Cap. III - RETI ELETTRICHE IN REGIME QUASI

CAP. III – CONDIZIONI QUASI STAZIONARIE - RETI ELETTRICHE IN REGIME
SINUSOIDALE
(Estratto per il Corso di Introduzione ai Circuiti – Accademia Aeronautica – AA 2013/2014)
III.1 Bipoli fondamentali in condizioni quasi stazionarie
Si considerino grandezze variabili nel tempo, ma abbastanza lentamente da poter
“ragionevolmente” considerare le tensioni indipendenti dal percorso tra due morsetti A-B
e l’intensità di corrente indipendenti dalla sezione del tratto di conduttore . In tal caso si
parlerà di bipoli in regime variabile quasi stazionario. (1)
Si definirà resistore ideale in tali condizioni il bipolo (fig.III.1.1) per cui valga – con la
convenzione dell’utilizzatore - la relazione v(t)=Ri(t) qualunque siano i valori di tensione e
corrente e qualunque sia l’istante di tempo considerato.
Anche nel caso quasi stazionario, ogni bipolo per cui valga una relazione algebrica tra
tensione e corrente viene classificato come adinamico; un bipolo che presenti una
caratteristica differenziale viene classificato dinamico.
I bipoli dinamici fondamentali sono il condensatore ideale e l’induttore ideale.
A
A
A
Φ(t)
QA
R
v(t)
i(t)
B
v(t)
QB
i(t)
B
C
v(t)
L
i(t)
B
fig. III.1.1 – Resistore, condensatore ed induttore ideali in condizioni quasi stazionarie
Si definirà condensatore ideale, in condizioni quasi stazionarie (2) (fig.III.1.1) il bipolo per
cui valga, con la convenzione dell’utilizzatore, la relazione i(t)=dq/dt=Cdv/dt dove la i(t) è
correlata alla variazione temporale della carica sulle armature del condensatore. Il
coefficiente C (≥0) può essere in prima approssimazione considerato pari al rapporto tra
carica QA (=-QB)e tensione VAB in condizioni stazionarie (capacità del condensatore).
L’intensità della corrente elettrica in un condensatore è quindi in relazione differenziale
con la tensione. Tale relazione è lineare, ma non è sufficiente a fornirci le informazioni per
risalire al valore della tensione; infatti, considerando la convenzione dell’utilizzatore, si ha
in un generico istante t1
1
Per richiami ed approfondimenti sulla considerazione di quasi-stazionarietà si veda l’appendice A4.
Per un componente reale, questa condizione può essere ragionevolmente assunta se i morsetti A e B sono
sufficientemente “lontani” (ma non troppo) dalla zona occupata dalle armature del condensatore.
2
III-1
t
dv
1 1
ic  C c  vc t1    ic dt  vc to 
dt
C t0
(III.1.1)
dove to è un qualsiasi istante di riferimento. Si vede quindi che può essere ricavata la
tensione in un certo istante t1 solo se si conosce il valore della stessa in un istante
precedente e l’andamento dell’intensità della corrente nell’intervallo tra gli istanti to e t1.
Quindi la tensione non è funzione lineare dell’intensità di corrente, salvo che non sia nulla
la tensione nell’istante di riferimento (condensatore a riposo).
Si definirà induttore ideale in condizioni quasi stazionarie(3) il bipolo per cui valga, con la
convenzione dell’utilizzatore, la relazione v(t)=dΦ/dt=Ldi/dt (fig.III.1.1) .
Un induttore viene realizzato in pratica attraverso un avvolgimento costituito da un
elevato numero di spire metalliche (solenoide); la tensione v(t) è correlata alla variazione
temporale del flusso Φ del campo magnetico concatenato con la linea “quasi-chiusa”
costituita dall’avvolgimento stesso. Il coefficiente L può essere in prima approssimazione
considerato pari al rapporto tra flusso concatenato ed intensità di corrente in condizioni
stazionarie (coefficiente di autoinduzione o induttanza).
La tensione ai capi di un induttore è in relazione differenziale con l’intensità della
corrente. Tale relazione è lineare, ma non è sufficiente a fornirci le informazioni per risalire
al valore dell’intensità di corrente; infatti, considerando la convenzione dell’utilizzatore, si
ha in un generico istante t1
t
vL  L
diL
1 1
 iL t1    vL dt  iL to 
dt
L t0
(III.1.2)
dove to è un qualsiasi istante di riferimento. Si vede quindi che si può conoscere l’intensità
della corrente in un certo istante t1 solo se si conosce il valore della stessa in un istante
precedente e l’andamento della tensione nell’intervallo tra gli istanti t o e t1. Quindi la
grandezze intensità di corrente non è funzione lineare della tensione, salvo che non sia
nulla l’intensità di corrente nell’istante di riferimento (induttore a riposo). Dalle
caratteristiche integrali si deduce che se le tensioni applicate agli induttori e le intensità di
corrente nei condensatori sono limitate (come nei casi reali), la tensione sui condensatori e
la corrente negli induttori sono grandezze continue. Infatti se si considera la condizione
t1 to , si avrà che gli integrali nelle caratteristiche, estesi ad intervalli infinitesimi, sono
infinitesimi. In altri termini,
lim vc t 0     vc t 0    lim vc t 0     vc t 0    vc t 0 
 0
 0
 0
 0
lim i L t o     i L t o    lim i L t o     i L t o    i L t o 
(III.1.3)
La tensione sul condensatore è in ogni istante legata all’energia elettrostatica
immagazzinata dal condensatore e l’intensità di corrente nell’induttore è legata all’energia
3
Per un induttore reale costituito da un avvolgimento cilindrico di N spire di area S ed altezza h questa
condizione può essere ragionevolmente raggiunta se i morsetti A e B sono a distanza molto minore di h e
sono collegati ad un circuito configurando una “spira esterna” di area molto minore di NS. Vedasi appendice
A4 e la nota al §I.24.
III-2
magnetica immagazzinata dall’induttore
1
2
wes (t )  Cvc
2
wm 
1 2
Lil (III.1.4)
2
Tali grandezze sono legate quindi allo stato energetico del bipolo ed anche per tale motivo
vengono spesso indicate come grandezze di stato. Esse possono essere anche considerate
funzioni-memoria.
Tali grandezze di stato sono continue: se non lo fossero, avremmo discontinuità
dell’energia, o meglio una variazione finita dell’energia in un intervallo infinitesimo; ciò
implicherebbe la capacità del bipolo di assorbire o erogare potenza illimitata; ciò non è
concepibile nei casi pratici.
Generatori di potenza illimitata (4) possono essere tuttavia introdotti formalmente per
l’analisi più ampia dei transitori nelle reti con modelli lineari.(5)
III.2 Reti con bipoli e doppi bipoli dinamici
Si definisce ordine di una rete l’ordine del sistema (algebrico-)differenziale completo
associato alla rete in esame. L’ordine di una rete è quindi pari al numero di equazioni
differenziali indipendenti del sistema fondamentale.
Una rete costituita da soli bipoli adinamici è di ordine zero. Se la rete è costituita da soli
bipoli adinamici normali essa sarà classificata come rete lineare e ad essa potranno essere
applicate le considerazioni già fatte nel caso stazionario.
Se una rete ha un solo condensatore o un solo induttore, comparirà una sola relazione
differenziale e quindi si avrà una rete del primo ordine.
Se una rete ha più condensatori e/o induttori e/o parametri mutui (capacitivi e/o induttivi)
occorrerà una analisi più attenta della rete per individuare il numero delle equazioni
indipendenti. Ad esempio, occorrerà evidenziare la eventuale presenza di condensatori o
induttori in serie o in parallelo. La “memoria” è legata ad esempio alla sola tensione su un
condensatore, anche se questo può essere a sua volta visto come l’equivalente di
condensatori in serie o in parallelo.
4
A parte i generatori ideali già introdotti
Vedere §III.15, dove sono introdotti i generatori impulsivi ideali. Esempi di generatori reali classificati come
impulsivi sono effettivamente in grado di erogare tensioni ed intensità di corrente molto elevate per
intervalli di tempo brevissimi. Ad esempio il generatore di tensione ad impulso della Sala Alta Tensione del
DIETI (vedi App.A14) è in grado di erogare tensioni di 2.4 MV e intensità di corrente di 3kA per qualche
microsecondo, con potenze istantanee dell’ordine dei gigawatt; l’energia erogabile tuttavia non può superare
qualche decina di kilojoule (si pensi che una stufetta da 1kW in un’ora consuma 1 kWh, corrispondente a 3.6
MJ!)
5
III-3
In una rete dinamica di ordine N, ogni grandezza y(t) (tensione o intensità di corrente)
può essere rappresentata da una equazione differenziale di ordine N; ai fini della unicità
della soluzione stessa a partire da un istante di tempo iniziale, il teorema di Cauchy richiede
la conoscenza di N condizioni iniziali, cioè il valore iniziale della y(t) e delle sue (N-1)
derivate. La ricerca delle condizioni iniziali può essere condotta a partire dai dati iniziali,
ovverosia dai valori delle N grandezze di stato corrispondenti agli N bipoli a memoria
indipendenti.
Si consideri ora un doppio bipolo con convenzione dell’utilizzatore alle due porte,
caratterizzato come segue:
di1
di
M 2
dt
dt
di
di
v 2  M 1  L2 2
dt
dt (III.2.1)
v1  L1
Tale relazione è tipica del mutuo induttore ideale; in tale componente possono essere
considerati i flussi di campo magnetico concatenati con due circuiti: il flusso concatenato
con un circuito avrà un contributo collegato alla corrente del primo circuito (flusso di
autoinduzione) ed un contributo legato alla corrente dell’altro circuito (flusso di mutua
induzione).
1  L1i1  M 12i2
 2  M 21i1  L2 i2 (III.2.2)
Si può dimostrare che i due coefficienti di mutua sono uguali e che
M 2  L1 L2
Nel caso sia M 2  L1 L2 (condizione di accoppiamento perfetto) l’energia magnetica
1
1
wm (i1 , i2 )  L1i12  L2 i22  Mi1i2
2
2
(III.2.3)
diventa un quadrato perfetto di un binomio ed è facile vedere che essa è nulla per infinite
coppie di valori delle intensità delle correnti. In tali casi è il campo magnetico è nullo in
tutto lo spazio.
Si vedrà più avanti che il mutuo induttore è in genere un doppio bipolo dinamico del secondo
ordine, riducibile ad uno del primo ordine nel caso di accoppiamento perfetto ed
addirittura approssimato, sotto alcune ipotesi, da un doppio bipolo di ordine zero.
L’accoppiamento magnetico tra due circuiti di coefficienti di autoinduzione L 1, L2 e mutua
induzione M è infatti valutato dal coefficiente k=M/√ L1L2. Tale coefficiente è in valore
assoluto non superiore all’unità, dovendo essere non negativa l’energia magnetica,
funzione quadratica delle correnti, con parametri L1, L2,M .
Per k=±1, l’accoppiamento si dice perfetto: l’energia magnetica è nulla (il campo magnetico è
nullo in tutto lo spazio) anche se le correnti non sono nulle, ma nel rapporto │ i1/i2│= √L2 /L1.
Nel caso di accoppiamento perfetto, il doppio bipolo è equivalente ad un trasformatore
ideale con un induttore L1 [L2] in parallelo sulla prima [seconda] porta. Tale doppio bipolo
è equivalente quindi in genere ad un trasformatore di tensione e non è trasparente alla
potenza reattiva; per quanto riguarda le correnti, rispetto ad un trasformatore ideale, è
III-4
presente la corrente a vuoto alla prima [seconda] porta. Tale corrente a vuoto è nulla se alla
seconda [prima] porta è collegato un bipolo cortocircuito: in tal caso il doppio bipolo si
comporta come un trasformatore di corrente, ma ambedue le tensioni sono nulle.
Se l’accoppiamento non è perfetto si può considerare la scomposizione (a valori non
negativi) L1=L1‘+L1” e L2= L2‘ + L2“ tali che tra L1 “ e L2“ vi sia la condizione di
accoppiamento perfetto. Una delle due induttanze L’ può essere scelta ad arbitrio (ad
esempio nulla). Quindi la composizione ha un grado di libertà.
Un doppio bipolo circuito accoppiato è in genere del secondo ordine; nel caso di
accoppiamento perfetto è del primo ordine. Il trasformatore ideale è di ordine zero.
Nel caso di reti di ordine zero, non sia ha ovviamente necessità di valutare alcuna
condizione iniziale (rete “a risposta immediata”).
Nel caso di rete di ordine N lineare, la soluzione è del tipo (6)
N
y (t )   k i e it  y p (t )
(III.2.4)
i 1
dove la sommatoria rappresenta l’integrale generale dell’omogenea associata, λi le radici
semplici (7) dell’equazione algebrica associata; i valori delle N costanti “arbitrarie” k i si
particolarizzano attraversi le condizioni iniziali; l’integrale particolare y p(t) si ricava dalla
conoscenza del termine noto (“forzante”) dell’equazione differenziale.
L’Analisi matematica ci fornisce numerosi strumenti per la identificazione dell’integrale
particolare; si osserva tuttavia che, nei casi di interesse dell’Ingegneria, per la presenza di
inevitabili parametri dissipativi, le radici λi sono negative (8) o a parte reale negativa, per
cui l’integrale particolare viene a identificarsi con la soluzione a “tempi lunghi” ossia con
la soluzione “a regime”; questa è di immediata identificazione nei casi ricorrenti di regime
stazionario e (come si vedrà in seguito) sinusoidale.
6
È da ritenere preliminarmente che i coefficienti, ossia i parametri R,L e C siano costanti rispetto al tempo. In
presenza di componenti reali a parametri variabili nel tempo (es. parti in movimento) la soluzione del
sistema fondamentale sarà in genere ardua.
7
Se una radice ha λ molteplicità m, ad essa viene associata la combinazione di integrali indipendenti
m
k t
j 1
8
j
j 1 t
e
In caso contrario, anche in assenza di generatori, avremmo una crescita dell’”energia” del sistema.
III-5
III.2.1 Esempi di reti del primo ordine
Ogni rete del primo ordine contiene in genere un solo bipolo a memoria indipendente
(induttore o condensatore) oppure configurazioni riconducibili ad un solo bipolo
equivalente (es. serie o parallelo di soli condensatori o soli induttori). Il resto della rete è di
ordine zero e quindi riconducibile ad un generatore reale equivalente (di tensione o di
corrente). Per risolvere quindi qualsiasi rete basterà fare riferimento ad una delle possibili
reti elementari :
a) generatore di tensione reale [generatore di corrente reale] alimentante un
condensatore ideale (circuito RC serie [circuito RC parallelo]);
b) generatore di tensione reale [generatore di corrente reale] alimentante un induttore
ideale (circuito RL serie [circuito RL parallelo]).
Si consideri come esempio il circuito RC serie (fig.2):
vR
+
e
vg
R
C
vC
i
fig. III.2.1.1 – Circuito RC serie
Si calcolino vc(t) ed ic(t) nei seguenti casi:
1) e(t)=0 per t<0, e(t)=E=10 V per t>0; C=1 mF; R=10 ;
2) e(t)=-E=-10V per t<0, e(t)=E=10 V per t>0; C=1 mF; R=1-2-10 ;
3) e(t)=-E=-10V per t<0, e(t)=E sen ωt (E=10 V; ω=314 rad/s) per t>0; C=1 mF; R=1-2-10 ;
4) e(t)=E sen ωt (E=10 V; ω=314 rad/s) per t<0, e(t)=E= e(t)=Ecos ωt per t>0; C=1 mF; R=1-210 .
Il sistema fondamentale è il seguente:
vg  vR  vC
 v  e(t )
 g
(III.2.1.1)
 vR  Ri

dv
 iC c
dt

Le equazioni differenziali nelle incognite di fig. III.2.1.1 sono
III-6
dvc

e
(
t
)

RC
 vC

dt

d v g  v R 
d e  Ri 
di
de
C
 i  RC  C
i  C
dt
dt
dt
dt

v
dv
dv
de
de
R

C R C
 v R  RC R  RC

R
dt
dt
dt
dt
(III.2.1.2)
Come si può osservare, qualunque sia la grandezza incognita, per la linearità del sistema,
l’equazione algebrica associata all’omogenea è
1
(nel caso 1) (III.2.1.3)
1  RC  0    
 100s 1 ;   RC  10ms
RC
La soluzione è del tipo
vc ( t )  k v e
ic ( t )  k i e


t

 v cp ( t )
t

(III.2.1.4)
 icp ( t )
Si osservi che, per t<0, nel primo caso la tensione sul condensatore è sempre nulla, nel
secondo e terzo caso è pari a -10 V, nel quarto caso è sinusoidale e vale (9)
1
C


 1 
sen t   arctg 

2
 RC  

 1 
2
R 

(III.2.1.5)
 C 
1
 
 1 
C
 v c (0 )  E
sen   arctg 
 
2
2

RC



1


R2  

 C 
v c (t ) t 0  E
2
L’integrale particolare nel primo e nel secondo caso vale vcp(t)=E=10V, nel terzo caso vale
1


 1 
C
vcp (t )  E
sen t   arctg 
  (III.2.1.6)
2
2

RC



 1 
R2  

 C 
nel quarto caso
vcp (t )  E
1
C


 1   (III.2.1.7)
cos t   arctg 
 
2

RC



 1 
R2  

 C 
2
In tutti i casi la costante vale
k v  vc (0)  vcp (0) (III.2.1.8)
9
Essa può essere ricavata con il principio di identità dei polinomi trigonometrici o più rapidamente col
metodo simbolico di cui nei paragrafi successivi.
III-7
Per quanto riguarda l’intensità di corrente , si osservi ancora che, per t<0, essa è sempre
nulla nei primi tre casi, nel quarto caso è sinusoidale e vale

 1 
(III.2.1.9)
sen t  arctg 
 

RC



 1 
R2  

 C 
L’integrale particolare dell’intensità di corrente nel primo e nel secondo caso è nullo, nel
terzo caso vale

E
 1 
icp (t ) 
sen t  arctg 
(III.2.1.10)
 
