Supercooperatori - Codice Edizioni

Martin A. Nowak
con Roger Highfield
Supercooperatori
Altruismo ed evoluzione:
perché abbiamo bisogno l’uno dell’altro
Traduzione di Libero Sosio
Martin A. Nowak con Roger Highfield
Supercooperatori
Altruismo ed evoluzione: perché abbiamo bisogno l’uno dell’altro
Progetto grafico: studiofluo srl
Impaginazione: Kibo graphic design
Redazione: Francesco Rossa
Coordinamento produttivo: Enrico Casadei
Martin A. Nowak with Roger Highfield
SuperCooperators
Altruism, Evolution, and Why We Need Each Other to Succeed
Copyright © Martin Nowak and Roger Highfield, 2011
All rights reserved
© 2012 Codice edizioni, Torino
Tutti i diritti sono riservati
ISBN 978-88-7578-277-1
A Karl e Bob, cooperatori instancabili
L’unica cosa che redimerà l’umanità è la cooperazione.
Bertrand Russell, 1954
Indice
Prefazione
Introduzione
xi
3
Parte i. Cinque modi per risolvere il dilemma
Capitolo 1
Reciprocità diretta: tit for tat
23
Capitolo 2
Reciprocità indiretta: il potere della reputazione
53
Capitolo 3
Giochi spaziali: la scacchiera della vita
71
Capitolo 4
Selezione di gruppo: guerre tribali
83
Capitolo 5
Selezione di parentela: il nepotismo
99
Parte ii. I fasti della cooperazione
Capitolo 6
119 Pre-vita
Capitolo 7
143 Società
di cellule
Capitolo 8
161 Il
signore delle formiche
e perire
Capitolo 12
amici sono troppi?
Capitolo 13
263 Gioco,
comuni
Capitolo 11
247 Quanti
Capitolo 10
231 Punire
Da cooperatori a supercooperatori
dono della parola
207 Risorse
iii.
Capitolo 9
179 Il
Parte
partita e incontro
Capitolo 14
277 Un
crescendo di cooperazione
297 Ringraziamenti
301 Bibliografia
321 Indice analitico
Prefazione
La lotta
Dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte, direttamente deriva il
più alto risultato che si possa concepire, cioè la produzione degli animali superiori. Charles Darwin, 19671
La biologia ha un lato oscuro. Charles Darwin si riferì a questo aspetto cupo della natura nei termini della lotta per l’esistenza. Egli si rese
conto che la competizione è al cuore stesso dell’evoluzione. «La lotta per l’esistenza è più aspra fra individui e varietà di una stessa specie»2, e a vincerla sono gli individui più adatti (o meglio adattati),
mentre tutti gli altri periscono. Di conseguenza tutti gli animali che
oggi strisciano, nuotano e volano hanno progenitori che un tempo
hanno avuto un grande successo e si sono riprodotti più spesso dei
loro competitori meno fortunati. Quanto agli altri, hanno perso
un’opportunità di dare un contributo utile alla generazione successiva. Sono stati sconfitti, e sono usciti di scena.
La lotta ha avuto inizio almeno 4 miliardi di anni fa, fra le prime
cellule primitive. Erano semplici batteri, poco più che piccole aggregazioni organizzate di sostanze chimiche. Se una di queste mac-
1
2
Darwin, 1967, p. 554. [N.d.T.]
Darwin, 1967, p. 143. Nella prima traduzione italiana, di Giovanni Canestrini, dalla 6ª
ed. (1872), la frase è così tradotta: «La lotta per l’esistenza è più severa fra gli individui e
le varietà di una stessa specie» (Darwin, 1875, p. 74). E a p. 63, nel sommario del capitolo, Canestrini traduceva: «Lotta per l’esistenza più severa fra gli individui e le varietà
di una stessa specie; spesso anche fra le specie del medesimo genere». Recentemente ha
dedicato un saggio brillante a questo aspetto oscuro della biologia il citologo e biochimico Christian de Duve, premio Nobel 1974 per la medicina e la fisiologia e autore di
vari libri autorevoli sull’origine della vita. Il saggio si intitola Genetica del peccato originale,
Raffello Cortina, Milano 2010. Il peccato originale è identificato con la selezione naturale introdotta da Darwin come meccanismo dell’evoluzione. Una metafora in qualche
misura simile, benché alla lontana, è quella dell’orologiaio cieco di Dawkins (1988) che
vede nella selezione naturale un meccanismo inconscio, che costruisce senza progettare,
senza avere in vista alcun fine, appunto come un orologiaio cieco. [N.d.T.]
