- "Brevi note su democrazia e pace", in Dabbeni, G.; Palmisano, A.L. (a cura di) Economie e -- culture nellu prospettiva Jilosojica ed antropologica dellfEuropa delle nuove Regioni". Udine: Edizioni Goliardiche, 20 1059-64 I 1 l i l i I , i i l i j i l ! I ! i I I , I I Brevi note su democrazia e pace A n t o n i o L. P a l m i s a n o Intendo condividere con voi tutti alcune riflessioni riguardo alla questione: "Su cosa si basa l'ordine nelle società?". In qualità di filosofi e antropologi abbiamo cercato dT rispondere a questa domanda con analisi continue e attente,' perdurate nei millenni, e possiamo infine dire che, fino ad oggi, sono tre i principi sui quali si basa l'ordine sociale. Tutto è comunque transitorio nell'esperienza umana, a cominciare proprio dalle configurazioni assunte dalle strutture sociali nel loro divenire temporale e spaziale. Le forme dell'ordinamento sociale sono dunque potenzialmente innumerevoli, anche se è possibile appunto identificare -almeno, per l'antropologia politica- tre principi fondamentali che intervengono nella strutturazione della società.' I l primo principio è costituito dal sangue: la condivisione e lo stabilimento d i vincoli di sangue. Questa "relazione di sangue" -padre, madre, fratelli, sorelle, arrivando poi ai lignaggi e ai clan e alle tribù e, infine, alle etnie- trascende le ragioni della biologia e della genetica, indipendentemente da quanto queste scienze possano essere considerate valide e utili. Insomma, se questi legami di sangue siano reali o fittizi, poco interessa all'attore sociale. Essere "davvero" madre o padre d i un bambino è infatti un evento sociale, culturale e politico, oltre che psicologico. Difficile è essere davvero madre o padre: sicuramente, l'importante è sentirsi tali. Entrambi, però: madre e figlio, ovvero famiglia. Nella relazione genitori-figli è cruciale sentirsi tali, ma in due, per lo meno. E' la cosa fondamentale. La convalida genetica o la tracciatura biologica può essere un problema solo per quelle serie televisive del tipo "CSI" ecc. Non interessa alla società tutto ciò ... I l figlio si sente figlio non per ragioni d i codici genetici. La madre si sente madre non per leggi genetiche, ma perché c'è una affettività. L'affettività e I'emotività fondano la società, anche sotto I'aspetto del principio d'ordine che chiamiamo condivisione d i sangue. Ecco dunque il orincipio in base al q ~ i a ! isi sono ordinate anche ie ecriir, ciuè i gruppi etnici. ua non confondere con nazioni, rnai. I l ~?cufiUupriiìcip/v P culjtituiio aaiio spazio: ia condivisione e lo stabilimento di un territorio. Ciò che ci ha fatti spesso orientare nel tentativo di costituire ordine è proprio il territorio, cioè la sua costituzione e condivisione. Si tratta d i un principio d i straordinaria portata, s u l quale si sono configurate intere civiltà. Ma anche in questo caso è possibile una differenziazione e specificazione analitica. Soprattutto, studi recenti ci fanno comprendere che "il territorio non c'è". I l territorio non esiste, se non quando lo si crea; ovvero, il territorio viene creato da chi abita il territorio. E' a quel punto che lo definiamo come tale. A quel punto lo definiamo e lo costituiamo anche con l'aiuto di confini: non esistono confini naturali in un territorio. E' un concetto un po' difficile da comprendere, soprattutto da accettare, ma vi prego d i riflettere: sono gli 1 ' Cfr. anche Palmisano 2009. pp. 63-70. I Per una trattazione più articolata relativamente ai tre principi in questione, cfr. il mio lavoro in Palrnisano 2006b. pp. 191-198. a , attori sociali presenti su questo spazio che chiamiamo terra a costituire luoghi e territori e quindi a dare anche dei nomi. In altri termini, la condivisione di un territorio non è qualcosa d i "oggettivo", che "sta lì"! Perché, perfino, "lo spazio non c'è", nel mondo sociale e psicologico, ovvero nel