2

RC



 1 
R2  

 C 
nel quarto caso

E
 1 
icp (t ) 
cos t  arctg 
 (III.2.1.11)
2
RC  


1


R2  

 C 
i c ( t ) t 0 
E
2
In tutti i casi la costante vale
e(0)  vc (0)
 icp (0)
(III.2.1.12)
R
Nelle figg. III.2.1.3- III.2.1.6 sono riportati i grafici relativi alla tensione sul condensatore
sul condensatore ed alla intensità di corrente rispettivamente nel caso 1), nel caso 2), nel
caso 3) e nel caso 4)..
10
1
9
0.9
8
0.8
corrente nel condensatore [A]
tensione sul condensatore [V]
k i  ic (0)  icp (0) 
7
6
5
4
3
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
2
0.2
1
0.1
0
0
0.01
0.02
0.03
0.04
0.05 0.06
tempo [s]
0.07
0.08
0.09
0.1
0
0
0.01
0.02
0.03
0.04
0.05 0.06
tempo [s]
0.07
0.08
0.09
0.1
fig. III.2.1.3
III-8
10
20
8
18
16
corrente nel condensatore [A]
tensione sul condensatore [V]
6
4
2
0
-2
-4
14
12
10
8
6
-6
4
-8
2
-10
-2
-1.5
-1
-0.5
0
tempo [s]
0.5
1
1.5
0
-2
2
-1.5
-1
-0.5
-5
x 10
0
tempo [s]
0.5
1
1.5
2
-5
x 10
fig.4
10
10
8
8
corrente nel condensatore [A]
tensione sul condensatore [V]
6
4
2
0
-2
-4
6
4
2
0
-6
-2
-8
-10
-0.02
-0.01
0
0.01
0.02
0.03 0.04
tempo [s]
0.05
0.06
0.07
-4
-0.02
0.08
-0.01
0
0.01
0.02
0.03 0.04
tempo [s]
0.05
0.06
0.07
0.08
fig. III.2.1.5
10
6
8
4
4
2
corrente nel condensatore [A]
tensione sul condensatore [V]
6
2
0
-2
-4
0
-2
-4
-6
-6
-8
-8
-10
-0.02
-0.01
0
0.01
0.02
tempo [s]
0.03
0.04
0.05
-10
-0.02
-0.01
0
0.01
0.02
tempo [s]
0.03
0.04
0.05
fig. III.2.1.6
III-9
Si consideri come ulteriore esempio il circuito RL parallelo (fig. III.2.1.7):
ig
j
R
iR
L
vL
iL
fig. III.2.1.7 – Circuito RL parallelo
Il sistema fondamentale è il seguente:
i g  i R  i L
 i  j (t )
 g

v
(III.2.1.13)
 iR  L
R

di L

v

L
L

dt
Le equazioni differenziali nelle incognite sono
L diL

j (t ) 
 iL


R dt
(III.2.1.14)

d
vL 
L dvL
dj
vL  L  j    vL  vL 
L

dt 
R
R dt
dt

L’equazione algebrica associata all’omogenea è
L
R
1    0     ( III.2.1.15)
R
L
La soluzione è del tipo
vL (t )  kv e
iL (t )  ki e


t

 vLp (t )
t

 iLp (t )
(III.2.1.16)
  L/ R
Le costanti arbitrarie si deducono dalla continuità della intensità di corrente nell’induttore
e dal sistema fondamentale, “fotografato” allo 0+.
iL (0)  ki  iLp 0    iL (0)
vL (0)  kv  vLp (0)  kv  RiR 0    R j (0)  iL (0)
(III.2.1.17)
III.2.2 Esempi di reti del secondo ordine
In una rete del secondo ordine sono presenti almeno due elementi a memoria
indipendenti: due induttori (non riconducibili ad un induttore equivalente), due
condensatori (non riconducibili a un condensatore equivalente), un induttore ed un
condensatore. In tal caso, l’equazione algebrica caratteristica è di secondo grado; si può
dimostrare (dalle proprietà dei polinomi) che le frequenze naturali sono reali e distinte nel
caso di due induttori o di due condensatori; nel caso di un induttore ed un condensatore,
III-10
le frequenze naturali potrebbero essere reali e distinte, reali coincidenti(10) oppure
complesse coniugate.
Si consideri come primo esempio il circuito RLC serie (fig. III.2.1.8):
vR
+
e
R
L
vL
vg
C
vC
i
Fig. III.2.1.8– Circuito RC serie
dove il tratteggio indica un eventuale bipolo attivo adinamico equivalente.
Il sistema fondamentale è il seguente:
vg  vR  vC  vL

vg  e(t )


vR  Ri
(III.2.1.18)

dvc
i

C

dt

 v  L di
L

dt
Le equazioni differenziali nelle incognite sono
dv
e(t )  Ri  L L  vC
dt
di


d  e  Ri  L 
d vg  vR  vL 
di
d 2i
de
dt 
iC
C 
 i  RC  LC 2  C
(III.2.1.19)
dt
dt
dt
dt
dt
dvR
d 2 vR
de
vR  RC
 LC 2  RC
dt
dt
dt
2
dv
d v
d 2e
vL  RC L  LC 2L  LC 2
dt
dt
dt
dv
d 2v
vC  e  vR  vL  vC  RC C  LC 2C  e
dt
dt
Come si può osservare, qualunque sia la grandezza incognita, per la linearità del sistema,
l’equazione algebrica associata all’omogenea è
In questo caso occorrerà considerare un appropriato integrale generale per l’omogenea associata, come già
detto.
10
III-11
2
R
1
R
1
 R 
1  RC  LC  0    
   

  
2L
LC
2L

 2L 
2
2
R
1
R
1
 R 
  
   

 j     j
2L
LC
2L

 2L 
R
  0

2L
  0
  0
(III.2.1.20)
L’ultimo caso nella (III.2.2.3) corrisponde alla condizione “critica”
R  Rc  2
L
C
(III.2.1.21)
La soluzione generica y(t) è del tipo
y (t )  k  e

t

 ke
 1

   j  t


y (t )  k  e 
y (t )  k1e

t

 y p (t )
 1

   j  t


 k e
t


 k 2te

se   0
 y p (t )  e

t

k e

jt


t
 k  e  jt  y p (t )  ke  sin t     y p (t )
11
se   0 ( )
t

 y p (t )
se   0
(III.2.1.22)
Per valori di R non inferiori al valore “critico” la soluzione è aperiodica (doppio
esponenziale, uno “veloce” seguito da uno più “lento”); al diminuire di R (fino al valore
critico) la “velocità” del primo esponenziale aumenta e l’altra diminuisce. Per valori di R
inferiori al valore critico la soluzione si presenta oscillatoria smorzata (funzione
pseudoperiodica di pulsazione ω) . Per R tendente a zero (circuito non dissipativo)
l’oscillazione tende ad essere permanente, con (pseudo)pulsazione massima
 R0  0 
1
LC
(III.2.1.23)
Si calcolino vc(t) ed i (t) nei seguenti casi:
1) generatore a gradino : e(t)=-V0 per t<0 (V0=0,1,2,3,4,5,6,7,8,9,10 V), e(t)=E=10 V per t>0;
C=1 mF; L=20 mH;
2) commutazione della tensione del generatore da costante a sinusoidale e(t)=-V0 per t<0
(V0=-10,-9,…..,0,1,…,9,10 V), e(t)=E sen ωt (E=10 V; ω=314 rad/s) per t>0; C=1 mF;
Il valore critico della resistenza vale
R  Rc  2
L
 4 5  8.94 
C
11
Occorre notare che, nel caso di radici complesse coniugate, anche k + e k- devono essere complesse
coniugate, risultando così “reale” la grandezza y(t).
III-12
Caso 1)
In fig. III.2.1.9 sono riportati, per i diversi casi del valore della tensione sul condensatore a
t=0, i grafici della tensione sul condensatore e della intensità della corrente nell’induttore
nel caso R=10 Ω. In fig. III.2.1.10 sono riportate le corrispondenti caratteristiche tensione
corrente del condensatore (traiettorie) (12) .
In tal caso infatti la soluzione è aperiodica e vale
vc (t )  kv e
i (t )  ki  e


t

 kv e
t

 ki  e


t

 vcp (t )
t

(III.2.1.24)
 i p (t )
L’integrale particolare della tensione sul condensatore è costante e pari a E (l’induttore si
comporta come un cortocircuito), quello dell’intensità di corrente è nullo (il condensatore
si comporta come un aperto). Le costanti di integrazione si ricavano dalle condizioni
iniziali
vc (0)  kv  kv  E  vc (0)  V0
i (0  )  k i   k i   i (0  )  0
dvc
dt

0
k
k
i 0  
 0   v   v
C


( III.2.1.25)
k
k
di
v 0   1
1
 L
 v g (0)  vc (0)  vR (0)  E  V0  Ri (0)   i    i 
dt 0
L
L
L




fig. III.2.1.9– Circuito RLC alimentato con tensione a gradino - Tensione sul condensatore ed intensità di
corrente, caso 1 (transitorio aperiodico)
12
Si nota (per estrapolazione) che tutte le traiettorie tendono al punto (E,0).
III-13
fig. III.2.1.10 – Circuito RLC – Caso aperiodico – Caratteristica tensione- corrente del condensatore
(traiettorie)
In fig. III.2.1.11 è riportato il grafico della tensione sul condensatore al variare di R dal 20%
al 200% del valore critico (con condizioni iniziali di riposo). In tal caso si mettono in
evidenza anche le soluzioni pseudoperiodiche:
vC (t )  k  e


t

 ke

t

 vC p (t )
se R  Rc
t
vC (t )  ke  sin t     vC p (t )
vC (t )  k1e

t

 k 2te

se R  Rc (III.2.1.26)
t

 vC p (t )
se R  Rc
Le costanti arbitrarie si determinano con le condizioni iniziali
vC (0)  0  k   k   E
vC (0)  0  k sin    E
vC (0)  0  k1  E
dvc
dt
dvc
dt
dvc
dt

0
se R  Rc
se R  Rc
k
k
i 0  
 0   v   v
C



i 0  
 0  k cos ( )
C

i 0  
k
 0   1  k2
C

0
0
se R  Rc
se R  Rc
se R  Rc
(III.2.1.27)
 

2
, k  E
se R  Rc
Per l’intensità di corrente si avrà nel caso aperiodico,
i ( 0  )  k i   k i   i ( 0 )  0
di
v 0   1
1
k
k
 L
 vg (0)  vc (0)  vR (0)  E  V0  Ri (0)   i   i
dt 0
L
L
L




con facile estensione agli altri casi.
III-14
fig. III.2.1.11 – Circuito RLC alimentato da tensione costante- Tensione e intensità di corrente nel
condensatore al variare del valore di R. Condizioni iniziali di riposo.
Nella condizione pseudoperiodica, la tensione sul condensatore può essere superiore (fino
al doppio) della tensione del generatore. In questo caso è evidente che non è verificata la
proprietà di non-amplificazione.
Caso 2)
In fig.III.2.1.12 sono riportati, per i diversi casi del valore della tensione sul condensatore a
t=0, i grafici della tensione sul condensatore e della intensità della corrente nell’induttore
nel caso R=10 Ω.
In tal caso infatti la soluzione è aperiodica e vale
vc (t )  kv e
i (t )  ki  e


t

 kv e
t

 ki  e


t

 vcp (t )
t

(28)
 i p (t )
Gli integrali particolari sono sinusoidali e valgono


1 

 L 
 


C   
vcp (t )  E
sen t   arctg  
2
2
R


1 


R 2   L 

 




C 

1
C


1 

  L  C   




 vcp (0)  E
sen   arctg 
2
2
R


1 


R 2   L 

 




C 

(III.2.1.29)
1
C

dvcp
dt

0


1 

  L  C   

sen  arctg  
2
R


1 


R 2   L 

 




C 

E /C
III-15


1 

  L  C   


sen t  arctg  
2
R


1 


R 2   L 

 



C 

E
i p (t ) 
 i p (0  ) 
 di p
dt

0


1 

 L 
 

E
C   
sen  arctg  
2
R


 1 

R2  

 



 C 
( III.2.1.30)


1 

   L  C   




sen  arctg 
2
2
R


1 


R 2   L 


 




C 

E
fig. III.2.1.12 – Circuito RLC con commutazione della tensione da costante a sinusoidale - Tensione sul
condensatore ed intensità di corrente, caso 2 (transitorio aperiodico)
Le costanti di integrazione si ricavano dalle condizioni iniziali
vc (0)  k v  k v  vcp (0)  vc (0)  V0
i (0  )  k i   k i   i p (0  )  i (0  )  0
dvc
dt

0
dv
k
k
i 0  
 0   v   v  cp
C


dt
( III.2.1.31)
0
di
k
k
di
v 0   1
1
 L
 v g (0)  vc (0)  vR (0)  E  V0  Ri (0)   i    i   p
dt 0
L
L
L

  dt


0
Anche nel caso 2) si potrà constatare che la tensione sul condensatore può essere maggiore
della tensione prevista a regime, sia nel caso aperiodico che in quello pseudoperiodico;
poiché in quest’ultimo caso è presente una componente oscillante, è opportuno prevedere
(per il dimensionamento dei componenti reali) un valore massimo della tensione pari al
triplo (non più al doppio) della tensione prevista a regime.
III-16
III.3 Osservazioni generali sulla dinamica delle reti lineari
Riprendendo quanto già detto in precedenza, il sistema fondamentale per una rete di l lati
consta di l equazioni topologiche (sempre algebriche) e di l equazioni caratteristiche di cui
N=NL+NC equazioni differenziali relativi a nL ed nc induttori e condensatori indipendenti,
nonché eventualmente conto a parte di bipoli dinamici di altro tipo (es. doppi bipoli
corrispondente a mutuo accoppiamento induttivo o capacitivo).
Nel caso di sistema lineare a coefficienti costanti, la soluzione è nota a meno di n costanti
arbitrarie, che andranno valutate in base al teorema di unicità di Cauchy, cioè in base alla
determinazione del valore della funzione e delle sue n-1 derivate.
Per ricavare le condizioni iniziali della funzione (in genere non si tratta di una funzione a
memoria) si considera la scrittura (foto) del sistema all’istante t0=0+.
In tale istante sono incognite quasi tutti i valori tranne quelli delle n funzioni di stato, note
dallo 0-.Inoltre sono incogniti i valori allo 0+ delle n derivate che compaiono nelle
caratteristiche dinamiche. In definitiva si hanno n equazioni ai valori (algebrici) delle (l-n)
grandezze e delle n derivate allo 0+. Il sistema è determinato e quindi si è in grado di
conoscere allo 0+:
- i valori delle n grandezze di stato;
- i valori delle l-n grandezze non di stato
- i valori delle n derivate prime delle grandezze di stato.
Se occorre conoscere le derivate prime delle grandezze non di stato o le derivate seconde
delle grandezze di stato, basta considerare il sistema di 2l equazioni ottenuto derivando
una ad una le equazioni del sistema fondamentale.
In questo sistema derivato, letto allo 0+, si conoscono le derivate delle grandezze di stato
dal ragionamento precedente e quindi si può conoscere allo 0+:
- i valori delle derivate delle l-n grandezze non di stato
- i valori delle n derivate seconde delle grandezze di stato.
Tale ragionamento può essere ripetuto fino a conoscere il valore iniziale della derivata di
ordine (n-1).
La suddetta formulazione può essere espressa direttamente in forma “circuitale”. Lo
schema elettrico corrisponde infatti al sistema fondamentale e può essere letto in ogni
istante, in particolare allo 0+.
La “foto” del sistema allo 0+ vede quindi i valori delle funzioni note (in genere i
generatori) valutate allo 0+ ed i valori delle grandezze di stato note in quanto continue
dallo 0-.
Per il principio di sostituzione, si possono quindi inserire al posto dei condensatori
generatori di tensione v(0-), al posto degli induttori, generatori di corrente.
La rete in tal modo diventa “resistiva” e ad essa possono essere applicate tutte le proprietà delle reti
lineari.
III-17
Possono essere quindi ricavate tutte le grandezze della rete allo (0+). Restano altresì
determinate i valori iniziali delle derivate prime delle grandezze di stato.
Al sistema fondamentale “derivato” corrisponde lo schema “derivato” con gli stessi bipoli
(generatori e resistori), con tensioni e correnti “derivate”; i valori delle derivate per i
generatori sono noti dal primo sistema. Possono quindi essere ricavate le altre grandezze
derivate.
Si procede in tal modo qualunque sia l’ordine del sistema.
Il principio di sostituzione ci permette di “truccare” la foto del sistema non solo allo 0+
(per la determinazione delle costanti arbitrarie), ma in qualsiasi istante t, sostituendo ai
condensatori un generatore di tensione vc(t) e agli induttori un generatore di corrente iL(t).
La rete diventa in questo modo resistiva e possono essere facilmente valutate, con gli
ordinari metodi:
a) le intensità di corrente ic(t) nei condensatori;
b) le tensioni vL(t) sugli induttori.
Queste grandezze risulteranno quindi in relazione algebrica con le grandezze dei
“generatori”, in particolare con le vc(t) e le iL(t); le relazioni differenziali potranno essere
quindi organizzate come segue:
dvc

ic (t )  C dt  a1vc (t )  a 2 i L (t )  a3 x g (t ) ( )

di
v L (t )  L L  b1vc (t )  b2 i L (t )  b3 x g (t )
( )
dt

dove sono indicate le costanti di proporzionalità dei singoli contributi dovuti ai generatori
noti [indicati genericamente con xg(t)] e ai generatori fittizi corrispondenti ai condensatori
ed agli induttori. Da notare che dalle relazioni del tipo (α) si possono esprimere le correnti
negli induttori in funzione delle tensioni sui condensatori e della loro derivata prima:
dv
1 

i L (t )   a1vc (t )  C c  a3 x g (t ) 
a2 
dt

La sostituzione, nelle equazioni del tipo (β) di una relazione di questo tipo e della sua
derivata
dx g 
d 2v
di L
1  dv

  a1 c  C 2c  a3
dt
a 2  dt
dt 
dt
porta ad equazioni differenziali nelle sole vc ;in un circuito con una sola L ed una sola C,
ad una equazione del secondo ordine in vc
dx g 
 dvc
d 2v
dv
1 

 a1
  b1vc (t )  b2
 C 2c  a 3
 a1vc (t )  C c  a3 x g (t )   b3 x g (t )
dt 
a2 
dt
dt

 dt
2
a 2 b3  b2 a3 
d vc La1  b2 C  dvc a 2 b1  b2 a1 
La3 dx g


v
(
t
)

x
(
t
)

c
g
LC
dt
LC
LC
LC dt
dt 2
L’integrale particolare, nella vc, può essere valutato a partire dal secondo membro di
quest’ultima equazione, con gli ordinari metodi dell’Analisi matematica; si ricorda che, nel
L
1
a2
III-18
caso di regime stazionario o sinusoidale, tale integrale può essere valutato per vie più
brevi (es. con il metodo simbolico).
Per quanto riguarda le frequenze naturali, esse possono essere ricavate dalla equazione
algebrica associata all’omogenea delle (α)-(β), ossia
 dvc
C dt  a1vc (t )  a 2 i L (t )  0 ( ' )
 di
 L L  b1vc (t )  b2 i L (t )  0
( ' )
 dt
C  a1
 a2
 CL2  ( La1  Cb2 )  a1b2  b1 a 2   0
 b1
L  b2
a b  b a 
( La1  Cb2 )
 ( La1  Cb2 ) 

