L’USO DELLA CBCT IN ENDODONZIA: CONFRONTO TRA LINEE GUIDA EUROPEE E NORD AMERICANE Società Italiana di Endodonzia, Emanuele Ambu 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) Introduzione Quale tipo di dispositivo CBCT per l’Endodonzia? Le linee guida dell’European Society of Endodontology (ESE) Il “joint position statement” AAE/AAOMR (2010) Il “joint position statement” AAE/AAOMR (update 2015) Orientamenti diversi: come armonizzarli? Conclusioni 1) Introduzione L’uso della CBCT in Odontoiatria sta progressivamente entrando nella quotidianità di molti Ambulatori, accompagnata da molte perplessità e da molta confusione. Molto spesso l’uso della radiologia 3D in Endodonzia viene contestato da alcuni Colleghi, in nome di una non ben chiarita “dose eccessiva”. Ci si chiede, però, come si possa considerare “giusta” una dose se si deve inserire un impianto, e come la stessa non possa essere “giusta” qualora le informazioni che questo esame può fornire permettano di recuperare un dente altrimenti destinato all’estrazione. Per almeno un paio di decenni gli Odontoiatri hanno delegato ai Radiologi il compito di fornire, per l’inserimento implantare, informazioni derivate da CT in grado di fornire spesso immagini parzialmente adeguate allo scopo e con irraggiamenti enormi per il paziente. L’uso frequente di dispositivi “ospedalieri”, ovvero di macchine nate per indagare altri settori del corpo, ha costretto molti pazienti a subire irraggiamenti di svariate centinaia, se non di alcune migliaia di microseaverts, in situazioni che oggi risolviamo irraggiando il Paziente con “dosi efficaci” di alcune decine di microseaverts. Per non parlare, poi, della necessità di lavorare su tagli “decisi dal radiologo” e trasferiti su pellicola, invece di poter utilizzare direttamente i dati DICOM ed elaborarli attraverso gli appositi programmi di diagnostica e programmazione. 2) Quale tipo di dispositivo CBCT per l’Endodonzia? Ragioniamo dunque di “quale radiologia 3D in Endodonzia”. Le situazioni nelle quali usare i dispositivi CBCT sono state descritte ed “ufficializzate” prima negli USA (AAE and AAOMR joint position statement) (AAVV 2010) e poi in Europa (ESE Guidelines) (Patel et Al. 2014) . In entrambi i casi i dispositivi da usare per l’Endodonzia sono esclusivamente quelli a “limited Field of View”. Nell’ultimo aggiornamento delle linee guida Americane (AAE and AAOMR joint position statement. An update 2015), si raccomanda di usare un “FOV” che ecceda di poco l’area da esaminare (detta area di interesse). Genericamente tanto minore è il “FOV” tanto minore è la dose assorbita dal paziente; il “FOV” ottimale è quello che viene scelto in base alle dimensioni della lesione. Tanto più piccola è l’area esaminata tanto più i dispositivi dovrebbero essere in grado di fornire immagini ad alta risoluzioni, attraverso la lettura di “fette” di poche decine di micron. La diagnosi endodontica si basa sulla ricerca di particolari molto piccoli (canali calcificati o atresici, piccole alterazioni del profilo del legamento parodontale, ecc.) per cui si dovrebbe utilizzare dispositivi in grado di fornire la risoluzione ottimale per rilevare particolari così piccoli. Bisogna dunque utilizzare macchine che siano in grado di ridurre le dimensioni del “voxel” (generalizzando “della fetta”): in Endodonzia si dovrebbero usare dispositivi che siano in grado di ridurre la dose e di fornire ricostruzioni con i voxel al di sotto dei 120 micron. Alcune Aziende Produttrici propongono dei programmi “endodontici” basati sulla riduzione dell’irraggiamento ottenuto incrementando le dimensioni del voxel; tuttavia, utilizzando questi programmi, non saremo in grado di ottenere le informazioni necessarie perché il voxel di acquisizione risulterà troppo grande rispetto alle dimensioni dell’oggetto che andiamo a ricercare, sia esso un canale calcificato o una incrinatura della radice. Bisogna porre dunque una grande attenzione al momento della scelta del dispositivo da utilizzare per l’Endodonzia: irraggiamento più basso possibile ma accompagnato a un voxel sufficientemente piccolo (idealmente al di sotto dei 100 micron) per l’utilizzo specifico. L’Odontoiatra che utilizza la CBCT dovrebbe poi essere addestrato all’uso di questo tipo di dispositivo, imparando a gestire caso per caso. In alcune situazioni cliniche, infatti, si possono acquisire immagini con un voxel più grande (se non abbiamo necessità di alta risoluzione per specifici scopi diagnostici) e quindi si può ridurre fortemente l’irraggiamento. In altre situazioni si può, ad esempio, ridurre il milliamperaggio fino a livelli compatibili con una buona leggibilità delle informazioni. Auspichiamo dunque che vengano a crearsi corsi istituzionali per il training degli utilizzatori, corsi oggi fondamentalmente assenti nelle Università Italiane. Premesso questo, ogni esposizione del Paziente