Luglio-Agosto 2012

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n. 4
IL FOLKLORE D’ITALIA
ANNO XIV
luglio / agosto 2012
n. 03 / 2012
Rivista bimestrale della Federazione Italiana Tradizioni Popolari
www.fitp.org
Federazione
Italiana
Tradizioni
Popolari
Consulta
Scientifica
UFFICIO TESSERAMENTO
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EMILIA ROMAGNA
Sauro Casali
(commissario)
PRESIDENTE
Mario Atzori
MOLISE
VICEPRESIDENTE
Patrizia Resta
PIEMONTE
FRIULI VENEZIA
GIULIA
Giampiero Crismani
PUGLIA
LAZIO
Ivo Di Matteo
COMPONENTI
Gian Luigi Bravo
Sergio Bonanzinga
Pino Gala
Vincenzo Spera
Leonardo Alario
SEGRETERIA
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MARCHE
Mario Borroni
Antonio Giuliani
Bernardo Beisso
Fedele Zurlo
Nino Agostino
SARDEGNA
Consiglio
Nazionale
Vittorio Fois
Mario Pau
Luigi Usai
Daniel Meloni
COORDINATORE
NAZIONALE
SICILIA
Maria L. De Dominicis
Consiglieri
ABRUZZO
Maria L. De Dominicis
BASILICATA
Pasquale Casaletto
CALABRIA
Carmine Gentile
Maria Teresa Portella
CAMPANIA
Fabio Del Mastro
Leonardo Bianco
FRIULI VENEZIA
GIULIA
Mario Srebotuyak
LAZIO
Giuseppe d’Alessandro
LIGURIA
Luciano Della Costa
LOMBARDIA
Luigi Sara
Giovanni Bossetti
LOMBARDIA
Giancarlo Castagna
MARCHE
Pamela Trisciani
Antonella Castagna
Santo Gitto
MOLISE
Ivo Polo
TOSCANA
PIEMONTE
Andrea Flamini
TRENTINO ALTO ADIGE
PUGLIA
Tommaso Russo
UMBRIA
SARDEGNA
Giommaria Garau
VALLE D’AOSTA
SICILIA
Alfio Russo
VENETO
TOSCANA
Francesco Castelli
Marco Fini
Miriam Betti Pederiva
Francesco Pilotti
Susi Lillaz
Gianni Marini
EMILIA ROMAGNA
Sauro Casali
LIGURIA
Milena Medicina
Presidenti
Comitati Regionali
ABRUZZO
Fidio Bianchi
BASILICATA
Pietro Basile
CALABRIA
Michele Putrino
CAMPANIA
Francesco Coccaro
TRENTINO ALTO
ADIGE
Miriam Betti Pederiva
UMBRIA
Floriano Zangarelli
VALLE D’AOSTA
Susi Lillaz (commissario)
VENETO
Adriano Bissoli
IL FOLKLORE D’ITALIA
6
Italia e Regioni
Chianciano Terme sede della 31^ edizione
del Raduno nazionale targato FITP
Chianciano terme
10
n. 04 / 2012
IL FOLKLORE D’ITALIA
Bimestrale d‘informazione
Anno XIV n. 4 - LUGLIO / AGOSTO 2012
Registrazione al Tribunale di Foggia n. 9
dell’8 aprile 2008
DIRETTORE RESPONSABILE
Benito Ripoli
COORDINAMENTO RED.LE
Antonio d’Amico
Leo Conenno
Elvira La Porta
Rita Laguercia
PROGETTO GRAFICO
Sinkronia studio - www.sinkronia.it
STAMPA
Grafiche Lucarelli - Ariano Irpino
Notizie e curiosità sulla città della salute
tappa dell’edizione 2012 di “Italia e Regioni”
FEDERAZIONE ITALIANA
TRADIZIONI POPOLARI
PRESIDENTE NAZIONALE
Benito Ripoli
12
VICE PRESIDENTI
Nino Indaimo
Luigi Scalas
Tradizioni popolari
e antropologia culturale
Un “viaggio” a cura del presidente
della consulta scientifica, Mario Atzori
Balli a poesia nella
Toscana meridionale
20
Nel testo di Pino Gala, componente della
consulta scientifica, un excursus dettagliato
22
Il matrimonio
e i suoi rituali
Al convegno di Baranello storie
di ieri e di oggi
www.fitp.org
ASSESSORI EFFETTIVI
Donatella Bastari
Gerardo Bonifati
Fabrizio Cattaneo
Enzo Cocca
Fabio Filippi
Gesualdo Pierangeli
ASSESSORI SUPPLENTI
Giuliano Ierardi
Renata Soravito
SEGRETARIO GENERALE
Franco Megna
TESORIERE
Tobia Rinaldo
VICE TESORIERE
Nicola Fabrizio
COLLEGIO SINDACI REVISORI
Francesco Fedele (presidente)
Giovanni Soro (vicepresidente)
Ancilla Cornali (membro effettivo)
Giampiero Cannas (membro supplente)
COLLEGIO PROBIVIRI
Gavino Fadda (membro effettivo)
Franco Folzi (membro effettivo)
Dionigi Garofoli (membro effettivo)
Sauro Casali (membro supplente)
COMITATO D’ONORE FITP
Past President
Lillo Alessandro
Presidente Onorario
Luciano Della Costa
Comitato Dei Saggi
Luciano Della Costa
Aldo Secomandi
Staff del Presidente
Bruno Bordoni
Mario Borroni
Monica Castrilli
Francesca Grella
Concetta Masciale
Cerimoniere
Michele Putrino
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3
{
editoriale
La vita
è un dono
meraviglioso
e una
splendida
poesia
di Benito Ripoli
Presidente Nazionale FITP
4
Negli ultimi tempi mi capita spesso di sognare. Sogno di volare e
sovrastare le caducità, le debolezze e le fragilità dell’uomo. Sogno
di essere un personaggio biblico o un condottiero della togata
Storia. Sogno di essere, una volta
un grande calciatore, un’altra un
astronauta, un’altra ancora un
eroe d’altri tempi. La mattina mi
sveglio e del sogno non rimane
che un velato ricordo.
L’inconscio ci fa vivere, con i sogni,
suggestioni inappagate, altre mai
desiderate. Curioso è stato il sogno
della notte appena trascorsa. Ho
sognato di essere il comandante
di un veliero d’altri tempi. Intento
a dirigere, con perizia ed orgoglio,
le operazioni di navigazione, non
mi accorgo che dalla parte oppo-
sta della plancia di comando, uno
sparuto gruppo di uomini, guidati da un “novello profeta del nulla”, cerca di sovvertire l’ordine di
bordo. La determinata reazione
dell’equipaggio impedisce l’ammutinamento e i rivoltosi, arrestati, vengono chiusi nella stiva
(triste fine di arrivisti e ambiziosi). Le prime luci dell’alba, che
hanno appena allontanato il buio
della notte, salutano il mio risveglio, ma con le immagini vive del
sogno notturno. Mi chiedo perché
questo sogno si è impresso, a differenza di altri, nel mio inconscio.
Che significato può avere?
Il grande Pascoli mi dà la sua risposta: “Il sogno è l’infinita ombra
del vero” (Alexandros).
Questa immagine fortifica il mio
animo, nutre il mio cuore e mi
spinge a proseguire, nel cammino,
perché le colombe volano libere
nell’azzurro cielo, i gufi vivono
nell’ombra, nel nulla del nulla.
Di buon mattino, mi avvio verso
gli uffici della Federazione con la
mente obnubilata da contrastanti pensieri. Entro in sede e non
ho più tempo per pensare, subito
preso dal mio lavoro con i gruppi,
i presidenti e, soprattutto, con i
miei giovani. Il mio umore cambia
del tutto nel momento in cui apro
la posta e leggo una missiva del
dottor Michele Putrino, memoria
storica della Federazione e, da
sempre, mio punto morale di riferimento, che, in ogni occasione,
mi offre pillole di saggezza, che
illuminano e indirizzano le mie
decisioni. La lettera ha il potere
di liberare la mia mente dai foschi pensieri, provocati dal sogno.
Decido di rispondergli e lo faccio,
con lettera aperta, per testimoniargli l’importanza dell’“exempla
trahunt” del vescovo di Ippona, da
lui, mirabilmente, incarnato. “Chi
semina virtù, fama raccoglie” (Leonardo da Vinci).
“Sento sempre nostalgia della
tua voce, dei tuoi ammonimenti…”
Siamo in un punto buio della notte, ci siamo ormai persi la sentinella biblica a cui chiedere notizie
sull’arrivo di un’agognata alba, forse ci siamo abituati alle luci artificiali e il tempo dell’attesa si è come
impigliato in una nube tossica di
oblìo, d’indolente distrazione, di
colpevoli amnesie, che assediano
il nostro presente. Nei momenti
di scoramento, le tue lettere, i tuoi
IL FOLKLORE D’ITALIA
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n. 3
ANNO XIV
maggio / giugno 2012
Rivista bimestrale della Federazione Italiana Tradizioni Popolari
Festival
e tournée
un’estate tutta da vivere
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dianamente, un dono prezioso
da custodire con cura. C’è chi
la vive in tutta pienezza, chi ne è
soltanto spettatore, chi decide di
viverla a modo proprio, chi invece
“si lascia vivere”.
Ogni esperienza diventa un frammento della nostra anima, che
andrà a costruire le persone che
siamo.
La vita è una splendida poesia e
va riempita di valori (legge morale di Kantiana memoria).
Michele (e tutti Voi Padri del Folklore) la tua saggezza continuerà a
irradiare luce e calore.
A me, a tanti, a tutti. Sempre ci indicherai la via maestra.
“Una via fatta anche di ideali, poiché un uomo senza sogni e ideali
è solo un pupazzo che si agita nel
nulla”, come affermava Catullo.
ANNO XIV
N. 2
MARZO/APRILE 2012
1
NOTIZIARIO BIMESTRALE DELLA FEDERAZIONE ITALIANA TRADIZIONI POPOLARI - VIA F. STILICONE, 191 - 00175 ROMA - SEGRETERIA DEL PRESIDENTE: VIA SAPIENZA, 20 - 71013 - S. GIOVANNI ROTONDO - TEL. E FAX 0882 441108 - WWW.FITP.ORG
di un vacuo immaginario di un’etica pubblica.
“I giovani sono la speranza e la primavera della vita” (Pierre de Ronsard).
Mi chiedo. Michele, dov’è la Pasqua della responsabilità sociale e della convivialità culturale?
Anche la Chiesa pare più votata
all’autodifesa che non all’annuncio. Io dico, ne sono certo, che noi,
forgiati alla scuola della FITP, dobbiamo denunciare il male, non per
stimolare cinismo e rassegnazione, ma per allenare la coscienza
alla ricerca del bene, del giusto,
del bello. Dobbiamo ricercare il
profilo dell’aurora, anche quando
ci sentiamo sprofondati nel buio
degli abissi.
