Le applicazioni dei test a DNA 1) Test per la Nutrigenetica Negli ultimi anni è nato un nuovo e importante settore della ricerca scientifica: la nutrigenetica, la cui azione è volta a identificare l'associazione di particolari stili di vita o abitudini alimentari con lo sviluppo non solo di patologie complesse, quali le malattie cardiovascolari, ma anche di malattie croniche non ereditarie come l'obesità, il diabete e molti tipi di tumori. I test nutri genetici analizzano alcuni geni coinvolti nella regolazione del metabolismo con lo scopo di individuare l'eventuale presenza di varianti genetiche sfavorevoli che possono comprometterne il corretto funzionamento. Il risultato del test fornisce preziose indicazioni che consentono di adattare alcuni aspetti della propria dieta e del proprio stile di vita alle proprie caratteristiche genetiche, riducendo al minimo il rischio derivato da eventuali varianti sfavorevoli presenti nel proprio patrimonio genetico. Gli ambiti di indagine riguardano la detossificazione, la predisposizione all'obesità, il metabolismo 1.1) Detossificazione Il processo di detossificazione consiste nella trasformazione e nella escrezione di composti chimici o farmaci, potenzialmente tossici per il nostro organismo, che possono essere introdotti con i cibi o attraverso l'esposizione ad agenti inquinanti. Nel nostro organismo questo processo è a carico di particolari enzimi, la cui azione può variare anche per la presenza di polimorfismi a livello dei geni da cui sono codificati. Prendiamo per esempio la carne alla griglia ben cotta: durante la cottura si sviluppano delle particolari sostanze (ammine aromatiche e ammine aromatiche eterocicliche) che, se ingerite regolarmente, possono contribuire alla insorgenza di tumori al colon-retto, alla prostata e alla mammella. Solitamente il nostro organismo procede alla eliminazione di queste sostanze tossiche, ma soltanto a patto che l'attività degli enzimi che eseguono questo compito sia perfettamente efficiente. La conoscenza della costituzione genetica individuale può quindi fornire la base su cui modulare la dieta per minimizzare il rischio dovuto all'ingestione di questi composti. 1.2) Predisposizione all'obesità E' stato ampiamente dimostrato come l'obesità sia correlata con l'incremento del rischio di sviluppare diverse patologie, tra le quali le più diffuse sono il diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolari e alcuni tipi di tumore. Ma perché ci sono persone che non ingrassano nonostante mangino molto e altre, invece, che acquistano peso con estrema facilità? La causa di questa maggiore sensibilità risiede proprio nei loro geni e studi effettuati sui gemelli hanno chiaramente evidenziato che i fattori genetici giocano un ruolo fondamentale nella predisposizione all'obesità. Recentemente uno studio internazionale ha evidenziato il ruolo di un polimorfismo (rs9939609) del gene FTO nella predisposizione all'obesità. Lo stesso polimorfismo è associato alla probabilità di sviluppare il diabete di tipo 2, ma solo a patto di essere in condizione di sovrappeso. E' perciò importante conoscere questo aspetto del proprio patrimonio genetico, perché, in caso di variante sfavorevole, il controllo del peso potrà minimizzare il rischio dell'insorgenza del diabete. 1.3) Metabolismo dell'acido folico L'acido folico, o vitamina B9, è essenziale per la sintesi del DNA e delle proteine e per la formazione dell'emoglobina, oltre ad essere fondamentale nella prevenzione delle malformazioni neonatali. L'acido folico, però, non è prodotto dall'organismo umano, che dipende, per la copertura del proprio fabbisogno, dagli alimenti che consumiamo e dalla sintesi effettuata dalla flora batterica intestinale. Una volta introdotto nell'organismo, l'acido folico deve essere metabolizzato. Tra gli enzimi coinvolti in questa operazione è presente l'MTHFR, a proposito del quale è stato identificato un polimorfismo che ne riduce l'attività e che può quindi contribuire alla suscettibilità a sviluppare diverse patologie. Conoscere questa variante genetica può quindi aiutare a scegliere la dieta adeguata per preservare la propria salute. 