AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
Gestione dei materiali di
scavo: valutazione della
presenza di amianto in roccia
e suoli tramite microscopia
ottica a luce polarizzata
La determinazione di amianto in roccia è una problematica aperta, non ancora affrontata e
risolta in maniera definitiva. La normativa vigente in tema di amianto non chiarisce in modo
univoco e definitivo le metodologie di analisi e i parametri mineralogici e morfologici da
utilizzare nella definizione di un minerale di amianto. Di fronte alla necessità di stabilire una
procedura analitica internazionalmente riconosciuta, che consenta l’analisi in sito di materiali
naturali (es. rocce e depositi sciolti) e permetta l’attivazione in tempi rapidi delle dovute
misure di sicurezza e cautela per la gestione di tali materiali, è proposta una metodologia di
analisi di amianto tramite utilizzo di microscopia ottica a luce polarizzata (MOLP). Questa
metodologia, ampiamente collaudata, è utilizzata per la determinazione e quantificazione
di amianto in campioni in massa principalmente in altri paesi europei (Francia, Inghilterra)
e in Nord America (Canada e Stati Uniti). La tecnica analitica MOLP viene proposta poiché
risponde all’esigenza di disporre di una metodologia rapida, efficiente e versatile che si possa
adattare a condizioni di lavoro critiche a livello ambientale come nel caso di realizzazione
di opere in sotterraneo. La tecnica proposta si basa sulla determinazione contemporanea di
parametri ottico-mineralogici e morfologici dei minerali in roccia permettendo una caratterizzazione delle diverse specie di amianto. Questa metodologia, a differenza di altre esistenti, si
dimostra molto efficace nell’analisi di campioni in massa come le rocce, caratterizzate da più
fasi mineralogiche coesistenti; per questa ragione se ne consiglia l’utilizzo nell’ambito della
gestione dei materiali naturali di scavo. Tale metodologia è qui specificatamente messa a
confronto con le norme previste dalla legislazione italiana in materia di amianto.
Parole chiave: Amianto, asbesto, fibre, rocce, scavi in sotterraneo, grandi opere, analisi
quantitativa, microscopia ottica a luce polarizzata.
Management of disposals materials: evaluation of the presence of asbestos
in rock and soils using polarized light microscopy. The determination of asbestos
in rocks is an open issue not addressed and resolved yet in a definitive way. Existing laws
do not define clearly and unambiguously the analysis methods and mineralogical and morphological parameters that must be used to characterize asbestos mineral. Facing with the
exigency of establishing an internationally accepted analysis procedure, that allows in situ
analysis of natural materials (e.g., rocks and bulk deposits) and the prompt activation of
safety measures for managing asbestos bearing rocks when found, we propose a method
for asbestos analysis using polarized light microscopy (PLM).This method, widely tested overseas, is used for identification and quantification of asbestos in bulk samples mainly in other
European countries (France, England) and North America (Canada and USA).This analytical
procedure (PLM) represents a fast, efficient and flexible methodology that can be adapted
to several critical operative and environmental conditions, such as underground works. The
proposed technique is based on the simultaneous determination of optical mineralogical
and morphological parameters of rock minerals, allowing a characterization of different
asbestos types. This method, unlike existing ones, is very efficient in the analysis of bulk
samples such as rocks characterized by the presence of several coexisting mineral phases.
For this reason we recommend its use in the management excavation involving natural materials that may contain asbestos minerals. In this paper it is also proposed a comparison of
this methodology with the operative rules indicated by Italian legislation on asbestos.
Keyword: Asbestos, fibres, underground works, large infrastructures, quantitative analysis,
polarized light microscopy.
Geoingegneria Ambientale e Mineraria, Anno XLVIII, n. 2, agosto 2011, 27-46
Ivan Riccardo Surace*,**
Riccardo Torri*
Davide Murgese*
Antonio Dematteis*
* SEA Consulting s.r.l., Torino (I).
** indirizzo attuale: Geopro SA,
Roche (CH).
Introduzione
La determinazione qualitativa e quantitativa dell’amianto nei
materiali naturali e la scelta delle
metodologie analitiche da utilizzare
costituiscono un’ampia problematica in parte ancora irrisolta come
esplicitamente indicato nel D.M.
06/09/94 All.1:
“La determinazione delle varie
forme di amianto contenute in campioni in massa costituisce un problema
analitico complesso, a cui a tutt’oggi
non è stata data una soluzione soddisfacente. Com’è noto, esistono varie
tecniche analitiche per la determinazione quantitativa delle varie forme di
amianto; tutte, però, presentano vantaggi e svantaggi.”
La normativa italiana nella definizione di amianto, pur prendendo
in considerazione i fattori mineralogici e morfologici del minerale, non
chiarisce alcuni punti problematici
riguardanti le differenze procedurali
esistenti tra la determinazione dei
minerali fibrosi nei materiali e la determinazione delle fibre respirabili
disperse nell’aria (cfr. § 1.1). In particolare le normative italiane vigenti definiscono i parametri mineralogici e morfologici separatamente e in
riferimento a due contesti distinti,
quello dell’amianto in campioni in
massa e quello delle fibre respirabili.
Mentre nel campo delle fibre respirabili questi parametri sono definiti
quantitativamente, nel caso dei materiali in massa la definizione morfologica rimane di tipo qualitativo
(cfr. § 1.1.1.).
In questo contesto il presen-
27
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
Gestion des deblais: evaluation de la presence d’amiante dans roches et sols
au moyen de la microscopie optique en lumiere polarisée. La détermination de
l’amiante dans les roches est une problématique ouverte qui n’a pas encore été traitée
et résolue de manière définitive. La législation existante concernant l’amiante n’indique
pas de façon claire et sans ambiguïté les méthodes d’analyse et les paramètres minéralogiques et morphologiques que doivent être utilisées pour caractériser un minéral d’amiante.
Face à la nécessité d’établir une procédure d’analyse qui soit internationalement reconnue,
permettant l’analyse in situ des matériaux naturels (ex., roches et dépôts en vrac) ainsi
que l’activation rapide des mesures de sécurité et de soin en raison de la gestion de
ces matériaux, on propose l’utilisation de la méthode d’analyse d’amiante à l’aide de la
microscopie en lumière polarisée (MOLP). Cette méthode, largement testée, est adoptée
couramment pour la détermination et la quantification de l’amiante dans les échantillons
en vrac principalement dans d’autres pays européens (France, Angleterre) et en Amérique
du Nord (Canada et USA). Cette technique analytique (MOLP) est également proposée
car il s’agit d’une méthodologie rapide, efficace et polyvalente qui peut s’adapter à des
conditions critiques de travail et environnementales, typiques du domaine des constructions des ouvrages souterrains. La technique proposée est basée sur la détermination
simultanée des paramètres optiques, minéralogiques et morphologiques des minéraux
d’une roche, permettant une caractérisation ponctuelle des différents types d’amiante.
Cette méthode, contrairement à celles qui existent déjà, se révèle très efficace dans l’analyse d’échantillons en vrac tels que les roches, caractérisées par la présence de plusieurs
phases minérales coexistantes, et pour cette raison on conseille son utilisation dans la
gestion des travaux d’excavation affectant des matériaux naturels. Dans ce papier est
proposée aussi une confrontation de cette méthodologie avec la réglementation fixée par
la législation italienne sur l’amiante.
Mots-clés: Amiante, asbeste, fibres, roches, excavations souterraines, grands ouvrages,
analyse quantitative, microscopie optique en lumière polarisée.
te lavoro si propone di fornire una
metodologia di analisi di rocce e materiali naturali contenenti amianto
che superi i punti controversi della
normativa e che coniughi nello stesso tempo affidabilità, versatilità e
semplicità di realizzazione. In questo
modo s’intende offrire una procedura
analitica applicabile a situazioni lavorative caratterizzate da particolari
condizioni ambientali e climatiche,
come quelli legati alla costruzione di
grandi opere (tunnel, dighe, impianti idroelettrici ecc.), e situati in zone
distanti dai laboratori di analisi.
Al fine di offrire una risposta
alle esigenze tecniche e logistiche
che sorgono nel momento dell’esecuzione dell’analisi per l’amianto in
situazioni di lavoro critiche, la metodologia proposta ha l’obiettivo di
soddisfare i seguenti punti:
– Installazione un laboratorio di
analisi autonomo e indipendente nelle immediate vicinanze
delle aree di cantiere, sopperendo alla necessità di un centro
28
–
–
–
–
di analisi di riferimento preesistente.
Allestimento di un laboratorio
che richieda pochi ed elementari accorgimenti tecnici nonché
una strumentazione analitica
poco ingombrante e facilmente
mobilizzabile.
Identificazione e quantificazione dei minerali d’amianto in un
campione in massa (roccia o deposito sciolto);
Ottenimento del risultato analitico in tempi brevi permettendo l’immediata applicazione di
scelte operative atte all’eventuale intervento su materiali di
scavo per la scelta delle modalità di stoccaggio e per l’immediata attivazione delle misure
di tutela dei lavoratori e degli
ambienti di lavoro.
Possibilità di ripetere la procedura analitica in routine grazie
alla sua semplicità realizzativa e
al suo costo ridotto rispetto alle
altre metodologie esistenti.
L’esigenza di proporre una metodologia che soddisfi i punti sopra
descritti nasce direttamente da una
sintesi delle esperienze maturate
dagli autori nel corso degli anni direttamente su casi reali1 relativi alla
progettazione e lo scavo di opere sotterranee, alla gestione del materiale
di cava e alla pianificazione territoriale. In questo contesto la metodologia proposta intende fornire una
tecnica analitica che risulti funzionale al processo di gestione dei materiali contenenti amianto in tutte
le loro fasi (riconoscimento, quantificazione, movimentazione, bonifica,
trasporto e stoccaggio).
1. Definizione di amianto
Il termine amianto o asbesto
viene utilizzato per definire un gruppo di silicati appartenenti alla famiglia degli anfiboli e del serpentino,
caratterizzati da una morfologia di
tipo fibroso. La caratteristica principale di questi minerali è quella di sfilacciarsi e separarsi in fibre estremamente fini che possono raggiungere
diametri inferiori a 0,1 µm.
