formazione _ l’intervista Con DDS, conoscenze teoricopratiche per un’odontoiatria “sempre più digitale” Partirà a febbraio 2017 presso l’Università San Raffaele di Milano, la I edizione del Corso di Alta Formazione in Odontoiatria Digitale, organizzato tra la Scuola post-universitaria (ACRIS - Associazione Culturale Ricerche Implantari) del San Raffaele (direttore Enrico Gherlone) con la Digital Dentistry Society (presidente Giuseppe Luongo). Direttore scientiico del corso è Carlo Mangano, responsabile del Centro di Ricerca in Odontoiatria Digitale dell’Ospedale San Raffaele di Milano (www.ddsaltaformazionesanraffaele.it), il quale illustra le caratteristiche del corso accennando al futuro delle nuove tecnologie digitali. Quali sono le caratteristiche del Corso di Alta Formazione in Odontoiatria Digitale, organizzato al San Raffaele? Il corso intende affrontare in modo mirato l’argomento dell’odontoiatria digitale. Obiettivo? Mettere in grado i partecipanti di acquisire le necessarie conoscenze teorico-pratiche per affrontare nei prossimi decenni i cambiamenti della professione, che sarà sempre più “digitale”, per una miglior qualità delle terapie associata a un contenimento dei costi. I partecipanti avranno modo di apprendere i concetti fondamentali del lusso di lavoro digitale in protesi e conservativa, partendo dall’acquisizione di un’impronta ottica con scanner intraorale, un tipo di scansione che sostituisce le impronte tradizionali, poco gradite al paziente, fa risparmiare tempo e materiali, oltre a rappresentare un potente strumento di comunicazione con lui. Nel caso di riabilitazioni semplici, laddove il dentista sia dotato di software di CAD e di una fresatrice in studio, il ile acquisito potrà essere “processato” direttamente in ofice con modellazione e fresatura del restauro in unica seduta (soluzione chairside). Nel caso di riabilitazioni più complesse, il ile della scansione sarà invece inviato via web al laboratorio. Evidenti i vantaggi delle tecniche digitali: materiali estetici utilizzabili per la realizzazione di una serie di restauri (intarsi inlay, onlay, corone singole e protesi isse parziali su den- 44 3_2016 ti naturali e su impianti) attraverso procedure ripetibili e rigidamente controllate. Gli scanner intraorali possono essere utilizzati anche per la presa delle impronte in ortodonzia e la progettazione e costruzione di una serie di dispositivi ortodontici. Inoltre, in combinazione con le immagini acquisite tramite CBCT, si possono utilizzare per la rilevazione dell’impronta propedeutica alla preparazione di dime per la chirurgia implantare. Nei prossimi anni, la sovrapposizione delle informazioni dentali, gengivali, ossee e facciali (queste ultime ottenute con scanner facciali) permetterà di creare veri e propri “modelli virtuali” dei pazienti, utili alla progettazione di riabilitazioni estetiche complesse (“paziente virtuale”). Grazie alle moderne tecnologie si possono disegnare impianti specifici per il difetto del paziente (root-analogue-implants, blade implants, impianti maxillo-facciali) e fabbricarli attraverso l’impiego di metodiche di additive manufacturing (AM)? La possibilità di personalizzare le terapie, adattandole alle esigenze del paziente, è una delle novità più signiicative introdotte dalla rivoluzione digitale. Da diversi anni la chirurgia implantare può essere pianiicata al computer con notevoli vantaggi per il paziente, dato che la durata dell’intervento è ridotta e il posizionamento implantare può avvenire in sicurezza, formazione _ l’intervista senza dover sollevare un lembo chirurgico (la cosiddetta “chirurgia lapless”) e con sensibile riduzione del disagio post-operatorio. La diagnosi ottenuta con immagini CBCT e la pianiicazione 3D guidata da software CAD e relativa mascherina chirurgica aiutano molto nell’esecuzione dell’intervento: si hanno informazioni esatte su come e dove collocare gli impianti. Terapia personalizzata, ma non è la sola. Oggi è infatti possibile fabbricare “impianti personalizzati” (custom-made) di varie forme (root analogue implants, blade implants e impianti maxillo-facciali) attraverso le tecniche di additive manufacturing tramite laser (direct laser metal forming, ossia la fabbricazione diretta tramite laser). Il nostro gruppo ha recentemente pubblicato diversi lavori scientiici relativi a questa tematica, impiegando impianti custommade in titanio: i risultati clinici a 5 anni sembrano estremamente promettenti. Oltre al tema degli impianti personalizzati, lei e il suo gruppo avete affrontato l’argomento degli innesti ossei “custom-made” pubblicando alcuni lavori. Quali vantaggi per il paziente? Gli innesti ossei custom-made rappresentano un’ulteriore applicazione di terapie personalizzate nell’ambito della chirurgia rigenerativa ossea. Possiamo definirli come tecniche digitali innovative con l’utilizzo di biomateriali di sintesi 3D. Abbiamo iniziato questo percorso circa dieci anni fa con il prof. Aldo Macchi e con una prima pubblicazione nel 2006. Anche in questo caso, si utilizzano le immagini del paziente fornite dalla CBCT e rielaborate con opportuni software fino a una ricostruzione in 3D dei mascellari sulla quale viene eseguita un’accurata diagnosi, con una precisa quantificazione dell’osso mancante e la forma del sostituto osseo da inserire. In questo modo si progetta un innesto di biomateriale che, una volta inserito, combacia esattamente con la cresta ossea residua. Il piano terapeutico viene così stabilito in base alle necessità terapeutiche del paziente. Realizzato al computer, il progetto viene quindi inviato per la produzione attraverso fresatura ad aziende certiicate: il blocco di biomateriale viene ottenuto nella forma e dimensioni deinite dal progetto, ricavando così in maniera esatta un innesto che coincide con la parte di osso mancante. L’intervento di posizionamento dell’innesto sul paziente verrà quindi eseguito in maniera più sicura, senza, a volte, lunghi adattamenti intraoperatori. L’innesto personalizzato può oggi essere realizzato anche con tecniche innovative alternative alla fresatura, come il 3D printing. Nel prossimo futuro potrà essere caricato con cellule staminali e fattori di crescita. In conclusione, quali sono, ad oggi, i livelli di evidenza scientifica delle tecnologie digitali? Ve ne sono diversi. Per esempio, in protesi, l’impiego di restauri in zirconia e disilicato di litio comincia ad essere ben documentato, con notevole quantità di lavori presenti in letteratura. Lo stesso si può dire per le metodiche di chirurgia guidata, mentre in altri ambiti l’evidenza scientiica è scarsa. Una maggior conoscenza di queste metodiche aiuterà il professionista a orientarsi fra le tante offerte del mercato. Questo rientra negli obiettivi del corso. La Digital Dentistry Society (DDS), società internazionale che abbiamo fondato nel 2014 insieme a Giuseppe Luongo, può contare oggi oltre 130 clinici e ricercatori attivi nel digital e provenienti da 35 diversi Paesi. Aiuterà a diffondere la conoscenza di tali tecnologie promuovendo ricerca e studi scientiici. Sulla DDS, tutte le informazioni sul sito: www.digital-dentistry.org. 3_2016 45