La vita è un dono meraviglioso,
come Voi Padri c’insegnate quoti-
NOTIZIARIO BIMESTRALE DELLA FEDERAZIONE ITALIANA TRADIZIONI POPOLARI - VIA F. STILICONE, 191 - 00175 ROMA - SEGRETERIA DEL PRESIDENTE: VIA SAPIENZA, 20 - 71013 - S. GIOVANNI ROTONDO - TEL. E FAX 0882 441108 - WWW.FITP.ORG
scritti, le tue preghiere, le tue sacre sfuriate (rare), la tua dolcezza
accogliente, sono fasci di luce che
illuminano i miei passi. Vedi Michele, (ripenso, per un momento,
al mio sogno), la crisi del mondo
scopre le sue carte persino con un
meschino “ominicchio”, che, eruttando infingardaggini e ipocrisie,
crea momenti di sconcerto a chi
cerca di lavorare con serietà, coscienza e responsabilità.
Oggi che l’economia appiccica
prezzi e toglie valore alle persone; la mercificazione non ha il
senso del limite e anche i bambini sono merce-lavoro, esposti a
qualsivoglia violazione; i vecchi
sono delocalizzati dalla finanza
domestica e rottamati o esiliati; le
donne pagano a prezzo salatissimo la rivendicazione della propria
libertà-dignità; oggi che incombe
la stagione degli acchiappa fantasmi, è splendido il tuo esempio,
nella sua semplicità. Come si può
rimanere indifferenti dinanzi alla
tua accorata apologia della Federazione e dei comportamenti di
tutti i suoi figli, in occasione de “Il
Fanciullo e il Folklore” ad Alberobello...?
Speriamo che i nostri giovani
(sono certo e fiducioso), seguendo il tuo esempio e quello di tutti
i Padri del Folklore, si tengano
lontani dalla ruvida antropologia
dell’antisemitismo, tengano a debita distanza la fredda cattedra di
realismo benpensante, che non si
occupa di poveri, disoccupati, di
esuberi, di quelle “pietre di scarto”, che nel Vangelo sono le “pietre
angolari” della salvezza: quelli che
girano lo sguardo da un’altra parte, quelli che fingono di non vedere l’orrore.
Quelli sono gli eroi di cartapesta
n. 04 / 2012
ANNO XIV
N. 1
GENNAIO/FEBBRAIO 2012
Vi aspettiamo
ad Alberobello
Il Fanciullo
e il Folklore
2012
20/22 aprile
5
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italia e regioni
Le Tradizioni Popolari
nella terra delle terme
Dal 14 al 16 settembre tre giorni di folklore a Chianciano
di Leo Conenno
Redazione FITP
6
CHIANCIANO TERME (SIENA)
E’ di nuovo “Italia e Regioni”, il
Raduno nazionale dei gruppi
folklorici affiliati alla Federazione Italiana Tradizioni Popolari.
La storica kermesse della FITP
compie 31 anni e si proietta in
una nuova esaltante dimensione. Dopo il successo della scorsa
edizione a Fano (Pesaro-Urbino),
quest’anno la carovana del folklore si è data appuntamento a
Chianciano Terme (Siena), dal
14 al 16 settembre, per una “tre
giorni” nel nome delle tradizioni
popolari. Una scadenza e un momento esaltante se si considera il
ritorno in terra toscana del mondo pieno di luci, colori e suoni che
si porta dietro la FITP. Quanto
basta per ribadire lo sforzo della presidenza e della giunta della
Federazione di rendere sempre
più “nazionali” le manifestazioni del calendario ufficiale con il
baricentro spostato più a Nord.
Dalle Marche alla Toscana con il
sogno nel cassetto di tornare in
terre molto care come la Lombardia o in Veneto o Piemonte. «Una
programmazione - commenta il
presidente nazionale Benito Ripoli - che va in questa direzione,
con l’intento di rendere sempre
più italico il nostro movimento e
allargando ancora più alle regioni del Nord che tanto hanno da
insegnarci e regalarci in materia
di folklore e tradizioni popolari». Tre giorni intensi in Toscana,
come al solito, per regalare emozioni uniche ai gruppi partecipanti grazie alla
magia e alla ospitalità della Terra
Senese. Un lungo
weekend tutto da
vivere, come in
ogni edizione. La
macchina organizzativa è al lavoro da mesi per
preparare ogni
minimo
dettaglio del Raduno.
Il presidente nazionale, la giunta
federale, lo staff
organizzativo, di concerto con la
consulta scientifica della FITP,
stanno curando tutti i particolari della kermesse, che si profila
ricca di novità grazie anche alle
offerte e potenzialità che Chianciano Terme metterà a disposi-
zione della Federazione Italiana
Tradizioni Popolari.
Fra canti e balli, abiti tipici e tradizioni popolari, l’accogliente cittadina termale diventerà per tre
giorni capitale del folklore. Scalda
i motori anche l’importante momento della ricerca con lo Spettacolo-Laboratorio. Tema del 2012
“La partenza”. In terra toscana si
prevede la solita “invasione” dei
circa mille partecipanti con oltre
venti gruppi provenienti da ogni
parte d’Italia. Chianciano Terme
è pronta ad accogliere il mondo
delle tradizioni popolari. Alle terme, al paesaggio, alla tradizione,
all’arte, all’offerta enogastronomica e alla cultura, che costituiscono un ineguagliabile valore
aggiunto, se ne aggiungerà un altro: il folklore.
Italia e Regioni 2012
Chianciano Terme (Siena)
PROGRAMMA
VENERDI’ 14 SETTEMBRE
Ore 20,00 PER LE VIE DEL BORGO DEL CENTRO STORICO DI CHIANCIANO TERME
Gastronomie a confronto “Italia in piazza con i cuochi”
Parata e Cerimonia inaugurale con l’Orchestra Nazionale FITP
Ore 20,30 PIAZZALE DEI GIARDINI PUBBLICI
Gala del Folklore Italiano. Spettacolo prima serata
SABATO 15 SETTEMBRE
Ore 09,00 STADIO COMUNALE DI CHIANCIANO TERME
Campionato Nazionale Giochi Popolari
Ore 12,00 Partita di Calcio Nazionale FITP - Politici e Bancari
Ore 15,00 PARCO FUCOLI DELLE TERME DI CHIANCIANO
Spettacolo-Laboratorio. Tema “La Partenza”
Ore 20,30 PIAZZALE DEI GIARDINI PUBBLICI
Gala del Folklore italiano. Spettacolo seconda serata
DOMENICA 16 SETTEMBRE
Ore 10,00 PARCO ACQUASANTA o CHIESA DI SANT’ANTONIO
Santa Messa
Ore 11,00 DAL PARCO DELLE TERME A PIAZZA ITALIA
Grande Parata del Folklore
Ore 11,30 PIAZZA ITALIA
Premiazioni, scambio doni e saluti
7
www.fitp.org
italia e regioni
di Gabriella Ferranti
Sindaco
di Chianciano Terme
8
Chi si occupa di “Folklore” (dal
sassone folk = “popolo”, e lore
= “sapere”) studia le culture, in
particolare quelle tramandate
oralmente, riguardanti usi, costumi e leggende riferite ad una
determinata area geografica o ad
una determinata popolazione ed
è proprio con il “Folklore” che si
recupera la tradizione popolare e
quindi le usanze e tradizioni che
abbracciano i temi del ciclo della
vita umana, delle feste e sagre e
usanze del calendario, delle dimore rurali, della vita agricola,
marinara e pastorale, della letteratura, prosa, drammaturgia,
canto, danza e musica, della magia, della superstizione e credenze popolari, della religiosità,
dell’arte.
Gli anni successivi alla seconda
guerra mondiale furono difficili
per gli studi etno-antropologici
in Italia. Ernesto de Martino, fu
uno degli autori che con le sue
opere e i suoi studi rilanciò queste discipline che oggi, fortunatamente, hanno grande rilievo.
Se da un lato il mondo accademico ha moltiplicato ricerche e
sviluppato la disciplina indagan-
do la nostra cultura materiale
e immateriale negli ambiti del
folklore, delle arti e delle usanze
popolari, le tradizioni e la cultura tradizionale italiana ha avuto,
ed ha, un intenso sviluppo grazie
alle volontà di associazioni, enti
e cittadini attivi che con grande
impegno e ricerca metodologica,
lavorano sul territorio per valorizzare e recuperare la “nostra
storia”.
Due sono i momenti storici dello sviluppo dei Gruppi Folklorici
Italiani. Prima, dal 1945, anno di
fondazione dell’ENAL (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori)
- che si proponeva di promuovere l’impegno delle ore libere dei
lavoratori con diverse iniziative,
tra cui le iniziative culturali, la
promozione di feste folkloristiche, concorsi canori e musicali -,
i Gruppi Folklorici Italiani, sono
stati supportati nel recupero
delle tradizioni popolari, in seno
all’ENAL, da un comitato scientifico coordinato da eminenti
cattedratici e ricercatori in ambito antropologico (Paolo Toschi,
Giorgio Nataletti, Tullio Tentori,
Giovanni Bronzini, Cesare Cor-
IL FOLKLORE D’ITALIA
noldi, Diego Carpitella, Giuseppe
Profeta, Biancofiori, Anna Maria
Pezzella - solo per citarne alcuni
ma l’elenco sarebbe lunghissimo). Più tardi, nel 1970, i Gruppi Folklorici Italiani aderenti
all’ENAL, hanno costituito un organismo autonomo e nel momento in cui l’ente viene sciolto, nel
1978, nasceva la Federazione Italiana Tradizioni Popolari (FITP).
Nella consulta scientifica della
FITP, oggi presieduta da Mario
Atzori, ordinario di Storia delle
Tradizioni Popolari presso l’Università di Sassari, emeriti docenti
e studiosi delle tradizioni popolari italiana (Patrizia Resta, Gian
Luigi Bravo, Sergio Bonanzinga,
Leonardo Alario, Pino Gala e Vincenzo M. Spera) collaborano con
i Gruppi Folklorici Italiani per
valorizzare il nostro patrimonio
materiale e immateriale demoetnoantropologico.
Alla giunta nazionale della FITP,
presieduta da Benito Ripoli, al
segretario genarale Franco Megna, ai componenti il consiglio
nazionale, ai dirigenti e comitati
regionali e provinciali e ai gruppi
folklorici italiani i miei complimenti per il grande lavoro che
state svolgendo. Mi preme, infine,
che una vecchia tela, un reperto
archeologico, un vaso antico non
sono solo “oggetti” ma testimoniano in modo tangibile il nostro
passato. Il grado di tutela e di valorizzazione della cultura materiale ed immateriale delle culture
è l’unico segno “irrinunciabile”
da preservare per le generazioni
future.