Questa definizione di amianto,
che impone la coesistenza di condizioni mineralogiche e morfologiche,
si caratterizza per le due seguenti situazioni limite:
– Presenza di fibre che presentano
morfologia e dimensioni tali da
essere considerate amianto (o
essere inalabili) ma non appartenenti a una famiglia mineralogica considerata come amianto (es. fibre di talco, gesso.)
– Presenza di minerali appartenenti alla stessa famiglia mineralogica dell’amianto ma con
caratteri morfologici tali da non
essere considerati fibrosi (es.
abito tabulare, allungato, aci1 Progettazione preliminare della nuova linea
ferroviaria Torino-Lione – Progetto esecutivo della
SS 24 del Monginevro presso Clavière – Progettazione d’infrastrutture nel comune di Sauze d’Oulx
Agosto 2011
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
Tab. 1 – Classificazione dei minerali di amianto secondo il D. L. 81/2008 Titolo ix, capo iii, sez i, art. 247.
Classification of asbestos minerals according to D. L. 81/2008 Title IX, Chapter III, Section I, art. 247.
CLASSIFICAZIONE DEI MINERALI DI AMIANTO SECONDO LA NORMATIVA VIGENTE
GRUPPO DEGLI ANFIBOLI
Descrizione
Silicato fibroso
Formula chimica
n. CAS[1]
Crocidolite
Na2(Mg,Fe)7Si8O22(OH)2
12001-28/-4
Varietà fibrosa dell’anfibolo riebeckite
Grunerite d’amianto (Amosite)
(Mg,Fe)7 Si8O22(OH)2
12172-73-5
Varietà fibrosa della serie di anfiboli grunerite – cummingtonite
Antofillite d’amianto
(Mg,Fe)7Si8O22(OH)2
77536-67-5
Varietà fibrosa dell’omonimo anfibolo
Actinolite d’amianto
Ca2(Mg,Fe)5Si8O22(OH)2
77536-66-4
Varietà fibrosa dell’omonimo anfibolo
Tremolite d’amianto
Ca2Mg5Si8O22(OH)2
77536-68-6
Varietà fibrosa dell’omonimo anfibolo
GRUPPO DEL SERPENTINO
Silicato fibroso
Formula chimica
n. CAS
Descrizione
Crisotilo
12001-29-5
Varietà fibrosa del serpentino
[1] Chemical Abstracts
Mg3Si2O5(OH)4
Service (CAS): è il numero con cui viene assicurata la completa identificazione delle sostanze chimiche.
culare) e quindi non definibili
come amianto.
Le implicazioni pratiche di questi due casi limite saranno discusse
nel capitolo 3.
1.1. I minerali dell’amianto
nelle normative italiane vigenti
La normativa italiana (D.L.
81/2008) considera e disciplina
come amianto sei specie di silicati
fibrosi appartenenti ai gruppi mineralogici degli anfiboli e del serpentino
(tabella 1). Come si può notare dalla
tabella 1, la normativa non specifica
i parametri morfologici dimensionali necessari per definire il termine “fibroso” o “fibra” che in questo
contesto rimane un’accezione puramente qualitativa. Ne consegue che
la normativa, pur considerando in
maniera separata la determinazione
di amianto nei materiali in massa e
nelle fibre aerodisperse, non fornisce dei parametri univoci da adottare nei due casi, in particolare per
l’analisi di materiali in massa. Infine
si riscontra un vuoto normativo sulle
Agosto 2011
linee guida per l’analisi di amianto
in materiali naturali e in roccia, in
particolare nell’ambito della realizzazione di grandi opere.
1.1.1. Definizione di “fibra” e “fibra
respirabile”
La normativa italiana nella definizione di “fibra respirabile» (D. L.
15/08/91) fa riferimento ai parametri
morfologici indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
senza specificare se questi parametri
siano applicabili anche alla generica
definizione di “fibra”.
L’OMS ha definito una “fibra”
come una particella caratterizzata
da una lunghezza superiore o uguale
a 5 µm e da un rapporto di allungamento, lunghezza su diametro (L/D),
maggiore o uguale a 3/1 (OMS,
1985). Sempre l’OMS definisce
come “fibre respirabili” tutte quelle
fibre aventi anche un diametro inferiore a 3µm; fibre di diametro superiore sono invece considerate non
respirabili avendo una scarsissima
probabilità di penetrare nei polmoni
sino al livello alveolare. I parame-
tri indicati dall’OMS permettono
di definire in maniera univoca una
fibra respirabile definendo sia il suo
diametro che il rapporto L/D mentre risultano meno restrittivi nella
definizione generica di fibra poiché
un rapporto L/D >3/1 permette di
inserire nel campo delle fibre anche dei minerali con abito aciculare o allungato. Per questo motivo,
nell’ambito della caratterizzazione
dell’amianto nei materiali in massa,
altri organismi tecnico-scientifici,
tra cui l’EPA2 e altre agenzie europee
(INRS, HSE)3, nella definizione generica di fibra (non respirabile) propongono altri valori di L/D rispetto
a quelli indicati dall’OMS. Questi
enti indicano un rapporto minimo
L/D di 10/1 o 20/1 per le “fibre” e
valori minimi di 5/1 per le “fibre
respirabili”; questi valori, più restrittivi di quelli proposti dall’OMS,
permettono di evitare che i minerali con abito aciculare o allungato
possano rientrare nel dominio delle
Environmental Protection Agency – US
Institut National de Recherche et de
Sécurité – F ; Health and Safety Executive – UK
2
3
29
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
fibre o delle fibre respirabili. Questa
distinzione è stata resa necessaria dal
fatto che molti minerali presenti in
rocce e materiali naturali possono
avere abiti morfologici con rapporto
L/D uguale o maggiore di 3/1 senza
per questo essere dei minerali fibrosi
(Wylie A.G., 2000).
Infine l’OMS indica come la
lunghezza delle fibre respirabili abbia
una scarsa influenza sul loro comportamento aerodinamico; in generale
si può ritenere che fibre di lunghezza
superiore a 200-250µm siano troppo
grandi per depositarsi nei polmoni e
quindi siano non respirabili a tutti
gli effetti.
1.2. Minerali asbestiformi non
regolamentati
Le sei fasi di amianto riportate
nella tabella 1 sono le uniche regolamentate a livello nazionale e internazionale e riconosciute come cancerogene dall’International Agency for
Research on Cancer (IARC, 1986).
Ciononostante, oltre ai sei minerali dell’amianto riconosciuti per
legge, esistono numerose varietà di
silicati fibrosi asbestiformi anch’essi
potenzialmente pericolosi e cancerogeni. Considerando la realtà italiana
possiamo ricordare la balangeroite
(Compagnoni et al., 1983), la carlosturanite (Compagnoni et al., 1985)
e l’anfibolo fluoro-edenite (Gianfa-
gna & Oberti, 2001). Questi minerali sono relativamente rari e sono stati
riconosciuti in specifici contesti geolitologici; in particolare la balangeroite e la carlosturanite sono minerali correntemente associati al crisotilo
e diffusi principalmente nell’arco
alpino nord-occidentale. In natura,
anche altre fasi mineralogiche, molto più diffuse, possono presentarsi
in forma fibrosa come ad esempio
il talco, il gesso, la wollastonite e il
diopside. Tutti questi minerali e i silicati in particolare, quando presenti
in forma fibrosa e respirabile, possono rappresentare un pericolo per la
salute dell’uomo, anche quando non
costituiscono una specie di amianto
riconosciuta per legge.
2. Cenni sul contesto
geologico-strutturale di
formazione dell’amianto
Dal punto di vista genetico tutti i minerali potenzialmente amiantiferi cristallizzano con morfologie
fibrose solo in determinate condizioni termobariche. In linea di principio queste condizioni sono tipiche
del grado metamorfico medio-basso
e sono legate a un’importante circolazione di fluidi (Ross 1981; Schreirer 1989). Gli aggregati di minerali
amiantiferi sono in genere distribuiti all’interno di un ammasso roccio-
so in modo eterogeneo e sono solitamente associati e circoscritti a vene
e fratture mineralizzate o a zone di
taglio fragile-duttile (Perello &
Venturini, 2005). La concentrazione di fibre di amianto in una roccia
può essere estremamente variabile,
anche se spesso è limitata a tenori
inferiori al 10% del volume della
roccia. La gran parte dei giacimenti
di amianto esistenti si trova proprio
in corrispondenza di grandi zone di
taglio duttile e i tenori di amianto
nella roccia estratta di rado superano il 10% in volume (es. Miniera di
Balangero: tenori medi 6-8%, Bologna et al. 2005). Concentrazioni
più elevate o tendenti al 100% si
osservano essenzialmente nelle vene
mineralizzate.
Da un punto di vista litologico
solo alcune rocce possono sviluppare e ospitare minerali amiantiferi,
mentre altre litologie risultano da
questo punto di vista completamente “sterili”.
Le rocce potenzialmente amiantifere sono costituite principalmente
da litotipi basici e ultrabasici sia di
origine ignea che metamorfica. Le
rocce di origine ignea sono costituite da basalti, andesiti, gabbri, ofioliti
e peridotiti. I litotipi metamorfici
principali, genericamente definiti
come “pietre verdi”, sono riconducibili alle famiglie litologiche elencate nella tabella 2 tratta dal D.M.
14/05/96.
Tab. 2 – Classificazione delle rocce appartenenti alla famiglia delle “pietre verdi” secondo il D.M. 14/5/96.
Classification of “green stones” family rocks according to the D.M. 14/05/1996.