 
  1 2 1 2
2 LC
2 LC
LC


2
1, 2
L’esame di una grandezza di risposta y(t) (tensione o corrente in un ramo) ad una
grandezza di ingresso o forzamento x(t) (generatore di tensione o di corrente) può essere
condotta su una rete a riposo che abbia le seguenti proprietà:
a) sia tempo-invariante, ossia non si verificano variazioni nella topologia della rete o
nel valore dei parametri caratteristici [ se la rete è tempo-variante, occorrerà
restringere l’esame della dinamica in ogni intervallo in cui la rete sia tempoinvariante ];
b) sia lineare, ossia costituita da bipoli la cui caratteristica risponda a requisiti di
linearità; se una rete è costituita da bipoli fondamentali resistori, induttori
(inizialmente scarichi) e condensatori (inizialmente scarichi), la rete è lineare;
c) sia passiva, ossia vi sia solo un generatore (ingresso); se vi sono più generatori (più
ingressi), la risposta potrà valutarsi dalla somma dei contributi legati ai singoli
ingressi, se la rete è lineare.
Nei casi suddetti la risposta prende il nome di evoluzione forzata: essa dipenderà dalla
topologia della rete e dal forzamento. Se vi sono più forzamenti, l’evoluzione forzata sarà
pari alla somma dei contributi dei singoli forzamenti.
Nel caso di reti non a riposo nell’istante iniziale di osservazione della dinamica e sottoposte
a forzamento nullo, la risposta prende il nome di evoluzione libera.
Se la rete non è a riposo, essa non è lineare; infatti, nella caratteristica tensione-corrente dei
bipoli a memoria C ed L (convenzione dell’utilizzatore)
t1
t1
dvc
di L
ic  C
 vc t1    ic dt  vc t o 
vL  L
 i L t1    v L dt  i L t o 
dt
dt
t0
t0
occorre precisare il “valore iniziale” della variabile di stato; le relazioni suddette sono
lineari solo se tale valore è nullo.
Si può dimostrare in generale che la risposta è pari alla somma dell’evoluzione libera e
dell’evoluzione forzata (vedi §III.15).
Nella caratterizzazione dinamica delle reti assumono un ruolo fondamentale sia le
soluzioni della equazione algebrica associata all’omogenea (esprimibili come frequenze
III-19
naturali k o attraverso le costanti di tempo k =-1/k, reali o complesse coniugate) sia
l’integrale particolare. Poiché le soluzioni k sono negative o a parte reale negativa nei circuiti
reali (dissipativi), l’integrale particolare può essere costituito, se individuabile, dalla
soluzione secolare (a tempo infinito) ossia dalla soluzione a regime (es. stazionario,
sinusoidale, periodico, etc). Nel caso di forzamento polinomiale, esponenziale o cisoidale
(ossia costituito da una combinazione di funzioni esponenziali, trigonometriche ed
iperboliche), la soluzione secolare sarà del tipo polinomiale, esponenziale o cisoidale; il
principio di identità applicato al sistema differenziale ci permette di valutare completamente
l’integrale particolare e quindi l’integrale completo.
Laddove il forzamento non fosse del tipo suddetto o addirittura non esprimibile
analiticamente (si pensi ad esempio ad una tensione indotta da un fulmine o, più
semplicemente, al segnale derivante da un microfono), l’evoluzione delle grandezze nella
rete potrà essere ricondotta a risposte canoniche o indiciali ossia a forzamenti-tipo
(“standard”).
Forzamenti-tipo
fondamentali sono la sollecitazione “a gradino unitario” e la
sollecitazione “ad impulso unitario”. La prima sembra più “accessibile” anche dal punto
di vista sperimentale, la seconda si presenta più adatta ad una formulazione analitica
compatta. Rientrano nelle sollecitazioni-tipo gli impulsi di ogni ordine, ricavabili per
derivazione successiva della funzione a gradino, nel senso delle distribuzioni. Per questa
metodologia si rinvia §III.15.
III.4 Grandezze periodiche – Grandezze sinusoidali
Le funzioni periodiche del tempo a(t) sono caratterizzate da un periodo T tale che, per ogni
t, sia a(t)=f(t+kT) con k intero qualsiasi. L’inverso del periodo f=1/T viene detto frequenza; f
si misura in hertz [inverso del secondo].
Le funzioni periodiche sono caratterizzate da un valore massimo (o picco positivo) e da un
valore minimo (13), da un valore medio nel periodo e da un valore medio quadratico ( rms:
root mean square) o valore efficace nel periodo
Amedio
1 t 0 T
  a(t )dt
T t0
Arms  Aeff
1
 A
T
t0 T
a
2
(t )dt (III.4.1)
t0
Le funzioni periodiche a valor medio nullo si dicono alternative.
Una funzione alternativa rettangolare ha il valore efficace coincidente con il valore
massimo.
Una funzione sinusoidale del tipo
 2

a(t ) AM sen
t     AM sen2ft     AM sent    (III.4.2)
T

è periodica di periodo T, frequenza f e pulsazione , fase iniziale , è alternativa ed il suo
valore efficace è pari a
13
Ovviamente una funzione costante è un caso banale di funzione periodica.
III-20
Aeff 
AM
 0,707... AM (III.4.3)
2
Il punto di nullo più prossimo allo zero è l’istante t*=-/. Pertanto se =0 la funzione è
tipo seno, se =/2 la funzione è del tipo coseno.
Una funzione b(t)=BM sen(t+) è sfasata dell’angolo (-) rispetto ad a(t); se tale angolo è
positivo (14) , b(t) è sfasata in anticipo rispetto a a(t), se è negativo è sfasata in ritardo rispetto
ad a(t); se il suddetto angolo di sfasamento è nullo, le due grandezze si dicono in fase, se
l’angolo di sfasamento è  le due grandezze si dicono in opposizione di fase, se l’angolo è
/2 le due grandezze si dicono in quadratura (in anticipo o ritardo).
Si osserva che
a) il prodotto di una grandezza sinusoidale per una costante positiva [negativa] è una
grandezza sinusoidale della stessa pulsazione ed in fase [opposizione di fase]
g (t )  PM sent     ka(t ) kAM sent     PM kAM ;  
b) la somma o la differenza di due funzioni sinusoidali della stessa pulsazione è una
grandezza sinusoidale della stessa pulsazione
c( t )  C M senc( t )  C M sen t     a( t )  b( t )  AM sen t     BM sen t   
C M sen t cos   C M cos t sen   AM sen t cos   AM cos t sen   BM sen t cos   BM cos t sen
C M cos   AM cos   BM cos 
(III.4.4)
C M sen   AM sen   BM sen
 C M2  AM2  BM2 ; tg  
AM sen   BM sen
AM cos   BM cos 
c) la derivata di una funzione sinusoidale è una funzione sinusoidale della stessa
pulsazione in quadratura in anticipo
d (t )  DM sin t    
da



 AM cost     AM sen t      DM  AM ;    
dt
2
2

(III.4.5).
III.5 Il metodo simbolico – Operatori complessi
Poiché il sistema fondamentale di una rete lineare prevede relazioni del tipo a),b),c) e d)
sopra detto, se ne deduce che una soluzione sinusoidale di pulsazione  è compatibile con
un sistema in cui i generatori (i termini noti) siano sinusoidali della stessa pulsazione;
applicando il principio di identità dei polinomi trigonometrici, si può anche concludere
che la soluzione è unica; tutte le grandezze incognite hanno pulsazione .
Le grandezze si diversificano quindi solo per l’ampiezza e la fase iniziale; si può quindi
stabilire una corrispondenza biunivoca tra le funzioni sinusoidali e le coppie ordinate di numeri
reali (numeri complessi) ossia i punti del piano cartesiano:
a(t )  AM sent     ( AM , )  A ( Ax  AM cos  , Ay  AM sin  )  AM e j  Ax  jAy
L’operatore di Eulero- De Moivre ej, formalmente definito come
14
Si considera in genere la determinazione principale dello sfasamento, ossia .
III-21
ej =(cos+jsen) ,
è rappresentativo del punto sulla circonferenza di raggio unitario centrata nell’origine
(fig.III.5.1). Esso è un operatore di rotazione: applicandolo ad un vettore Ā (fasore) o punto
del piano della rappresentazione – corrispondente della grandezza sinusoidale a(t)- si
ottiene un vettore Ā’ ruotato di α. Se in particolare α=/2, si ha ej=j; un’altra rotazione di
/2 porta al vettore opposto ad Ā: infatti ej=j2=-1; una ulteriore rotazione di /2 ci porta ad
una rotazione complessiva ej3=j3=-j corrispondente ad una rotazione (“negativa”) di -/2: ej/2
=-j=1/j; una ulteriore rotazione di /2 ci riporta sul vettore originario: ej2=j4=1.
In particolare, quindi, l’operatore j (comunemente detto immaginario) indica una rotazione
di /2 nel piano cartesiano. Per evidenziare questo concetto in modo ancor più elementare,
si può osservare che il punto P≡(a,b)≡a+jb del piano può essere immaginato “raggiunto” a
partire dall’origine percorrendo un tratto a lungo l’asse x (asse “reale”) e quindi un tratto b
lungo una direzione ortogonale (asse y “immaginario”).
Si può facilmente controllare che alle operazioni di addizione, sottrazione e
moltiplicazione per costante nel dominio nel tempo corrispondono addizione, sottrazione
e moltiplicazione per costante nel dominio della rappresentazione simbolica. Tali
operazioni sono corrispondenti alle ordinarie operazioni tra vettori (moltiplicazione di un
vettore per una costante, composizione di vettori con la regola del parallelogramma).
g (t )  k a(t )  G  kA
c(t )  a(t )  b(t )  Cx  Ax  Bx ; C y  Ay  By  C  A  B  C  CM e j
(III.5.1)
Una importante ulteriore operazione vettoriale elementare è quella di rotazione,
formalmente eseguibile con l’operatore di Eulero. Si può facilmente controllare che
all’operazione di derivazione corrisponde una moltiplicazione per jω ovvero una
rotazione di /2 ed una modifica dell’ampiezza .
N.B. Nella corrispondenza la coppia ordinata di numeri reali può essere sostituita (per
tutti i fasori) da un valore univocamente legato all’ampiezza (ad esempio il valore efficace)
e da un riferimento angolare qualsiasi.
In generale le operazioni tra fasori corrispondono ad una rotazione e modifica di
ampiezza. L’operatore che le descrive avrà la forma
M  M e j  M x  jM y  M cos   jMsen
con M modulo dell’operatore,  argomento dell’operatore.
III-22
y
Ā’= Ā ejα
1
α
cos α
-1
α
sen α
Ā
x
1
fig.III.5.1– Operatore ejα e sua applicazione ad un vettore del piano.
III.6 Operatori di ammettenza e di impedenza
Nel caso di resistori ideali su cui si è fatta la convenzione dell’utilizzatore, se l’intensità di
corrente è sinusoidale di nota pulsazione ω e fase iniziale αR, anche la tensione è
sinusoidale della stessa pulsazione ω e fase iniziale βR=αR; se si fosse adottata la
convenzione del generatore, tensione e intensità di corrente sarebbero in opposizione di
fase.
Se la tensione su un condensatore è sinusoidale di nota pulsazione e fase iniziale βc,
l’intensità di corrente assorbita ha la stessa pulsazione, ma ha una fase iniziale αc =βc+/2,
quindi in anticipo rispetto alla tensione.
Se l’intensità di corrente in un induttore sinusoidale di nota pulsazione e fase iniziale α L, la
tensione ha la stessa pulsazione, ma ha una fase iniziale incrementata di β L =αL+/2, quindi
in anticipo rispetto alla intensità di corrente.
Le relazioni corrispondenti e la loro presentazione grafica sono appresso riportate
(fig.III.6.1).
v R  Ri R  VR  RI  VRM  RI RM
dvc
dt
di
vL  L L
dt
ic  C
R  R
I c  jCVc
 I CM  CVCM  C   C 
VL  jLI L
 VLM  LI LM  L   L 

2
(III.6.1)

2
III-23
ĪC
VL
VR
ĪL
L
ĪR
R=R
VC
C
C
L
fig.III.6.1 – Caratteristiche simboliche per i bipoli fondamentali
Se si considera un circuito semplice costituito da un generatore ideale di tensione
e(t)=EMsen(ωt+), un resistore di resistenza R ed un condensatore di capacità C
(v.fig.III.21.1), si ricava per la corrente erogata dal generatore l’espressione
e(t )  v R (t )  vc (t )  E  VR  Vc
v R  Ri R
 VR  RI
dvc
 I c  jCVc
dt
X
jarctg c
EM
E
ja
R
I 
 IM e 
e
 ic (t ) 
2
2
R  jX c
R  Xc
(III.6.2)
ic  C
EM
R 2  X c2
sen(t  arctg
Xc
)
R
dove Xc=1/ωC è la reattanza capacitiva.
Nel metodo simbolico, il legame tra tensione e corrente per un bipolo si esprime nella
forma (legge di Ohm alle grandezze simboliche, convenzione dell’utilizzatore):
V  Z I oppure I  YV
j
V V e
Z   M j
I
IM e
(III.6.3)
(operatori di impedenza e di ammettenza)
V
 M e j (   )  Ze j  R  jX
IM
(III.6.4)
I
I
1
R
X
Y   M e j (    )  Ye j  e  j  G  jB  2
 j 2
2
V VM
Z
R X
R  X2
L’argomento  , per motivi di cui in seguito, prende il nome di angolo di potenza. La parte
reale R dell’operatore di impedenza è l’operatore di resistenza, il coefficiente della parte
immaginaria X è l’operatore di reattanza. L’impedenza si misura in ohm.
III-24
La parte reale G dell’operatore di ammettenza è l’operatore di conduttanza; il coefficiente
dell’immaginario è l’operatore di suscettanza. L’ammettenza si misura in siemens. Da notare
che G non è l’inverso di R e B non è l’inverso di X.
Nel caso del resistore ideale si ha Ż=R+j0, Y  G  j 0 , con R=1/G pari al valore di
resistenza. La tensione è in fase con l’intensità di corrente.
Nel caso dell’induttore ideale si ha Ż=0+j(XL), Y  0  j ( BL ) , dove XL=L è la reattanza
induttiva (mentre BL=1/L è la suscettanza induttiva). La tensione è in quadratura ed in
anticipo rispetto all’intensità di corrente.
Nel caso del condensatore ideale si ha Ż=0+j(-XC), Y  0  j ( BC ) , dove XC=1/C è la
reattanza capacitiva (mentre BC=C è la suscettanza capacitiva).
quadratura ed in ritardo rispetto all’intensità di corrente.
La tensione è in
Queste considerazioni inducono ad interpretare l’operatore di impedenza come una
“serie” formata da un resistore ideale R e da un reattore ideale X (=XL-XC), ovvero, con un
grado di libertà, come un circuito RLC serie; l’operatore di ammettenza può essere a sua
volta interpretato come un “parallelo” formato da un resistore ideale di conduttanza G e
da un reattore ideale di suscettanza B (=BC-BL), ovvero, con un grado di libertà, come un
circuito RLC parallelo.
Data la relazione tra i due operatori, si deduce che ad ogni circuito RLC serie corrisponde
un circuito RLC parallelo15.
I casi X=0 e B=0 corrispondono ai circuiti risonanti (serie e parallelo) equivalenti a resistori
ideali (vedi prossimo paragrafo).
Se R=X=0 si è in presenza di un bipolo corto-circuito ideale.
Se G=B=0 si è in presenza di un bipolo aperto ideale.
La (III.6.4) può essere scritta per qualsiasi bipolo formalmente rappresentabile, non solo
del tipo RLC. Può essere scritta anche per un generatore reale o ideale: in tal caso il bipolo
non può essere ricondotto ad un circuito equivalente RLC.( 16)
15
16
Ovviamente con diversi valori di R,L,C (>0) e con un grado di libertà sulla scelta di L e C.
Può tuttavia essere per il caso specifico sostituito da un circuito RLC se risulta R0, G0.
III-25
III. 7 Risonanza serie e parallelo
Un circuito in regime sinusoidale, comunque complesso, nel quale siano presenti
resistenze, induttanze e capacità e un solo elemento attivo si dice in risonanza quando
rispetto al generatore che lo alimenta si comporta come un circuito puramente ohmico.
Si consideri per semplicità il circuito RCL serie illustrato in Fig.III.7.1.
vR
+
e
R
vL
vg
L
vC
C
i
.
Fig. III.7.1 – Circuito RLC serie
Si consideri il funzionamento in regime sinusoidale di tale circuito.
E
Il fasore rappresentativo della corrente è dato da I 
dove E  EM rappresenta il fasore

Z eq


relativo alla tensione del generatore e(t)  Em sen(t) e Zeq  R  jL 
1 
 è
C 
l’impedenza equivalente della serie del resistore, dell’induttore e del condensatore.
Il modulo del fasore corrente è:
IM 
EM
1 

R 2   L 

C 

2
Si consideri, ora, l’andamento del modulo della corrente IM al variare della pulsazione ω.
È immediato verificare che il valore del modulo IM tende a zero per ω→0 e per ω→  ,
mentre assume il suo valore massimo in corrispondenza della pulsazione di risonanza
1
0 
LC
E’ facile verificare che per tale valore della pulsazione la parte immaginaria
dell’impedenza Z eq è uguale a zero, perché la reattanza capacitiva è uguale a quella
capacitiva, e quindi il modulo di Z eq assume il valore minimo.Il valore della corrente alla
EM
, cioè, alla corrente che si avrebbe se nel
R
circuito vi fosse solo il resistore. Inoltre, alla risonanza è immediato verificare che la
tensione del condensatore VC è l’opposto di quella dell’induttore VL , e quindi la tensione
pulsazione di risonanza è quindi uguale a
sul resistore è uguale a quella del generatore.
III-26
In definitiva, alla pulsazione di risonanza il circuito, rispetto alla tensione che lo alimenta,
si comporta come se fosse puramente ohmico (la serie L-C è equivalente ad un
cortocircuito).
Si osservi che valgono analoghe considerazioni per il circuito RLC parallelo. In questo caso
tuttavia al posto della corrente va considerata la tensione sui tre carichi in parallelo (alla
risonanza il parallelo LC si comporta come un circuito aperto).
I circuiti risonanti, almeno da un punto di vista di principio, sono quelli che si utilizzano
nelle telecomunicazioni quando si voglia selezionare un segnale di un data frequenza
presente in tutto lo spettro che il sistema ricevente raccoglie. La selezione avviene facendo
variare la frequenza di risonanza del sistema ricevente che si “accorda” con la frequenza
cercata grazie al fatto che a quella frequenza si ha un picco di corrente.
Occorre tuttavia ricordare, soprattutto nel caso di impianti di potenza, la tensione sul
condensatore e sull’induttore –RLC serie- [l’intensità di corrente nel caso del circuito
parallelo] potrebbe assumere valori elevati e quindi pericolosi. Infatti il valore efficace
della tensione sul condensatore [dell’intensità di corrente nell’induttore nel caso parallelo]
è, alla pulsazione di risonanza, pari al valore efficace della tensione del generatore
moltiplicato per il fattore di merito
 L
1
R
Qs  o 
[Q p  o RC 
]
R
o RC
o L
che può assumere valori molto elevati per R tendente a zero [per R tendente a infinito].
Un circuito RLC può quindi assumere il ruolo di amplificatore passivo, non valendo più in
generale le ipotesi di non amplificazione valide il regime stazionario (17).
III.8 Applicazione del metodo simbolico alle reti lineari
L’applicazione del metodo simbolico a tutto il sistema fondamentale di una rete lineare
alimentata da generatori isofrequenziali consente di trasformare un sistema differenziale
(trigonometrico) di 2l equazioni in un sistema algebrico vettoriale. Si può operare quindi
indifferentemente sia in forma geometrica (rappresentazione vettoriale) sia in forma
strettamente algebrica (numeri complessi). In apparenza, dal punto di vista
computazionale (anche dal punto di vista dell’impegno dello spazio di memoria di un
calcolatore, a parità di precisione), ciò sembra un aggravio, in quanto si raddoppia il
numero di equazioni “scalari” equivalenti. In realtà, si comprende subito che anche ad
applicare il principio d’identità dei polinomi trigonometrici si arriva al raddoppio del
numero di relazioni.
L’aspetto più significativo è che le relazioni simboliche sono regolate attraverso operatori
algebrici complessi (ammettenze, impedenze o, in generale, immettenze(18)), analogamente
a quanto avveniva nel caso stazionario (in cui gli operatori algebrici erano reali). Quindi si
possono trasferire le proprietà ricavate sulla base della linearità: sovrapposizione degli
Si può mostrare che la proprietà di non amplificazione continua a valere anche in regime sinusoidale per le
reti resistive e per le reti RL o RC, oppure solo L o solo C.
18 Il termine immettenza indica in generale il legame simbolico (operatore) tra due qualsiasi grandezze in una
rete.
17
III-27
effetti (19), espressioni del partitore di tensione e di corrente, impedenza e ammettenza
equivalente, bipolo equivalente di Thévénin e Norton, metodo dei potenziali nodali e delle
correnti di maglia, matrici descrittive di n-poli e doppi bipoli, ecc.
Non potrà essere applicato il metodo simbolico al caso di bipoli con non-linearità non
eliminabili ovvero per le proprietà della rete non discendenti dalla linearità (es. le potenze,
vedasi oltre).
III.9 Potenze in regime sinusoidale – Conservazione della potenza complessa
Si consideri un bipolo di morsetti r-s funzionante in regime sinusoidale. Si consideri la
potenza istantanea assorbita dal bipolo:
prs t   vrs t   irs t   VMrs sin t   rs I Mrs sin t   rs  
VMrs I Mrs
cos rs   rs   cos2t   rs   rs  
2
 Vrs I rs cos  rs   rs   cos 2t   rs   rs  

