qui. - A.N.D.O.S. Onlus

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NEWSLETTER
31 gennaio 2011
Edizione n°21
www.andosonlusnazionale.it
Associazione Nazionale Donne Operate al Seno
Sommario:
COMITATI RACCONTANO
Comitato di Oglio Po
Pagina 2
LE NOVITA’ - RICERCA
Mettere in rete l'eccellenze contro il cancro
Pagina 3
Identificato un nuovo bersaglio per ...
Pagina 4
Dalla soia rimedi contro il tumore al seno e...
Pagina 4
Un potenziale nuovo farmaco contro il cancro
Pagina 5
Le vampate di calore in menopausa...
Pagina 6
Genoma cancro, al via progetto internazionale. Pagina 7
Curare le donne incinte come le altre
Pagina 7
Una rivincita contro i tumori
Pagina 9
DIEP, La nuova metodica per la ricostruzione Pagina 10
“MISZ MASZ” - UN PO’ DI TUTTO
In farmacia per servizi assistenza domiciliare
Una nuova normativa sulle cure mediche
I farmaci innovativi dovranno essere ..
Lotta al tumore al seno - 17/02/2011
Pagina 11
Pagina 11
Pagina 12
“La mia vita è solo un
insieme di note musicali che
il tuo cuore trasforma in
melodia.Vorrei che fossimo
sempre capaci di vivere tutto
ciò che di sacro vi è in ogni
istante”
Lettere d’amore del Profeta - Kahlil Gibran
a cura di Paulo Coelho
Pagina 14
INFORMAZIONI UTILI
Dopo l’intervento - parte 2
Pagina 17
ANGOLO DEL PIACERE
Il tortino salato riso e carciofi
Pagina 19
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COMITATI
NEWSLETTER!
PAGINA
2
RACCONTANO
Comitato A.N.D.O.S. onlus di Oglio Po
Festa di Sant’Agata
Le Volontarie del Comitato A.N.D.O.S.
Oglio Po Onlus e il Presidente
dott.Claudio Pagliaeri sono lieti di
invitarla alla consueta “Festa di
San’Agata” che quest’anno si terrà il
giorno 5 febbraio 2011.
Sarà celebrata una è Santa Messa al
S a n t u a r i o d e l l a Fo n t a n a d i
Casalmaggiore alle ore 18.30 al
termine della quale la Signoria Vostra è
invitata alla conviviale presso “ La
Clochette” di Solarolo Rainerio (Cr),
per trascorrere una serata insieme.
E’ gradito un cenno di conferma al
numero 0375 780393 della sede dalle
15.30 – 17.30.
Pablo Picasso - The Dance 1925
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NEWSLETTER
3
PAGINA
LE NOVITA’ -RICERCA
Mettere in rete l'eccellenze contro il cancro
EUROCANPLATFORM è volto a ottimizzare la ricerca sul cancro in tutti i suoi
aspetti (dalla ricerca di base, ai test preclinici e clinici)
(MOLECULARLAB, Fonte: Cordis (27/01/2011)
La messa in rete e la cooperazione transazionale sono già tra gli elementi più importanti della ricerca
d'eccellenza europea. Sono pochi gli scienziati che devono essere incoraggiati a stringere nuove alleanze con i
colleghi di altri paesi, mentre sono sempre più numerosi coloro che scelgono l'eccellenza per i propri partenariati, a
prescindere dalle distanze geografiche. In Europa, un grande passo avanti sul piano della ricerca contro il cancro
transazionale è rappresentato dal lancio del progetto EUROCANPLATFORM ("A European platform for
translational cancer research"), finanziato dall'UE e volto a ottimizzare la ricerca in questo campo in tutti i suoi
aspetti (dalla ricerca di base, ai test preclinici e clinici).
EUROCANPLATFORM ha ricevuto 12 milioni di euro in riferimento alla tematica "Salute" del Settimo
programma quadro dell'UE (7° PQ). Questa rete di eccellenza riunisce 28 degli istituti europei più attivi sul fronte
della lotta contro i tumori.
La ricerca contro queste patologie portata avanti negli istituti europei può portare a risultati davvero straordinari,
potendo poggiare su una solida base biomedica e su ottime infrastrutture, che spaziano dai registri dei pazienti alla
bioinformatica.
La ricerca europea è stata però più volte tacciata di mancata coesione e di poca collaborazione. Il coordinatore del progetto, il professor Ulrik Ringborg del Karolinska Institutet (Svezia), ha commentato: "Si
potrebbe dire che, in un certo senso, questa iniziativa rappresenta un cambiamento radicale nella ricerca sul cancro.
Il progetto, che avrà una durata quinquennale, creerà all'interno dell'UE una struttura per la ricerca sul cancro
basata sulla collaborazione.
Nonostante gli importanti passi avanti compiuti in questo ambito, l'incidenza annua di queste patologie è in
costante aumento, soprattutto a causa dell'invecchiamento della popolazione. Ma l'aumento dei casi di tumore non
è del tutto imputabile a questo fenomeno. Il cancro è una malattia complessa causata dall'interazione di fattori
diversi come età, stile di vita e predisposizione genetica.
Negli ultimi anni, sono stati fatti progressi davvero rivoluzionari per quanto concerne la comprensione dei
meccanismi molecolari che fanno sì che una cellula diventi una cellula tumorale. Le nostre conoscenze, tuttavia,
sono lontane dall'essere complete. Vi è un numero ancora alto di domande ancora aperte per quanto riguarda la
diagnosi dei tumori e le cure più adeguate. Inoltre ci mancano ancora gli strumenti che ci consentono di
implementare in tempi rapidi a livello clinico le nostre scoperte.
Una delle parti fondamentali del progetto è dedicata alla necessità di individuare la terapia giusta per il paziente
giusto al momento giusto", ha affermato Ringborg. Attraverso gli studi avanzati già condotti sulle alterazioni del
DNA (acido desossiribonucleico) e le espressioni di RNA (acido ribonucleico) e proteine sui tessuti sani e tumorali, il
progetto EUROCANPLATFORM dovrebbe essere in grado di individuare nuove possibilità per la verifica delle
reazioni dei tumori ai farmaci sviluppati. Il professor Ringborg conclude: "Prima di poterlo fare, dobbiamo tuttavia
condurre ancora moltissime ricerche. Il numero di tumori e cure possibili, infatti, è molto elevato. Non esiste centro
di ricerca che possa disporre di tutte le risorse. Pertanto dobbiamo essere certi di coordinare e sfruttare al meglio
quelle che abbiamo. A beneficiarne saranno i pazienti, i cittadini e i servizi sanitari.