Auguro agli organizzatori della XXXI^ edizione della manifestazione “Italia e Regioni” che si
svolgerà nella nostra cittadina
termale, Chianciano Terme, dal
14 al 16 settembre, buon lavoro.
n. 04 / 2012
di Paolo Piccinelli
di Loredano Fanelli
Assessore al Turismo
Comune di Chianciano Terme
Organizzazione
“Italia e Regioni 2012”
Le tradizioni, il folklore, la
cultura sono le basi su cui
una società dovrebbe basare
il proprio sviluppo per crescere cittadini che guardino
al futuro senza mai dimenticare ciò che altri prima di noi
hanno fatto perché rimanesse un segno, un messaggio.
Le tradizioni sono inoltre eccellenze che rappresentano
il nostro paese nel mondo capaci di integrare e di unire le
persone. Chianciano Terme
è onorato di poter ospitare
una manifestazione che al di
là dell’importanza turistica
offre un messaggio culturale
e di senso civico profondo.
La mia personale speranza
é che si riesca a diffondere
questo messaggio fin dentro
le scuole affinché i giovani
si avvicinino alle tradizioni
popolari garantendo sempre
nuove forze e aiutandoci a
non far interrompere questo
filo con il passato.
“Italia e Regioni”, il più importante appuntamento della Federazione Italiana Tradizioni Popolari, farà tappa
a Chianciano Terme dal 14
al 16 settembre 2012. Siamo
orgogliosi di ospitare in Toscana la 31.ma edizione del
Raduno nazionale dei gruppi
folklorici affiliati alla FITP. La
scelta di Chianciano Terme,
favorita dalla posizione centrale e strategica, ma anche
per l’immensa disponibilità
dell’amministrazione comunale e delle strutture ricettive, sarà ricambiata da tanto
calore e ospitalità. Stiamo
lavorando con grande intensità, con persone capaci, per
un’edizione affascinante, assolutamente da non perdere.
Questa nuova kermesse del
Folklore Italiano, in programma nell’accogliente cittadina termale di Chianciano
Terme, porterà con se il suo
splendido fascino, la sua scia
di colori, di costumi, danze,
canti e tanta amicizia.
I gruppi folklorici e tutti coloro che parteciperanno alla
31.ma edizione di “Italia e
Regioni” porteranno tanto
entusiasmo. Noi li accoglieremo con calore. Sarà un’edizione da incorniciare.
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9
italia e regioni
La città della salute
e dell’ospitalità
Benvenuti a Chianciano Terme
10
D
ici Chianciano Terme
e non puoi che pensare alle Terme. D’altra parte, quando già
nel nome si dichiara
apertamente una certa vocazione, il profilo di un luogo è ben
tracciato. E Chianciano Terme è
senza dubbio una località il cui
nome non è scindibile dal concetto di benessere termale, visto che
da tempi immemorabili qui l’uomo si è applicato nello sfruttare
tutti i benefici delle acque terma-
li, che in questa cittadina sgorgano abbondanti.
Dagli Etruschi ai Romani, poi attraverso il rinascimento, fino ai
giorni nostri, Chianciano Terme
si è evoluto fino a diventare un
esempio assoluto di “Città Termale”, senza rinnegare le proprie
radici, che mantiene gelosamente
in un centro storico tra i più graziosi del territorio.
Chianciano Terme, in provincia
di Siena, conta circa 7.000 abitanti.
IL FOLKLORE D’ITALIA
Ubicato nella Val di Chiana meridionale, è una tra le più importante stazioni termali d’Italia, dotata
di efficienti e moderne strutture
turistiche. Si devono agli Etruschi
le origini del primo nucleo abitato, giunti su queste terre proprio
per le proprietà curative delle
loro acque.
Chianciano è una cittadina moderna ed elegante, composta
principalmente di alberghi e pensioni, spaziosi viali alberati fiancheggiati da negozi, caffè e aiuole.
Nei numerosi verdissimi parchi
si trovano gli stabilimenti termali, organizzati secondo i più avanzati criteri moderni; il più grande
è quello delle Fonti dell’Acqua
Santa nel bellissimo Parco delle
Fonti e nel Parco Fucoli. Sempre
nel comprensorio idro-termale si
trova la “Sorgente di Sant’Elena”.
Poco lontano dal moderno centro
termale, su un panoramico colle,
sorge il centro storico di Chianciano, di origine probabilmente
etrusca. L’assetto urbanistico è
tipicamente medievale, con numerosi e suggestivi vicoli che si
irradiano dal centro della cittadina verso l’estrema “Via delle
Mura”. Varcata la Porta Rivellini,
di aspetto rinascimentale, percorrendo via Casini, si giunge
alla Torre dell’Orologio con lo
stemma mediceo. Nelle vicinanze
si trova la Chiesa dell’Immacolata con l’affresco della Madonna
della Pace. Apprezzabile anche
il Palazzo De Vegni di proprietà
comunale che fu del noto architetto settecentesco Leonardo
Massimiliano De Vegni. La Torre
dell’Orologio di epoca medievale
sulla fronte riporta lo stemma dei
Medici aggiunto quando Firenze
ebbe il pieno controllo della città.
Pochi metri a sinistra si arriva a
piazza Matteotti, adornata di una
n. 04 / 2012
bella fontana settecentesca.
Interessante è la visita alla Collegiata, al Museo di Arte Sacra nel
Palazzo dell’Arcipretura e al vicino Palazzo del Podestà, ornato
da stemmi del XV e XVI secolo.
Il Museo della Collegiata sfoggia,
tra le altre cose, un grande Crocifisso della scuola di Duccio di
Buoninsegna e un polittico “Madonna con Bambino” di un seguace di Nicola Pisano. Da vedere il
Museo Archeologico delle Acque
con una interessante esposizione
di numerosi reperti archeologici
sopratutto etruschi.
La cinquecentesca Chiesa della
Madonna della Rosa si raggiunge
con una breve passeggiata fuori
dal paese: interessanti i suoi connotati del tardo Rinascimento.
Chianciano Terme può essere anche un’ottima base per raggiungere altre interessanti cittadine
in provincia di Siena.
Sebbene la maggior attrattiva
del luogo sono proprio le terme,
è possibile anche praticare attività sportive e ricreative, godere
di una sana alimentazione, vivere
a contatto con la natura e ovviamente usufruire dei trattamenti e
delle cure termali.
La zona intorno alle terme di
Chianciano si presenta in stile
moderno, mentre la parte vecchia conserva la bellezza di altre
epoche.
Ovviamente tra gli apprezzamenti che si possono fare a questi
luoghi non può mancare quello
sull’enogastronomia locale.
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11
la ricerca
Tradizioni popolari
e antropologia culturale
di Mario Atzori
Presidente
Consulta Scientifica FITP
12
1. Il viaggio per gli etno-antropologici, tra i quali si collocano
gli studiosi di tradizioni popolari, costituisce l’approccio metodologico sul quale si fondano le
ricerche per la scoperta dei prodotti culturali degli uomini nelle diverse realtà e, in senso lato,
per la conoscenza dell’uomo nel
suo essere nel mondo e nel suo
fare cultura; da qui il fondamento
dell’antropologia e la base degli
oggetti e degli argomenti delle
sue ricerche, ovvero, gli uomini
nelle loro diversità e alterità sia
fisiche, sia etniche e sia culturali.
A partire dalla prima metà del Novecento, tra gli studiosi di scienze
umane, viene condivisa la definizione di antropologia come “lo
studio dell’uomo”. Da qui le specifiche distinzioni di antropologia
�isica che si occupa dei caratteri
fisici della specie umana; di antropologia archeologica che
indaga sulle formazioni culturali
e sociali del passato; di antropologia socioculturale che studia
i prodotti sociali e culturali dove
rientrano le tradizioni popolari
dei paesi di cultura occidentale.
2. L’antropologia culturale può
essere distinta in diversi orientamenti di indagine, nei quali,
anche in questo caso, il comune
denominatore è costituito dagli
uomini, inquadrati nei loro specifici contesti socio-culturali. In tali
contesti gli studiosi individuano
i modelli universali da correlare
tra tutte le culture: le semplici e
le complesse, le antiche e le moderne.
Uno fra questi orientamenti è rivolto alla conoscenza della storia
delle culture degli uomini e del
loro sviluppo. L’approccio considera validi, nei rispettivi contesti,
sia la cultura classica ateniese, sia
quella del cacciatore papuaso, sia
i Romani, sia i loro antenati del
Pleistocene. In questo indirizzo la
storia degli uomini viene esaminata nella sua vasta complessità
senza stabilire primati e differenze tra diversi contesti e situazioni, ciascuno dei quali risulta valido per ciò che esso è stato come
quadro ed esito storico.
Nella storia del pensiero antropologico, a partire dal secolo XVIII
gli studiosi hanno compiuto una
grande quantità di viaggi per scoprire realtà socio-culturali diverse da quella europea. Per esempio, dopo Le storie di Erodoto, La
Germania di Tacito, nell’antichità
e Il Milione di Marco Polo, nel Medioevo, opere queste realizzate a
seguito di viaggi fatti presso po-
IL FOLKLORE D’ITALIA
polazioni con culture differenti
da quelle dei rispettivi autori, uno
dei primi lavori di vera documentazione etnografica è l’opera Costumi dei selvaggi americani comparati con quelli dei tempi antichi,
pubblicata nel 1724 dal gesuita
Joseph-François Lafitau che visse
come missionario tra gli Indiani
storico degli antropologi americani che si formarono intorno a
Franz Boas che, tra la fine dell’Ottocento e i primi quarant’anni del
Novecento, ha studiato gli Eschi-
I Kwakiutl, isola di Vancouver, ( F. Boas)
Irochesi, Canada (F. Lafiteau)
Uroni ed Irochesi, nelle regioni
dei grandi laghi del Nord America, tra il Canada e gli Stati uniti.
Il metodo di studio è quello evoluzionistico teso a comparare le
culture al fine di commisurare la
differenza di progresso raggiunto dagli indiani rispetto a quello
degli europei. In questo filone di
indagini si colloca la concezione
teorico-metodologica interessata alle trasformazioni culturali
compiute dagli uomini, quali, per
esempio, il passaggio dalla scheggiatura delle selci e delle ossidiane fino alla moderna rivoluzione
industriale e alla globalizzazione
economica.
