AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE Gestione dei materiali di scavo: valutazione della presenza di amianto in roccia e suoli tramite microscopia ottica a luce polarizzata La determinazione di amianto in roccia è una problematica aperta, non ancora affrontata e risolta in maniera definitiva. La normativa vigente in tema di amianto non chiarisce in modo univoco e definitivo le metodologie di analisi e i parametri mineralogici e morfologici da utilizzare nella definizione di un minerale di amianto. Di fronte alla necessità di stabilire una procedura analitica internazionalmente riconosciuta, che consenta l’analisi in sito di materiali naturali (es. rocce e depositi sciolti) e permetta l’attivazione in tempi rapidi delle dovute misure di sicurezza e cautela per la gestione di tali materiali, è proposta una metodologia di analisi di amianto tramite utilizzo di microscopia ottica a luce polarizzata (MOLP). Questa metodologia, ampiamente collaudata, è utilizzata per la determinazione e quantificazione di amianto in campioni in massa principalmente in altri paesi europei (Francia, Inghilterra) e in Nord America (Canada e Stati Uniti). La tecnica analitica MOLP viene proposta poiché risponde all’esigenza di disporre di una metodologia rapida, efficiente e versatile che si possa adattare a condizioni di lavoro critiche a livello ambientale come nel caso di realizzazione di opere in sotterraneo. La tecnica proposta si basa sulla determinazione contemporanea di parametri ottico-mineralogici e morfologici dei minerali in roccia permettendo una caratterizzazione delle diverse specie di amianto. Questa metodologia, a differenza di altre esistenti, si dimostra molto efficace nell’analisi di campioni in massa come le rocce, caratterizzate da più fasi mineralogiche coesistenti; per questa ragione se ne consiglia l’utilizzo nell’ambito della gestione dei materiali naturali di scavo. Tale metodologia è qui specificatamente messa a confronto con le norme previste dalla legislazione italiana in materia di amianto. Parole chiave: Amianto, asbesto, fibre, rocce, scavi in sotterraneo, grandi opere, analisi quantitativa, microscopia ottica a luce polarizzata. Management of disposals materials: evaluation of the presence of asbestos in rock and soils using polarized light microscopy. The determination of asbestos in rocks is an open issue not addressed and resolved yet in a definitive way. Existing laws do not define clearly and unambiguously the analysis methods and mineralogical and morphological parameters that must be used to characterize asbestos mineral. Facing with the exigency of establishing an internationally accepted analysis procedure, that allows in situ analysis of natural materials (e.g., rocks and bulk deposits) and the prompt activation of safety measures for managing asbestos bearing rocks when found, we propose a method for asbestos analysis using polarized light microscopy (PLM).This method, widely tested overseas, is used for identification and quantification of asbestos in bulk samples mainly in other European countries (France, England) and North America (Canada and USA).This analytical procedure (PLM) represents a fast, efficient and flexible methodology that can be adapted to several critical operative and environmental conditions, such as underground works. The proposed technique is based on the simultaneous determination of optical mineralogical and morphological parameters of rock minerals, allowing a characterization of different asbestos types. This method, unlike existing ones, is very efficient in the analysis of bulk samples such as rocks characterized by the presence of several coexisting mineral phases. For this reason we recommend its use in the management excavation involving natural materials that may contain asbestos minerals. In this paper it is also proposed a comparison of this methodology with the operative rules indicated by Italian legislation on asbestos. Keyword: Asbestos, fibres, underground works, large infrastructures, quantitative analysis, polarized light microscopy. Geoingegneria Ambientale e Mineraria, Anno XLVIII, n. 2, agosto 2011, 27-46 Ivan Riccardo Surace*,** Riccardo Torri* Davide Murgese* Antonio Dematteis* * SEA Consulting s.r.l., Torino (I). ** indirizzo attuale: Geopro SA, Roche (CH). Introduzione La determinazione qualitativa e quantitativa dell’amianto nei materiali naturali e la scelta delle metodologie analitiche da utilizzare costituiscono un’ampia problematica in parte ancora irrisolta come esplicitamente indicato nel D.M. 06/09/94 All.1: “La determinazione delle varie forme di amianto contenute in campioni in massa costituisce un problema analitico complesso, a cui a tutt’oggi non è stata data una soluzione soddisfacente. Com’è noto, esistono varie tecniche analitiche per la determinazione quantitativa delle varie forme di amianto; tutte, però, presentano vantaggi e svantaggi.” La normativa italiana nella definizione di amianto, pur prendendo in considerazione i fattori mineralogici e morfologici del minerale, non chiarisce alcuni punti problematici riguardanti le differenze procedurali esistenti tra la determinazione dei minerali fibrosi nei materiali e la determinazione delle fibre respirabili disperse nell’aria (cfr. § 1.1). In particolare le normative italiane vigenti definiscono i parametri mineralogici e morfologici separatamente e in riferimento a due contesti distinti, quello dell’amianto in campioni in massa e quello delle fibre respirabili. Mentre nel campo delle fibre respirabili questi parametri sono definiti quantitativamente, nel caso dei materiali in massa la definizione morfologica rimane di tipo qualitativo (cfr. § 1.1.1.). In questo contesto il presen- 27 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE Gestion des deblais: evaluation de la presence d’amiante dans roches et sols au moyen de la microscopie optique en lumiere polarisée. La détermination de l’amiante dans les roches est une problématique ouverte qui n’a pas encore été traitée et résolue de manière définitive. La législation existante concernant l’amiante n’indique pas de façon claire et sans ambiguïté les méthodes d’analyse et les paramètres minéralogiques et morphologiques que doivent être utilisées pour caractériser un minéral d’amiante. Face à la nécessité d’établir une procédure d’analyse qui soit internationalement reconnue, permettant l’analyse in situ des matériaux naturels (ex., roches et dépôts en vrac) ainsi que l’activation rapide des mesures de sécurité et de soin en raison de la gestion de ces matériaux, on propose l’utilisation de la méthode d’analyse d’amiante à l’aide de la microscopie en lumière polarisée (MOLP). Cette méthode, largement testée, est adoptée couramment pour la détermination et la quantification de l’amiante dans les échantillons en vrac principalement dans d’autres pays européens (France, Angleterre) et en Amérique du Nord (Canada et USA). Cette technique analytique (MOLP) est également proposée car il s’agit d’une méthodologie rapide, efficace et polyvalente qui peut s’adapter à des conditions critiques de travail et environnementales, typiques du domaine des constructions des ouvrages souterrains. La technique proposée est basée sur la détermination simultanée des paramètres optiques, minéralogiques et morphologiques des minéraux d’une roche, permettant une caractérisation ponctuelle des différents types d’amiante. Cette méthode, contrairement à celles qui existent déjà, se révèle très efficace dans l’analyse d’échantillons en vrac tels que les roches, caractérisées par la présence de plusieurs phases minérales coexistantes, et pour cette raison on conseille son utilisation dans la gestion des travaux d’excavation affectant des matériaux naturels. Dans ce papier est proposée aussi une confrontation de cette méthodologie avec la réglementation fixée par la législation italienne sur l’amiante. Mots-clés: Amiante, asbeste, fibres, roches, excavations souterraines, grands ouvrages, analyse quantitative, microscopie optique en lumière polarisée. te lavoro si propone di fornire una metodologia di analisi di rocce e materiali naturali contenenti amianto che superi i punti controversi della normativa e che coniughi nello stesso tempo affidabilità, versatilità e semplicità di realizzazione. In questo modo s’intende offrire una procedura analitica applicabile a situazioni lavorative caratterizzate da particolari condizioni ambientali e climatiche, come quelli legati alla costruzione di grandi opere (tunnel, dighe, impianti idroelettrici ecc.), e situati in zone distanti dai laboratori di analisi. Al fine di offrire una risposta alle esigenze tecniche e logistiche che sorgono nel momento dell’esecuzione dell’analisi per l’amianto in situazioni di lavoro critiche, la metodologia proposta ha l’obiettivo di soddisfare i seguenti punti: – Installazione un laboratorio di analisi autonomo e indipendente nelle immediate vicinanze delle aree di cantiere, sopperendo alla necessità di un centro 28 – – – – di analisi di riferimento preesistente. Allestimento di un laboratorio che richieda pochi ed elementari accorgimenti tecnici nonché una strumentazione analitica poco ingombrante e facilmente mobilizzabile. Identificazione e quantificazione dei minerali d’amianto in un campione in massa (roccia o deposito sciolto); Ottenimento del risultato analitico in tempi brevi permettendo l’immediata applicazione di scelte operative atte all’eventuale intervento su materiali di scavo per la scelta delle modalità di stoccaggio e per l’immediata attivazione delle misure di tutela dei lavoratori e degli ambienti di lavoro. Possibilità di ripetere la procedura analitica in routine grazie alla sua semplicità realizzativa e al suo costo ridotto rispetto alle altre metodologie esistenti. L’esigenza di proporre una metodologia che soddisfi i punti sopra descritti nasce direttamente da una sintesi delle esperienze maturate dagli autori nel corso degli anni direttamente su casi reali1 relativi alla progettazione e lo scavo di opere sotterranee, alla gestione del materiale di cava e alla pianificazione territoriale. In questo contesto la metodologia proposta intende fornire una tecnica analitica che risulti funzionale al processo di gestione dei materiali contenenti amianto in tutte le loro fasi (riconoscimento, quantificazione, movimentazione, bonifica, trasporto e stoccaggio). 