(III.9.1)
 Vrs I rs cos  rs   cos 2t  2 rs   rs   Pmrs  p frs (t )
La potenza istantanea quindi in genere non è una grandezza sinusoidale, ma è
caratterizzabile da un valore medio Pm (detto potenza media, attiva o reale) e da una potenza
fluttuante sinusoidale a pulsazione doppia. Vale il principio di conservazione per la
potenza istantanea, la potenza media e la potenza fluttuante.
L’energia assorbita da un bipolo in un intervallo t pari ad un multiplo intero di periodi
risulta pari a Pmt, in quanto il contributo della potenza fluttuante è nullo. Se l’intervallo
t non fosse esattamente pari ad un multiplo intero di periodi, il contributo all’energia
assorbita fornito dalla potenza fluttuante sarebbe tanto più trascurabile quanto più t è
grande rispetto al periodo.
La potenza media assorbita ha quindi un significato “energetico” e con essa si possono
caratterizzare i bipoli elettrici ed avere significative informazioni sul “consumo”. Essa
viene indicata quindi in watt. Ad esempio una stufa da 500 W, tenuta in funzione per
un’ora, “consuma” 1.8 MJ. L’unità pratica usata per la indicazione dei consumi elettrici è il
kWh (kilowattora); 1 kWh corrisponde al consumo di un’apparecchiatura da 1 kW tenuta
in funzione per un’ora, quindi a 3.6 MJ. La potenza media si esprime come
Pm 
VM I M
cos   VI cos 
2
(III.9.2)
Va osservato che se i generatori sinusoidali non sono isofrequenziali, si può applicare il metodo simbolico
più volte considerando di volta in volta i generatori di ugual frequenza e quindi sovrapponendo i risultati
nel dominio del tempo.
19
III-28
dove il termine cos  prende il nome di fattore di potenza; V ed I sono i valori efficaci della
tensione e dell’intensità di corrente.
La potenza fluttuante non ha peso dal punto di vista energetico, ma è purtroppo
significativa da altri punti di vista. Basti pensare che essa ha un valore massimo uguale o
superiore alla potenza media e che, considerando un bipolo reale, le sollecitazioni
meccaniche sono legate alla potenza istantanea. Ad esempio all’albero di un motore
potrebbe essere applicata una coppia istantanea anche superiore alla coppia media; ciò
porterebbe ad una sollecitazione di torsione intollerabile ovvero ad una sollecitazione “a
fatica” che limiterebbe le prestazioni meccaniche a lungo termine. A ciò si aggiungano le
vibrazioni trasmesse ed il rumore acustico (ronzio tipico a 100 Hz).
Nel caso di bipoli resistivi, la potenza media è pari a RI 2, dove I è il valore “efficace” (come
se considerassimo un caso stazionario), mentre nel caso di bipoli induttore (=π/2) e
condensatore (=-π/2) la potenza media è nulla . Per un circuito RLC l’angolo di potenza 
è compreso tra –π/2 e π/2 ed il fattore di potenza cos tra 0 ed 1. Se risulta cos<0 si è
sicuramente in presenza di un generatore o di un bipolo attivo (un bipolo si dirà passivo se in
ogni condizione di funzionamento la potenza media assorbita risulterà non negativa).
Si definisce potenza reattiva assorbita da un bipolo la quantità
V I
Q  M M sen  VI sen (III.9.3)
2
dove  è, al solito, la differenza tra le fasi iniziali della tensione (di valore efficace V) e
della intensità di corrente (di valore efficace I).
La potenza reattiva Q assorbita da un bipolo passivo ci dà indicazione se il bipolo è
prevalentemente di tipo ohmico-induttivo (Q>0) o di tipo ohmico-capacitivo (Q<0). La
potenza reattiva non ha un significato energetico, ma può determinare un funzionamento
non ottimale degli elementi di un impianto elettrico oppure costringe ad aumentare i costi
di realizzazione.
Infatti il dimensionamento di un bipolo è legato alla potenza apparente o potenza nominale
(compare sulla targa dei dispositivi)
A  VI  P 2  Q 2
(III.9.4)
La potenza apparente è pari al prodotto del valore efficace della tensione per il valore
efficace della corrente; essa è una quantità assoluta (positiva). Il suo valore è direttamente
legato al volume occupato dal dispositivo (la distanza tra i morsetti aumenta con la
tensione mentre la sezione dei conduttori aumenta con l’intensità della corrente) e quindi
al suo costo.
Per ridurre i costi occorrerà quindi diminuire (in valore assoluto) la potenza reattiva
assorbita dal bipolo.
Per ogni bipolo si può introdurre una grandezza complessa formale, detta potenza
complessa, che abbia come modulo la potenza apparente e come argomento l’angolo di
III-29
potenza . Considerando ad esempio il fasore della tensione per il coniugato del fasore
dell’intensità di corrente si ha
~
Prs  Vrs I rs  Vrs e j rs I rs e  j rs  Vrs I rs (cos  rs  jsen rs )  Prs  jQrs (III.9.5)
Poichè la potenza complessa è una potenza virtuale (20), per il teorema di Tellegen essa si
conserva. Ne consegue la conservazione anche delle potenze reattive in una rete.
E’ necessario l’ammonimento ad evitare ogni confusione ed accostamento tra potenza
reattiva e potenza fluttuante. E’ però interessante notare che la potenza istantanea vale
p( t )  P  p f t   VI cos   VI cos 2t       VI cos   VI cos 2t  2    
 VI cos   VI cos 2t  2  cos   VI sen2t  2 sen   P1  cos 2t  2   Q sen2t  2 
Il termine P1  cos 2t  2  corrisponde alla potenza istantanea assorbita dal resistore
nello schema serie R-X, ma non è pari alla somma delle potenze istantanee assorbite dai
resistori in una rete passiva vista da due morsetti di cui il bipolo R-X rappresenta
l’equivalente. Ad esempio nel parallelo di fig.III.9.1, se R=XL=Xc, v(t) ed i(t) sono in fase
2
e quindi p( t )  P1  cos 2t  2   RI 1  cos 2t  2  , i’(t) ed i”(t) sono in
quadratura tra loro e di pari modulo; la somma delle potenze istantanee assorbite dai due
resistori è costante essendo


p'f ( t )  VI ' cos  2t    VI ' sen2t ;
2

p'f ( t )  p"f ( t )  0
i
v
R
Xc


p"f ( t )  VI " cos  2t    VI " sen2t 
2

i’
I’
α’=π/2
I
V
α”=-π/2
XL
i”
I”
R
Fig. III.9.1
20
Basta considerare le rete in esame, interessata dalle tensioni V rs , ed un’altra, con lo stesso grafo, in cui si
~
assegni ad ogni lato l’intensità di corrente I rs . Poiché il coniugato ha la stessa parte reale del numero
complesso originario e l’opposto del coefficiente della parte immaginaria, per
coniugate vale il I principio di Kirchhoff ai nodi. Ciò basta per affermare che
le intensità di corrente
~
Vrs I rs  0
III-30
III.9.1 Esempio numerico n.1 sul metodo simbolico
Data la rete di fig.III.8.1, in regime sinusoidale, determinare iR(t)ed iL(t) nell’intervallo (-,+).
[ e(t)=E cos ωt; R=25; L=0,1 H; C=100 F; E=100 V;ω=250 rad/s]
i
C
+ vC -
+
iL
+
vR
e
L
R
+
vL
-
-
iR
fig.III.8.1
Occorre sempre tenere in mente il sistema fondamentale, valido per ogni t, essendo la rete
tempo-invariante:
iR  iL  i  0
v  v  v  0; v  v  0
R
g
L
R
 c
v g  e; vR  Ri R

v  L diL ; i  C dvc
 L
dt
dt
1
106

 40
C 250  100
jX L
E
jX L
E  jX L
IR  I


R  jX L  jX  jRX L R  jX L X L X C  jR ( X L  X C )
C
R  jX L
X L  L  25 ; X C 
iR (t ) 
E  XL
( X L X C )  R X L  X c 
2
2
2

cos(t 

2
 arctg
R( X L  X C )
)
XLXc
25  (15)
20

3
)
cos(t   arctg
)
25  40
2
8
73

2500
iL (t ) 
20
3
20
3
cos(t  arctg
)  iL (0) 
cos(arctg
)  2.19 A
8
8
73
73
cos(t 
 arctg
2
252 40 2  252152
R( X L  X C )
V
RI
ER
I L  L  R  iL (t ) 
cos(t  arctg
)
2
2
2
jX L jX L
XLXc
( X L X C )  R X L  X c 
III-31
III.9.2 Esempio numerico n.2
+
R1
C
R2
e
ic
io
Fig.III.9.1.1
La rete di fig.42 è in regime sinusoidale; sia R1=20 Ω, R2=30 Ω, ω=500 rad/s, C=(1/6) mF;
e(t)=EM sen ωt [EM=100 V], io(t)=IM cos ωt [IM=5 A].
Determinare
a) l’intensità di corrente ic(t),
b) la potenza complessa erogata dal generatore ideale di corrente.
Applicando il metodo simbolico si ha
1
1
R jX c  30( j12)  j 60
E  100; I 0  j5; X c 

 12 ; Z RC 


C 500  1 103
R  jX c
30  j12 5  j 2
6
Applicando il teorema i Norton ai morsetti del condensatore, si ha
RR
60
E
Z eq  R p  1 2 
; I cc   I 0  5  j 5;
R1  R2
5
R1
I c  I cc
Z eq
Z eq  jX c
 5  j 5
60
5

5  j5
 5 j  ic t   5 cos t
1 j
60
 j12
5
Vc   jX c I c  60  j 0  vc (t )  60 sen t
La potenza complessa erogata dal generatore ideale di corrente
~
VI
P  0   j150VAr
2
III-32
III.9.3 Esempio numerico n.3
+
R1
L
i1
A
iL
R3
L
e(t)
R2
L
B
Fig.III.9.2.1
C
vc
Si consideri la rete di fig.III.9.2.1, in regime sinusoidale, alimentata dal generatore di
tensione e(t) = EM sin t .(EM=340 V; =1000 rad/s ;R1=R3=400; R2=200; L=0,1H ; C=5 F)
1) Si valuti la potenza complessa assorbita dal bipolo a destra dei morsetti A-B.
1
1

 200
C 1000  5 106
R  R  j  X L  X C 
400(200  j100)
4 j
Z e  R1  2 3
 400 
 800
R2  R3  j  X L  X C 
600  j100
6 j
X L  L  1000  0,1  100; X C 
I1 
E 340 6  j 17 6  j




;
Z e 800 4  j 40 4  j
I L  I1
R2
17 6  j
400
17 1
4 j





;
R2  R3  j  X L  X C  40 4  j 600  j100 10 4  j
10
VC   jX c I L  20  1  4 j ;
VAB  R3  j  X L  X C I L  200  j100
17 1
2 j
 170
;
10 4  j
4 j
V Iˆ
2  j 4  j 85
PAB  AB L  85

  2  j   17W  j8,5VAr
2
4  j 10
10
17
17
17
200 
100 
 200 
2
2
R3 I L2
X
I

X
I
100  17 W ; Q  L L 
100  8,5VAr ; Q 
100  17VAr
C L
PR3 


L
C
2
2
2
2
2
2
17
1

iL t   I L sent  arg I L  
sen t  arctg ;
10
4

vc t   VC sent  arg VC   20  17 sent  arctg  4 ;
III-33
III.9.4 Esempio numerico n. 4
C
+
+
i1
R
vC
e1(t)
vL
L
iL
+
e2(t)
i2
fig.III.9.3.1
Si consideri la rete di fig.III.9.3.1, in regime sinusoidale, alimentata dai generatori di
tensione e1(t) = E 2 sin t, e2(t) = E 2 cos t . (E=1 V; =100 rad/s ; R=2; L=20 mH ; C=10
mF)
1) Si valuti la potenza complessa erogata da ciascuno dei generatori.
La potenza erogata dai due generatori vale
~
~
P1  E1I1; P2  E2 I 2
Le intensità di corrente possono essere valutate applicando il teorema di scomposizione;
introducendo le impedenze viste dai due generatori agenti singolarmente, si ottiene:
X L   L  2 ; X c 
1
 1
C
R  jX L
j4
Z1e   jX c 
j
 1  j0
R  jX L
2  j2
Z 2 e  R 
I1 
L/C
2
 2  22j
j( X L  X c )
j
E1 E2
jX L
1
j
j2
j
1 2 j

 
 1

Z1e Z 2 e j ( X L  X c ) 1 2  2 j j (2  1)
1 j 1 j
1 2 j 3
1
~
P1  E1 I1  1
 j
1 j
2
2
I2 
E2 E1 jX L
j
1 j2
3 j






Z 2 e Z1e R  jX L 2  2 j 1 2  j 2
4
3 j
1
~
P2  E2 I 2  j
 
4
4
1 2 j  3  j
I L  I1  I 2 

1 j
4
j
3
4

j3
3
3
 j
21  j  4
4
III-34
V C   jX c I 1 
2
3
 v c (0)   V
2
3
V L  jX L I L 
V R  RI R 
 1  j3
1 j
3 j
Q L  X L I L2 
2
9
4
 2.25 VA ; Q C   X C I 12  
5
2
 2.5 VA ; PR  RI 22 
5
4
 1.25 W
III.10 Applicazioni: il rifasamento dei carichi reattivi
Per ottimizzare il dimensionamento dei sistemi di alimentazione – a parità di potenza
media in gioco e quindi di energia – occorrerebbe che fosse ovunque Q=0. Tutti i bipoli
dovrebbero essere modificati in maniera da avere tensione e correnti in fase. Ciò è in linea
di principio possibile se tutti i generatori ideali sono in fase o in opposizione di fase. In tal
caso sarebbe possibile “aggiungere” (in serie o in parallelo) una reattanza tale che la
reattanza (o suscettanza) equivalente sia nulla, ossia i bipoli siano risonanti (rifasamento
locale serie o parallelo).
In genere questa soluzione risulta molto gravosa. Dal punto di vista industriale, un
compromesso si ottiene considerando l’utenza (quasi sempre di tipo ohmico induttivo con
angolo di potenza >26°) nel suo complesso ed inserendo un bipolo (condensatore in
parallelo al carico) in maniera che l’Ente fornitore “veda” un fattore di potenza cosL>0,9
(L<26°).
Dal bilancio di potenza complessa o da considerazioni sul diagramma vettoriale delle
grandezze simboliche si ottiene che il valore della capacità necessaria a rifasare un carico
di potenza media Pm sotto tensione V vale
P (tg  tg L )
(III.10.1)
C m
V 2
III-35
III.10.1 Esempio numerico sul rifasamento - commenti
ie
+
Fig.III.10.1
R
R
e
vL
L
1
C
2
Si consideri la rete di fig. III.10.1 in regime sinusoidale; sia R1= R2=50 Ω, L=100 mH, ω=500 rad/s,
C=80μF; e(t)=EM sen ωt [EM=40 V].
Determinare
a) la tensione sull’induttore vL(t) per t∈(-∞,+∞)
b) la potenza reattiva Qe erogata dal generatore
c) a parità di potenza media erogata dal generatore, gli accorgimenti perché risulti Qe=0
Applicando il metodo simbolico si avrà
E  40; X L  L  50; X c 
1
 25; Z R2 LC 
C
1
1
50


j
j
j
1
1 1 j

 jC 



L
R2
50 25 50
50
1
j (  arctg )
1 j
1
2
VL  E
 40
 40
8 5e
 16  8 j;
50
2 j
Z R2 LC  R1
 50
1 j
1
v L (t )  8 5 sen(t  arctg ) ;
2
E
4
3  j 
Ie 


Z R2 LC  R1 25
Z R2 LC
*
 
 E2
 
1
E
 
*
 M


Qe  E M I eM sin  e  Im Pe  Im E I e  Im E

Im
 2
2
  Z R2 LC  R1  



 


16
 1  j (2  j )  16
 16  Im
  Im3  j     3,2 VA
5
5
5


*
*
 1  j   800
 1

 
 Im
 100  j 50   50
2
*
j
 
j 
48
; Pe  Re( P ) 
 9,6 W
5
Poiché risulta Qe<0, si può inserire un induttore (rifasamento generale). Se lo si inserisce in
parallelo al generatore, il valore dell’induttanza dovrà essere tale che
E2
E M2
1600
QL  M  Qe  L 

 0,5 H
16
2  L
2   Qe
2  500 
5
Osservazione:
Si potrebbe in alternativa operare sul parallelo LC (rifasamento locale); si ricorda che la
III-36
condizione Qe=0 corrisponde alla “risonanza” alla pulsazione assegnata. Deve essere
quindi
1
1
L*C *  2 
 4  10 6 [ s 2 ]
250000

4  10 6
*
*
 fissato C  C  80F , sarà L 
 50mH
80  10 6
4  10 6
 fissatoL*  L  100mH , sarà C * 
 40F
100  10 3
La condizione suddetta potrà essere ottenuta o disponendo un altro induttore da 100mH
in parallelo ad L oppure disponendo un condensatore da 80 μF in serie a C. L’induttore di
rifasamento è di induttanza molto inferiore al caso precedente.
(N.B. Vi sono infinite altre possibilità inserendo contemporaneamente un induttore in
parallelo ad L ed un condensatore in serie a C).
Inoltre, con la soluzione “locale” avremmo una potenza media erogata dal generatore pari
a
P
E M2 / 2
40 2

