UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA _______________________________________ Scuola di dottorato di ricerca in Medicina e Chirurgia Biotecnologie Biomediche XI ciclo nuova serie Studio degli intermedi deamidati del NAD e del loro metabolismo Docente guida Tesi di Laurea di: Prof. Adolfo Amici Maria Rita Carradori A.A. 2009/10 – 2013/14 INDICE: ABBREVIAZIONI: .............................................................................. 4 1 INTRODUZIONE.............................................................................. 5 1.1 La vitamina B3 .............................................................................. 5 1.2 Metabolismo del NAD ................................................................. 10 1.3 Via de novo ................................................................................. 11 1.4 Vie di recupero ............................................................................ 12 1.5 Nicotinamide deamidasi .............................................................. 13 2 MATERIALI E METODI ................................................................. 17 2.1 Attività enzimatica ....................................................................... 17 2.2 Saggio spettrofotometrico continuo per la determinazione dell’attività enzimatica della carbossilesterasi ................................... 17 2.3 Saggio in HPLC per la determinazione dell’attività enzimatica della NDasi ................................................................................................ 18 2.4 TSK-DEAE-5PW ......................................................................... 20 2.5 Elettroforesi in condizioni denaturanti su gel di poliacrilammide (SDS-PAGE) ..................................................................................... 20 2.6 Western Blot ............................................................................... 21 2.7 Proteolisi limitata ......................................................................... 22 2.8 Clonaggio ed espressione della carbossilesterasi umana (hCE1b) in sistemi eucariotici .......................................................................... 24 2.9 Amplificazione mediante pcr del cDNA codificante hCE1b .......... 26 2.10 Clonaggio di hCE1b in pcDNA3.1/MYC-HIS A .......................... 26 2.11 Estrazione del DNA codificante hCE1b ..................................... 28 2.12 Mutagenesi sito-specifica .......................................................... 28 2.13 Trasfezione delle cellule COS-7 ................................................ 29 2.14 La resina di affinità Ni-NTA ....................................................... 31 2.15 Immunoblotting ......................................................................... 32 2 2.16 Estrazione dei nucleotidi con etanolo bollente da pellet di cellule Hep G2 ............................................................................................. 32 2.17 Estrazione acida dei nucleotidi da pellet di cellule HepG2 ......... 32 2.18 Preparazione degli enzimi ancillari NadD, PncC, NadE e determinazione delle loro attività. ...................................................... 33 2.18.1 NaMN adeniltrasferasi (NadD) ............................................... 33 2.18.2 NMN deamidasi (PncC).......................................................... 35 2.18.3 NAD sintetasi (NadE) ............................................................. 37 2.19 Rilevazione e quantificazione dei mononucleotidi mediante saggio in HPLC ................................................................................. 38 2.20 Saggio ciclico fluorimetrico ........................................................ 40 3 RISULTATI (parte I) ...................................................................... 41 3.1 CE e NDasi di fegato di coniglio e maiale ................................... 41 3.2 Determinazione della Km su RLE e PLE ..................................... 44 3.3 Mutagenesi pcDNA 3.1/hCE-1b .................................................. 49 4 RISULTATI (parte II) ..................................................................... 54 4.1 Studio sulle vie biosintetiche del NAD ......................................... 