1. Definizione di amianto Il termine amianto o asbesto viene utilizzato per definire un gruppo di silicati appartenenti alla famiglia degli anfiboli e del serpentino, caratterizzati da una morfologia di tipo fibroso. La caratteristica principale di questi minerali è quella di sfilacciarsi e separarsi in fibre estremamente fini che possono raggiungere diametri inferiori a 0,1 µm. Questa definizione di amianto, che impone la coesistenza di condizioni mineralogiche e morfologiche, si caratterizza per le due seguenti situazioni limite: – Presenza di fibre che presentano morfologia e dimensioni tali da essere considerate amianto (o essere inalabili) ma non appartenenti a una famiglia mineralogica considerata come amianto (es. fibre di talco, gesso.) – Presenza di minerali appartenenti alla stessa famiglia mineralogica dell’amianto ma con caratteri morfologici tali da non essere considerati fibrosi (es. abito tabulare, allungato, aci1 Progettazione preliminare della nuova linea ferroviaria Torino-Lione – Progetto esecutivo della SS 24 del Monginevro presso Clavière – Progettazione d’infrastrutture nel comune di Sauze d’Oulx Agosto 2011 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE Tab. 1 – Classificazione dei minerali di amianto secondo il D. L. 81/2008 Titolo ix, capo iii, sez i, art. 247. Classification of asbestos minerals according to D. L. 81/2008 Title IX, Chapter III, Section I, art. 247. CLASSIFICAZIONE DEI MINERALI DI AMIANTO SECONDO LA NORMATIVA VIGENTE GRUPPO DEGLI ANFIBOLI Descrizione Silicato fibroso Formula chimica n. CAS[1] Crocidolite Na2(Mg,Fe)7Si8O22(OH)2 12001-28/-4 Varietà fibrosa dell’anfibolo riebeckite Grunerite d’amianto (Amosite) (Mg,Fe)7 Si8O22(OH)2 12172-73-5 Varietà fibrosa della serie di anfiboli grunerite – cummingtonite Antofillite d’amianto (Mg,Fe)7Si8O22(OH)2 77536-67-5 Varietà fibrosa dell’omonimo anfibolo Actinolite d’amianto Ca2(Mg,Fe)5Si8O22(OH)2 77536-66-4 Varietà fibrosa dell’omonimo anfibolo Tremolite d’amianto Ca2Mg5Si8O22(OH)2 77536-68-6 Varietà fibrosa dell’omonimo anfibolo GRUPPO DEL SERPENTINO Silicato fibroso Formula chimica n. CAS Descrizione Crisotilo 12001-29-5 Varietà fibrosa del serpentino [1] Chemical Abstracts Mg3Si2O5(OH)4 Service (CAS): è il numero con cui viene assicurata la completa identificazione delle sostanze chimiche. culare) e quindi non definibili come amianto. Le implicazioni pratiche di questi due casi limite saranno discusse nel capitolo 3. 1.1. I minerali dell’amianto nelle normative italiane vigenti La normativa italiana (D.L. 81/2008) considera e disciplina come amianto sei specie di silicati fibrosi appartenenti ai gruppi mineralogici degli anfiboli e del serpentino (tabella 1). Come si può notare dalla tabella 1, la normativa non specifica i parametri morfologici dimensionali necessari per definire il termine “fibroso” o “fibra” che in questo contesto rimane un’accezione puramente qualitativa. Ne consegue che la normativa, pur considerando in maniera separata la determinazione di amianto nei materiali in massa e nelle fibre aerodisperse, non fornisce dei parametri univoci da adottare nei due casi, in particolare per l’analisi di materiali in massa. Infine si riscontra un vuoto normativo sulle Agosto 2011 linee guida per l’analisi di amianto in materiali naturali e in roccia, in particolare nell’ambito della realizzazione di grandi opere. 1.1.1. Definizione di “fibra” e “fibra respirabile” La normativa italiana nella definizione di “fibra respirabile» (D. L. 15/08/91) fa riferimento ai parametri morfologici indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) senza specificare se questi parametri siano applicabili anche alla generica definizione di “fibra”. L’OMS ha definito una “fibra” come una particella caratterizzata da una lunghezza superiore o uguale a 5 µm e da un rapporto di allungamento, lunghezza su diametro (L/D), maggiore o uguale a 3/1 (OMS, 1985). Sempre l’OMS definisce come “fibre respirabili” tutte quelle fibre aventi anche un diametro inferiore a 3µm; fibre di diametro superiore sono invece considerate non respirabili avendo una scarsissima probabilità di penetrare nei polmoni sino al livello alveolare. I parame- tri indicati dall’OMS permettono di definire in maniera univoca una fibra respirabile definendo sia il suo diametro che il rapporto L/D mentre risultano meno restrittivi nella definizione generica di fibra poiché un rapporto L/D >3/1 permette di inserire nel campo delle fibre anche dei minerali con abito aciculare o allungato. Per questo motivo, nell’ambito della caratterizzazione dell’amianto nei materiali in massa, altri organismi tecnico-scientifici, tra cui l’EPA2 e altre agenzie europee (INRS, HSE)3, nella definizione generica di fibra (non respirabile) propongono altri valori di L/D rispetto a quelli indicati dall’OMS. Questi enti indicano un rapporto minimo L/D di 10/1 o 20/1 per le “fibre” e valori minimi di 5/1 per le “fibre respirabili”; questi valori, più restrittivi di quelli proposti dall’OMS, permettono di evitare che i minerali con abito aciculare o allungato possano rientrare nel dominio delle Environmental Protection Agency – US Institut National de Recherche et de Sécurité – F ; Health and Safety Executive – UK 2 3 29 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE fibre o delle fibre respirabili. Questa distinzione è stata resa necessaria dal fatto che molti minerali presenti in rocce e materiali naturali possono avere abiti morfologici con rapporto L/D uguale o maggiore di 3/1 senza per questo essere dei minerali fibrosi (Wylie A.G., 2000). Infine l’OMS indica come la lunghezza delle fibre respirabili abbia una scarsa influenza sul loro comportamento aerodinamico; in generale si può ritenere che fibre di lunghezza superiore a 200-250µm siano troppo grandi per depositarsi nei polmoni e quindi siano non respirabili a tutti gli effetti. 1.2. Minerali asbestiformi non regolamentati Le sei fasi di amianto riportate nella tabella 1 sono le uniche regolamentate a livello nazionale e internazionale e riconosciute come cancerogene dall’International Agency for Research on Cancer (IARC, 1986). Ciononostante, oltre ai sei minerali dell’amianto riconosciuti per legge, esistono numerose varietà di silicati fibrosi asbestiformi anch’essi potenzialmente pericolosi e cancerogeni. Considerando la realtà italiana possiamo ricordare la balangeroite (Compagnoni et al., 1983), la carlosturanite (Compagnoni et al., 1985) e l’anfibolo fluoro-edenite (Gianfa- gna & Oberti, 2001). Questi minerali sono relativamente rari e sono stati riconosciuti in specifici contesti geolitologici; in particolare la balangeroite e la carlosturanite sono minerali correntemente associati al crisotilo e diffusi principalmente nell’arco alpino nord-occidentale. In natura, anche altre fasi mineralogiche, molto più diffuse, possono presentarsi in forma fibrosa come ad esempio il talco, il gesso, la wollastonite e il diopside. Tutti questi minerali e i silicati in particolare, quando presenti in forma fibrosa e respirabile, possono rappresentare un pericolo per la salute dell’uomo, anche quando non costituiscono una specie di amianto riconosciuta per legge. 2. Cenni sul contesto geologico-strutturale di formazione dell’amianto Dal punto di vista genetico tutti i minerali potenzialmente amiantiferi cristallizzano con morfologie fibrose solo in determinate condizioni termobariche. In linea di principio queste condizioni sono tipiche del grado metamorfico medio-basso e sono legate a un’importante circolazione di fluidi (Ross 1981; Schreirer 1989). Gli aggregati di minerali amiantiferi sono in genere distribuiti all’interno di un ammasso roccio- so in modo eterogeneo e sono solitamente associati e circoscritti a vene e fratture mineralizzate o a zone di taglio fragile-duttile (Perello & Venturini, 2005). La concentrazione di fibre di amianto in una roccia può essere estremamente variabile, anche se spesso è limitata a tenori inferiori al 10% del volume della roccia. La gran parte dei giacimenti di amianto esistenti si trova proprio in corrispondenza di grandi zone di taglio duttile e i tenori di amianto nella roccia estratta di rado superano il 10% in volume (es. Miniera di Balangero: tenori medi 6-8%, Bologna et al. 2005). Concentrazioni più elevate o tendenti al 100% si osservano essenzialmente nelle vene mineralizzate. Da un punto di vista litologico solo alcune rocce possono sviluppare e ospitare minerali amiantiferi, mentre altre litologie risultano da questo punto di vista completamente “sterili”. Le rocce potenzialmente amiantifere sono costituite principalmente da litotipi basici e ultrabasici sia di origine ignea che metamorfica. Le rocce di origine ignea sono costituite da basalti, andesiti, gabbri, ofioliti e peridotiti. I litotipi metamorfici principali, genericamente definiti come “pietre verdi”, sono riconducibili alle famiglie litologiche elencate nella tabella 2 tratta dal D.M. 14/05/96. Tab. 2 – Classificazione delle rocce appartenenti alla famiglia delle “pietre verdi” secondo il D.M. 14/5/96. Classification of “green stones” family rocks according to the D.M. 14/05/1996. Classificazione delle cosidette “Pietre verdi” in funzione del loro contenuto di amianto Litotipo Minerali principali “serpentiniti” s.l. antigorite, crisotilo, olivina, orto- e clinopirosseni, anfibolo, tremolite, talco, dolomite, granato, spinelli cromite e magnetite prasiniti feldspato albite, epidoti, anfiboli, tremolite-actinolite, glaucofane, crocidolite, clinopirosseni e mica bianca eclogiti pirosseno monoclino, granato, rutilo, anfibolo, glaucofane, crocidolite anfiboliti orneblenda, plagioclasio, zoisite, clorite, antofillite-gedrite Scisti actinolitici actinolite, talco, clorite, epidoto, olivina scisti cloritici, talcosi e serpentinosi talco, clorite, dolomite, tremolite, actinolite, serpentino, crisotilo, rutilo, titanite, granato oficalciti talco, antigorite, crisotilo, tremolite, dolomite, calcite, olivina 30 Agosto 2011 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE Altre litologie potenzialmente amiantifere sono costituite dalle rocce dolomitiche (marmi dolomitici, calcari dolomitici ecc.) in cui può svilupparsi anfibolo fibroso di tipo tremolitico. Le rocce quarzoso-feldspatiche e carbonatico-calcaree sono da considerarsi prive di minerali amiantiferi, anche se possono contenere al loro interno vene o mineralizzazioni secondarie contenenti amianto. 