xii
Supercooperatori
chine chimiche aveva un vantaggio sulle altre, si riproduceva più velocemente. Se aveva un accesso un po’ migliore della media a una fonte
di cibo limitata, prosperava, condannando le sue avversarie a sparire.
Questa lotta continua ancora oggi, in tutta una varietà di habitat.
Attualmente la Terra è soprattutto il pianeta delle cellule: i microrganismi prosperano in quasi tutti gli habitat, dai poli ai deserti, ai geyser,
alle rocce e ai bui abissi degli oceani. Persino nel corpo umano le
cellule batteriche sovrastano in numero le altre. Se vogliamo calcolare il numero totale delle cellule presenti sulla Terra oggi (circa 1030,
ossia un 1 seguito da 30 zeri) tutto quello che si deve fare è stimare il
numero delle cellule batteriche; il resto sono spiccioli.
Possiamo imbatterci in questa lotta anche in quelle collezioni organizzate di cellule che chiamiamo animali. Nelle savane, in Africa,
un leone si acquatta nell’erba alta, con i muscoli tesi e i sensi acutamente concentrati su una vicina mandria. Lentamente e in silenzio
si avvicina furtivo alle antilopi e poi d’improvviso, con un’accelerazione esplosiva, corre verso un animale, salta, lo afferra al collo e con
le lunghe zanne acuminate gli perfora la pelle, i vasi sanguigni e la
trachea. Trascina poi la preda al suolo e la tiene immobile finché
essa non esala l’ultimo respiro. Quando il leone ha terminato il suo
pasto, un gruppo di avvoltoi si posa come un manto sui resti sanguinolenti della vittima.
Nell’Origine dell’uomo Darwin notò che l’uomo moderno era nato
dalla stessa lotta nello stesso continente: «È probabile che l’Africa fosse
inizialmente abitata da scimmie estinte, strettamente affini al gorilla
e allo scimpanzé. Poiché queste due specie sono oggi le più vicine
all’uomo, è molto più probabile che i nostri primi progenitori abitassero sul continente africano che non altrove»3. Negli ultimi 60 000
anni i nostri avi si diffusero fino a colonizzare gran parte del pianeta,
soppiantando specie arcaiche come l’Homo erectus e i neandertaliani
dal grande cervello (anche se i lettori europei, asiatici o della Nuova
Guinea potrebbero avere ancora oggi nelle loro vene qualche traccia
di sangue neandertaliano). La lotta per l’esistenza continua ancora oggi
a passo spedito, dalla concorrenza fra i supermercati per far calare i
prezzi alla spietata rivalità fra le società quotate in borsa.
Nel “gioco della vita” tutti noi siamo impegnati nella lotta per il
successo, e tutti vogliamo vincere. Per conseguire questo obiettivo
3
Darwin, 1972, p. 181, dalla 2ª edizione. [N.d.T.]
Prefazione
xiii
c’è un modo onesto: corri più veloce degli altri; salta più in alto;
vedi più lontano; pensa di più; fa’ meglio quello che fai. Come
sempre però c’è anche un lato oscuro, la logica calcolatrice dell’interesse egoistico, la quale dice che non si dovrebbe mai aiutare un
concorrente. In effetti, perché non dovremmo impegnarci al massimo e rendere più dura la vita ai nostri rivali? Perché non barare e
non ingannare anche loro, come ci sono altri che cercano di ingannare noi? C’è il panettiere che cerca di truffarti rifilandoti un panino
di ieri invece di quello appena sfornato. C’è il cameriere che ti chiede
una mancia quando il ristorante ti ha già messo in conto il servizio.