dovrebbe essere giustificata secondo la legge di Ottimizzazione e Giustificazione (Legge 186/2000 in Italia), basata sul Principio Internazionale ALARA (As Low As Reasonably Achievable). Ovviamente questo vale qualsiasi tipo di esposizione, sia quelle “2D” che quelle “3D”. Tornando alle linee guida europee ed americane, entrambe concordano sul fatto che in Endodonzia l’esame CBCT non deve essere usato indiscriminatamente come esame di primo livello. Va fortemente enfatizzato il fatto che, come sostenuto nelle linee guida ESE, la decisione di utilizzare un esame tridimensionale dovrebbe essere presa solo dopo una valutazione complessiva del Paziente e dopo aver effettuato e valutato delle radiografie endorali. In ogni caso, una attenta valutazione “rischio/beneficio” dovrebbe sempre precedere la decisione di effettuare un esame radiografico, bidimensionale o tridimensionale che sia, soprattutto quando il Paziente è un bambino o comunque un adolescente, categorie queste particolarmente sensibili ai potenziali effetti negativi delle radiazioni ionizzanti. 3) Le linee guida dell’European Society of Endodontology (ESE) Da un primo confronto tra le diverse linee guida, possiamo rilevare come le indicazioni prodotte dalla European Society of Endodontology (ESE) appaiano più restrittive di quelle promosse dall’American Association of Endodontist, comprendendo: • Diagnosi dei segni radiografici di lesioni periapicali quando i segni ed i sintomi sono contradditori (o non specifici) • Conferma dell’origine non odontogena della patologia • Valutazione e gestione dei traumi dento-alveolari, qualora non possano essere valutati tramite una radiografia tradizionale • Valutazione di anatomie estremamente complesse (come il dens invaginatus di classe III o IV) • Valutazione di anatomie estremamente complesse in caso di ritrattamento endodontico • Valutazione delle complicanze di un trattamento endodontico (come le perforazioni dovute ad un perno), nel caso le informazioni derivanti dalla immagini convenzionali non diano informazioni sufficienti • Valutazione e gestione dei riassorbimenti radicolari che clinicamente mostrino una condizione favorevole per il trattamento • Valutazione prechirurgica, in situazioni complesse (quali i denti posteriori) 4) Il “joint position statement” AAE/AAOMR (2010) Il Joint Position Statement tra La American Association of Endoodntists e la American Academy of Oral and Maxillofacial Radiology, che precede di alcuni anni le linee guida ESE, dà invece una interpretazione più estensiva dell’uso della CBCT in Endodonzia. L’uso dell’esame CBCT viene suggerito in diverse situazioni, che di seguito riportiamo: • Definizione della presenza di potenziali canali accessori, quando le immagini tradizionali ci facciano sospettare una morfologia complessa • Identificazione di anomalie del sistema dei canali radicolari e determinazione delle curvature • Diagnosi di patologie periapicali dove siano presenti sintomi modesti, ma non si evidenzino lesioni nelle radiografie tradizionali o dove, a causa della sovrapposizione di altre strutture, sia richiesto un esame più specifico • Diagnosi di lesioni di origine non endodontica, allo scopo di valutarne correttamente estensione e rapporti con le strutture anatomiche limitrofe • Valutazione intra e post operatoria delle complicanze del trattamento, quale otturazioni iperestese, strumenti separati, identificazione di canali calcificati e localizzazione delle perforazioni • Diagnosi e gestione dei traumi dento-alveolari • Diagnosi differenziale tra i diversi tipi di riassorbimenti radicolari, al fine di stabilirne correttamente trattamento e prognosi • Pianificazione prechirurgica per determinare l’esatta posizione delle radici e degli apici, in rapporto con le strutture adiacenti • Pianificazione implantare quando le “cross sections” sono essenziali per valutare la cresta edentula Nelle conclusioni viene inoltre sottolineato come la CBCT non possa e non debba essere considerata una metodica “di routine” ma una aggiunta alla più comune diagnosi con l’uso della radiologia tradizionale. Tuttavia, come viene sottolineato, una immagine derivata da un dispositivo a “limited CBCT” può fornire una immagine di molti denti “from approximately the same radiation dose as two periapical radiographs” e che un esame CBCT nella valutazione di casi complessi può in realtà ridurre l’irraggiamento che può derivare al paziente da una esposizione di multiple radiografie tradizionali. 