Classificazione delle cosidette “Pietre verdi” in funzione del loro contenuto di amianto
Litotipo
Minerali principali
“serpentiniti” s.l.
antigorite, crisotilo, olivina, orto- e clinopirosseni, anfibolo, tremolite, talco, dolomite, granato, spinelli
cromite e magnetite
prasiniti
feldspato albite, epidoti, anfiboli, tremolite-actinolite, glaucofane, crocidolite, clinopirosseni e mica
bianca
eclogiti
pirosseno monoclino, granato, rutilo, anfibolo, glaucofane, crocidolite
anfiboliti
orneblenda, plagioclasio, zoisite, clorite, antofillite-gedrite
Scisti actinolitici
actinolite, talco, clorite, epidoto, olivina
scisti cloritici, talcosi e serpentinosi talco, clorite, dolomite, tremolite, actinolite, serpentino, crisotilo, rutilo, titanite, granato
oficalciti
talco, antigorite, crisotilo, tremolite, dolomite, calcite, olivina
30
Agosto 2011
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
Altre litologie potenzialmente amiantifere sono costituite dalle
rocce dolomitiche (marmi dolomitici, calcari dolomitici ecc.) in cui può
svilupparsi anfibolo fibroso di tipo
tremolitico.
Le rocce quarzoso-feldspatiche
e carbonatico-calcaree sono da considerarsi prive di minerali amiantiferi, anche se possono contenere al
loro interno vene o mineralizzazioni
secondarie contenenti amianto.
2.1. Considerazioni sulla genesi
delle fibre di amianto e delle
fibre respirabili
La formazione e la liberazione
di fibre di amianto costituiscono due
processi geneticamente legati sia a
fattori naturali che antropici.
I fattori naturali sono riconducibili da un lato alla particolare cristallizzazione di minerali con abito
fibroso e dall’altro alla loro disgregazione a seguito di processi di alterazione superficiale che determinano il
rilascio di fibre libere.
I fattori antropici sono correlati essenzialmente all’azione meccanica esercitata sulla roccia. In
questo contesto tutti gli interventi
su ammassi rocciosi che producono
una macinazione e una riduzione di
granulometria dei costituenti mineralogici possono produrre e liberare
fibre di amianto. Su quest’argomento esistono diversi studi scientifici
che hanno analizzato le quantità di
fibre rilasciate da diverse rocce, non
necessariamente contenenti amianto, sottoposte a diversi tipi di stress
meccanico. Alcuni studi (Rochat
2004; Turci 2005) hanno evidenziando come l’azione meccanica su
rocce contenenti minerali solo potenzialmente amiantiferi (non fibrosi), possa liberare fibre respirabili di
amianto in quantità elevate. Una situazione di questo tipo può essere riscontrata nell’ambito dello scavo di
un tunnel durante l’attraversamento
un ammasso roccioso potenzialmente amiantifero (es. prasiniti o anfiAgosto 2011
boliti). In questo caso l’azione meccanica impressa sulla roccia durante
le diverse fasi di avanzamento potrà
influenzare il tasso di liberazione di
fibre respirabili, indipendentemente
dalla presenza e concentrazione naturale iniziale dell’amianto stesso.
A livello normativo quest’aspetto
problematico è parzialmente regolamentato dal (D.M. 14/5/96). In
questo decreto la quantificazione del
numero di fibre d’amianto liberate in
funzione dell’azione antropica è valutata tramite la determinazione del
cosiddetto indice di rilascio di una
roccia (I.R.), cioè la sua capacità di
liberare fibre se sottoposta a stress
meccanico (cfr. § 5.1).
3. Aspetti problematici
legati alla determinazione
dell’amianto in campione
massiccio
Come indicato anche dalla normativa italiana (D.M. 6/9/94, All. 1
e 3), la determinazione della presenza di un minerale d’amianto o asbestiforme in una roccia non è sempre
evidente. Questa possibile incertezza
è legata a due aspetti fondamentali:
1. Caratteristiche peculiari e limiti investigativi dei vari strumenti analitici.
2. Caratteri mineralogici e/o morfologici specifici di alcuni minerali che possono fornire risultati
non sempre di facile e univoca
interpretazione.
Durante l’analisi per la determinazione di una fase amiantifera, la
combinazione dei due fattori sopracitati, è alla base di possibili errori
d’interpretazione in genere definiti
come “falsi positivi” (individuazione
di amianto in assenza dello stesso) o
“falsi negativi” (mancata individuazione di amianto in presenza dello
stesso). Questi errori si possono produrre principalmente nei seguenti
casi:
– Presenza di minerali che appar-
–
tengono alla famiglia dell’amianto
da un punto di vista mineralogico
ma con caratteristiche non fibrose.
Un esempio di questa casistica
è dato dagli anfiboli della serie
tremolite-attinolite. Questi minerali sono estremamente comuni
e diffusi in molte rocce, dove
si presentano nella loro classica forma aciculare o allungata,
mentre il corrispettivo morfologico fibroso è estremamente
più raro e circoscritto. In questo
caso gli errori d’identificazione
(falsi positivi) di queste famiglie di minerali possono essere
legati alla mancata caratterizzazione morfologica del minerale
che può verificarsi nel caso di
utilizzo di strumenti analitici
indiretti (es. DRX, FTIR o spettrometria Raman).
Intima associazione, all’interno
di una roccia, di una stessa fase
mineralogica con caratteri asbestiformi e non asbestiformi. Questa
problematica, trascurabile per i
manufatti contenenti amianto,
dove il minerale si trova sempre sotto forma di fibra poiché
inserito appositamente dall’uomo, assume invece un’importanza fondamentale per le rocce
dove la coesistenza di una stessa
fase mineralogica nel contempo
fibrosa e non fibrosa è un fattore molto comune. A titolo di
esempio può essere considerata
un’anfibolite contenente attinolite d’amianto (fibrosa) e attinolite non fibrosa. In questo caso
un’analisi su roccia totale senza
caratterizzazione morfologica
del minerale produrrebbe dei risultati non univoci ma differentemente interpretabili (falsi positivi e/o falsi negativi). Infatti
poiché le specie minerali hanno
stessa composizione chimica e
mineralogica i risultati spettrali eseguiti con metodi indiretti
incapaci di determinare i parametri morfologici (es. DRX,
FTIR o spettrometria Raman)
saranno identici per le due fasi
31
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
–
–
32
mineralogiche. Inoltre, in una
roccia in cui coesistono fasi
asbestiformi e non asbestiformi,
in un rapporto di concentrazione uguale o maggiore rispettivamente a 1/10 (ad esempio una
serpentinite costituita da un
melange di antigorite e crisotilo),
la fase non asbestiforme può
mascherare completamente i
caratteri dell’omologa fase asbestiforme inducendo in errori di
tipo “falso negativo”.
Presenza di minerali fibrosi non
appartenenti alle categorie mineralogiche dell’amianto. In una
roccia coesistono differenti fasi
mineralogiche. Tra queste vi
sono dei minerali che non rientrano nel campo dell’amianto
per mineralogia, ma che possono avere caratteri morfologici
tipici delle fibre asbestiformi.
Tra questi minerali possiamo
ricordare il talco (abbondante
in rocce basiche e ultrabasiche
e spesso associato a tremolite,
crisotilo e serpentino), l’antigorite, il gesso, l’anidrite, la wollastonite, la vermiculite e alcune
forme di fillosilicati e miche cristallizzati in condizioni termobariche particolari. Alcuni di
questi minerali, come il talco
o l’antigorite oltre a presentarsi
sotto forma fibrosa, hanno una
composizione tale che se analizzati con sistemi semiquantitativi (es. SEM) possono restituire
spettri composizionali del tutto
confrontabili con gli omologhi
amiantiferi (ex talco con antigorite e crisotilo). In questo caso
l’utilizzo di strumenti analitici
non appropriati può dare origine a errori interpretativi di tipo
“falso positivo”.
Grado di manipolazione meccanica di un campione di roccia. Come
indicato in precedenza nel capitolo 2.1, un diverso grado
d’azione meccanica su uno stesso campione di roccia può generare particelle a diverse dimensioni e geometrie. Nel caso di
una roccia contenente minerali
con abito allungato o aciculare,
un’intensa macinazione meccanica può ridurli di taglia fino al
raggiungimento di dimensioni
comparabili a quelle delle fibre
respirabili. Quando una roccia
contenente minerali di amianto da un punto di vista mineralogico, ma non da un punto di
vista morfologico (ex tremolite
non fibrosa), viene sottoposta a
uno stress meccanico importante e continuativo (es. fresa sul
fronte di scavo), si potranno generare particelle di dimensioni
a tutti gli effetti compatibili con
quelle di amianto respirabili.
Nel caso di una loro aerodispersione, l’analisi risultante da un
monitoraggio dell’aria durante
la fase di scavo indicherebbe
la presenza di fibre di amianto
respirabili mentre l’analisi sul
campione di roccia indisturbato indicherebbe l’assenza di
amianto. Quest’esempio evidenzia come si possano ottenere risultati in contraddizione
fra loro per analisi condotte su
stessi campioni, ma in tempi e
condizioni di stress meccanico
differenti. Per evitare la produzione di “falsi positivi” e per
una corretta identificazione dei
minerali di amianto nel campione intatto e naturale deve
essere tenuto in conto il grado
di macinazione che può subire
la roccia da analizzare.
3.1. Principali inconvenienti
e limiti delle metodologie di
analisi attualmente in uso.
Nel panorama delle analisi
per la determinazione delle fibre di
amianto le metodologie e gli strumenti analitici proposti sono numerosi e diversificati. Ciononostante
ogni metodologia e/o strumento
analitico presenta, oltre a numerosi
vantaggi, alcuni svantaggi o inconvenienti insiti in genere nelle carat-
teristiche intrinseche degli strumenti utilizzati (D.M. 06/09/94 All.1;
EPA 1993). Le principali criticità di
queste metodologie sono presentate
schematicamente nella tabella 3 e
sono brevemente descritte di seguito.
– Costi elevati della strumentazione:
molti degli strumenti analitici
hanno costi di strumentazione,
esercizio e mantenimento che
sommati possono superare anche il milione di euro. Ne segue
che solo grandi centri analitici
o universitari possono disporre
di tali strumentazioni.
– Dimensioni e fragilità della strumentazione: nel loro insieme
le apparecchiature analitiche
richiedono sovente un’installazione relativamente lunga e
complessa. Gran parte di queste
strumentazioni necessita infatti
di una collocazione in ambienti
dedicati, in cui parametri come
temperatura e umidità siano
controllati. Inoltre molte di
queste apparecchiature necessitano dell’assistenza d’impianti
di aerazione, di circolazione di
acqua in pressione per il raffreddamento, di decompressori per
il vuoto e di strumenti di radioprotezione.