C’è il farmacista che ti raccomanda una marca famosa mentre puoi
avere un farmaco con lo stesso principio attivo comprando un generico che costa molto meno. Tutto sommato i tipi onesti possono essere abbindolati facilmente.
Gli esseri umani sono scimmie egoiste. Noi siamo quelli che non
riconoscono i bisogni degli altri: siamo egocentrici, mercenari e narcisisti. Pensiamo prima di tutto a noi stessi, e siamo motivati solo
dall’interesse personale, che abbraccia fino all’ultimo ossicino del
nostro corpo. Si dice che persino i nostri geni siano egoisti. Eppure
la storia della biologia non si riduce alla sola competizione: in questa
visione manca qualcosa di più profondo.
Animali di ogni sorta e di qualsiasi livello di complessità fanno ricorso alla cooperazione per vivere. Alcuni fra i batteri più antichi formavano filamenti nei quali alcune cellule morivano per nutrire quelle
vicine col loro azoto. Alcuni batteri conducono battute di caccia collettive, un po’ come un branco di leoni coopera per chiudere ogni via
di fuga a un’antilope; le formiche formano società di milioni di individui capaci di risolvere problemi complessi, dall’agricoltura all’architettura alla navigazione; le api raccolgono instancabilmente polline per il loro alveare; le talpe permettono generosamente ai loro simili di cibarsi dei loro escrementi, fornendo loro una deliziosa
seconda opportunità di digerire radici fibrose; e i suricati rischiano la
vita per vigilare su un nido comune.
Nella società umana abbonda la cooperazione. Anche le cose più
semplici che facciamo implicano più cooperazione di quanto si possa immaginare. Consideriamo per esempio di fermarci una mattina a
un bar per fare colazione con un cappuccino e un croissant. Per
permetterci di godere di questo semplice piacere mattutino possono
avere collaborato molte persone appartenenti ad almeno mezza dozzina di paesi.
xiv
Supercooperatori
Il caffè è stato coltivato da contadini colombiani, mentre dai verdi
campi di canne da zucchero ondeggianti del Brasile proviene lo
zucchero che usiamo per dolcificare la nostra bevanda. Il latte cremoso è stato munto da mucche di una fattoria locale ed è stato riscaldato grazie all’elettricità generata da una centrale nucleare che si trova in uno stato confinante. Il barista, che è un tipetto pretenzioso,
ha preparato il caffè con acqua minerale delle isole Figi. Quanto al
croissant di pasta sfoglia, la farina arriva dal Canada, il burro dalla
Francia e le uova da una cooperativa locale. L’impasto è stato riscaldato e poi cotto in un forno fabbricato in Cina a fargli assumere quel
bel colore biondo scuro. Molte altre persone hanno lavorato in linee
di approvvigionamento attraverso il pianeta per far trovare insieme
tutti questi ingredienti.
La preparazione di quel cappuccino e di quel croissant caldo è fondata anche su un gran numero di idee, che sono state ampiamente
diffuse dal notevole mezzo di comunicazione del linguaggio. Ne risulta una rete di cooperazione strettamente interconnessa attraverso
le generazioni, poiché le grandi idee sono generate, trasmesse, usate e abbellite a cominciare dalla prima persona che bevve un infuso
preparato con semi tostati, per continuare con l’invenzione della lampadina che illumina il bar, per arrivare fino al brevetto concesso alla
prima macchina per la preparazione del caffè espresso.
Il risultato, quella semplice prima colazione quotidiana, è una
straordinaria impresa cooperativa che si espande nel tempo come nello spazio. Quel piccolo pasto si fonda su concetti, idee e invenzioni
che sono stati trasmessi a un gran numero di persone nel corso di
centinaia, e persino migliaia di anni. Il mondo moderno è una straordinaria impresa collettiva. La conoscenza dei modi per selezionare
le varietà giuste di caffè, per produrre la farina, per costruire forni e per produrre la schiuma di latte è disseminata in centinaia di teste. Oggi la misura in cui collaboriamo è più importante del peso
del nostro cervello.
