«I cambiamenti climatici sono una realtà. La scienza ci dice che dobbiamo puntare a contenere i futuri aumenti della temperatura del pianeta a 2 °C al di sopra dei livelli pre-industriali se vogliamo limitare i danni. Questo obiettivo dei 2 °C impone l’adozione di politiche finalizzate all’adattamento ai cambiamenti climatici e alla mitigazione di tale fenomeno. Anche se le politiche già adottate saranno attuate, è probabile che le emissioni su scala planetaria aumenteranno nei prossimi vent’anni, imponendo riduzioni delle emissioni mondiali pari almeno al 15% rispetto ai valori del 1990 entro il 2050; tutto questo richiederà un notevole impegno». Il clima impazzito R E I S S O D di Fulvio Zecchini Che bello è di nuovo primavera, il Sole splende, la temperatura è tiepida, in Piemonte ci sono 25 °C di temperatura massima, sbocciano gemme e fiori, gli orsi e altri animali escono dal letargo... Che dite? Ehi, piano con gli epiteti! Lo so bene che siamo a gennaio, ma qui il matto non sono io, bensì il clima: non esistono più le mezze stagioni... o meglio non esistono più le stagioni... Ciclone extra tropicale “Kyrill”? Sembra l’arma micidiale di uno dei robot dei manga giapponesi, eppure c’è poco da sorridere visti i 43 morti e gli altri effetti devastanti che ha avuto nel nord e nel centro dell’Europa. Poi, dopo una settimana dall’arrivo di Kyrill, ecco che in Piemonte e in altre aree d’Italia nevica e ci sono temperature polari a ricordarci che siamo in inverno: allora forse le stagioni esistono ancora, ma a intermittenza... E intanto il tam tam mediatico continua a risuonare con cupi echi di scenari catastrofici, che fanno sempre notizia, enfatizzando gli scenari negativi dei rapporti di fonti autorevoli, come la (incipit della Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni: “Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici”, 9 febbraio 2005) Il black-out de L’Italia e il resto del Sud dell’Europa potrebbero essere i paesi del continente che affronteranno i più sconvolgenti cambiamenti climatici. 20 e consigliere per l’economia dei cambiamenti climatici e dello sviluppo, ormai noto come “rapporto Stern”. Ci sentiamo impotenti. Già, ci sembra un fenomeno enorme, molto più grande di noi, che lo comprendiamo poco e durante le nostre “chiacchiere da bar” con amici e conoscenti contribuiamo al continuo fiorire di proverbi e luoghi comuni, quasi fossero vessilli di rassegnazione a un destino ineluttabile. Invece tutti possiamo avere un ruolo at- tivo a partire dal risparmio energetico e dalla limitazione dell’uso di mezzi di trasporto individuali, visto che la produzione di energia e il consumo di combustibili fossili sono le maggiori cause del riscaldamento globale. Siamo ancora in tempo per limitare in extremis il fenomeno. Per troppo tempo abbiamo pensato al benessere individuale e allo sviluppo economico delle nostre società, senza consi- derare l’impatto ambientale delle attività antropiche, perseguendo in definitiva uno sviluppo non sostenibile. E ora i cambiamenti climatici sono il prezzo da pagare, il conto che il nostro pianeta ci presenta per non averlo considerato e rispettato. Fotografia di Ornella Erminio terza valutazione sui cambiamenti climatici (2001) dell’International Panel on Climate Change (IPCC; http://www.ipcc.ch/), i rapporti e le comunicazioni della Commissione Europea (Direzione Generale Ambiente, http://ec.europa.eu/environment/climat/home_en.htm) e il recente rapporto di Sir Nicholas Stern (Ottobre 2006) (www.hmtreasury.gov.uk/independent_reviews/stern_review_economics_climate_c hange/sternreview_index.cf m), capo dei servizi economici del governo britannico delle stagioni Preoccupanti scenari a livello globale nei recenti rapporti scientifici. Ma siamo ancora in tempo per invertire la rotta e trovare soluzioni per evitare il disastro. 21 effetto serra L’ R E I S S O D e il riscaldamento globale Summary The greenhouse effect is necessary to life on Earth as we know it, otherwise the average temperature of our wonderful green and blue planet would not be +15 °C, but -18 °C! The greenhouse effect is due to the presence of atmospheric greenhouse gases (GHG) capable of absorbing the infrared wavelengths. Major GHGs are carbon dioxide, water vapor, methane, nitrogen peroxide, and halogenated carbon gases. The global warming that the Earth is facing today is the result of an energetic unbalance due to the excess of GHGs produced by anthropic activities which adds to the natural background. After partially absorbing the incoming constant solar radiation, our planet reemits part of it in the form of infrared rays that can be absorbed by the atmospheric GHGs. They in turn can re-emit part of such infrared rays in the direction of the Earth’s surface causing the greenhouse effect and if, because of the too high GHGs’ concentration, such re-emission is excessive, then global warming occurs. Unfortunately, even an increase of few degrees in the average temperature has and will have devastating effects on the globe. Basing on reports from major international organizations and scientific publications, we review here the major effects of the global warming, such as sea level rise, melting of polar caps and glaciers, desertification, and so on. We also go through the scenarios until year 2100 and the possible politic and scientific countermeasures