On the Potential Use of Cup-Marks Fulvio Gosso Abstract The author, starting from what is currently known about cup-marks and their distribution in the north-western Italian alpine area, formulated a hypothesis on their material and ritual functions in the Neolithic period. It is conceivable that cup-marks were originally carved in connection with the ritual use of Amanita muscaria, and that they may later have assumed other functions as well. ---------------Può sembrare strano che uno psicologo qual è l'Autore dell'articolo, sia pure di formazione psicoantropologica, si occupi di un argomento, la possibile funzione delle coppelle, che a rigore appartiene al campo dell' etnoarcheologia, tuttavia a partire dal 1988 con la pubblicazione sulla rivista americana Current Anthropology, di due archeologi sudafricani, (David Lewis-Williams e Thomas Dowson) sui fenomeni endoptici nella Rock Art, la collaborazione interdisciplinare è andata crescendo e recentemente anche in Italia, un nutrito gruppo di psicoanalisti ha fornito letture interpretative sull'arte rupestre (XXII Valcamonica Symposium 2007). In realtà se non fosse per le rare situazioni in cui le coppelle (cupules in francese, cup-marks in inglese, schalenstein in tedesco, skålgropar in svedese, kuppikivi in finlandese, ecc.) manifestano, da sole o più spesso in aggiunta ad altri motivi, un qualche carattere artistico, si sarebbe tentati di escludere dal novero dell’arte rupestre, sia pure non figurativa, queste incisioni su roccia. La cosiddetta “coppella” è una cavità semisferica scolpita su rocce, (a volte anche dette in francese pierres à écuelles, a scodelle) solitamente medio-grandi che può variare da pochi centimetri di diametro fino a venti o trenta in alcuni casi, con una profondità massima che varia anch’essa da pochi millimetri a due, tre centimetri circa. Compaiono sovente in gruppo e sono presenti in varie parti del mondo ed in particolare un po’ su tutto l’arco alpino centro-occidentale. Tra i primi ad occuparsene in Italia vi fu il medico comasco Antonio Magni (1901) il quale riporta nella sua Bibliografia ben 200 documenti e articoli che partono dall’inizio dell’ ottocento ed è proprio da questo periodo che iniziano le ricerche sulle coppelle. Scrive l’Autore: “La maggior parte degli studiosi delle pietre cupelliformi convengono nel concetto che fossero l’espressione di un culto religioso, cioè di una idea soprannaturale che poteva esplicarsi in svariate manifestazioni di rito, delle quali nessuna è pervenuta a noi, non solo con certezza, ma neanche con molta probabilità. Solo questo appare, che in quei paesi dove non le hanno dimenticate del tutto, sono circondate da singolari leggende ed anche oggetto di superstizioni e di una certa venerazione. In Italia le hanno scordate.” (Magni, 1901:91) La gran parte della letteratura in materia è dedicata alla scoperta, alle rilevazioni, all’analisi tecnica dei Siti, sono decisamente rari, per non dire inesistenti, gli scritti dedicati in prevalenza all’interpretazione. Tuttavia in due secoli di ricerche, il numero delle ipotesi, suppongo anche di fantasia, è salito considerevolmente (circa 120 secondo Seglie del CeSMAP, comunicazione personale) e vi è chi come il Borgna (1980) ha giustamente preferito raccogliere in categorie tali ipotesi che possono avere significato solare, stellare, religioso, funebre, grafico, mappale, fluviale e fecondativo. Sempre secondo questo ricercatore la grande crescita di coppelle iniziata secondo alcuni nel Musteriano, vede la sua origine più probabile a partire dalla fine del Neolitico, circa 45000 anni fa, continuando in momenti diversi fino ad un migliaio di anni fa. I siti coppelliformi inoltre si collocano in genere ad un’altitudine variabile tra i 4-500 mt. s.l.m. e i 1800-2000 mt. di dislivello. Il patrimonio di rocce coppellate nel Piemonte nord-occidentale è stato documentato da diversi Autori tra i quali si ricordano: Arcà (1990), Biganzoli (1998), Gibelli (2001), Vaudagna (2002). 