Questo è il lato luminoso della biologia. Il livello e la misura in
cui collaboriamo fanno di noi dei supremi cooperatori, i massimi
nell’universo noto. Sotto questo aspetto, i nostri parenti biologici
più stretti rimangono molto lontani da noi. Prendiamo quattrocento
scimpanzé e sistemiamoli in classe economica su un volo di otto o
nove ore. Con ogni probabilità al loro arrivo si precipiteranno fuori
dall’aereo con le orecchie lacerate da morsi, con grandi ciuffi di pelliccia mancanti e con gli arti sanguinanti. Milioni di noi tollerano in-
Prefazione
xv
vece di essere accalcati in spazi altrettanto ristretti per poter viaggiare in lungo e in largo sul nostro pianeta.
La nostra stupefacente capacità di cooperare è uno dei mezzi principali grazie ai quali siamo riusciti a sopravvivere in ogni sorta di ecosistemi sulla Terra, dagli aridi deserti bruciati dal sole alle gelide distese inospitali dell’Antartide, alle buie profondità oceaniche, alle cui
pressioni solo pochi organismi sono in grado di resistere. La nostra notevole capacità di unire le forze con i nostri simili ci ha permesso di
compiere i primi passi in una grande impresa destinata a portarci al
di fuori dell’atmosfera per viaggiare verso la Luna e le stelle vicine.
Con la parola cooperazione intendo qualcosa di più di una semplice collaborazione in vista del raggiungimento di un fine comune.
Qualcosa di più specifico, ossia la decisione di potenziali competitori
di adottare una strategia nuova aiutandosi reciprocamente. Questa
cosa non sembra avere molto senso se osservata da un punto di vista
darwiniano tradizionale. Aiutando un altro, un competitore arreca
danno alla propria fitness – al proprio ritmo di riproduzione – o semplicemente smussa la sua competitività. Eppure è facile trovare esempi: un’amica ti accompagna in macchina dal dentista, anche se questo
atto di generosità la farà arrivare tardi al lavoro; tu decidi di donare
50 dollari a un ente benefico anziché spenderli per te stesso. Le cellule del tuo corpo, volenti o nolenti, anziché riprodursi per espandere egoisticamente il loro numero, rispettano le superiori necessità
del corpo e si moltiplicano in modo ordinato per creare i nervi, il fegato, il cuore e altri organi vitali.
Molte situazioni quotidiane possono essere interpretate come conseguenze di una scelta sul problema se cooperare o no. Poniamo che
tu abbia deciso di aprire un conto di risparmio in una banca britannica (come abbiamo scoperto in Mary Poppins, che uscì molto tempo prima della stretta creditizia: «Una banca britannica è gestita con
precisione»). Immagina di trovarti allo sportello con davanti un impiegato sorridente che ti spiega pazientemente le varie possibilità. Le
banche preferiscono cercare di confondere i loro clienti con molti tipi
di conto diversi fra loro per spese, tassi di interesse, accesso e condizioni. Se chiedi quale conto offra il migliore tasso di interesse, l’impiegato può interpretare questa domanda apparentemente semplice in
due modi. Dal suo punto di vista il tasso di interesse migliore è quello minimo, che procura alla banca il massimo profitto. Dal punto di
vista del cliente, il migliore tasso di interesse è quello che frutta più denaro a lui. Se l’impiegato propone il tasso di interesse minimo, questo
xvi
Supercooperatori
è un esempio di defezione; se invece raccomanda un conto che offre
il massimo rendimento al cliente, e non alla banca, il suo consiglio è
un esempio di cooperazione.
