Torna al sommario Le basi genetiche dell’autismo ELENA BACCHELLI, ELENA MAESTRINI 4:2003; 285-288 La patogenesi dell’autismo è probabilmente eterogenea. Solo in una piccola percentuale dei casi l’autismo è associato a condizioni mediche note. L’importanza dei fattori genetici nella patogenesi dell’autismo è emersa da una serie di studi epidemiologici effettuati negli anni ’70 e ’80. L’identificazione dei fattori genetici coinvolti nell’autismo è un traguardo difficile. Ciò nonostante, negli ultimi anni la ricerca genetica ha compiuto considerevoli progressi ed è possibile prevedere che presto potrà essere trovata una risposta a molti interrogativi sulla patogenesi del disturbo autistico. Tale obiettivo sarà facilitato da approcci multidisciplinari, basati sull’integrazione delle conoscenze genetiche con strategie di tipo neurobiologico, clinico, epidemiologico e statistico. NÓOςς RIASSUNTO IL DISTURBO AUTISTICO IN ETÀ ADULTA Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale, Università di Bologna Parole chiave: Autismo, genetica, studi epidemiologici. SUMMARY Autism pathogenesis is probably heterogeneous. Only a small portion of the cases is related to well-known medical conditions. The relevance of genetics in order to the autism pathogenesis is underlined by epidemiological studies results starting from 70’s and 80’s. Genetic factors related to autism are still a difficult target in research methodology. Nevertheless research gained important advances and it is expected to find soon an answer for many questions about the pathogenesis of autistic disorder. This purpose could be supported by multidisciplinary approaches and the integration of genetics findings with neurobiological, epidemiological and statistic approach. Key words: Autism, genetics, epidemiologic studies. 285 Indirizzo per la corrispondenza: Elena Bacchelli, Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale, Università di Bologna, Via Selmi 3 – 40126 Bologna. [email protected] 286 LE BASI GENETICHE DELL’AUTISMO E. BACCHELLI - E. MAESTRINI NÓOςς L’autismo è un grave disturbo neuropsichiatrico, caratterizzato da problemi nelle relazioni interpersonali, da difficoltà nella comunicazione e nel linguaggio, e dalla presenza di comportamenti ritualistici o ossessivi. In base alle stime più recenti, le persone affette da autismo risultano circa una ogni mille1,2 con un rapporto fra maschi e femmine pari a 4:1. I sintomi compaiono nei primi tre anni di età e persistono per tutta la vita. Non esiste una cura per l’autismo, ma una diagnosi precoce, insieme ad appropriati interventi educativi, può migliorarne sensibilmente il decorso. La prima descrizione dell’autismo risale a Leo Kanner, il quale nel 1943 definì l’autismo come una incapacità innata a stabilire normali rapporti affettivi con le persone. Inizialmente fu pertanto considerato una patologia affettiva e relazionale, risultante da un disturbo precoce dell’interazione madrebambino, una “chiusura” dovuta ad ambienti affettivi inadeguati. Da tempo le teorie sull’origine psicologica dell’autismo sono state ormai superate, essendo ormai chiaramente riconosciuta la base neurobiologica di questo disturbo, con la presenza di una forte predisposizione genetica. La patogenesi dell’autismo è probabilmente eterogenea, può essere dovuta cioè a cause diverse. Solo in una piccola percentuale dei casi (meno del 10%) l’autismo è associato a condizioni mediche note, quali la sindrome dell’X fragile o la sclerosi tuberosa, mentre la maggior parte dei casi non sono ascrivibili a nessuna causa riconoscibile. L’importanza dei fattori genetici nella patogenesi dell’autismo è emersa da una serie di studi epidemiologici effettuati negli anni ’70 e ’803. Tali studi sono stati condotti su gemelli monozigotici (che quindi hanno lo stesso patrimonio genetico) e dizigotici (che hanno il 50% del geni in comune, come normali fratelli), e su famiglie contenenti uno o più individui con autismo. I dati ottenuti hanno dimostrato un elevato tasso di concordanza per l’autismo nelle coppie monozigotiche, mentre è molto meno frequente che gemelli dizigotici siano entrambi autistici. Il tasso di ricorrenza familiare del disturbo autistico è risultato almeno 10-50 volte maggiore rispetto alla prevalenza nella popolazione generale. Le ricerche epidemiologiche hanno inoltre evidenziato che la predisposizione genetica si estende anche ad altri disturbi dello spettro autistico (quali la sindrome di Asperger) e ad un gruppo più ampio di disturbi sociali e/o di comunicazione, con caratteristiche simili a quelle dell’autismo classico, ma presenti in forma meno grave4. È chiaro quindi che alla base dell’autismo ci sono delle importanti determinanti genetiche, che tuttavia sono di tipo complesso: la patogenesi dell’autismo non è attribuibile infatti all’azione di un singolo gene, ma probabilmente i geni coinvolti sono molteplici. A ciò si può aggiungere l’influenza di altri fattori non genetici o ambientali, ancora sconosciuti, che concorrono alla manifestazione del disturbo. Tutti questi elementi hanno reso l’identificazione dei fattori genetici coinvolti nell’autismo un traguardo difficile. Ciò nonostante, negli ultimi anni la ricerca genetica ha compiuto considerevoli progressi. Studi citogenetici hanno indicato che una piccola percentuale di casi di autismo è associata ad una ampia gamma di anomalie cromosomiche, il cui significato nei confronti dei disturbi dello spettro autistico rimane quindi poco chiaro5. La maggior parte di tali anomalie è stata infatti riscontrata in 4:2003; 285-288 NÓOςς IL DISTURBO AUTISTICO IN ETÀ ADULTA casi sporadici e, in