2.1. Considerazioni sulla genesi delle fibre di amianto e delle fibre respirabili La formazione e la liberazione di fibre di amianto costituiscono due processi geneticamente legati sia a fattori naturali che antropici. I fattori naturali sono riconducibili da un lato alla particolare cristallizzazione di minerali con abito fibroso e dall’altro alla loro disgregazione a seguito di processi di alterazione superficiale che determinano il rilascio di fibre libere. I fattori antropici sono correlati essenzialmente all’azione meccanica esercitata sulla roccia. In questo contesto tutti gli interventi su ammassi rocciosi che producono una macinazione e una riduzione di granulometria dei costituenti mineralogici possono produrre e liberare fibre di amianto. Su quest’argomento esistono diversi studi scientifici che hanno analizzato le quantità di fibre rilasciate da diverse rocce, non necessariamente contenenti amianto, sottoposte a diversi tipi di stress meccanico. Alcuni studi (Rochat 2004; Turci 2005) hanno evidenziando come l’azione meccanica su rocce contenenti minerali solo potenzialmente amiantiferi (non fibrosi), possa liberare fibre respirabili di amianto in quantità elevate. Una situazione di questo tipo può essere riscontrata nell’ambito dello scavo di un tunnel durante l’attraversamento un ammasso roccioso potenzialmente amiantifero (es. prasiniti o anfiAgosto 2011 boliti). In questo caso l’azione meccanica impressa sulla roccia durante le diverse fasi di avanzamento potrà influenzare il tasso di liberazione di fibre respirabili, indipendentemente dalla presenza e concentrazione naturale iniziale dell’amianto stesso. A livello normativo quest’aspetto problematico è parzialmente regolamentato dal (D.M. 14/5/96). In questo decreto la quantificazione del numero di fibre d’amianto liberate in funzione dell’azione antropica è valutata tramite la determinazione del cosiddetto indice di rilascio di una roccia (I.R.), cioè la sua capacità di liberare fibre se sottoposta a stress meccanico (cfr. § 5.1). 3. Aspetti problematici legati alla determinazione dell’amianto in campione massiccio Come indicato anche dalla normativa italiana (D.M. 6/9/94, All. 1 e 3), la determinazione della presenza di un minerale d’amianto o asbestiforme in una roccia non è sempre evidente. Questa possibile incertezza è legata a due aspetti fondamentali: 1. Caratteristiche peculiari e limiti investigativi dei vari strumenti analitici. 2. Caratteri mineralogici e/o morfologici specifici di alcuni minerali che possono fornire risultati non sempre di facile e univoca interpretazione. Durante l’analisi per la determinazione di una fase amiantifera, la combinazione dei due fattori sopracitati, è alla base di possibili errori d’interpretazione in genere definiti come “falsi positivi” (individuazione di amianto in assenza dello stesso) o “falsi negativi” (mancata individuazione di amianto in presenza dello stesso). Questi errori si possono produrre principalmente nei seguenti casi: – Presenza di minerali che appar- – tengono alla famiglia dell’amianto da un punto di vista mineralogico ma con caratteristiche non fibrose. Un esempio di questa casistica è dato dagli anfiboli della serie tremolite-attinolite. Questi minerali sono estremamente comuni e diffusi in molte rocce, dove si presentano nella loro classica forma aciculare o allungata, mentre il corrispettivo morfologico fibroso è estremamente più raro e circoscritto. In questo caso gli errori d’identificazione (falsi positivi) di queste famiglie di minerali possono essere legati alla mancata caratterizzazione morfologica del minerale che può verificarsi nel caso di utilizzo di strumenti analitici indiretti (es. DRX, FTIR o spettrometria Raman). Intima associazione, all’interno di una roccia, di una stessa fase mineralogica con caratteri asbestiformi e non asbestiformi. Questa problematica, trascurabile per i manufatti contenenti amianto, dove il minerale si trova sempre sotto forma di fibra poiché inserito appositamente dall’uomo, assume invece un’importanza fondamentale per le rocce dove la coesistenza di una stessa fase mineralogica nel contempo fibrosa e non fibrosa è un fattore molto comune. A titolo di esempio può essere considerata un’anfibolite contenente attinolite d’amianto (fibrosa) e attinolite non fibrosa. In questo caso un’analisi su roccia totale senza caratterizzazione morfologica del minerale produrrebbe dei risultati non univoci ma differentemente interpretabili (falsi positivi e/o falsi negativi). Infatti poiché le specie minerali hanno stessa composizione chimica e mineralogica i risultati spettrali eseguiti con metodi indiretti incapaci di determinare i parametri morfologici (es. DRX, FTIR o spettrometria Raman) saranno identici per le due fasi 31 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE – – 32 mineralogiche. Inoltre, in una roccia in cui coesistono fasi asbestiformi e non asbestiformi, in un rapporto di concentrazione uguale o maggiore rispettivamente a 1/10 (ad esempio una serpentinite costituita da un melange di antigorite e crisotilo), la fase non asbestiforme può mascherare completamente i caratteri dell’omologa fase asbestiforme inducendo in errori di tipo “falso negativo”. Presenza di minerali fibrosi non appartenenti alle categorie mineralogiche dell’amianto. In una roccia coesistono differenti fasi mineralogiche. Tra queste vi sono dei minerali che non rientrano nel campo dell’amianto per mineralogia, ma che possono avere caratteri morfologici tipici delle fibre asbestiformi. Tra questi minerali possiamo ricordare il talco (abbondante in rocce basiche e ultrabasiche e spesso associato a tremolite, crisotilo e serpentino), l’antigorite, il gesso, l’anidrite, la wollastonite, la vermiculite e alcune forme di fillosilicati e miche cristallizzati in condizioni termobariche particolari. Alcuni di questi minerali, come il talco o l’antigorite oltre a presentarsi sotto forma fibrosa, hanno una composizione tale che se analizzati con sistemi semiquantitativi (es. SEM) possono restituire spettri composizionali del tutto confrontabili con gli omologhi amiantiferi (ex talco con antigorite e crisotilo). In questo caso l’utilizzo di strumenti analitici non appropriati può dare origine a errori interpretativi di tipo “falso positivo”. Grado di manipolazione meccanica di un campione di roccia. Come indicato in precedenza nel capitolo 2.1, un diverso grado d’azione meccanica su uno stesso campione di roccia può generare particelle a diverse dimensioni e geometrie. Nel caso di una roccia contenente minerali con abito allungato o aciculare, un’intensa macinazione meccanica può ridurli di taglia fino al raggiungimento di dimensioni comparabili a quelle delle fibre respirabili. Quando una roccia contenente minerali di amianto da un punto di vista mineralogico, ma non da un punto di vista morfologico (ex tremolite non fibrosa), viene sottoposta a uno stress meccanico importante e continuativo (es. fresa sul fronte di scavo), si potranno generare particelle di dimensioni a tutti gli effetti compatibili con quelle di amianto respirabili. Nel caso di una loro aerodispersione, l’analisi risultante da un monitoraggio dell’aria durante la fase di scavo indicherebbe la presenza di fibre di amianto respirabili mentre l’analisi sul campione di roccia indisturbato indicherebbe l’assenza di amianto. Quest’esempio evidenzia come si possano ottenere risultati in contraddizione fra loro per analisi condotte su stessi campioni, ma in tempi e condizioni di stress meccanico differenti. Per evitare la produzione di “falsi positivi” e per una corretta identificazione dei minerali di amianto nel campione intatto e naturale deve essere tenuto in conto il grado di macinazione che può subire la roccia da analizzare. 