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NEWSLETTER RICERCA!
Identificato un nuovo bersaglio per
l’immunoterapia del cancro
(SanitàNews, 25/01/2011)
Uno studio italiano pubblicato su Cancer
Research dimostra, su di una cavia, che per i
linfomi è possibile ottenere una cura
disattivando un gene chiamato ERAP1. La
manipolazione di questo gene consente di
attivare un potente meccanismo di rigetto da
parte del sistema immunitario. La ricerca, che
apre a nuovi sviluppi per possibili terapie anche
nell’uomo, è stata condotta da due équipe di
ricercatori del Dipartimento di
Oncoematologia dell’Ospedale Pediatrico
Bambino Gesu e dell’Istituto Nazionale
Tumori Regina Elena di Roma.
Per la prima volta i ricercatori sono riusciti ad
ottenere un’efficace interazione fra i due tipi di
cellule del sistema immune deputate all’attività
antitumorale, i linfociti T citotossici e le cellule
Natural Killer e questo è stato possibile
inibendo le cellule tumorali dell'espressione di
un gene chiamato ERAP1. Fisiologicamente, il
compito dei linfociti T e delle cellule Natural
Killer è di eliminare le cellule alterate del
nostro organismo, ma molti tumori riescono,
purtroppo, a ingannare sia gli uni che le altre,
evadendo così la sorveglianza immune. Invece
inattivando ERAP1 sono riusciti per la prima
volta a innescare una cascata di eventi virtuosi
che permette ad entrambe queste cellule con
funzione immunitarie (linfociti T e cellule
Natural Killer) di aggredire e combattere il
tumore su più fronti.
Benché questo studio sia stato finora condotto
nel topo, ci sono già elementi che inducono a
pensare che sia possibile applicare la scoperta
anche a linfomi umani. Inoltre, secondo gli
studiosi, inibendo ERAP1 anche altri tumori,
sia pediatrici sia dell’adulto, potrebbero
diventare ottimi bersagli per il sistema
immunitario, aumentandone la curabilità.
PAGINA
4
Dalla soia rimedi contro il tumore al
seno e alla prostata
(SanitàNews, 20/01/2011)
La soia potrebbe anche aiutarci nella battaglia
contro due tipi di tumore: quello al seno e
quello alla prostata. A rilevarlo sono stati due
studi riportati dal quotidiano britannico Daily
Mail. Il primo e' stato condotto da un gruppo
di ricercatori della Northwestern University di
Chicago. Dai risultati e' emerso che una pillola
al giorno di 'genisteina', il principale isoflavone
che si trova nella soia, e' in grado di rallentare
o fermare la diffusione del cancro alla prostata.
Anche se lo studio ha coinvolto un piccolo
campione di 38 uomini, gli scienziati sono
convinti che questi risultati potrebbero portare
al primo trattamento non tossico che impedisce
il movimento delle cellule tumorali. "Il primo
passo - ha detto Raymond Bergan, che ha
coordinato lo studio - e' stato quello di vedere
se il farmaco ha l'effetto desiderato sulle cellule
e sulla prostata, e la risposta e' stata positiva. Se
questo farmaco puo' effettivamente evitare che
il cancro alla prostata si diffonda nel corpo,
teoricamente una terapia simile potrebbe avere
lo stesso effetto sulle cellule di altri tipi di
cancro".
Il secondo studio 'pro-soia' e' stato condotto
dall'Universita' di Buffalo (New York) e ha
coinvolto quasi 1.300 donne. Dai risultati e'
emerso che gli isoflavoni della soia possono
ridurre il rischio di sviluppare il cancro al seno.
I ricercatori hanno scoperto che le donne che
hanno consumato piu' isoflavoni avevano un
30% di possibilita' in meno di essere colpite da
un cancro al seno invasivo e il 60% di
probabilita' in meno di sviluppare un cancro 'di
basso grado'. Per arrivare a queste conclusioni
gli scienziati hanno confrontato i dati di 683
donne affette da tumore al seno con 611 donne
sane. "Abbiamo sicuramente visto - ha
concluso Anne Weaver, che ha coordinato lo
studio - una riduzione (del rischio) che merita
ulteriori indagini".
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Un potenziale nuovo farmaco contro il
cancro e metastasi
La HRG migliora la rete dei vasi sanguigni
attorno al tumore riducendo il rischio in
metastasi, favorisce il targeting dei farmaci e
converte i macrofagi TAM in M1 efficaci contro
il cancro(Molecularlab,Fonte: Cordis (25/01/2011)
Scienziati hanno svelato i dettagli del
funzionamento di una proteina che rallenta la
diffusione del cancro e aumenta l'efficacia della
chemioterapia. La molecola, chiamata
glicoproteina ricca in istidina (HRG), potrebbe
quindi rivelarsi utile per gli sforzi dei ricercatori
di sviluppare farmaci anti-cancro. Lo studio, in
parte finanziato dall'UE, è pubblicato nella
rivista Cancer Cell.
L'UE ha sostenuto la ricerca attraverso il
progetto TIE2+MONOCYTES ("Tie2expressing monocytes: Role in tumor
angiogenesis and therapeutic targeting"), una
sovvenzione Starting Grant del Consiglio
europeo della ricerca (CER) da 1,31 milioni di
euro assegnato a uno degli autori dello studio,
Michele De Palma dell'Istituto scientifico San
Raffaele in Italia.
La HRG funziona migliorando la qualità della
rete di vasi sanguigni che forniscono ossigeno e
nutrienti al tumore. Anche se può sembrare
strano, questo in realtà abbassa il rischio di
metastasi (quando il cancro si diffonde ad altre
parti del corpo) e aumenta la capacità dei
farmaci di attaccare il tumore.