 8W
R1  R2 2  100
inferiore al caso precedente.
Di qui la convenienza (a maggior ragione se la “resistenza equivalente R1” del generatore
non è trascurabile rispetto ad R2) di operare un rifasamento locale. Questo accade ad
esempio nel caso di utenze, nell’ambito di uno stesso impianto, molto lontane dal punto di
fornitura.
III.10.2 Il rifasamento dei carichi reattivi per limitare le “cadute di tensione”
(facoltativo)
Considerato un collegamento reale in regime sinusoidale tra un generatore e(t) ed un
carico U (fig.III.10.2.1) attraverso una linea L, si vuole valutare la convenzionale “caduta di
tensione” pari alla differenza tra i valori efficaci della tensione ai morsetti della linea a
vuoto Vuo=E e della tensione a carico Vu: Vu %  E  Vu % . Si ottiene facilmente:
Vu
RL
+
G
LL
L
e
Zu
U
vu
i
E
φu
φu
I
Vu
III-37
Fig. III.10.2.1
Vu % 
E  Vu
R I cos  u  X L Isen u
R P X Q
% L
% L u 2 L u%
Vu
Vu
Vu
Poiché nella maggior parte dei casi industriali (come in figura) è Q u>0, rifasare il carico
significa anche ridurre la caduta di tensione.
III-38
III.11 Le reti trifase
Per sistema polifase in regime sinusoidale si intende un collegamento di n-poli
attraverso n linee o fasi caratterizzate da n intensità di correnti di linea i k(t) (k=1,2,…,n)
(fig.III.11.1). L’alimentazione può consistere in n generatori stellati indipendenti, ek(t) con
secondo morsetto 0 (centro stella) in comune. Le tensioni tra i poli v12(t), v23(t),…, vn1(t) si
dicono concatenate.
Considerato un n-polo lineare in regime sinusoidale, i vettori (fasori) rappresentativi delle
tensioni concatenate formano una figura chiusa, perché la somma di dette tensioni è
sempre nulla. Lo stesso si può dire per i vettori rappresentativi delle ik(t).
+
e1(t)
+
e2(t)
1
i1(t)
i2(t)
2
0
+
en(t)
in(t)
n
fig.III.11.1– Sistema polifase (n-polo)
Il sistema di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica in Italia è un sistema trifase.
Esistono, per diverse applicazioni, sistemi con un numero di fasi superiore, in genere un
multiplo di tre (6,12,48,…).
Sistema puro e spurio : se gli n-poli sono a stella di centro stella Y (fig.III.11.2), è possibile
calcolare la tensione tra i centri stella utilizzando gli stessi metodi adoperati nel caso
stazionario; indicando con ŻYk l’impedenza equivalente della singola linea, si ritrova (cfr.
la formula di Millmann)
n
E
1 Z k
 E  VY 0 
 (III.11.1);
VY 0  n Yk ; I k   k

1
 Z Yk 
1 Z
Yk
si nota che in generale la tensione tra i centri stella non è nulla e l’intensità delle corrente di
linea dipende dalle tensioni e dalle impedenze relative alle altre linee. E’ possibile imporre
la condizione di nullo sulla tensione tra i centri stella collegandoli tra loro con un (n+1)mo conduttore ( neutro) ideale. In questo caso il sistema si dice spurio (fig.III.11.3) e si avrà:
E 
VY 0  0  j 0; I k   k  (III.11.2)

 Z Yk 
III-39
con intensità delle correnti della linea k indipendenti dai generatori e dalle impedenze
relative alle altre linee.
In Italia, ad esempio, il sistema trifase nazionale di bassa tensione (detto anche sistema di
utilizzazione) è un sistema spurio: oltre ai tre conduttori di fase, normalmente indicati con
la sequenza R-S-T, è disponibile un quarto conduttore “neutro” N (oltre ad un eventuale
ulteriore conduttore di protezione P, normalmente non funzionale al sistema RSTN)(21). Il
sistema di distribuzione in media tensione è invece un sistema puro, con tre sole linee.
+ vC
1
+
e2(t)
2
+
en(t)
n
i1(t)
i2(t)
Y
0
Fig.III.11.2- Sistema polifase puro
+
e1(t)
+
e2(t)
1
i1(t)
i2(t)
2
Y
0
+
en(t)
in(t)
n
N
Fig.III.11.3 - Sistema polifase spurio
Sistemi simmetrici ed equilibrati: un sistema polifase si dice simmetrico (diretto o inverso)
se le tensioni di alimentazione sono simmetriche (dirette o inverse) , ossia se i moduli sono
uguali ed ogni tensione è in ritardo (in anticipo per la simmetria inversa) di 2π/n rispetto
alla tensione che la precede nella sequenza. Se le tensioni sono simmetriche, i fasori
rappresentano i lati di un poligono regolare. Se anche le correnti di linea sono
Nella realtà il conduttore di neutro potrà essere schematizzato con una impedenza (di neutro)
normalmente di modulo molto piccolo rispetto alle altre impedenze; la tensione tra i centri stella
n
E
1 Z k
n
E
Yk
VY 0  n
 Z N  k

1
1
1 Z Yk
1 Z  Z
Yk
N
risulta piccola rispetto alle tensioni stellate e le intensità delle correnti di linea molto poco dipendenti dal
valore dell’impedenza di neutro
21
III-40
simmetriche, ossia le impedenze equivalenti sono uguali tra loro, il sistema si dice
equilibrato.
In un sistema simmetrico ed equilibrato l’intensità di corrente nell’eventuale conduttore
neutro è nulla22.
n
n
E
1 n
1 Z k Z  Ek  Ek
E
1
VY 0  n k 
 1
 0  j 0 ; I k  k (III.11.3)
n
1
n
Z k
1 Z
Z
k
In fig.III.11.4 sono riportate, per un sistema trifase puro simmetrico diretto con impedenze
di carico a stella, le relazioni tra tensioni stellate, tensioni concatenate e correnti di linea. Il
poligono delle tensioni stellate forma un triangolo equilatero. Facendo poi corrispondere
al centro stella 0 un punto del piano della rappresentazione simbolica e riportando a
partire da esso i tre vettori simmetrici rappresentativi delle tensioni stellate del generatore,
si possono rappresentare i punti 1,2 e 3 e quindi costruire le tensioni concatenate che a loro
volta formano un triangolo equilatero e risultano in semplice relazione geometrica rispetto
alle tensioni stellate. Infatti posto
e1 t   E 2 sen t     E1  Ee j

2 

4 
j   
2 

e2 t   E 2 sen  t       E2  Ee  3  (III.11.4)
3 

j   
4 

e3 t   E 2 sen  t       E3  Ee  3 
3 

si ha
V12  E1 3e
V23  V12e
j
j

2
3
4
3
6


 v12 t   E 3 2 sen  t    
6

 E1 3e
 2 
j   
6 3 
 2 

 v12 t   E 3 2 sen  t       (III.11.5)
6 3 

 4 
j   
6 3 
 4 

 v31t   E 3 2 sen  t      
6 3 

Il modulo della tensione concatenata si ottiene da quello della tensione stellata
moltiplicandolo per √3. Tipicamente, ad una tensione concatenata di 380 V corrisponde
una tensione stellata di 220 V.
Con la (III.11.1) è possibile determinare la posizione sul piano del centro stella Y
(spostamento del centro stella), le tensioni sulle impedenze e l’intensità delle correnti di linea
(fig.III.11.4):
V31  V12e
22
j
 E1 3e
Questa considerazione è vera anche se il conduttore di neutro non è un cortocircuito ideale; infatti
n
E
1 n
1 Z k
 Ek
Z 1
k
VU 0  n

 0  j0
n
1
1
1
1 Z  Z Z  Z N
k
N
III-41
VY 0 
n
Ek
1
n
Yk
 Z
1
 Z
1
; Ek'  Ek  VY 0
(III.11.6)
Yk
Ek'
Ek'  jk
Ik 

e
ZYk ZYk
+
E1
I1
1
+ E2
0
Z1Y
I2
Z 2Y
2
+ E3
I3
Y
Z 3Y
3
y
I3
I1
1
V31
3
E3'
Y
E3
E1'
E 2'
V23
I2

E1
0
x
E2
V12
2
Fig.III.11.4 Sistema trifase simmetrico
Se si considera un carico a triangolo (o un carico a triangolo equivalente a quello della
fig.III.11.5), le correnti di lato possono essere ricavate direttamente dalle tensioni
concatenate; le relazioni tra le impedenze a stella e quelle a triangolo possono essere
ricondotte a quelle tra resistenze analoghe.
III-42
+
E1
I1
1
+ E2
0
Z12
I2
2
+ E3
Z 23
I3
Z 31
J12
J 31
J 23
3
y
J 31
1
I1
V31
3
J 23
E3

E1
J 31
0
x
V12
E2 J12
J 12
I3
I2
J 23
V23
2
Fig.III.11.5- Sistema trifase simmetrico; carico a triangolo
Nel caso di carico equilibrato (fig. III.11.6)
Z1Y  Z 2Y  Z3Y  ZY ; Z12  Z 23  Z31  Z   3ZY
lo spostamento del centro stella è nullo; le intensità delle correnti di linea e di lato sono
simmetriche e si ha I  3J . Si mantiene nella trasformazione l’angolo di potenza 
(nello schema a stella, tra tensione stellata e intensità di corrente di linea; nello schema a
triangolo, tra tensione concatenata e corrente di fase).
Si nota che la simmetria suggerisce di considerare uno schema base, da cui riportare le
altre grandezze simmetriche. La pratica suggerisce di adottare lo schema equivalente
stellato, per la opportunità di indicare con evidenza i centri stella 0 e Y, corrispondenti di
punti fisici.
Lo schema monofase equivalente è una semplificazione dello schema a stella, in cui si
evidenzia un generico generatore stellato ed i carichi a stella o stella equivalente
(fig.III.11.7).
Nelle applicazioni, potranno essere utilmente considerati carichi a triangolo solo se si è in
presenza di carico equilibrato, esempio un motore trifase per sollevamento. La presenza
tuttavia di un centro stella Y accessibile permette – se considerato opportuno – di poter
collegare un conduttore neutro per i seguenti scopi:
III-43
a) consentire di mantenere una tensione pari alla tensione sui carichi pari alla tensione
stellata dei generatori nel caso di carichi diversi (ad es. tre fabbricati) anche se
statisticamente rappresentabili con carichi “confrontabili”.
b) Consentirebbe di “sentire” un guasto su una linea di un’apparecchiatura che è
rappresentabile come un carico equilibrato.
+
E1
I1
1
+ E2
0
Z Y
I2
+ E3
Y
Z Y
2
I3
Z Y
3
y
I1
V31
I1
E1 
J 31
E3 0≡Y 
E2
V23
J 12
x
V12
J 23
 J12
I2
I3
I2
+
0
E1
1
+ E2
I1
I2
2
+ E3
I3
Z 
Z 
J12
J 23
Z 
J 31
3
Fig.III.11.6 Sistema trifase simmetrico ed equilibrato
III-44
+
E
1
I
Z Y
Y
0
Fig.III.11.7 - Schema monofase equivalente.
Tensione (nominale) di sistema: in un sistema simmetrico ci si riferisce in genere al valore
efficace della tensione concatenata.
III.11.1 Potenze nei sistemi trifase
In un sistema trifase simmetrico ed equilibrato la potenza fluttuante erogata dai generatori è
nulla. Infatti, in questo caso, con le solite notazioni,
p g (t )  e1 (t )i1 (t )  e2 (t )i2 (t )  e3 (t )i3 (t ) 
4 
8 


 3VI cos   VI cos2t       VI cos 2t         VI cos 2t         3VI cos 
3 
3 


(III.11.1.1)
costituendo i tre termini fluttuanti una terna simmetrica inversa e quindi a somma
(istantanea) nulla.
La potenza istantanea quindi coincide con la potenza media: la sollecitazione meccanica
sull’albero dell’alternatore, legata alla coppia istantanea non ha quindi un termine di
“fatica”, determinando così prestazioni decisamente migliori soprattutto in termini di
durata. Lo stesso dicasi per il tripolo utilizzatore (es. un motore).
Da ciò nasce l’esigenza di pianificare al meglio l’alimentazione di utenze monofasi sulle tre
linee.
Un sistema trifase simmetrico ed equilibrato equivale (vedi fig.III.11.7) a tre sistemi
“monofasi”; quindi consentirebbe, a parità di energia trasmessa dal generatore al carico,
un risparmio del 50% sui conduttori rispetto a tre sistemi monofasi. In un sistema spurio,
il carico è di norma “quasi” equilibrato, il conduttore neutro viene realizzato della stessa
sezione dei conduttori di fase e quindi si ha un risparmio di 1/3 rispetto a tre sistemi
monofase.
Teorema di Aron: in un sistema trifase puro (anche dissimmetrico e squilibrato), assegnate
le tensioni (stellate) tra i morsetti ed il centro stella O’ del generatore, la potenza complessa
assorbita da un carico (così come la potenza istantanea) può essere calcolata valutando le
III-45
tensioni rispetto ad un riferimento qualsiasi O* (teorema di Aron o della invarianza della
potenza rispetto al centro stella). Infatti
~
~
~
~
~
~
P  E1' I1  E2' I 2  E3' I 3  E1*  VO*O ' I1  E2*  VO*O ' I 2  E3*  VO*O ' I 3 
(III.11.1.1);
~
~
~
~ ~ ~
~
~
~
 E1* I1  E2* I 2  E3* I 3  VO*O ' I1  I 2  I 3  E1* I1  E2* I 2  E3* I 3


prendendo come riferimento O* il morsetto corrispondente ad una linea k , essa può
essere quindi espressa con somma di solo due termini (essendo nullo Ek* )considerando il
prodotto del fasore delle tensioni concatenate di una delle due linee rispetto alla terza
linea k con il coniugato del fasore della corrente della linea.
Per la misura della potenza media e della potenza reattiva in un sistema puro bastano
quindi due wattmetri e due varmetri.
III.11.2 Rifasamento nei sistemi trifase
Nei sistemi trifase si può procedere a rifasare un carico equilibrato, tipicamente ohmicoinduttivo), che assorba una potenza P=3EIcos inserendo una terna di condensatori a stella
o a triangolo (23); nel primo caso la terna di condensatori assorbirà la potenza reattiva
Q
E2
Q  3
 3CY E 2  CY   Y 2 ;
Xc
3E
nel secondo caso
Q
V2
Q  3
 3C V 2  C   
Xc
3EV 2
A parità di potenza reattiva si ha quindi che la capacità dei condensatori a triangolo è un
terzo della capacità dei condensatori a stella.
Volendo rifasare al valore  dell’angolo di potenza, il valore della capacità nella
connessione a triangolo sarà
Q
1
P(tg  tg )
C  C y   Y 2 
3
3V
3V 2
Da tale espressione si evince l’opportunità di valutare la convenienza di un rifasamento a
triangolo (24).
nei rari casi di carico ohmico-capacitivo si inseriranno opportuni induttori.
Nel caso di tensione-medio alta, tuttavia, potrebbero intervenire considerazioni riguardo all’affidabilità dei
componenti tali da far preferire la configurazione a stella, che comporta sollecitazioni e perdite più contenute
negli isolanti.
23
24
III-46
III.11.3 Esempio numerico
Si consideri l’alimentazione costituita da una terna simmetrica diretta e sia e1(t)=EM cos ωt
[EM =200√2 V]; sia (Pa=15 kW,Qa=-15kVAr) un carico equilibrato e un bipolo tra le linee 1 e
3 (Pb=5kW, Qb=5kVAr).
_Valutare l’intensità di corrente i1(t)_
+
E1
+ E2
0
I1a
I1
1
Ib
I2
2
+ E3
Pa
Qa
I3
3
Pb Qb
y
3
V23
b
E3
Ib
V13
a
0
E2
2
I1a
b
E1
Ib
a
1
I1a
x
1 I1
V12
Ib
Si può assumere come riferimento la tensione del primo generatore stellato. Il carico (a) è
un carico ohmico-capacitivo (dal segno della potenza reattiva), il carico (b) è un bipolo
ohmico-induttivo inserito tra la linea 1 e la linea 3. Nel complesso il carico non è
equilibrato: i generatori erogano correnti non simmetriche ma sempre a somma nulla.
III-47
e1 t   E1  200  j 0; V13  3E1 e
a  

; b 
4
j

6
 3
1
 200 3 
 j 
2
 2

4
P
I1a  na 
3E
Pa2  Qa2 15000 2 50 2


 25 2  35.4 A
3E
3  200
2
P
I b  nb 
V13
Pb2  Qb2
I1a  I1a e
Ib  Ibe
 25
 25
2
3
3E
j a
j b
 I1a e
 Ibe
 j a

5000 2 50 2
2

 25
 20.4 A
3  200
32
3
 25 2e
 

j   b 
 6

 Ibe
j

4
 25  j 25
  
j   
 6 4

   
   
cos



j
sin


    

6
4


 6 4 

                  
2








cos  cos  sin  sin   j sin  cos   cos  sin 
3
6
4
6
4
6
4
6
4



1 
 25

3 
2
 25
3
 1 2
3 2 1 2
3
2  




 j 

 2   
 2 2
2 2 2 2
2

 

 1
3 1
3 
1
  25
  j   
3 1  j 3 1 

2 2
2
2
2
3



 