to the global warming and its consequences. Jean-Baptiste Joseph Fourier (Auxerre, 1768 - Parigi, 1830) John Tyndall (Leighlinbridge, County Carlow; 1820 Hindhead, Haslemere; 1893) Svante August Arrhenius (Vik, 1859 - Stoccolma, 1927) 22 Il riscaldamento del pianeta è dovuto a uno squilibrio energetico la Terra trattiene più energia di quella che le serve per mantenere la sua temperatura media globale che attualmente si aggira attorno a 15 °C, dando luogo a ciò che viene comunemente chiamato “effetto serra” o “riscaldamento globale” (global warming in inglese). I termini non sono in realtà sinonimi, in quanto il primo è causa del secondo, come vedremo meglio a breve. Per prima cosa ci corre l’obbligo di dire chiaramente che nel corso delle ere l’effetto serra ha permesso la vita sulla Terra così come la conosciamo. Infatti, il nostro pianeta, che rappresenta il terzo in ordine di distanza dal Sole subito dopo Venere, in base alla sua distanza dalla nostra stella, essendo immerso nello spazio siderale dove la temperatura media è di circa -270 °C, dovrebbe avere una temperatura media di -18 °C! È quindi grazie all’effetto serra, dovuto alla presenza della nostra atmosfera e in buona parte all’adeguata concentrazione dei maggiori gas ad effetto serra naturali (vapore acqueo, anidride carbonica ed altri ancora) che vi si trova, che la temperatura media della Terra supera tale valore di ben 33 °C. L’effetto della CO2 in atmosfera è ancor più visibile su Venere. A scapito del suo nome evocativo di bellezza suprema, questo pianeta è assai brullo ed inospitale: ha una pressione atmosferica 90 volte più elevata di quella terrestre e un’atmosfera costituita per il 96% da anidride carbonica, dove fluttuano nuvole di acido solforico. Questa combinazione di posizione rispetto al Sole e composizione atmosferica dona a Venere una temperatura media, decisamente meno gradevole di quella terrestre, di 450 °C, contro i circa 100 °C che si avrebbero sul pianeta in base alla sola distanza dal Sole. L’idea che i gas atmosferici potessero in qualche modo “intrappolare” l’energia solare fu proposta attorno al 1800 dal matematico e fisico francese Jean-Baptiste Joseph Fourier (Auxerre, 1768 - Parigi, 1830). Sebbene egli non comprendesse i meccanismi chimico-fisici alla base del fenomeno, paragonò l’atmosfera terrestre al vetro di una ser- • raggi Y (gamma; con lunghezza d’onda, lambda, λ = 0,0005 0,14 nm); • raggi X (λ = 0,01 10 nm); • raggi ultravioletti, UV (λ = 10 380 nm); in base agli effetti sulla salute umana, la gamma delle lunghezze d’onda + + + + + UV viene in genere suddivisa in UV-A (λ= 380 315 nm), UV-B (λ= 315 280 nm) + e UV-C (λ = 280 10 nm), in ordine di energia e pericolosità crescente. + • la luce visibile (λ= 380 780 nm); • raggi infrarossi, IR (λ= 780 106 nm). + ra, il quale lascia passare i raggi solari all’interno, intrappolando parte del calore che non può riuscire. Oggi sappiamo che parte dell’energia emessa dalla Terra sotto forma di raggi infrarossi (IR) viene assorbita dai gas serra e in parte riemessa verso la superficie del pianeta, in questo solo una parte riesce a raggiungere lo spazio mentre il resto rimane intrappolato e riscalda la Terra. In tal modo l’atmosfera mina l’effetto del vetro di una serra e da qui il nome dato al fenomeno. Quasi sessant’anni dopo il filosofo naturalista e fisico irlandese John Tyndall (Leighlinbridge, County Carlow; 1820 - Hindhead, Haslemere; 1893) dimostrò sperimentalmente che vapore acqueo e anidride carbonica assorbono calore sotto forma di radiazione infrarossa e calcolò con buona approssimazione anche il riscaldamento dovuto alla presenza di una determinata concentrazione di queste molecole in atmosfera. In seguito il chimico e fisico svedese Svante August Arrhenius (Vik, 1859 - Stoccolma, 1927), premio Nobel per la chimica nel 1903, confermò che un raddoppio della concentrazione di CO2 in atmosfera avrebbe causato significativi aumenti della temperatura del pianeta. Sul prossimo numero di “Green” approfondiremo gli aspetti scientifici dell’interazione fra radiazione elettromagnetica e materia e dell’assorbimento degli IR da parte dei gas ad effetto serra; vedremo come, conoscendo questi fondamenti scientifici, si possa comprendere meglio il fenomeno del riscaldamento globale ed escogitare opportune contromisure. Il Sole è la fonte primaria di energia della Terra; questa ci viene fornita sotto forma di radiazione solare, la quale è composta da diverse lunghezze d’onda, il cui picco di emissione è calcolabile sulla base di considerazioni di fisica, a partire dalla temperatura superficiale espressa in kelvin. Per il Sole questo valore è di circa 5.800 K e la lunghezza d’onda maggiormente emessa risulta essere quella di 500 nm (nanometri, 10-9 m, un miliardesimo di metro), un valore corrispondente all’incirca alla radiazione giallo-verde dello spettro visibile (da 380 a 780 nm circa). Nella radiazione solare troviamo vari tipi di raggi (vedi tabella qui sopra). Il 9% dell’energia solare assorbita dalla Terra è apportato da raggi Y (gamma), X, e UV, tutti in massima parte bloccati dall’atmosfera, la radiazione visibile apporta il 41%, e i raggi IR apportano il restante 50%. Dobbiamo considerare che il 50% circa della radiazione solare raggiunge la superficie e viene assorbito, il 30% viene riflesso in maniera maggiore o minore a