– Tempi elevati di preparazione e
analisi dei campioni: in genere
la preparazione dei campioni è
relativamente lunga e complessa, necessitando in vari casi di
azioni di taglio, macinazione,
impregnazione,
trattamento
chimico, compattazione, essiccamento del campione. Queste
procedure possono richiedere
da alcune ore fino ad alcuni
giorni di lavorazione e necessitano in taluni casi dell’’intervento di personale specializzato.
Inoltre l’analisi stessa e l’interpretazione del risultato possono
richiedere ulteriori trattamenti
informatici che allungano le
tempistiche di restituzione del
risultato finale.
– Ottenimento di risultati indiretAgosto 2011
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
Tab. 3 – Elenco delle principali criticità delle diverse metodologie analitiche utilizzate per l’analisi dell’amianto
Critical aspects for each analytical method applied to asbestos analysis.
Elenco delle principali criticità delle diverse metodologie analitiche utilizzate per l’analisi dell’amianto
Metodologia Strumentazione
Criticità
Costo della strumentazione e dell’analisi
Necessità di uno spazio-laboratorio dedicato
Tempi di preparazione del campione e dell’analisi
DRX
Diffrattometro raggi-X
Emissione di radiazioni
Risultato indiretto (spettro)
Incapacità di distinzione mor
Costo della strumentazione
Tempo di preparazione del campione
Risultato indiretto (spettro)
FTIR
Spettrometro a raggi infrarossi
Incapacità di distinzione morfologica della fase mineralogica
Perdità di definizione, affidabilità e aumento del limite di detezione per campioni
contenenti piu fa
Limite di detezione per granulometrie estremamente fini (<0,2 micron)
MOCF
Microscopio ottico a contrasto di fase Impossibilità di determinare con certezza la fase mineralogica in alcuni casi specifici
per carenza di elementi analitici*.
Costo della strumentazione
Spettrometro Raman associato a
Tempo di preparazione del campione
Micro-Raman
microscopio ottico polarizzato
Limitata versatilità
Risultato indiretto (spettro)
Incapacità di distinzione morfologica della fase mineralogica
Raman
Spettrometro Raman
Perdità di definizione, affidabilità e aumento del limite di detezione per campioni
contenenti piu fasi mineralogiche (es. rocce)
Costo della strumentazione e dell’analisi
Necessità di uno spazio-laboratorio dedicato
SEM
Microscopio a scansione elettronica
Tempo di preparazione del campione
Incapacità di determinare con certezza una fase mineralogica in alcuni casi specifici*
(analisi spettrale semiquantitativa)
Costo della strumentazione e dell’analisi
Necessità di uno spazio-laboratorio dedicato
Tempo di preparazione del campione e dell’analisi
TEM
Microscopio a trasmissione
Perdità di definizione, affidabilità e aumento del limite di detezione per campioni
contenenti piu fasi mineralogiche
* Vedere testo § 3 e § 3.1.
ti: tutti gli strumenti analitici
spettrometrici e diffrattometrici
come la DRX, il FTIR e Raman,
non permettono l’osservazione
diretta del materiale analizzato
e forniscono come risultato un
diagramma spettrale (fig. 1 e 2).
Le criticità legate a questi due
fattori sono le seguenti:
– Il tipo di analisi non permette una verifica diretta
dei risultati e dell’interpretazione degli spettri.
– In caso di analisi non puntuale e/o su campioni in
Agosto 2011
massa a più componenti
mineralogiche (es. roccia) il
risultato analitico è costituito da un unico spettro che
rappresenta l’insieme delle
fasi mineralogiche presenti nel campione analizzato.
La separazione e l’interpretazione del numero di fasi
presenti è fatta da un operatore o da un programma
di calcolo che attribuisce i
picchi spettrali a una o più –
fasi piuttosto che ad altre.
– Il risultato indiretto (fig. 1
e 2) non permette in alcun
caso la distinzione di una
fase mineralogica fibrosa
dalla stessa fase non fibrosa.
Questo perché due minerali
della stessa specie mineralogica, uno fibroso e l’altro
non fibroso daranno origine a spettri identici e indistinguibili. Tale distinzione
deve essere quindi eseguita
con altri strumenti analitici.
Prestazione dell’analisi dipendente
dalla purezza della fase mineralogica e dal numero/ tipo di altre
33
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
Fig. 1 – Esempio di curva di calibrazione
FTIR per un composto di crisotilo (Ctl) e
antigorite con tenori di crisotilo crescenti
da 0 a 100%. La linea rossa rappresenta lo
spettro di restituzione FTIR. L’area grigia
è ottenuta con un programma di calcolo
e rielaborazione delle curve spettrali. Si
può notare come per tenori inferiori al
30% di crisotilo (colonna di sinistra) lo
spettro grezzo (linea nera) non permetta l’individuazione del minerale. Inoltre
l’area grigia ottenuta con un programma
di calcolo e rielaborazione non permette
di distinguere il crisotilo per tenori inferiori al 5%. (da Groppo 2005)
Example of FTIR calibration curve for a mixture of chrysotile (Ctl) and antigorite with
chrysotile concentration increasing from 0
to 100%. The red line represents the FTIR
spectrum. The grey area was produced by a
program for the computing and processing
of spectral curves. For concentrations of chrysotile below 30% (left column) the raw
spectrum (black line) does not allow the
identification of the mineral. In addition, the
grey area produced by a data computing
and processing can not differentiate chrysotile when concentration is below 5%. (from
Groppo 2005).
Fig. 2 – Spettri Raman di una serpentinite naturale alpina sovrapposti alla curva
relativa allo standard puro del Crisotilo
e alla curva relativa allo standard puro
dell’Antigorite. Si può osservare come
lo spettro della serpentinite rappresenti
un termine intermedio dei due spettri
puri e non permetta di distinguere con
sicurezza le fasi mineralogiche presenti
all’interno del campione. Nel metodo
DRX i risultati sono del tutto comparabili a quelli della spettrometria Raman (da
Piani 2007).
Raman spectra of a natural alpine serpentinite superimposed on the pure standard
Chrysotile and pure standard Antigorite
spectra. The spectrum of serpentinite represents an average term of two reference
spectra and does not allow to distinguish
between the serpentine phases in the sample. In the DRX method, the results can be
compared to those from Raman spectroscopy (from Plans, 2007).
34
Agosto 2011
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
fasi mineralogiche contemporaneamente presenti: gli strumenti
spettrografici e diffrattometrici
forniscono ottime prestazioni
quando le fasi minerali vengono
analizzate singolarmente. Nel
caso dell’analisi di campioni di
roccia, caratterizzati dalla coesistenza di più fasi mineralogiche,
queste prestazioni decadono in
maniera sostanziale poiché la
restituzione del risultato sotto
forma spettrale non permette
di ottenere spettri separati per
ogni singola fase mineralogica
ma produce uno spettro unico
che sarà il risultato della somma di tutti gli spettri mineralogici degli elementi presenti nel
campione. Inoltre poiché l’intensità dei picchi (cioè la loro
altezza) è proporzionale alla
concentrazione delle differenti
fasi mineralogiche, un composto presente in piccole quantità all’interno di un campione
contenente altre fasi tenderà ad
essere “nascosto” da queste ultime. Va inoltre tenuto presente
che le diverse fasi mineralogiche coesistenti in una roccia
possono produrre spettri molto
simili fra loro, che si differenziano solo per alcuni picchi secondari di minore intensità; in
questi casi l’insieme di picchi
ottenuti dalla sovrapposizione
delle fasi può portare al completo mascheramento dei picchi secondari con conseguente
impossibilità di distinguere con
chiarezza i minerali presenti. Infine la presenza di fasi mineralogiche impure può fornire risultati spettrali che si discostano
da quelli utilizzati come standard di riferimento inducendo
a possibili errori interpretativi
(falsi negativi).
In sintesi il limite principale delle metodologie utilizzate sta
nella drastica diminuzione della capacità analitica al passaggio da una
singola fase a più fasi coesistenti
(Marconi, 1983). Questo fattore diAgosto 2011
venta importante quando si devono
individuare delle fasi mineralogiche
amiantifere in concentrazioni relativamente basse e associate ad altri
minerali. Un’altra importante criticità sta nell’impossibilità, da parte
delle metodologie spettrometriche
e diffrattometriche, di determinare
le caratteristiche morfologiche del
minerale. Questa criticità facilmente risolvibile in caso di fibre visibili
ad occhio nudo diventa più difficilmente superabile in caso di fibre
microscopiche incluse in minerali
non fibrosi (come avviene per le rocce). Inoltre, eccetto la spettrometria
Micro-Raman, nessuna metodologia
applicata singolarmente permette di
ottenere nello stesso tempo un’analisi morfologica e composizionale sufficientemente precisa e dettagliata.
Come discusso in seguito, la
metodologia proposta permette di
ovviare a queste problematiche
permettendo contemporaneamente l’osservazione diretta della fibra,
la sua caratterizzazione morfologica e ottico-mineralogica ed eventualmente anche la sua valutazione
quantitativa.
4. La metodologia
MOLP nell’ambito della
caratterizzazione delle fibre
di amianto.
La metodologia per la caratterizzazione delle fibre di amianto
proposta in questo studio è basata
sull’utilizzo della microscopia ottica
a luce polarizzata (MOLP) associata
all’impiego di oli a indice di rifrazione conosciuto. La metodologia
proposta fa riferimento alle procedure analitiche e metodologiche
descritte in numerose pubblicazioni di Enti Internazionali ed esteri
preposti al controllo sanitario ed
ambientale (EPA -600/M4-82-020,
1982; Method 435 CEPA, 1991;
EPA/600/R-93/116, 1993; hsg248
HSE, 2005). La stessa metodolo-
gia è indicata e raccomandata per
l’analisi di campioni in massa e suoli
dallo IATL (International Asbestos
Testing Laboratories; website: www.
iatl.com). L’analisi MOLP è correntemente utilizzata per la determinazione e quantificazione di amianto
nei materiali in massa in Inghilterra
(HSE – UKAS), Francia (INRS) e
Stati Uniti (EPA – RTI) e in questi
stati è regolamentata e riconosciuta
da un punto di vista legislativo.