1.4) Metabolismo della vitamina D La vitamina D promuove l'assorbimento intestinale e renale del calcio ed è indispensabile per il metabolismo osseo, inoltre è coinvolta nella modulazione della risposta immunitaria e nei processi antiproliferativi, svolgendo un ruolo essenziale nella prevenzione dei tumori, in particolar modo quelli del colon-retto. Il gene VDR è il recettore della vitamina D, cioè l'agente che consente di assimilare ed utilizzare la vitamina D contenuta negli alimenti. In questi anni sono stati individuate diverse alterazioni a carico di questo gene che possono alterare la capacità individuale di metabolizzare la vitamina D, polimorfismi che possono essere contrastati con un corretto stile di vita e una corretta alimentazione per evitare che mettano in pericolo la nostra salute. 2) Farmacogenomica L’efficacia di un farmaco nella cura di una patologia è determinata da interazioni complesse che interessano la risposta fisiologica ed altre componenti legate allo stile di vita e all’ambiente. Una componente che influenza in maniera importante la risposta ai farmaci è quella determinata da fattori genetici individuali che possono influenzare la risposta al trattamento farmacologico, modificandone l’esito. Alcune varianti possono rendere più difficile l’eliminazione di un farmaco una volta che questo abbia compiuto la sua azione (metabolizzazione lenta). Questo significa che le dosi normalmente somministrate potrebbero causare degli effetti collaterali. Altre varianti possono indurre il nostro organismo ad eliminare un farmaco in maniera troppo rapida (metabolizzazione ultrarapida). In questo caso le normali dosi terapeutiche potrebbero essere insufficienti. L’analisi delle varianti genetiche presenti nei geni coinvolti nel metabolismo dei farmaci può quindi fornire importanti indicazioni riguardo al modo in cui una persona risponde all’assunzione di una particolare medicina o categoria di molecole. 2.1) Test di Farmacogenomica Lo studio della variabilità genetica individuale in relazione alla risposta ai farmaci ha dimostrato che la risposta ai trattamenti varia da individuo ad individuo, con effetti a volte deleteri. Uno studio pubblicato nel 1998 sul Journal of the American Medical Association ha riportato che nei soli Stati Uniti le reazioni avverse ai trattamenti farmaceutici sono state la causa due milioni di casi di malattia e di oltre 100.000 decessi. D’altro canto le stesse case farmaceutiche negli ultimi anni hanno inserito nei foglietti illustrativi dei farmaci indicazioni relative a controindicazioni che fanno riferimento agli enzimi coinvolti nel metabolismo delle molecole di cui il farmaco è composto. I test farmaco genomici analizzano alcuni dei geni coinvolti nel metabolismo dei principali farmaci in commercio, per i quali è possibile fornire indicazioni in grado di valutarne l’efficacia terapeutica in base alle caratteristiche individuali. I test sono uno strumento in grado di fornire indicazioni per adattare il trattamento farmacologico alle proprie caratteristiche individuali al fine di scongiurare reazioni avverse o fallimento terapeutico. 2.2) Citocromo P450 2D6 Il Citocromo P450 2D6 (CYP2D6) è un enzima altamente polimorfico appartenente alla superfamiglia dei Citocromi P450. Questa classe di enzimi è responsabile della maggior parte delle reazioni di ossidazione a livello epatico. In particolare CYP2D6 è responsabile della metabolizzazione di molti farmaci antidepressivi, antipsicotici e beta-bloccanti. Nel gene codificante per CYP2D6 sono state individuate oltre 70 varianti polimorfiche, che determinano un’ampia variabilità della attività enzimatica. Questi polimorfismi possono portare alla sintesi di enzimi con attività diverse, in grado di eliminare più lentamente certi farmaci (metabolizzatori lenti o PM) oppure più velocemente (metabolizzatori rapidi o UM), portando ad un loro accumulo, nel caso di un metabolizzatore lento, oppure alla loro eliminazione troppo rapida dal circolo sanguigno, nel caso di un metabolizzatore rapido. Per altri tipi di farmaci invece, l’azione enzimatica di CYP2D6 consiste nell’attivazione della molecola (profarmaco). In questo caso il metabolizzatore lento andrà incontro ad una riduzione dell’efficacia terapeutica, mentre il metabolizzatore rapido sarà in grado di attivare molto più rapidamente il farmaco con la possibilità di sviluppare reazioni avverse. 