54 4.2 Conversione dell’NaMN e NMN in NaAD e quantificazione mediante HPLC ................................................................................ 55 4.3 Conversione dell’NaAD a NAD e quantificazione mediante saggio ciclico fluorimetrico............................................................................ 58 5 CONCLUSIONI (parte I) ................................................................ 60 6 CONCLUSIONI (parte II) ............................................................... 63 Bibliografia ...................................................................................... 65 3 ABBREVIAZIONI: Na: Acido Nicotinico Nam: Nicotinamide NAD: β-Nicotinamide adenin dinucleotide NADP: β-Nicotinamide adenine dinucleotide fosfato NMN: Nicotinamide mononucleotide NamR: Nicotinamide riboside PRPP: Fosforibosil pirofosfato QA: Acido chinolinico NaMN: Nicotinato mononucleotide NaAD: Nicotinato adenin dinucleotide NamR: Nicotinamide Riboside NDasi: Nicotinamide deamidasi p-NPA: p-Nitrofenilacetato p-NPN: p-Nitrofenilnicotinato CE: Carbossilesterasi hCE1a, hCE1b, hCE1c: Carbossilesterasi umana classe 1, isoforme 1a, 1b, 1c hiCE: Carbossilesterasi intestinale umana hCE2: Carbossilesterasi umana, classe 2 hCE3: Carbossilesterasi umana, classe 3 (cervello-specifica) SDS: Sodio dodecil solfato RLE: Carbossilesterasi di fegato di coniglio PLE: Carbossilesterasi di fegato di maiale 4 1 INTRODUZIONE 1.1 La vitamina B3 Con il termine vitamina B3 (o niacina, o vitamina PP) ci si riferisce all’Na (acido piridin-3-carbossilico) e alla sua forma amidata, la Nam (Fig. 1) che possiedono attività biologica simile. Figura 1: Struttura molecolare delle due forme della vitamina B3. Acido Nicotinico (sx) – Nicotinamide (dx) La Nam, è il precursore per il coenzima β-NAD (fig.2) e NADP, che funziona in molte reazioni di ossidazione e riduzione catalizzate dagli enzimi. Perciò, l’omeostasi della Nam è di vitale importanza per il corpo [1]. Figura 2: Struttura molecolare del NAD La niacina è abbondante in molti tipi di carne, fegato, legumi, latticini, fagioli, vegetali a foglia verde, caffè e tè. Anche il mais contiene elevate quantità di Na e Nam, ma in forme legate e quindi non biodisponibili. Per incrementare la 5 biodisponibilità di niacina è necessario sottoporre questo cereale ad un trattamento alcalinizzante. Tale pratica era utilizzata dalle popolazioni native del Sud America, le quali infatti erano protette dalla deficienza da vitamina. Nella carne, la vitamina si trova principalmente sotto forma di NAD e NADP, mentre relativamente bassi sono i livelli di Na e Nam [2]. La Nam viene liberata dal NAD(P) dagli enzimi della mucosa intestinale [2], mentre l’Na viene formato per deamidazione della Nam ad opera della nicotinamidasi dei batteri presenti nel lume intestinale [3]. Le due forme di niacina, sia introdotte tal quali, sia prodotte nell’intestino come descritto, dopo essere state assorbite, entrano nel flusso sanguigno per essere distribuite nei vari tessuti [2] [4] [5]. E’ stato riportato che l’assorbimento di Nam è maggiore rispetto a quello di Na quando le fonti di vitamina nella dieta sono il NAD e il NADP [6]. Infine, il NAD introdotto come tale con la dieta può essere degradato nel lume intestinale a NMN e questo defosforilato a NamR, il quale viene assorbito dalle cellule, e attraverso una serie di pathway metabolici, viene riconvertito a NAD. L’uomo è in grado di sintetizzare la niacina a partire dal triptofano [7]; si ritiene che 60 mg di triptofano possano dare origine a livello epatico a 1 mg di niacina (1 mg di “equivalente di niacina” o NE) [8]. Le vitamine riboflavina (B2) e piridossina (B6), insieme al ferro, sono necessarie per la conversione del triptofano a niacina [8] [9]. La capacità di convertire il triptofano a niacina, varia da individuo a individuo, ed è regolata dalla dieta; l’efficienza di conversione, infatti, aumenta in condizioni di deficienza di proteine e di triptofano, mentre diminuisce in presenza di un’assunzione eccessiva di leucina [8]. La dose giornaliera raccomandata espressa in equivalenti di niacina è di 16 NE per l’uomo e di 14 NE per la donna, 18 NE e 17 NE per le donne gravide e donne che allattano [10]. Nell’uomo, la Nam e Na assunti con la dieta sono assorbiti dallo stomaco e