Un altro orientamento è quello
che si interessa dei cambiamenti
culturali e soprattutto della validità delle differenze fra le culture,
intese ciascuna positiva di per sé
e, quindi, di fatto ognuna relativa
e indipendente dalle altre. Questo indirizzo ha costituito la base
del relativismo o particolarismo
mesi Inuit dell’Alasca e gli indiani
Kwakiutl della costa nordoccidentale del continente americano; Boas è stato un intellettuale
fortemente impegnato contro il
razzismo; alla sua scuola della
Columbia University si formarono antropologi che con le loro
spedizioni scientifiche hanno
contribuito a consolidare l’antropologia; per esempio Ruth Benedict ha studiato gli indiani del
Nuovo Messico mettendo in risalto come essi elaborino modelli
sociali differenti; sulla nozione di
modelli culturali ha pubblicato
nel 1934 l’opera Modelli di cultura e ha messo le basi dell’indirizzo antropologico definito di
“cultura e personalità”. Questa
metodologia porta a valutare le
implicazioni psicologiche che gli
individui e i gruppi sociali realizzano in rapporto con la società e
in cui operano. Per diversi decenni, tale metodo ha caratterizzato
l’antropologia americana. In esso
l’attenzione è rivolta a cogliere
quanto l’ambiente sociale possa
condizionare il modo di pensare
n. 04 / 2012
degli uomini, e come, a sua volta,
lo stesso modo di pensare possa
formare e riplasmare il patrimonio culturale di una data società.
Rientrano nel filone di “cultura
e personalità” gli studi condotti sulle etnie papua della Nuova
Guinea da Gregory Bateson che,
nel 1936, pubblicava Naven. Bateson analizza un rituale di iniziazione tramite travestimento,
nel quale non si verificherebbe una deviazione psicologica
dell’iniziando, ma l’assunzione di
una nuova identità di status; nello stesso quadro teorico rientrano i lavori di Margaret Mead che,
alla fine degli anni ‘20, nelle Isole
Danza Balinese, isola di Bali (M.Mead)
Samoa, nell’Oceano Pacifico, studiò il comportamento psicologico
e di socializzazione delle adolescenti; in L’adolescente in una società primitiva apparso nel 1928
la Mead dimostrava come l’adolescenza in una società cosiddetta
“primitiva”, ovvero in una società
“semplice ed omogenea”, fosse
una fase della vita meno esposta
a traumi di quanto non avvenisse
nella società americana.
3. Mentre in America si affermavano il relativismo culturale di
Boas e il neoliberismo economico
che segnavano l’inizio della fine
del protezionismo coloniale di
tradizione ottocentesca, dopo la
Prima Guerra Mondiale, in Eurowww.fitp.org
13
la ricerca
pa, al contrario, gli antropologi inglesi e francesi erano interessati a
rafforzare e migliorare l’apparato amministrativo dei rispettive
colonie. Da qui gli studi compiuti
da Bronislaw Malinowski nelle
Isole Trobriand in Melanesia; nel
1922, egli pubblicò la nota opera
Argonauti del Pacifico occidentale
Scambio Kula, isole Trobriand,
Melanesia ( B. Malinowski)
14
nella quale considerava lo scambio rituale kula di bracciali e collane di conchiglie come un commercio.
Grazie a questo lavoro e all’interpretazione economica del kula
ebbe l’insegnamento di antropologia nella London School of Economics dove venivano formati i
quadri dirigenti dell’Inghilterra
coloniale. In tale contesto veniva
istituita la corrente antropologica funzionalista, secondo la quale
ogni cultura “funziona” in modo
organico; ovvero, la disfunzione
di un singolo organismo determinerebbe la disfunzione globale
della società. In questo contesto
dell’antropologia inglese, inoltre,
rientrano le ricerche di Alfred
Radcliffe-Brown nelle Isole Andamane nel Golfo del Bengala prima
e poi in Australia (1922, Gli isolani delle Andamane; 1931, L’organizzazione sociale delle tribù
australiane) e quelle di Edward
Evans-Pritchard in Africa centro-
Danza Nuer, Sudan meridionale
(E. Evans- Pritchard)
orientale tra gli Azande e i Nuer
(1937, Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande; 1940, I Nuer.
Un’anarchia ordinata) (foto n. 5);
quest’ultima opera è particolarmente importante per capire i sistemi sociali segmentari nei quali
una popolazione, che condivide
lingua e cultura, non è retta da un
comune capo (monarca o istituzione statale democratica) ma è
suddivisa in gruppi differenziati,
retti ciascuno da patriarchi o capi
clanici e familiari.
Per quanto riguarda gli antropologi francesi, tra gli anni ’20 e
’40 del Novecento, si deve partire dalla ristrutturazione dell’amministrazione coloniale francese
alla quale è connessa la missione
etnografica Dakar-Gibuti organizzata nel 1931 da Marcel Griaule,
con lo scopo ufficiale di raccogliere dati sulle lingue e sulle culture
delle regioni, in gran parte, sotto
il controllo coloniale francese.
Qualche anno prima, l’amministrazione coloniale era stata
fortemente criticata da André
Gide, allora deputato del Partito
Comunista Francese e che, nel
1928, aveva pubblicato un diario di viaggio, Le retuor du Tchad,
suite de voyage au Congo. Carnet
de route, nel quale vengono denunciati i soprusi dei funzionari
coloniali nei confronti delle po-
Danza delle maschere Dogon, Mali
(M. Griaule)
polazioni locali. Con la missione
di Griaule non solo fu possibile
studiare le maschere rituali dei
Dogon (1938, Machere dogon),
ma anche il sistema logico di conoscenze, le relative concezioni
religiose e sociali di popolazioni
diverse da quelle mediterranee
(1948, Dio d’acqua). Nel medesimo quadro dell’antropologia
coloniale francese si inseriscono
gli studi compiuti, in Nuova Caledonia, sul rapporto mito e personalità da Murice Leenhard (1947,
Do Kamo. La persona e il mito nel
mondo melanesiano) e da Robert
Montagne che si è occupato delle realtà socio-culturali berbere
nella Catena dall’Atlante (1930, I
berberi e il Makhzen; 1947, La civiltà del deserto).
4. Nell’ambito degli studi sulle
trasformazioni sociali si colloca il particolare indirizzo che si
occupa dei cambiamenti che caratterizzano le società cosiddette forkloriche, nelle quali sono
presenti dislivelli economicoculturali e sociali; in tali società
si riscontra una cultura egemonica dei gruppi sociali dominanti
e culture subalterne, proprie dei
ceti definiti popolari, riscontrabili nelle realtà sociali rurali e nel
proletariato urbano. In questo
quadro le ricerche sono rivolte
ad evidenziare le fasi di rapida
IL FOLKLORE D’ITALIA
trasformazione che attraversano
e subiscono le realtà sociali nel
passaggio dalla condizione economico-culturale tradizionale o
definibile anche subalterna verso
quella dell’economia di mercato e
del sistema produttivo industriale e postindustriale.
Si correlano a questo ambito di
studi e gli interessi di ricerca rivolti ad individuare le condizioni
e i fattori che stimolano o ritardano il mutamento economico
e culturale, riferendo le stesse
forze autoctone del mutamento
al contatto tra le culture e alla relativa dimensione internazionale.
Per esempio, negli ultimi decenni, il processo di globalizzazione,
ormai diffuso a livello planetario,
sta accelerando la trasformazione
dei vari sistemi tradizionali che
non riescono a resistere al processo di occidentalizzazione ideologica e socio-economica. Da qui
derivano la resistenza, tramite
varie forme di fondamentalismo
ideologico-religioso, e la revisione circa i processi di “acculturazione” rispetto a quelli verificatisi
nel passato con le emigrazioni e le
conquiste coloniali.
La cultura materiale e le tecnologie, nella correlazione tra uomo e
oggetto-strumento e nelle implicazioni sociali e culturali determinate dalla realizzazione e dall’uso
del manufatto o prodotto, costituiscono un ulteriore indirizzo delle
ricerche dell’antropologia culturale e delle analisi sulle tradizioni popolari. Questo indirizzo si
collega agli studi storici e a quelli
archeologici che si connettono
all’antropologia biologica; infatti,
la cultura è il prodotto della specie umana, ma l’evoluzione cultu-
rale della medesima specie è, di
fatto, l’esito realizzato tramite la
stessa cultura.
In questo filone di studi rientra
la particolare tradizione di ricerca etnografica italiana particolarmente interessata alle realtà
folkloriche. A partire dalla fine
dell’Ottocento, questa tradizione
si è intersecata facilmente con gli
studi linguistici di dialettologia.
Successivamente ha avuto come
sbocco teorico lo storicismo crociano, secondo il quale nelle tradizioni popolari si possono cogliere
soltanto pochi elementi artistici
o come sostiene Paolo Toschi il
“popolare” sarebbe ciò che indica
“un tono psicologico di semplicità, di spontaneità, di primitività”,
recuperando così una certa nostalgia romantica per “l’anima popolare”, per il “primitivo” e il contadino “cafone”. In tale contesto
vanno viste le numerose indagini
compiute da una grande quantità
di studiosi per documentare tradizioni orali, religiose e materiali
che caratterizzano le complesse e
tra loro differenti realtà culturali
delle diverse regioni; tra queste,
molto spesso quelle meridionali
ed insulari sono state oggetto di
particolari attenzioni e, in questi
luoghi, sono stati condotti numerose ricerche. A solo titolo di
esempio, si possono ricordare
quelle di Raffaello Corso nella sua
Calabria, di Paolo Toschi che ha
condotto ricerche in quasi tutte
le regioni italiane per studiare le
origini del teatro e dell’arte popolare.
A questa metodologia di studi,
nell’immediato dopoguerra e nei
decenni successivi, reagirono diversi studiosi che si dissociaro-
n. 04 / 2012
Taranta di Maria di Nardï, Galatina (E. de Martino)
no in gran parte dallo storicismo
crociano; tra questi vanno ricordati Ernesto de Martino, Alberto
Mario Cirese, Giuseppe Bonomo,
Vittorio Lanternari, Tullio Tentori, Vinigi Gottanelli (foto n. 9),
Giovanni Battista Bronzini, Antonino Buttitta, Gian Luigi Bravo,
Aurelio Rigoli, Luigi Lombardi
Satriani, Clara Gallini, Francesco
Remotti, Ugo Fabiletti ed altri. Gli
indirizzi metodologici seguiti, in
un primo tempo, furono orientati
dal materialismo storico filtrato
da Antonio Gramsci; in seguito,
furono rivolti allo strutturalismo
e all’analisi semiologica dei fatti
culturali; negli ultimi decenni ci
sono stati diversi interessi per
la metodologia dell’antropologia
interpretativa proposta Clifford
Geertz, del quale si farà cenno più
avanti.
5. Le interrelazioni tra linguaggio e cultura costituiscono un
particolare ambito di indagine
antropologica che presuppone
le conoscenze delle metodologie
linguistiche per ricostruire la storia e le strutture dei linguaggi elaborati dagli uomini al fine di comunicare le proprie conoscenze
ai propri simili e agli “altri”, intesi
come “diversi”, con i quali si entra
www.fitp.org
15
la ricerca
in rapporto. Un orientamento di
indagini improntate a questa concezione teorica è quello che ha
come oggetti di ricerca le strutture sociali e l’organizzazione politica di realtà socio-culturali sia
preindustriali che postindustriali.
