Il dolce e l`amaro Allevamenti intensivi sotto controllo

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1-04-2009
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ATTUALITÀ - What’s On
Ricerche in corso
Il dolce e l’amaro
La genetista e ricercatrice Carmen Lanzara conduce approfondite e sorprendenti ricerche sulla qualità
e la quantità dei geni coinvolti nella diversa percezione dei gusti
I
l gusto è il senso attraverso il quale percepiamo i
sapori, attraverso la lingua, sulla quale si trovano le
gemme gustative (o calici gustativi), strutture a
forma di fiasco situate nelle papille fungiformi e circumvallate dell’epitelio della lingua. La sensazione
gustativa è legata alla stimolazione delle gemme
gustative da parte delle varie sostanze che vengono
introdotte in bocca e che dopo essere state disciolte
nella saliva sono in grado di generare impulsi che,
attraverso le vie nervose gustative, raggiungono il cervello. Vengono riconosciuti quattro sapori fondamentali: il dolce, l’acido, l’amaro e il salato. Ciascuna
gemma gustativa pur essendo in grado di rispondere
a tutti e quattro i sapori fondamentali possiede una
sua ‘preferenza’ che la rende in grado di essere stimolata anche da bassissime concentrazioni del suo sapore preferito. Le gemme per il dolce sono particolarmente concentrate sulla punta della lingua, per l’amaro alla base, per l’acido sui bordi, mentre la sensibilità
per il salato sarebbe distribuita uniformemente su
tutta la superficie della lingua. La capacità gustativa,
scarsa nel neonato, diventa invece molto bene svilup-
pata nel bambino e nell’adolescente per tendere poi
ad affievolirsi con l’avanzare dell’età.
Ci sono però due interrogativi ancora senza risposta,
oggetto di studio da parte della genetista e ricercatrice Carmen Lanzara che lavora presso l’Ospedale Burlo
Garofolo di Trieste, ossia, quali e quanti geni sono
coinvolti nella diversa percezione dell’amaro? Quali
conseguenze ha sulla nostra salute la possibilità di percepirlo? In particolare la ricercatrice sta utilizzando le
proprie conoscenze genetiche e sulle malattie rare per
verificare se esiste una correlazione tra il gusto e la
possibilità di sviluppare patologie vascolari come diabete e obesità. Alcuni studi dimostrano che la differente percezione dell’amaro è ereditaria. Di certo, un
gene denominato TafR38 svolge un ruolo fondamentale e un suo poliformismo ha effetti sulla percezione.
La cosa interessante è che questa conclusione possa
influire sulla salute. Il poliformismo di questo particolare gene potrebbe anche essere causa nota. Lo studio
è stato condotto su un campione di donne di una
popolazione isolata geneticamente e quelle che non
percepivano il gusto ‘amaro’ avevano un indice di
Carmen Lanzara, ricercatrice
massa corporea elevato. Si è visto anche che queste
donne hanno un tipo di alimentazione più varia e consumano una maggiore quantità di grassi.
Si stanno facendo quindi le congetture del caso. È un
dato certo, infatti, che i geni coinvolti nel gusto dell’amaro sono 25, si conosce, al momento, però uno
solo dei recettori codificati e la ricerca è indirizzata proprio alla scoperta di eventuali altri.
Allevamenti intensivi sotto controllo
Presso l’Istituto Zooprofilattivo delle Venezie, nella sede di Treviso, un giovane medico veterinario si occupa
di mantenere in salute gli animali da allevamento e di ridurre la quantità di antibiotici utilizzati
L’
Istituto Zooprofilattico delle Venezie, sede
del Centro di Referenza Nazionale per l’influenza aviaria, coordina le attività d’indagine epidemiologica su tutto il territorio
nazionale ed è, a livello nazionale e internazionale, un
riferimento nello sviluppo di strategie di controllo e
nella ricerca scientifica sull’influenza aviaria.
Inoltre, il Centro di Referenza Nazionale per l'influenza
aviaria è il coordinatore nazionale dell’attività di sorveglianza sui volatili selvatici, in collaborazione con l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica (INFS) e il Centro di
Referenza Nazionale per le malattie degli animali selvatici (CERMAS). In quest'area tematica sono raccolte
informazioni sull'influenza aviaria e sull'attività di sorveglianza e monitoraggio svolta dal Centro. Qui presta la
sua opera il giovane Luca Bano, 34 anni, medico veterinario dell’Istituto presso la sezione di Treviso. Dalla
passione per gli animali maturata fin da piccino è passato alla concreta realtà che lo ha portato a laurearsi in
veterinaria. Oggi lavora a stretto contatto con gli animali da allevamento che cura da vicino con l’obiettivo
primario di garantire la salubrità della carne, in particolare, di polli e conigli, soprattutto facendo in modo che
ricevano la minor quantità possibile di farmaci, evitando che la resistenza agli antibiotici possa diffondersi
attraverso il consumo di carne agli esseri umani. Nonostante gli allevamenti intensivi non siano propriamente
una condizione ottimale per gli animali, secondo Bano
la produzione zootecnica è di fatto una significativa
realtà dalla quale non si può non prescindere. Il suo
contributo vuol’essere proprio quello di badare alla
salute degli animali che vivono in condizioni lontane
dalla loro vita naturale. In particolare, possiamo aggiungere che le nuove biotecnologie applicate agli animali
d'allevamento per l'alimentazione umana creano animali transgenici a cui è stato modificato il patrimonio
genetico affinché producano di più, più carne, più latte,
o si ammalino di meno. L’utilizzo però di sostanze
‘estranee’ può portare gravi conseguenze anche sulla
salute umana: per anni si è lottato contro la somministrazione di ormoni di tipo sessuale agli animali, per
esempio. Con l'introduzione di ormoni attraverso l'ingegneria genetica, si ricade nello stesso problema, e si
pongono rischi analoghi a quelli derivanti dall'uso di
ormoni in altre forme. Sui conigli, ad esempio, s’intensificano i controlli legati alle forme enteriche di cui soffrono frequentemente, In collaborazione con altri gruppi, viene studiata la composizione microbica dell’intestino di un coniglio sano, confrontandola con uno ammalato. Tutto ciò, con lo scopo di osservare come si modifica la flora intestinale, nel corso della malattia, e quindi, di dare indicazioni alle industrie perché possano perfezionare alcuni mangimi e alimenti equilibrati, che
consentano di prevenire questo tipo di problematiche.
Con la prospettiva, inoltre, di alleggerire la pressione di
antibiotico negli allevamenti stessi.
Per quanto riguarda l’influenza aviaria, invece, maggior
spauracchio per i polli da allevamento, in Italia ci sono
solo casi sporadici e viene fatto un controllo costante,
molto accurato e preciso.
Presso l’Istituto, tra l’altro, c’è il Centro di referenza
nazionale e laboratorio Fao Oie (l’Organizzazione mondiale per la salute animale) per l’influenza aviaria e la
malattia virale denominata ‘New Castle’. C’è un piano
di monitoraggio su uccelli selvatici e d’allevamento,
risultati, da anni, tutti negativi ai controlli.
Un altro virus-batterio ‘preoccupante’ che può colpire
cavalli, suini, bovini (cani) e quindi anche l’uomo, è il
‘Clostridium difficile’. Nei controlli svolti nei laboratori
su un numero comunque limitato di campioni, il batterio non è mai stato isolato.
LAB
IL MONDO
DEL LABORATORIO
marzo 2009 21
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