La battaglia contro le sue malattie, e lotte per un mondo più giusto

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Personaggi Emofiliaco, ha contratto i virus delTHiv e dell'epatite. Oggi è guarito
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La battaglia contro le sue malattie,
e lotte per un mondo più giusto
di GIUSEPPE REMUZZI
Testimone
Bob Massie (1956), attivista
sociale e difensore dei diritti
civili, vive a Somerville
(Massachusetts) dove
è sacerdote della Chiesa
episcopale. Nel 1993 è stato
il candidato democratico
alla carica di governatore
B
ob Massie nasce a New York nel
1956 malato di emofilia. Nel suo
sangue manca il Fattore Vili,
una proteina fabbricata dal fegato che favorisce i processi di coagulazione. Tutte le volte che Bob si taglia
0 prende un colpo è una tragedia. Ma
l'aspetto peggiore — per Bob come per
tutti i malati di emofilia — è che bastano
piccoli traumi 0 anche solo una corsa perché le articolazioni inizino a sanguinare: è
molto doloroso e limita i movimenti, certe volte si arriva a non poter più camminare. Bob a sei anni ha dolori continui e cammina con le grucce.
È per via di Aleksej Nikolaevich, il figlio
dello zar Nicola n malato anche lui di emofilia, che Suzanne, la mamma di Bob, comincia a interessarsi della storia della famiglia imperiale russa e poi della Russia, di
politica e di economia. Rilascia interviste
negli Stati Uniti e in Unione Sovietica. Sarà
addirittura l'artefice degli incontri fra Reagan e Gorbaciov, che segnarono l'inizio della fine della Guerra fredda. Anche il papà
di Bob si occupa di Russia: Kinloch Massie
è uno storico, autore nel '67 di Nicholas
and Alexandm, la storia di Nicola n e Alessandra di Hesse che ha venduto milioni di
copie in pochi mesi ed è diventato un film
di successo.
Quando nacque Bob l'emofilia si curava
con infusioni di plasma 0 di sangue. Il concentrato di Fattore Viti che uno si può iniettare da solo a casa arriva solo quando Bob
ha già 11 anni. Da quel momento è più semplice: Bob può almeno lasciare le stampelle. In quegli anni la famiglia Massie si trasferisce da New York a Parigi: al di qua dell'Atlantico ci sono idee nuove sulla cura dell'emofilia. Tornano in America nel '72:
Bob, forte dell'educazione francese, a scuola è più bravo degli altri; si occupa di econo-
mia e diritti umani; ma certi giorni deve farsi fino a cinque infusioni di Fattore VHI. Il
farmaco costa moltissimo, Bob vive nel terrore che la sua assicurazione un giorno possa decidere di non rimborsarlo più. Di lì a
poco è ammesso a Princeton, una delle mieliori università deeli Stati Uniti, d'estate lavora nello studio di Henry Jackson, senatore del distretto di Washington. Gli commissionano un libro sul ruolo delle grandi multinazionali nell'influenzare le decisioni del
Congresso: diventerà un testo fondamentale per le decisioni del governo durante la
presidenza Carter.
Nel frattempo matura la decisione di farsi prete: si iscrive alla Yale Divinity School,
ma le sue condizioni di salute peggiorano
di giorno in giorno per una malattia misteriosa che nessuno riesce a diagnosticare. A
Yale, Bob si accorge di come la Chiesa,
quanto meno negli Stati Uniti, sia lontana
dai problemi della gente, fame, povertà, ingiustizie, e anche dai grandi problemi dell'economia. Ne parla, suscitando sospetti,
ma non si ferma. Tanto più che gode della
stima di Paul Moore, il vescovo di New
York che nell'82 lo ordina sacerdote e gli
affida la comunità di Grace Church a
Manhattan. Quello stesso anno Bob Massie sposa Dana Robert, che studia teologia
a Boston. Vorrebbe andare a vivere in mezzo ai poveri; ma la sua salute non glielo
consente. Le trasfusioni di sangue gli avevano trasmesso i virus dell'epatite B e C; a
questi si aggiunge qualcosa di più: Bob è
positivo per l'Hiv, il virus dell'Aids, anche
quello contratto con le trasfusioni. Ecco
perché sta così male. Erano anni in cui la
gente aveva il terrore dell'Aids, non c'erano cure e chi si ammalava prima 0 poi moriva. Bob Massie va avanti, pensa ai poveri,
scopre che la diocesi di New York è ricchissima ma i soldi vengono investiti in armi,
industria farmaceutica, casinò, tabacco e
alcol; niente a che vedere con la missione
della Chiesa. E questo dice ai fedeli nei sermoni della domenica, con bellissimi riferimenti al Vangelo.
n vescovo lo vuole alla Christ Episcopal
Church, a Somerville. Intanto Bob prosegue le sue battaglie: scrive di investimenti
e diritti civili e di politica estera degli Stati
Uniti, specialmente verso l'Africa. E si iscrive alla Harvard Business School, a Boston.