seconda del tipo di superficie su cui incide (neve, ghiacci, acque superficiali, sabbia ecc.), fenomeno noto col termine tecnico di albedo. Il restante 20% viene assorbito dai gas dell’atmosfera e una parte viene riemessa verso la superficie terrestre sotto forma di raggi IR. Bilancio della radiazione solare ed effetto serra. Lo spessore delle frecce è proporzionale alle quantità in gioco. Fonte: American Chemical Society (2000; lievemente modificato). La Terra riemette energia, considerando la sua temperatura superficiale di circa 15 °C, cioè circa 289 K, il picco di emissione del nostro pianeta è di circa 10.000 nm. Tale valore si situa nella regione di lunghezze d’onda da 4.000 a 500.000 nm, detta regione dell’infrarosso termico, fascia di lunghezza d’onda in cui assorbono diversi gas serra. La radiazione solare non assorbita in entrata dall’atmosfera e, quindi, riflessa o riemessa dalla Terra può in seguito essere assorbita dall’atmosfera e riemessa sotto forma di IR a minore energia, una parte viene poi inviata di nuovo verso la superficie della Terra causando l’effetto serra (figura qui sotto). Radiazione riflessa dall'atmosfera Radiazione emessa dall'atmosfera Radiazione assorbita dall'atmosfera Atmosfera Effetto serra Radiazione assorbita dalla terra Radiazione emessa dalla terra 23 R E I S S O D Le radiazioni ionizzanti (Y e X), dannose perchè molto energetiche, vengono fermate negli strati esterni dell’atmosfera (ionosfera), gli UV vengono assorbiti dall’ozono stratosferico (O3) e dall’ossigeno biatomico (O2), gli IR vengono parzialmente bloccati dai gas serra (noti anche con l’abbreviazione GHG, dall’inglese Green-House Gases): anidride carbonica (CO2), vapore acqueo (H2O), metano (CH4), protossido di azoto (N2O), ozono troposferico (O3) e altre molecole di origine prettamente antropica quali i clorofluorocarburi (CFC; composti a vita media in atmosfera lunga la cui produzione è stata interrotta vent’anni fa in quanto maggiori responsabili del “buco dell’ozono”, loro sostituti come gli idroclorofluorocarburi (HCFC; sicuri per l’ozono ma potenti gas serra la cui produzione sarà proibita a partire dal 2020), perfluorocarMedia globale della concentrazione dei maggiori gas serra dal 1978 a oggi: anidride carbonica (carbon dioxide), metano (methane), protossido di azoto (nitrous oxide), e i due clorofluorocarburi (freon) CFC-12 e CFC-11. Le concentrazioni sono espresse in parti per milione (ppm), parti per miliardo (ppb) o parti per bilione (ppt). Fonte: National Oceanic and Atmospheric Administration, NOAA; USA (2007). 24 buri (PFC), esafluoruro di zolfo (SF6). Con qualche rara eccezione, la concentrazione dei principali gas serra è in costante aumento (Vedi qui sotto). È ormai certo che l’aumento della concentrazione dei GHG di origine antropica che si aggiungono alla base naturale stia amplificando l’effetto serra “naturale” portando al surriscaldamento. Sebbene i composti di origine esclusivamente antropica (xenobiotici) sopra citati siano collettivamente chiamati gas traccia (viste le loro bassissime concentrazioni in atmosfera), va considerato che la maggior parte di essi ha una capacità di assorbire gli IR, valutata come multiplo di quella della CO2 - cui è stato attribuito un potenziale di riscaldamento globale (PRG) pari a 1 - decisamente maggiore: ad esempio l’SF6 - un composto stabile in atmosfera usato come isolante termico ed elettrico - ha un valore di PRG pa- ■ Usi di energia (trsporti esclusi) ■ Trasporti IL CLIMA IMPAZZITO ■ Rifiuti L’assedio alla natura inizia con la rivoluzione industriale Immagini di metà Ottocento con fabbriche per la costruzione di locomotive e macchine a vapore utilizzate come forza motrice. Per la fusione dei metalli e come combustibile per il trasporto ferroviario il carbone ha dominato la scena fin da quando George Stephenson, un ingegnere meccanico britannico, progettò la prima locomotiva nel 1814. Nelle miniere di carbone lavoravano anche bambini per 14-16 ore al giorno. Apporto relativo dei principali gas serra al riscaldamento globale del pianeta. Fonte: Università di Urbino rete osservatori GREENNET (2004). Apporto relativo all’emissione dei gas ad effetto serra delle varie attività antropiche, riferito al totale dei gas emessi in Europa nel 2004. Fonte: European Environmental Agency (2006). ■ Agricoltura ■ Processi industriali ri ad oltre 22.000 volte quello della CO2. La CO2 deriva da tutti i processi di combustione di composti carboniosi, ad esempio i combustibili fossili usati per l’autotrazione, il riscaldamento indoor e per la produzione di energia e beni di consumo. Il metano (CH4) deriva fondamentalmente da perdite dei sistemi estrattivi e di trasporto, in parte poi deriva dalle coltivazioni (esempio risaie), da allevamenti intensivi di ruminanti (bovini) o dalla degradazione microbica anaerobica della materia organica. Il protossido di azoto, N2O, deriva in buona parte dall’uso agricolo di concimi azotati o può avere origine durante reazioni fotochimiche che avvengono nella troposfera e coinvolgono gli ossidi di azoto, NOx (smog fotochimico). Anche l’ozono troposferico deriva da reazioni fotochimiche, mentre le altre molecole sono praticamente tutte di origine sintetica (xenobiotici). L’apporto dei vari GHG al riscaldamento globale e le loro sorgenti sono riportate nei diagrammi qui sopra. Negli ultimi 160.000 