2.3) Citocromo P450 2C9 Il citocromo P450 2C9 (CYP2C9), appartenente alla famiglia dei citocromi P450, influenza il metabolismo di un’ampia gamma di farmaci di uso comune, come per esempio molti farmaci anticoagulanti e anti-infiammatori non steroidei. Sono state identificate numerose varianti genetiche nel gene CYP2C9, fra le quali le sostituzioni di una Citosina con una Timina in posizione 430 (rs1799853) e la sostituzione di una Adenina con una Citosina in posizione 1075 (rs1057910) del gene sono correlate con il fenotipo metabolizzatore lento. Queste varianti provocano una forte diminuzione dell’effetto catalitico dell’enzima, che si riduce al 12% dell’attività normale nella variante A430C ed a meno del 5% nella variante A1075C. 2.4) Citocromo P450 2C19 Il Citocromo P450 2C19 (CYP2C19) è un importante enzima coinvolto nel metabolismo dei farmaci che catalizza la biotrasformazione di molte molecole di interesse terapeutico, tra cui molti farmaci utilizzati nella cura dell’ulcera gastrica nonché anti-depressivi. Sono conosciuti numerosi polimorfismi genetici in questo gene che influenzano la risposta terapeutica a questi farmaci. Molte di queste varianti determinano il fenotipo metabolizzatore lento, tra queste le sostituzioni di una guanina con una adenina in posizione 681 (rs4244285) e 636 (rs4986893). Queste varianti, le meglio caratterizzate dal punto di vista funzionale, rivestono una importanza particolare nel metabolismo dei farmaci, poiché causano la inattivazione completa dell’attività enzimatica. La loro presenza può quindi comportare nei soggetti portatori l’insorgenza di reazioni avverse ai farmaci metabolizzati da questo enzima. 2.5) Tiopurina Metiltransferasi La Tiopurina Metiltransferasi (TPMT) è un enzima coinvolto nel metabolismo delle mercaptopurine ed altri immunosoppressori utilizzati nel trattamento della leucemia, patologie infiammatorie post-impianto e malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide. Il gene codificante per TPMT è caratterizzato dalla presenza di varianti polimorfiche, fra cui quattro che rivestono una particolare importanza, in quanto la loro combinazione influenza in modo sostanziale l’attività enzimatica. Queste varianti, classificate come TPMT*2, TPMT*3A, TPMT*3B e TPMT*3C, sono determinate dalla presenza in diverse combinazioni di tre sostituzioni nucleotidiche G238C (rs1800462), G460A (rs1800460) e A719G (rs1142345). L’effetto delle varianti sulla funzionalità dell’enzima va da una parziale riduzione (metabolizzatori intermedi) fino alla soppressione dell’attività metabolica (metabolizzatori lenti). 3) Medicina predittiva Con la scoperta del DNA e le successive indagini sulla sua struttura, molte malattie sono state geneticamente identificate ed è questo tipo di conoscenza che ha reso possibile la nascita di un nuovo settore della medicina: la medicina predittiva. La conoscenza del patrimonio genetico di un individuo permette cioè di definire qual è il fattore di rischio di sviluppare una determinata patologia e, di conseguenza, rende possibile attivare la strategia più opportuna per scongiurare, o almeno minimizzare, il rischio medesimo. Questo nuovo modello di medicina, quindi, non è più incentrato soltanto sulla malattia, ma è rivolto soprattutto al benessere delle persone, un benessere che si propone di mantenere suggerendo gli stili di vita più idonei alle caratteristiche individuali o le scelte alimentari più opportune. Per preservare la nostra salute la medicina non deve essere soltanto terapia, ma deve essere sempre più prevenzione. E, poiché il patrimonio genetico di ogni persona è unico, perché la prevenzione sia efficace deve essere personalizzata, modulata cioè sulla conoscenza delle caratteristiche genetiche individuali. 3.1) Definizione Si intende per medicina predittiva l'identificazione e l'analisi statistica dei fattori di rischio genetici e ambientali che prefigurano la probabile storia clinica di un individuo al fine di suggerire stili di vita e terapie personalizzate volte a ritardare o annullare il rischio stesso. La medicina predittiva intende cioè determinare la predisposizione alla malattia di ciascuno, la risposta del suo organismo all'eventuale assunzione di farmaci, il fattore di rischio rappresentato dall'ambiente in cui vive e lavora per attivare una prevenzione individualizzata ed efficace. Tutto ciò è possibile grazie all'evoluzione tecnologica che permette di analizzare il DNA di ogni individuo, cioè il codice genetico in cui sono contenute tutte le informazioni che lo caratterizzano: dall'aspetto fisico alle capacità intellettive, dal carattere alla predisposizione a molte malattie. 