5) Il “joint position statement” AAE/AAOMR (update 2015) Nel 2015 è stato prodotto un aggiornamento alle Linee Guida AAE/AAOMR (AAVV 2015) che ha introdotto diverse ed importanti novità, che dovrebbero indurre alla riflessione sull’utilizzo etico della radiologia tridimensionale in Endodonzia. Queste novità riguardano differenti situazioni, che andremo ad esaminare. In ogni caso viene sottolineato ancora una volta l’obbligo di utilizzare esclusivamente dispositivi a “limited FOV”. Nella prima parte si pone l’indice sugli aspetti diagnostici: la “Raccomandazione 1” conferma che la radiografia endorale dovrebbe essere la modalità di scelta per la valutazione del paziente con una problematica endodontica. La “Raccomandazione 2”, però, introduce il concetto che l’esame tridimensionale diventa l’esame elettivo per la diagnosi in pazienti che presentino segni e sintomi clinici contradditori e non specifici associati con elementi sia trattati sia non trattati endodonticamente. Il razionale di questa scelta deriva da alcune considerazioni: • In alcuni casi le informazioni cliniche e l’esame radiografico 2D non forniscono informazioni sufficienti per formulare una corretta diagnosi endodontica. Questo è dovuto sia ai limiti intrinseci delle prove di sensibilità sia ai limiti della radiologia bidimensionale nel rilevare le lesioni odontogene. Come riportato da De Paula-Silva e Colleghi (De Paula Silva et Al. 2009), la CBCT è in grado di rilevare la presenza di lesioni endodontiche prima che queste siano rinvenibili nella radiografia endorale • Questo aspetto diventa particolarmente rilevante considerando che presenza e reale dimensione della lesione giocano un ruolo importante nella prognosi endodontica. Il successo, come rilevato da Friedman (Friedman 2002), aumenta se il trattamento endodontico è eseguito prima che siano rilevate radiograficamente le lesioni • In ogni caso, molte ricerche hanno confermato la scarsa sensibilità della radiologia bidimensionale, comparata con la CBCT, nel rilevare le lesioni periapicali di origine endodontica. Uno studio di Estrela e Colleghi (Estrela et Al. 2008) ha mostrato come almeno un terzo delle lesioni periapicali non sia rilevabile utilizzando le comuni radiografie endorali e come questo dato peggiori ulteriormente, fino a sfiorare il 50% dei casi, quando si utilizzi a questo scopo una Ortopantomografia. Partendo da questo dato, Wu e Colleghi (Wu et Al. 2010) hanno a più riprese sostenuto che “two-dimensional radiographs do not provide reliable information in endodontic epidemiologic investigations and clinical outcome studies” e che si dovrebbe rivalutare la prognosi delle terapie endodontiche con ricerche a lungo termine che prevedano l’uso della CBCT (Ng et Al. 2007). • Un persistente dolore intraorale che faccia seguito alla terapia endodontica è una problematica abbastanza frequente e spesso inquadrata nella cosiddetta “odontalgia atipica”. Anche in questo caso, si tratta talvolta di un problema legato alla relativa sensibilità diagnostica della radiografia endorale, situazione che può essere risolta utilizzando un esame CBCT. In questo articolo gli Autori (Pigg et Al. 2011) hanno valutato le differenze tra sospetta odontalgia e periodontite apicale sintomatica in situazioni in cui era assente una evidenza radiografica di distruzione dell’osso periapicale, rilevando come l’esame CBCT abbia permesso di rilevare 17% di denti in più con una perdita d’osso periapicale rispetto a quelli rilevati dalla tradizionale radiografia endorale. Esaminando poi l’uso della CBCT nel trattamento iniziale, le linee guida AAE/AAOMR 2015 hanno suggerito di considerare l’esame “limited CBCT” come quello di scelta per il trattamento endodontico di elementi con anomalie anatomiche o quelli in cui sia possibile la presenza di canali “soprannumerari” (Raccomandazione n° 3). In questa categoria vengono esplicitamente citati i denti frontali anteriori, i molari ed i premolari di entrambi i mascellari! Inoltre viene suggerito l’esame tridimensionale per rilevare canali calcificati che non sono stati rinvenuti durante una prima seduta (Raccomandazione n° 4), se non si era già provveduto ad eseguire un esame CBCT in prima seduta. L’esame di controllo del risultato finale del lavoro, invece, dovrebbe essere una radiografia endorale (Raccomandazione n° 5). Anche in questo caso, oltreoceano si prendono in considerazione i vantaggi introdotti dall’uso della CBCT piuttosto che i danni potenziali dovuti ad una esposizione maggiore alle radiazioni ionizzanti. E’ situazione ben nota quella che il successo della terapia endodontica non chirurgica dipende dalla localizzazione e dal trattamento di tutti i sistemi canalari, così come dalla ricostruzione dell’elemento trattato. Ed è altrettanto noto che le immagini 2D non siano in grado di indicare non solo il numero dei canali, ma talvolta neppure l’esistenza di tutte le radici (Patel et Al. 2015). Estensione della lesione, ricerca di radici e canali “dimenticati”: tutte situazioni che non sempre possono essere rilevate con una radiografia tradizionale, per quanto ben eseguita, e che invece possono essere facilmente individuate con un esame CBCT a limited FOV, riducendo i rischi per il Paziente e migliorando la prognosi. Se infatti l’esame tridimensionale rileva, nelle sezioni assiali, la presenza di un canale non trattato (Loftag-Hansen et Al. 2007), l’indicazione di prima scelta è quella del ritrattamento non chirurgico, che ha esito favorevole in una percentuale superiore all’85% dei casi (Gorni & Gagliani. 