3.1. Principali inconvenienti e limiti delle metodologie di analisi attualmente in uso. Nel panorama delle analisi per la determinazione delle fibre di amianto le metodologie e gli strumenti analitici proposti sono numerosi e diversificati. Ciononostante ogni metodologia e/o strumento analitico presenta, oltre a numerosi vantaggi, alcuni svantaggi o inconvenienti insiti in genere nelle carat- teristiche intrinseche degli strumenti utilizzati (D.M. 06/09/94 All.1; EPA 1993). Le principali criticità di queste metodologie sono presentate schematicamente nella tabella 3 e sono brevemente descritte di seguito. – Costi elevati della strumentazione: molti degli strumenti analitici hanno costi di strumentazione, esercizio e mantenimento che sommati possono superare anche il milione di euro. Ne segue che solo grandi centri analitici o universitari possono disporre di tali strumentazioni. – Dimensioni e fragilità della strumentazione: nel loro insieme le apparecchiature analitiche richiedono sovente un’installazione relativamente lunga e complessa. Gran parte di queste strumentazioni necessita infatti di una collocazione in ambienti dedicati, in cui parametri come temperatura e umidità siano controllati. Inoltre molte di queste apparecchiature necessitano dell’assistenza d’impianti di aerazione, di circolazione di acqua in pressione per il raffreddamento, di decompressori per il vuoto e di strumenti di radioprotezione. – Tempi elevati di preparazione e analisi dei campioni: in genere la preparazione dei campioni è relativamente lunga e complessa, necessitando in vari casi di azioni di taglio, macinazione, impregnazione, trattamento chimico, compattazione, essiccamento del campione. Queste procedure possono richiedere da alcune ore fino ad alcuni giorni di lavorazione e necessitano in taluni casi dell’’intervento di personale specializzato. Inoltre l’analisi stessa e l’interpretazione del risultato possono richiedere ulteriori trattamenti informatici che allungano le tempistiche di restituzione del risultato finale. – Ottenimento di risultati indiretAgosto 2011 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE Tab. 3 – Elenco delle principali criticità delle diverse metodologie analitiche utilizzate per l’analisi dell’amianto Critical aspects for each analytical method applied to asbestos analysis. Elenco delle principali criticità delle diverse metodologie analitiche utilizzate per l’analisi dell’amianto Metodologia Strumentazione Criticità Costo della strumentazione e dell’analisi Necessità di uno spazio-laboratorio dedicato Tempi di preparazione del campione e dell’analisi DRX Diffrattometro raggi-X Emissione di radiazioni Risultato indiretto (spettro) Incapacità di distinzione mor Costo della strumentazione Tempo di preparazione del campione Risultato indiretto (spettro) FTIR Spettrometro a raggi infrarossi Incapacità di distinzione morfologica della fase mineralogica Perdità di definizione, affidabilità e aumento del limite di detezione per campioni contenenti piu fa Limite di detezione per granulometrie estremamente fini (<0,2 micron) MOCF Microscopio ottico a contrasto di fase Impossibilità di determinare con certezza la fase mineralogica in alcuni casi specifici per carenza di elementi analitici*. Costo della strumentazione Spettrometro Raman associato a Tempo di preparazione del campione Micro-Raman microscopio ottico polarizzato Limitata versatilità Risultato indiretto (spettro) Incapacità di distinzione morfologica della fase mineralogica Raman Spettrometro Raman Perdità di definizione, affidabilità e aumento del limite di detezione per campioni contenenti piu fasi mineralogiche (es. rocce) Costo della strumentazione e dell’analisi Necessità di uno spazio-laboratorio dedicato SEM Microscopio a scansione elettronica Tempo di preparazione del campione Incapacità di determinare con certezza una fase mineralogica in alcuni casi specifici* (analisi spettrale semiquantitativa) Costo della strumentazione e dell’analisi Necessità di uno spazio-laboratorio dedicato Tempo di preparazione del campione e dell’analisi TEM Microscopio a trasmissione Perdità di definizione, affidabilità e aumento del limite di detezione per campioni contenenti piu fasi mineralogiche * Vedere testo § 3 e § 3.1. ti: tutti gli strumenti analitici spettrometrici e diffrattometrici come la DRX, il FTIR e Raman, non permettono l’osservazione diretta del materiale analizzato e forniscono come risultato un diagramma spettrale (fig. 1 e 2). Le criticità legate a questi due fattori sono le seguenti: – Il tipo di analisi non permette una verifica diretta dei risultati e dell’interpretazione degli spettri. – In caso di analisi non puntuale e/o su campioni in Agosto 2011 massa a più componenti mineralogiche (es. roccia) il risultato analitico è costituito da un unico spettro che rappresenta l’insieme delle fasi mineralogiche presenti nel campione analizzato. La separazione e l’interpretazione del numero di fasi presenti è fatta da un operatore o da un programma di calcolo che attribuisce i picchi spettrali a una o più – fasi piuttosto che ad altre. – Il risultato indiretto (fig. 1 e 2) non permette in alcun caso la distinzione di una fase mineralogica fibrosa dalla stessa fase non fibrosa. Questo perché due minerali della stessa specie mineralogica, uno fibroso e l’altro non fibroso daranno origine a spettri identici e indistinguibili. Tale distinzione deve essere quindi eseguita con altri strumenti analitici. Prestazione dell’analisi dipendente dalla purezza della fase mineralogica e dal numero/ tipo di altre 33 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE Fig. 1 – Esempio di curva di calibrazione FTIR per un composto di crisotilo (Ctl) e antigorite con tenori di crisotilo crescenti da 0 a 100%. La linea rossa rappresenta lo spettro di restituzione FTIR. L’area grigia è ottenuta con un programma di calcolo e rielaborazione delle curve spettrali. Si può notare come per tenori inferiori al 30% di crisotilo (colonna di sinistra) lo spettro grezzo (linea nera) non permetta l’individuazione del minerale. Inoltre l’area grigia ottenuta con un programma di calcolo e rielaborazione non permette di distinguere il crisotilo per tenori inferiori al 5%. (da Groppo 2005) Example of FTIR calibration curve for a mixture of chrysotile (Ctl) and antigorite with chrysotile concentration increasing from 0 to 100%. The red line represents the FTIR spectrum. The grey area was produced by a program for the computing and processing of spectral curves. For concentrations of chrysotile below 30% (left column) the raw spectrum (black line) does not allow the identification of the mineral. In addition, the grey area produced by a data computing and processing can not differentiate chrysotile when concentration is below 5%. (from Groppo 2005). Fig. 2 – Spettri Raman di una serpentinite naturale alpina sovrapposti alla curva relativa allo standard puro del Crisotilo e alla curva relativa allo standard puro dell’Antigorite. Si può osservare come lo spettro della serpentinite rappresenti un termine intermedio dei due spettri puri e non permetta di distinguere con sicurezza le fasi mineralogiche presenti all’interno del campione. Nel metodo DRX i risultati sono del tutto comparabili a quelli della spettrometria Raman (da Piani 2007). Raman spectra of a natural alpine serpentinite superimposed on the pure standard Chrysotile and pure standard Antigorite spectra. The spectrum of serpentinite represents an average term of two reference spectra and does not allow to distinguish between the serpentine phases in the sample. In the DRX method, the results can be compared to those from Raman spectroscopy (from Plans, 2007). 34 Agosto 2011 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE fasi mineralogiche contemporaneamente presenti: gli strumenti spettrografici e diffrattometrici forniscono ottime prestazioni quando le fasi minerali vengono analizzate singolarmente. Nel caso dell’analisi di campioni di roccia, caratterizzati dalla coesistenza di più fasi mineralogiche, queste prestazioni decadono in maniera sostanziale poiché la restituzione del risultato sotto forma spettrale non permette di ottenere spettri separati per ogni singola fase mineralogica ma produce uno spettro unico che sarà il risultato della somma di tutti gli spettri mineralogici degli elementi presenti nel campione. Inoltre poiché l’intensità dei picchi (cioè la loro altezza) è proporzionale alla concentrazione delle differenti fasi mineralogiche, un composto presente in piccole quantità all’interno di un campione contenente altre fasi tenderà ad essere “nascosto” da queste ultime. Va inoltre tenuto presente che le diverse fasi mineralogiche coesistenti in una roccia possono produrre spettri molto simili fra loro, che si differenziano solo per alcuni picchi secondari di minore intensità; in questi casi l’insieme di picchi ottenuti dalla sovrapposizione delle fasi può portare al completo mascheramento dei picchi secondari con conseguente impossibilità di distinguere con chiarezza i minerali presenti. Infine la presenza di fasi mineralogiche impure può fornire risultati spettrali che si discostano da quelli utilizzati come standard di riferimento inducendo a possibili errori interpretativi (falsi negativi). In sintesi il limite principale delle metodologie utilizzate sta nella drastica diminuzione della capacità analitica al passaggio da una singola fase a più fasi coesistenti (Marconi, 1983). Questo fattore diAgosto 2011 venta importante quando si devono individuare delle fasi mineralogiche amiantifere in concentrazioni relativamente basse e associate ad altri minerali. Un’altra importante criticità sta nell’impossibilità, da parte delle metodologie spettrometriche e diffrattometriche, di determinare le caratteristiche morfologiche del minerale. Questa criticità facilmente risolvibile in caso di fibre visibili ad occhio nudo diventa più difficilmente superabile in caso di fibre microscopiche incluse in minerali non fibrosi (come avviene per le rocce). Inoltre, eccetto la spettrometria Micro-Raman, nessuna metodologia applicata singolarmente permette di ottenere nello stesso tempo un’analisi morfologica e composizionale sufficientemente precisa e dettagliata. Come discusso in seguito, la metodologia proposta permette di ovviare a queste problematiche permettendo contemporaneamente l’osservazione diretta della fibra, la sua caratterizzazione morfologica e ottico-mineralogica ed eventualmente anche la sua valutazione quantitativa. 