Luca De Rosa
Dalla teologia della creazione
all’antropologia della bellezza
Il linguaggio simbolico
chiave interpretativa
del pensiero di San
Bonaventura da Bagnoregio
L. DE ROSA, Dalla teologia della creazione all’antropologia della bellezza. Il linguaggio simbolico chiave interpretativa del pensiero di San Bonaventura da
Bagnoregio, Cittadella Editrice, Assisi
2011, pp. 250, € 18,00
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Assecondare il proprio desiderio
d’infinito non sembra essere la vocazione dell’uomo moderno. Una parola di
sapienza, allora, diventa estremamente
attuale per la crisi di senso dell’essere
umano nel suo rapporto con l’habitat.
Parliamo di Dalla teologia della creazione all’antropologia della bellezza di
Luca De Rosa.
Il testo si articola in tre parti che da
una prima descrizione del senso del mondo in Bonaventura, per contestualizzarne anche il pensiero e l’opera (cap. I: «Per
una biografia teologica»), spazia all’analisi della sua elaborazione simbolica
(cap. II: «Visione del mondo») per arrivare al cuore della ricerca: far emergere come questo grande teologo medievale sappia cogliere il senso profondo
della bellezza nella sua capacità di trasfigurare l’umanità e renderla dimora
trinitaria (cap. III: «Visione dell’uomo»).
D’interesse l’excursus sulla valenza
del simbolo nella cultura attuale, con
riferimenti a Wittgenstein, Heidegger,
Ricoeur che, però, giungono subito
dopo Bonaventura e il Medioevo, con
un certo gap temporale rispetto ad esperienze rinascimentali non trascurabili.
Seguendo l’impostazione francescana del Cantico, per Bonaventura la
materia non ha un significato negativo,
come nel platonismo: nelle sue varie
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forme viene ricondotta, in una visione
unitaria, al Creatore che rende il mondo espressione della bellezza divina, così
ricco di senso da essere indizio e cifra
di una pienezza che si colloca al di là di
esso svelando, attraverso il senso metaforico delle cose, una dimensione più
alta, quella dell’Assoluto. La bellezza
appartiene a tutta la realtà, che ha quindi un carattere trascendente, che la creatura può riconoscere lasciandosi guidare
dal valore simbolico di ciò che è stato
creato dall’onnipotenza del Creatore.
Un recupero della via cosmologica,
in un mondo tanto mutato rispetto all’orizzonte di senso dell’uomo medievale? L’A., nelle sue conclusioni evidenzia come il mondo sia molto più di un
insieme di cose, ma disvela la via che
conduce all’incontro con Dio: «per la
sua struttura sacramentale, il mondo fa
intravedere e adorare, nell’intero cosmo, la presenza reale del Verbo, predestinato a farsi simbolo visibile, così
da riconciliare Dio, il mondo e l’uomo».
Analizzare teologicamente la creazione
comporta la capacità di comprensione
del momento originario, conseguentemente la protologia si salda con l’escatologia. Cosmo e essere creato si comprendono alla luce dell’evento cristologico quale luogo teologico ermeneutico. Cristo, principio o causa strumentale, è anche modello o causa esemplare del mondo creato.
La forza del messaggio quella è di
fornire strumenti utili a riscoprire il senso, talora dimenticato in una certa predicazione contaminata da gnosticismo
e manicheismo, di Genesi: il creato è
“cosa buona” (Gn 1,4.10.12.18.25),
attraverso la lectio del Cantico francescano. Questa prospettiva teologica dell’ecologia cristiana, concorre a proporre punti d’incontro con la cultura odierna e nel dibattito tra scienza e fede, ricco di apporti costruttivi per la pastorale della chiesa in dialogo con la cultura
contemporanea.
Merito del lavoro quello di evidenziale l’originalità del pensiero bonaventuriano quanto alla riflessione su Dio e
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sulla creazione, argomenti che tuttora
necessitano di approfondimento nel
dibattito teologico contemporaneo. La
Chiesa italiana, consapevole dell’esigenza di apportare nuova linfa al dibattito,
ha dedicato un triennio di riflessione
specifica al tema, stimolando una proficua sinergia tra le principali associazioni teologiche italiane (ATI-ATISM)
nel Gruppo “Custodia del Creato”, di
cui lo stesso De Luca è membro attivo
e qualificato.
Il cristianesimo è stato accusato di
focalizzazione antropocentrica e di una
certa afasia rispetto al tema della politica ambientale, dei cambiamenti climatici, critica originata dalla tesi di L.
White («The Historical Roots of our
Ecological Crisis», in Science 155
[1967] 1203-1207). Il programma di
studio e riflessione, articolato a più
ampio raggio, nel quale possiamo anche inserire la pubblicazione di questo
testo, vuole radicare l’azione futura nel
piano della cultura, della società civile,
della politica e dell’educazione. Tuttavia, affinché questo ambizioso progetto culturale possa realizzarsi, è necessario attingere alla grande tradizione
della teologia cristiana. «Bisogna recuperare – ribadisce l’A. – il senso dell’origine della finalità del cosmo, tramite un dialogo costruttivo tra scienza,
filosofia e teologia [...]. Proprio il legame che, sia la natura che l’uomo, hanno ontologicamente con l’atto creativo
di Dio può favorire e determinare questa assunzione di responsabilità dell’uomo, come essere razionale di fronte alla
natura» (95-96).
Per un testo scientifico la collana
dovrebbe prevedere un indice analitico, di cui si avverte la carenza nella consultazione.
Maria Rigel Langella
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