mondo dell'esperienza, fino a quando non l o costituiamo noi, tutti insieme, come un determinato luogo e quindi come territorio. Per esempio, noi stiamo costituendo la Sala del nostro attuale Convegno. Non è vero che la Sala esiste indipendentemente dalla nostra presenza, indipendentemente dal fatto che noi la riconosciamo come tale. Dunque, questo condividere un territorio, significa crearlo, e quindi condividerlo. E' sulla base di questo principio che successivamente siamo arrivati a fondare ciò che chiamiamo "Stato", forma d i organizzazione che da almeno quattromila anni è prevalente, e con un certo successo. Certamente, ha , prodotto anche disastri, soprattutto nella visione hegeliana, così come recepita e interpretata nei due secoli scorsi, quando e dove si voleva far coincidere la nazione con lo Stato e col territorio, con tutto quello che ne consegue in termini d i "purezza d i uri popolo". Ecco dunque, fra gli altri co-prodotti del principio d i ordine su base territoriale, lo ethnic cleansing. Si usa oggi il termine inglese, ma si tratta d i ciò che abbiamo sempre indicato con il termine "genocidio": eliminazione dell'altro, del diverso, in termini etnici. Un gruppo viene visto nella sua identità di condivisore di legami d i sangue e quindi inadatto alla fondazione d i un gruppo, una nazione in questo caso, per condivisione di legami territoriali. I l Presidente Giorgio Napolitano, non molto tempo fa, ha detto qualcosa d i molto forte, ed era la ripetizione d i quanto aveva già affermato esattamente un anno prima: "La tragedia delle foibe è stata pulizia etnica". Il terzo principio è costituito dall'azione comune: la condivisione e stabilimento d i progetti. Non importa quali siano questi progetti. Per esempio, una forma qualunque di associazione è, in sé, un progetto: ha delle finalità, costituisce delle finalità. Questo principio d i condivisione deli'azione -e anche le religioni possono essere viste in questo senso: ordinano il mondo- è u n principio che, soprattutto in questa epoca p o s t - g l ~ b a l e , ~ ordina (pre-)potentemente il mondo. Evidentemente la qualità dei progetti in questione è decisa dalla storia; ovvero, chi viene dopo potrà dire se sono stati dei buoni progetti o dei pessimi progetti -almeno, i n relazione ai suoi stessi progetti. Si tratta di progettualità a tutti i livelli: esseri umani, attori sociali, ovvero soggetti politici, si uniscono sulla base d i lun yua!che jrngramina, una quzilche visiorie di un obiettivo iiriaie, di uno specifico intento. Ritengo che l'Europa sia una geminazione d i questo principio d i ordinamento: si basa più sul principio della condivisione d i un progetto che non sulla condivisione di un territorio -un territorio che d i fatto stiamo costituendo oggL4 I l "progetto Europa", ovvero l'Europa con le sue leggi, le sue regole ecc., può essere condiviso da chi non necessariamente mi è fisicamente vicino, da qualcuno con cui posso però viaggiare nel "mondo della vita". Posso infatti essere fisicamente vicino e al contempo lontanissimo da qualcuno, per sogni e per visioni non condivise: il mio vicino d i casa m i può essere lontanissimo, e come progettualità, emotività, condivisione , ' A questo proposito. ovvero sul concetto di "epoca post-globale". cfr. Palmisano 2oo6a, pp. 107-11.!+; 2006~.pp. 113-130; 2007, pp. 71-78. " Per quanto mi riguarda, se penso alla Repubblica Democratica del Congo, che può richiedere di aderire alla Ue, sono favorevole anche ad adesioni che di contiguità geografica nulla hanno. d i legami d i sangue ecc. Ma posso invece sentirmi prossimo a qualcuno con cui condivido un programma, un sogno, un'idea, anche se abita "lontano". Il volontariato può comprendere quanto affermo, proprio perché il volontariato è una forma associativa che promuove questa condivisione, una condivisione di '. progettualità. Questo è il suo successo, questa è la sua internazionalità, questa è la sua potenzialità nel costituire dialogo anche fra Giappone e Cina, anche fra un X e il suo opposto Y: luoghi apparentemente in irriducibile antagonismo storico. La progettualità può permettere di compiere un cammino in comune. E' evidente che si tratta d i un discorso decisamente complesso ... Tutte le società dunque vedono la coesistenza d i questi tre principi; a volte se ne .