3.2) Dalla medicina medicina della salute della malattia alla Di solito si va dal medico soltanto se si avverte un disturbo o si riscontra qualche sintomo. Il medico, infatti, è tradizionalmente visto come colui che deve curare la malattia. Eppure i benestanti dell'antica Cina pagavano il loro medico soltanto finché erano sani e smettevano di pagarlo se si ammalavano. Il messaggio è semplice: il medico dovrebbe avere il compito di proteggere la salute e quindi dovrebbe agire per evitare la malattia, non intervenire soltanto quando la malattia si manifesta. Oggi la medicina predittiva è in grado di dare al medico gli strumenti necessari perchè possa conoscere i fattori di rischio genetici della persona che gli sta davanti e diventare il custode della sua salute. I progressi della scienza in questo campo gli forniranno informazioni sempre più preziose per personalizzare i suoi interventi e renderli sempre più efficaci. 3.3) La genetica predittiva Si sono recentemente sviluppati particolari esami di laboratorio in grado di analizzare il materiale genetico di ogni individuo, cioè il suo DNA. E' così possibile individuare la risposta di ciascuno a tutte le sollecitazioni che il suo organismo riceverà nel corso della sua vita. E queste indagini non hanno soltanto la possibilità di scoprire la predisposizione a contrarre una malattia, ma anche il comportamento del metabolismo nei confronti delle sostanze che si assumono con l'alimentazione oppure tramite la prescrizione di farmaci. Non si tratta però di prevedere fatalisticamente un destino a cui è impossibile sottrarsi. La predisposizione genetica, infatti, interagisce con lo stile di vita e le influenze ambientali. Conoscere la predisposizione genetica è dunque un importantissimo strumento conoscitivo di autodifesa, che dà le indicazioni necessarie per mantenere il proprio benessere, per eliminare, allontanare o attenuare la malattia stessa, intervenendo per esempio sul proprio stile di vita. 3.4) Dalla medicina predittiva alla prevenzione Se un test predittivo evidenzia la predisposizione di un individuo a contrarre una determinata malattia, ciò non significa che necessariamente si ammalerà, perché lo sviluppo di una patologia è dovuto soltanto per il 33% ad una predisposizione genetica, il rimanente 66% dipende dalle influenze ambientali e dallo stile di vita adottato, aspetti questi su cui è possibile intervenire. Cambia quindi radicalmente il concetto di prevenzione: non più soltanto consigli generici che possono andar bene per tutti, ma che a qualcuno potrebbero anche far male, bensì una prevenzione individualizzata basata su indicazioni concrete e verificabili. Una prevenzione rivolta ad individui sani affinché possano conservare integro quel patrimonio inestimabile che è la salute. Non si tratta più soltanto di scoprire per tempo i sintomi della malattia, ma di ritardare o addirittura evitare che la malattia si verifichi. 3.5) Conoscere o non conoscere Si dice sempre che prevenire è meglio che curare, ma sicuramente la conoscenza di ambiti così specifici quali la predisposizione a malattie, a volte anche gravi, può essere allarmante. Allora: conoscere o non conoscere? Decidere di non sapere perché conoscere una determinata situazione genetica potrebbe causare depressione, paura e incertezza? Le reazioni variano da persona a persona, tuttavia crediamo che, grazie ai progressi della medicina predittiva, oggi abbiamo una importantissima opportunità che ci permette di preservare a addirittura migliorare il nostro stato di salute e quello dei nostri familiari. A fronte del rischio di venire a conoscenza della predisposizione a una grave patologia, sta il beneficio di poterne contrastare l'insorgenza, o quanto meno di ritardarla o controllarla: possiamo agire perché non sia troppo tardi. 