2004). Relativamente al ritrattamento endodontico non chirurgico, la “raccomandazione 6” suggerisce l’uso dei “limited CBCT devices” per l’identificazione delle fratture verticali di radice, qualora la lettura delle immagini 2D non fornisca informazioni. La “raccomandazione n° 7” indica nell’esame tridimensionale la metodica di prima scelta quando si devono valutare le scelte terapeutiche nel caso di mancata guarigione in seguito ad una terapia endodontica. In questo caso si può decidere tra estrazione, chirurgia endodontica e ritrattamento. Anche qui, per precisare il razionale di queste indicazioni, gli Autori delle Linee Guida sottolineano come questo risieda nella volontà di fornire la prestazione migliore possibile nell’ottica della salvaguardia del Paziente. E’ infatti opportuno valutare tutti i fattori che condizionano la prognosi del trattamento canalare. Liang e Colleghi (Liang et Al. 2011) hanno valutato quanti fattori predittivi del risultato clinico sono rilevabili tramite CBCT e tramite le Rx endorali. In questo studio le lesioni periapicali sono state rilevate nel 12,6% dei casi contro il 25,9 rilevato nelle CBCT. Al contrario, 20 delle 25 otturazioni ritenute “corte” con un esame 2D (80%) sono risultate correttamente al termine del canale utilizzando la CBCT, mentre in 23 radici le otturazioni hanno mostrato delle aree vuote con l’Rx endorale contro i 66 casi mostrati dall’esame 3D. In questi casi la CBCT può dunque evitare al paziente un inutile ritrattamento, o avvalorare la scelta di effettuarlo. La “raccomandazione n° 8” indica la CBCT come esame di prima scelta per valutare, in un ritrattamento, la presenza di complicanze quali sovraestensioni di materiale da otturazione e strumenti rotti e per determinare la posizione delle perforazioni. (Fig. I. a-d) Anche qui si sottolinea come una attenta pianificazione sia una parte essenziale del ritrattamento endodontico: una diagnosi endodontica ed un piano di trattamento scorretti, differiti o inadeguati “mettono a rischio il paziente e possono determinare trattamenti non necessari”. Alcuni Autori ( Fayad & Johnson 2014) hanno recentemente indagato questi aspetti: tre Endodontisti certificati AAE hanno esaminato 30 casi utilizzando Rx endorali formulando una diagnosi ed un piano di trattamento preliminari. Dopo 15 giorni è stato loro richiesto di effettuare le stesse procedure esaminando le CBCT degli stessi casi. I risultati sono stati sconvolgenti: in 19 casi su 30 (63,3% dei casi) le informazioni supplementari raccolte dall’esame 3D hanno portato a modificare il piano di trattamento endodontico. Una diagnosi accurata era stata raggiunta, nello specifico, nel 36-40% dei casi usando le rx endorali, mentre si sono raggiunte percentuali del 76-83% usando le CBCT. In particolare, un’alta probabilità di errore diagnostico si è verificata nel caso dei riassorbimenti cervicali invasivi e nella diagnosi di frattura verticale di radice. Relativamente al problema della diagnosi delle FVR, l’esame della Letteratura mostra evidenze tutt’altro che univoche. Attraverso una revisione sistematica della Letteratura, recentemente pubblicata, Chang e Colleghi (Chang et Al. 2016) dell’Università di Toronto hanno evidenziato che non ci sono prove che sostengano che l’esame tridimensionale fornisca un reale ausilio nel rinvenire FVR nei denti trattati endodonticamente. Tsesis e Colleghi (Tsesis et Al. 2010), nel 2010, hanno rilevato come vi sia necessità di ulteriori lavori per chiarire sia l’accuratezza diagnostica sia l’efficacia clinica degli esami clinici e strumentali per diagnosticare la presenza delle fratture verticali di radice. Ancora nel 2014, Chavda e Colleghi (Chavda et Al. 2014) hanno rilevato a loro volta i molti limiti che hanno sia la radiologia tradizionale che quella tridimensionale nel rilevare le FVR. Al contrario, alcuni studi ex vivo hanno dimostrato come la CBCT abbia una maggior sensibilità rispetto alla radiografia endorale nella diagnosi delle FVR (Tsesis et Al. 2008, Kamburoglu et Al 2010). Altri studi in vivo (Edlund et Al 2011, Metska et Al. 2012) hanno confermato la supremazia della CBCT rispetto alla radiografia endorale sia come sensibilità sia come specificità nella diagnosi delle frattura. Questo tipo di studi, tuttavia, ha molti limiti legati alla scarsa capacità di confermare la presenza di fratture utilizzando un accesso chirurgico o ortogrado alla radice. Solo Wang e Colleghi (Wang et Al. 2011) hanno esplorato tutta la radice dopo aver estratto gli elementi, confermando così la presenza della frattura e concludendo che la CBCT appare molto più precisa