Questa metodologia risulta essere il miglior compromesso tecnicoqualitativo tra le differenti metodologie analitiche esistenti per l’analisi
dell’amianto permettendo di offrire
contemporaneamente un’analisi ottico-mineralogica e morfologica di
più fasi minerali coesistenti. Inoltre,
essa permette di ottenere risultati
preliminari in pochi minuti dalla ricezione del campione da analizzare.
Rispetto ad altre strumentazioni e
metodologie risulta estremamente
versatile, poco ingombrante e relativamente poco costosa in termini di
apparecchiature, manutenzione e
costo analitico. In particolare le fasi
di preparazione e manipolazione del
campione richiedono solamente
l’installazione di un box con cappa
aspirante (installazione necessaria
anche per tutte le altre metodologie) mentre la fase di analisi e osservazione al MOLP non necessita di
accorgimenti particolari. L’installazione del laboratorio richiede uno
spazio relativamente ridotto e pochi
accorgimenti (corrente elettrica e
acqua) e per questo motivo può avvenire direttamente all’interno di
un prefabbricato da cantiere.
4.1. Campionamento
Il prelievo di campioni per
l’analisi MOLP viene eseguito su
materiale lapideo potenzialmente
amiantifero in genere costituito da
rocce o depositi sciolti.
Le principali rocce potenzialmente amiantifere possono essere
raggruppate nelle seguenti categorie:
35
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
–
Rocce basiche, ultrabasiche, di
origine ignea, costituite da basalti andesiti, gabbri, peridotiti
e ofioliti in genere.
– Rocce basiche, ultrabasiche, di
origine metamorfica, indicate
genericamente come pietre verdi e i cui costituenti mineralogici principali sono riportati nella
tabella 2.
– Rocce dolomitiche (marmi e
calcari dolomitici) soggette a
particolari condizioni metamorfiche.
– Vene mineralizzate a serpentino
o anfibolo che possono attraversare e interessare differenti litologie.
– Zone di taglio fragile-duttile con
evidente sviluppo e neoformazione di fasi mineralogiche eventualmente a morfologia fibrosa.
Le rocce quarzoso-feldspatiche
e carbonatico-calcaree sono da considerarsi prive di minerali amiantife-
ri pertanto non sono oggetto di campionamento, salvo presenza di vene
a minerali fibrosi, o di zone di taglio.
La distinzione e la scelta a livello macroscopico di rocce e depositi
dovrà essere affidata a un geologo
esperto nel riconoscimento su campione a mano.
Nell’ambito della realizzazione
di grandi opere e opere in sotterraneo il campionamento sarà realizzato nei seguenti contesti principali:
– Campionamento su affioramento di rocce, di sedimenti o di fibre visibili a occhio nudo.
– Campionamento su carotaggio
di rocce, di sedimenti o di fibre
visibili a occhio nudo.
– Campionamento in zona di
cantiere del marino o di polveri e materiali litoidi residuali
da azione meccanica (es. scavo
con fresa, D&B, sondaggi a distruzione).
Il campionamento deve preve-
Fig. 4 – Affioramento di metaperidotite con vene di amianto (crisotilo). Esempio di
come la scelta della porzione di roccia da campionare (riquadri bianchi) influenzi il
contenuto di amianto che può essere determinato in fase analitica. Secondo il settore
scelto per il campionamento, si possono ottenere tenore in amianto variabili da 0%
(C1) a 100% (C4).
Outcrops of metaperidotite with asbestos veins (chrysotile). The choice of the portion of
rock to be sampled (white box) will affect the content of asbestos fibers that can be determined in the analytical phase. According to the sampling areas shown in the picture, the
concentration of asbestos can range from 0% (C1) to 100% (C4).
36
dere la raccolta di campioni omogenei, in quantità che siano statisticamente significative e rappresentative
(fig. 4). Poiché per un’analisi MOLP
destinata all’individuazione e caratterizzazione di una fase amiantifera
sono sufficienti alcuni microgrammi
di materiale litoide polverizzato, dovranno essere previste delle operazioni di macinazione e omogeneizzazione dei campioni raccolti sul terreno.
Il campionamento può essere
svolto sia in fase progettuale che durante le diverse fasi di avanzamento
lavori. Lo studio di terreno preventivo, permettendo un’osservazione ed
un’analisi macroscopica dei diversi
contesti geolitologici e tettonici,
consente di confermare o escludere
la presenza di amianto e di circoscriverla a particolari litologie o contesti strutturali, prima dell’inizio della
fase dei lavori.
4.2. Preparazione dei campioni
I campioni prelevati per l’analisi MOLP possono essere distinti in
due categorie:
– campioni di roccia (CR).
– campioni di fibre minerali (AF).
I campioni CR devono essere
osservati preventivamente allo stereomicroscopio o, in sua mancanza,
alla lente d’ingrandimento, al fine
di individuare l’eventuale presenza
di fibre (AF) permettendo di isolarle
dal resto della roccia ed analizzarle
separatamente.
Nel caso in cui l’osservazione
dei campioni CR allo stereomicroscopio non abbia permesso l’individuazione di fibre visibili, si procede
a una delicata macinazione meccanica del campione con un mortaio
manuale ad anelli o con pestello in
agata. Una parte del preparato ottenuto, opportunamente omogeneizzato manualmente, viene in seguito
posto su vetrini e immerso in oli a
indice di rifrazione specifico per essere analizzato.
Per i campioni AF si procede a
una delicata macinazione con morAgosto 2011
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
taio in agata al fine di separare tra
di loro le fibre da analizzare. Dopodiché le fibre disgregate ed omogeneizzate saranno poste similmente ai
preparati CR sui vetrini e immerse
negli oli specifici.
In entrambe i casi il processo
di macinazione deve essere messo in
atto cercando di evitare la neoformazione di fibre per eccessiva frantumazione meccanica, permettendo
esclusivamente la liberazione di fibre per disgregazione del minerale
amiantifero eventualmente presente. A tale scopo i processi di macinazione devono essere svolti con relativa delicatezza evitando un’eccessiva
polverizzazione del campione.
4.3. Analisi dei campioni
al microscopio ottico a luce
polarizzata (MOLP)
La metodologia utilizzata per
l’analisi microscopica dei campioni
prevede l’utilizzo di un microscopio
ottico a luce polarizzata (MOLP)
accessoriato identicamente a quelli
usati in campo mineralogico e petrografico.
L’analisi microscopica dei cam-
pioni CR è eseguita su un preparato rappresentativo del campione di
roccia in cui la presenza di minerali
fibrosi non è stata ancora confermata o esclusa. In questi preparati l’osservazione del vetrino sarà dunque
finalizzata innanzitutto alla ricerca
di eventuali fasi fibrose e poi alla
loro caratterizzazione mineralogica.
L’analisi microscopica dei campioni AF ha invece la sola finalità
di determinare se la fibra abbia le
caratteristiche morfologiche asbestiformi e se appartenga a un minerale
d’amianto.
L’analisi al MOLP a partire da
un unico preparato consente la determinazione contemporanea dei
parametri ottici e morfologici caratteristici delle varie fasi mineralogiche dell’amianto. Questi parametri
sono descritti nei paragrafi seguenti.
4.3.1. Parametri ottici
I parametri ottici determinati
con l’analisi MOLP sono quelli della
petrografia classica. I caratteri ottici
principali dei minerali dell’amianto
sono schematicamente riassunti nella tabella 4.
Tra i diversi parametri ottici
l’indice di rifrazione è l’elemento peculiare per la caratterizzazione di un
minerale. La determinazione degli indici di rifrazione di un minerale viene
ottenuta mediante l’utilizzo di oli a indice di rifrazione specifico, in cui viene immerso il campione da analizzare.
Questa procedura è normalmente utilizzata in campo mineralogico per la
caratterizzazione puntuale e dettagliata di singole fasi minerali. Nell’analisi
dell’amianto gli oli vengono scelti in
modo da corrispondere perfettamente
all’indice di rifrazione delle differenti
specie mineralogiche amiantifere (famiglia del serpentino e degli anfiboli).
In particolare per la determinazione
dei differenti minerali dell’amianto
sono sufficienti oli a indice di rifrazione 1.55, 1.62 e 1.67. Oli a indice di
rifrazione intermedio possono essere
utilizzati come controllo in caso di
eventuali dubbi interpretativi, come
nel caso di fasi mineralogiche non appartenenti alla categoria dell’amianto, ma con caratteri morfologici tipici
delle fibre (es. talco, gesso, anidrite,
wollastonite). Gli indici di rifrazione
di una fibra vengono misurati parallelamente e perpendicolarmente all’allungamento del minerale (rispettivamente n // e n ┴).
Tab. 4 – Parametri ottici dei minerali di amianto definibili con l’utilizzo di microscopia ottica polarizzata.
Optical parameters of asbestos minerals, defined using polarized light microscopy.
PARAMETRI OTTICI DEI MINERALI DI AMIANTO (*) definibili tramite MOLP
Indici di rifrazione (n.)
