Sentiero 11 - Protostorico L'itinerario consente di visitare i resti archeologici dell’abitato pre-romano di Como attribuito alla cultura di Golasecca. Il percorso ha inizio in località Leno (Prestino), dove si individua il Recinto di Leno, un vasto ambiente rettangolare con possenti muri a secco e una rampa di accesso. Si prosegue superando il complesso medioevale di Rondineto, e si sale in direzione del Monte Croce con una breve deviazione alla Camera Grande, un ambiente a pianta rettangolare scavato nell’arenaria sul fianco della collina. La Camera Grande ha la base rettangolare della lunghezza di 8,71 m e larghezza di 5,05 m, tre pareti scavate a picco con altezza massima di 3,15 m. Presenta un argine di grosse pietre rinvenuto in corrispondenza della quarta parete che dava verso la valle che costituiva il basamento del muro. Nel pavimento sono riconoscibili le tracce dei pali che sostenevano il soffitto e una serie di canali di scolo, sia interni che perimetrali, che servivano per il deflusso delle acque. Si prosegue verso est visitando la Camera Carugo, forse utilizzata come laboratorio per la lavorazione dei metalli: ivi sono infatti riconoscibili le tracce dei pali che sostenevano il soffitto e una serie di canali di scolo, sia interni che perimetrali, che servivano per il deflusso delle acque e degli scarti di lavorazione. Proseguendo verso sud si trova, all’interno del Percorso, una cava di Arenaria utilizzata fino all’inizio del secolo scorso. L'area di Prestino nel Parco Spina Verde di Como è stata caratterizzata nel passato da attività estrattiva. Nella struttura cavata della roccia è possibile distinguere i fori in cui venivano issati gli strumenti per la perforazione e il taglio della roccia, i filoni e alcune rocce sparse; l'area si caratterizza dunque come grande spazio dismesso dall'alta valenza geologica nonché di storia delle lavorazioni industriali. Tornati sul percorso principale si raggiunge il Roccione di Prestino caratterizzato da tracce di solchi di carri nell’arenaria e di coppelle. Risalendo il percorso si raggiunge l’avallamento della fonte della Mojenca: la fonte della Mojenca, il cui nome deriva dal celtico Muit da cui poi il termine in dialetto lombardo Moi, cioè luogo intriso d'acqua, è inserita all'interno di uno suggestivo scenario naturale ed è una delle più evidenti tracce del passato della Spina Verde. Si tratta di una struttura costruita allo scopo di canalizzare una sorgente, costituita da due muri realizzati con grosse pietre di diversa natura (micascisto, granito, serizzo, arenaria) che fiancheggiano l'alveo in parte ricavato direttamente nella roccia arenaria di base. Sulle spalle poggiano grandi lastre di serizzo. La struttura ipogea si inoltre per circa 16 - 18 metri. La fonte probabilmente serviva l’abitato di Pianvalle poco più a monte. Il percorso prosegue verso est fino al raggiungimento di tale abitato. L'abitato di Pianvalle sorge sulle pendici del monte Caprino e venne riportato alla luce attraverso una serie di campagne di scavo iniziate nel 1971. L'area ha restituito tracce di abitazioni e di ambienti realizzati con murature in pietra a secco. La roccia di Pianvalle affiora dal terreno al di sopra dei ritrovamenti dell'abitato di Pianvalle; in particolare sulla roccia sono state ritrovate incisioni coppelliformi associate in maniera diversa: a rosetta (ottenuta tramite la disposizione a cerchio di più coppelle attorno ad una centrale), file parallele, scacchiere rettangolari; in altri casi le coppelle sono collegate tra loro da canalette con andamento rettilineo o con disposizione a "L". Sulla Roccia di Pianvalle è possibile ammirare altri segni rituali come l'incisione dell'ascia, quella del simbolo solare, quella dell'omino orante, quella del serpente e il simbolo vulvare.