Come tutti i tessuti, anche i tumori maligni
dipendono da ossigeno e nutrienti per la loro
crescita e mantenimento, e spesso impiegano
una serie di molecole chiamate fattori di crescita
dei vasi sanguigni per crearsi la propria
fornitura di sangue. Per molti anni i ricercatori si
erano quindi concentrati sullo sviluppo di
farmaci anti-cancro che bloccassero la fornitura
di sangue del tumore, arrestando l'attività dei
fattori di crescita dei vasi sanguigni. Tuttavia,
questo metodo può aumentare il rischio di
metastasi.
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5
Studi hanno mostrato che, poiché i tumori
crescono così velocemente, le reti dei loro vasi
sanguigni sono costruite male e spesso non
riescono a fornire sufficiente ossigeno al tumore.
Ed è questa mancanza di ossigeno che spinge
alcune cellule tumorali ad abbandonare il sito
del tumore e a stabilirsi in altre parti del corpo.
Aggravando la mancanza di ossigeno nel
tumore, i farmaci che bloccano il rifornimento
di sangue al cancro spesso hanno accresciuto la
probabilità di metastasi.
Gli ultimi anni hanno quindi visto un crescente
interesse verso quei farmaci che possono
migliorare la fornitura di sangue (e ossigeno) al
tumore, incoraggiando in tal modo le cellule
cancerogene a rimanere ferme. Inoltre, poiché i
farmaci spesso raggiungono il tumore attraverso
il sangue, il miglioramento del flusso sanguigno
verso le cellule cancerogene fornisce anche alla
chemioterapia maggiore accesso a queste cellule.
In questo studio, scienziati con sede in Belgio,
Italia e Svezia rivelano che la proteina HRG è in
grado di "normalizzare" i vasi sanguigni di
rifornimento di un tumore influenzando i livelli
di due diversi tipi di cellule immunitarie.
Secondo i ricercatori, quasi tutti i tipi di cancro
portano a un'infiammazione che coinvolge delle
cellule chiamate macrofagi associati al tumore
(TAM). Ci sono due tipi di TAM; i macrofagi
M2 promuovono la crescita dei vasi sanguigni e
diminuiscono le difese immunitarie del corpo,
mentre i macrofagi M1 attivano le cellule
immunitarie che attaccano i tumori maligni.
Cosa fondamentale, i macrofagi M1 non sono in
grado di aumentare lo sviluppo dei vasi
sanguigni.
La nuova ricerca mostra che la HRG è in grado
di inibire una proteina chiamata fattore di
crescita placentare (PlGF). Questo a sua volta
innesca la trasformazione dei macrofagi M2 (che
promuovono la crescita del tumore) in macrofagi
M1 (che lanciano un attacco del sistema
immunitario al cancro e ne riducono quindi la
dimensione).
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Poiché esso non promuove attivamente la crescita
di vasi sanguigni, l'M1 porta allo sviluppo di una
rete sanguigna più convenzionale nel tumore.
Questo a sua volta aumenta la fornitura di sangue
(e ossigeno) al tumore, riducendo il rischio di
metastasi e accrescendo gli effetti dei farmaci
chemioterapici, che hanno migliore accesso al
tumore."Il nostro studio mostra che il controllo
dell'infiammazione associata al tumore può essere
utilizzata per trattare il cancro e che ci sono
grandi possibilità di sviluppare la HRG come
farmaco per la cura del cancro," ha commentato
la professoressa Lena Claesson-Welsh del
dipartimento di Immunologia, genetica e
patologia dell'Università di Uppsala in Svezia. "Il
prossimo passo sarà quello di trovare i recettori
per la HRG sui macrofagi, in modo da poterli
usare nello sviluppo dei farmaci. Noi stiamo
anche esaminando come i livelli della HRG nel
sangue cambiano nel cancro."
Articolo:
Rolny, C., et al. (2011) HRG inhibits tumor
growth and metastasis by inducing macrophage
polarization and vessel normalization through
downregulation of PlGF. Cancer Cell 19: 1-4.
DOI: 10.1016/j.ccr.2010.11.009.
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Tumore al seno: le vampate di calore in
menopausa dimezzano il rischio
(SanitàNews, 19/01/2011)
Le vampate di calore durante la menopausa
dimezzano il rischio di sviluppare il tumore al
seno. E' quanto emerge da uno studio
dell'Universita' di Washington e del Fred
Hutchinson Cancer Research Centre di Seattle,
pubblicato sulla rivista Cancer Epidemiology
Biomarkers and Prevention. In pratica, le donne
che 'soffrono' per via dei cambiamenti che
provoca la menopausa possono trovare conforto
nel sapere che hanno una maggiore protezione
contro uno dei tumori più diffusi. La carenza
dell'ormone che causa le vampate abbassa quindi
anche il rischio di sviluppare le forme più comuni
di cancro al seno. Si stima che le donne che
soffrono di vampate di calore abbiano il 40% in
meno di estradiolo, un tipo di estrogeno.
E' noto da tempo che gli estrogeni hanno un ruolo
chiave nello sviluppo di alcuni tipi di tumore al
seno. Per arrivare a queste conclusioni gli
scienziati hanno coinvolto nello studio circa mille
donne con un'eta' compresa tra i 55 ei 74 anni, a
cui e' stato diagnosticato un tumore al seno. Alle
donne e' stato chiesto di elencare i sintomi di cui
hanno risentito una volta entrate in menopausa e
questi sono stati confrontati con quelli risentiti da
un altro gruppo di donne che non ha mai avuto
un tumore al seno. Dall'analisi dei dati e' emerso
che le donne che hanno riportato gravi vampate
di calore, sudorazione notturna, depressione e
insonnia avevano anche il 50 per cento di
probabilita' in meno di sviluppare sia un
carcinoma lobulare invasivo e sia un carcinoma
duttale invasivo, le due forme piu' comuni di
tumore al seno. "Questo e' il primo studio - hanno
detto i ricercatori - che dimostra che le donne che
avvertono i sintomi della menopausa hanno una
significativa riduzione del rischio di sviluppare il
cancro al seno e che la gravita' delle vampate di
calore e' anche inversamente associata al rischio.