Interessa studiare il loro sistema
di leggi e di governo, le forme o sistemi di produzione, di distribuzione e di consumo dei beni; inoltre, studia la religione, ovvero, le
visioni del mondo, le credenze di
fede e i rituali. In tale ambito metodologico si collocano le indagini
in Amazzonia tra i Bororo e Nambikwara condotte da Claude LéviStrauss e raccontate nel 1956 nel
noto lavoro Tristi tropici, scritto
16
Danza Bororo, Mato Grosso, Brasile
( C. LÇvy-Strauss)
Danza Bororo, Mato Grosso, Brasile
(C. LÇvy-Strauss)
diversi anni dopo la fondamentale opera del 1949 Le strutture
elementari della parentela, dove
sono messe le basi all’approccio
strutturalistico dell’antropologia
contemporanea.
Si devono tenere presenti, inoltre,
gli orientamenti di indagine più
recenti. Campi specifici di queste attenzioni sono le condizioni
di disastro (naturali e sociali), le
condizioni di marginalità (malattia mentale, ospedalizzazione,
disadattamenti sociali, conflitti generazionali, povertà, analfabetismo), le crisi di valori e i
problemi correlati della obsolescenza del proprio orientamento,
dell’esclusione e dell’autoesclusione, dell’integrazione alla nuova realtà culturale, tanto nel caso
dell’emigrazione come dell’immigrazione, dove l’individuo è posto
di fronte al una cultura “altra” per
sua scelta, così come nel caso della modernizzazione della società
tradizionale, nella quale l’individuo è nato, si è sviluppato e dove
deve comunque adattarsi.
6. Attualmente, più che nel passato, il problema della diversità
degli “altri” richiede dare risposte, cioè, capire e stabilire chi
siamo “noi”. Tali approcci di verifica impongono nella ricerca
confronti e paragoni. Per questi
motivi, infatti, l’indagine antropologica deve agevolare l’incontro tra le culture, in primo luogo
quella dell’antropologo e quella
dei cosiddetti “nativi”. A questo
scopo negli ultimi decenni, le
riflessioni critiche sui principi
dell’antropologia hanno portato
ad una revisione dell’approccio
verso le “alterità” culturali differenti e talvolta anche diverse
dalla cultura dell’antropologo
osservante. Si è colto che l’antropologia si nuove tra due poli,
quello dell’esperienza e quello
dell’interpretazione;
l’esperienza è prima di tutto esperienza della diversità culturale. Ma
non è tale solo in questo senso.
Esperienza è anche lo scenario
‘pratico’ nel quale l’antropologo
compie le sue mosse teoriche; è
il contesto, fatto di altri esseri
umani, in cui egli effettua scelte
esemplificative in cui mettere
in atto strategie di ricerca, proprio come fanno altri ricercatori
e studiosi nei loro laboratori e
nelle loro biblioteche. In antropologia esperienza ed interpretazione stanno in una continua
situazione di ambiguità. Infatti,
tramite l’esperienza si identificano i dati di una cultura, i quali, a loro volta, vengono tradotti
con opportuni linguaggi e quindi
interpretati. Però, la traduzione
dei dati, tramite opportuni significanti, non può mai rispecchiare
l’esatto significato dei dati; da
qui la relativa precarietà e ambiguità delle interpretazioni di
quei dati.
Una soluzione a tale questione
è quella offerta da un approccio
di tipo interpretativo dei dati
individuati con l’esperienza; in
questo tipo di analisi l’ambiguità dei termini “significato”,
“traduzione”, “interpretazione”
è minore; infatti, chi traduce o
descrive una cultura deve conoscere due orizzonti culturali o
linguistici, quello della cultura
osservata e quello della cultura verso la quale intende effettuare la traduzione dei dati. In
sostanza, l’antropologo sostitu-
IL FOLKLORE D’ITALIA
isce sistematicamente parole e
sequenze di parole in modo tale
da produrre un testo equivalente (ovvero, i dati dell’esperienza
antropologica). A questo livello,
il testo tradotto racconterà ‘più
o meno la stessa storia’ (cioè, i
dati saranno tradotti più o meno
esattamente come essi sono nella realtà), presenterà ‘più o meno
le stesse idee’, descriverà ‘più o
meno la stessa situazione’ del testo di cui è una traduzione. Nel livello dell’interpretazione si avrà
una situazione differente a quella dell’esperienza e della tradu-
zione, in quanto i dati sono stati
già tradotti in un linguaggio di
tipo scientifico e, quindi, l’interprete dovrà utilizzare un unico
linguaggio, quello dell’analisi del
senso dei significati dai dati raccolti accostandoli il più possibile
alla propria capacità interpretativa e a quella dei lettori dei suoi
studi, così come ritiene Clifford
Geertz nella nota opera Interpretazione di culture (1973) frutto
di diverse ricerche per studiare
le realtà culturali berbere di Sefrou in Marocco e, in Indonesia,
quelle di Giava e di Bali.
n. 04 / 2012
Da qui si possono trovare indicazioni e stimoli per i gruppi folklorici della FITP che hanno l’importante responsabilità di dover
saper tradurre, con linguaggi
attuali, nelle manifestazioni a cui
partecipano, i patrimoni culturali
delle regioni e comunità di origine; da qui la validità delle interpretazioni e della traduzione, nelle messe in scena degli spettacoli
che i gruppi folklorici preparano,
delle tradizioni popolari delle rispettive località, così come la validità della loro funzione sociale,
culturale e pedagogica. 17
Fiuggi 13-11-2011; 1° premio per la rappresentazione e interpretazione del centocinquantennale dell’Unità d’Italia (G.F. Pro Loco Castrovillari)
www.fitp.org
la ricerca
Identità percepite
identità esibite
L’abbigliamento tradizionale come espressione identitaria
di Gianna Saba
Dottoranda in
Antropologia Università di Sassari
18
Al pari della lingua, l’abbigliamento è una delle rappresentazioni evidenti delle relazione
che lega l’uomo all’ambiente in
cui vive, biologicamente e culturalmente inteso. Accanto all’esigenza primaria della protezione
del corpo, infatti, l’abbigliamento possiede anche una funzione
estetica, non rigidamente separabile da quella funzionale, che
accentua alcuni elementi simbolici, cerimoniali, in ultima istanza,
culturali.
In passato, famiglia di provenienza, sesso e professione erano indicatori fondamentali delle
identità individuali; ad ognuno
di questi ruoli corrispondevano
comportamenti ed atteggiamenti
da mettere in pratica, la trasgressione ai quali veniva considerata
una pericolosa deviazione rispetto alla norma sociale. Da ciò nasceva, nelle società tradizionali,
l’esigenza di definire i propri
ruoli sociali attraverso indicatori che permettessero una immediata riconoscibilità: tra questi,
il modo di vestirsi e di adornarsi
era uno dei più evidenti. In alcuni casi, a particolari categorie di
individui, ritenuti marginali, venivano disposti specifici codici
di abbigliamento con l’emanazio-
ne di adeguate leggi suntuarie:
ad esempio, a Milano, nel 1515,
le prostitute indossavano fuori
casa, come segni di riconoscimento, un fazzoletto bianco sul
capo ed una cintura rossa in vita,
nella Venezia del XV secolo, calze
gialle, a Perugia nel secolo XVII
erano invece obbligate, per legge,
ad indossare un velo turchino.
Nelle culture contemporanee,
in cui le identità culturali (individuali e collettive) subiscono,
in maniera repentina rispetto al
passato, fenomeni di innovazione, evoluzione, contatto e trasformazione, gli esseri umani hanno
più libertà nello scegliere, quotidianamente, come presentarsi e
rappresentarsi ai propri simili. A
questo proposito, si parla di performance: come un attore sulla
scena, l’uomo contemporaneo
decide quali sono i significati e i
valori che egli vuole veicolare col
suo abbigliamento. Progettare e
costruire un’immagine di sé, per
poi presentarla come naturale e
non intenzionale, è una delle caratteristiche cui tendono le pratiche di abbigliamento nell’Occidente contemporaneo.
Con quelli che sono veri e propri
gesti di abbigliamento (Ugo Volli
2002:61), si veicolano quindi im-
IL FOLKLORE D’ITALIA
portanti significati da condividere. Scegliere di indossare l’abito
tradizionale significa nel mondo
contemporaneo, non costruire
una nuova immagine di sé, quanto rivelare la propria identità,
considerata vera, autentica, preferibile ad altre. In questo processo l’identificazione si fonda sulla
tradizione, sul riconoscimento reciproco consentito dall’ uso di un
simbolo di un passato conosciuto
e condiviso da una comunità specifica, in opposizione a stili di abbigliamento contemporanei che
tendono, spesso, a omologare. In
passato, gli elementi significativi
e immediatamente riconoscibili
dell’abito tradizionale identificavano comunità specifiche: un
esempio classico è il caregon dei
contadini sloveni di Trieste, un
cappello di pelliccia che provocava la derisione dei contadini di
lingua italiana.
Al giorno d’oggi, l’abito tradizionale, ormai ritualmente indossato (interpretato, quindi, come
costume) consiste, in molti casi,
dell’abito quotidiano in disuso,
reso “importante”, considerato
prezioso, proprio in virtù del carattere di autenticità che ad esso
viene riconosciuto.
Spetta a Pëtr G. Bogatyrëv il merito di aver rintracciato le modificazioni che hanno portato al
passaggio dell’abito quotidiano
al costume rituale, che avviene
spesso nella seguente sequenza:
costume “di tutti i giorni”- abbigliamento della festa o costume
rituale. Il passaggio da quotidiano
a rituale si riscontra, ad esempio,
in Carnia, per quanto riguarda
l’uso del quadri: fazzoletto di uso
quotidiano fino agli anni ‘60 del
‘900, poi diventato copricapo e
segno di lutto. Un altro esempio,
per quanto riguarda l’abbigliamento tradizionale sardo, è la
scelta di confezionare, per i neonati e i bambini molto piccoli, piccoli abiti da gala, simili in tutto e
per tutto a quelli degli adulti, da
utilizzare nelle processioni.
Inoltre, all’orgoglio dell’identità esibita si aggiungono i valori
dell’affetto e della trasmissione
dei valori famigliari: a prescindere dall’originaria funzione o
foggia dell’abito (quotidiano o festivo, tipico di una determinata
classe sociale o di un’altra) l’abito
tradizionale diventa, in molti casi,
un’eredità trasmessa di padre in
figlio, di madre in figlia. Uno dei
fini più evidenti delle mode contemporanee non è tanto quello
di trasmettere significati codificati, ma di orientare o attirare
l’attenzione (in ultima analisi, di
sedurre).