4. La metodologia MOLP nell’ambito della caratterizzazione delle fibre di amianto. La metodologia per la caratterizzazione delle fibre di amianto proposta in questo studio è basata sull’utilizzo della microscopia ottica a luce polarizzata (MOLP) associata all’impiego di oli a indice di rifrazione conosciuto. La metodologia proposta fa riferimento alle procedure analitiche e metodologiche descritte in numerose pubblicazioni di Enti Internazionali ed esteri preposti al controllo sanitario ed ambientale (EPA -600/M4-82-020, 1982; Method 435 CEPA, 1991; EPA/600/R-93/116, 1993; hsg248 HSE, 2005). La stessa metodolo- gia è indicata e raccomandata per l’analisi di campioni in massa e suoli dallo IATL (International Asbestos Testing Laboratories; website: www. iatl.com). L’analisi MOLP è correntemente utilizzata per la determinazione e quantificazione di amianto nei materiali in massa in Inghilterra (HSE – UKAS), Francia (INRS) e Stati Uniti (EPA – RTI) e in questi stati è regolamentata e riconosciuta da un punto di vista legislativo. Questa metodologia risulta essere il miglior compromesso tecnicoqualitativo tra le differenti metodologie analitiche esistenti per l’analisi dell’amianto permettendo di offrire contemporaneamente un’analisi ottico-mineralogica e morfologica di più fasi minerali coesistenti. Inoltre, essa permette di ottenere risultati preliminari in pochi minuti dalla ricezione del campione da analizzare. Rispetto ad altre strumentazioni e metodologie risulta estremamente versatile, poco ingombrante e relativamente poco costosa in termini di apparecchiature, manutenzione e costo analitico. In particolare le fasi di preparazione e manipolazione del campione richiedono solamente l’installazione di un box con cappa aspirante (installazione necessaria anche per tutte le altre metodologie) mentre la fase di analisi e osservazione al MOLP non necessita di accorgimenti particolari. L’installazione del laboratorio richiede uno spazio relativamente ridotto e pochi accorgimenti (corrente elettrica e acqua) e per questo motivo può avvenire direttamente all’interno di un prefabbricato da cantiere. 4.1. Campionamento Il prelievo di campioni per l’analisi MOLP viene eseguito su materiale lapideo potenzialmente amiantifero in genere costituito da rocce o depositi sciolti. Le principali rocce potenzialmente amiantifere possono essere raggruppate nelle seguenti categorie: 35 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE – Rocce basiche, ultrabasiche, di origine ignea, costituite da basalti andesiti, gabbri, peridotiti e ofioliti in genere. – Rocce basiche, ultrabasiche, di origine metamorfica, indicate genericamente come pietre verdi e i cui costituenti mineralogici principali sono riportati nella tabella 2. – Rocce dolomitiche (marmi e calcari dolomitici) soggette a particolari condizioni metamorfiche. – Vene mineralizzate a serpentino o anfibolo che possono attraversare e interessare differenti litologie. – Zone di taglio fragile-duttile con evidente sviluppo e neoformazione di fasi mineralogiche eventualmente a morfologia fibrosa. Le rocce quarzoso-feldspatiche e carbonatico-calcaree sono da considerarsi prive di minerali amiantife- ri pertanto non sono oggetto di campionamento, salvo presenza di vene a minerali fibrosi, o di zone di taglio. La distinzione e la scelta a livello macroscopico di rocce e depositi dovrà essere affidata a un geologo esperto nel riconoscimento su campione a mano. Nell’ambito della realizzazione di grandi opere e opere in sotterraneo il campionamento sarà realizzato nei seguenti contesti principali: – Campionamento su affioramento di rocce, di sedimenti o di fibre visibili a occhio nudo. – Campionamento su carotaggio di rocce, di sedimenti o di fibre visibili a occhio nudo. – Campionamento in zona di cantiere del marino o di polveri e materiali litoidi residuali da azione meccanica (es. scavo con fresa, D&B, sondaggi a distruzione). Il campionamento deve preve- Fig. 4 – Affioramento di metaperidotite con vene di amianto (crisotilo). Esempio di come la scelta della porzione di roccia da campionare (riquadri bianchi) influenzi il contenuto di amianto che può essere determinato in fase analitica. Secondo il settore scelto per il campionamento, si possono ottenere tenore in amianto variabili da 0% (C1) a 100% (C4). Outcrops of metaperidotite with asbestos veins (chrysotile). The choice of the portion of rock to be sampled (white box) will affect the content of asbestos fibers that can be determined in the analytical phase. According to the sampling areas shown in the picture, the concentration of asbestos can range from 0% (C1) to 100% (C4). 36 dere la raccolta di campioni omogenei, in quantità che siano statisticamente significative e rappresentative (fig. 4). Poiché per un’analisi MOLP destinata all’individuazione e caratterizzazione di una fase amiantifera sono sufficienti alcuni microgrammi di materiale litoide polverizzato, dovranno essere previste delle operazioni di macinazione e omogeneizzazione dei campioni raccolti sul terreno. Il campionamento può essere svolto sia in fase progettuale che durante le diverse fasi di avanzamento lavori. Lo studio di terreno preventivo, permettendo un’osservazione ed un’analisi macroscopica dei diversi contesti geolitologici e tettonici, consente di confermare o escludere la presenza di amianto e di circoscriverla a particolari litologie o contesti strutturali, prima dell’inizio della fase dei lavori. 4.2. Preparazione dei campioni I campioni prelevati per l’analisi MOLP possono essere distinti in due categorie: – campioni di roccia (CR). – campioni di fibre minerali (AF). I campioni CR devono essere osservati preventivamente allo stereomicroscopio o, in sua mancanza, alla lente d’ingrandimento, al fine di individuare l’eventuale presenza di fibre (AF) permettendo di isolarle dal resto della roccia ed analizzarle separatamente. Nel caso in cui l’osservazione dei campioni CR allo stereomicroscopio non abbia permesso l’individuazione di fibre visibili, si procede a una delicata macinazione meccanica del campione con un mortaio manuale ad anelli o con pestello in agata. Una parte del preparato ottenuto, opportunamente omogeneizzato manualmente, viene in seguito posto su vetrini e immerso in oli a indice di rifrazione specifico per essere analizzato. Per i campioni AF si procede a una delicata macinazione con morAgosto 2011 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE taio in agata al fine di separare tra di loro le fibre da analizzare. Dopodiché le fibre disgregate ed omogeneizzate saranno poste similmente ai preparati CR sui vetrini e immerse negli oli specifici. In entrambe i casi il processo di macinazione deve essere messo in atto cercando di evitare la neoformazione di fibre per eccessiva frantumazione meccanica, permettendo esclusivamente la liberazione di fibre per disgregazione del minerale amiantifero eventualmente presente. A tale scopo i processi di macinazione devono essere svolti con relativa delicatezza evitando un’eccessiva polverizzazione del campione. 4.3. Analisi dei campioni al microscopio ottico a luce polarizzata (MOLP) La metodologia utilizzata per l’analisi microscopica dei campioni prevede l’utilizzo di un microscopio ottico a luce polarizzata (MOLP) accessoriato identicamente a quelli usati in campo mineralogico e petrografico. L’analisi microscopica dei cam- pioni CR è eseguita su un preparato rappresentativo del campione di roccia in cui la presenza di minerali fibrosi non è stata ancora confermata o esclusa. In questi preparati l’osservazione del vetrino sarà dunque finalizzata innanzitutto alla ricerca di eventuali fasi fibrose e poi alla loro caratterizzazione mineralogica. L’analisi microscopica dei campioni AF ha invece la sola finalità di determinare se la fibra abbia le caratteristiche morfologiche asbestiformi e se appartenga a un minerale d’amianto. L’analisi al MOLP a partire da un unico preparato consente la determinazione contemporanea dei parametri ottici e morfologici caratteristici delle varie fasi mineralogiche dell’amianto. Questi parametri sono descritti nei paragrafi seguenti. 4.3.1. Parametri ottici I parametri ottici determinati con l’analisi MOLP sono quelli della petrografia classica. I caratteri ottici principali dei minerali dell’amianto sono schematicamente riassunti nella tabella 4. Tra i diversi parametri ottici l’indice di rifrazione è l’elemento peculiare per la caratterizzazione di un minerale. La determinazione degli indici di rifrazione di un minerale viene ottenuta mediante l’utilizzo di oli a indice di rifrazione specifico, in cui viene immerso il campione da analizzare. Questa procedura è normalmente utilizzata in campo mineralogico per la caratterizzazione puntuale e dettagliata di singole fasi minerali. Nell’analisi dell’amianto gli oli vengono scelti in modo da corrispondere perfettamente all’indice di rifrazione delle differenti specie mineralogiche amiantifere (famiglia del serpentino e degli anfiboli). In particolare per la determinazione dei differenti minerali dell’amianto sono sufficienti oli a indice di rifrazione 1.55, 1.62 e 1.67. Oli a indice di rifrazione intermedio possono essere utilizzati come controllo in caso di eventuali dubbi interpretativi, come nel caso di fasi mineralogiche non appartenenti alla categoria dell’amianto, ma con caratteri morfologici tipici delle fibre (es. talco, gesso, anidrite, wollastonite). Gli indici di rifrazione di una fibra vengono misurati parallelamente e perpendicolarmente all’allungamento del minerale (rispettivamente n // e n ┴). Tab. 4 – Parametri ottici dei minerali di amianto definibili con l’utilizzo di microscopia ottica polarizzata. Optical parameters of asbestos minerals, defined using polarized light microscopy. PARAMETRI OTTICI DEI MINERALI DI AMIANTO (*) definibili tramite MOLP Indici di rifrazione (n.) Famiglia Specie Segno Ottico // Tipo e angolo Birifrangenza mineralogica mineralogica n. ┴ asse fibra allungamento di estinzione n.