1 Recentemente le possibili ipotesi circolanti sulle coppelle sono state riprese da Bednarik (2008b), sulla base della letteratura internazionale in materia e sono state raggruppate in undici possibili varianti: rituali magico-cultuali specifici e aspecifici, utilizzo per la preparazione di sostanze (spezie, pigmenti, medicinali), dispositivi di registrazione mnemonica, elementi di sistemi di credenze, raffigurazione di corpi celesti, raffigurazione di elementi topografici, utilizzo per giochi su "tavola", simbolismi non più recuperabili, recepimento di offerte, simbolismo specifico e altri propositi vari di utilizzazione pratica. A mio parere la cavità coppelliforme può essere facilmente considerata come l'impronta in "negativo" a stampo, per dimensioni e caratteristiche, tal quale verrebbe lasciata su una superficie più morbida, dal cappello di un fungo, nello specifico Amanita muscaria psicoattiva. La presenza spesso anche attuale nelle zone interessate, di Amanita muscaria è un fatto reale e facilmente verificabile, la funzione psicotropa dell’Amanita è legata alla sua essicazione che ne trasforma i principi attivi, la conservazione del fungo è legata alla disidratazione per essicamento, l’Amanita è un fungo lamellare, il processo di essicazione richiede poche ore in buone condizioni di sole e spesso le rocce sono orientate in modo da avere massima esposizione solare. E’ dunque lecito considerare le rocce coppellate alla stregua di essicatoi rituali legati a culti della fertilità (doppia funzione materiale e rituale), tramite penetrazione simbolica nella roccia (la madre Terra) del fungo fallico che ivi sta eretto, capovolto, fino all’essicazione e non è da escludere un consumo anche “afrodisiaco” della sostanza stessa. A tale proposito va precisato che con ciò non si intende una sorta di "effetto Viagra" che, a mio parere, nessuna sostanza in natura, è in grado di procurare, bensì un potenziamento del desiderio e dell'eccitazione sessuale. In tal senso l'Amanita muscaria, a dosaggi moderati, sembra svolgere un ruolo aspecifico e secondario non dissimile da quello di molte altre sostanze psicoattive non solo allucinogene, anche l'alcol può agire in questo modo, salvo poi deludere del tutto, all'atto pratico, poichè deprime le capacità prestazionali. Sebbene non vi siano a tutt'oggi ricerche mediche e psicologiche su queste proprietà dell' Amanita, vi sono alcuni riscontri di altro genere: un suo utilizzo in tal senso lo si ritrova nell'antico folklore tedesco (Rätsch, Müller-Ebeling, 2003), il micologo Bernard Lowy (1971) ritiene che alcune delle pietre-fungo scolpite nel Guatemala, associate a figure femminili gravide raffigurate sul gambo, siano legate ad un culto della fertilità, Fabing (1956) accenna ad un possibile uso "orgiastico" in Kamtchatka. Tra i primi a descrivere l'uso dell'Amanita presso le popolazioni della Kamtchatka vi fu l'esploratore e geografo russo Stepan Petrovitch Kracheninnikov che tra il 1737 e il 1741 si avventurò in quelle terre, scrisse che il fungo veniva mangiato essicato o in una bevanda fermentata a base di Kiprei (Epilobium angustifolium) e che: " Un piccolo buco sembra loro una grande porta, un cucchiaio d'acqua, un mare: tuttavia cadono nel delirio solo quelli che fanno un uso smoderato di questi funghi; perchè quelli che li usano con moderazione diventano solo più leggeri, più vivi, più gai, più arditi e più intrepidi." (Kracheninnikov, 1770:149) Nella letteratura di fantasia si trova un curioso racconto di George Wells (1966), "Il pileo purpureo", in cui si esaltano le virtù afrodisiache della muscaria. Più in generale sul rapporto tra funghi e sessualità possiamo dire che la loro forma si presta ad allusioni e simbolismi relativi agli organi genitali. Persino nella scienza micologica troviamo associazioni e terminologie sessuali, come nel caso del fungo noto come Phallus impudicus o per l' Amanita phalloides o per quello noto come Amanita vaginata. Nella letteratura sui possibili significati delle coppelle vi sono riferimenti, storicamente ricorrenti, circa il loro simbolismo sessuale, in ultimo Schwegler, archeologo svizzero, secondo il quale: "Le coppelle possono essere simboli sessuali (come una rappresentazione astratta del grembo materno o vulva)" (op.cit.1992:27). Naturalmente anche questa interpretazione di essicatoi rituali si presta a delle critiche, ci si potrebbe domandare il perché fosse necessario incidere faticosamente