). Indossare l’abito tradizionale significa anche, per un
tempo determinato, sottrarsi a
questa logica. Ciò è ben evidente
nell’abbigliamento tradizionale
femminile, che propone un modello antagonista a quello della
femme fatale,, ed è l’espressione
di un’attitudine di comportamento incentrata sul concetto di
decoro. Quello che l’abito tradizionale mette in scena è un corpo
femminile tabuizzato.. In alcune
occasioni, la preservazione del
corpo femminile era assoluta: per
la festa di Sant’Agata a Catania, ad
esempio, è descritto l’uso, nel secolo XVII, le contadine provenienti dalla campagna si recavano alla
festa portando gli occhiali,, un telo
bianco ricadente dal capo fino a
coprire tutto il volto, provvisto di
n. 04 / 2012
due tagli all’altezza degli occhi per
poter vedere e camminare. L’uso
di copricapi femminili più leggeri, come il velo, ha comunque lo
scopo di celare ciò che, espressione della sensualità, deve essere
preservato e tenuto distante dallo sguardo, occultando la dignità
femminile e preservando l’onore
maschile. Indossare il velo di un
abito tradizionale significa, quindi, lasciar intravedere ciò che è
proibito senza però distruggere il
carattere misterioso di una femminilità intima, racchiusa, alternativa ai valori contemporanei.
Nel precedente numero de
“Il Folklore d’Italia” l’articolo
“Spettacolo-Laboratorio:
la partenza” era a firma di
Gianna Saba.
19
www.fitp.org
la ricerca
Balli a poesia
nella Toscana meridionale
di Pino Gala
Consulta Scientifica FITP
20
I^ parte La Toscana viene considerata a giusta causa la culla della lingua italiana e terra elettiva
dell’estro letterario. Due elementi che si sono condizionati fra loro
sin dal Medioevo, ottenendo, grazie ad una serie di fattori concomitanti, un riconoscimento progressivo di volgare illustre atto a
sostituire il latino nell’espressione artistica e poi nella trattazione
scientifica1. Molti letterati di altri
comuni, signorie, stati o regioni
venivano a risiedere in Toscana
per acquisire meglio le regole
del “parlar toscano” e mettersi in
relazione con altri scrittori, poi
cercavano un mecenate di riferimento per ottenere committenze
o vitalizi. Anche nella cultura popolare è considerata la terra dei
poeti, intendendo per tali i versificatori estemporanei, prevalentemente per ottava rima (strofa
di otto endecasillabi concatenati
con schema rimico ABABABCC
- CDCDCDEE). Appartenenti ad
ogni ceto sociale - molti anche
contadini analfabeti - i poeti si affidavano alla loro buona memoria
orale (tenevano a mente migliaia
di versi dei grandi poeti di letteratura) e all’abile destrezza nel
maneggiar le parole per improvvisare testi in rima. Nella tradizione di alcune regioni dell’Italia
centrale e della Sardegna si è conservato l’antico concetto di poesia come canto (i carmina latini)
in metri sillabici e in rima. Erano
i ritrovi con gli amici, le osterie,
le veglie e le questue rituali o
drammatiche come le befanate,
la segalavecchia o le maggiolate,
le occasioni adatte per dar sfogo
alle capacità di improvvisare ottave e di confrontarsi a tenzone
poetico con altri loro colleghi.
Nelle lunghe “veglie” invernali
(intrattenimenti domestici serali
e notturni di parenti e vicinato)
le famiglie contadine erano solite radunarsi a casa di qualcuno
a turno per intrattenersi fra un
racconto ed una fatto di cronaca,
fra lavori domestici e chiacchierate, fra canti, suonate, mangiate,
bevute, balli e contrasti poetici in
ottava rima. La veglia, più di altre
feste ufficiali, era un interessante
contesto di socializzazione e di
coesione della comunità locale.
Poi c’erano le feste da ballo svolte
in casa, col suonatore di organino
o fisarmonica, o più anticamente
con i suonatori di violino e chitarra posti a sedere su un tavolo
o una madia al centro o all’angolo della sala, mentre in un’altra
zona si allestiva un piccolo buffet
di vivande e tutt’intorno delle
seggiole addossate alle pareti, in
IL FOLKLORE D’ITALIA
modo da lasciare più spazio possibile al centro della sala per il
ballo. Anche nella pratica dei balli
tradizionali si inseriva il canto a
poesia. Ancora oggi è praticato un
genere di balli cantati che impone
l’obbligo per il caposala (o capoballo) di saper cantare in versi: si
tratta soprattutto dei balli a invito. Questi balli, che dall’Ottocento
si basano sui modelli formali in
tempo binario della polka, passetto o marcetta, o ternari su ritmo
di valzer o mazurka, prevedono
come trama che un uomo dia inizio al ballo prendendo una donna
(si usava partire dalla moglie del
padrone della casa ospitante) e
facendo un breve giro, si fa suggerire da questa in un orecchio il
nome del cavaliere con cui vuole
ballare, così il caposala, quando il
suonatore inizia il motivo musicale del canto, invita con formula stereotipata o improvvisativa
l’uomo scelto per nome, costruendoci su questo un’apposita rima.
Così facendo invita al ballo tutte
le coppie presenti in misura dello spazio disponibile per il ballo.
L’ultima donna il caposala la tiene
per sé, in alcune aree con apposita rima. Vi sono schemi coreutici
che prevedono anche di disfare le
coppie nell’ordine inverso fino a
rimandare progressivamente tutti a posto. In qualche caso a prendere l’iniziativa ed avviare il ballo
poteva essere anche una donna di
carattere forte ed estroverso. Di
balli a invito nella Toscana meri-
dionale c’erano il ballo del chiamo
o della chiama, il ballo della sorte
e il ballo al fiasco.
Il ballo del chiamo
o della chiama
Il ballo a invito più diffuso e più
praticato ancora oggi in Italia è
senz’altro il ballo del chiamo (Toscana, Lazio e Umbria occ. e con
varianti in Emilia, Romagna, Veneto e Montefeltro), detto ballo
della sala sul versante adriatico
(Marche e Abruzzo). Si tratta di
un’ampia famiglia etnocoreutica
composta di poche varianti coreografiche ma di numerose versioni testuali e musicali peraltro
poco diversificate rispetto ad un
prototipo comune, attestato già
nel Medioevo. Un suo archetipo
si rintraccia nella canzone a ballo
citata da Boccaccio nel Decameron dall’incipit “L’acqua corre alla
borrana”. Una prima citazione del
testo di questa canzone a ballo si
trova in un codice manoscritto
della Biblioteca di Lucca del XIV
sec., ma più interessante risulta la
riconferma della presenza della
medesima danza due secoli dopo
circa. Un commentatore cinquecentesco del Decameron compie
nel 1552 un’interessante ricerca
etnografica proprio nelle campagne in cui si svolge la vicenda
di monna Belcolore di Varlungo (giornata VIII, novella II) per
comprendere la tipologia della
canzone a ballo. La ritrova ancora
in funzione nell’immediata cam-
NOTE
1 Tra le ragioni dell’affermazione del toscano come lingua nazionale dell’Italia, molto prima
dell’unità politica del XIX sec. vanno menzionate il prestigio economico-artistico internazionale
del Comune delle Arti e della Signoria medicea, la grande diffusione della produzione letteraria, la
posizione geografica centrale della regione, la vicinanza linguistica al latino e l’itineranza continua
di artisti, letterati, banchieri, mercanti dall’epicentro fiorentino e senese-pisano che hanno funzionato da mediatori linguistici.
n. 04 / 2012
pagna fiorentina e ne riporta due
varianti testuali. Allora si trattava
di una carola (cioè danza in cerchio) cantata con pari numero di
uomini e di donne.
L’acqua corre alla borrana, / e
l’uva è già vermiglia; / e ‘l mio
amore mi vuol gran bene, / e datemi quella figlia. // Questo ballo
none sta bene, / e potrebbe star
meglio. / E tu, ... compagno mio, /
vanne a lato al tuo desio, /e quivi
ti sta fermo.
Il modello ha sempre mantenuto
la funzione di un “cantaballo” ad
invito. Nel XIX sec. la danza circolare si è trasformatala in ballo di
sala a coppie legate e autonome
fra loro, su un impianto di percorso circolare, come dettavano i
balli di sale dell’epoca. Ne diamo
qui la versione di Lucignano (AR)
in Valdichiana, detto ballo della
chiama.
Questo ballo non va bene / se Carlino al ballo ‘un viene / meglio è e
meglio sarà / se Carlino verrà a
balla’ // Per saperlo il su’ casato /
“lo spavento” vien chiamato.
21
Classica collocazione del suonatore
durante una veglia: sulla madia
(o su un tavolo) per farsi sentire meglio
(la base faceva da cassa di risonanza)
e per controllare le fasi del ballo.
[Foto Gala, 1996]
www.fitp.org
il convegno
Il matrimonio
e i suoi rituali
Storie di ieri e di oggi che s’incontrano
di Francesca Grella
22
BARANELLO (Campobasso) «Così vestivano i nostri padri, le
nostre donzelle, le nostre madri
che soffrivano nella speranza di
un mondo migliore». Con queste
parole il presidente nazionale
della FITP, Benito Ripoli, coordinatore d’eccezione per l’evento,
ha aperto il convegno “La tradizione popolare foriera de crescita culturale”, che si è tenuto nel
suggestivo borgo di Baranello
(Campobasso). Nella cornice di
Palazzo Zurlo, sede del museo
storico, dopo il saluto del sindaco
Marco Maio e del presidente della Provincia, Rosario de Matteis,
la Compagnia di Cultura Popolare “Le Bangale”, ha “aperto le
danze” di un denso excursus sui
rituali del matrimonio. «C’è nel
Molise una cultura folklorica eccezionale che non può e non deve
passare inosservata ed è per questo, che un gruppo storico come
il vostro deve entrare a far parte
della grande famiglia FITP», ha
detto Ripoli rivolgendosi a Paola
Pinella, presidente de “Le Bangale”. Il costume storico del gruppo
è segno tangibile dell’importanza storica della cittadina di Baranello, così come di ogni paese
nel mondo. E’ il degno testimone
della sua cultura e della sua ricchezza, non solo materiale, che
La comunità indiana che vive sul territorio
va a raffrontarsi ogni giorno con
le molteplici culture straniere
presenti sul territorio baranellese, quali la comunità indiana,
presente con i suoi tipici abiti dai
colori sgargianti e quella rumena.
Sarà proprio la Pinella a mostrare e comparare con reperti video,
forniti proprio dalle suddette comunità, gli usi e i costumi di due
zone lontane tra loro, non solo
territorialmente, ma soprattutto
per religione, usi e costumi. «Un
popolo si costruisce sulle proprie
tradizioni e la cultura fa crescere
IL FOLKLORE D’ITALIA
i popoli. Atti eroici di piccoli uomini, che ne fanno la storia», ha
continuato Ripoli, passando poi la
parola ad un gruppo di esperti che
si è avvicendato sul palco d’onore.
