo modo pare sorprendente. Perché mai qualcuno dovrebbe trovare un vantaggio, per quanto indiretto, nell’indebolire la propria fitness per migliorare quella di un competitore? La cooperazione va contro il principio dell’interesse egoistico: è irrazionale. Nell’ottica della formulazione darwiniana della lotta per l’esistenza, non ha senso aiutare un potenziale rivale; eppure ci sono prove che questa situazione abbia luogo persino fra gli organismi inferiori. Quando un batterio si dà la pena di produrre un enzima per digerire il suo cibo, aiuta al contempo a nutrirsi anche le cellule vicine a lui, sue rivali nella lotta per sopravvivere. Questa sembra una fatale anomalia nel grande piano della vita. La selezione naturale dovrebbe condurre gli animali a comportarsi in modi che accrescano le loro probabilità di sopravvivenza e di riproduzione, e che non migliorino le fortune di altri. Nella continua lotta evolutiva per assicurarsi cibo, territori e partner sessuali, perché un individuo dovrebbe preoccuparsi di rinunciare ai suoi sperimentati comportamenti abituali per aiutarne un altro? Al di là della cooperazione Noi dipendiamo tutti uno dall’altro, ognuno di noi sulla Terra. George Bernard Shaw, Pigmalione, atto iv Scienziati delle più svariate discipline hanno tentato da più di un secolo di spiegare come cooperazione, altruismo e abnegazione abbiano potuto sorgere in un pianeta come il nostro, dominato dall’egoismo e dall’aggressività. Lo stesso Darwin fu turbato dal comportamento altruistico, che non si conciliava con la selezione naturale. Nelle sue grandi opere il problema della cooperazione rimase marginale, un dettaglio che doveva essere eliminato. Questo atteggiamento prevale in molti biologi ancora oggi. In forte contrasto con tale posizione, io credo che la nostra capacità di cooperare vada di concerto col successo nella lotta per sopravvivere, come congetturò più di un secolo fa Pëtr Alekseevič Kropotkin (1842-1921), principe russo e comunista anarchico, convinto Prefazione xvii che una società libera dai ceppi di un governo avrebbe prosperato sulla base della cooperazione di tutti. In Mutual Aid (1902) Kropotkin scrisse: «A fianco alla legge della Lotta reciproca, vi è nella natura la legge dell’Aiuto reciproco, che è molto più importante per il successo della lotta per la vita, e soprattutto per l’evoluzione progressiva della specie. Questa ipotesi […] in realtà non era [nient’altro] che lo sviluppo delle idee espresse dallo stesso Darwin nella Origine dell’Uomo»4. Per più di due decenni ho cooperato con molti grandi scienziati nel tentativo di risolvere il mistero di come la selezione naturale possa condurre al reciproco aiuto, così che la competizione possa trasformarsi in cooperazione. Ho introdotto alcune idee nuove in questo campo già ben esplorato e ho affinato questo miscuglio con la mia competenza specialistica, che si fonda su una combinazione di matematica e biologia. I miei studi mostrano che la cooperazione è del tutto compatibile con la dura aritmetica della sopravvivenza in un ambiente insensibile e competitivo. Fondandomi su intuizioni matematiche, ho creato al computer comunità idealizzate e ho defi- 4 Kropotkin, 1950, p. 23. Nella prefazione alla seconda edizione della Descent of Man (1874), Darwin espose alcune considerazioni in risposta ai suoi critici che può valere la pena di tener presenti ancora oggi, sulle virtù e i limiti della selezione naturale e sulla provvisorietà dell’Origine dell’uomo. «I miei critici suppongono spesso che io attribuisca tutti i mutamenti della struttura corporea e mentale esclusivamente alla selezione naturale di quelle variazioni che vengono spesso chiamate spontanee; mentre, anche nella prima edizione dell’Origine delle specie, affermai distintamente che si debba attribuire molta importanza agli effetti ereditati dell’uso e disuso, in relazione sia al corpo sia alla mente. Attribuii anche una certa quantità di modificazioni all’azione