Una spiegazione plausibile - hanno concluso - e'
che i sintomi della menopausa sono indice di
cambiamenti ormonali rilevanti per lo sviluppo
del tumore al seno" . (Sn)
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Genoma cancro, al via progetto
internazionale. Verona capofila per
l'Italia
(Sic, Sanità in cifre, 26/01/2011)
E’ stato infatti presentato ieri il progetto
internazionale “Genoma del Cancro“, ideato
dal Consorzio inter nazionale Icgc
(www.icgc.org) allo scopo di creare una
mappatura delle mutazioni del Dna dei
diversi tipi di tumore conosciuti. Verona, che
rappresenta l’Italia, avrà il compito specifico di
sequenziare il Dna dei tumori endocrini ed
esocrini rari del pancreas e collaborerà con il
gruppo finanziato dal governo australiano per i
tumori del pancreas più frequenti.
Sono ben 14 i Paesi coinvolti, fra cui Australia,
Canada, Cina, Francia, Germania, Giappone,
Gran Bretagna, India, Messico, Spagna, Stati
Uniti.
Il progetto è sostenuto dal nostro ministero
dell’Istruzione con otto milioni di euro:
responsabile scientifico è l’anatomopatologo
Aldo Scarpa di Verona, direttore del centro
“Arc-Net – Alleati per la ricerca sul cancro”,
affiancato da Rita Lawlor, project manager di
Arc-Net, Claudio Bassi, chirurgo che gestisce
la parte clinica del progetto sui tumori esocrini
del pancreas, Massimo Falconi, esperto
mondiale dei tumori endocrini che gestisce la
parte clinica sui tumori endocrini e Giovanni
Butturini, responsabile della gestione
operativa clinica dell’Azienda Ospedaliera
Universitaria Integrata di Verona.
“Siamo orgogliosi di rappresentare l’Italia in
questo progetto destinato a segnare una pietra
miliare nella lotta contro i tumori - ha
commentato il rettore dell’Università di Verona
Alessandro Mazzucco – identificare le
mutazioni che causano il cancro è un obiettivo
di altissimo valore per il futuro della scienza e
della medicina e porterà alla possibilità di cure
personalizzate per i pazienti”.
PAGINA
7
I leader dell’Icgc presenteranno i dati relativi ai
progressi nei rispettivi progetti durante le
diverse sessioni della conferenza annuale dell’
American Association for Cancer
Research, che si terrà a Washington dal 17 al
21 aprile.
L’inaugurazione del progetto veronese sarà
seguita da una giornata di studio, alla quale
saranno presenti anche i collaboratori
internazionali che hanno aderito al progetto
italiano “riconoscendone – si legge in una nota
– l’alta valenza scientifica”. Fra questi: Thomas
Gress dell’Università di Marburg in Germania,
David Klimstra del Memorial Sloan Kettering
di New York e Peter Metrakos della McGill
University di Montreal in Canada. Il progetto
“Genoma del cancro” era stato già anticipato
sulla prestigiosa rivista ”Nature” in un articolo
firmato da più di 200 autori coinvolti nel grande
sforzo di sequenziare il genoma di 25.000
campioni di tumore.
Curare le donne incinte come le altre
La più vasta casistica finora disponibile
suggerisce, per chi scopre il cancro al seno
durante la gravidanza, di seguire le normali
terapie. Senza rischi per il feto
(Sportello Cancro, Vera Martinella (Fondazione
Veronesi), 21/01/2011
SAN ANTONIO - Non è necessario ritardare
le cure per un carcinoma mammario soltanto
perché una donna è incinta. È la conclusione a
cui è giunto uno studio tedesco presentato
durante il Breast Cancer Symposium di San
Antonio (Texas, Stati Uniti) dopo aver
attentamente valutato le conseguenze di diversi
trattamenti sui neonati.
Continua a pagina 8
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NEWSLETTER RICERCA!
Sebbene le pazienti che scoprono di avere un
tumore del seno durante la gravidanza siano
relativamente poche (circa una maternità ogni
tremila si complica con una diagnosi di cancro),
gli studiosi credono che la casistica potrebbe
aumentare per due motivi: da un lato le
mamme tendono a essere sempre più
"vecchie" (e l’incidenza della malattia cresce con
l’aumentare dell’età), dall’altro con la
prevenzione sale il numero di casi di cancro
individuati in donne giovani. «Nel nostro Paese
1.500 donne sotto i 40 anni vengono colpite
ogni anno da un carcinoma alla mammella, il
quattro per cento di tutti i casi e proprio questa
neoplasia è la più frequentemente diagnosticata
durante la gestazione» precisa Lucia Del
Mastro, primario di oncologia all’Istituto tumori
di Genova.
LO STUDIO - Il trattamento del carcinoma
mammario durante gravidanza pone molte
problematiche cliniche e psicologiche per la
paziente, i familiari e gli operatori sanitari. Le
decisioni terapeutiche sono state basate finora
su dati provenienti da piccole casistiche, con
una conseguente relativa incertezza sui possibili
esiti dei trattamenti sulla madre e sul bambino.
«Quando abbiamo iniziato la nostra indagine
nel 2003 - sottolinea Sibylle Loibl, membro del
German Breast Group - le informazioni a
disposizione su questo tema erano scarse, ma il
bisogno di saperne di più era ed è assai diffuso».
Così dall’aprile 2003 a giugno 2010 i ricercatori
tedeschi hanno raccolto i dati relativi a 313
donne fra i 23 e i 47 anni con differenti tipi e
stadi di cancro al seno e tutte hanno scoperto la
malattia durante la gravidanza (il 23 per cento
durante il primo trimestre, il 42 per cento nel
secondo, il 36 per cento nel terzo). Quasi la
metà delle pazienti (il 45 per cento) ha rinviato
l’inizio della chemioterapia a dopo il parto,
nonostante la maggior parte di loro avesse un
tumore con caratteristiche biologiche che
indicavano di sottoporsi al trattamento. In
questo gruppo si è verificato il 33 per cento di
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8
parti prematuri (prima della 35esima settimana
di gestazione, in gran parte decisi per poter
iniziare le cure sulla madre) rispetto al 17 per
cento osservato fra le donne si erano sottoposte
a chemio durante la gravidanza. L’incidenza di
malformazioni congenite è stata simile a quella
che si riscontra nella popolazione generale e
non sono emerse differenze tra i bambini esposti
a chemioterapia durante la vita uterina rispetto
agli altri. Allo stesso modo l’efficacia delle cure e
i risultati terapeutici raggiunti sono risultati
simili fra i due gruppi di mamme (sebbene studi
precedenti indicassero una prognosi peggiore
per le donne che ritardavano l’inizio dei
trattamenti).