anni la temperatura media del pianeta ha subito variazioni significative. La temperatura della Terra in questo periodo può essere valutata sperimentalmente attraverso alcune metodologie d’indagine indiretta retrospettiva. Infatti la registrazione giornaliera delle temperature nelle varie parti del globo viene effettuata solo a partire dagli anni Cinquanta. I carotaggi dei sedimenti oceanici ci forniscono numero e tipologia dei microrganismi presenti in ogni diverso strato delle carote (quindi nelle diverse ere) e ci danno informazioni sulla temperatura alla quale essi vivevano. Inoltre l’allineamento del campo magnetico nelle particelle di sedimento ci dà un’informazione indipendente sull’età dello strato. Infatti l’asse terrestre ruota assai lentamente, con un movimento doppio-conico con vertice al centro della Terra; ciò causa un lento e limitato spostamento del polo nord magnetico che quindi non coincide esattamente con quello geografico (fenomeno della cosiddetta “migrazione dei poli”). I carotaggi delle zone glaciali perenni hanno fornito la neve degli ultimi 160.000 anni. L’a25 Grafici dell’andamento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera in confronto al cambiamento di temperatura media della Terra da 160.000 anni fa al 2000 e previsione fino al 2100, basati su indagini retrospettive (vedi testo) e misurazioni dirette (epoche recenti). Dati ottenuti con la modellazione computerizzata Fonte: International Panel on Climate Change (2001) 26 nalisi isotopica di questi campioni, cioè la quantificazione della frazione d’idrogeno presente sotto forma di deuterio (2H, un isotopo pesante della comune forma 1H), può essere usata per valutare la temperatura al periodo in cui quelle nevi caddero. Inoltre i gas intrappolati nel ghiaccio possono essere analizzati chimicamente, così può essere quantificata l’anidride carbonica ed eventualmente altri GHG presenti in atmosfera nelle rispettive ere. Per periodi più ristretti e prossimi a noi si possono ricavare dati anche dagli anelli di accrescimento degli alberi: essi forniscono indicazioni sull’età della pianta e sulla temperatura a cui ha vissuto. Utilizzando come input questi dati per la modellazione computerizzata, si può realizzare un grafico con il tempo sull’asse delle ascisse, la temperatura e la concentrazione di CO2 sui due assi delle ordinate (diagramma in basso): vediamo che le due “curve” hanno un andamento parallelo, per tutti i 160.000 anni di tempo considerato, ad indicare che c’è un certo rapporto di proporzionalità diretta tra concentrazione di CO2 e temperatura. Nei periodi di massima temperatura non solo la concentrazione dell’anidride carbonica, ma anche quella del metano (CH4) e di altri gas serra era elevata. IL CLIMA IMPAZZITO R E I S S O D L’assedio alla natura inizia con la rivoluzione industriale Un campo di estrazione del petrolio in Texas, uno degli Stati Uniti ancor oggi tra i maggiori produttori. Lo sviluppo clamoroso del trasporto su gomma nelle vastità degli stati americani portò ad una corsa al petrolio ben più consistente della famosa corsa all’oro di cinematografica memoria. Ogni texano scavava in giardino con la speranza di veder zampillare l’oro nero... Gli effetti del riscaldamento globale Il riscaldamento globale del pianeta ha già avuto diversi effetti comprovati. Dati recenti pubblicati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (European Environmental Agency, EEA) indicano un aumento di temperatura media del pianeta dal 1900 ad oggi attorno ai 0,7 °C, con una media in Europa di circa 1,0 °C (diagramma qui sotto). Dopo un’attenta analisi, il rapporto IPCC (2001) conclude in maniera chiara che il riscaldamento degli ultimi 50 anni ha origine antropica, conclusione supportata di recente dal programma scientifico sui cambiamenti climatici degli USA (2006). Ciò sarebbe dimostrato dall’impennata della temperatura media negli ultimi decenni (diagramma in basso).Gli effetti maggiori del riscaldamento globale sono riportati nei sopraccitati rapporti e nel documento “The Impacts and Costs of Climate Change” realizzato su commissione della Commissione Europea nel 2005. Secondo il rapporto Stern la concentrazione di CO2 in atmosfera si è portata dai valori dei tempi pre-industriali (dal 1750 in poi circa), 280 ppmv (parti per milione in volume), a quelli odierni che si aggirano attorno alle 380 ppmv. Anche gli altri GHG sono aumentati, metano e protossido d’azoto in testa. Il totale dei GHG in atmosfera al 2004 era di 430 ppmv CO2e (parti per milione equivalenti di CO2 in volume). Andamento delle temperature medie nel globo dal 1950 al 1999. Fonte: Global Historical Climate Network; NOAA (USA). Variazione della temperatura superficiale della Terra dal 1860 al 2000. Fonte: International Panel on Climate Change (2001). 