Famiglia
Specie
Segno Ottico // Tipo e angolo
Birifrangenza
mineralogica mineralogica n. ┴ asse fibra
allungamento di estinzione
n.// asse fibra
Serpentino
Anfiboli
Crisotilo
n. = 1.532-1.549 n. = 1.545-1.556 0.07-0.013
(+)
Attinolite
n. = 1.617-1.658 n. = 1.641-1.677 0.019-0.024 (+)
Amosite
n. = 1.664-1.686 n. = 1.680-1.698 0.014-0.022 (+)
Antofillite
n. = 1.596-1.654 n. = 1.625-1.667 0.016-0.024 (+)
Crocidolite
n. = 1.668-1.717 n. = 1.662-1.701 0.006-0.016 (-)
Tremolite
n. = 1.599-1.622 n. = 1.622-1.641 0.019-0.024 (+)
Colore
e pleocroismo
incolore-beige, non
pleocroico
verde chiaro, pleocroico
(n. α = incolore -verde
inclinato (0-18°)
chiaro. n. γ = verde
chiaro-verde scuro)
beige-bruno,
parallelo (0°)
non pleocroico
incolore-beige, non
parallelo (0°)
pleocroico
blu, pleocroico
parallelo (0°)
(n. α = azzurro-blu.
n. γ = blu-blu scuro)
incolore-grigio chiaro,
inclinato (0-20°)
non pleocroico
parallelo (0°)
Indice (n.)
olio di
riferimento
n. = 1.55
n. = 1.62
n. = 1.67
n. = 1.62
n. = 1.67
n. = 1.62
(*) Da: An Introduction to the rock-froming minerals - W.A.Deer, R.A.Howie, J.Zussman
Agosto 2011
37
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
L’analisi tramite MOLP per– Presenza di fasci di fibre inmette di determinare anche le altre
trecciati e/o caotici;
caratteristiche ottiche dei minerali
– Presenza di fibre o fasci di
tra cui il colore naturale, il pleofibre con estremità sfilacciacroismo, l’angolo di estinzione e il
te;
segno ottico di allungamento del
– Presenza di fibre curve o con
minerale (tab.4). L’insieme di queste
flessure.
proprietà ottiche, considerate conQuesti parametri sono utilizzagiuntamente permettono di identifi- ti nella metodologia proposta come
care con precisione tutti i minerali elementi discriminanti tra una
dell’amianto.
morfologia fibrosa e una allungata
o aciculare e quindi permettono di
differenziare un silicato fibroso da un
4.3.2. Parametri morfologici
silicato non fibroso.
La determinazione dei parametri morfologici di un minerale
permette di indicare se il minerale 4.4. Caratteristiche e limiti
analizzato abbia o meno un abito fi- della metodologia MOLP
broso, asbestiforme.
Come detto in precedenza la
Nei precedenti paragrafi è stato
normativa italiana, mirata principal- illustrato come la determinazione
mente alla tutela della sicurezza ne- congiunta, tramite MOLP, dei pagli ambienti di lavoro (D.L. n.277/91 rametri ottici e morfologici di un
art.23 e D.L. 81/2008), definisce i minerale permetta il riconoscimenparametri morfologici solo per la to univoco e certo delle varie fasi di
definizione di “fibra respirabile” ma amianto, distinguendolo dalle altre
non indica parametri quantitativi specie mineralogiche.
per la definizione di “silicato fibroso”
L’applicazione di questo metoutili per la determinazione minera- do consente di escludere in modo
logica dell’amianto in roccia. Per affidabile la presenza di cosiddette
ovviare a questa mancanza, ai fini “pseudo-fibre”, costituite da fasi midella determinazione di un minerale nerali come ad esempio talco, gesd’amianto in materiale naturale, nel so, anidrite, wollastonite, miche e
presente studio si è fatto riferimento altre fasi mineralogiche fibrose che
alla definizione di fibra asbestiforme non sono considerate come specie
fornita dall’Environmental Protec- di amianto dalle normative vigenti,
tion Agency degli Stati Uniti (EPA nazionali ed internazionali.
1993), applicata nella metodologia
La metodologia proposta è indiRTI International e ripresa tra gli cata come estremamente performanaltri dall’HES inglese. I parametri te sia per analisi di singoli minerali
morfologici riconoscibili al MOLP fibrosi (AF) sia di campioni in massa
che permettono di definire una fibra costituiti da più fasi mineralogiche
asbestiforme sono i seguenti (fig. 3): (campioni in roccia – CR).
– Rapporto medio Lunghezza/
Il limite di detezione è mediaDiametro (L/D) compreso tra mente valutato intorno allo 0,1 % di
20/1 e 100/1 o più elevato per amianto, anche se alcuni studi indifibre più lunghe di 5 µm (il rap- cano che con analisi estremamente
porto è definito per la singola accurate e condizioni favorevoli si
fibra e non per fasci di fibre).
può raggiungere il limite di 1 ppm
– Presenza di fibrille (fibre con (HSE 2006, Shutler 2005).
diametro inferiore a 0.5 µm).
Da un punto di vista granulo– Almeno due fra le seguenti ca- metrico il MOLP permette di osratteristiche:
servare e misurare agevolmente i
– Presenza di fasci di fibre pa- caratteri ottico-morfologici di fibre
rallele;
con diametri > 0,25 µm e lunghezze
38
> 5 µm. Per taglie inferiori, benché
sia possibile distinguere le fibre, la
determinazione dei loro parametri ottici e l’attribuzione a una fase
mineralogica dell’amianto diventa
progressivamente più difficoltosa. Per questo motivo l’utilizzo del
MOLP é meno efficace in caso di
analisi di fibre aerodisperse rispetto
ad altre metodologie come il SEM o
la MOCF.
Infine, per una corretta determinazione della fase mineralogica e
della sua eventuale morfologia fibrosa è sempre necessario che tutti i parametri ottici e morfologici indicati
precedentemente siano determinati
con precisione, in caso contrario
un’analisi lacunosa di suddetti parametri può indurre a errori di valutazione e di determinazione della fase
stessa (falsi positivi e/o negativi).
5. Analisi quantitativa
dell’amianto
La quantificazione del contenuto di amianto in un materiale naturale, analogamente alla sua determinazione qualitativa, costituisce una
problematica complessa. I punti critici della quantificazione sono legati
a tre aspetti fondamentali.
1. Caratteristiche peculiari ed eterogeneità del materiale naturale.
2. Modalità di campionamento e
scelta del campione rappresentativo da analizzare.
3. Limiti strumentali e analitici
delle apparecchiature utilizzate
per la quantificazione.
Gli elementi indicati al punto
1) e 2) costituiscono due variabili
collegate fra loro reciprocamente
che devono essere valutate e determinate nei singoli casi specifici prima di eseguire il campionamento e
l’analisi del materiale naturale. Nel
caso di rocce ad esempio, la distribuzione della fase amiantifera può
essere legata a zone di taglio o a
vene e livelli mineralizzati (cfr. § 2).
Agosto 2011
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
Fig. 3 – Immagini MOLP di amianto (archivio fotografico Geopro). A) Fibre di amosite con rapporto L/D >20 (nicols //). B) Fibrille
di crisotilo (nicols //). C) Fasci di fibre parallele di crocidolite (nicols //). D) Fasci di fibre di crisotilo intrecciati e caotici (nicols ┴
e lamina di gesso). E) Fascio di fibre di tremolite con estremità sfilacciate (nicols ┴). F) Fasci di fibre di crisotilo, curvi e con kinkband (nicols ┴).
Pictures of asbestos fibres taken in MOLP (photo archive Geopro. A) Amosite fibres with L/D ratios > 20, (nicols //). B) Fibrils of chrysotil
(nicols //). C) Parallel fibres bundles of crocidolite (nicols //). D) Chrysotile fibres bundles matted and chaotic (nicols ┴ and gyps lens). E)
Tremolite fibre bundle displaying splayed ends. F) Chrysotile fibres bundles showing curvatures and kink-band (nicols ┴).
Agosto 2011
39
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
In questi casi la distribuzione della
fase di amianto sarà eterogenea con
variazioni nello spazio importanti o
istantanee. Di conseguenza la scelta
del punto di campionamento avrà
un peso rilevante sui risultati quantitativi ottenuti (fig. 4). L’influenza
di questi due elementi può essere
trascurata nel caso di sedimenti a
granulometria fine in cui si può ipotizzare una certa omogeneizzazione
delle fasi mineralogiche al suo interno. In ogni caso la valutazione della
rappresentatività di un campione
sarà affidata al geologo incaricato
del campionamento che valuterà i
parametri litologico-strutturali caso
per caso.
L’elemento indicato al punto 3)
costituisce un’ulteriore condizione
di variabilità indipendente che può
influire sul risultato quantitativo
finale come mostrato nei paragrafi
seguenti.
5.1. Cenni sui tenori di amianto
considerati dalla normativa
italiana vigente
La normativa vigente pone l’accento sulla corretta ed esatta quanti- –
ficazione dell’amianto attribuendo a
questo parametro un peso rilevante
nelle procedure analitiche, pari a
quello attribuito alla determinazione
qualitativa (D.M. 14/5/96). In realtà
un’errata determinazione qualitativa
(falsi positivi o negativi) ha sempre
delle conseguenze tecniche, logistiche, finanziarie e legislative rilevanti
mentre un errore di quantificazione
non ha praticamente nessuna conseguenza pratica a livello legislativo,
salvo rari casi che verranno discussi
di seguito. A livello normativo, tutte
le prescrizioni e le modalità d’intervento diversificato indicate e proposte sono quasi sempre indipendenti
dal contenuto di amianto; dei limiti
quantitativi sono indicati solo per i
seguenti tre casi:
– Materiali in massa: limite con- –
centrazione di amianto 1000
mg/kg (equivalente ad una
40
concentrazione dello 0,1%; D.
Lgs. 152/2006). Come esplicitamente indicato nella nota
alla tabella 1, allegato 5 del
decreto in questione, questo limite “…corrisponde al limite di
rilevabilità della tecnica analitica
(diffrattometria a raggi X oppure
I.R.- Trasformata di Fourier)”.
Come si evince da questa definizione il limite non è legato
intrinsecamente alla pericolosità dell’amianto al variare
della sua concentrazione, ma
si tratta di un semplice limite
“tecnico” conseguente ai limiti
di detezione delle apparecchiature analitiche. Da questa definizione, si deduce che anche
per concentrazioni inferiori
allo 0,1%, se rilevabili dallo
strumento analitico, il materiale in esame debba essere
considerato come contenente
amianto. Ne segue anche che
la classificazione del materiale
come “contenente da amianto”
e le implicazioni che ne derivano sono indipendenti dalla
concentrazione dell’amianto
stesso.
Fibre aerodisperse: valore limite
di esposizione per l’amianto di
0.1 fibre/cm3 di aria (100 fibre/
litro). Questo limite è fissato dai D. Lgs. 257/2006 e D.
Lgs. 81/2008 nell’ambito della
quantificazione delle fibre respirabili. In questo caso la misurazione ponderale del contenuto di amianto non è espressa
in peso o volume ma è espressa
direttamente dal numero di
fibre osservate. Secondo gli
stessi decreti il conteggio delle
fibre di amianto in questo caso
è effettuato di preferenza tramite MOCF, applicando il metodo raccomandato dall’OMS
del 1997 o qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti.