TEAM SPECIALIZZATO - «Questa è la
casistica maggiore mai riportata sino a oggi e le
conclusioni dello studio sono rassicuranti commenta Del Mastro -. È stato confermato
che le pazienti con diagnosi di carcinoma
mammario durante la gravidanza devono essere
trattate quanto più strettamente possibile come
le altre pazienti. La chirurgia può essere
eseguita fino alla dodicesima settimana di
gestazione e bisogna cercare di rimandare il
parto sino al raggiungimento della 35-37esima
settimana per evitare i rischi fetali dovuti al
parto prematuro». Nonostante gli esiti
confortanti circa l’uso della chemio in donne
incinte tutti gli esperti concordano poi su un
punto: è necessario che questi siano trattati in
centri specializzati dove opera un team
multidisciplinare che comprende oncologo
medico, chirurgo oncologo e specialisti della
medicina materno-fetale. «Il lavoro del gruppo
tedesco indica, infine, la necessità di dotarsi
anche in Italia di un registro nazionale di
tumori in gravidanza per meglio rispondere alle
esigenze delle donne in questa delicata
situazione», conclude Del Mastro.
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PAT-ChIP
Una rivincita contro i tumori
Una nuova procedura sperimentale svelerà le
caratteristiche molecolari del cancro
(Sportello Cancro, Lisa Trisciuoglio, 18/01/2011) MILANO - È tutta italiana e si chiama PATChIP la nuova arma nella lotta contro i tumori.
I ricercatori dell’Università degli Studi di
Urbino Carlo Bo, in stretta collaborazione con
altri centri di ricerca oncologici milanesi, hanno
messo a punto una tecnologia che permetterà di
identificare, lavorando per la prima volta
direttamente sulle biopsie dei pazienti
oncologici, quelle modificazioni del Dna e delle
proteine a esso associate note per avere un ruolo
importante nello sviluppo tumorale. Il nuovo
protocollo sperimentale, pubblicato su Pnas,
potrà quindi essere di grande utilità a fini sia
diagnostici, per l’identificazione di nuovi
marcatori, sia prognostici, per prevedere l’esito
dei trattamenti e definire nuove strategie
curative. NON SOLO GENI - Che il cancro sia causato
da errori nella sequenza del Dna, che siano essi
ereditari, casuali o dovuti ad agenti esterni come
il fumo di sigaretta, è ormai cosa nota. Ma negli
ultimi anni si è raggiunta la consapevolezza che
a influire sullo sviluppo e sulla prognosi delle
neoplasie non siano solo i geni, ma anche alcune
modificazioni chimiche a carico della cromatina,
ovvero quella struttura che il Dna forma
avvolgendosi intorno a proteine chiamate istoni.
Non si può quindi parlare più solo di genetica
dei tumori, ma anche di epigenetica (dal greco
"sopra i geni"), ovvero di tutte quelle alterazioni
che, modificando non la sequenza del Dna ma
la struttura della cromatina, hanno un profondo
impatto sulla normale espressione dei geni,
attivandone alcuni e reprimendone altri, e
causando così in alcuni casi quella crescita
cellulare incontrollata tipica dei tumori. E,
mentre le mutazioni genetiche sono irreversibili,
lo stesso non si può dire per le alterazioni
epigenetiche, che possono essere invece
PAGINA
9
facilmente corrette grazie a trattamenti
farmacologici pensati ad hoc, e già testati con
successo su numerosi pazienti. Per contro, però,
i ricercatori impegnati nello studio
dell’epigenetica dei tumori si sono dovuti finora
imbattere in un grande limite, ovvero quello di
poter isolare la cromatina e analizzarne le
alterazioni (tramite una procedura denomita
ChIP, dall’inglese chromatin immuniprecipitation)
solo lavorando con cellule coltivate in
laboratorio, e non potendo invece utilizzare per
problemi di natura sperimentale le biopsie di
pazienti. Con la messa a punto di una variante
di questa tecnica, denominata appunto PATChIP (pathology tissue–ChIP), gli studiosi
marchigiani, in collaborazione con i ricercatori
dell’Istituto europeo di oncologia di Milano e
della Fondazione Istituto FIRC di oncologia
molecolare, guidati da Pier Giuseppe Pelicci e
Saverio Minucci, sono stati in grado di abbattere
questo ostacolo tecnico, aprendo nuove strade
alla ricerca epigenetica.
UNA RIVINCITA - Esistono in Italia numerosi
archivi ospedalieri contenenti tutti quei
campioni di tessuto prelevati dai pazienti
oncologici per la diagnosi tumorale e il cui
destino sarà, nella maggior parte dei casi, di
essere prima o poi eliminati. Grazie alla messa a
punto della PAT-ChIP, ora quei reperti
acquistano un nuovo valore dal momento che
potranno essere utilizzati dai ricercatori per
studiare le caratteristiche epigenetiche dei
singoli pazienti, anche a distanza di molti anni
dalla biopsia. In questo modo sarà possibile
ricostruire la loro storia clinica, scoprendo
retrospettivamente le caratteristiche molecolari
della malattia e mettendole in relazione con le
terapie seguite e i risultati ottenuti.«Ci piace
considerarla come un’opportunità di rivincita
che stiamo dando a tutti coloro che hanno
purtroppo perso la loro battaglia contro il
cancro - racconta Mirco Fanelli, autore della
ricerca -. Ma non solo.
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NEWSLETTER RICERCA!
Vorremmo offrire questa chance anche a tutti i
pazienti che si trovano, e si troveranno, a dover
combattere la malattia - continua il ricercatore,
responsabile del laboratorio di patologia e
oncologia molecolare "PaoLa", a Urbino -.