rispetto alla radiografia tradizionale in questo tipo di sfida diagnostica. Data l’alta incidenza di artefatti, presenti nei denti trattati endodonticamente per la presenza endocanalare di materiale fortemente radiopaco, siano essi materiali da otturazione canalare o per la ricostruzione dell’elemento, spesso è più efficace rilevare la presenza della frattura attraverso alcuni segni (perdita di osso ai lati della radice, presenza di una immagine “ad aureola” attorno all’apice) piuttosto che identificare direttamente la rima di frattura all’interno della struttura radicolare. In ogni caso la CBCT deve essere usata solo al termine di una accurata indagine clinica e solo per conferma in casi specifici di grande difficoltà diagnostica. Sia le linee guida Europee sia quelle Nord Americane mettono tra le indicazioni la realizzazione di un esame CBCT per programmare la Chirurgia Endodontica, soprattutto se questa risulti complicata, come spesso accade quando si tratta un elemento nei settori posteriori. Le linee guida americane prevedono un utilizzo più esteso, sia per consentire l’esatto posizionamento degli apici, sia per permettere l’esatta localizzazione di questi in rapporto a strutture anatomiche nobili (quali il nervo alveolare inferiore, la fossa nasale e i seni mascellari). Tutto questo, ovviamente, allo scopo di ridurre i rischi di una loro lesione accidentale durante le manovre chirurgiche. Nell’aggiornamento 2015 di queste linee guida, l’uso della CBCT in chirurgia endodontica diventa la modalità di prima scelta per la programmazione pre-chirurgica. Questa scelta è determinata dal fatto che la radiologia bidimensionale non è in grado di definire le reali dimensioni della lesione, e quindi l’esame CBCT viene a giocare un ruolo importante nella salvaguardia della integrità del Paziente. Come abbiamo già evidenziato, la CBCT è estremamente utile per identificare non solo canali “dimenticati” ma anche radici accessorie o che sono in esubero rispetto alle configurazioni anatomiche “tradizionali” e questa situazione può influire sulla prognosi del nostro trattamento. L’esame della Letteratura Scientifica mette in evidenza una serie di indicazioni all’uso della CBCT in Chirurgia Endodontica, assai più estesa di quelle previste dalle linee guida. Potremmo sintetizzare questi indicazioni in tre punti: diagnosi, programmazione prechirurgica, follow-up. L’importanza della CBCT nella diagnosi endodontica è già stata discussa in precedenza; adesso ci concentreremo sugli altri due aspetti. Per quanto riguarda la pianificazione prechirurgica, la CBCT è utile per determinare i rapporti tra apici, lesioni periapicali e strutture anatomiche che dovranno essere rispettate durante l’intervento, quali il seno mascellare o il nervo alveolare inferiore. Inoltre questo tipo di esame risulta molto utile per localizzare la posizione di radici ed apici e per determinare l’esatta estensione delle lesioni. Kovisto e Colleghi (Kovisto et Al 2011) suggeriscono di utilizzare la CBCT per una corretta localizzazione del canale mandibolare, mentre von Arx e Colleghi (von Arx et Al. 2013) ne rilevano l’utilità nella localizzazione del foro mentoniero (Fig. II. ad). La membrana di Schneider appare risentire molto quando si trova in prossimità di lesioni periapicali (Bornstein et Al. 2012). Fu per primo il gruppo del Prof. Berutti dell’Università di Torino (Rigolone et Al. 2003) a descrivere i vantaggi dell’uso della CBCT nella programmazione dell’accesso chirurgico all’apice della radice palatina del primo molare superiore. Utilizzando l’esame CBCT, infatti, è possibile programmare l’accesso per via vestibolare alla radice palatina dei molari superiori, evitando di menomarne eccessivamente le radici vestibolari. La CBCT è molto utile anche per verificare la presenza di un recesso del seno tra le radici vestibolari e quella palatina, situazione tutt’altro che infrequente, verificandosi nel 42,2% dei casi negli uomini e nel 49% delle donne (Kalender et Al. 2013). Ugualmente utile appare l’esame volumetrico nella ricerca di apici “complicati” come quello della radice palatale del primo premolare superiore, rendendo l’intervento più preciso e prevenendo le complicanze (Widmer et Al. 2010). Se l’esame volumetrico appare assai utile per programmare l’approccio chirurgico riducendo i rischi per un danno del seno mascellare, lo è almeno altrettanto nel determinare l’approccio agli apici dei molari inferiori, riducendo il rischio di danno neurologico per lesione del nervo alveolare inferiore. Bornstein e Colleghi (Bornstein et Al.2011) hanno descritto una metodica efficace per determinare i confini anatomici delle varie strutture durante l’esame del volume CBCT, sottolineandone i vantaggi nell’uso dei dispositivi a “limited FOV” nella programmazione prechirurgica (Fig. III. a-b). L’esame CBCT, eseguito rigorosamente con dispositivi