27 Innalzamento del livello medio del mare Il riscaldamento minaccia le barriere coralline Il riscaldamento globale del pianeta ha già avuto diversi effetti comprovati. Dati recenti pubblicati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (European Environmental Agency, EEA) indicano un aumento di temperatura media. Lo scenario del 2100 potrebbe essere simile al periodo di massima temperatura verificatosi 130.000 anni fa. La temperatura media era di 16 °C, per questo le calotte polari erano più piccole e gli oceani avevano un livello di 5 m più alto. Se ciò avvenisse oggi, molte isole come quelle del Pacifico, l’Olanda e buona parte del Bangladesh, verrebbero sommerse; milioni di persone dovrebbero essere sfollate. Una situazione ancora peggiore potrebbe verificarsi se si rompesse la platea di ghiaccio: ciò porterebbe ad un ulteriore aumento del livello dei mari di 15-95 cm mettendo in pericolo alcune grandi e famose città costiere. Nel mare a temperature più alte e maggiore concentrazione di CO2 disciolta i coralli espellono le alghe fotosintetiche simbiotiche che forniscono loro alimento e la tipica colorazione (fenomeno dello “sbiancamento dei coralli”). A seguito di ciò la barriera corallina si disgrega: il fenomeno è ben visibile in alcune aree delle Isole Seychelles e sta iniziando a manifestarsi ai Caraibi. Ciò ovviamente arreca danni all’ecosistema (ad esempio, ai pesci che si nutrono di coralli) e favorisce l’erosione delle coste, venendo a mancare la protezione della barriera. La situazione potrebbe però non essere drammatica, se gli studi dell’Università del New South Wales di Sydney verranno confermati. Infatti questi scienziati affermano che i coralli si adatteranno alla situazione ed entro il 2100 il maggior tasso di crescita indotto dall’aumento di temperatura controbilancerà l’effetto di “sbiancamento”. Riduzione dei ghiacci perenni: calotte polari Il periodo invernale si è accorciato di 11 giorni Dalla fine degli anni Sessanta, circa il 10% della copertura nevosa del pianeta è scomparso. La superficie perennemente ghiacciata del Mar Glaciale Artico si è ridotta con il tasso annuo altissimo dello 0,9% negli ultimi decenni, ma si è anche notevolmente assottigliata. I ghiacciai stanno rapidamente riducendo la loro estensione. In Italia, ad esempio, il ghiacciaio della Marmolada (provincia di Belluno) si è ridotto dai 3,05 km2 del 1960 ai circa 1,9 km2 del 1994. Ovviamente tali cambiamenti portano a significative alterazioni della flora e della fauna in tali aree. L’inizio della primavera viene indicato dalla comparsa delle gemme, dalla formazione di nuove foglie e dalla fioritura delle piante. Di contro l’arrivo dell’autunno viene segnalato dall’ingiallimento e dalla caduta delle foglie. Nel nostro emisfero (boreale) l’arrivo della primavera è mediamente anticipato di sei giorni, mentre l’inizio dell’autunno è ritardato di circa cinque giorni. Ovviamente questo ha influenza sui cicli biologici di piante e animali che vivono nelle zone interessate dal fenomeno. R E I S S O D Gli effetti del riscaldamento globale 28 Migrazione di specie animali e vegetali Problemi per la salute umana Specie animali e vegetali esotiche possono essere importate di frodo a scopi speculativi ed attecchire grazie alle mutate condizioni ambientali. Piccoli animali come gli insetti, possono viaggiare inavvertitamente su mezzi di trasporto di massa. Va considerato il pericolo che alcune specie esotiche si rivelino predatrici e non abbiano a loro volta predatori, non essendo mai esistite in quel luogo: possono così moltiplicarsi a dismisura conquistando il nuovo habitat e soppiantando le specie autoctone, agendo da veri e propri “bioinvasori”. Ne è un curioso esempio la chiocciola gigante Achatina fulica che oggi si può osservare sulle spiagge brasiliane, dove è approdata 19 anni fa dall’Africa, importata di frodo nel 1988 come sostituto commerciale delle escargot (le lumache edibili). Può pesare fino a un chilo o anche più, depone 2.000 uova al giorno, voracissima, ogni giorno mangia cibo per un decimo del suo peso, divorando di tutto, persino i suoi simili. Può essere pericolosa per la salute, in quanto può veicolare la filaria dei ratti, un protozoo parassita che penetrando nel cervello umano può causare meningite. Un fenomeno facilmente visibile è quello della migrazione di pesci tropicali nel Mediterraneo. Secondo alcuni studiosi dell’ICRAM, l’Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare, attualmente se ne contano circa 55 arrivate dal Mar Rosso attraverso il Canale di Suez, e alcune di esse si sono ambientate e riprodotte benissimo. Molte specie tropicali provenienti dalle coste africane dell’Oceano Atlantico hanno recentemente invaso il Mediterraneo passando attraverso lo stretto di Gibilterra, fra questi il pesce palla, la ricciola fasciata e un piccolo scorfano. Precipitazioni eccessive e siccità prolungata Fenomeni meteorologici estremi Pioggia e neve sono aumentate alle latitudini medio-alte in Europa e nell’America del Nord; questo è il trend generale a livello globale e ce lo si poteva aspettare visto che una temperatura media maggiore favorisce l’evaporazione di acqua dalla superficie terrestre. Purtroppo al contrario, in alcune zone già povere di acqua come l’Africa sub-equatoriale, le precipitazioni sono diminuite anche sensibilmente; solo in prossimità dell’equatore tale tendenza è invertita. La maggior siccità ha evidentemente effetti drammatici su queste popolazioni, a partire dalla diminuzione dei raccolti. In alcune aree degli USA negli ultimi decenni è aumentato il numero delle trombe d’aria, delle tempeste di neve e grandine, ma in altre zone della nazione sono aumentate le onde di calore, gli uragani estivi e i periodi di siccità. I danni in termini di vite umane ed economici, stanno aumentando in proporzione. Anche in Europa dovremo aspettarci una maggior frequenza di eventi estremi come il