4) Salute Un’accurata analisi delle ricerche presenti nella letteratura di settore e delle indagini statistiche sulle malattie che più frequentemente colpiscono la popolazione hanno permesso di mettere a punto una serie di test finalizzati a identificare i fattori di rischio nei confronti di una serie di patologie che assumono un importante significato sociale per il mondo occidentale. I test a DNA sono quindi rivolti all'apparato osteoscheletrico (osteoporosi), all'apparato cardiovascolare (trombosi, ictus, aterosclerosi, ipertensione, infarto), al metabolismo del glucosio (diabete di tipo 2) e ai processi di inattivazione dei danni da radicali liberi (tumore alla mammella, tumore alla prostata e tumori polmonari). Conoscere questi fattori di rischio è utile per attivare una efficace prevenzione che possa difendere la nostra salute e offrire al nostro organismo quelle difese che gli consentano di affrontare una vita che si prospetta sempre più lunga e che deve essere sempre più serena. 4.1) Osteoporosi L'osteoporosi è caratterizzata dalla compromissione della robustezza dell'osso che predispone a un aumento del rischio di frattura e questo ne è l'aspetto più importante soprattutto per l'alto numero dei casi colpiti nella popolazione adulta. E' oggi ampiamente accertato che l'osteoporosi non è solo conseguente nalla perdita ossea conseguente all'avanzare dell'età. Un individuo che non raggiunge un picco ottimale di massa ossea durante l'infanzia e l'adolescenza può infatti sviluppare osteoporosi senza che vi sia una accelerata perdita ossea in età adulta. Ottimizzare la salute dell'osso è quindi un processo che dura tutta la vita sia nei maschi sia nelle femmine. Gli interventi in questo campo sono necessari visto che l'osteoporosi e le fratture femorali, vertebrali ecc. sono una delle principali cause di disabilità nella popolazione anziana ed hanno un impatto notevole anche in termini di costi sociali. 4.2) Trombosi La trombosi venosa è una condizione in cui una piccola quantità di sangue si coagula all'interno di una vena e aderisce alla sua parte. Di conseguenza il passaggio del sangue attraverso quella vena è bloccato, parzialmente o in modo completo. Il coagulo formato prende il nome di trombo. Si parla di tromboflebite quando il coagulo di sangue si forma nelle vene più piccole proprio al di sotto della pelle, o di flebotrombosi quando invece il coagulo si forma nelle vene profonde. Le sedi più interessate dalla formazione di trombi profondi sono le vene del polpaccio o della coscia. Lo stimolo che porta alla formazione del coagulo è di solito rappresentato da un mutamento nelle caratteristiche del sangue causato o da un intervento chirurgico o da un trauma o da una infezione. Il rischio aumenta quando il sangue tende a restare fermo nelle gambe, ad esempio per la presenza di vene varicose o dopo un intervento chirurgico o a seguito di un prolungato periodo in cui si è dovuti restare a letto. 4.3) Diabete tipo 2 L'incapacità dell'organismo a mantenere il glucosio del sangue al di sotto di un certo valore è detta diabete mellito. Il diabete mellito di tipo 2 è caratterizzato da un duplice difetto che è responsabile dell'aumento della glicemia nel sangue: da una parte l'insulino-resistenza, dall'altra il deficit di secrezione di insulina. Questi due difetti possono coesistere oppure presentarsi separatamente e/o successivamente. L'insulino-resistenza, tipica del diabetico obeso, consiste in una incapacità di alcuni organi a rispondere all'azione dell'insulina. Come è noto, l'insulina serve a fare entrare il glucosio dentro le cellule. Quando c'è una insulino-resistenza, l'insulina, anche se presente nell'organismo, non riesce a penetrare nelle cellule, per cui il glucosio rimane nel circolo sanguigno dove determina l'aumento della glicemia. Normalmente il pancreas cerca di superare questa resistenza producendo più insulina, ma nel tempo questa iperfunzione porta a un suo progressivo esaurimento funzionale, per cui il pancreas produce sempre meno insulina. 4.4) Ictus Secondo la definizione dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) l'ictus è l'improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale e/o globale (coma) delle funzioni cerebrali, di durata superiore alle 24 ore, o ad esito infausto non attribuibile ad altra causa apparente se non a vasculopatia cerebrale. L'ictus è una emergenza medica ("attacco cerebrale") e deve essere prontamente diagnosticato e trattato in un ospedale per l'elevato rischio di disabilità e di morte che esso comporta. Ogni anno si verificano in Italia (dati sulla popolazione del 2001) circa 196.000 ictus, di cui circa il 20% è costituito da recidive (39.000). L'ictus è la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, causando il 10-12% di tutti i decessi per anno e rappresenta la principale causa di invalidità e la seconda causa di demenza. 