-." sottolinea maggiormente uno, per esempio la parentela, a volte se ne sottolinea d i più un altro, per esempio il territorio, a volte si sottolinea in particolare l'ultimo, cioè la condivisione d i un progetto, di un programma comune. Però sono sempre, tutti e tre, co-attivi: impossibile pensare d i disporre di uno solo dei principi, eliminando gli altri due. Perché l'essere umano si lega, I'uno con l'altro -e si divide, I'uno dall'altro-, sulla base di tutti e tre i principi, e sulla base d i questi tre principi riesce, o cerca d i ottenere un'armonia, d i qualunque natura questa sia. Ciò significa che scaturiscono differenze culturali, appunto, proprio nella gestione di questi tre principi. Quando parlo d i differenze culturali intendo proprio questo. Quando parlo di culture diverse, intendo innanzitutto la diversa accentuazione di uno d i questi tre principi. L'esperienza che noi chiamiamo oggi storica, sociale, economica, politica, della diversità culturale -per esempio, la diversità fra quella che noi chiamiamo Trieste e quella che noi chiamiamo Fiume, o Rijeka-, è dato proprio dall'accentuazione diversificata d i questi tre principi. La differente esperienza storica e amministrativa -già basta e avanza- degli ultimi cinquanta anni crea diversità culturali che sono anche, e in parte, diversità linguistiche. Queste diversità, queste differenze, è bene che continuino a sussistere. E' bene che ci siano differenze culturali; è una fortuna, per le società: sono ricchezza per tutti. Il problema sta come lasciarle agire in sinergia, come permettere loro una qualche forma d i complementarietà, una qualche forma d i sintonia. Siccome parliamo di antiche novità, non possiamo non rilevare che stiamo discutendo fra noi perché ci troviamo in una situazione che chiamiamo "democrazia". Fnrse è i! caso di fnrmii!-re a!cune rif!essicni SL! questn termine, prnprio ne! c n n t e s t i di quanto fino ad ora detto, a proposito dei tre principi di ordinamento del mondo. La situazione d i democrazia è unica nel garantire possibilità d i coesistenza a tutti e tre i principi di ordinamento e d i ordine. Se m i ritrovo in una tribù d i qualche paese "altro", non viene garantito il principio della condivisione del territorio. Chi non appartiene per legami d i sangue a quella comunità, non è accettato su quel territorio. Viceversa, in una dittatura statuale, gruppi d i coesione sulla base d i condivisione del sangue, ovvero della discendenza, possono essere esclusi in diversi modi: "leggi razziali" o, più banalmente, forme più o meno elaborate d i impedimento a l godimento' pieno dei diritti civili e della cittadinanza. Ancora, se m i ritrovo in una multinazionale, e la multinazionale è una forma d i associazione per condivisione dell'azione, ovvero per condivisione dell'obiettivo -per esempio, il profitto, esclusivamente il profitto; cosa che non fa l'associazione d i volontariato, che non pensa in termini di profitto anche se deve far quadrare il bilancio-, rischio una dura esclusione se non condivido pienamente gli obiettivi, anche a costo d i distruggere l'economia nazionale di un paese già indebitato e .