a piccolo FOV che garantiscano basso irraggiamento del paziente, risulta dunque assolutamente giustificato in tutti gli interventi di chirurgia endodontica, laddove l‘esame bidimensionale risulta inefficace in qualsiasi condizione, come ad esempio nella banale definizione delle dimensioni della lesione da operare (Mallet et Al. 2011). Lascia perplessi che ancora oggi si consenta e si giustifichi l’uso di dispositivi come CT multistrato per uso ospedaliero o di apparecchi Dentalscan per la programmazione implantare, che erogano molte centinaia di microseaverts al paziente, mentre si contesti l’uso routinario negli studi odontoiatrici di dispositivi CBCT con irraggiamenti di poche decine di microseaverts per programmare interventi ben più complessi di chirurgia endodontica. Le stesse considerazioni valgono per il follow-up: così come l’esame bidimensionale mostra la sua inadeguatezza nella diagnosi e nella pianificazione, altrettanto si dovrà ricorrere ad un esame CBCT per valutare la guarigione delle strutture ossee nel tempo (Tanomaru-Filho et Al. 2010). L’adozione del concetto di terapia “effective/ineffective” proposto da Wu e Wesselink (Wu & Wesselink 2005), ovvero valutare gli effetti di una terapia in un unico controllo volumetrico a distanza di un anno, evitando così esposizioni multiple sia bidimensionali che tridimensionali, potrebbe essere la chiave di lettura migliore per ottenere risultati riproducibili nell’ottica del rispetto del principio di “ottimizzazione e giustificazione”. Al termine delle raccomandazioni AAE/AAOMR 2015 ne troviamo aggiunte tre, definite “Condizioni Speciali” La raccomandazione n° 10 suggerisce l’uso della Limited CBCT come modalità di scelta nella programmazione dell’inserimento implantare. L’alternativa implantare, per quanto possa sembrare lontana dal “mondo endodontico”, è stata prevista ed inserita nel corso di studi per ottenere la specialità in Endodonzia in alcune Università Americane, anche in risposta alle molte discussioni che questa cosa ha suscitato oltreoceano (Crawford et Al. 2011). Anche se la trattazione può sembrare oziosa in Italia, dove non esiste una definizione precisa delle diverse figure specialistiche dell’Odontoiatria, questo fatto, ovvero quello di utilizzare la “limited CBCT” per la pianificazione implantare, assume una enorme importanza per l’irraggiamento del Paziente. Si assiste infatti troppo spesso all’effettuarsi di esami CBCT sovradimensionati per l’effettivo scopo previsto. Molto spesso, soprattutto per la programmazione del mono impianto o di un ponte su impianti, vengono effettuate scansioni con dispositivi a medium se non a large FOV, con irraggiamenti completamente inutili e dannosi del Paziente. Per effettuare la programmazione implantare in queste situazioni, infatti, un’area esaminata di 5x5 cm (quella appunto massima per il Limited FOV), è largamente sufficiente. Inoltre questo tipo di diagnosi non necessita di immagini ad alta risoluzione, per cui si può facilmente aumentare la “slice” in acquisizione fino a 250-300 micron, diminuendo contestualmente anche il millamperaggio. L’irraggiamento somministrato al paziente in queste condizioni si abbasserebbe a livelli veramente minimi. Anche in questo caso siamo purtroppo lontanissimi da un generalizzato uso consapevole di questo mezzo diagnostico, sia da parte degli Odontoiatri sia da parte dei Radiologi. Da più parti nel mondo, viceversa, si sta avanzando l’idea di modificare il concetto ALARA (“as low as reasonably achievable“) al concetto ALADA ( “as slow as diagnostically accetable”), ovvero quello di ridurre l’irraggiamento del paziente al livello minimo per avere immagini che diano una diagnosi corretta. Questa idea parte dall’evidenza che si tende a sovra irraggiare il Paziente per ottenere immagini ad alta qualità (Jaju & Jaju 2015). Si dovrebbe ragionare a vari livelli di questi concetti: alcune Aziende Produttrici non prestano particolare attenzione a questa problematica, proponendo macchine con irraggiamenti eccessivi e “spingendo” sulla particolare “bellezza delle immagini”. E purtroppo accade che Colleghi non sufficientemente sensibilizzati sulla problematica o con poca formazione rispetto alla interpretazione delle immagini digitali si facciano influenzare in tal senso, dimenticando così che, se da una parte una immagine ottenuta aumentando l’irraggiamento del Paziente è “più bella”, dall’altra dobbiamo tendere ad avere informazioni sufficienti proprio riducendo al massimo ogni rischio per il Paziente. La Raccomandazione n° 11 è basata sull’uso della Limited CBCT come modalità di scelta nella diagnosi e nella gestione dei traumi dento-alveolari poco estesi, lussazioni, fratture alveolari, fratture radicolari e dislocazioni dentali, qualora non siano necessari altri esami più avanzati per le lesioni dei tessuti molli o di competenza maxillo-facciale. L’ultimo punto, la Raccomandazione 12, indica nella Limited CBCT l’immagine di prima scelta nella localizzazione e nella diagnosi differenziale di riassorbimenti radicolari interni ed esterni. In questo caso, l’esame ha una particolare valenza nella scelta del trattamento più appropriato e nella valutazione prognostica dell’elemento affetto. 