diretta e prolungata di mutate condizioni di vita. Si deve tenere conto anche di occasionali mutamenti reversivi della struttura; né dobbiamo dimenticare quella che ho chiamato crescita correlata, con la quale intendo il fatto che varie parti dell’organizzazione sono, in qualche modo sconosciuto, connesse in modo tale che, al variare dell’una, cambiano anche altre; e se variazioni in una parte vengono accumulate dalla selezione, verranno modificate altre parti. Di nuovo, vari critici hanno detto che, quando ho trovato che vari particolari strutturali nell’uomo non potrebbero essere spiegati dalla selezione naturale, mi sarei inventato la selezione sessuale; avevo però già abbozzato in modo sufficientemente chiaro questo principio nella prima edizione dell’Origine delle specie, dove avevo affermato che era applicabile all’uomo. Questo argomento della selezione sessuale è stato trattato diffusamente in queste pagine semplicemente perché qui me ne è stata offerta per la prima volta un’opportunità. Sono stato colpito dalla somiglianza di molte delle critiche semifavorevoli alla selezione sessuale con quelle apparse all’inizio sulla selezione naturale, come per esempio quella secondo la quale essa spiegherebbe alcuni particolari ma certamente non sarebbe stata applicabile nella misura in cui io l’avevo usata. La mia convinzione del potere della selezione sessuale rimane intatta; è però probabile, o quasi certo, che varie mie conclusioni possano in futuro risultare erronee; e questa è una cosa pressoché inevitabile nella prima trattazione di un argomento». [N.d.T.] xviii Supercooperatori nito le condizioni nelle quali la cooperazione può attecchire e fiorire. La mia fiducia in ciò che ho riscontrato è sostenuta da ricerche su una grande varietà di specie, dagli insetti agli esseri umani. Alla luce di tutte queste ricerche ho definito chiaramente cinque meccanismi base di cooperazione. Il modo in cui noi esseri umani collaboriamo è descritto dalla matematica in modo altrettanto chiaro di quello in cui è descritto il movimento della mela che un giorno cadde nel giardino di Newton. Questi meccanismi ci forniscono molte informazioni sul modo in cui funziona il mondo. Rivelano per esempio che il nostro grosso cervello si è evoluto per poter far fronte ai pettegolezzi e non viceversa; che il nostro intestino possiede ghiandole simili a coni per difenderci da quel venir meno potenzialmente mortale della cooperazione cellulare che conosciamo come cancro; che noi siamo più generosi se abbiamo la percezione di essere osservati (anche se in realtà non è così); che quanto minore è il numero dei nostri amici, tanto più fortemente la nostra sorte è legata alla loro; che dopotutto i geni possono non essere egoisti; che se sei un cooperatore, ti troverai circondato da altri cooperatori, così che quel che raccogli è l’equivalente di quello che semini; che qualunque cosa tu faccia gli imperi continueranno a declinare e a cadere; e che, per avere successo nella vita, dovrai collaborare – coltivando per esempio i rapporti affettivi – con la stessa assiduità con la quale ti sforzi di vincere la lotta per l’esistenza. In questo modo la ricerca per capire la cooperazione ci ha permesso di cogliere l’essenza di tutti i processi evolutivi, la vita, la respirazione, l’efficienza fisica. Alla base dell’innovazione non c’è la lotta, bensì la cooperazione. Per spronare la creatività e incoraggiare le persone a concepire idee originali dobbiamo usare la lusinga della carota, non la paura del bastone. La cooperazione è l’architetto della creatività attraverso l’evoluzione, da cellule a esseri pluricellulari, a formicai, villaggi e città. Senza la cooperazione non sono possibili, nell’evoluzione, né costruzione né complessità. Io posso derivare intuizioni quotidiane, come anche molte idee inattese, da modelli matematici ed evoluzionistici di cooperazione. Benché sia nota a molti l’idea che grazie a equazioni possono essere tracciate le