// asse fibra Serpentino Anfiboli Crisotilo n. = 1.532-1.549 n. = 1.545-1.556 0.07-0.013 (+) Attinolite n. = 1.617-1.658 n. = 1.641-1.677 0.019-0.024 (+) Amosite n. = 1.664-1.686 n. = 1.680-1.698 0.014-0.022 (+) Antofillite n. = 1.596-1.654 n. = 1.625-1.667 0.016-0.024 (+) Crocidolite n. = 1.668-1.717 n. = 1.662-1.701 0.006-0.016 (-) Tremolite n. = 1.599-1.622 n. = 1.622-1.641 0.019-0.024 (+) Colore e pleocroismo incolore-beige, non pleocroico verde chiaro, pleocroico (n. α = incolore -verde inclinato (0-18°) chiaro. n. γ = verde chiaro-verde scuro) beige-bruno, parallelo (0°) non pleocroico incolore-beige, non parallelo (0°) pleocroico blu, pleocroico parallelo (0°) (n. α = azzurro-blu. n. γ = blu-blu scuro) incolore-grigio chiaro, inclinato (0-20°) non pleocroico parallelo (0°) Indice (n.) olio di riferimento n. = 1.55 n. = 1.62 n. = 1.67 n. = 1.62 n. = 1.67 n. = 1.62 (*) Da: An Introduction to the rock-froming minerals - W.A.Deer, R.A.Howie, J.Zussman Agosto 2011 37 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE L’analisi tramite MOLP per– Presenza di fasci di fibre inmette di determinare anche le altre trecciati e/o caotici; caratteristiche ottiche dei minerali – Presenza di fibre o fasci di tra cui il colore naturale, il pleofibre con estremità sfilacciacroismo, l’angolo di estinzione e il te; segno ottico di allungamento del – Presenza di fibre curve o con minerale (tab.4). L’insieme di queste flessure. proprietà ottiche, considerate conQuesti parametri sono utilizzagiuntamente permettono di identifi- ti nella metodologia proposta come care con precisione tutti i minerali elementi discriminanti tra una dell’amianto. morfologia fibrosa e una allungata o aciculare e quindi permettono di differenziare un silicato fibroso da un 4.3.2. Parametri morfologici silicato non fibroso. La determinazione dei parametri morfologici di un minerale permette di indicare se il minerale 4.4. Caratteristiche e limiti analizzato abbia o meno un abito fi- della metodologia MOLP broso, asbestiforme. Come detto in precedenza la Nei precedenti paragrafi è stato normativa italiana, mirata principal- illustrato come la determinazione mente alla tutela della sicurezza ne- congiunta, tramite MOLP, dei pagli ambienti di lavoro (D.L. n.277/91 rametri ottici e morfologici di un art.23 e D.L. 81/2008), definisce i minerale permetta il riconoscimenparametri morfologici solo per la to univoco e certo delle varie fasi di definizione di “fibra respirabile” ma amianto, distinguendolo dalle altre non indica parametri quantitativi specie mineralogiche. per la definizione di “silicato fibroso” L’applicazione di questo metoutili per la determinazione minera- do consente di escludere in modo logica dell’amianto in roccia. Per affidabile la presenza di cosiddette ovviare a questa mancanza, ai fini “pseudo-fibre”, costituite da fasi midella determinazione di un minerale nerali come ad esempio talco, gesd’amianto in materiale naturale, nel so, anidrite, wollastonite, miche e presente studio si è fatto riferimento altre fasi mineralogiche fibrose che alla definizione di fibra asbestiforme non sono considerate come specie fornita dall’Environmental Protec- di amianto dalle normative vigenti, tion Agency degli Stati Uniti (EPA nazionali ed internazionali. 1993), applicata nella metodologia La metodologia proposta è indiRTI International e ripresa tra gli cata come estremamente performanaltri dall’HES inglese. I parametri te sia per analisi di singoli minerali morfologici riconoscibili al MOLP fibrosi (AF) sia di campioni in massa che permettono di definire una fibra costituiti da più fasi mineralogiche asbestiforme sono i seguenti (fig. 3): (campioni in roccia – CR). – Rapporto medio Lunghezza/ Il limite di detezione è mediaDiametro (L/D) compreso tra mente valutato intorno allo 0,1 % di 20/1 e 100/1 o più elevato per amianto, anche se alcuni studi indifibre più lunghe di 5 µm (il rap- cano che con analisi estremamente porto è definito per la singola accurate e condizioni favorevoli si fibra e non per fasci di fibre). può raggiungere il limite di 1 ppm – Presenza di fibrille (fibre con (HSE 2006, Shutler 2005). diametro inferiore a 0.5 µm). Da un punto di vista granulo– Almeno due fra le seguenti ca- metrico il MOLP permette di osratteristiche: servare e misurare agevolmente i – Presenza di fasci di fibre pa- caratteri ottico-morfologici di fibre rallele; con diametri > 0,25 µm e lunghezze 38 > 5 µm. Per taglie inferiori, benché sia possibile distinguere le fibre, la determinazione dei loro parametri ottici e l’attribuzione a una fase mineralogica dell’amianto diventa progressivamente più difficoltosa. Per questo motivo l’utilizzo del MOLP é meno efficace in caso di analisi di fibre aerodisperse rispetto ad altre metodologie come il SEM o la MOCF. Infine, per una corretta determinazione della fase mineralogica e della sua eventuale morfologia fibrosa è sempre necessario che tutti i parametri ottici e morfologici indicati precedentemente siano determinati con precisione, in caso contrario un’analisi lacunosa di suddetti parametri può indurre a errori di valutazione e di determinazione della fase stessa (falsi positivi e/o negativi). 5. Analisi quantitativa dell’amianto La quantificazione del contenuto di amianto in un materiale naturale, analogamente alla sua determinazione qualitativa, costituisce una problematica complessa. I punti critici della quantificazione sono legati a tre aspetti fondamentali. 1. Caratteristiche peculiari ed eterogeneità del materiale naturale. 2. Modalità di campionamento e scelta del campione rappresentativo da analizzare. 3. Limiti strumentali e analitici delle apparecchiature utilizzate per la quantificazione. Gli elementi indicati al punto 1) e 2) costituiscono due variabili collegate fra loro reciprocamente che devono essere valutate e determinate nei singoli casi specifici prima di eseguire il campionamento e l’analisi del materiale naturale. Nel caso di rocce ad esempio, la distribuzione della fase amiantifera può essere legata a zone di taglio o a vene e livelli mineralizzati (cfr. § 2). Agosto 2011 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE Fig. 3 – Immagini MOLP di amianto (archivio fotografico Geopro). A) Fibre di amosite con rapporto L/D >20 (nicols //). B) Fibrille di crisotilo (nicols //). C) Fasci di fibre parallele di crocidolite (nicols //). D) Fasci di fibre di crisotilo intrecciati e caotici (nicols ┴ e lamina di gesso). E) Fascio di fibre di tremolite con estremità sfilacciate (nicols ┴). F) Fasci di fibre di crisotilo, curvi e con kinkband (nicols ┴). Pictures of asbestos fibres taken in MOLP (photo archive Geopro. A) Amosite fibres with L/D ratios > 20, (nicols //). B) Fibrils of chrysotil (nicols //). C) Parallel fibres bundles of crocidolite (nicols //). D) Chrysotile fibres bundles matted and chaotic (nicols ┴ and gyps lens). E) Tremolite fibre bundle displaying splayed ends. F) Chrysotile fibres bundles showing curvatures and kink-band (nicols ┴). Agosto 2011 39 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE In questi casi la distribuzione della fase di amianto sarà eterogenea con variazioni nello spazio importanti o istantanee. Di conseguenza la scelta del punto di campionamento avrà un peso rilevante sui risultati quantitativi ottenuti (fig. 4). L’influenza di questi due elementi può essere trascurata nel caso di sedimenti a granulometria fine in cui si può ipotizzare una certa omogeneizzazione delle fasi mineralogiche al suo interno. In ogni caso la valutazione della rappresentatività di un campione sarà affidata al geologo incaricato del campionamento che valuterà i parametri litologico-strutturali caso per caso. L’elemento indicato al punto 3) costituisce un’ulteriore condizione di variabilità indipendente che può influire sul risultato quantitativo finale come mostrato nei paragrafi seguenti. 5.1. Cenni sui tenori di amianto considerati dalla normativa italiana vigente La normativa vigente pone l’accento sulla corretta ed esatta quanti- – ficazione dell’amianto attribuendo a questo parametro un peso rilevante nelle procedure analitiche, pari a quello attribuito alla determinazione qualitativa (D.M. 14/5/96). In realtà un’errata determinazione qualitativa (falsi positivi o negativi) ha sempre delle conseguenze tecniche, logistiche, finanziarie e legislative rilevanti mentre un errore di quantificazione non ha praticamente nessuna conseguenza pratica a livello legislativo, salvo rari casi che verranno discussi di seguito. A livello normativo, tutte le prescrizioni e le modalità d’intervento diversificato indicate e proposte sono quasi sempre indipendenti dal contenuto di amianto; dei limiti quantitativi sono indicati solo per i seguenti tre casi: – Materiali in massa: limite con- – centrazione di amianto 1000 mg/kg (equivalente ad una 40 concentrazione dello 0,1%; D. Lgs. 152/2006). Come esplicitamente indicato nella nota alla tabella 1, allegato 5 del decreto in questione, questo limite “…corrisponde al limite di rilevabilità della tecnica analitica (diffrattometria a raggi X oppure I.R.- Trasformata di Fourier)”. Come si evince da questa definizione il limite non è legato intrinsecamente alla pericolosità dell’amianto al variare della sua concentrazione, ma si tratta di un semplice limite “tecnico” conseguente ai limiti di detezione delle apparecchiature analitiche. Da questa definizione, si deduce che anche per concentrazioni inferiori allo 0,1%, se rilevabili dallo strumento analitico, il materiale in esame debba essere considerato come contenente amianto. Ne segue anche che la classificazione del materiale come “contenente da amianto” e le implicazioni che ne derivano sono indipendenti dalla concentrazione dell’amianto stesso. Fibre aerodisperse: valore limite di esposizione per l’amianto di 0.1 fibre/cm3 di aria (100 fibre/ litro). Questo limite è fissato dai D. Lgs. 257/2006 e D. Lgs. 81/2008 nell’ambito della quantificazione delle fibre respirabili. In questo caso la misurazione ponderale del contenuto di amianto non è espressa in peso o volume ma è espressa direttamente dal numero di fibre osservate. Secondo gli stessi decreti il conteggio delle fibre di amianto in questo caso è effettuato di preferenza tramite MOCF, applicando il metodo raccomandato dall’OMS del 1997 o qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti. Fibre rilasciate da un materiale sottoposto a stress meccanico: nell’ambito della quantifica- zione delle fibre rilasciate da un materiale il D. M. 14/5/96 introduce il cosiddetto indice di rilascio (I.R.). L’indice di rilascio è un parametro di valutazione della pericolosità di una roccia espresso dal rapporto percentuale di amianto rilasciato e la densità relativa del materiale. La percentuale di amianto rilasciata si ottiene analizzando le polveri prodotte dal campione durante una prova di automacinazione. Il valore limite che separa i materiali da inviare a discarica controllata da quelli riutilizzabili corrisponde ad un I.R= 0,1. Per una roccia tipo pietre verdi (tab. 2) questo valore corrisponde a circa il 10 % peso di fibre di amianto nelle polveri risultanti dall’automacinazione. Alla luce di queste considerazioni è evidente come la quantificazione del tenore di amianto sia considerata a livello legislativo solo per tre casi, uno solo dei quali (l’I.R.) è applicabile a contesti riguardanti il tenore di amianto in un materiale naturale. L’importanza di una precisa e corretta quantificazione risulta quindi estremamente meno importante rispetta ad una sua corretta determinazione qualitativa. In base alle indicazioni della normativa vigente appare evidente come l’esatta determinazione quantitativa, espressa in peso, del contenuto di amianto risulti spesso un parametro secondario che non ha nessuna finalità né applicazione pratica rispetto alle modalità d’intervento sui materiali contaminati. 