genere, si tratta di soggetti con diagnosi di autismo atipico e problemi nell’apprendimento. Inoltre, fatta eccezione per una particolare regione del cromosoma 15, la loro marcata variabilità non ha finora permesso di identificare una specifica regione genomica in cui ricercare i geni di suscettibilità. Anche gli studi neurobiologici hanno fornito informazioni limitate sull’eziologia dell’autismo6. Sono state descritte alterazioni a livello dell’ippocampo e dell’amidgala, del cervelletto e della corteccia cerebrale, ma tali anomalie sono abbastanza variabili e non danno indicazioni sul coinvolgimento di una particolare regione cerebrale7,8. Fra le osservazioni neuroanatomiche più significative vi è un aumento della dimensione cerebrale. Non vi è inoltre una chiara correlazione tra difetti neurochimici specifici ed il fenotipo autistico, sebbene siano stati riscontrati elevati livelli di serotonina in alcuni individui autistici. Data la mancanza di chiare evidenze neurobiologiche e citogenetiche che potessero facilitare l’identificazione di geni candidati per l’autismo, alcuni gruppi di ricerca hanno seguito un approccio basato sull’analisi dell’intero genoma (genome scan), per identificare i loci di suscettibilità. In generale, la strategia consiste nell’analizzare il genoma umano per la presenza di linkage, studiando l’ereditarietà di marcatori del DNA in famiglie con almeno due individui affetti da autismo. Questo approccio sperimentale consente di identificare quali regioni del genoma sono “più simili” fra le coppie di fratelli affetti in ogni famiglia: infatti se una regione di un cromosoma contiene un gene implicato nell’autismo, questa regione sarà ereditata da entrambi i fratelli affetti molto più frequentemente di quanto atteso in base al caso. Per raccogliere l’elevato numero di famiglie con 2 o più individui affetti da autismo, necessario per questo tipo di studi, sono state stabilite varie collaborazioni e consorzi tra specialisti di diverse nazionalità. Dal confronto dei risultati ottenuti da diversi gruppi di ricerca, sono emerse alcune regioni cromosomiche in cui è probabilmente localizzato un locus di suscettibilità per l’autismo. I risultati più significativi riguardano particolari tratti dei cromosomi 2 e 7, ma regioni potenzialmente interessanti sono anche sui cromosomi 15, 16 e 175,9-11. Sebbene i risultati di più di un gruppo di ricerca convergano su queste regioni, va comunque sottolineato che non tutti gli studi hanno riportato dati positivi per gli stessi tratti cromosomici, e alcuni gruppi di ricerca hanno evidenziato regioni non identificate da altri. Ciò può essere dovuto all’eterogeneità dei geni che predispongono all’autismo, alla complessità della definizione del fenotipo, ma anche alle dimensioni non sufficientemente grandi dei campioni esaminati nei singoli studi. In quest’ottica sarà importante aumentare il numero di famiglie analizzate e stabilire una cooperazione su larga scala tra i diversi gruppi di ricerca, per consentire l’analisi integrata di tutti i dati raccolti (metanalisi). I risultati finora ottenuti costituiscono un considerevole passo in avanti verso l’identificazione dei geni implicati nell’eziologia del disturbo autistico, ma la strada da percorrere può essere ancora lunga. Le regioni cromosomiche identificate tramite gli studi di linkage sono molto ampie e contengono centinaia di geni: ciascuno di essi potrebbe essere il responsabile. Attualmente sono in 287 LE BASI GENETICHE DELL’AUTISMO E. BACCHELLI - E. MAESTRINI NÓOςς corso sia ricerche volte a restringere le regioni di interesse, sia studi di “geni candidati”. Questi ultimi consistono nella ricerca sistematica di mutazioni nella sequenza del DNA di geni specifici in un campione di individui con autismo. I geni candidati sono scelti in base alla loro localizzazione nelle regioni cromosomiche con evidenza di linkage, o che presentano anomalie citogenetiche in alcuni pazienti, ed alla funzione nota nello sviluppo e nella fisiologia del Sistema Nervoso Centrale. In particolare, fra i candidati analizzati si possono citare i geni WNT2 e RELN (reelin), ambedue localizzati sul cromosoma 7, in una regione confermata da numerosi studi indipendenti. Anche i geni coinvolti nel metabolismo della serotonina o di altri neurotrasmettitori sono stati recentemente oggetto di studio da parte di diversi gruppi di ricerca, anche se i risultati ottenuti sono per ora contradditori e difficili da interpretare. Altri sono stati i geni fino ad oggi analizzati, ma per nessuno di essi è stato possibile dimostrare un significativo coinvolgimento nell’autismo. Nonostante non siano stati ancora ottenuti risultati definitivi, i rapidi progressi degli ultimi anni fanno prevedere che presto potrà essere trovata una risposta a molti interrogativi sulla patogenesi del disturbo autistico: tale obiettivo sarà facilitato da approcci multidisciplinari, basati sull’integrazione delle conoscenze genetiche con strategie di tipo neurobiologico, clinico, epidemiologico e statistico. Il raggiungimento di questo traguardo sarà di importanza fondamentale per la comprensione dei meccanismi patofisiologici alla base del disturbo, per l’identificazione di possibili bersagli di intervento farmacologico e per lo sviluppo di più accurati metodi di diagnosi. Bibliografia 1. Fombonne E. The epidemiology of autism: a review. Psychol Med 1999; 29: 769-86. 2. Chakrabarti S, Fombonne E. Pervasive developmental disorders in preschool children. JAMA 2001; 285: 3093-9. 3. Rutter M. Genetic studies of autism: from the 1970s into the Millennium. 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