coppelle nella roccia quando sarebbe stato sufficiente appoggiare i funghi sulla nuda pietra per avere lo stesso risultato di essiccazione. Rispondo che a tale riguardo rientra in gioco la funzione magico-cultuale cui si accennava sopra e che l'una sostiene l'altra e viceversa, creando una liturgia sciamanica che ha probabilmente 2 “sacralizzato” i Siti a ciò adibiti che, è sicuro, non avevano funzioni abitative, funerarie o di altro genere e creando un chiaro marcatore territoriale. Altre critiche possibili riguardano l’estensione temporale e “universale” delle coppelle, presenti un po’ ovunque nel mondo: "In Italy, in spite of the numerous obvious difficulties in dating the cup-marks, it is possible to detect a temporal distinction between the more ancient, ‘‘original’’cup-marks to which I refer in the paper (those that are without any additional elements and that are of limited size) and other types of cup-marks that are usually larger (sometimes as big as basins), often interconnected by narrow channels, and carved with iron tools. A distinction between the two typologies must be based on manufacturing techniques. The former, which can be traced back to the end of the Neolithic, were made by striking the rock surface with tools made of harder stone and later smoothing it (Gambari 1997). On the whole, the result is that the cup-marks appear similar to a bowl. It is interesting to note that three quarries of hard stone (eclogitic rocks, including various types of jadeite) dating to the centuries around 5000 BC were discovered in 2003 on the Italian side of Mount Viso (3,841 meters, the highest peak in this section of the Western Alps) in Piedmont not far from the sites of cupmarked stones (Pétrequin et al. 2006). The cup-marks of Iron Age typology are characterized by their flat bottom and vertical or sub-vertical sides, making them look more like a round box. Obviously, the characteristics of the two typologies are not always so clearly distinguishable. In general, it has been theorized that cup-marks have a ‘‘territorial’’ function (Sansoni 2003) connected to the cult practices of ‘‘narrow’’ communities. This allows us to analyze specific situations without necessarily having to resort to the ‘‘universal’’ functions of cup-marks, which are found all over the world, though their presence is less frequent on other continents than in Europe (Bednarik 2008a)." [Gosso,2010:208-209] Mi sembra evidente inoltre che la funzione ipotizzata si presenta come fatto costitutivo centrale e originale del fenomeno, dal quale possono poi derivare molteplici variabili, eccezioni, particolarità, imitazioni, che potrebbero snaturare l'idea del progetto originale. E così abbiamo anche coppelle su pareti verticali (da non confondere con pareti più o meno inclinate) per la verità del tutto minoritarie, non ho stime precise per l’arco alpino ma ad esempio in Estonia rappresentano solo il 4% delle superfici coppelliformi (Tvauri, 1999), abbiamo rocce con singole coppelle o con due o tre coppelle, coppelle abbinate o non rotondiformi, microcoppelle o maxicoppelle, più simili a bacili, petroglifi in cui la coppella è inserita in un altro contesto schematico come accade soprattutto in Svizzera e in Gran Bretagna, ecc., ecc. Si può dunque pensare che queste eccezioni o tipologie diversificate, abbiano avuto altri significati e non siano tali da invalidare l’ipotesi principale. In altri termini la coppella non può essere considerata come un simbolo rituale alla stregua della croce cristiana che in qualunque luogo si trovi e in qualunque tempo storico, è un chiaro ed univoco riferimento. Il versante alpino nord-occidentale del Piemonte e quello francese del Rhône-Alpes, comprendono il più alto numero di siti coppelliformi in Europa, altre grandi concentrazioni sono presenti in Estonia settentrionale e nella Finlandia meridionale, tralascio i luoghi con presenze più sporadiche e rarefatte presenti in Europa e in contesti extraeuropei (Bednarik, 2008a). Una delle più grandi concentrazioni di coppelle piemontesi è situata sul Monte Roccerè, tra le valli Maira e Varaita, in una località detta Roccias Fenestre, questo Sito si trova a circa 80 km. in linea d'aria, dall'imponente