L’idea che la cooperazione possa essere espressa in questo modo
pare sorprendente. Perché mai qualcuno dovrebbe trovare un vantaggio, per quanto indiretto, nell’indebolire la propria fitness per migliorare quella di un competitore? La cooperazione va contro il principio dell’interesse egoistico: è irrazionale. Nell’ottica della formulazione darwiniana della lotta per l’esistenza, non ha senso aiutare un
potenziale rivale; eppure ci sono prove che questa situazione abbia
luogo persino fra gli organismi inferiori. Quando un batterio si dà la
pena di produrre un enzima per digerire il suo cibo, aiuta al contempo a nutrirsi anche le cellule vicine a lui, sue rivali nella lotta per
sopravvivere.
Questa sembra una fatale anomalia nel grande piano della vita. La
selezione naturale dovrebbe condurre gli animali a comportarsi in
modi che accrescano le loro probabilità di sopravvivenza e di riproduzione, e che non migliorino le fortune di altri. Nella continua lotta
evolutiva per assicurarsi cibo, territori e partner sessuali, perché un
individuo dovrebbe preoccuparsi di rinunciare ai suoi sperimentati
comportamenti abituali per aiutarne un altro?
Al di là della cooperazione
Noi dipendiamo tutti uno dall’altro, ognuno di noi sulla Terra.
George Bernard Shaw, Pigmalione, atto iv
Scienziati delle più svariate discipline hanno tentato da più di un secolo di spiegare come cooperazione, altruismo e abnegazione abbiano
potuto sorgere in un pianeta come il nostro, dominato dall’egoismo
e dall’aggressività. Lo stesso Darwin fu turbato dal comportamento
altruistico, che non si conciliava con la selezione naturale. Nelle sue
grandi opere il problema della cooperazione rimase marginale, un dettaglio che doveva essere eliminato. Questo atteggiamento prevale in
molti biologi ancora oggi.
In forte contrasto con tale posizione, io credo che la nostra capacità di cooperare vada di concerto col successo nella lotta per sopravvivere, come congetturò più di un secolo fa Pëtr Alekseevič Kropotkin (1842-1921), principe russo e comunista anarchico, convinto
Prefazione
xvii
che una società libera dai ceppi di un governo avrebbe prosperato
sulla base della cooperazione di tutti. In Mutual Aid (1902) Kropotkin
scrisse: «A fianco alla legge della Lotta reciproca, vi è nella natura la
legge dell’Aiuto reciproco, che è molto più importante per il successo
della lotta per la vita, e soprattutto per l’evoluzione progressiva della
specie. Questa ipotesi […] in realtà non era [nient’altro] che lo sviluppo delle idee espresse dallo stesso Darwin nella Origine dell’Uomo»4.
Per più di due decenni ho cooperato con molti grandi scienziati
nel tentativo di risolvere il mistero di come la selezione naturale
possa condurre al reciproco aiuto, così che la competizione possa
trasformarsi in cooperazione. Ho introdotto alcune idee nuove in
questo campo già ben esplorato e ho affinato questo miscuglio con
la mia competenza specialistica, che si fonda su una combinazione di
matematica e biologia. I miei studi mostrano che la cooperazione è
del tutto compatibile con la dura aritmetica della sopravvivenza in
un ambiente insensibile e competitivo. Fondandomi su intuizioni
matematiche, ho creato al computer comunità idealizzate e ho defi-
4
Kropotkin, 1950, p. 23. Nella prefazione alla seconda edizione della Descent of Man
(1874), Darwin espose alcune considerazioni in risposta ai suoi critici che può valere la
pena di tener presenti ancora oggi, sulle virtù e i limiti della selezione naturale e sulla
provvisorietà dell’Origine dell’uomo. «I miei critici suppongono spesso che io attribuisca
tutti i mutamenti della struttura corporea e mentale esclusivamente alla selezione naturale di quelle variazioni che vengono spesso chiamate spontanee; mentre, anche nella
prima edizione dell’Origine delle specie, affermai distintamente che si debba attribuire
molta importanza agli effetti ereditati dell’uso e disuso, in relazione sia al corpo sia alla
