Sulle tracce dei cacciatori Apuani
Giancarlo Sani
In alta Versilia, alle prime pendici delle maestose cime Apuane, si apre la Valle del
Giardino, un luogo di una bellezza incredibile. Sul fondo valle, acque limpide che
formano grandi pozze, enormi blocchi di calcare dalle forme spettacolari lasciano
intuire la forza della natura durante la formazione di questo profondo solco chiuso ad
ovest dal monte Cavallo di Azzano, ad est dal monte Corchia e nella parte più alta dal
monte Altissimo. I suoi fianchi sono ricoperti da secolari castagni che nascondono
tanti ripari, balse aggettanti e piccole grotticelle. I sentieri sono praticamente
scomparsi, perciò è difficile esplorare la zona fuori da quello che è l’unico sentiero
rimasto. Per chi lo fa, la sorpresa di trovare resti di misteriosi ruderi in luoghi che
dire assurdi è poca cosa e delle muraglie cosi imponenti da non capire non solo da
chi ma soprattutto il perché della loro costruzione. Le pendici e la cresta del monte
Cavallo sono molto interessanti anche dal lato archeologico: si ha notizia che
nell’anno 2000 un’accurata ricerca effettuata dal Gruppo Archeologico Versiliese ha
portato alla scoperta di numerosi frammenti ceramici databili dal III al II secolo a.C.
testimonianza, secondo gli studiosi di un insediamento d’altura. In ultimo la scoperta
di un’anfora nei pressi delle rocce della sommità. Sempre a parere degli archeologi il
ritrovamento è da collegarsi al culto delle vette. La valle è da alcuni anni indagata per
la presenza di arte rupestre schematica (Citton-Pastorelli 2001 / Sani-Falaschi 2005).
Sulle montagne delle Alpi Apuane le coppelle non mancano, anche se sono presenti
in misura minore in rapporto alla densità nell’arco alpino. I siti più interessanti sono
stati scoperti a Campocatino, Capanne di Careggine, Monte Brugiana e nella piccola
valle di Betigna. Ma la concentrazione più alta è proprio nella Valle del Giardino.
Con appassionato e duro (solo tracce di sentiero e rovi in gran quantità ) lavoro i
ricercatori hanno letteralmente portato alla luce venti superfici rocciose con centinaia
d’incisioni a coppella in alcuni sporadici casi associate a cruciformi e a croci,
testimonianza di una probabile successiva fase di cristianizzazione. Dal fianco
sinistro della vallata inizia un antico sentiero che presto si interrompe a causa di frane
naturali e dalla costruzione di una strada e di una galleria. Lo possiamo ritrovare
alcune centinaia di metri più in alto e percorrendolo si arriva al Passo dei Fordazzani.
Poco prima del passo si nota sulla sinistra uno sperone di roccia a forma triangolare
proteso sul vuoto della valle sottostante. La grande roccia è raggiungibile scendendo,
con molta attenzione, una esigua traccia chiusa da fastidiosi pruni. La piatta roccia è
tempestata da oltre venti coppelle, alcune unite da canalette e di pregevole fattura
presumibilmente eseguite con strumenti litici. Al centro si trova una grande coppella
da dove partono due profonde canalette che si innestano in una serie di altre coppelle
più piccole. Salendo più in alto, all’interno di un riparo sotto roccia, è stata scoperta
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una stupenda coppella con una forma che suggerisce un possibile collegamento al
culto della fecondità. Dal passo dei Fordazzani si può raggiungere gli antichi
insediamenti alpestri di Campanice e Puntato da cui si può risalire fino alla vallata di
Mosceta ancora oggi ricca di acqua e selvaggina. Restando in quota si raggiunge un
sperone roccioso dove furono individuate da Gianni Di Clemente alcune incisioni
rupestri che compongono una “scena di caccia” con i suoi simbolismi
iconograficamente simili alle incisioni camune. In pochi centimetri quadrati troviamo
una figura antropomorfa (cacciatore) nell’atto di scagliare una grande lancia, un
immagine di Cervo scolpita profondamente e poco sopra, leggermente a sinistra,
ancora un figura di cervide in corsa mentre sulla destra sono scolpite quattro
coppelline allineate a formare un piccolo quadrato. Tutta questa scena è sormontata
da un cerchio a sei raggi, un simbolo solare che troviamo spesso inciso sulle rocce
dell’ arco Alpino in contesti simili a questo. Un attenta analisi della grande roccia ha
permesso di scoprire anche l’incisione in bassorilievo di un’aquila con le ali spiegate
realizzata con estrema cura, cosa che lascia intuire una datazione più recente rispetto
alla vicina “scena di caccia”. Il ritrovamento di queste incisioni hanno indirizzato i
ricercatori Giancarlo Sani e Romano Falaschi, della commissione Terre Alte del
Comitato Scientifico Centrale Club Alpino Italiano, ha effettuare una vera e propria
campagna esplorativa nell’area sottostante le pendici dell’ imponente Monte Corchia.
La campagna è ancora in corso e i primi risultati ottenuti incoraggiano il
proseguimento delle ricerche e dei relativi studi allo scopo di conoscere e
comprendere sempre più gli aspetti religiosi e culturali delle antiche popolazioni
Apuane. La scoperta di altre rocce istoriate, attualmente in corso di rilievo e studio,
lasciano pensare che, in un passato assai remoto, la zona del passo dei Fordazzani
fosse frequentato da chi si recava nelle lussureggianti vallate e ameni alpeggi
circostanti, per la caccia in epoca Ligure apuana e per la pastorizia in epoche più
vicine a noi.
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Foto 1 : la panoramica roccia che ospita le incisioni rupestri alle pendici del monte Corchia
Foto 2: l’antropomorfo denominato “il cacciatore”realizzato con la stessa tecnica delle figure zoomorfe, da
notare il braccio destro alzato che sembra sostenere una grande lancia
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Foto 3 : il pannello centrale della roccia istoriata denominato “ la scena di caccia”
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Foto 4 : primo piano della figura del Cervo inciso con strumento metallico, in forma statica con lunghe
corna
Foto 5 : l’altra figura (cervide? canide?) di non facile lettura a causa di una scaglia saltata
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Foto 6 : l’immagine dell’Aquila, incisa nella parte bassa della roccia, che sprigiona un notevole senso
artistico e che sembra fatta da un'altra mano e in epoca più recente
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