complesso di petroglifi della Valle delle Meraviglie, in Francia. Sopra una delle rocce più importanti del complesso, la "Roccia del Capo Tribù", oggi ospitata nel Museo di Tenda, è chiaramente raffigurata, anche nei dettagli una singola Amanita muscaria. Esiste un qualche collegamento tra il fenomeno coppelle e la pressochè sicura raffigurazione della muscaria di Monte Bego? Certamente esiste una contiguità territoriale e temporale, con la Roccia del Capo Tribù (1800 a. C.), in mancanza di altre correlazioni lascio aperta la questione, una delle tante che si aprono, ad esempio questo “modello” che ho proposto per le Alpi nord-occidentali è esportabile negli altri contesti che ho citato? Di certo non manca e non mancava la muscaria in nord-europa. E ancora gli effetti allucinogeni e onirogeni della muscaria hanno lasciato tracce nell’arte rupestre figurativa o in altre forme artistiche preistoriche e protostoriche? Quando, come e perchè un rituale così importante, si pensi anche solo alla fatica di incidere coppelle in gran numero con strumenti in pietra litica e alla rifinitura per abrasione, si è estinto? Domande cui non sarà facile rispondere ma che riaprono un tema finora sottostimato nella preistoria del neolitico e del bronzo europeo. 3 BIBLIOGRAFIA Arcà, A., 1990 ed. La pietra e il segno, Tipolito Melli, Borgone di Susa (TO) Bednarik, G. R., 2008a Cupules, Rock Art Research, 25(1):61-100 Bednarik, G. R., 2008b Reply: On cupule interpretation, Rock Art Research, 25(2):214-221 Biganzoli, A.,1998 Il territorio segnato. Incisioni rupestri nel Verbano, I Quaderni-n.15, Museo del Paesaggio, Verbania Borgna, C. G., 1980 L'arte rupestre preistorica nell'Europa occidentale, STILGRAF, Pinerolo (TO) Fabing, D. H., 1956 On going Berserk: a Neurochemical Inquiry, American Journal of Psychiatry, 113:409-415 Gambari, M. F.,1997 Rocce a coppelle e possibili aree di culto negli abitati piemontesi dell'età del Ferro, Actes du VII Colloque sur les Alpes dans l'Antiquité, Chatillon, 11-13/3/1994, Bulletin d'Etudes Prehistoriques et Archeologiques Alpines, V-VI:189-196 Gibelli, L., 2001 Incisioni rupestri alpine, Fratelli Pistono, Verolengo (TO) Kracheninnikov, P. S., 1770 Histoire et description du Kamtchatka, Rey, Amsterdam Lewis-Williams, J. D. and T., Dowson,1988 The Signs of All Times: Entoptic Phenomena in Upper Paleolithic Art, Current Anthropology, 29(2):201–245 Lowy, B., 1971 New Records of Mushroom Stones from Guatemala, Mycologia, 63(5):983-993 Magni, A.,1901 Pietre cupelliformi nuovamente scoperte nei dintorni di Como, Rivista Archeologica della Provincia di Como, 41:19-134 Pétrequin, P. with Errera, M. and Pétrequin, Anne-M. and Allard, P. 2006 The Neolithic Quarries of Mont Viso, Piedmont, Italy: Initial Radiocarbon Dates, European Journal of Archaeology, 9:7-30 Rätsch, C. and C. Müller-Ebeling, 2003 Lexikon der Liebesmittel. Pflanzliche, mineralische, tierische und synthetische Aphrodisiaka, AT-Verlag, Aarau Sansoni, U., 2003 Raffronto fra l’arte rupestre schematica e la figurativa, in Coppelle e dintorni nell’arco alpino meridionale, Cavallasca (CO) 28-29/9/2002, Dipartimento Valcamonica e Lombardia, Centro Camuno di Studi Preistorici, Atti di Verbania, http://www.artepreistorica.it/ebook/attiverbania/presentazione.asp Schwegler, U.,1992 Schalen-und Zeichensteine der Schweiz, Schweizerische Gesellschaft fur Urund Frühgeschichte, Basel Tvauri, A., 1999 Cup-Marked Stones in Estonia, Folklore, http://www.folklore.ee/folklore/vol11/stones.htm Vaudagna, A., 2002 Bessa, Leone & Griffa, Pollone (Biella) 4 Wells, H. G., 1966 Il pileo purpureo, in Tutti i racconti e i romanzi brevi, Pp. 216-225, Mursia, Milano ------------------------ Arcà ed. 1990, Crò da Lairi, Fenestrelle (Val Chisone - Torino) Masso con coppelle e canaletti dell'Età del Ferro Arcà ed. 1990, Pera Crevolà, Mattie (Val Susa - Torino) 5 Arcà ed.1990, Roca 'dle Faie, S. Antonino (Val Susa - Torino) Vaudagna 2002, Masso n. 14, Bessa (Zubiena – Biella) 6 Foto dell' Autore, Roccias Fenestre, Monte Roccerè (Cuneo) Saint Marcel, Monfort (Tarantaise – Vanoise) da: http://tarentaise-vanoise.over-blog.com/article-31299055.html 7 Hartola, Finlandia meridionale da: http://fi.wikipedia.org/wiki/Kuppikivi 8