In primis Mario Atzori, ordinario
di Storia delle Tradizioni Popolari
dell’Università di Sassari e presidente della consulta scientifica
della FITP, che partendo dai popoli africani è giunto fino alla sua
Sardegna. Atzori ha sottolineato
l’importanza di definire l’abito,
non come costume, ma come “abbigliamento”, che identifica ogni
uomo e che non è statico e, i gioielli, definiti non come tali, ma come
ornamenti. «L’abbigliamento copre il corpo, lo difende dal freddo,
così come dal caldo. Serve per comunicare agli altri ciò che siamo».
Il suo intervento ha fatto viaggiare i presenti lungo tutta l’isola
sarda, attraverso l’abbigliamento
maschile e femminile tipico delle
zone di Sassari, Oristano, Cagliari
e Nuoro. Il testimone è passato
poi a Vincenzo Spera, ordinario
di Storia delle Tradizioni Popolari
dell’Università del Molise e membro della consulta scientifica della
FITP, che ha illustrato attraverso i
Relatori e ospiti del convegno di Baranello
dipinti di pittori famosi quali Fabris, Goya, Della Gatta, i costumi e
la loro evoluzione. Dall’abito pesante e serio del Medioevo all’abito più ricco dell’Umanesimo. E
poi la volta dell’epoca Illuminista
e Romantica, in cui il popolo fa da
padrone. Copiando e interpretando a proprio modo quelli che sono
gli abiti di Corte, della nobiltà del
tempo. Non solo su tela, ma anche sulla ceramica e la porcellana,
quale quella pregiata di Capodimonte, dove sono ritratte scene
di vita quotidiana. «L’abito fa il
monaco. Anche nella società moderna determina il ruolo di ognuno di noi», ha concluso Spera, prima di passare la parola a Giuliana
Bagnoli, studiosa di fenomeni migratori. Presente al convegno, per
la FITP, anche l’assessore Enzo
Cocca. Era inoltre seduta in prima
fila, dalle prime battute, la signora
Rosa, vera testimone e portavoce
dell’evoluzione che il matrimonio
ha subito negli anni e dei suoi 101
anni. Sposata da 73 anni, racconta
come si viveva ai suoi giorni, il matrimonio, come ad esempio, nella
settimana che succedeva le nozze,
in cui sposi non dovevano uscire
n. 04 / 2012
Un momento dei lavori
Relatori al convegno
Rosa, 101 anni, un’anziana di Baranello
neanche a far la spesa. Alla domanda un po’ biricchina di molti:
«Che si faceva in quella settimana», la signora Rosa con estrema
sincerità e purezza d’animo, ha risposto: «Si pregava!». L’applauso
del pubblico presente e il saluto
conclusivo di Ripoli, hanno calato il momentaneo sipario su un
tema dal quale scaturirono opere
e poesie: l’amor, che move il sole
e l’altre stelle (Dante), che vede
come giusto coronamento, il matrimonio e i suoi rituali.
www.fitp.org
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eventi
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SAN GINESIO (Macerata) - Si arricchisce di un nuovo evento il
lungo cartellone di appuntamenti della Federazione Italiana Tradizioni Popolari. E il debutto è
col segno positivo, per numeri e
consensi. I Paesi Bandiera Arancione hanno festeggiato, con
la musica popolare dei gruppi
FITP, i tre giorni in cui si è svolta
la loro 11.ma Rassegna nazionale. San Ginesio, protettore dei
musicisti, ha visto portare sulla
scena “Le Nuove Sonorità Popolari” rappresentate da gruppi
provenienti dalla Puglia, Molise,
Abruzzo, Umbria, Campania e
Marche: “Santu Pietru cu tutte
le chiai” di San Pietro Vernotico
(Brindisi), “Giuseppe Moffa” di
Riccia (Campobasso), “Coro Selva in Folk” di Mosciano Sant’Angelo (Teramo), “I Sonidumbra”
di Terni, “I Terrasonora” di Napoli, “La Mannola” di Amandola
(Fermo), “La Campagnola” di
Montecosaro (Macerata).
Eccellente l’accoglienza logistica
dell’amministrazione comunale
di San Ginesio (Macerata); tutti
partecipi con in testa il sinda-
Le nuove
sonorità popolari
Buona la “prima”
co Mario Scagnetti e l’assessore
alla cultura, Simone Tardella. Per
l’occasione, è stato messo a disposizione della FITP uno stand
appositamente allestito, dove
sono state promosse le attività
della Federazione. Complessivamente sono stati allestiti 150
stand con eccellenze enogastronomiche e artigianato artistico di
altrettante aziende provenienti
dai Paesi Bandiera Arancione
dei quali 64 hanno inviato delegazioni composte dai rispettivi
sindaci e/o amministratori comunali.
Quello di San Ginesio è stato un
pubblico attento che ha seguito
l’alternarsi dei gruppi sul palco, allestito in piazza Gentili. Un
evento passato sotto i riflettori
mediatici nazionali nonché regionali, con riprese effettuate
dalle emittenti locali e da Rai 3,
articoli sulle maggiori testate
giornalistiche.
Sono intervenuti, tra gli altri,
l’on. Fausto Bertinotti, il sen.
Francesco Casoli, il governatore
delle Marche, Gian Mario Spacca, il presidente della Provincia,
Antonio Pettinari, il presidente
dell’Associazione Paesi Bandiera
Arancione, Fulvio Gazzola, il direttore strategie territoriali del
Touring Club Italiano, Marco Girolami.
L’organizzazione dell’evento, per
la FITP, è stato curato dall’assessore Donatella Bastari.
Nelle foto di Stefano Menchi alcuni momenti della Rassegna in terra marchigiana
IL FOLKLORE D’ITALIA
n. 04 / 2012
I costumi molisani in bella mostra
Il costume che si è classificato al primo posto: G.F. “I Matesini” di Campochiaro
FROSOLONE (Isernia) - C’erano
tutti i giusti ingredienti e tutte
le dovute aspettative affinché
la manifestazione sui costumi
caratteristici molisani tenutasi
a Frosolone (Isernia) fosse destinata a diventare un evento di
livello. Il suggestivo scenario offerto da Largo Vittoria, una partecipazione di pubblico attento e
contemplativo, una giuria competente e molto obiettiva nelle
sue valutazioni, hanno fatto da
corredo al protagonista principale: il costume molisano. Circa
20 costumi, rappresentativi di
altrettanti paesi molisani, han-
no sfilato sfoggiando le loro leggendarie bellezze non solo nel
vestiario ma anche nei magnifici
ori che ornavano le bellissime
pacchiane molisane. La manifestazione organizzata dalla Pro
Loco Frosolone è stata condotta
dal presidente Michele Colavecchio e da Rossella Colavecchio;
componenti della giuria Benito
Ripoli presidente nazionale della
FITP, Tonino Scasserra, esperto
di costumi molisani e non solo,
l’assessore alla provincia di Isernia, Florindo Di Lucente e Emilia
Vitullo, Nicola Di Niro del Moligal. Le pacchiane hanno mostrato
il meglio di sé nell’indossare un
abito che mantiene ancora vivo
l’interesse per le tradizioni e per
le vecchie usanze contadine del
territorio. Una fierezza nei loro
sguardi che traspariva in ogni
loro gesto e nella “passeggiata”
che le portava accompagnate dal
loro cavaliere davanti alla giuria
dopo aver percorso mezza piazza Vittoria. La giuria là pronta a
fare domande, molto professionali, che sempre hanno trovato la
giusta risposta da parte di ragazze che per un momento si sono
ritrovate al centro della scena
e dell’attenzione del numeroso
pubblico presente. Una sfilata di
costumi che ha visto come vincitrice la pacchiana di Campochiaro. Al secondo posto si è classificato il costume di Baranello e al
terzo ex-aequo Frosolone e Roccamandolfi.
L’emozione della pacchiana vincitrice al termine della gara e
il pianto di gioia, se ce n’era bisogno, ha denotato ancora una
volta la passione e l’orgoglio paesano per una usanza che per un
attimo ha riportato a rivivere le
atmosfere magiche degli avi e del
fiero popolo molisano.
In serata lo spettacolo del Gruppo Folklorico “La Morgia” di Pietracatella, diretto da Ivo Polo,
presidente regionale della FITP.
Cala il sipario su una giornata tra
le più belle e suggestive vissute
negli ultimi anni a Frosolone.
www.fitp.org
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vita dei gruppi
Stello Mangano con la poetessa Maria Costa
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MESSINA - Il folklore al centro
dello sviluppo pedagogico nel
mondo scolastico, con la partecipazione attiva di allievi, dall’infanzia alla primaria di primo e
secondo grado, che hanno aderito al Patto territoriale, promosso in collaborazione dell’assessorato alle politiche scolastiche
del Comune di Messina. 400 i
ragazzi protagonisti, che si sono
cimentati nella ricerca, trasposizione scenica di canti e danze,
leggende, elementi essenziali del
proprio patrimonio culturale. Il
saggio finale al “Palacultura Antonello”, curato sinergicamente con gli insegnanti referenti.
Il progetto ha visto impegnati
esperti della materia, con in testa
il presidente dell’Associazione “I
Picciotti Missinisi”, Stello Man-
La giornata
di folklore
nella scuola
con i “Picciotti
missinisi”
gano (vicepresidente del comitato regionale Sicilia della FITP),
membro della commissione del
“Premio Internazionale Elio Vittorini”. Significativo di valori, integrazione e solidarietà tra i popoli, è stato il momento in diretta
televisiva, grazie al collegamento
web tra il palco dell’auditorium,
che vedeva in scena i compagni
di classe di “Omaima”, la bambina assistita da casa dalle insegnanti facenti parte di un progetto di istruzione domiciliare. «Il
folklore che unisce, rende tutti
uguali dinanzi al diritto di partecipazione e di istruzione» ha sottolineato il sindaco di Messina,
Giuseppe Buzzanca, complimentandosi per il risultato conseguito dal progetto. Concetti ripresi
da Giovanni Ardizzone, dell’Assemblea Regionale Siciliana, che
ha patrocinato la manifestazione.