- sull'orlo del collasso sociale e politico. Ecco, la democrazia è l'unica situazione di garanzia della co-esistenza dei tre principi d i ordinamento. Dunque, questa democrazia è troppo importante, per quanto ritenuta scontata e più spesso ancora deformata nella sua definizione. E s u questo punto, ora, permettetemi alcune riflessioni... A differenza di quanto si tende a pubblicizzare, demos non è "popolo", proprio per niente. Demos è una unità amministrativa, una unità amministrativa su base territoriale. Si tratta paradossalmente di una recente riscoperta per l'età contemporanea -negli ultimi processi elettorali, sono stati premiati quei partiti, quei gruppi che hanno riscoperto questo principio antico- che il demos sia una unità amministrativa relativa a un ,territorio. Questo termine difatti non ha nulla a che fare con "popolo". I l demos è composto da coloro i quali abitano un territorio e sono provenienti da tribù diverse, immediatamente riconfigurate in phylai, una sorta d i tribù t e r r i t ~ r i a l i , ~e poi successivamente suddivise in trittiai, ovvero distretti, unità territoriali in senso specifico.' Questa era la novità nella Grecia antica: riuscire a mettere insieme nello stesso quartiere membri di gruppi d i discendenza differenti, e considerare queste persone come una unità, appunto amministrativa. Cioè uomini che appartenevano a gruppi di discendenza differenti riuscivano ad essere parte costituente dello stesso demos e, in quanto tali, potevano votare; e il loro voto determinava la possibilità di cambiare il mondo in maniera co-partecipata. Per questo sono d'accordo con quanto affermato in precedenza e cioè sulla possibilità che le decisioni in merito ad un nuovo ingresso siano raggiunte e legittimate dal voto: condividere un territorio è compito di un demos, e questo è il sistema democratico, con una progettualiti, che è quella di amministrarlo bene ... anche fra gruppi di diversa origine sotto l'aspetto della discendenza, o w e r o del sangue. Per la condivisione del progetto è necessario molto condividere e molto incontrarsi, vivere una vita comunitaria, ovvero sviluppare una società assembleare. E' evidente che nella società attuale vi è la fuga da questo impegno politico, da questo impegno nella polis, espressione della condivisione di una struttura territoriale nuova, all'interno della quale s i mescolavano genti provenienti dai più disparati luoghi; genti che parlavano anche ! i n g u ~diverse ma stavano alle regole di base, che erano regole del demos. Ciò non significa che fossero regole non moditicaPiii: erano regoie in aivenire, ma sempre definite sulla base del principio di voto, un principio moito cniaro. Cosa era allora questa kratia? Questa ha avuto poco a che fare con il "potere" inteso come "la charice di imporre la propria volontà all'interno di una relazione sociale anche di fronte a una forte resistenza, indipendentemente da su cosa poggia detta chance":' krateo significa piuttosto "avere una forza". Dunque, la democrazia sta ad indicare "la forza che sta dentro i! demos", la forza che sta in questo tipo di organizzazione, un'organizzazione che comunque ha da condividere u n progetto che ancora deve scrivere. Il progetto è tracciato dal demos che, appunto con ciò, lo sottoscrive e lo gestisce. Sul multiculturalismo, così oggi denominato, in rapporto a processi migratori e di interazione in un nuovo contesto locale e socio-culturale, cfr. Palrnisano 2008d, pp. 29-36. Per una discussione più approfondita sulle istituzioni di phylai, trittiai e demoi, cfr. Palrnisano 2001, pp. 153-157. Cfr. Weber, 1922. pg. 2 7 . C i in L setti fu1u sull; san! ridi: terri ten: vier Gar una sit?i Pro chi; 1 I 1 1 I 1 1 1 I l l l 1 ! i ! 1I i i I ! I 1 1 I !i ! 