Prendiamo il caso di uno dei tumori
maggior mente studiati, il cancro della
mammella. Dal punto di vista epigenetico, sono
noti due tipi di carcinoma mammario, che
rispondono in maniera totalmente diversa alle
terapie. Sapere in anticipo, grazie all’analisi
della cromatina di questi pazienti, contro quale
dei due tipi di carcinoma dobbiamo combattere,
ci permetterà di indirizzare il paziente verso il
trattamento più efficace, senza inutili, e a volte
anche fatali, perdite di tempo» conclude Fanelli. D I E P, L a nu ov a m e t o d i c a p e r l a
ricostruzione del seno
(SanitàNews, 14/01/2011)
(Sn) - Roma, 14 gen. - Grazie a una nuova
tecnica operatoria, nel corso dell'asportazione
del tumore al seno, è possibile ricostruire la
mammella con tessuti autologhi e senza protesi.
La metodica si chiama ricostruzione con lembo
Diep (Deep Inferior Epigastric Perforator) e in
Italia il centro che ha la maggiore esperienza è
quello guidato da Fabio Santanelli, titolare della
cattedra di Chirurgia plastica della II Facoltà di
Medicina e chirurgia dell'università di Roma La
Sapienza, e responsabile dell'Uod di Chirurgia
plastica all'ospedale Sant'Andrea nella Capitale.
"Semplificando molto - ha spiegato l'esperto - si
tratta di una addominoplastica funzionale alla
ricostruzione del seno: le tecniche chirurgiche
oggi sono in grado di avvalersi di veri e propri
autotrapianti di tessuto, per restituire a una
donna un seno il più possibile simile a quello che
ha perso a causa di un tumore. Tra queste
tecniche rientra la ricostruzione con il lembo
Diep, in cui si ricorre all'uso di una ellisse di cute
e grasso addominale al di sotto dell'ombelico,
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che viene trapiantata dove è avvenuta
l'asportazione mammaria. L'operazione si può
eseguire sul 30% delle pazienti sottoposte a
mastectomia, poiché è necessario che abbiano
una discreta quantità di grasso addominale. Il
risultato è molto più naturale di quello che si
ottiene con le protesi, addirittura ingrassa e
dimagrisce con la paziente".
Santanelli e il suo team hanno eseguito dal 2004
a oggi quasi 800 ricostruzioni mammarie, di cui
250 con lembo Diep. L'intervento è lungo, in
media dura cinque ore, "ma le complicanze sono
molto limitate: nel 3% dei casi compare una
necrosi parziale, piccoli noduli innocui su cui si
può intervenire successivamente in maniera non
invasiva". Altro problema, "il fatto che oggi evidenzia il chirurgo - il sistema di Drg di quasi
tutte le Regioni non preveda l'intervento di
ricostruzione mammaria immediata: nonostante
sia eseguito da tempo e i suoi vantaggi anche in
termini economici siano indiscussi, non viene
remunerato adeguatamente. Addirittura
interventi eseguiti con tecniche più vetuste
vengono rimborsati di più. In questo senso è
necessario un adeguamento", ha concluso. (Sn)
Foto: Iza Moczrna -Piasek
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“MISZ MASZ” - UN PO’ DI TUTTO
In farmacia per servizi assistenza
domiciliare
Lombardia Notizie 7, n.258 del 26/01/2011
(Ln - Milano) Partecipazione delle farmacie
all'Assistenza Domiciliare Integrata (A.D.I.),
con la costituzione di un "Centro funzionale e
operativo" al servizio dei pazienti, che
potranno ottenere informazioni e servizi. Sono
queste le attività che saranno svolte
direttamente dalle farmacie della Lombardia
dopo l'accordo siglato dall'assessore regionale
alla Famiglia, Conciliazione, Integrazione e
Solidarietà Sociale, Giulio Boscagli e dalla
presidente di Federfarma Lombardia (Unione
Regionale delle Associazioni Provinciali dei
Titolari di Farmacia), Annarosa Racca.
Regione Lombardia è la prima in Italia a
recepire quanto disposto dalla legge 69/2009
che disciplina i nuovi servizi delle farmacie.
"La farmacia - ha commentato l'assessore
Boscagli - è un presidio sul territorio del
sistema socio-sanitario e il farmacista è un vero
e proprio punto di riferimento per i cittadini.
La distribuzione capillare delle farmacie
consente di poter offrire a tutti i cittadini servizi
e prestazioni senza dover fare code ed evitando
disagi negli spostamenti dalla propria
abitazione".
Entro tre mesi partiranno le prime esperienze
pilota in alcune aree della Lombardia e, dopo il
monitoraggio dei risultati ottenuti, sarà estesa a
tutte le ASL e quindi a tutte le farmacie della
regione.
Per offrire un'ampia gamma di servizi di
qualità ai cittadini ogni farmacia costituirà al
suo interno un "Centro funzionale e operativo"
che fornirà informazioni, riceverà le domande
di assistenza, attiverà gli operatori integrandosi
con i centri e le figure professionali già attive
sul territorio, erogherà servizi cure a domicilio
e di autoanalisi. Sono oltre 2.600 le farmacie
presenti in Lombardia con circa 12.500 addetti
e un totale di 15.000 famiglie che vivono
direttamente o indirettamente nel "sistema
farmacia".
"E' un passo avanti nella concretizzazione del
progetto che vede la farmacia come centro
nevralgico nell'erogazione dell'assistenza sul
territorio - ha detto Annarosa Racca, che è
anche presidente di Federfarma Nazionale anche perché i cittadini si rivolgono
quotidianamente alla farmacia e, dopo la sigla
di questo importante accordo, possono trovare
sempre più risposte alle loro esigenze".
Dal Parlamento Europeo una nuova
normativa sulle cure mediche all’estero
(SanitàNews, 20/01/2011)
Il Parlamento Europeo ha approvato una
nuova normativa che regola il diritto dei
pazienti alle cure mediche in un altro Paese
dell'UE, chiarisce le modalità di rimborso e i
casi che richiedono un'autorizzazione
preventiva. Il cittadino europeo che decide di
recarsi in un altro Paese dell'UE, per viaggio,
lavoro o altro, non dovrà più avere
preoccupazioni in materia sanitaria. Secondo le
nuove norme i cittadini dell'UE possono essere
rimborsati per l'assistenza medica che ricevono
in un altro Stato membro, a condizione che il
trattamento e i costi sarebbero stati
normalmente coperti nel loro paese.