5
2  j 12
 25
e
 5.3  j19.6
3
I1  I1a  I b  30.3  j 5.4  30,8e j 0,17  30,8e j10 ;
i1 (t )  I1 2 cos(t  1 )
I1  30,8 A; 1  0,17  10
III-48
III.11.4 Dissimetrie nelle reti trifase
La presenza di carichi squilibrati e/o “monofasi”, i guasti transitori e/o ricorrenti, il
comportamento non ideale dei componenti delle linee di tramissione, distribuzione ed
utilizzazione dell’energia elettrica, portano alla progressiva dissimmetria delle grandezze
man mano che ci si allontana dal generatore. Poiché una terna di correnti non simmetrica
può essere scomposta in terne simmetriche (diretta, inversa ed omopolare), si deve tener
conto, secondo i casi, di grandezze a sequenza inversa ed omopolare. L’uso delle
componenti simmetriche per lo studio generale delle reti trifase è riportato nel §III.13.
III.11. 5 Distorsione di tensioni e correnti
Il comportamento non lineare di alcuni carichi (es. convertitori per l’elettronica di potenza)
e la presenza in rete di componenti non lineari (es. trasformatori in ferro, limitatori di
tensione, ecc) comportano notevoli inconvenienti pratici e metodologici; ad esempio, non è
più corretto l’uso del metodo simbolico. Tuttavia potrebbe essere esaminata la possibilità
della scomposizione in serie di Fourier della grandezza in esame; va ricordato il diverso
comportamento dei bipoli a memoria al variare della frequenza.
Dissimetrie e distorsioni possono portare serie conseguenze sul funzionamento della rete;
la loro limitazione è lo sforzo degli studiosi e dei tecnici del settore nel nome della qualità
dell’energia
III-49
III.12 – Studio dei sistemi trifase - Le Componenti Simmetriche
……..(omissis)……….
III.13 Reti di bipoli reattivi (facoltativo)
Si osserva che l’operatore di reattanza di un induttore ideale e quello di un condensatore
ideale sono funzioni monotone crescenti della pulsazione.
L’operatore di reattanza di un bipolo LC serie vale
1
X ( )  L 
C
Come si può controllare, anche in questo caso X è una funzione strettamente crescente
della pulsazione nell’intervallo (0,+∞): per valori tendenti a zero (dalla destra), X tende a ∞; X tende a +∞ per valori della pulsazione tendenti a ∞; X si annulla alla pulsazione di
risonanza (serie)
1
  0 
LC
La pulsazione di risonanza costituisce uno zero per la funzione X(ω).
L’operatore di reattanza di un bipolo LC parallelo vale
1
L
C
X ( ) 
1
 L
C
Come si può controllare, anche in questo caso X è una funzione strettamente crescente
della pulsazione nell’intervallo (0,+∞): per valori tendenti a zero (dalla destra), X tende a 0
per valori positivi; X tende a 0 valori negativi, per per valori della pulsazione tendenti a ∞;
X non è definita (discontinuità di seconda specie) alla pulsazione di risonanza (parallela o
antirisonanza)
1
  0 
LC
assumendo valori positivi infinitamente grandi a sinistra della pulsazione di antirisonanza
ed negativi (in valore assoluto) infinitamente grandi a destra.
La pulsazione di antirisonanza costituisce un polo per la funzione X(ω).
Si può dimostrare (per induzione o attraverso il cosiddetto teorema di Foster25) che se si ha
una qualsiasi connessione di induttori e condensatori (bipoli reattivi) facenti capo ai
25
Per la dimostrazione si può prendere a riferimento il teorema di Cohn per le reti in regime stazionario che
stabilisce che la resistenza equivalente ai morsetti AB di una rete resistiva non decresce al variare in aumento
della resistenza di un ramo qualsiasi; poiché l’operatore di reattanza di un bipolo elementare è funzione
strettamente crescente della pulsazione, basterà applicare la regola di derivazione delle funzioni composte
III-50
morsetti A-B, l’operatore di reattanza equivalente ai morsetti A-B è funzione strettamente
crescente della pulsazione negli intervalli (aperti) tra i poli. C’è quindi, a partire da
pulsazioni molto basse fino a pulsazioni infinitamente grandi, una alternanza tra poli e zeri.
III. 14 - Circuiti magneticamente accoppiati in regime sinusoidale e dinamico
Si è visto nel §II.20 che l’accoppiamento magnetico tra due circuiti di coefficienti di
autoinduzione L1, L2 e mutua induzione M è valutato tramite il coefficiente di
accoppiamento magnetico k=M/√ L1L2. Per k=±1, l’accoppiamento si dice perfetto: l’energia
magnetica è nulla (il campo magnetico è nullo in tutto lo spazio) anche se le correnti non sono
nulle, ma nel rapporto │ i1/i2│= √L2 /L1.
Due circuiti accoppiati possono essere studiati in regime sinusoidale con il modello del
doppio bipolo, matrice Z. Nel caso di accoppiamento perfetto, il doppio bipolo è
equivalente ad un trasformatore ideale con un induttore L1 [L2] in parallelo sulla prima
[seconda] porta. Tale doppio bipolo è equivalente quindi in genere ad un trasformatore di
tensione e non è trasparente alla potenza reattiva; per quanto riguarda le correnti, rispetto
ad un trasformatore ideale, è presente la corrente a vuoto alla prima [seconda] porta. Tale
corrente a vuoto è nulla se alla seconda [prima] porta è collegato un bipolo cortocircuito:
in tal caso il doppio bipolo si comporta come un trasformatore di corrente, ma ambedue le
tensioni sono nulle.
L’intensità della corrente a vuoto è tanto più trascurabile (rispetto ad i1 ed i2 ) quanto più
grande è la reattanza ωL1 rispetto al modulo di Z1eq=a2Zu
Se l’accoppiamento non è perfetto si può considerare la scomposizione (a valori non
negativi) L1=L1‘+L1” e L2= L2‘ + L2“ tali che tra L1 “ e L2“ vi sia la condizione di
accoppiamento perfetto. Una delle due induttanze L’ può essere scelta ad arbitrio (ad
esempio nulla). Quindi la composizione ha un grado di libertà.
Un doppio bipolo circuito accoppiato è in genere del secondo ordine; nel caso di
accoppiamento perfetto è del primo ordine. Il trasformatore ideale è di ordine zero. Vedere
anche il §III.15.14.
(in realtà occorrerà anche considerare che in una rete reattiva, alimentata da un solo generatore, le correnti
sono in fase o in opposizione).
III-51
III.15 Dinamica nelle reti lineari : studio nel dominio del tempo - £-trasformata
III.15.1 Sistema fondamentale – Dati iniziali
Si è precedentemente osservato che il sistema fondamentale per una rete di l lati consta di
l equazioni topologiche (sempre algebriche) e di l equazioni caratteristiche di cui n=nL+nC
equazioni differenziali relative a nL ed nc induttori e condensatori indipendenti.
Si esaminino anche altri elementi notevoli quali i doppi bipoli dinamici.
Riprendendo quanto già detto in precedenza, il sistema fondamentale per una rete di l lati
consta di l equazioni topologiche (sempre algebriche) e di l equazioni caratteristiche di cui
n=nL+nC+nM* +2nM equazioni differenziali relative a nL ed nc induttori e condensatori
indipendenti, nonché a nM* doppi bipoli ad accoppiamento magnetico perfetto ed a nM
doppi bipoli ad accoppiamento magnetico non perfetto.
Nel caso di sistema lineare a coefficienti costanti, la soluzione è nota a meno di n costanti
arbitrarie, che andranno valutate in base al teorema di unicità di Cauchy, cioè in base alla
determinazione del valore della funzione e delle sue (n-1) derivate.
Considerato lo zero come istante di riferimento, considerato un intervallo infinitesimo (0ε,0+ε) nell’intorno dello zero si indicherà con f(0-) ed f(0+) il limite sinistro e destro, per
ε→0, della funzione f(t) nel punto zero.
III.15.2 Condizioni iniziali -Determinazione delle costanti arbitrarie
Per ricavare le condizioni iniziali della funzione (in genere non si tratta di una funzione a
memoria) si considera la scrittura (foto) del sistema all’istante 0+.
In tale istante sono incognite quasi tutti i valori tranne quelli delle n funzioni di stato, note
dallo 0-.Inoltre sono incogniti i valori allo 0+ delle n derivate che compaiono nelle
caratteristiche dinamiche. In definitiva si hanno n equazioni ai valori (algebrici) delle (l-n)
grandezze e delle n derivate allo 0+. Il sistema è determinato e quindi si è in grado di
conoscere allo 0+:
- i valori delle n grandezze di stato;
- i valori delle l-n grandezze non di stato
- i valori delle n derivate prime delle grandezze di stato.
Se occorre conoscere le derivate prime delle grandezze non di stato o le derivate seconde
delle grandezze di stato, basta considerare il sistema di 2l equazioni ottenuto derivando
una ad una le equazioni del sistema fondamentale.
In questo sistema derivato, letto allo 0+, si conoscono le derivate delle grandezze di stato
dal ragionamento precedente e quindi si può conoscere allo 0+:
- i valori delle derivate delle l-n grandezze non di stato
- i valori delle n derivate seconde delle grandezze di stato.
III-52
Tale ragionamento può essere ripetuto fino a conoscere il valore iniziale della derivata di
ordine (n-1).
La suddetta formulazione può essere espressa direttamente in forma “circuitale”. Lo
schema elettrico corrisponde infatti al sistema fondamentale e può essere letto in ogni
istante, in particolare allo 0+.
La “foto” del sistema allo 0+ vede quindi i valori delle funzioni note (in genere i
generatori) valutate allo 0+ ed i valori delle grandezze di stato note in quanto continue
dallo 0-.
Per il principio di sostituzione, si possono quindi inserire al posto dei condensatori
generatori di tensione v(0-), al posto degli induttori, generatori di corrente.
La rete in tal modo diventa “resistiva” e ad essa possono essere applicate tutte le proprietà
delle reti lineari. Possono essere quindi ricavate tutte le grandezze della rete allo (0+).
Restano altresì determinate i valori iniziali delle derivate prime delle grandezze di stato.
Al sistema fondamentale “derivato” corrisponde lo schema “derivato” con gli stessi bipoli
(generatori e resistori), con tensioni e correnti “derivate”; i valori delle derivate per i
generatori sono noti dal primo sistema. Possono quindi essere ricavate le altre grandezze
derivate.
Si procede in tal modo qualunque sia l’ordine del sistema.
III.15.3 Reti di ordine superiore - Determinazione delle frequenze naturali e
dell’integrale particolare
Il principio di sostituzione ci permette di “truccare” la foto del sistema non solo allo 0+
(per la determinazione delle costanti arbitrarie), ma in qualsiasi istante t, sostituendo ai
condensatori un generatore di tensione vc(t) e agli induttori un generatore di corrente iL(t).
La rete diventa in questo modo resistiva e possono essere facilmente valutate, con gli
ordinari metodi:
c) le intensità di corrente ic(t) nei condensatori;
d) le tensioni vL(t) sugli induttori.
Queste grandezze risulteranno quindi in relazione algebrica con le grandezze dei
“generatori”, in particolare con le vc(t) e le iL(t); le relazioni differenziali potranno essere
quindi organizzate come segue:
dvc

ic (t )  C dt  a1vc (t )  a 2 i L (t )  a3 x g (t ) ( )

di
v L (t )  L L  b1vc (t )  b2 i L (t )  b3 x g (t )
( )
dt

dove sono indicate le costanti di proporzionalità dei singoli contributi dovuti ai generatori
noti [indicati genericamente con xg(t)] e ai generatori fittizi corrispondenti ai condensatori
ed agli induttori. Da notare che dalle relazioni del tipo (α) si possono esprimere le correnti
negli induttori in funzione delle tensioni sui condensatori e della loro derivata prima:
III-53
dv


 a1vc (t )  C c  a3 x g (t ) 
dt


La sostituzione, nelle equazioni del tipo (β) di una relazione di questo tipo e della sua
derivata
dx g 
d 2 vc
di L
1  dvc


  a1
 C 2  a3
dt
a 2  dt
dt 
dt
i L (t ) 
1
a2
porta ad equazioni differenziali nelle sole vc ;in un circuito con una sola L ed una sola C,
ad una equazione del secondo ordine in vc
dx g 
 dvc
d 2 vc
dv
1 

 a1
  b1vc (t )  b2
 C 2  a3
 a1vc (t )  C c  a3 x g (t )   b3 x g (t )
dt 
a2 
dt
dt

 dt
a b  b2 a3 
d 2 vc La1  b2 C  dvc a 2 b1  b2 a1 
La dx g


vc (t )  2 3
x g (t )  3
2
LC
dt
LC
LC
LC dt
dt
1
L
a2
L’integrale particolare, nella vc, può essere valutato a partire dal secondo membro di
quest’ultima equazione, con gli ordinari metodi dell’Analisi matematica; si ricorda che, nel
caso di regime stazionario o sinusoidale, tale integrale può essere valutato per vie più
brevi (es. con il metodo simbolico).
Per quanto riguarda le frequenze naturali, esse possono essere ricavate dalla equazione
algebrica associata all’omogenea delle (α)-(β), ossia
 dvc
C dt  a1vc (t )  a 2 i L (t )  0
 di
 L L  b1vc (t )  b2 i L (t )  0
 dt
A 
C  a1
 b1
( ' )
( ' )
 a2
L  b2
A  CL2  ( La1  Cb2 )  a1b2  b1a 2   0
a b  b a 
( La1  Cb2 )
 ( La1  Cb2 ) 

 
  1 2 1 2
2 LC
2 LC
LC


2
1,2
N.B. Occorre ricordare che, nei circuiti dissipativi, tali radici devono risultare negative o a
parte reale negativa.
I coefficienti della matrice A possono essere ricavate per via “circuitale”. Infatti nella
rete “fotografata” all’istante t generico si può sostituire al condensatore un generatore di
tensione ed all’induttore un generatore di corrente; una volta spenti i generatori “veri”
(equazioni “omogenee”), si ha
III-54

ic
i
; a2  C c
a1 
vc i ( t ) 0
i L v (t ) 0

C
L


v
v
; b2  C L
b1  L
vc i (t ) 0
i L v (t )0

C
L

I coefficienti suddetti possono essere considerati parametri ibridi, facilmente calcolabili
(sulla rete “resistiva associata”):
a1 è la conduttanza a vuoto (induttore sostituito da un “aperto”) vista ai morsetti del
condensatore
b1 è la resistenza di cortocircuito (condensatore sostituito da un “corto circuito”) vista ai
morsetti dell’induttore;
a2 è un fattore di partizione (di cortocircuito) della intensità di corrente nel condensatore
rispetto all’intensità di corrente nell’induttore;
b2 è un fattore di partizione di tensione (a vuoto) della tensione condensatore rispetto alla
tensione sull’induttore.
In generale, in presenza di nc condensatori indipendenti e di nL induttori indipendenti, le
(α’)-(β’) e la matrice A potranno essere così riscritte
nL

dvck nc
C

a
v
(
t
)

a k ,L j iLj ( t )  0


k ,ci ci
 k dt

i 1
j 1

nc
nL
 Lk diLk   bk ,c vci ( t )   bk ,L iLj ( t )  0
i
j

dt
i 1
j 1
C   a 
1
A 
1,c1
 a 2 ,c1
....
 a nc ,c1
 b1,c1
....
 bnL ,c1
 a1,c2
C2   a 2 ,c2
....
 a nc ,c2
 b1,c2

....
 bnL ,c2

....
....
....
....
....
....
....
k  1......nc
( " )
k  1......n L
 a1,cnc
 a 2 ,cn
c
....
Cnc   a nc ,cn
c
 b1,cn

c
....
 bnL ,cn
c

( " )
 a1,L1
 a 2 ,L1
....
 a nc ,L1
L1  b1,L1

....
 bnL ,L1

....
....
....
....
....
 a1,LnL
 a 2 ,Ln
L
....
 a nc ,Ln
L
 b1,Ln
....
....
....
LnL   bnL ,Ln
.
L

L

Il numero di righe e di colonne di questa matrice è pari al numero degli induttori e dei
condensatori indipendenti. I coefficienti corrispondono a parametri ibridi quali quelli
prima elencati.
Le frequenze naturali sono gli autovalori di questa matrice.
III.15.4 Risposte canoniche delle reti lineari
L’esame di una grandezza di risposta y(t) (tensione o intensità di corrente in un ramo) ad
una grandezza di ingresso o forzamento x(t) (es. generatore di tensione o di corrente) può
essere condotta su una rete che abbia le seguenti proprietà:
III-55
d) sia tempo-invariante, ossia non si verificano variazioni nella topologia della rete o
nel valore dei parametri caratteristici [ se la rete è tempo-variante, occorrerà
restringere l’esame della dinamica in ogni intervallo in cui la rete sia tempoinvariante ];
e) sia lineare, ossia costituita da bipoli la cui caratteristica risponda a requisiti di
linearità; se una rete è costituita da bipoli fondamentali resistori, induttori
(inizialmente scarichi) e condensatori (inizialmente scarichi), la rete è lineare;
f) sia passiva, ossia vi sia solo un generatore (ingresso); se vi sono più generatori (più
ingressi), la risposta potrà valutarsi dalla somma dei contributi legati ai singoli
ingressi, se la rete è lineare.
Nei casi suddetti la risposta prende il nome di evoluzione forzata: essa dipenderà dalla
topologia della rete e dal forzamento. Se vi sono più forzamenti, l’evoluzione forzata sarà
pari alla somma dei contributi dei singoli forzamenti.
Nel caso di reti non a riposo nell’istante iniziale di osservazione della dinamica e
sottoposte a forzamento nullo, la risposta prende il nome di evoluzione libera.
Se la rete non è a riposo, essa non è lineare; infatti, nella caratteristica tensione-corrente dei
bipoli a memoria C ed L (convenzione dell’utilizzatore)
t1
dvc
(*)
ic  C
 vc t1    ic dt  vc t o 
dt
t0
t
vL  L
1
di L
 i L t1    v L dt  i L t o 
dt
t0
(**)
occorre precisare il “valore iniziale” della variabile di stato; le relazioni suddette sono
lineari solo se tale valore è nullo.
Se la rete non è a riposo e il forzamento è nullo, si potrà tuttavia considerare, ai fini del
calcolo della evoluzione libera per t>0, la rete a riposo allo 0-, inserendo in parallelo ai
condensatori [scarichi] un generatore impulsivo di corrente di valore Q o=C Vo pari alla
carica sulle armature del condensatore per t=0 ed in serie agli induttori [scarichi] un
generatore impulsivo di tensione di valore pari al flusso iniziale ossia LIo. Tale generatore
fittizio, nullo per t<0 e per t>0, ricostruirà allo 0+ le condizioni di carica del bipolo. E’
possibile dimostrare, utilizzando le equazioni del sistema fondamentale e valutazioni
basate sul bilanciamento degli impulsi, che il generatore impulsivo di corrente [di
tensione] caricherà il solo condensatore indipendente in parallelo [induttore indipendente
in serie] e nessun altro bipolo a memoria nella rete.
In generale, quindi, se la rete non è a riposo si potrà considerare, ai soli fini della risposta
per t>0, la rete a riposo per t<0 ed aggiungere ai forzamenti ordinari tanti generatori impulsivi
fittizi quanti sono gli elementi a memoria carichi.
I contributi dei generatori impulsivi ricostruiranno l’evoluzione libera, mentre i contributi dei
forzamenti formeranno l’evoluzione forzata.
III-56
Si avrà quindi in generale che la risposta è pari alla somma dell’evoluzione libera e
dell’evoluzione forzata.
Nella caratterizzazione dinamica delle reti assumono un ruolo fondamentale sia le
soluzioni della equazione algebrica associata all’omogenea (esprimibili come frequenze
naturali k o attraverso le costanti di tempo k =-1/k, reali o complesse coniugate) sia
l’integrale particolare. Poiché le soluzioni k sono negative o a parte reale negativa nei circuiti
reali (dissipativi), l’integrale particolare può essere costituito, se individuabile, dalla
soluzione secolare (a tempo infinito) ossia dalla soluzione a regime (es. stazionario,
sinusoidale, periodico, etc). Nel caso di forzamento polinomiale, esponenziale o cisoidale
(ossia costituito da una combinazione di funzioni esponenziali, trigonometriche ed
iperboliche), la soluzione secolare sarà del tipo polinomiale, esponenziale o cisoidale; il
principio di identità applicato al sistema differenziale ci permette di valutare completamente
l’integrale particolare e quindi l’integrale completo.
Laddove il forzamento non fosse del tipo suddetto o addirittura non esprimibile
analiticamente (si pensi ad esempio ad una tensione indotta da un fulmine o, più
semplicemente, al segnale derivante da un microfono), l’evoluzione delle grandezze nella
rete potrà essere ricondotta a delle risposte “canoniche” ossia a forzamenti tipo
(“standard”).
Forzamenti-tipo fondamentali sono la sollecitazione “a gradino” e la sollecitazione “ad
impulso”. La prima sembra più “accessibile” anche dal punto di vista sperimentale, la
seconda si presenta più adatta ad una formulazione analitica compatta. Rientrano nelle
sollecitazioni-tipo gli impulsi di ogni ordine, ricavabili per derivazione successiva della
funzione a gradino, nel senso delle distribuzioni.
III.15.5 La funzione a gradino
Per una utile presentazione della funzione a gradino (che ci permetterà di interpretare
meglio la funzione impulsiva), si consideri una funzione continua e generalmente
derivabile del tipo
 0 per t  (t 0  )

U
 1
1
U  (t  t 0 )
(t  t 0 ) per (t 0  )  t  (t 0  )
2


 1 per t  (t 0  )

 t0 
t
Si definisce funzione a gradino di valore unitario applicato nel punto t0 la funzione
 0 per t  (t 0  )

U (t  t 0 )
 lim 0 U  (t  t 0 )
  1 per t  (t  )
0

La funzione a gradino risulta discontinua nel punto di applicazione26.
26
Si è soliti assegnare alla funzione a gradino nel punto di discontinuità il valore 0,5, desunto dalla U Δ.
III-57
III.15.6 La funzione impulsiva
Si consideri la funzione
 0 per t  (t 0  )