Il deputato ha riconosciuto la validità dell’iniziativa dei “Picciotti
Missinisi”, con il supporto della
società “Fata Morgana”, rappresentata dall’insegnante Liliana
Sparicio. Testimonial dell’evento
la poetessa messinese Maria Costa, che ha ricevuto l’onorificenza
“Tesoro Umano Vivente Unesco”,
a cui è stato dedicato una sezione
del progetto, premiata da Ardizzone per il contributo culturale
dato all’intera comunità. L’intervento è stato diffuso sul sito
ufficiale dell’Unesco, Firstpost,
significativo riconoscimento alla
caratura culturale del progetto
sostenuto in particolare dall’as-
Il collegamento in diretta con “Omaima”, da casa seguita nell’ambito di un progetto scolastico
IL FOLKLORE D’ITALIA
Giovanni Ardizzone in rappresentanza
dell’Assemblea Regionale Siciliana
sessore alle politiche scolastiche
del Comune di Messina, Salvatore Magazzù, che ha fortemente
voluto inserire il progetto all’interno del Patto territoriale a cui
hanno dato la loro adesione i numerosi istituti comprensivi della
città. L’intento di creare l’interesse del giovane scolaro verso
il proprio patrimonio culturale,
ha trovato l’imprescindibile sostegno dei dirigenti scolastici e
degli insegnanti referenti, come
è ricordato da Domenico Venuti, docente di Beni Culturali ed
Ambientali dell’Università della
Pace della Svizzera Italiana, pro
rettore con delega al coordinamento degli studi sul patrimonio
culturale della Regione Sicilia. Lo
studio ha accostato i ragazzi alla
ricerca antropologica, facendo
comprendere le mutazioni tra
società, ponendo il folklore come
espressione viva delle manifestazioni culturali artistiche delle
classi sociali subalterne. I ragazzi
si sono approcciati al bene culturale, ridefinendone il concetto,
familiarizzando con una logica
ed operatività in rapporto alla
crescente domanda di autentiche identità che viene dalle forze
culturali coscienti, in risposta al
permanente rischio di omologazione ed annullamento nel riproduttivo forzosamente omologato: implicito alla società di massa.
Gli insegnanti referenti hanno
condiviso il percorso formativo
con “I Picciotti Missinisi”, svi-
Sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca
luppando i temi assegnati dalla
struttura del progetto. In chiave
ludica i ragazzi hanno focalizzato
il loro impegno mirato ad acquisire attraverso varie espressioni
artistiche, come la danza, il teatro, la poesia, i contenuti formativi sul proprio patrimonio culturale. Così hanno rappresentato le
liriche in lingua arcaica di Maria
Costa, riproponendo un linguaggio che si sta estinguendo, ma
rappresentativo del “borgo marinaro”. Altri si sono cimentati
al rapporto tra sacro e profano,
raffigurando “le feste paesane”,
non mancano le rappresentazioni delle classiche leggende legate ai mitici fondatori
della città di Messina
o quelle mitologiche
che comunque esaltano le peculiarità
del paesaggio e dello
scenario incantevole
dello Stretto. La vita
di tutti i giorni nelle
trasposizioni teatrali, e poi particolare
analisi ai canti di lavoro tipici del mare
hanno fatto acquisire elementi di mutazione antropologica
difficilmente riscontrabili e caratterizzanti particolari territori. La creazione
metaforica della Sicilia, con canti e danze
i ha fatto scoprire il
n. 04 / 2012
modo di manifestarsi del popolo,
le mutazioni, i fermenti, antichi
usi e costumi su come avveniva
il fidanzamento e di personaggi
tipici come: U ghiusaru, u zappaturi e u marinaru.
Un caleidoscopio di elementi rappresentativi che hanno
descritto attraverso i loro linguaggi la storia del patrimonio
etnoantropologico della Sicilia.
Hanno presenziato anche Melina Prestipino, dirigente della
Soprintendenza Beni Culturali di
Messina, Maria Teresa Prestigiacomo, presidente dell’Accademia
Euromediterranea delle Arti, il
fratello del poeta Nino Ferraù, il
direttore del Museo Etno-Antropologico di Castanea Domenico
Gerbasi, Maria Froncillo Nicosia,
presidente del Comitato Patronesse dell’Associazione D’Arma
il Fante.
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www.fitp.org
vita dei gruppi
La FITP al “Verega
Street Festival”
con cinque gruppi
I Cariddi
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MONTEGRANARO (Fermo) Molteplici artisti e gruppi folklorici provenienti da tutto il mondo,
con una presenza complessiva di
pubblico di oltre 100 mila persone. Cento spettacoli in sette
giorni, sessanta compagnie provenienti da ogni parte del mondo: Usa, Spagna, Francia, Olanda,
Belgio, Germania, Giappone, Macedonia, Argentina, Italia, (solo
per citare alcuni Paesi), in rappresentanza di un universo artistico
ricco e variegato. Sono questi alcuni numeri della 14.ma edizione
del Veregra Street Festival, il Festival Internazionale del Teatro
di Strada, che ha avuto luogo a
Montegranaro (Fermo). Sancita
la definitiva consacrazione della
manifestazione nel panorama nazionale e internazionale.
Nel corso dei vari spettacoli, organizzati dal Comune marchigiano con la collaborazione della
Federazione Italiana Tradizioni
Popolari, hanno partecipato per
la FITP “I Cariddi” di Messsina,
“Norbensis” di Norma (Latina),
“Murgantia” di Baselice (Benevento), “L’Eco del Gargano” di San
Giovanni Rotondo (Foggia), “La
Morgia” di Pietracatella (Campobasso). Tutti i nostri gruppi folklorici si sono fatti apprezzare per
i loro programmi fatti di balletti
e canzoni etniche, che hanno incantato i numerosissimi presenti.
Colori, suoni, danze, immagini e
particolari performance.
La sezione dedicata alle tradizioni
popolari è stata fra le novità più
apprezzate del Veregra Street,
nata da una collaborazione fra il
Festival marchigiano e la FITP.
Una delle tante reti volute e create negli anni dal direttore artistico
Giuseppe Nuciari che hanno permesso alla rassegna montegranarese di fare un ulteriore salto di
qualità.
Il Festival ha visto anche la partecipazione dei seguenti artisti in-
ternazionali: Jessica Arpin, Adrian
Conde, Remo Di Filippo, Matthias
Romir, Osvaldo Carretta, Alice Comino Circuszka, Fratelli Caproni,
Swing Ninja, Circo Claxon, Ciusine
I Murgantia
Macabre, Costrini, Andrea Fidelio,
Swing ninjas, Silvestro Sentiero,
Ete Clown, Strange Comedy, Rope
theatre, Il Branko, Agusevi Dzambo Orkestar, Sublimit, Andrea Fidelio, Lonely Circus, Els Elegants,
Juri Longhi, Sublimit, Matteo Pallotto, Bozo Clown, Vericueto, Dare
D’art, Juri Longhi.
(Giuseppe Nuciari,
Veregra Street Festival)
L’Eco del Gargano
IL FOLKLORE D’ITALIA
n. 04 / 2012
Fra liriche e pandette
solidarietà e buona cucina
Consegnato il contributo per “Il Folklore per la Vita”
BERGAMO - Nulla ha potuto il
meteo avverso contro la determinazione di vassalli e dignitari a godersi l’incontro conviviale che costituisce uno degli appuntamenti
di più antica tradizione ducale.
Così, dopo la ricca e appagante
esperienza della visita al “Museo
del falegname” di Tino Sana, il
lungo corteo di automobili ha risalito i primi tornanti della strada
che porta al ristorante “Collina”
- rinomato ritrovo gastronomico
in quel di Almenno S. Bartolomeo.
Qui, fra un manicaretto e l’altro, il
Duca Lìber Prim ha parlato al suo
popolo e ha solennemente proceduto alla nomina degli avvocati
Ettore Tacchini e Alberto Riva a
Cavalieri J. P. e componenti della
ducal Corte di Giustizia, in sostituzione degli scomparsi avvocati Arbace Mazzoleni e Giovanni
Riva.
Presentati da Tiziana Ferguglia si
sono poi succeduti i poeti dialettali sul palcoscenico della usuale
tenzone poetica; Emanuela Giovanessi, Carla Passera, Carmen
Guariglia, Rita Rossi e Silverio
Signorelli, che hanno letto loro
composizioni, mentre il cappellano ducale mons. Ennio Provera e
Giusi Bonacina si sono cimentati
nella riproposizione di liriche di
Giuseppe Mazza e Angelo Astolfi.
Il duca, insieme a Fabrizio Cattaneo, assessore di giunta della
FITP e presidente IOV-Italia, ha
poi provveduto a consegnare la
somma raccolta nel corso della
manifestazione “Il Folklore per
la Vita”, tenutasi in piazza Pontida, organizzata dal Ducato di
Piazza Pontida e dal Gruppo Folklorico “I Gioppini di Bergamo”,
a Silvano Manzoni, presidente
dell’Associazione “Paolo Belli” e
Ail (Associazione italiana contro
le leucemie-linfomi e mieloma).
Alla manifestazione benefica
hanno partecipato circa 20 gruppi folklorici provenienti da tutta
la Lombardia; inoltre, ha contribuito il Gruppo Folklorico “I
Contadini della Brianza” con una
raccolta fondi in contemporanea,
avvenuta ad Albavilla (Como).
Il presidente Manzoni ha anticipato che entro due anni spera
di poter approntare una nuova
“Casa del sole” vicino all’ospedale in via di ultimazione presso
la località alla Trucca. Alla serata sono stati ospiti il sindaco di
Almenno San Bartolomeo, Giambattista Brioschi, e l’assessore
alla cultura Nilo Ghisleni, che
hanno ricordato come i rapporti del Ducato con il loro comune
non siano di data recente. A conclusione dell’incontro Riccardo
Moretti ha fatto dono di un suo
quadro al Ducato.
(Gianluigi Morosini)
www.fitp.org
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vita dei gruppi
Festival
Internazionale
di Pentecoste
Edizione da incorniciare a Silvi Marina
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SILVI MARINA (Teramo) - Per gli
addetti ai lavori e il pubblico, l’appuntamento 2012 del Festival Internazionale di Pentecoste è stato
la migliore edizione in assoluto
dei quindici finora svolti. Oltre al
Gruppo Corale Folk “P.G. Lerario”,
presieduto da Franco Costantini,
organizzatore della manifestazione tramite la sua Associazione
Culturale “Città di Silvi, hanno
partecipato ben cinque ensemble
stranieri, due dalla Turchia e uno
rispettivamente dalla Polonia,
dalla Romania e dalla Lituania,
che hanno offerto uno spettacolo
di danze, canti e suoni popolari
sfoggiando gli straordinari e ricchi costumi tradizionali delle loro
regioni di provenienza.
La “tre giorni folklorica” è stata
una bella occasione di fratellanza
e interazione per i gruppi.
Quest’anno il Festival ha trovato
un’altra location che si è rivelata semplicemente straordinaria:
come palco naturale il sagrato
della Chiesa Madre di S. M. Assunta e come platea il piazzale
sottostante la grande scalinata
addobbata con una miriade di
fiori, soprattutto ginestre. Uno
spettacolo unico e indimenticabile per il quale occorre ringraziare
sia l’Associazione “Città di Silvi”
che i frati francescani conventuali, padre Maurizio e padre Nicola,
che reggono la parrocchia di S. M.
Assunta, nella quale è nata ed è
ospitata la Corale “P. G. Lerario”.
Il programma prevedeva l’apertura del Festival con un prologo
di musica e balli conclusasi con
lo scambio dei doni, la sfilata sul
lungomare con suoni e danze lungo strade e piazze con arrivo alla
Chiesa di S. M. Assunta, la messa e
le due serate degli spettacoli.
(Ursula Benvenuti)
IL FOLKLORE D’ITALIA
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