5.2. Quantificazione tramite metodologie analitiche preesistenti La normativa italiana nell’ambito della quantificazione dell’amianto propone l’utilizzo delle metodologie DRX e FTIR (D.M. Agosto 2011 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE 06/09/94 All.1). La quantificazione effettuata mediante queste tecniche, spettrometriche (FTIR, Raman) e diffrattometriche (DRX), si basa essenzialmente sulla realizzazione di standard quantitativi prodotti miscelando una fase di amianto in proporzioni conosciute con una matrice costituita da materiale non asbestiforme. La matrice può essere scelta in modo da risultare non rilevabile dallo specifico strumento analitico in modo da esaltare i caratteri della fase amiantifera. I risultati analitici spettrali di questi campioni standard producono delle curve di calibrazione che saranno utilizzate per il confronto con gli spettri dei campioni analizzati permettendo di indicare una percentuale di amianto. Queste procedure sono in realtà molto complesse poiché nei materiali a più componenti minerali per ovviare ai fenomeni d’interferenza e di varianza (variazione di uno spettro di un minerale naturale rispetto allo standard puro di riferimento) si deve ricorrere a metodi d’interpolazione, correzione e rielaborazione degli spettri al fine di ottenere un risultato effettivamente valido e affidabile (Verkouteren et al., 2000). Queste curve di calibrazione se non prodotte correttamente possono indurre a errori di quantificazione importanti (fig. 2). In particolare la quantificazione su roccia o sedimenti richiede la preparazione di standard secondo criteri più restrittivi rispetto ad altri materiali in quanto i fenomeni d’interferenza tra la fase amiantifera e la matrice non amiantifera possono avere un peso rilevante nel processo di quantificazione. Per questo motivo la preparazione degli standard deve rispettare la reale composizione mineralogica dei campioni da quantificare. In particolare le seguenti procedure di calibrazione spesso utilizzate per la quantificazione in manufatti contenenti amianto, risultano incompatibili con una corretta determinazione quantitativa di una fase di Agosto 2011 amianto in un campione naturale di roccia: – Curva di calibrazione effettuata mescolando fra loro al massimo due componenti (ex crisotilo + antigorite, crisotilo +vermiculite). In una roccia o materiale naturale l’amianto coesiste con numerose fasi mineralogiche (tab. 2) che interferiscono o mascherano in maniera diversa la presenza della fase di amianto. Una calibrazione effettuata considerando solo due composti non è in grado di fornire risultati quantitativi correttamente interpretabili. – Curva di calibrazione effettuata mescolando un minerale silicatico (la fase di amianto) con un materiale di diversa origine (es. materiali organici, vetrosi, a base carbonatica, fosfatica o altro). In una roccia o materiale naturale l’amianto è in genere associato ad altri silicati spesso simili fra loro per natura mineralogica struttura cristallografica. Una calibrazione di questo tipo non prende in considerazione possibili interferenze tra i vari silicati e specie mineralogiche simili falsando il risultato quantitativo dell’analisi. – Curva di calibrazione effettuata con un minerale di amianto appartenente a una specie mineralogica diversa da quella presente nel campione naturale. In questo caso l’utilizzo di un’unica curva di calibrazione come riferimento per la quantificazione di tutti i minerali dell’amianto, ricavata da un’unica specie mineralogica può produrre errori importanti nella stima quantitativa dl minerale. Infine va tenuto presente, come indicato nel capitolo 3.1, che tutte le tecniche analitiche indirette non permettono la distinzione tra fasi fibrose e non fibrose. In caso di coesistenza di fasi mineralogiche amiantifere con i loro omologhi non fibrosi (tab. 1) lo strumento analitico non è in grado di discriminare la percentuale di minerale di amianto dal suo omologo non amiantifero producendo delle sovra estimazioni (o dei falsi positivi) anche importanti. A titolo di esempio si può citare il caso di rocce come prasiniti anfiboliti o scisti attinolitici, in cui l’anfibolo della serie attinolite-tremolite costituisce una fase caratteristica di queste rocce, presente in tenori variabili che possono raggiungere anche il 50% della roccia totale. In questi casi l’impossibilità di determinare la morfologia del minerale può indurre in errori di tipo falso positivo con stime quantitative fino al 50 % di amianto, in un contesto dove l’amianto è in realtà assente. 5.3. Quantificazione tramite metodologia MOLP La stima del tenore di amianto tramite MOLP può essere effettuata seguendo tre procedure distinte che offrono un grado di precisione differente e richiedono tempi diversi di realizzazione. 5.3.1. Stima semiquantitativa visiva L’osservazione di un campione rappresentativo tramite MOLP da parte di un analista esperto permette di ottenere una stima semiquantitativa del tenore di amianto espressa con intervalli di concentrazione (CEPA, 1991). Questa valutazione semiquantitativa ha il vantaggio di essere estremamente rapida e di poter essere effettuata durante l’analisi qualitativa preliminare del campione. Il suo utilizzo permette di fornire risposte in tempi rapidi al fine di organizzare eventuali misure cautelative e d’intervento su un’area di cantiere. Questa valutazione ha lo svantaggio di non essere effettuata con strumenti di misura per cui il risultato fornito è completamente dipendente dalle capacità e dalle conoscenze dell’operatore. 41 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE 5.3.2. Stima quantitativa tramite confronto con standard di calibrazione Fig. 5 – Esempio d’immagini MOLP di standard di concentrazione di amianto conosciuti per la stima quantitativa dell’amianto. (da NIOSH, 1994). Example of MOLP images of standards asbestos concentration for the quantitative estimation of asbestos. (NIOSH, 1994) Il risultato ottenuto con questa procedura è espresso come percentuale in volume. Nella quantificazione dell’amianto in roccia va tenuto presente che la densità dei minerali di amianto è spesso confrontabile con quella delle rocce che lo contengono. In questo caso la stima volumetrica dell’amianto può essere 42 assimilata a quella in peso senza occorrere in errori significativi. Questa semplificazione può non essere valida nel caso di materiali sciolti (sedimenti) e per tenori inferiori all’1%, dove una piccola variazione della stima quantitativa può portare a variazioni in peso molto importanti. Una determinazione quantitativa del tenore di amianto può essere realizzata tramite l’utilizzo di campioni standard a tenore di amianto conosciuto. La preparazione degli standard è in genere effettuata utilizzando dei vetrini di calibrazione prodotti mescolando rocce non amiantifere frantumate (possibilmente simili a quelle da analizzare) con quantità conosciute e crescenti delle diverse fasi di amianto (es. 1%, 5%, 10% 20% ecc.). Nel procedimento di preparazione degli standard si raccomanda l’utilizzo della stessa fase mineralogica di amianto presente nel materiale naturale o in alternativa di almeno una serie di standard per il crisotilo e una serie di standard per un anfibolo di amianto. I vetrini di standard cosi ottenuti, a concentrazioni di amianto differenti, vengono fotografati al microscopio utilizzando un fattore d’ingrandimento costante, ottenendo una serie d’immagini campione a concentrazioni di amianto differenti (fig. 5). Queste immagini vengono utilizzate come standard per il confronto con le immagini ricavate dai preparati di campione naturale analizzato. In base alla distribuzione di amianto osservata nel campione e negli standard comparativi, può essere determinato un intervallo percentuale di concentrazione dell’amianto. Il risultato ottenuto può essere espresso direttamente come percentuale in peso di amianto. In alternativa agli standard preparati appositamente in laboratorio, possono essere utilizzati dei modelli standard esistenti in letteratura sia nell’ambito della determinazione dei minerali in sezione sottile, sia nel campo della determinazione dell’amianto (es. NIOSH METHOD 9002, 1994, fig. 5). Questi modelli standard possono avere il difetto di non riprodurre esattamente l’aspetto Agosto 2011 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE del campione da analizzare portando A(Vol.%) e M(Vol.