recente ciclone extra-tropicale Kyrill abbattutosi il 18 e 19 gennaio sulle coste dell’Europa centrale causando danni ingenti alle cose e alle persone e, purtroppo, anche 43 morti. Uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indica in 150.000 il numero delle morti causate nel 2000 da patologie connesse ai cambiamenti climatici. L’OMS stima, che in assenza di contromisure adeguate, il numero di tali vittime potrebbe raddoppiare entro il 2030. Sempre secondo l’OMS, il cambiamento globale del clima è responsabile del 2,4% di tutti i casi di diarrea e del 2% dei casi di malaria nel mondo. L’Africa è il continente a maggior rischio di malaria e qui è previsto sia un aumento della diffusione della malattia, sia il cambiamento dei modelli di propagazione. L’aumento delle precipitazioni aumenta anche l’acqua stagnante che favorisce la riproduzione di zanzare e altri vettori di malattie contagiose. Le ondate di calore e le alluvioni sono, secondo l’OMS, le principali conseguenze dei cambiamenti climatici che comportano maggiori rischi per la salute. Basta ricordare l’ondata di caldo che ha colpito anche l’Europa nel 2003, causando migliaia di morti sulla popolazione in età avanzata soprattutto in Francia. Per le conseguenze derivanti da alluvioni è indispensabile, secondo l’OMS, assicurare la qualità dell’acqua, la sicurezza alimentare, le misure igienico-sanitarie, le misure cautelative durante il disastro, le campagne di vaccinazione e le misure contro i rischi chimici. Il rischio esiste anche per i paesi sviluppati, infatti le alluvioni danneggiano gravemente sia le tubature degli acquedotti che quelle delle fognature, così microrganismi patogeni e composti tossici possono entrare nell’acqua di rete. 29 Scenari, R E I S S O D tra indagini e modelli al computer Nel suo rapporto del 2001 l’IPCC ha stilato una serie di brevi punti che, integrando vari tipi di modellazione al computer e le indagini scientifiche attuali e retrospettive, sintetizzano lo scenario del cambiamento globale del clima fino al 2100. È di prossima uscita un rapporto aggiornato al 2006 dell’IPCC. Le temperature medie della superficie terrestre sono aumentate di 0,7 °C dall’era preindustriale, in misura maggiore nel corso del secolo scorso, soprattutto dopo il 1976. Secondo l’IPCC entro il 2100 è probabile un ulteriore aumento di 1,4-5,8 °C, un fenomeno mai verificatosi negli ultimi 10.000 anni. Si calcola che un raddoppio dei GHG in atmosfera rispetto ai valori dell’era pre-indu- striale stimato in un valore di 550 ppmv CO2e (parti per milione di equivalenti di CO2 in volume) possa portare ad un aumento delle temperature di 1,5-4,5 °C. Secondo altre previsioni “decisamente meno ottimistiche” - riportate dal “rapporto Stern” questo aumento di CO2 comporterà aumenti della temperatura media che nei casi più estremi arriva a 9,1 °C! La maggioranza della popolazione vive sulla terraferma dove i cambiamenti climatici saranno più accentuati, vista la maggior escursione termica che si verifica nell’entroterra che non è mitigata dalla presenza del mare. I continenti più colpiti dovrebbero essere l’Europa meridionale, l’Asia centrale e l’Africa. Il riscaldamento dell’atmosfera potrà causare... GHIACCI. Per ciò che concerne la copertura nevosa dell’emisfero boreale e i mari glaciali si ridurranno ulteriormente. Un simile comportamento è previsto per i ghiacciai e le calotte polari durante tutto il XXI secolo. La platea glaciale antartica aumenterà probabilmente di spessore a seguito dell’aumento delle precipitazioni nevose. Quella della Groenlandia si assottiglierà perché comunque lo scioglimento prevarrà sulle maggiori precipitazioni. MARE. L’innalzamento del livello medio del mare continuerà per centinaia di anni anche dopo che la temperatura dell’aria si sarà stabilizzata con notevoli variazioni locali. Alcune zone sono già condannate. L’aumento del livello medio del mare al livello globale potrebbe aumentare di 0,09-0,88 m entro il 2100 rispetto ai valori del 1990. Oltre allo scioglimento dei ghiacci perenni, il livello del mare si innalza anche e soprattutto per l’espansione termica del volume delle acque dovuta alla maggiore temperatura. EVENTI ESTREMI. Il riscaldamento dell’atmosfera coincide con una maggiore energia disponibile, ciò implicherà una estremizzazione dei fenomeni meteorologici. In generale le zone umide saranno più piovose, le aree secche più aride e quelle soggette a temporali diverranno ancora più tempestose. Ad ogni modo, per molti fenomeni estremi i modelli non sono affidabili. Fenomeni su scala molto ridotta come le tempeste e le trombe d’aria non sono stati considerati nei modelli predittivi. PRECIPITAZIONI. A livello globale la concentrazione del vapore acqueo in atmosfera e, conseguentemente, la quantità di precipitazioni dovrebbero aumentare durante il XXI secolo. È previsto un aumento della variabilità dell’intensità dei fenomeni dei monsoni asiatici. Alle basse latitudini si verificano fenomeni contrastanti sulla terraferma. Ad ogni modo, si prevedono variazioni annuali sempre più marcate; nella maggior parte delle aree si prevede un generale aumento della piovosità. 