1 l I l " 1 l i ! Comprendete allora come la situazione che chiamiamo "conflitto" può essere risolta in una situazione che chiamiamo "pace" solo ed esclusivamente quando ho la sottoscrizione minima di un progetto comune che riguarda il futuro immediato, o il futuro a lunga scadenza, da parte di u n gruppo d i persone che lo sottoscrivono non sulla base d i una coesione e una solidarietà realizzata per condivisione d i legami d i sangue. Dunque, è impossibile praticare democrazia, ovvero "regere", se non ridiscutendo pubblicamente e trasparentemente altri legami, legami che non sono territoriali, attraverso la pratica del dialogo assembleare. La democrazia è insomma una tensione e non uno stato garantito, che si possa avere per sé, è una tensione continua e viene mantenuta solo grazie a l dialogo, all'attività della parola, all'attività assembleare. Garantisco la democrazia, insomma, nell'impegno continuo. La democrazia è dunque una situazione, una situazione d i continua tensione; come è d i tensione anche la situazione d i costituzione di una pace. Anche quest'ultima è un grosso e complesso processo, un processo che non può non prevedere la partecipazione di tutti quelli che chiamiamo cittadini. Scriveva Wolfgang Sofsky, i n Trattato sulla violenza: "La violenza genera caos". E su questo siamo tutti d'accordo. Ma sulla stessa riga proseguiva: "L'ordine genera ~ i o l e n z a " .E~questo ci colpisce. Un eccesso di ordine genera violenza, la stessa violenza che poi procura il caos. Perché? Perché l'ordine non può non essere compartecipato e non può non essere I'interazione di quei tre principi dei quali abbiamo trattato. Perché l'ordine sia compartecipato, proprio quel tipo di associazioni come le associazioni di volontariato giocano un ruolo di mediazione fondamentale, che è quello esercitato proprio sul territorio. Palmisano, A. L. -- "I due volti della parola. Un approccio antropologico alla fondazione dei mito", in Etnostoria, 1-2, 2001 - " Multiculturalismo e solidarietà in antropologia del diritto", in Atti del Convegno d i Studi "La Costituzione europea: origine e sviluppi politici, economici e sociali': Centro Studi .He!jo,~o/.is. Trieste,? dicemSre 2 ~ ~Tjjeste: 5 . Heiioguiis. 2 ~ 0 , 5 a - !ractatus ludicus. Antropoloria dei fondamenti dellJOccidentegiuridico. CNi?, !stituto di Studi Giuridici Internazionali. Monograiie 6. Napoli: Editoriale Scientifica, 2006b "Multiculturalità e diritto nel mondo post-globale", in Identità linguistica delle popolazioni indigene della regione andina Il: un approccio multidisciplinare. Palmisano, A.L. e Cataldi, G. (a cura di). Quaderni IILA. Serie economica n. 30. Roma: IILA, 2oo6c - ''Il Mercato Globale come superamento dei confini euro-regionali o come nuova prigione?", in Atti del Convegno d i Studi "L'Europa delle Euroregioni. / nuovi obiettivi per popoli e territori europei", Centro Studi Heliopolis. Trieste, 3 0 novembre 2006. Trieste: Heliopolis, 2007 - P - q f r . Sofsky 1996, pg. OI e seguenti. .!. ., -' i - "Alle radici della solidarietà: i concetti di reciprocità e scambio in antropologia sociale", in Atti del Convegno d i Studi "Trieste e l'Europa: verso il superamento delle discriminazioni e dell'emarginazione", Centro Studi Heliopolis. Trieste, 15 novembre 2007. Trieste: Heliopolis, 2008a:43-56 - "De I'homogénéité à I'hétérogénéité culturelle: la situation spécifique et recourrant d'un "hornrne nouveau", in Atti del Convegno di Studi "Le Euroregioni nel contesto istituzionale e amministrativo", Centro Studi Heliopolis. Trieste, 2007. Trieste: Heliopolis, 2008b:61-64 - IGuraghe dell'Etiopia. Lineamenti etnografici d i un'etnia d i successo. Lecce: Pensa, 2008i - " Antropologia politica e giuridica del processo rnigratorio", in Dedalus, 3, 2008d - "Rapporto fra ordine sociale e cambiamento", in Dabbeni, G.; Palrnisano, A.L. (a cura di) Atti del Convegno d i Studi "La cooperazione transfrontaliera e transnazionale con i paesi dell'Est Europa, con particolare riferimento riguardo all'innovazione e allo sviluppo ecosostenibile, alla luce dei programmi IPA Adriatico, SEE, MED", Centro Studi Heliopolis. Trieste, 20-21 novembre 2008. Udine: Edizioni Goliardiche, zoog:63-70 Sofsky, Wolfgang - Traktat uber die Gewalt. Frankfurt arn Main: Fischer Verlag, 1996 Weber, M. - Wirtschaft und Gesellschaft. Tubingen: J.C.B. Mohr, (1922) 1982