Fibre rilasciate da un materiale sottoposto a stress meccanico:
nell’ambito della quantifica-
zione delle fibre rilasciate da
un materiale il D. M. 14/5/96
introduce il cosiddetto indice
di rilascio (I.R.). L’indice di rilascio è un parametro di valutazione della pericolosità di una
roccia espresso dal rapporto percentuale di amianto rilasciato e
la densità relativa del materiale.
La percentuale di amianto rilasciata si ottiene analizzando le
polveri prodotte dal campione
durante una prova di automacinazione. Il valore limite che
separa i materiali da inviare a
discarica controllata da quelli
riutilizzabili corrisponde ad un
I.R= 0,1. Per una roccia tipo
pietre verdi (tab. 2) questo valore corrisponde a circa il 10 %
peso di fibre di amianto nelle
polveri risultanti dall’automacinazione.
Alla luce di queste considerazioni è evidente come la quantificazione del tenore di amianto sia considerata a livello legislativo solo per
tre casi, uno solo dei quali (l’I.R.) è
applicabile a contesti riguardanti il
tenore di amianto in un materiale
naturale.
L’importanza di una precisa e
corretta quantificazione risulta quindi estremamente meno importante
rispetta ad una sua corretta determinazione qualitativa. In base alle
indicazioni della normativa vigente
appare evidente come l’esatta determinazione quantitativa, espressa
in peso, del contenuto di amianto
risulti spesso un parametro secondario che non ha nessuna finalità
né applicazione pratica rispetto alle
modalità d’intervento sui materiali
contaminati.
5.2. Quantificazione tramite
metodologie analitiche
preesistenti
La normativa italiana nell’ambito della quantificazione dell’amianto propone l’utilizzo delle
metodologie DRX e FTIR (D.M.
Agosto 2011
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
06/09/94 All.1). La quantificazione
effettuata mediante queste tecniche, spettrometriche (FTIR, Raman) e diffrattometriche (DRX), si
basa essenzialmente sulla realizzazione di standard quantitativi prodotti miscelando una fase di amianto in proporzioni conosciute con
una matrice costituita da materiale
non asbestiforme. La matrice può
essere scelta in modo da risultare
non rilevabile dallo specifico strumento analitico in modo da esaltare
i caratteri della fase amiantifera. I
risultati analitici spettrali di questi
campioni standard producono delle
curve di calibrazione che saranno
utilizzate per il confronto con gli
spettri dei campioni analizzati permettendo di indicare una percentuale di amianto. Queste procedure
sono in realtà molto complesse poiché nei materiali a più componenti
minerali per ovviare ai fenomeni
d’interferenza e di varianza (variazione di uno spettro di un minerale
naturale rispetto allo standard puro
di riferimento) si deve ricorrere a
metodi d’interpolazione, correzione
e rielaborazione degli spettri al fine
di ottenere un risultato effettivamente valido e affidabile (Verkouteren et al., 2000).
Queste curve di calibrazione se
non prodotte correttamente possono indurre a errori di quantificazione importanti (fig. 2). In particolare la quantificazione su roccia o
sedimenti richiede la preparazione
di standard secondo criteri più restrittivi rispetto ad altri materiali in
quanto i fenomeni d’interferenza tra
la fase amiantifera e la matrice non
amiantifera possono avere un peso
rilevante nel processo di quantificazione. Per questo motivo la preparazione degli standard deve rispettare
la reale composizione mineralogica
dei campioni da quantificare. In
particolare le seguenti procedure di
calibrazione spesso utilizzate per la
quantificazione in manufatti contenenti amianto, risultano incompatibili con una corretta determinazione quantitativa di una fase di
Agosto 2011
amianto in un campione naturale di
roccia:
– Curva di calibrazione effettuata
mescolando fra loro al massimo
due componenti (ex crisotilo +
antigorite, crisotilo +vermiculite). In una roccia o materiale
naturale l’amianto coesiste con
numerose fasi mineralogiche
(tab. 2) che interferiscono o
mascherano in maniera diversa
la presenza della fase di amianto. Una calibrazione effettuata
considerando solo due composti
non è in grado di fornire risultati quantitativi correttamente
interpretabili.
– Curva di calibrazione effettuata
mescolando un minerale silicatico (la fase di amianto) con un
materiale di diversa origine (es.
materiali organici, vetrosi, a base
carbonatica, fosfatica o altro). In
una roccia o materiale naturale
l’amianto è in genere associato
ad altri silicati spesso simili fra
loro per natura mineralogica
struttura cristallografica. Una
calibrazione di questo tipo non
prende in considerazione possibili interferenze tra i vari silicati e specie mineralogiche simili
falsando il risultato quantitativo dell’analisi.
– Curva di calibrazione effettuata
con un minerale di amianto appartenente a una specie mineralogica
diversa da quella presente nel campione naturale. In questo caso
l’utilizzo di un’unica curva di
calibrazione come riferimento
per la quantificazione di tutti i
minerali dell’amianto, ricavata
da un’unica specie mineralogica
può produrre errori importanti
nella stima quantitativa dl minerale.
Infine va tenuto presente, come
indicato nel capitolo 3.1, che tutte le tecniche analitiche indirette
non permettono la distinzione tra
fasi fibrose e non fibrose. In caso di
coesistenza di fasi mineralogiche
amiantifere con i loro omologhi
non fibrosi (tab. 1) lo strumento
analitico non è in grado di discriminare la percentuale di minerale
di amianto dal suo omologo non
amiantifero producendo delle sovra
estimazioni (o dei falsi positivi) anche importanti. A titolo di esempio
si può citare il caso di rocce come
prasiniti anfiboliti o scisti attinolitici, in cui l’anfibolo della serie
attinolite-tremolite costituisce una
fase caratteristica di queste rocce,
presente in tenori variabili che possono raggiungere anche il 50% della
roccia totale. In questi casi l’impossibilità di determinare la morfologia
del minerale può indurre in errori di
tipo falso positivo con stime quantitative fino al 50 % di amianto, in un
contesto dove l’amianto è in realtà
assente.
5.3. Quantificazione tramite
metodologia MOLP
La stima del tenore di amianto
tramite MOLP può essere effettuata
seguendo tre procedure distinte che
offrono un grado di precisione differente e richiedono tempi diversi di
realizzazione.
5.3.1. Stima semiquantitativa visiva
L’osservazione di un campione
rappresentativo tramite MOLP da
parte di un analista esperto permette di ottenere una stima semiquantitativa del tenore di amianto espressa con intervalli di concentrazione
(CEPA, 1991). Questa valutazione
semiquantitativa ha il vantaggio
di essere estremamente rapida e
di poter essere effettuata durante
l’analisi qualitativa preliminare del
campione. Il suo utilizzo permette
di fornire risposte in tempi rapidi
al fine di organizzare eventuali misure cautelative e d’intervento su
un’area di cantiere. Questa valutazione ha lo svantaggio di non essere
effettuata con strumenti di misura
per cui il risultato fornito è completamente dipendente dalle capacità
e dalle conoscenze dell’operatore.
41
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
5.3.2. Stima quantitativa tramite confronto con standard di calibrazione
Fig. 5 – Esempio d’immagini MOLP di standard di concentrazione di amianto conosciuti per la stima quantitativa dell’amianto. (da NIOSH, 1994).
Example of MOLP images of standards asbestos concentration for the quantitative estimation of asbestos. (NIOSH, 1994)
Il risultato ottenuto con questa procedura è espresso come percentuale
in volume. Nella quantificazione
dell’amianto in roccia va tenuto
presente che la densità dei minerali
di amianto è spesso confrontabile
con quella delle rocce che lo contengono. In questo caso la stima
volumetrica dell’amianto può essere
42
assimilata a quella in peso senza occorrere in errori significativi. Questa semplificazione può non essere
valida nel caso di materiali sciolti
(sedimenti) e per tenori inferiori
all’1%, dove una piccola variazione
della stima quantitativa può portare
a variazioni in peso molto importanti.
Una determinazione quantitativa del tenore di amianto può essere
realizzata tramite l’utilizzo di campioni standard a tenore di amianto
conosciuto.
La preparazione degli standard
è in genere effettuata utilizzando
dei vetrini di calibrazione prodotti
mescolando rocce non amiantifere
frantumate (possibilmente simili a
quelle da analizzare) con quantità
conosciute e crescenti delle diverse
fasi di amianto (es. 1%, 5%, 10%
20% ecc.).
Nel procedimento di preparazione degli standard si raccomanda
l’utilizzo della stessa fase mineralogica di amianto presente nel materiale
naturale o in alternativa di almeno
una serie di standard per il crisotilo e
una serie di standard per un anfibolo
di amianto.
I vetrini di standard cosi ottenuti, a concentrazioni di amianto
differenti, vengono fotografati al
microscopio utilizzando un fattore
d’ingrandimento costante, ottenendo una serie d’immagini campione a
concentrazioni di amianto differenti
(fig. 5). Queste immagini vengono
utilizzate come standard per il confronto con le immagini ricavate dai
preparati di campione naturale analizzato. In base alla distribuzione di
amianto osservata nel campione e
negli standard comparativi, può essere determinato un intervallo percentuale di concentrazione dell’amianto. Il risultato ottenuto può essere
espresso direttamente come percentuale in peso di amianto.
In alternativa agli standard preparati appositamente in laboratorio,
possono essere utilizzati dei modelli
standard esistenti in letteratura sia
nell’ambito della determinazione
dei minerali in sezione sottile, sia
nel campo della determinazione
dell’amianto (es. NIOSH METHOD
9002, 1994, fig. 5). Questi modelli
standard possono avere il difetto di
non riprodurre esattamente l’aspetto
Agosto 2011
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
del campione da analizzare portando A(Vol.%) e M(Vol.%) la percentuale in
a dei valori di valutazione percen- volume di amianto e della matrice.