6) Orientamenti diversi: come armonizzarli? Come possiamo vedere, esiste una distanza apparentemente abissale tra i concetti espressi nelle linee guida ESE e nelle ultime linee guida Nord Americane. Una distanza abissale che auspichiamo venga colmata attraverso una “Consensus Conference” Internazionale che ormai non può più ulteriormente attendere. Soprattutto, queste due visioni sottendono due valutazioni opposte non soltanto del valore e dell’uso della Diagnostica per Immagini 3D in Endodonzia, ma dell’importanza stessa della terapia endodontica rapportata alle esigenze di tutela del Paziente rispetto ai rischi potenziali di una sovraesposizione alle radiazioni ionizzanti. Da una parte, infatti, le indicazioni ESE sono molto limitate e si collegano, idealmente, a quella posizione di pensiero che vuole l’esame CBCT troppo invasivo per un utilizzo più generalizzato nella diagnosi non solo specificamente Endodontica ma più in generale Odontoiatrica. Ci si deve chiedere l’origine di questo pensiero. Probabilmente tutto sta nella generalizzazione del concetto di CBCT: il mare dei dispositivi CBCT è infatti un vasto oceano, ancora privo di regolamentazioni internazionalmente accettate. La varietà dei dispositivi è talmente ampia che Vivian E. Ruston, nella Prefazione delle Evidence Based Guidelines del 2012, curate per l’Euratom dal consorzio SEDENTEXCT (AAVV 2012), mette in guardia sulla proliferazione dei dispositivi affermando che quanto si può evincere dai risultati per una certa macchina non può essere applicato ad un altro dispositivo. Si può andare da macchine a “large FOV” che danno irraggiamenti fino a 250 microseavert fino a dispositivi a “small FOV” che danno irraggiamenti di 5.3 microseavert, con differenze di 50 volte (www.conebeam.com)! Ricordiamo che una Rx endorale tradizionale analogica eroga al Paziente circa 5 microseavert (Patel S. 2009), irraggiamento che può ridursi fino a 1,5 microseaverts utilizzando supporti ai fosfori o pellicole F-speed, ma con l’uso di appositi collimatori rettangolari, senza i quali la dose può incrementare anche di oltre 5 volte (AAVV 2012). Ciò significa che, in certe aree e con alcuni dispositivi, rigorosamente a “limited FOV”, la dose erogata al paziente può essere uguale o addirittura inferiore a quella di una Rx analogica. In questo caso specifico è evidente che l’applicazione dei principi di Ottimizzazione e Giustificazione, previsti nella legge 187/2000, volgerebbe paradossalmente a favore dell’uso della Radiologia Tridimensionale, rigorosamente all’interno delle caratteristiche appena indicate, come esame di prima scelta. Dunque, quando si parla di esame diagnostico tridimensionale, ogni considerazione dovrebbe essere ricondotta specificamente alla dose erogata e all’implementazione della capacità diagnostica ad essa collegata. Ovvero, come prevede la legge 187/2000, ogni esame andrebbe rigorosamente giustificato ed ottimizzato. Questo ha ancora maggior valore quando l’uso della diagnostica per immagini si applica all’ambito pediatrico, dove il fattore di rischio deve essere aumentato in ragione dell’età di 3 volte nel paziente di età inferiore a 10 anni e di 2 volte nel ragazzo tra i 10 ed i 20 anni. In questo caso, dovendo ad esempio valutare l’entità di un trauma limitato al settore frontale superiore, la scelta dovrebbe essere rigorosamente basata sulla necessità di effettuare un esame diagnostico con l’uso di dispositivi ionizzanti. Qualora fosse richiesto un esame radiografico, ovviamente molto meglio le informazioni complete che possono venire da un esame 3D a limited FOV con dispositivi a basso irraggiamento, piuttosto che utilizzare una radiografia endorale. In questa situazione, infatti, la dose potrebbe essere ulteriormente ridotta sia utilizzando le impostazioni pediatriche con riduzione sia del Kilovoltaggio che del milliamperaggio, sia aumentando lo spessore della “fetta” in acquisizione. La radiografia endorale ha dei forti limiti, dovuti al fatto che fornisce una immagine bidimensionale di una realtà che è tridimensionale. Questo crea problemi drammatici, perché qualsiasi sovrapposizione di strutture con uguale o maggior densità, siano essi in confronto con tessuti duri come la radice e le sue strutture interne, o ricercando immagini dei tessuti molli che la circondano, riduce la nostra comprensione diagnostica dell’oggetto che vogliamo esaminare. Spesso l’esame radiografico bidimensionale non mostra avere sufficiente specificità per darci risposte diagnostiche chiare. Nella posizione congiunta AAE/AAOMR