30 Raffreddamento Corrente superficiale calda Corrente del Golfo Acque con caratteristiche intermedie Correnti tiepide e meno saline Corrente circumpolare antartica Schema semplificato delle correnti termoialine dei mari. Fonte: International Panel on Climate Change (2001). CORRENTI TERMOIALINE. Sono possibili anche variazioni assai repentine del clima; esse possono essere ricondotte a cause naturali, ma non è da escludere una significativa influenza del riscaldamento globale sul sistema. Una delle conseguenza di tale “salto climatico” potrebbe essere l’arresto definitivo della Corrente del Golfo (Oceano Atlantico), che garantisce all’Europa una temperatura invernale di 25 °C superiore rispetto a quella siberiana. Molti modelli mostrano un indebolimento di tali correnti termoialine, cioè composte di acque a temperature e salinità diverse (figura sopra); ciò però non ha ancora portato a fenomeni visibili in quanto l’abbassamento di temperatura conseguente viene controbilanciato dall’effetto serra. Le proiezioni attuali non prevedono una scomparsa totale di tali correnti entro il 2100. Le soluzioni: oltre il Protocollo di Kyoto IL CLIMA IMPAZZITO Per fermare l’aumento della temperatura media, le emissioni globali di gas serra dovrebbero essere ridotte significativamente e le politiche attuali di riduzione sono insufficienti. Ad ogni modo la temperatura media della Terra e il livello medio dei mari continueranno a crescere per centinaia di anni dopo la stabilizzazione della concentrazione dei GHG, anche se questi restassero alle concentrazioni attuali. Come ribadito recentemente da una Comunicazione della Commissione Europea (CE), l’obiettivo del rallentamento del riscaldamento globale sarebbe raggiungibile se fosse possibile una riduzione globale del 50-70% delle emissioni mondiali di GHG, una percentuale che la CE ritiene sostenibile per tutti i paesi con opportune diversificazioni. L’assedio alla natura inizia con la rivoluzione industriale Il paesaggio dello Yorkshire (in due foto scattate ad un secolo di distanza) dà l’idea dello sviluppo industriale dell’Inghilterra centrale dall’Ottocento al Novecento. Due secoli in cui l’imperativo era produrre e la selva di ciminiere (e di emissioni nocive) cresceva costantemente in tutti i Paesi industrializzati. Il protocollo di Kyoto (dicembre 1997) rappresenta lo strumento prodotto dalla convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (United Nations Framework Convention on Climate Change; UNFCCC) per contrastare i cambiamenti climatici. La ratifica in Russia alla fine del 2004 ha dato il via all’applicazione del Protocollo, facendo raggiungere i parametri per l’ufficializzazione in termini di numero di paesi ratificanti e di percentuale di emissioni globali da essi cumulata. A luglio 2006 ben 164 nazioni hanno ufficialmente aderito al Protocollo, che prevede la riduzione dell’emissione di sei gas (o gruppi di gas) serra: anidride carbonica (CO2), metano (CH4); idroclorofluorocarburi (HCFC), perfluorocarburi (PFC), perossido di azoto (N2O) ed esafluoruro di zolfo (SF6). La diminuzione percentuale richiesta ai vari paesi del mondo è variabile, l’Unione Europea ha l’obiettivo di ridurre le sue emissioni totali dell’8%, rispetto ai livelli del 1990, entro il periodo 2008-2012. L’Agenzia Europea per l’Ambiente (Environmental European Agency; EEA) in un recente documento intitolato “Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2006” (andamento e previsioni di emissio- ni di gas serra in Europa nel 2006) traccia il non incoraggiante quadro delle emissioni di gas serra nel nostro continente rispetto agli accordi di Kyoto. Per ciò che concerne l’Europa dei 25 stati membri si stima che adottando politiche addizionali di riduzione delle emissioni - rispetto a quelle che erano state in origine 31 R E I S S O D Mancando altre metodologie efficaci e sicure, la rimozione attiva di CO2 si ottiene attraverso pratiche di riforestazione e forestazione. Le specie arboree infatti assorbono quantitativi più elevati di CO2 rispetto alle piante erbacee a parità di biomassa. Anche se le modalità di rimozione attiva adottate dall’Europa dei 15 avessero pieno successo, esse potranno contribuire solo per un decimo alla riduzione di GHG dell’8% richiesta all’Europa. Sono stati anche proposti altri sistemi di rimozione attiva, come il pompaggio di CO2 nei fondali oceanici o la fertilizzazione degli oceani con ferro per promuovere la crescita e, conseguentemente, l’attività fotosintetica del fitoplancton. Mentre il primo è stato contestato per i potenziali danni ai coralli, il secondo è stato testato su scala ridotta, ma l’aumento del fitoplancton ha indotto un parallelo aumento del suo “predatore”, lo zooplancton, portando alla fine al riequilibrio della popolazione del fitoplancton e ad un effetto netto di rimozione della CO2 trascurabile. Nella recentissima Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni - intitolata “Limitare i cambiamenti climatici globali a 2 gradi Celsius - Il cammino verso il 2020 e ol32 IL CLIMA IMPAZZITO previste - entro il 2010 si potrà ottenere una riduzione del 5,6% rispetto ai valori del 1990. Per quanto riguarda l’Europa dei 15, dalle ultime proiezioni sembra che le misure addizionali intraprese permetteranno a questi paesi di raggiungere globalmente l’obiettivo di riduzione complessiva dell’8%, combinando le maggiori riduzioni degli stati ‘più virtuosi’ con i mancati obiettivi degli altri. A seguito degli accordi di burden sharing (suddivisione del carico) tra paesi dell’UE, l’Italia avrebbe dovuto ridurre