traiettorie di lance, palle di cannone e pianeti, ritengo straordinario che si possa usare la matematica anche per rappresentare la traiettoria dell’evoluzione. E, ovviamente, una cosa è sapere come promuovere la cooperazione e una cosa del tutto diversa è spiegare perché un’azione ci aiuti ad andare d’accordo con i nostri simili, e in Prefazione xix quale misura. L’esplorazione matematica di questi meccanismi ci permette di farlo con una comprensione profonda e anche con precisione. Questa è una prova, qualora ne avessimo avuto bisogno, del fatto che la matematica sia universale. Nei capitoli seguenti spiegherò l’origine di ogni meccanismo di cooperazione e intreccerò questo ragionamento col mio percorso intellettuale: un viaggio cominciato a Vienna e proseguito a Oxford, Princeton e ora ad Harvard. Nel corso di questo viaggio ho avuto l’onore di cooperare con molti brillanti scienziati e matematici. Due di loro mi hanno ispirato in modo particolare per ragioni che diventeranno chiare: Karl Sigmund e Robert May. Ho dovuto anche ricorrere all’aiuto di programmi per computer, di studenti disponibili a partecipare a giochi, e di vari finanziatori, da fondazioni a filantropi. È molto bello ed entusiasmante pensare che per capire la cooperazione si richieda un alto grado di cooperazione. E per sottolineare ulteriormente questa idea forte, questo libro è anche un prodotto della cooperazione fra Roger Highfield e me. Le implicazioni di questa nuova comprensione della cooperazione sono profonde. In precedenza c’erano solo due principi fondamentali dell’evoluzione: la mutazione e la selezione naturale, dove la prima genera la diversità genetica e la seconda sceglie gli individui meglio adattati a un determinato ambiente. Per poter capire gli aspetti creativi dell’evoluzione dobbiamo ora accettare la cooperazione come terzo principio. Per la selezione c’è bisogno della mutazione e, allo stesso modo, per la cooperazione c’è bisogno sia della selezione sia della mutazione. Dalla cooperazione può emergere il lato costruttivo dell’evoluzione, dai geni agli organismi, al linguaggio e ai comportamenti sociali complessi. La cooperazione è il mastro architetto dell’evoluzione. Le mie ricerche hanno mostrato anche che la cooperazione non è stabile ma che sempre cresce e scema, come le pulsazioni del grande cuore della natura. Ecco perché, anche se noi siamo straordinari cooperatori, la società umana è – e sarà sempre – spaccata da conflitti. Oggi la cooperazione umana globale è a una soglia di grande instabilità. La grande portata della crescita della ricchezza e dell’industria della popolazione del nostro pianeta, in costante aumento – e che è di per sé un trionfo della cooperazione –, sta estenuando le capacità della Terra di sostentarci tutti. Su ciascuno di noi è esercitata una crescente pressione per indurci a competere per le risorse in continua diminuzione del pianeta. xx Supercooperatori Molti problemi che ci sfidano oggi possono essere ricondotti a una profonda tensione fra quel che è buono e desiderabile per la società nel suo insieme e quel che è desiderabile per l’individuo. Questo conflitto può essere riconosciuto in problemi globali come il cambiamento climatico, l’inquinamento, l’esaurimento delle risorse, la povertà, la fame e la sovrappopolazione. I massimi problemi del nostro pianeta – salvare la Terra e massimizzare la durata di vita collettiva della specie Homo sapiens – non possono essere risolti dalla sola tecnologia. Essi richiedono nuovi modi che ci permettano di lavorare in armonia. Se dobbiamo continuare a prosperare, abbiamo una sola scelta. Se dobbiamo vincere la lotta per l’esistenza ed evitare una caduta disastrosa, non abbiamo altra scelta oltre a quella di imbrigliare questa straordinaria forza creativa. Ora dobbiamo affinare ed estendere la nostra capacità di cooperare. Dobbiamo familiarizzarci con la scienza della cooperazione. Ora più che mai il mondo ha bisogno di supercooperatori.