4.5) Aterosclerosi L'aterosclerosi è una malattia che colpisce le grosse arterie di tipo elastico, come l'aorta, e anche arterie più piccole come le coronarie, le cerebrali, le renali, ecc. Essa è caratterizzata da lesioni ateromatose, cioè dal deposito di sostanze lipidiche nelle arterie con lesione della loro parte interna. L'evoluzione di queste lesioni determina progressivamente l'occlusione del vaso sanguigno, complicanze trombotiche, disgregazione della parete arteriosa con possibili rotture o formazione di aneurismi dissecanti. Clinicamente l'aterosclerosi può essere asintomatica oppure manifestarsi, di solito dai 40-50 anni in su, con fenomeni ischemici acuti o cronici, che colpiscono principalmente cuore, encefalo, arti inferiori e intestino. 4.6) Ipertensione L'ipertensione arteriosa consiste in un aumento anormale della pressione arteriosa, cioè dell'energia con la quale il sangue circola nei vasi arteriosi. Essa dipende dalla spinta impressa dal cuore al sangue e dall'elasticità dei vasi arteriosi: più questi sono rigidi e più la pressione sarà alta. I valori della pressione arteriosa variano con l'età, tendono ad aumentare con il passare degli anni, e durante la giornata: sono più alti al risveglio, tendono a diminuire durante il giorno, aumentano in caso di sollecitazioni fisiche ed emotive. Normalmente i disturbi provocati dall'ipertensione arteriosa sono legati ai danni che induce su alcuni organi particolarmente sensibili ad elevati valori di pressione arteriosa, soprattutto se mantenuti a lungo nel tempo: il cuore, il rene e il cervello. A livello del cuore può provocare alterazioni del ritmo cardiaco e dolori al petto. Un'ipertensione arteriosa elevata e mantenuta a lungo può danneggiare irrimediabilmente i reni. I disturbi a carico del cervello sono legati a danni del circolo cerebrale e possono manifestarsi con compromissioni acute e drammatiche di alcune aree del cervello (ictus). 4.7) Infarto Per infarto si intende la necrosi di un tessuto per ischemia, cioè per grave deficit di flusso sanguigno. Clinicamente l'infarto è una sindrome acuta provocata da una insufficiente irrorazione sanguigna (ischemia) ad un organo o parte di esso, per una occlusione improvvisa o per una stenosi critica delle arterie che portano il sangue in quel distretto dell'organismo. La causa è costituita nella quasi totalità dei casi dall'aterosclerosi. Quando vanno incontro ad ulcerazione, le placche terosclerotiche possono provocare occlusione arteriosa acuta (e quindi infarto), sia attraverso la formazione di emboli, sia attraverso la trombosi sovrapposta all'ulcerazione. L'infarto miocardico, dove l'organismo interessato è il cuore, e l'infarto cerebrale, responsabile dell'80% dei casi di ictus, sono le più frequenti cause di morte nei paesi occidentali. 4.8) Tumore alla mammella [donna] Il seno è costituito da un insieme di ghiandole e tessuto adiposo ed è posto tra la pelle e la parete del torace. In realtà non è una ghiandola sola, ma un insieme di strutture ghiandolari, chiamate lobuli, unite fra loro a formare un lobo. In un seno vi sono da 15 a 20 lobi. Il tumore al seno è una malattia potenzialmente grave se non è individuata e curata per tempo. E' dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne. Ciò significa che hanno la capacità di staccarsi dal tessuto che le ha generate per invadere i tessuti circostanti e, col tempo, anche gli altri organi del corpo. Oltre al fattore genetico, vi sono diversi fattori di rischio per il cancro al seno, alcuni dei quali prevenibili, perché collegati allo stile di vita e all'ambiente. Va comunque ricordato che più dell'80 per cento dei casi di tumore al seno colpisce donne sopra i 50 anni e che circa il 10 per cento delle donne con tumore al seno ha più di un familiare stretto malato (soprattutto nei casi giovanili). 