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NEWSLETTER MISZ MASZ!
Le autorità possono esigere che i pazienti
richiedano un'"autorizzazione preventiva" per i
trattamenti che necessitano di un ricovero
ospedaliero o di cure sanitarie specializzate.
Ogni rifiuto dovrà essere giustificato secondo un
elenco ristretto di motivi. Ogni Stato membro
deve designare un "punto di contatto" per
fornire informazioni ai pazienti interessati alla
ricerca di cure all'estero e per fornire assistenza
in caso di problemi. La ricerca di cure sanitarie
all'estero potrebbe avvantaggiare soprattutto i
pazienti inseriti in lunghe liste d'attesa, o quelli
che non sono in grado di trovare cure
specialistiche. Attualmente, l'1% dei bilanci
sanitari degli Stati membri viene impiegato in
cure sanitarie transfrontaliere. Le norme
riguardano solo coloro i quali scelgono di farsi
curare all'estero. La tessera europea di
assicurazione malattia continuerà a restare
valida per i cittadini che necessitano di
trattamento urgente quando si recano in visita
un altro paese dell'UE. I deputati hanno anche
rafforzato le disposizioni per la cooperazione in
materia di malattie rare.
La relazione legislativa è stata preparata dalla
d e p u t at a p o p o l a re f r a n c e s e Fr a n ç o i s e
Grossetête, che ha commentato: "I pazienti non
saranno più lasciati soli quando cercano cure
sanitarie all'estero e l'ottenimento del loro
rimborso. Questa direttiva, finalmente, farà luce
sui diritti dei pazienti, fino ad ora molto
aleatori". Il testo approvato è il risultato di un
accordo raggiunto con il Consiglio, che deve
ancora dare la sua approvazione formale; dopo
di che, gli Stati membri avranno 30 mesi di
tempo per apportare le necessarie modifiche alla
loro legislazione nazionale.
I farmaci innovativi dovranno essere
disponibili in tutte le regioni italiane
In base all'accordo Stato-Regioni queste ultime
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sono tenute a rendere disponibili e a rimborsare
l'acquisto dei medicinali agli ospedali che ne
facessero richiesta
(Sportello Cancro, 23/11/2011)
Ho letto che d’ora in poi i far maci
chemioterapici innovativi, una volta approvati
dall’Aifa, saranno disponibili rapidamente in
tutte le regioni italiane e non " a macchia di
leopardo" come è stato fino ad oggi. Quindi,
non sarà più necessario per i malati peregrinare
da una regione all’altra per trovare la più rapida
(e la più generosa) nell’aggiornamento del
proprio prontuario. Mi restano però alcuni
dubbi: quali farmaci saranno inclusi nella lista di
quelli innovativi e con quali criteri? E le Regioni
non troveranno qualche nuovo sistema per
tirarla per le lunghe?
Risponde Paolo D. Siviero
Coordinatore Area Strategia e Politiche del
Farmaco dell'Aifa
L'accordo Stato-Regioni sul diretto recepimento
nei Prontuari terapeutici ospedalieri regionali
d e i f a r m a c i va l u t at i c o m e i n n ovat i v i
dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), è
fondamentale per garantire l'uniformità di
accesso ai farmaci su tutto il territorio nazionale.
L'accordo prevede che tutti i farmaci, non solo
quelli oncologici, considerati innovativi dall'Aifa,
siano immediatamente resi disponibili in tutte le
Regioni. Questo prima e indipendentemente dal
loro inserimento nei prontuari terapeutici
regionali. Successivamente, le Regioni hanno 60
gior ni per concludere le procedure
d’aggiornamento dei prontuari. Se una Regione
non dovesse essere d'accordo con le decisioni
dell'Aifa, può comunicare alla stessa gli elementi
di disaccordo; l'Aifa convocherà un tavolo con le
Regioni per valutare quanto emerso: la
decisione così rivista sarà da considerarsi
definitiva e avrà validità per tutte le Regioni.
Anche nel caso dovessero emergere opinioni
discordanti rispetto a quanto deciso dall'Aifa, i
prodotti innovativi sono comunque resi
disponibili ai pazienti.
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Infatti, in base al nuovo accordo, immediatamente dopo la pubblicazione dell'Autorizzazione
all'immissione in commercio assunta dall’Aifa, le Regioni sono tenute a rendere disponibili e a
rimborsare l'acquisto dei farmaci innovativi agli ospedali che ne facessero richiesta. La decisione
sull’innovatività di un farmaco spetta alla Commissione tecnico-scientifica dell'Aifa, che valuta la
severità della patologia trattata, l'esistenza o meno di alternative terapeutiche e l'effetto atteso dalla
nuova terapia. Attualmente vengono individuati due livelli di innovatività che permettono l’accesso
diretto ai farmaci. Viene riconosciuta un’innovatività importante a tutti quei farmaci destinati a
trattare patologie gravi per cui non esita una valida alternativa terapeutica e sia già stato provato il
risultato positivo del trattamento. Nel caso in cui di un nuovo farmaco che rispetti i primi due punti
descritti non si abbiano ancora risultati considerati pienamente risolutivi in termini di efficacia
terapeutica, o nel caso in cui siano identificabili altri elementi di innovatività quali l'innovazione
tecnologica o farmacologica legata al meccanismo di azione di un farmaco, viene definito un grado
di innovatività potenziale, che ha bisogno di alcuni elementi di riprova. Infine, è istituito presso
l'Aifa un Tavolo permanente di monitoraggio dei prontuari regionali (composto da rappresentanti
dell'Agenzia, di tutte le Regioni e delle Province di Trento e Bolzano, del Ministero della salute):
fornirà periodiche indicazioni per l'omogeneizzazione e l'aggiornamento dei Prontuari ospedalieri
regionali.