Altre metodologie più precise
tuale nella stima quantitativa.
ma anche più complesse prevedono
una separazione granulometrica del
5.3.3. Stima quantitativa tramite
campione tramite setacci e un’anametodo di conteggio puntuale.
lisi quantitativa sulle differenti fraQuesta procedura applicabi- zioni granulometriche (Cazzola et.
le per qualsiasi concentrazione di al. 2005). La scelta e l’utilizzo evenamianto è consigliata soprattutto tuale di queste metodologie dovrà
nella quantificazione di tenori di essere valutata in base al grado di
amianto inferiori all’1% per i quali precisione che necessita la misura
il grado di errore degli altri procedi- quantitativa.
menti può essere più significativo. Il
metodo del conteggio puntuale pro- 5.3.4. Stima quantitativa tramite meposto per le fibre di amianto è simile todo di conteggio delle aree di reticolo
a quello utilizzato per il conteggio (Walton-Beckett)
di fibre con il MOCF o il SEM. Il
Nel campo della quantificazioconteggio viene effettuato utilizzando una griglia a maglie o a punti ne di fibre respirabili aerodisperse
(EPA, 1993, CEPA, 1991) e osser- (es. analisi dei filtri d’aria) la metovando il preparato del campione al dologia correntemente riconosciuta
microscopio con un ingrandimento ed utilizzata è quella del conteggio
elevato (40x). Il conteggio permette mineralogico tramite utilizzo del
di quantificare quanti punti o maglie reticolo di Walton-Beckett. Questa
della griglia ricadono su una fibra di metodologia risulta particolarmente
amianto rispetto ad altre particel- efficace nel conteggio numerico di
le della matrice. Viene consigliato fibre fini e con dimensioni fra loro
il conteggio su almeno 400 punti, confrontabili come nel caso di fibre
anche se preferibilmente il conteg- respirabili. Nell’ambito della quantigio dovrebbe esser effettuato su un ficazione dell’amianto nei materiali
intero vetrino rappresentativo e su in massa naturali la differente durezpiù preparati dello stesso campione za dei minerali e la presenza di eteal fine di ottenere un risultato stati- rogeneità composizionali e granulometriche, non permette una tale
sticamente significativo.
La percentuale in volume di omogeneizzazione granulometrica.
amianto A(Vol.%) viene ricavata dalla Ne consegue che il campione da anaformula:
lizzare può contenere fibre e/o fasci
di fibre con dimensioni fra loro molnA
to diverse (es. fibre micrometriche e
A(Vol.%) =
fasci di fibre millimetrici) rendendo
nM
la metodologia di Walton-Beckett
dove nA e nM sono il numero poco affidabile in quanto una fibra
di punti conteggiati rispettivamente millimetrica di amianto può avere
come amianto e come matrice.
un equivalente in massa di migliaIl risultato percentuale espresso ia di fibre isolate «respirabili». Per
in peso A(Peso%) si ottiene dalla for- questi motivi questa procedura di
mula seguente:
quantificazione non è presa in considerazione dalle principali metodoA(Vol.%) · A
· 100 logie internazionali (EPA RTI INRS
A(Peso%)=
HSE.) nel campo della determina(A(Vol.%) · A) + (M(Vol.%) · M)
zione dell’amianto in campioni in
dove A e M sono la densi- massa. In conclusione si ritiene che
tà rispettivamente del minerale di la metodologia di Walton-Beckett
amianto e della matrice (roccia) e possa essere utilizzata nel conteggio
Agosto 2011
di amianto solo per materiali in massa granulometricamente omogenei e
fini ma non possa essere considerata
come una metodologia applicabile
in maniera generica ad un materiale
contenente amianto.
5.3.5. Limiti delle metodologie di
quantificazione tramite MOLP
La stima quantitativa tramite
MOPL è un procedimento che risente anch’esso dei fattori indicati
all’inizio del capitolo 5. I principali limiti strumentali ed analitici di
questa metodologia nell’ambito della quantificazione dell’amianto sono
i seguenti:
– Presenza di elementi a granulometria eterogenea o di porzioni di materiale non disgregato
che possono mascherare le fibre
d’amianto. Questa problematica è facilmente risolvibile tramite una corretta preparazione
ed omogeneizzazione del campione.
– Bidimensionalità dell’osservazione tramite MOLP che può
influire sulla corretta valutazione del volume di una fibra o di
un minerale.
– Limitata profondità di campo dell’osservazione tramite
MOLP che può impedire la corretta quantificazione di fibre fra
loro sovrapposte.
– Potere risolutivo della MOLP
relativamente limitato che non
permette la distinzione di fibre
molto fini (diametro inferiore
0.25 µm). Questa problematica
in realtà influisce principalmente nell’ambito della determinazione di fibre aerodisperse, dove
la taglia delle fibre è in genere
inferiore a 1 µm di diametro.
Nel caso di materiali in massa
la presenza di fibre con dimensioni maggiori di 0,25 µm è in
genere un elemento costante
del materiale e non sono rari
casi in cui le fibre possono raggiungere dimensioni millimetriche. Inoltre l’apporto ponderale
43
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
delle fibre più fini (< 0.25 µm) è
trascurabile rispetto all’apporto
di fibre di maggiori dimensioni
(>1 µm).
La quantificazione tramite
MOLP è affetta da un grado d’incertezza relativo che non può essere rimosso. In questo senso le stime
quantitative con questa metodologia saranno sempre costituite da
valori con un errore percentuale
non eliminabile o da intervalli di
valori più o meno ampi. Questo grado d’incertezza in realtà può essere
ininfluente in quanto le normative
vigenti non richiedono stime quantitative precise per la determinazione dell’amianto in campioni in massa (cfr. § 5.1.).
loro può produrre errori di valutazione estremamente gravi che vanno al
di la della semplice stima ponderale.
Va osservato infine che per casi
di ammassi rocciosi affioranti con
presenza di amianto concentrato in
vene o livelli visibili ad occhio nudo,
la stima del tenore di amianto più
attendibile è quella svolta direttamente sull’affioramento tramite una
valutazione dei volumi delle strutture contenenti amianto rispetto alla
roccia totale (fig. 4). In questo caso
particolare tutte le strumentazioni
analitiche di laboratorio risultano
inutili a questo scopo.
6. Conclusioni
5.4. Osservazioni generali
La metodologia MOLP si caratsull’applicazione delle procedure terizza per un’estrema versatilità e
semplicità metodologica in particodi quantificazione
In base agli elementi descritti è
chiaro come la quantificazione del
tenore di amianto in un materiale
naturale non sia un procedimento
semplice e dai risultati certi ed univoci ma sia in qualche modo una
procedura che va contestualizzata
alle caratteristiche geologiche strutturali e litologiche naturali del campione e ai limiti legati agli strumenti
analitici utilizzati.
La scelta della procedura analitica per la quantificazione dell’amianto deve essere adattata al grado di
precisione richiesto nel risultato.
Mentre per la metodologia
MOLP il relativo basso potere risolutivo (rispetto al SEM) e la relativa
bassa profondità di campo per l’analisi su vetrino possono produrre degli errori quantitativi nella stima del
contenuto di amianto (sottostime),
le altre metodologie possono determinare errori ben più gravi che riguardano la non corretta individuazione dell’amianto. In particolare
per le rocce e materiali naturali dove
si ha coesistenza di minerali fibrosi e
non fibrosi oltre che alla coesistenza
di fasi mineralogiche molto simili tra
44
lare se confrontata con le altre metodologie in uso. Allo stesso tempo
essa permette l’esame dei campioni
tramite osservazione diretta consentendo sia un’analisi di tipo morfologico che di tipo ottico-mineralogico.
Eccetto la spettrometria micro-Raman (accoppiata a un MOLP) ed in
parte la MOCF, nessun’altra metodologia attualmente in uso permette
l’osservazione e la determinazione,
su uno stesso preparato e in maniera simultanea, di parametri ottici e
morfologici. I ridotti limiti analitici
e di potere risolutivo fanno sì che la
MOLP possa essere considerata uno
strumento di analisi adattabile ad
un ampio spettro di casistiche naturali, quali il contesto di analisi degli
ammassi rocciosi. Pertanto, nell’ambito della gestione dei materiali da
scavo per la realizzazione di opere
in sotterraneo o grandi opere in genere, si consiglia l’utilizzo di questa
metodologia per le fasi preliminari
di studio ed il prosieguo delle indagini, geognostiche e di realizzazione
del progetto, oltre che per il monitoraggio nel corso delle diverse fasi
operative.
Per i motivi descritti nei capito-
li precedenti, si ritiene che l’utilizzo
delle metodologie DRX, SEM, TEM,
FTIR e spettrometria Raman (esclusa la micro-Raman) come strumento
di determinazione dell’amianto su
roccia totale non sia sempre affidabile in quanto può facilmente generare
errori d’interpretazione producendo
«falsi positivi» e «falsi negativi». Le
stesse metodologie si caratterizzano
per un’elevata affidabilità in caso
di analisi su fibre monomineraliche
e come tali possono essere utilizzate
per la realizzazione di eventuali analisi complementari alla MOLP, per
confermare l’esatta determinazione
della specie mineralogica amiantifera.
Eventuali analisi complementari per la quantificazione della specie
mineralogica amiantifera possono essere eseguite con metodologia DRX
o FTIR, previa verifica della compatibilità dei risultati spettrali su roccia
totale con standard esistenti. Per
l’esecuzione di queste analisi quantitative si raccomanda sempre la calibrazione degli strumenti sulla stessa
specie mineralogica di amianto presente nella roccia da esaminare.
Abbreviazioni
AF: fibre di amianto
CR: campioni in roccia
DRX: diffrattometria raggi-X
FTIR: spettrometria a raggi infrarossi con trasformata di Fourier
I.R.: indice di rilascio
L/D: rapporto lunghezza su diametro
di una fibra
MOCF: microscopia a contrasto di
fase
MOLP: microscopia a luce ottica
polarizzata
n //: indice di rifrazione parallelo
all’allungamento del minerale
n ┴: indice di rifrazione perpendicolare all’allungamento del
minerale
SEM: microscopia elettronica a
scansione
TEM: microscopia elettronica a
trasmissione
Agosto 2011
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Agosto 2011