 1
P (t  t 0 )
per (t 0  )  t  (t 0  )
 2
 0 per t  (t 0  )

P
1/(2
)
 t0 
t
Tale funzione può essere considerata la derivata dalla funzione U.
Una proprietà notevole della funzione suddetta è la seguente

 P (t  t


0
)dt 
t0  
 P (t  t

0
)dt 1
t0  
Al tendere a zero di , il valore di P tende ad infinito, mentre l’integrale resta unitario.
La funzione impulsiva unitaria del 1° ordine (impulso di Dirac nell’istante t0) viene definita nel
modo seguente:
 0 per t  t 0

b
1 se t 0  (a, b)
 (t  t 0 ) 
 (t  t 0 )dt  


 0 se t 0 (a, b)
a
Nell’ambito della teoria delle distribuzioni, la funzione impulsiva può essere considerata
la derivata della funzione a gradino.
La funzione P può essere considerata come la differenza tra due funzioni a gradino, uno
di valore 1/2 applicato in t0- e l’altro di valore -1/2 applicato in t0+. Si può quindi
pensare di reiterare il procedimento precedente ed arrivare alla definizione di impulso del
2° ordine (doppietto, costituito da due impulsi del primo ordine “contigui” e di segno
opposto, di valore illimitato) ed alla definizione degli impulsi di ordine superiore.
III.15.7 Campionamento di una funzione
Si consideri una funzione f(t) generalmente continua e derivabile. Volendo descrivere
tale funzione in un intervallo (0,t1) si può immaginare di suddividere l’intervallo in N
sottointervalli di ampiezza = t1/N e di considerare la funzione f*(t) (di tipo “a
scaletta) di valore costante nei sottointervalli e pari al valore della funzione f(t)
nell’estremo sinistro.
f(t)
f*(t)
1
k

k+
1
t1
III-58
La funzione f*(t) si “compone” con funzioni “finestra” del tipo P(t-k), ma di
ampiezza pari al valore che la funzione f(t) ha nell’estremo sinistro del
sottointervallo:
N
f * (t )   f ( k )  P (t   k )  
k 1
Per N, 0 e f*(t)f(t). Pertanto si può concludere che la funzione f(t) può
essere descritta, nell’intervallo suddetto, attraverso infiniti “campioni” f() “filtrati”
da impulsi di Dirac (27):
t1
f (t )   f ( )   t   dt
0
III.15.8 Risposta forzata (integrale di convoluzione)
Considerata una rete lineare passiva, tempo-invariante, a riposo all'istante to,
sollecitata dal forzamento f(t) (in tensione o corrente), la risposta (tensione o corrente
di lato) yf(t) (evoluzione forzata) può quindi essere espressa, per ogni istante t>to, dalla
sovrapposizione “contemporanea” dei contributi dovuti ai termini componenti la f(t) e
quindi dall'integrale di convoluzione
t
y f (t ) 
 f ( )  ht   d
t 0
dove h(t-) è la risposta ad un forzamento impulsivo unitario centrato nell'istante
generico  (to<<t)28.
Se la rete non è a riposo, essa può essere ricondotta ad una rete a riposo
considerando degli opportuni “forzamenti impulsivi” per la ricostruzione delle variabili di
stato. La risposta a questi forzamenti fittizi (a forzamento f(t)=0) rappresenta l’evoluzione
libera per cui, per una rete non a riposo, la risposta y(t) è la somma dell’evoluzione libera e
dell’evoluzione forzata:
y(t )  y f (t )  ylibera (t ) .
L’uso della funzione impulsiva permette quindi:
a) di introdurre propedeuticamente generatori fittizi (impulsivi) per ricostruire “in un
attimo” lo stato di non-riposo di una rete; se si ha interesse a conoscere l’evoluzione delle
grandezze per t>0, basterà inserire in parallelo ad un condensatore C (nella realtà carico ad
In realtà in questa presentazione non viene considerato il campione nello zero [nell’estremo destro t 1]. Per tener conto
di tale campione, occorre considerare inizialmente non il valore nell’estremo sinistro ma al centro del sottointervallo e
considerando di estendere “temporaneamente” l’intervallo (0, t1) di /2 a sinistra dello zero e a destra di t1.
27
L’espressione del campionamento diventa f (t ) 
t1 
 f ( )   t   dt .
0
28
poiché vale il principio di causalità (ossia la risposta non può dipendere dal forzamento futuro), h(t-) è nulla per t>t1 e

l'integrale di convoluzione può essere riscritto come
y f (t ) 
 f ( )  ht   d

III-59
una tensione Vo all’istante t=0, ma che si suppone scarico per t<0) un generatore di
corrente
i (t )  CVo (t ) 29
ovvero basterà inserire in serie ad un induttore L (nella realtà carico ad una intensità di
corrente Io all’istante t=0, ma che si suppone scarico per t<0) un generatore di tensione
e (t )  LI o (t ) 30
b) di determinare la risposta impulsiva h(t) ad un generico forzamento f(t) applicato ad una
rete a riposo, tramite l’integrale di convoluzione.
Si vuole nel seguito riportare alcune considerazioni generali sulla h(t), che possono essere
di aiuto nelle applicazioni per la determinazione della stessa.
Seguiranno alcuni esercizi per la valutazione della risposta impulsiva basati
essenzialmente sulla osservazione che, nel sistema fondamentale, devono essere bilanciati
gli impulsi di tensione e corrente ( ossia non è possibile che in un’equazione compaia un
solo termine impulsivo); basteranno semplici considerazioni per distinguere le grandezze
impulsive da quelle non impulsive e per valutare eventuali discontinuità delle grandezze
di stato.
In tal modo al condensatore viene trasferita, nell’intervallo (0-,0+) una carica Qo=CVo; tale operazione (si
ripete,fittizia) è indipendente dalla presenza del resto della rete, come si potrà anche verificare dagli esercizi
esposti nell’ultimo paragrafo di questa nota. Si sottolinea comunque che in questa “simulazione” si perde
tutta l’informazione sull’evoluzione reale delle grandezze fino allo 0- (si consideri la rete perfettamente a
riposo) ed anche nell’intervallo infinitesimo (0-,0+), in cui le grandezze di stato raggiungono i valori effettivi.
30 In tal modo nelll’induttore
viene creato , nell’intervallo (0-,0+) un flusso concatenato Φ=LIo; tale
operazione (si ripete,fittizia) è indipendente dalla presenza del resto della rete, come si potrà anche verificare
dagli esercizi rsposti nell’ultimo paragrafo di questa nota.
29
III-60
III.15.9 La risposta impulsiva di reti di ordine zero
Si consideri una rete costituita da soli resistori31. Essa è di ordine zero (nel sistema
fondamentale non vi sono relazioni differenziali).
E' immediato riconoscere che per un forzamento impulsivo f(t)=(t) unitario, ogni
risposta h(t) è impulsiva (fig.III.15.9.1); è da sottolineare che h(t)=0 per t>0, essendo la
rete senza memoria.
f(t)= (t)
y(t)=h(t)=k  (t)
h
fig.III.15.9.1
Quindi la risposta forzata generica è la "copia modificata" attraverso il fattore di
riporto kh (dimensionale o adimensionale a seconda dei casi) (fig.III.15.9.2)
y(t)= =k f(t)
f(t)
h
fig.III.15.9.2
t

yf (t)   f ( )   t   d  k h f(t )
t0
31
ed altri bipoli, n-poli o n-bipoli di ordine zero quali il trasformatore ideale.
III-61
III.15.10 La risposta impulsiva di reti del primo ordine
Si considerano i due casi rilevanti:
a) un solo bipolo condensatore di capacità C (fig.III.15.10.1a);
b) un solo bipolo induttore di induttanza L (fig.III.15.10.1b)(32);
fig.III.15.10.1
Nel caso a) si può affermare, salvo le eccezioni di cui appresso, che l'impulso in ingresso
carica il condensatore. Infatti la rete a monte dei morsetti AB è resistiva e ad essa si può
sostituire il bipolo equivalente di Norton (fig. III.15.10.2a); l'intensità di corrente del
generatore equivalente di Norton e la tensione che si ritrova immediatamente ai capi del
condensatore valgono rispettivamente
k ABN
C
iABcc(t)= kABN (t)
dove kABN è il dovuto fattore di riporto sul lato AB; quindi, considerando l'intervallo di
v AB  0  
tempo (0-,+)
t
t


k
k
CR
v AB t   ABN  e eq  ABN  e c
C
C


v t 
k
k
CR
i AB t   k ABN  t   AB  k ABN  t   ABN  e eq  k ABN  t   ABN  e c
R eq
CR eq
c
t
t
32
Il caso del mutuo induttore ad accoppiamento perfetto si riconduce immediatamente al caso del singolo
induttore:
III-62
fig. III.15.10.2
Avendo completato l'esame delle grandezze nel ramo AB, si consideri la generica risposta
h(t); essa conterrà in genere un termine impulsivo ed un termine smorzato (fig.
III.15.10.3a):
ht   k h  t   h0 e

t
c
 k h  t   k c v AB 0   e

t
c
t

k k
 k h  t   c ABN  e c
C
Il termine impulsivo contiene il dovuto fattore di riporto k h; esso sarà nullo se la risposta è
la tensione sul condensatore ovvero qualsiasi grandezza della rete che si può immaginare
"in parallelo" al condensatore (come tensione e correnti della resistenza equivalente del
bipolo equivalente di Norton); negli altri casi tale fattore si determina in una rete di ordine
zero, ottenuta sostituendo al condensatore un corto circuito (33). Il fattore kc si ottiene
invece considerando il “riporto” della tensione sul condensatore alla grandezza di uscita
prescelta (anche in questo caso il calcolo del riporto viene effettuato su una rete di ordine
zero, in cui tra l’altro il forzamento, valutato dallo 0+, è nullo per definizione)(34). Il fattore
kABN dipende invece dalla posizione del condensatore rispetto al forzamento.
L
C
δ(t
)
h t   k h t   k c v AB 0    e

t
c
δ(t
)
a
h t   k h  t   k L i AB 0    e

t
L
b
fig. III.15.10.3
Le tensioni e correnti della porzione di rete N" nella fig.III.15.10.4a certamente non
contengono termini impulsivi, mentre le grandezze della porzione N' sono genericamente
interessati da termini impulsivi. Una più profonda analisi topologica è necessaria per
meglio determinare il comportamento della porzione N'.
33
La sostituzione con un cortocircuito è legittimata dal fatto che la tensione sul condensatore è comunque
limitata e quindi “trascurabile” rispetto alle altre tensioni impulsive presenti nella rete.
34 In altri termini, la tensione sul condensatore è la sola tensione nota, da “ripartire”.
III-63
A
N'
f(t)= (t)
N"
N'
B
L
B
N"
f(t)= (t)
C
risposte impulsive
A
risposte non impulsive
risposte impulsive
risposte non impulsive
b)
a)
fig.III.15.10.4
E' tuttavia da sottolineare che vi sono casi banali e "patologici":
- se la corrente di cortocircuito iABcc(t) è nulla (perchè la tensione a vuoto ai morsetti AB è
nulla: ad es. parallelo con un cortocircuito o condensatore inserito sulla diagonale di un
ponte di Weathstone bilanciato), la rete è di ordine zero e senza memoria ( il condensatore
non si carica);
- se lo stesso condensatore è alimentato con un generatore di tensione impulsivo, il
condensatore si carica ad una tensione impulsiva, la corrente nel condensatore è
un'impulso del secondo ordine, le grandezze nella rete sono impulsive come in una rete di
ordine zero e la rete non ha memoria.
Trattasi, come si vede, di casi marginali.
In presenza di un induttore (caso b), l'impulso in ingresso carica l'induttore. Infatti la rete a
monte dei morsetti AB è resistiva e ad essa si può sostituire il bipolo equivalente di
Thévénin (fig.III.15.10.1); la tensione del generatore equivalente di Thévénin e la intensità
della corrente che si ritrova immediatamente nell'induttore valgono rispettivamente
voAB(t)= kABT (t)
iAB(0+)= kABT /L
dove kABT è il dovuto fattore di riporto sul lato AB; quindi, considerando l'intervallo di
tempo (0-,+)

k
i AB t   ABT  e
L
tReq
L
t

k
 ABT  e  L
L
v AB t   k ABT t   R eq i AB t   k ABT t  
k ABT R eq
L
e

tReq
L
 k ABT t  
k ABT
L
e

t
L
Avendo completato l'esame delle grandezze nel ramo AB, si consideri la generica risposta
h(t); essa conterrà in genere un termine impulsivo ed un termine smorzato :

t

t
t

k k
ht   k h  t   h0 e
 k h  t   k L i AB 0   e
 k h  t   L ABT  e  L
L
il termine impulsivo contiene il dovuto fattore di riporto kh; esso sarà nullo se la risposta è
la tensione sul condensatore ovvero qualsiasi grandezza della rete che si può immaginare
"in serie" dall'induttore (come la resistenza equivalente del bipolo equivalente di
L
L
III-64
Thévénin); negli altri casi tale fattore si determina in una rete i ordine zero, ottenuta
sostituendo all’induttore un circuito aperto. Il fattore k L si ottiene invece considerando il
“riporto” corrente dell’induttore alla grandezza di uscita prescelta (anche in questo caso il
calcolo del riporto viene effettuato su una rete di ordine zero, in cui tra l’altro il
forzamento, valutato dallo 0+, è nullo per definizione). Il fattore kABT dipende invece dalla
posizione dell’induttore rispetto al forzamento.
Le tensioni e correnti della porzione di rete N" nella fig. fig.III.15.10.4b certamente non
contengono termini impulsivi, mentre le grandezze della porzione N' sono genericamente
interessati da termini impulsivi. Una più profonda analisi topologica sarebbe necessaria
per migliorare l'analisi del comportamento della porzione N'.
E' tuttavia da sottolineare che anche qui vi sono casi banali e "patologici":
- se la tensione a vuoto è nulla (perché la corrente di cortocircuito nel ramo AB è nulla: ad
es. serie con un circuito aperto o induttore inserito sulla diagonale di un ponte bilanciato),
la rete è di ordine zero e senza memoria ( l'induttore non si carica);
- se lo stesso induttore è alimentato con un generatore di corrente impulsivo, esso si carica
ad una corrente impulsiva, la tensione sull'induttore è un impulso del secondo ordine, le
grandezze nella rete sono impulsive come in una rete di ordine zero e la rete non ha
memoria.
III.15.11 La risposta impulsiva di reti di ordine superiore
Per le reti del secondo ordine si possono considerare i seguenti casi fondamentali:
a) reti con due condensatori C1 e C2;
b) reti con due induttori L1 ed L2;
c) reti resistive con un accoppiamento magnetico non perfetto M;
d) reti con un induttore ed un condensatore.
Nei primi due casi non si considereranno i casi di bipoli in serie o parallelo, in quanto si
rientrerebbe in problemi del primo ordine.
Nel caso a) si consideri il caso fondamentale di forzamento impulsivo di corrente Q o(t) su
C1 (fig.III.15.11.1). In tal caso C1 si carica istantaneamente alla tensione di valore Qo/C1,
mentre C2 non si carica in quanto le correnti nella rete N” non possono essere impulsive.
La tensione su C2 resta quindi continua. La suddetta osservazione vale anche per il caso
del tipo d) descritto dalla fig.III.15.11.2; in questo vaso infatti, non potendo essere
impulsive neanche le tensioni in N”, non si può dar luogo ad una brusca variazione della
corrente nell’induttore, che resta quindi continua.
Nel caso b) si consideri il caso fondamentale di forzamento impulsivo in tensione o(t)
su L1 (fig.III.15.11.3). In tal caso L1 si carica istantaneamente alla corrente di valore o/L1,
mentre L2 non può caricarsi istantaneamente in quanto tutte le tensioni in N” sono
limitate. La corrente in L2 resta quindi continua. La suddetta osservazione vale anche per il
caso del tipo d) descritto dalla fig.III.15.11.4; in questo vaso infatti, non potendo essere
impulsive neanche correnti in N”, non si può dar luogo ad una brusca variazione della
tensione sul condensatore, che resta quindi continua.
III-65
In generale, nei casi di tipo a) [di tipo b)] occorrerà considerare se le correnti [le tensioni]
nei condensatori [sugli induttori] prodotti dai generatori impulsivi di tensione e di
corrente siano o meno impulsive. Per avere questa informazione, ricordando che le
grandezze di stato – escluso i casi patologici – possono avere nello zero al più un salto
limitato e quindi trascurabile rispetto all’impulso, basterà considerare al posto dei
condensatore [degli induttori] un generatore di tensione [di corrente] di valore trascurabile
e valutare in una rete “praticamente” resistiva la distribuzione delle correnti [delle
tensioni] relativi ai rami dove sono ubicati i suddetti generatori di valore trascurabile. Se le
correnti [le tensioni] risulteranno impulsive di valore A k, si avranno dei corrispondenti
salti di tensione [di intensità di corrente] pari a Ak/Ck [Ak/Lk]. Tali considerazioni possono
essere estese anche a casi più complessi. Ad esempio, in fig.III.15.11.5A (in fig.III.15.11.5B è
disegnata la rete resistiva associata) l’induttore L1 si carica al valore
 R2  R3
i L1 (0) 
,
L1 R1  R2  R3
il condensatore C1 al valore
1

,
vC1 (0) 
C1 R1  R2  R3
l’induttore L2 al valore
R2

i L2 (0) 
,
L1 R1  R2  R3
mentre il condensatore C2 non si carica nello zero perchè interessato da corrente di
intensità limitata.
I casi del tipo c) rientrano nei casi di due induttori, potendo per un accoppiamento mutuo
non perfetto considerare una rete equivalente contenente un trasformatore ideale (senza
memoria) e quattro induttanze fittizie L’1,L”1,L’2,L”2 (L1=L’1+L”1; L2=L’2+L”2) di cui una (L’1
o L’2) può essere scelta arbitrariamente mentre L”1 ed L”2 danno luogo ad una
accoppiamento perfetto (ossia ad una sottorete del primo ordine).
Si può controllare che i casi a),b),c) danno luogo a frequenze naturali (o a costanti di
tempo) reali e distinte.
Le considerazioni sopra esposte possono essere facilmente estese a reti di ordine superiore
contenenti:
a’) un numero qualsiasi di condensatori;
b’) un numero qualsiasi di induttori;
c’) un numero qualsiasi di mutui accoppiamenti ed induttori;
d’) un numero qualsiasi di condensatori, induttori e mutui accoppiamenti.
In particolare, si può notare che la configurazione di fig.3.6 “protegge” la rete N” da
impulsi di tensione, la rete di fig.3.7 protegge la rete N” da impulsi di corrente.
Considerando gli impulsi come “disturbi”, le due figure presentano un primo esempio di
“filtri”. Ovviamente il filtro va opportunamente dimensionato.
III-66
i=Q0δ(
t)
N”
C1
C2
fig.III.15.11.1
i=Q0δ(t)
fig.III.15.11.2
N”
C1
L
N”
fig.III.15.11.3
L1
v=Φδ(t)
fig.III.15.11.4
L2
N”
L1
v=Φδ(t)
C2
III-67
A)
R1
+ Φδ(t)
C1
L1
L2
R2
R3
C2
fig.III.15.11.5
B)
+ Φδ(t)
R1
C1
L1
L2
R2
R3
C2
N”
L
C
fig.III.15.11.6
v=Φδ(t)
i=Q0δ(t)
N”
fig.III.15.11.7
L
C
III-68
III.15.12 Conclusioni dello studio nel dominio del tempo
La metodologia tipica di valutazione della risposta impulsiva può essere parallelamente
riportata sia per la risposta al gradino (dove potranno essere rapidamente distinte le
grandezze discontinue da quelle continue –non solo di stato-), sia per la risposta a
sollecitazioni impulsive di ordine superiore.
La convenienza di approfondire il caso degli impulsi del primo ordine sta sia nel
considerare tali sollecitazioni di ampio interesse applicativo (basti pensare ai disturbi
transitori veloci introdotti nei circuiti elettrici -tali disturbi sono ovviamente intesi quali
ingressi indesiderati-), oppure, di converso, ai segnali digitali, che sono ingressi voluti di
breve durata e che si vuole siano riportati nella rete quali grandezze di notevole intensità
rispetto ai “rumori” di varia origine).
L’ulteriore convenienza dell’impiego delle funzioni impulsive risiede nella semplicità
delle trasformate integrali lineari quali quella £ di Laplace in cui risulta