La moglie Dana, nel frattempo, è diventata
professoressa di teologia: insieme decidono di trasferirsi per qualche tempo in Sudafrica con i loro due bambini. Nel 1993
sono di nuovo a Boston dove Bob è il candidato dei democratici per il governo dello
Stato del Massachusetts. La sfida elettorale viene vinta dai repubblicani, ma lui non
si scoraggia; diventa amministratore delegato di Ceres, un'organizzazione che lavo-
ra per un'economia che rispetti la Terra e
la salute dell'uomo.
Quanto alla sua salute le notizie sono
buone: i medici riescono a stabilire che
Bob conviveva con il virus dell'Hiv dal '78 e
che dopo 17 anni le sue condizioni erano
abbastanza buone. Perché lui sì e altri no?
La risposta è che Bob Massie è una delle
pochissime persone al mondo ad avere
una immunità naturale contro il virus. La
vita, però, gli riserva altre sorprese. La moglie Dana chiede il divorzio: troppa l'angoscia di doversi confrontare ogni giorno
con quel maledetto virus senza sapere come sarebbe finita. Bob è di nuovo solo e
con un altro problema, enorme. Il suo fegato non funziona quasi più pervia dell'epatite C. Si prova con l'interferone, ma il tipo
di virus contratto è di quelli resistenti. Il
farmaco gli provoca molti disturbi senza risolvere il problema. La cirrosi avanza: senza trapianto gli resta poco da vivere. Nell'attesa Bob si concentra su altro. Crea un
movimento di manager che vogliono investire in energia pulita, riuscendo a raccogliere fondi per miliardi di dollari. Purtroppo la sua salute peggiora: le forze vengono
meno. Non esce quasi più di casa, studia,
legge, cucina. E aspetta il trapianto. Si fanno avanti tanti amici per donare una parte
del loro fegato. Ma ci sono difficoltà e il
tempo passa. Bob si mette in diverse liste
— Boston, Cleveland, Atlanta, Pittsburgh
— ciascuna con un protocollo diverso,
una burocrazia che non finisce mai, viaggi
e falsi allarmi («Come fa chi non ha mezzi,
né conoscenze?» si chiede ogni tanto).
Bob sta perdendo le speranze finché un
giorno i chirurghi di Atlanta gli offrono il
fegato di una ragazza, da asportare per un
difetto genetico. È un buon fegato, salvo
che non sa produrre un certo enzima. Per
Bob potrebbe andare bene. Mentre lo stanno portando in sala operatoria per l'anestesia, al suo fianco c'è Anne, la sua nuova
moglie. Anne estrae un iPod: un auricolare per Bob e uno per lei. È notte, Una canzone nella notte appunto è proprio il titolo
del libro di Bob Massie appena pubblicato
in Usa. n brano che ascoltano è Nasadiki,
«il credo di Nicea». Bob si addormenta
con una canzone che dice «ho fiducia» e si
sveglia in rianimazione. È andato tutto bene, dopo qualche giorno incontra la ragazza che gli ha donato il fegato. Cominciano
a raccontarsi delle loro vite di ragazzi malati. Sopravvissuto all'emofilia e all'Aids,
Massie ha vinto anche l'epatite C. E c'è un
miracolo nel miracolo: con il fegato nuovo
l'emofilia se n'è andata per sempre.
Bob Massie ha raccontato la sua storia a
Boston questa estate in occasione dell'incontro per i duecento anni del «New England Journal of Medicine». Un'emozione,
per chi c'era e ha avuto il privilegio di
ascoltarla.
Memorie personali
Bob Massie nel libro da
poco uscito in America,
«A Song in the Night:
A Memoir of Resilience»
(Nan A. Talese/ Duobleday,
pp. 292, $ 24)
racconta la sua ultima
battaglia, quella contro
l'epatite C, vinta grazie a un
trapianto di fegato che gli
ha anche permesso di
guarire dall'emofilia. A metà
degli anni Novanta aveva
scoperto di essere
una delle poche persone
al mondo immuni al virus
delf'HIv, che aveva contratto
durante una trasfusione
Battaglie sociali
Massie, che ha guidato e
fondato organizzazioni per
uno stile di vita sostenibile,
è anche autore di saggi tra
cui «Loosing the Bonds: the
United States and South
Africa in the Apartheid
years» con cui nel 1998 ha
vinto il Lionel Gelber Price