mente. Attribuii anche una certa quantità di modificazioni all’azione diretta e prolungata di mutate condizioni di vita. Si deve tenere conto anche di occasionali mutamenti
reversivi della struttura; né dobbiamo dimenticare quella che ho chiamato crescita correlata, con la quale intendo il fatto che varie parti dell’organizzazione sono, in qualche
modo sconosciuto, connesse in modo tale che, al variare dell’una, cambiano anche altre;
e se variazioni in una parte vengono accumulate dalla selezione, verranno modificate
altre parti. Di nuovo, vari critici hanno detto che, quando ho trovato che vari particolari
strutturali nell’uomo non potrebbero essere spiegati dalla selezione naturale, mi sarei
inventato la selezione sessuale; avevo però già abbozzato in modo sufficientemente chiaro
questo principio nella prima edizione dell’Origine delle specie, dove avevo affermato che
era applicabile all’uomo. Questo argomento della selezione sessuale è stato trattato diffusamente in queste pagine semplicemente perché qui me ne è stata offerta per la prima
volta un’opportunità. Sono stato colpito dalla somiglianza di molte delle critiche semifavorevoli alla selezione sessuale con quelle apparse all’inizio sulla selezione naturale,
come per esempio quella secondo la quale essa spiegherebbe alcuni particolari ma certamente non sarebbe stata applicabile nella misura in cui io l’avevo usata. La mia convinzione del potere della selezione sessuale rimane intatta; è però probabile, o quasi certo,
che varie mie conclusioni possano in futuro risultare erronee; e questa è una cosa pressoché inevitabile nella prima trattazione di un argomento». [N.d.T.]
xviii
Supercooperatori
nito le condizioni nelle quali la cooperazione può attecchire e fiorire. La mia fiducia in ciò che ho riscontrato è sostenuta da ricerche su
una grande varietà di specie, dagli insetti agli esseri umani. Alla luce
di tutte queste ricerche ho definito chiaramente cinque meccanismi
base di cooperazione. Il modo in cui noi esseri umani collaboriamo è
descritto dalla matematica in modo altrettanto chiaro di quello in
cui è descritto il movimento della mela che un giorno cadde nel
giardino di Newton.
Questi meccanismi ci forniscono molte informazioni sul modo in
cui funziona il mondo. Rivelano per esempio che il nostro grosso cervello si è evoluto per poter far fronte ai pettegolezzi e non viceversa;
che il nostro intestino possiede ghiandole simili a coni per difenderci
da quel venir meno potenzialmente mortale della cooperazione cellulare che conosciamo come cancro; che noi siamo più generosi se abbiamo la percezione di essere osservati (anche se in realtà non è così); che
quanto minore è il numero dei nostri amici, tanto più fortemente la
nostra sorte è legata alla loro; che dopotutto i geni possono non essere
egoisti; che se sei un cooperatore, ti troverai circondato da altri cooperatori, così che quel che raccogli è l’equivalente di quello che semini; che qualunque cosa tu faccia gli imperi continueranno a declinare
e a cadere; e che, per avere successo nella vita, dovrai collaborare –
coltivando per esempio i rapporti affettivi – con la stessa assiduità con
la quale ti sforzi di vincere la lotta per l’esistenza. In questo modo la
ricerca per capire la cooperazione ci ha permesso di cogliere l’essenza
di tutti i processi evolutivi, la vita, la respirazione, l’efficienza fisica.
Alla base dell’innovazione non c’è la lotta, bensì la cooperazione.
Per spronare la creatività e incoraggiare le persone a concepire idee
originali dobbiamo usare la lusinga della carota, non la paura del bastone. La cooperazione è l’architetto della creatività attraverso l’evoluzione, da cellule a esseri pluricellulari, a formicai, villaggi e città. Senza la cooperazione non sono possibili, nell’evoluzione, né costruzione né complessità.
Io posso derivare intuizioni quotidiane, come anche molte idee
inattese, da modelli matematici ed evoluzionistici di cooperazione.