4.9) Tumore alla prostata [uomo] La prostata è una ghiandola presente solo negli uomini che, in condizioni normali, ha le dimensioni di una noce. E' situata dietro l'intestino e avvolge il canale deputato al trasporto di urina (l'uretra). Tra i suoi compiti c'è quello di produrre e immagazzinare il liquido seminale rilasciato durante l'eiaculazione. Il tumore alla prostata è provocato da una crescita incontrollata di alcune cellule all'interno della ghiandola stessa. Il vero e proprio tumore alla prostata è meno comune di quanto si pensi: si stima che i nuovi casi in Italia siano circa 8.000 l'anno. Vengono però interpretate come tumori prostatici varie forme di proliferazione anomala del tutto benigne: si dice infatti che molti uomini muoiono con il tumore, ma non a causa di esso. Ciò succede perché con l'età spesso le cellule della ghiandola iniziano a crescere in modo incontrollato, e questo oggi è visibile con diversi mezzi diagnostici. Ma un ingrossamento non è necessariamente indice della presenza di un cancro e anche in caso di cellule maligne la crescita può essere così lenta da non costituire un pericolo reale. 4.10) Tumori polmonari I polmoni sono due organi simmetrici, spugnosi, posti nel torace. La loro funzione è quella di trasferire l'ossigeno respirato al circolo sanguigno e depurarlo dell'anidride carbonica prodotta dall'organismo. Il tumore del polmone compromette questa funzione poiché provoca una crescita incontrollata di determinate cellule polmonari (quelle che costituiscono bronchi, bronchioli e alveoli) che possono costituire una massa che ostruisce il corretto flusso dell'aria, oppure provocare emorragie polmonari o bronchiali. Non esiste un solo tipo di tumore al polmone, bensì diverse tipologie di malattia a seconda del tessuto polmonare interessato. Il tumore del polmone, con i suoi oltre 30.000 morti/anno in Italia, è una delle principali patologie da combattere. Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad un arresto nel trend della incidenza per la popolazione maschile compensato da quello, in aumento, della popolazione femminile, una variazione che coincide con la diminuzione dei fumatori maschi e l'aumento delle fumatrici: è infatti noto che il fumo di sigaretta è responsabile di gran parte dei tumori polmonari. 4.11) Alzheimer La malattia di Alzheimer è la causa più frequente di demenza (perdita progressiva delle capacità intellettive come memoria, linguaggio e giudizio). E' determinata da una lenta perdita di cellule nervose (neurodegenerazione) in tutte le aree della corteccia cerebrale. Il processo patologico inizia molto prima della manifestazione dei primi sintomi che appaiono quando sono esaurite le capacità di riserva cerebrale e rappresentano uno stadio già avanzato della patologia. Sono noti una serie di fattori genetici che possono causare o favorire la manifestazione della malattia: sono mutazioni di geni coinvolti nella produzione di beta-amiloide. La ricerca degli ultimi anni ha evidenziato che gli stessi fattori che favoriscono le malattie cardiovascolari comportano anche un maggiore rischio per la malattia di Alzheimer: obesità, colesterolo alto e ipertensione sono fattori di rischio, riconoscerli e trattarli riduce probabilmente il rischio di sviluppare la malattia. L'interesse principale della ricerca è oggi rivolto alla prevenzione della patologia, che è caratterizzata da una lunga fase preclinica che dura fino a 20-30 anni. 4.12) Parkinson Il morbo di Parkinson è una delle malattie neurologiche più frequenti ed è caratterizzato principalmente da disturbi del movimento muscolare, mentre l'intelletto e la personalità dei pazienti in molti casi e per molto tempo non subiscono alterazioni di rilievo. Si distinguono tre tipi di sintomi: bradicinesia, cioè una lentezza generale del flusso dei movimenti con difficoltà ad iniziare e arrestare movimenti come per esempio il cammino; rigidità muscolare del tronco e degli arti; un tremore particolare dei gruppi muscolari che si blocca appena il paziente inizia un movimento volontario (tremore a riposo). I sintomi iniziano gradualmente, nella maggior parte dei casi attorno ai 55 anni, e aumentano lentamente; più raramente possono verificarsi in persone di giovane e media età. La malattia è dovuta a una degenerazione di particolari cellule nervose (neuroni dopaminergici della sostanza nigra) nel tronco dell'encefalo. Questi neuroni sono connessi con altri centri cerebrali (gangli basali) e producono la dopamina, una molecola che intermedia la comunicazione tra cellule nervose (neurotrasmettitore). Con la neurodegenerazione del morbo di Parkinson viene a mancare la dopamina e si crea uno squilibrio tra i centri nervosi che controllano i movimenti automatici (sistema extrapiramidale).