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INFORMAZIONI UTILI
Dopo l’intervento - parte 2
Linfedema dell’arto superiore, ovvero il “braccio gonfio”
In alcuni casi, l’asportazione dei linfonodi ascellari può compromettere il drenaggio della linfa dell’arto
superiore e della mammella. Rimanendo accumulato nei tessuti, il liquido può causare il cosiddetto linfedema,
che si forma gradualmente nell’arco di pochi giorni o anche di diversi anni dall’intervento.
I più comuni sintomi del linfedema sono: il gonfiore, il senso di pienezza o pesantezza al braccio interessato, la
difficoltà ad alzare l’arto, l’irrigidimento della pelle, la riduzione della capacità motoria o della flessibilità della
mano o del polso, la difficoltà a infilare il braccio nella manica della giacca o della maglia, il senso di
compressione dato da anelli, orologio o braccialetti.
Possiamo distinguere tra:
◗ linfedema postoperatorio: dovuto al trauma chirurgico;
◗ linfedema secondario: dovuto a traumi o a processi di tipo infiammatorio, compare a distanza di mesi o
anche anni dalla data dell’intervento.
Inoltre, il linfedema può essere:
◗ transitorio: compare immediatamente dopo l’operazione, è dovuto all’interruzione linfatica e si risolve in
poco tempo;
◗ cronico;
◗ evolutivo;
◗ acuto infiammatorio: causato da un’infezione.
Il trattamento del linfedema
Nel caso in cui il linfedema dovesse presentarsi, una serie di soluzioni da concordare con il proprio medico
possono essere d’aiuto a risolvere il problema.
In particolare:
◗ le terapie fisico-motorie (linfodrenaggio manuale e meccanico, ginnastica, nuoto, tecniche di rilassamento);
◗ la dieta ipocalorica, ipolipidica e ipoclorica;
◗ il trattamento farmacologico (fibrinolitici, diuretici per la diminuzione dei depositi interstiziali, antistaminici
e antinfiammatori, antibiotici in caso di linfangite, antimicotici in caso di micosi);
◗ l’intervento chirurgico (anastomosi linfo-venosa).
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Le posizioni di drenaggio
In relazione alla gravità del linfedema, il medico valuterà la soluzione migliore o una combinazione tra le
diverse terapie. In ogni caso, alcune accortezze possono essere utili per contribuire a risolvere la situazione. Per
aiutare il drenaggio del liquido, infatti, è utile assumere regolarmente le cosiddette posizioni di drenaggio, in
modo da sfruttare la forza di gravità per favorire lo scorrimento verso il collo.
◗ A letto: appoggia il braccio su un cuscino piegato, sistemato al lato del corpo, in modo che risulti in posizione
declive rispetto al tronco.
◗ Da seduta: appoggia sempre il braccio o sul tavolo o sul bracciolo della poltrona, in modo che la mano sia più
in alto della spalla.
La prevenzione del linfedema
L’infezione, o più specificatamente la risposta del corpo all’infezione, può indurre la
formazione del linfedema. Alcuni semplici accorgimenti, che devono diventare vere
e proprie abitudini quotidiane, possono però allontanare il rischio quasi del tutto.
In particolare:
1.
Applica regolarmente una crema idratante.
2.
Pulisci con attenzione eventuali tagli o graffi e, se necessario, applica una
crema antibiotica e copri la ferita.
3.
Non fare il bagno con acqua eccessivamente calda ed evita bruschi sbalzi
di temperatura.
4.
Evita l’esposizione diretta al sole nelle ore più calde e proteggiti da eventuali
scottature utilizzando sempre la crema solare.
5.
Cerca di evitare le punture degli insetti, proteggendoti con creme e spray
repellenti.
6.
Indossa un paio di guanti per le attività di giardinaggio o simili e non fare mai
attività troppo pesanti.
7.
Evita movimenti che comportino uno sforzo ripetuto da parte della
muscolatura del braccio: cerca di non stirare, lavare i vetri o lavorare a maglia
troppo a lungo e non praticare sport che affatichino il braccio.
8.
Non indossare gioielli stretti e in generale elastici che comprimino il braccio.
9.
Fai molta attenzione quando ti radi le ascelle, in modo da non provocarti
piccoli tagli.
10. Non sollevare carichi pesanti con il braccio a rischio.
11. Quando viaggi in aereo indossa sempre una gomitiera compressiva
(disponibile in un negozio di prodotti medici) per equilibrare gli sbalzi
di pressione.
12. Evita prelievi di sangue dal braccio a rischio e fatti misurare la pressione
dall’altro lato.
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ANGOLO DEL PIACERE
Gusto & Salute
Ingredienti:
240 gr di riso basmati;
3 carciofi tagliati sottili;
80 gr olive nere liguri;
1/2 cespo di radicchio
rosso;
1 spicchio d’ aglio;
2 cucchiai di olio d’
oliva,
1 cucchiai di aceto di riso
1 cucchiai di tamari
(salsa di soia);
sale marino quanto basta
Il tortino salato Riso e carciofi per un
gusto ricco
Cottura: 40 min. Dose 6 persone
Calorie 236
In una pentola a pressione, fate
saltare l’ aglio tritato con un
cucchiaio d’ olio. Aggiungete i
carciofi e saltate qualche minuto.
Unite il riso, aggiungete acqua (il
doppio del volume del riso), sale e l’
aceto di riso. Portate in pressione,
spostate su un fuoco piccolo e
cuocete per 35 min. A fine cottura
unite le olive, il tamari, mescolate,
fate intiepidire. Unite il radicchio,
servite con uno stampino.
Ricette dello chef Giovanni Allegro
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della sua imposta sul reddito delle persone fisiche
(Irpef), firmando in uno dei cinque appositi riquadri
che figurano sui modelli di dichiarazione (Modello
Unico PF, Modello 730, ovvero apposita scheda
allegata al CUD per tutti coloro che sono dispensati
dall’obbligo di presentare la dichiarazione).
È consentita una sola scelta di destinazione.
Oltre alla firma, il contribuente può indicare il codice
fiscale del singolo soggetto cui intende destinare
direttamente la quota del 5 per mille. I codici fiscali
dei soggetti ammessi al beneficio sono consultabili
negli elenchi pubblicati. Attenzione: la scelta di destinazione del 5 per mille e
quella dell'8 per mille (Legge 222/1985) non sono in
alcun modo alternative fra loro.
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