questo aspetto viene sottolineato fin dalle prime battute e sembra predominare, negli estensori del documento, una decisa volontà di usare la CBCT per chiarire quadri clinici che altrimenti rimarrebbero senza una diagnosi certa. Per questo motivo vengono sottolineati i limiti della radiografia bidimensionale e dei test di sensibilità per determinare l’origine delle patologie endodontiche, così come si evidenzia come sia importante individuare le lesioni periapicali il più precocemente possibile, al fine di incrementare il successo del trattamento. In molti altri punti si evidenzia la maggior sensibilità della CBCT, rispetto alla radiografia endorale, nel rinvenire canali e radici, o nel diagnosticare le fratture verticali di radice. L’incremento della capacità di formulare diagnosi corrette si riflette, secondo questi Autori, direttamente sulla salute dei Pazienti, quando si evitano trattamenti non necessari o si prevengono lesioni delle strutture limitrofe a quelle che devono subire un intervento di endodonzia chirurgica. Insomma, il punto di vista AAE/AAOMR sembra prediligere l’interesse del Paziente nel ricevere una diagnosi e quindi una terapia più accurata rispetto al potenziale danno che lo stesso può ricevere da un maggior irraggiamento dovuto all’uso dell’esame tridimensionale rispetto alla radiografia endorale tradizionale. Già nel “joint position statement” del 2010 si sottolineava, nelle conclusioni, che, anche se deve essere considerata una “aggiunta” all’imaging bidimensionale in Odontoiatria, “ la Limited FOV CBCT può fornire immagini di diversi denti con circa le stesse radiazioni di due radiografie periapicali e che questo esame può ridurre la dose rispetto a quella dovuta a immagini tradizionali multiple richieste nei casi complessi”. Probabilmente, anche grazie alla grande quantità degli studi relativi all’uso della CBCT in Endodonzia, è giunto il tempo nel quale diventa necessaria una Consensus Conference Internazionale che fissi parametri condivisi sull’uso di questi dispositivi, tenendo da una parte in alta considerazione i vantaggi nella diagnosi e nella programmazione del trattamento endodontico offerti da questi mezzi, ma contemporaneamente riducendo entro limiti accettabili i rischi connessi con l’uso di dispositivi che utilizzano radiazioni ionizzanti. 7) Conclusioni Qui vogliamo ribadire, in conclusione, alcuni concetti: • Nessun tipo di esame radiografico, sia esso bi o tridimensionale, deve essere eseguito senza che sia stato effettuato preliminarmente un accurato esame clinico durante il quale si siano valutati gli effettivi vantaggi in termini diagnostici apportati da manovre che comunque determinano l’irraggiamento del Paziente. • Massima attenzione deve essere rivolta, in tal senso, all’esame di Pazienti Pediatrici • L’esame diagnostico “di prima scelta” in Endodonzia resta la radiografia endorale, anche se deve essere preso in considerazione l’uso della CBCT in quelle situazioni cliniche dove è probabile che un esame endorale non fornisca informazioni utili a dirimere un dubbio diagnostico. • Tranne situazioni eccezionali, l’esame di fine lavoro deve essere una immagine bidimensionale • Fornire sempre copia digitale degli esami eseguiti al Paziente, in modo che possano essere letti anche successivamente, e da altri Operatori, al fine di ridurre inutili esposizioni multiple della stessa area, magari a breve distanza di tempo • Per la diagnosi in Endodonzia si devono usare esclusivamente dispositivi CBCT a “limited FOV” (max 5cm x 5 cm), con voxel minore di 125 micron e che forniscano un basso irraggiamento del Paziente • I dispositivi CBCT mostrano tutti caratteristiche differenti, per cui è opportuno scegliere macchine “a basso irraggiamento” sia in fase di acquisto sia quando si delega il Paziente ad un Centro di Radiologia esterno. In questo caso si deve precisare con esattezza l’area da esaminare, il “dubbio diagnostico”, il voxel d’acquisizione richiesto e l’estensione massima dell’esame, per evitare che vengano fornite immagini inadeguate o inappropriate per una corretta valutazione diagnostica. • Quando possibile, applicare il concetto “ALADA” riducendo l’irraggiamento al valore minimo compatibile con una corretta lettura dei dati. Bibliografia AAVV. (2010) Joint Position Statement of the American Academy of Endodontists and the American Academy of Oral and Maxillofacial Radiology. Use of cone-beam computed tomography in Endodontics AAVV. (2012) European Commission Radioprotection n°172. Cone Beam CT for Dental and Maxillofacial radiology. Evidence Based guidelines. Doctorate-General for Energy 2012 AAVV. (2015) Joint Position Statement of the American Academy of Endodontists and the American Academy of Oral and Maxillofacial Radiology. Use of cone-beam computed tomography in Endodontics- an update. 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