Benché sia nota a molti l’idea che grazie a equazioni possono essere
tracciate le traiettorie di lance, palle di cannone e pianeti, ritengo
straordinario che si possa usare la matematica anche per rappresentare la traiettoria dell’evoluzione. E, ovviamente, una cosa è sapere come
promuovere la cooperazione e una cosa del tutto diversa è spiegare
perché un’azione ci aiuti ad andare d’accordo con i nostri simili, e in
Prefazione
xix
quale misura. L’esplorazione matematica di questi meccanismi ci permette di farlo con una comprensione profonda e anche con precisione. Questa è una prova, qualora ne avessimo avuto bisogno, del
fatto che la matematica sia universale.
Nei capitoli seguenti spiegherò l’origine di ogni meccanismo di
cooperazione e intreccerò questo ragionamento col mio percorso intellettuale: un viaggio cominciato a Vienna e proseguito a Oxford,
Princeton e ora ad Harvard. Nel corso di questo viaggio ho avuto l’onore di cooperare con molti brillanti scienziati e matematici. Due di
loro mi hanno ispirato in modo particolare per ragioni che diventeranno chiare: Karl Sigmund e Robert May. Ho dovuto anche ricorrere all’aiuto di programmi per computer, di studenti disponibili a
partecipare a giochi, e di vari finanziatori, da fondazioni a filantropi.
È molto bello ed entusiasmante pensare che per capire la cooperazione si richieda un alto grado di cooperazione. E per sottolineare ulteriormente questa idea forte, questo libro è anche un prodotto della
cooperazione fra Roger Highfield e me.
Le implicazioni di questa nuova comprensione della cooperazione sono profonde. In precedenza c’erano solo due principi fondamentali dell’evoluzione: la mutazione e la selezione naturale, dove la
prima genera la diversità genetica e la seconda sceglie gli individui
meglio adattati a un determinato ambiente. Per poter capire gli
aspetti creativi dell’evoluzione dobbiamo ora accettare la cooperazione come terzo principio. Per la selezione c’è bisogno della mutazione e, allo stesso modo, per la cooperazione c’è bisogno sia della selezione sia della mutazione. Dalla cooperazione può emergere il lato
costruttivo dell’evoluzione, dai geni agli organismi, al linguaggio e
ai comportamenti sociali complessi. La cooperazione è il mastro architetto dell’evoluzione.
Le mie ricerche hanno mostrato anche che la cooperazione non
è stabile ma che sempre cresce e scema, come le pulsazioni del grande cuore della natura. Ecco perché, anche se noi siamo straordinari
cooperatori, la società umana è – e sarà sempre – spaccata da conflitti. Oggi la cooperazione umana globale è a una soglia di grande instabilità. La grande portata della crescita della ricchezza e dell’industria della popolazione del nostro pianeta, in costante aumento – e
che è di per sé un trionfo della cooperazione –, sta estenuando le capacità della Terra di sostentarci tutti. Su ciascuno di noi è esercitata
una crescente pressione per indurci a competere per le risorse in
continua diminuzione del pianeta.
xx
Supercooperatori
Molti problemi che ci sfidano oggi possono essere ricondotti a una
profonda tensione fra quel che è buono e desiderabile per la società
nel suo insieme e quel che è desiderabile per l’individuo. Questo conflitto può essere riconosciuto in problemi globali come il cambiamento climatico, l’inquinamento, l’esaurimento delle risorse, la povertà, la fame e la sovrappopolazione. I massimi problemi del nostro
pianeta – salvare la Terra e massimizzare la durata di vita collettiva
della specie Homo sapiens – non possono essere risolti dalla sola tecnologia. Essi richiedono nuovi modi che ci permettano di lavorare in
armonia. Se dobbiamo continuare a prosperare, abbiamo una sola
scelta. Se dobbiamo vincere la lotta per l’esistenza ed evitare una
caduta disastrosa, non abbiamo altra scelta oltre a quella di imbrigliare questa straordinaria forza creativa. Ora dobbiamo affinare ed estendere la nostra capacità di cooperare. Dobbiamo familiarizzarci con la
scienza della cooperazione. Ora più che mai il mondo ha bisogno di
supercooperatori.