le sue emissioni del 6,5%. Nonostante l’adozione di tutti gli strumenti previsti dal protocollo ivi comprese le pratiche di rimozione attiva della CO2, dalle ultime proiezioni sembra che il nostro paese non riuscirà a raggiungere il suo obiettivo. L’assedio alla natura inizia con la rivoluzione industriale Una catasta infinita di tronchi in attesa di essere calati al fiume dove viaggiano riuniti in zattere per un mese alla volta di Venezia, che per il suo Arsenale e per le costruzioni ne importava ben 350 mila all’anno! Ma la saggezza dei veneziani sin dal governo della Serenissima si preoccupava di un’attenta riforestazione dei suoi boschi trentini. Ben diverso è stato il dissennato disboscamento (sotto) per ottenere pascoli in tutti i continenti. Le misure che la Comunità Europea dovrebbe adottare • adottare un miglioramento della sua efficienza energetica del 20% entro il 2020; • subito portare al 20% la produzione di energia da fonti rinnovabili; • adottare efficienti misure di cattura dell’anidride carbonica entro il 2015; • correlare le tasse per gli autoveicoli per trasporto passeggeri alla emissione di CO2; • limitare il valore di emissione massimo degli autoveicoli per trasporto passeggeri a 120 g CO2 per km entro il 2012 tre” (10 gennaio 2007) - che fa seguito a quella del 2005 già citata, la CE ribadisce la necessità di limitare a 2 °C il riscaldamento globale. Ciò comporta una riduzione globale del 30% delle emissioni entro il 2020 rispetto ai valori del 1990. Fino a quando non sarà stipulato un nuovo trattato internazionale che sostituisca il Protocollo di Kyoto, la CE auspica che i singoli stati membri assumano fin da subito un serio impegno formale a ridurre di almeno il 20% le emissioni di gas serra entro il 2020. A partire da tale data i paesi in via di sviluppo scavalcheranno quelli industrializzati in termini di emissioni e sarà necessario imporre loro delle limitazioni senza frenarne lo sviluppo. Entro il 2050 infatti, la riduzione globale dovrà arrivare al 50% ed anche questi paesi dovranno fare la loro parte. Il rapporto CE, concordando con le conclusioni del “rapporto Stern”, ribadisce gli enormi costi economici del mancato intervento per abbattere i GHG. Per ottenere l’obiettivo dei 2 °C le emissioni di tutti i gas serra dovranno essere limitate a 550 ppmv CO2e (parti per milione di equivalenti di CO2 in volume). Con il chiaro obiettivo di far diventare l’Europa leader della riduzione di emissioni a livello globale, il Parlamento Europeo ha proposto una riduzione del 30% dei paesi dell’Unione entro il 2020 e del 60-80% entro il 2050. Gli effetti del cambiamento climatico non avranno distribuzione uniforme. Ad esempio, il sud dell’Europa subirà un calo di produttività dei campi coltivati e del turismo durante i mesi estivi che diverranno troppo caldi, causando anche l’aumento di morti per il caldo eccessivo. Il costo di una mancata azione, stimato dal “rapporto Stern” nel 520% del prodotto interno lordo (PIL) globale, si rifletterebbe in maniera sproporzionata su regioni più povere con minor capacità di adattamento, aumentando anche i costi sociali. Invece un’azione decisa porterebbe i costi dell’azione ad una frazione accettabile: lo 0,19% del PIL globale per anno fino al 2030. Tali costi sarebbero controbilanciati dal previsto raddoppio del PIL entro il 2050 a livello globale (tasso di crescita annuale del 2,8%) e dai significativi risparmi in termini di acquisto di combustibili fossili (20% entro il 2030 in Europa) e di sanità pubblica (una riduzione delle emissioni del 10% in Europa entro il 2020 porterebbe ad un risparmio stimato in 8-27 miliardi di euro). Per ottenere l’obiettivo dei 2 °C, la Comunità Europea dovrebbe tra l’altro sviluppare i punti evidenziati qui sopra. Altre misure richieste dalla suddetta Comunicazione CE riguardano la politica economica, le limitazioni all’emissione degli altri gas serra - che rappresentano il 17% delle emissioni dell’UE - e il potenziamento della ricerca; già nel VII Programma Quadro (2007-2013; vedi n. 1 di “Green”) sono stati aumentati a 8,4 miliardi di Euro i fondi per la ricerca per l’ambiente. Se queste misure dovessero essere adottate, c’è una probabilità del 50% circa di centrare l’obiettivo dei 2 °C. Le conclusioni del “Rapporto Stern” ancora tempo per evitare i peggiori effetti dei cam• c’è biamenti climatici se si intraprende subito un’azione decisa; cambiamenti climatici potrebbero avere un grosso • iimpatto sulla crescita e lo sviluppo; della stabilizzazione dei cambiamenti climatici • i(+costi 2 °C max entro il 2035) sono significativi, ma ritardare sarebbe assai pericoloso ed implicherebbe costi decisamente maggiori; di contrasto dei cambiamenti climatici deve • l’azione essere condotta da tutti i paesi e non deve inibire la crescita dei paesi sviluppati o di quelli in via di sviluppo; una rosa di opzioni tecniche per abbattere le • esiste emissioni, ma è necessaria un’azione politica forte e deliberata per motivare la loro adozione; cambiamenti climatici richiedono una risposta inter• inazionale, basata sulla comprensione condivisa degli obiettivi a lungo termine ed un accordo sull’ambito delle azioni da intraprendere. In fine riportiamo qui sopra le principali conclusioni del “rapporto Stern” che possono servire ad ognuno di noi come spunto di riflessione personale. Fulvio Zecchini 33