%) la percentuale in a dei valori di valutazione percen- volume di amianto e della matrice. Altre metodologie più precise tuale nella stima quantitativa. ma anche più complesse prevedono una separazione granulometrica del 5.3.3. Stima quantitativa tramite campione tramite setacci e un’anametodo di conteggio puntuale. lisi quantitativa sulle differenti fraQuesta procedura applicabi- zioni granulometriche (Cazzola et. le per qualsiasi concentrazione di al. 2005). La scelta e l’utilizzo evenamianto è consigliata soprattutto tuale di queste metodologie dovrà nella quantificazione di tenori di essere valutata in base al grado di amianto inferiori all’1% per i quali precisione che necessita la misura il grado di errore degli altri procedi- quantitativa. menti può essere più significativo. Il metodo del conteggio puntuale pro- 5.3.4. Stima quantitativa tramite meposto per le fibre di amianto è simile todo di conteggio delle aree di reticolo a quello utilizzato per il conteggio (Walton-Beckett) di fibre con il MOCF o il SEM. Il Nel campo della quantificazioconteggio viene effettuato utilizzando una griglia a maglie o a punti ne di fibre respirabili aerodisperse (EPA, 1993, CEPA, 1991) e osser- (es. analisi dei filtri d’aria) la metovando il preparato del campione al dologia correntemente riconosciuta microscopio con un ingrandimento ed utilizzata è quella del conteggio elevato (40x). Il conteggio permette mineralogico tramite utilizzo del di quantificare quanti punti o maglie reticolo di Walton-Beckett. Questa della griglia ricadono su una fibra di metodologia risulta particolarmente amianto rispetto ad altre particel- efficace nel conteggio numerico di le della matrice. Viene consigliato fibre fini e con dimensioni fra loro il conteggio su almeno 400 punti, confrontabili come nel caso di fibre anche se preferibilmente il conteg- respirabili. Nell’ambito della quantigio dovrebbe esser effettuato su un ficazione dell’amianto nei materiali intero vetrino rappresentativo e su in massa naturali la differente durezpiù preparati dello stesso campione za dei minerali e la presenza di eteal fine di ottenere un risultato stati- rogeneità composizionali e granulometriche, non permette una tale sticamente significativo. La percentuale in volume di omogeneizzazione granulometrica. amianto A(Vol.%) viene ricavata dalla Ne consegue che il campione da anaformula: lizzare può contenere fibre e/o fasci di fibre con dimensioni fra loro molnA to diverse (es. fibre micrometriche e A(Vol.%) = fasci di fibre millimetrici) rendendo nM la metodologia di Walton-Beckett dove nA e nM sono il numero poco affidabile in quanto una fibra di punti conteggiati rispettivamente millimetrica di amianto può avere come amianto e come matrice. un equivalente in massa di migliaIl risultato percentuale espresso ia di fibre isolate «respirabili». Per in peso A(Peso%) si ottiene dalla for- questi motivi questa procedura di mula seguente: quantificazione non è presa in considerazione dalle principali metodoA(Vol.%) · A · 100 logie internazionali (EPA RTI INRS A(Peso%)= HSE.) nel campo della determina(A(Vol.%) · A) + (M(Vol.%) · M) zione dell’amianto in campioni in dove A e M sono la densi- massa. In conclusione si ritiene che tà rispettivamente del minerale di la metodologia di Walton-Beckett amianto e della matrice (roccia) e possa essere utilizzata nel conteggio Agosto 2011 di amianto solo per materiali in massa granulometricamente omogenei e fini ma non possa essere considerata come una metodologia applicabile in maniera generica ad un materiale contenente amianto. 5.3.5. Limiti delle metodologie di quantificazione tramite MOLP La stima quantitativa tramite MOPL è un procedimento che risente anch’esso dei fattori indicati all’inizio del capitolo 5. I principali limiti strumentali ed analitici di questa metodologia nell’ambito della quantificazione dell’amianto sono i seguenti: – Presenza di elementi a granulometria eterogenea o di porzioni di materiale non disgregato che possono mascherare le fibre d’amianto. Questa problematica è facilmente risolvibile tramite una corretta preparazione ed omogeneizzazione del campione. – Bidimensionalità dell’osservazione tramite MOLP che può influire sulla corretta valutazione del volume di una fibra o di un minerale. – Limitata profondità di campo dell’osservazione tramite MOLP che può impedire la corretta quantificazione di fibre fra loro sovrapposte. – Potere risolutivo della MOLP relativamente limitato che non permette la distinzione di fibre molto fini (diametro inferiore 0.25 µm). Questa problematica in realtà influisce principalmente nell’ambito della determinazione di fibre aerodisperse, dove la taglia delle fibre è in genere inferiore a 1 µm di diametro. Nel caso di materiali in massa la presenza di fibre con dimensioni maggiori di 0,25 µm è in genere un elemento costante del materiale e non sono rari casi in cui le fibre possono raggiungere dimensioni millimetriche. Inoltre l’apporto ponderale 43 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE delle fibre più fini (< 0.25 µm) è trascurabile rispetto all’apporto di fibre di maggiori dimensioni (>1 µm). La quantificazione tramite MOLP è affetta da un grado d’incertezza relativo che non può essere rimosso. In questo senso le stime quantitative con questa metodologia saranno sempre costituite da valori con un errore percentuale non eliminabile o da intervalli di valori più o meno ampi. Questo grado d’incertezza in realtà può essere ininfluente in quanto le normative vigenti non richiedono stime quantitative precise per la determinazione dell’amianto in campioni in massa (cfr. § 5.1.). loro può produrre errori di valutazione estremamente gravi che vanno al di la della semplice stima ponderale. Va osservato infine che per casi di ammassi rocciosi affioranti con presenza di amianto concentrato in vene o livelli visibili ad occhio nudo, la stima del tenore di amianto più attendibile è quella svolta direttamente sull’affioramento tramite una valutazione dei volumi delle strutture contenenti amianto rispetto alla roccia totale (fig. 4). In questo caso particolare tutte le strumentazioni analitiche di laboratorio risultano inutili a questo scopo. 6. Conclusioni 5.4. Osservazioni generali La metodologia MOLP si caratsull’applicazione delle procedure terizza per un’estrema versatilità e semplicità metodologica in particodi quantificazione In base agli elementi descritti è chiaro come la quantificazione del tenore di amianto in un materiale naturale non sia un procedimento semplice e dai risultati certi ed univoci ma sia in qualche modo una procedura che va contestualizzata alle caratteristiche geologiche strutturali e litologiche naturali del campione e ai limiti legati agli strumenti analitici utilizzati. La scelta della procedura analitica per la quantificazione dell’amianto deve essere adattata al grado di precisione richiesto nel risultato. Mentre per la metodologia MOLP il relativo basso potere risolutivo (rispetto al SEM) e la relativa bassa profondità di campo per l’analisi su vetrino possono produrre degli errori quantitativi nella stima del contenuto di amianto (sottostime), le altre metodologie possono determinare errori ben più gravi che riguardano la non corretta individuazione dell’amianto. In particolare per le rocce e materiali naturali dove si ha coesistenza di minerali fibrosi e non fibrosi oltre che alla coesistenza di fasi mineralogiche molto simili tra 44 lare se confrontata con le altre metodologie in uso. Allo stesso tempo essa permette l’esame dei campioni tramite osservazione diretta consentendo sia un’analisi di tipo morfologico che di tipo ottico-mineralogico. Eccetto la spettrometria micro-Raman (accoppiata a un MOLP) ed in parte la MOCF, nessun’altra metodologia attualmente in uso permette l’osservazione e la determinazione, su uno stesso preparato e in maniera simultanea, di parametri ottici e morfologici. I ridotti limiti analitici e di potere risolutivo fanno sì che la MOLP possa essere considerata uno strumento di analisi adattabile ad un ampio spettro di casistiche naturali, quali il contesto di analisi degli ammassi rocciosi. Pertanto, nell’ambito della gestione dei materiali da scavo per la realizzazione di opere in sotterraneo o grandi opere in genere, si consiglia l’utilizzo di questa metodologia per le fasi preliminari di studio ed il prosieguo delle indagini, geognostiche e di realizzazione del progetto, oltre che per il monitoraggio nel corso delle diverse fasi operative. Per i motivi descritti nei capito- li precedenti, si ritiene che l’utilizzo delle metodologie DRX, SEM, TEM, FTIR e spettrometria Raman (esclusa la micro-Raman) come strumento di determinazione dell’amianto su roccia totale non sia sempre affidabile in quanto può facilmente generare errori d’interpretazione producendo «falsi positivi» e «falsi negativi». Le stesse metodologie si caratterizzano per un’elevata affidabilità in caso di analisi su fibre monomineraliche e come tali possono essere utilizzate per la realizzazione di eventuali analisi complementari alla MOLP, per confermare l’esatta determinazione della specie mineralogica amiantifera. Eventuali analisi complementari per la quantificazione della specie mineralogica amiantifera possono essere eseguite con metodologia DRX o FTIR, previa verifica della compatibilità dei risultati spettrali su roccia totale con standard esistenti. Per l’esecuzione di queste analisi quantitative si raccomanda sempre la calibrazione degli strumenti sulla stessa specie mineralogica di amianto presente nella roccia da esaminare. Abbreviazioni AF: fibre di amianto CR: campioni in roccia DRX: diffrattometria raggi-X FTIR: spettrometria a raggi infrarossi con trasformata di Fourier I.R.: indice di rilascio L/D: rapporto lunghezza su diametro di una fibra MOCF: microscopia a contrasto di fase MOLP: microscopia a luce ottica polarizzata n //: indice di rifrazione parallelo all’allungamento del minerale n ┴: indice di rifrazione perpendicolare all’allungamento del minerale SEM: microscopia elettronica a scansione TEM: microscopia elettronica a trasmissione Agosto 2011 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE Bibliografia Bologna L., Cazzola C., Clerici C., Lauria E., Wojtowicz M., 2005. Methodological approach to the analysis of asbestos in rocks. 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