£ (t )  F ( s)    (t )e  st dt  1
0
L’applicazione di trasformate di tale tipo al sistema fondamentale di una rete lineare lo
rende algebrico; con le debite attenzioni, si possono quindi definire in questo caso
(analogamente a quanto visto in regime sinusoidale) operatori quali impedenze ed
ammettenze e si potranno ancora applicare proprietà e teoremi fondamentali quali
sovrapposizione degli effetti ed equivalenze di bipoli attivi e passivi.
L’allievo informatico troverà nel seguito dei suoi studi la sistematica applicazione di
metodi operatoriali del tipo suddetto, che potranno avvalersi di numerosi e consolidati
algoritmi di calcolo automatico.
Ci è sembrato utile in questa sede – data anche la ristrettezza del tempo a disposizione –
insistere, per motivi di formazione, sull’analisi della risposta impulsiva nel dominio del
tempo, che consente una verifica diretta della sintesi personale dell’allievo sulla dinamica
delle reti lineari.
III.15.13 Uso della trasformata di Laplace
La trasformata di Laplace è un operatore lineare che fa corrispondere ad una funzione del
tempo f(t) – nulla per t<0 - una funzione di variabile complessa
F ( s)  £ f t  

 f (t ) e
 st
dt
0
s    j
Il valore minimo di α, se esiste, per cui l’integrale converge è detto ascissa di convergenza.
Valgono le seguenti relazioni fondamentali
III-69
£ c1 f1 t   c2 f 2 t   c1 F1 s   c2 F2 s 
 df 
£    s F( s )  f ( 0 )
 dt 
£  ( t )  1
£  ' ( t )  s


£  n  ( t )  s n
1
£ U ( t ) 
s
1
£ t   2
s
n!
£ t n  n 1
s
1
£ e s1t 
s  s1
 
 
 t n s1t 
1
£  e  
n 1
 n!
 s  s1 
 cos   ( s   ) sen
£ e t sen t    
s   2   2



£[ f ( t )* g( t )]  £[  f (  ) g ( t   ) d ]  F ( s ) G( s )
0
Le relazioni suddette sono particolarmente utili nell’analisi dei circuiti in regime dinamico
e possono costituire un utile riferimento – senza aggravio di calcoli - per
l’antitrasformazione.
E’ infatti facilmente controllabile che il sistema fondamentale di una rete lineare è £trasformabile se sono £-trasformabili le caratteristiche dei generatori.
Si può quindi considerare una rete simbolica alle £-trasformate; le relazioni tensionicorrenti sono quindi ricavabili dalla risoluzione di un sistema algebrico, in cui compare,
tra i coefficienti, l’operatore s.
Si potranno applicare il principio di sostituzione, i metodi semplificati ed in genere tutti i
teoremi basati sulla linearità quali sovrapposizione, generatore equivalente, ecc.
Il legame tra un forzamento d’ingresso x e una grandezza di interesse y (uscita) per una
rete tempo-invariante, a riposo per t<0, lineare ed alimentata da un solo generatore potrà
quindi essere da un operatore formale (funzione di trasferimento)
Y ( s)
H ( s) 
X ( s)
che, per quanto detto a proposito della convoluzione, risulta essere la trasformata della
risposta impulsiva.
La funzione di trasferimento risulta anche interpretabile quale operatore formale di
impedenza, ammettenza (o, in generale, immettenza), a seconda delle grandezze in esame.
L’ operatore di impedenza per un resistore vale R, quello per un induttore vale sL;
l’operatore di ammettenza per un condensatore vale sC.
III-70
Se la rete è a riposo per t<0, è pienamente soddisfatta la condizione sulla f(t) ai fini della £trasformazione. In tal caso la Y(s) risulta essere la trasformata dell’evoluzione forzata.
La funzione di trasferimento, data la linearità del sistema, risulta essere un rapporto di
polinomi in s, con grado del numeratore N(s) in genere inferiore al grado del
denominatore (35). L’antitrasformazione è immediata se si considerano le radici del
polinomio al denominatore (reali e distinte e/o complesse coniugate, con le loro
molteplicità) (36) .
In caso di rete non a riposo, la tensione del condensatore e l’intensità di corrente
nell’induttore, allo 0+, non potranno essere considerate nulle, quindi le relazioni
 dv 
£ic (t )  C £  c   I c ( s )  sCVc ( s)  Cvc (0)
 dt 
 di 
£v L (t )  L£  L   VL ( s)  sLI L ( s )  LiL (0)
 dt 
possono essere interpretate circuitalmente, rispettivamente, come un generatore di
corrente costante (rispetto a s) in parallelo ad un condensatore di ammettenza sC e come
un generatore di tensione costante (rispetto ad s) in serie ad un induttore di impedenza sL.
Nel dominio del tempo, questo modello corrisponde all’attivazione di corrispondenti
generatori impulsivi che istantaneamente caricano condensatori e induttori scarichi.
35
Per averne una idea, basta pensare alla regola di Kramer, per cui la risoluzione di un sistema lineare si
ottiene tramite il rapporto di due determinanti contenenti il parametro s; se i generatori “noti” sono regolari,
le loro trasformate abbassano il grado del numeratore rispetto a quello del denominatore. Se i generatori
sono impulsivi del primo ordine, la funzione di trasferimento può avere la forma
H ( s) 
N ( s)
( s)
( s)
 Q( s ) 
 As  B 
D( s )
D( s )
D( s )
dove nel quoziente Q(s) compare il termine B se la risposta impulsiva contiene un termine impulsivo di
valore B; il coefficiente A vale L nel caso di tensione (uscita) sull’induttore di induttanza L con ingresso
impulsivo unitario in corrente; il coefficiente A è pari a C nel caso di corrente (uscita) nel condensatore di
capacità C con ingresso in tensione impulsivo. In questi due casi si è in presenza di un impulso del secondo
ordine (doppietto); come detto, in questo caso il sistema non ha memoria. In tutti gli altri casi A vale zero.
Ovviamente resta un rapporto di polinomi in cui al numeratore c’è un resto.
m


36
N ( k ' )  ' t
 N ( s) 
N ( s)
t mr
£ 1 
 £ 1 

e   e  t  Br
 ......

m
m
2
2 m 
(m  r )!
k"
r 1
 D( s ) 
 ( s  s1 )    ( s  s r )    ( s  as  b )  k ' D' ( k ' )
k
1
k"
r
III-71
III.15.14 Esercizi sulla risposta impulsiva
a. Carica istantanea di un condensatore scarico C e di un induttore scarico L (37)
i
ik
ic
C
v
i(t)=CVoδ(t
)
Vk
L
e(t)=LIoδ(t)
VL
a)
b)
Nel caso a) l’impulso di corrente del generatore deve essere “bilanciato” da almeno un
altro termine nell’equazione al nodo A; la corrente ik nella rete non può essere impulsiva
(escluso i casi patologici di generatore di tensione ideale o di altro condensatore in
parallelo): in tal caso infatti se la rete fosse resistivo e/o induttiva, la tensione v sarebbe
impulsiva (del primo o secondo ordine) e quindi ic sarebbe di ordine superiore e non
bilanciabile nel nodo A. Quindi ik è trascurabile (nello zero) rispetto a i e ic ; la tensione v
sul condensatore diventa:
0
0
0
1
1
1
v(0)   ic dt   idt   CV0 (t )dt V0
C 0
C 0
C 0
Nel caso b) l’impulso di tensione del generatore deve essere “bilanciato” da almeno un
altro termine nell’equazione alla maglia; la tensione v k ai capi della rete non può essere
impulsiva (escluso i casi patologici di generatore di corrente ideale o di altro induttore in
serie): in tal caso, infatti, se la rete fosse resistiva e/o capacitiva, la corrente i sarebbe
impulsiva (del primo o secondo ordine) e quindi vL sarebbe di ordine superiore e non
bilanciabile nella maglia. Quindi vk è trascurabile (nello zero) rispetto a e e vL ; l’intensirà
di corrente nell’induttore diventa:
0
0
0
1
1
1
i(0)   v L dt   edt   LI 0 (t )dt I 0
L 0
L 0
L 0
2) Nei casi non riconducibili agli schemi a) e b) di cui sopra, occorre valutare caso per caso
il bilanciamento degli impulsi; nel caso di reti non elementari, potrà essere di notevole
aiuto la considerazione che le tensione sui condensatori è limitata e quindi, nell’ambito di
un bilancio di impulsi, il condensatore può essere considerato un … “quasi” cortocircuito;
inoltre l’intensità della corrente negli induttori, per la presenza di generatori impulsivi,
potrà al più avere un salto limitato e quindi l’induttore può essere considerato un “quasi37
Notare che, in relazione alle fissate grandezze di stato, sui generatori “impulsivi” va applicata la
convenzione del generatore.
III-72
aperto”. Se l’intensità della corrente nei “cortocircuiti” è impulsiva di valore Q, il
condensatore di capacità C si caricherà alla tensione Vo=Q/C; se la tensione ai capi degli
“aperti” è impulsiva di valore Φ, l’intensità di corrente nell’induttore di induttanza L avrà
un salto Φ/L.
b) Calcolare i1(t) – La rete è a riposo per t<0.
R
R1
e=Φδ(t)
R2
V1 C1
C2
i2
V2
i1
L’espressione generale della risposta è la seguente:
i1 (t )  A (t )  k1e 1t  k 2 e 2t
I valori di λ1 e di λ2 si ricavano dall’equazione caratteristica (38); i valori di k1 e k2 si
ricavano “fotografando” la rete allo 0+ e ricavando i valori in tale istante della intensità di
corrente i1(t) e della sua derivata. Per tale “fotografia” occorre conoscere gli effetti
dell’impulso, ossia quali elementi a memoria si sono caricati allo 0+.
Con riferimento a grandezze impulsive (nello zero), i due condensatori sono assimilabili a
“cortocircuiti” e quindi i due resistori risultano in parallelo; i1 è impulsiva e carica il
condensatore al valore
0
0
0
1
1
R2
 (t )
1
R2
1
R2
v1 (0) 
i
dt

dt

 (t )dt 
1


C1
C1
0
0
R1  R2 R  R1R2
R1  R2
C1
0
Analogamente si carica l’altro condensatore:
0
0
0
R1
1
1
 (t )
1
v 2 (0  ) 
38
C2
 i dt  C  R
2
0
1 0
Nel nostro caso 1, 2 
1
 R2
R
R1 R2
R1  R2
dt 
C2
 R  R1 C1  R  R2 C 2  
RR1  RR2  R1R2
C1 RR1  RR2  R1R2
R1
R1
1
 (t )dt 
C 2 RR1  RR2  R1 R2
1  RR2  R1 R2
 RR
0
R  R1 C1  R  R2 C 2 2  4C1C 2 RR1  RR2  R1 R2 
2C1C 2 RR1  RR 2  R1 R2 
III-73
La “foto” allo 0+ è la seguente
R
R1
R2
V1
V2
i1
i2
da cui


 V1
i1 (0)  k1  k 2  
RR2
 R1 
R
 R2

 

 

V
R

   v1 0  R  R 2   v 2 0  R 
2
 
RR1 R  R1 
(39)
RR1  RR2  R1 R 2
  R 2 

R  R1
 

 RR1 R 2 ( R  R 2 ) 
 R 2 R  R 2 
R1
1
1







C1 ( RR1  RR2  R1 R 2 ) 2 C 2 ( RR1  RR2  R1 R 2 ) 2 ( RR1  RR2  R1 R 2 ) 2  C 2
C1

Il circuito bloccato allo 0+ per il calcolo della seconda condizione iniziale è il seguente
R
R1
R2
V’1
V’
2
i’
1


 V '1
'
i1 (0)  1 k1   2 k 2  

RR 2
 R1 
R  R2

dove
39
Se
le
tre
resistenze
 

 

'
'
V2
R   v1 0  R  R2   v ' 2 0  R


 
RR1 R  R1 
RR1  RR 2  R1 R2
  R2 

R  R1
 

hanno
ugual
valore
R
e
le
due
capacità
ugual
valore
C,
si
ha
  R 2 2R 2 

1
1
 , con carica e scarica “simultanea” dei due
   2 ; 1  
i1 0    i2 0    4 

; 2  
; k1  0; k2   2 2
9R  C
C 
9R C
RC
3RC
9R C
condensatori, che (solo) in questo caso risultano sottoposti sempre alla stessa tensione e quindi possono considerarsi in
parallelo. Per il calcolo della costante di tempo τ2 basterebbe quindi considerare la capacità del “parallelo” pari a 2C e la
resistenza vista dal detto parallelo, pari a 3R/2. Si ritrova quindi   (2C )( 3 R)  3RC   1 . L’altra costante di tempo
2
2
2
comparirebbe esplicitamente (k1≠0) se i due condensatori, nelle stesse condizioni, non sono inizialmente caricati a
tensioni di valore uguale.
III-74
 RR1 R2 ( R  R2 ) 



C
C
1
 2

 RR 2 R1 ( R  R1 ) 
i (0 )



v 2' 0    2


2 
C2
C2
C 2 ( RR1  RR 2  R1 R2 )  C1

v1' 0   
i1 (0)


C1
C1 ( RR1  RR 2  R1 R2 ) 2
==========================================================
c) Calcolare le gradezze di stato allo 0+ – La rete è a riposo per t<0.
R
R1
R2
iL
e=Φδ(t)
V1 C1
vL
L
i1
La corrente nell’induttore è limitata, quindi quel ramo può considerarsi “aperto”. Il
condensatore si carica al valore
1
v1 (0) 
C1
0
1
0i1 dt  C1
0
 (t )
1

dt 
C1 R1  R2
1  R2
R
0
Tuttavia anche la tensione sull’”aperto” è impulsiva, a causa della corrente impulsiva su
R1; quindi l’induttore si carica al valore
0
0
0
1
1
1 R1 (t )
1 R1
i L (0)   v L dt   R1i1 dt  
dt 
L 0
L 0
L 0 R1  R2
L R1  R2
III-75
d) Il circuito RLM
Si consideri la dinamica di una rete contenente un doppio bipolo mutuo induttore (fig.
RLM1) con alimentazione in tensione. Quanto visto a suo tempo per tale doppio bipolo in
regime sinusoidale, utilizzando anche il doppio bipolo trasformatore ideale, può essere
facilmente esteso al dominio del tempo, ricordando che il trasformatore ideale è di tipo
adinamico (di ordine zero).
e(t)
+
L1, L2 ,M
R1
E
Ru
-E
E(t)
Fig. RLM1
Si ha infatti, nel caso di accoppiamento perfetto (Fig. RLM2), detto a il rapporto di
trasformazione del trasformatore ideale e considerando l’intensità io della corrente a vuoto
primaria
v1 1 i1'
1
 ;   ; i1  i1'  io ;
v 2 a i2
a



di1
di
d
d
d
M 2 
L1i1  M  ai1'  L1i1  M  ai1   aMio   ( L1  aM )i1  aMio 
dt
dt dt
dt
dt
 d  M
di
di
d
d   i


v2  M 1  L2 2 
M (i1'  i0 )  L2 i2   M   2  i0   L2 i2   (  L2 )i1  Mio 
dt
dt dt
dt   a


 dt  a
L
Ponendo a  1  M
si ha
M
L2
v1  L1


d
aMio 
di
v1 dt

 a ; v1  L1 o
d
v2
dt
Mio 
dt
e quindi la rete di fig Fig. RLM1 (sempre nell’ipotesi di accoppiamento perfetto) si può
ricondurre allo schema di fig. Fig. RLM3.
i’1
2
1
i2
i1
v1
V2
a
io
2’
1’
Fig. RLM2
III-76
i’1
R1
2
1
i2
i1
+
L1
v1
a
V2
io
e(t)
R
Ru
2’
1’
Fig.RLM3
In assenza di altri bipoli a memoria, la rete è del primo ordine. La variabile di stato,
continua nei casi ordinari di grandezze limitate, è la corrente io, combinazione delle
correnti al primario e al secondario, misurabile direttamente solo a secondario aperto.
Un esempio: si supponga (fig.RLM1) che la tensione del generatore sia pari a (-E) per t<0 e
pari a (+E) per t>0. Si valuti l’intensità di corrente i1(t). Si avrà
t  0 v1 (t )  L
di1
e(t )  v1  E 
 0; i1 

dt
R1
R1
per t  0
io (0 )  io (0)  i1 (0)  
i0 (t )  k1e

R*
t
L
k1  i 0 ( 0  ) 

E
;
R1
E (t )  v1 E
E
; i0 (t ) t   i1 (t ) t  

R1
R1
R1
R* 
R1 Ru'
dove Ru'  a 2 Ru
'
R1  Ru
R*
 t 
E
2E
E 

; i0 (t ) 
1  2e L1 

R1
R
R1 

R*
R*
di
v (t )
2 ER *  L1 t '
2 ER *  L1 t
v1 (t )  L1 0 
e ; i1 (t )  12
 2
e
dt
R1
a Ru a Ru R1
E
i1 (t )  i (t )  i0 (t ) 
R1
'
1
R*
 t

2 R * 
L
1  2e 1 1  2 

 a Ru 
R*
2 ER *  L1 t
i2 (t )   ai  
e
aRu R1
'
1
Nel caso di accoppiamento non perfetto, si potrà sempre ricondurci al
dell’accoppiamento perfetto “spacchettando” i coefficienti di autoinduzione. Si avrà
caso
M  L1 L2 ; L1  L1'  L"1 ; L2  L'2  L"2 ; M 2  L"1 L"2
III-77
In tal caso la rete diventa come in fig.RLM4. Nonostante la presenza di 3 induttori, la rete è
del 2° ordine (40). Se si conoscono le correnti (misurabili) i1 ed i2, si conosce
immediatamente la io.
R1
+
1
2
L’1 i
1
i2
L”
v1
io
e(t)
L’2
i’1
1
a
V2
R
2’
1’
Fig.RLM4
40
salvo la presenza di altri bipoli a memoria indipendenti all’esterno del doppio bipolo. E’ appena il caso di notare che, comunque,
eventuali induttori esterni “in serie” (cioè interessati da i1 o da i2) non modificano l’ordine della rete.
III-78