dall’intestino sia attraverso una diffusione passiva, sia attraverso una diffusione sodio-dipendente [8]. Sempre nell’uomo, l’eccesso di Nam è metilato, ossidato o idrolizzato a N1metilnicotinamide o 6-idrossinicotinamide; l’N1-metilinicotinamide viene poi ossidato a piridone N1-metil-2-piridone-5-carbossiamide (2Py) e N1-metil-4- 6 piridone-3-carbosamide dall’aldeide ossidasi (AOX; EC 1.2.3.1) e tutti questi metaboliti vengono poi escreti con le urine [11]. La deficienza di niacina causa la pellagra, i cui sintomi principali sono rappresentati da sfoghi cutanei foto-indotti, dermatiti, disturbi gastrointestinali e neuropsichiatrici. Circa un centinaio di anni fa la pellagra era una malattia molto diffusa tra la popolazione rurale povera di molti paesi, compresa l’Italia, e si credeva fosse una malattia di tipo infettivo. Tuttavia nel 1914, Joseph Goldberger verificò l’ipotesi per cui la pellagra potesse essere causata da una deficienza alimentare, e scoprì che sostituendo una dieta a base di frumento con una dieta con uova, latte e carne, la malattia veniva curata e prevenuta [12]. Ventitré anni più tardi, Conrad Elvehjem dopo aver ottenuto da un estratto deproteinizzato di fegato una frazione di Na e Nam, dimostrò che queste molecole avevano la proprietà di guarire una malattia dei cani nota per la sua sintomatologia come "black tongue" (lingua nera), conosciuta da tempo come l’equivalente della pellagra umana [13]. I successivi studi biochimici identificarono la Nam come componente fondamentale del NAD e del NADP e dimostrarono che gli animali affetti da pellagra mostravano una significativa diminuzione dei livelli di NAD e NADP nei muscoli e nel fegato [14]. Oggi la deficienza di vitamina B3 è un evento molto raro nei paesi industrializzati [15]; tuttavia diete povere, anoressia, alcolismo, AIDS e altre malattie, possono causare sintomi pellagra-simili. Inoltre, disturbi pellagra-simili (dermatite, disturbi psichici) sono tipici della sindrome metabolica, nota come malattia di Hartnup, causata da un’anomalia nel trasporto gastrointestinale e renale di alcuni amminoacidi, tra cui il triptofano. Tali sintomi vengono alleviati e in alcuni casi addirittura prevenuti dalla somministrazione della vitamina B3 [16]. Per molto tempo si è pensato che le manifestazioni cliniche della pellagra, fossero dovute alla diminuzione dei livelli di NAD e NADP a concentrazioni non più sufficienti a garantire l’energia necessaria per le varie funzioni cellulari [17]. In effetti, queste molecole svolgono un ruolo centrale nel metabolismo cellulare di tutti gli organismi viventi, essendo cofattori universali e ubiquitari di gran parte delle deidrogenasi impegnate nelle vie metaboliche. Tuttavia, la comprensione della grande varietà e complessità dei sintomi della pellagra è progredita in 7 seguito alla scoperta che la massima parte del pool cellulare del NAD, non è utilizzato come coenzima nelle reazioni metaboliche di ossidoriduzione, ma viene consumato dalle poli (ADP-riboso)polimerasi (PARPs) [18]. Questi enzimi idrolizzano il legame N-glicosidico del dinucleotide, liberando la Nam e trasferendo l’ADP-riboso a proteine accettrici di varia natura, ADP-ribosilandole e modificandone così la funzione biologica. La poli-ADP-ribosilazione svolge ruoli molteplici nella riparazione del DNA danneggiato, nel mantenimento della stabilità genomica, nella regolazione trascrizionale, nell’apoptosi e in molte altre funzioni cellulari [19]. Per quanto riguarda ad esempio il coinvolgimento della PARP-1 nel riparo del DNA, è noto che la sua attivazione può stimolare tre diversi pathway cellulari, a seconda dell’intensità del danno. Nel caso in cui il danno al DNA è lieve, l’attivazione della PARP-1 stimola il riparo del DNA e determina quindi la sopravvivenza della cellula; se il danno non è riparabile, l’attivazione dell’enzima induce la morte cellulare per apoptosi; infine, se il danno è severo, la PARP-1 viene iperattivata, con conseguente diminuzione dei livelli cellulari di NAD, le cellule consumano ATP cercando di risintetizzare il NAD e questo porta ad una significativa diminuzione dell’energia disponibile con conseguente necrosi (fig. 3). Figura 3: Schema del metabolismo della vitamina B3 e dell’enzima PARP-1 Studi effettuati sia in vivo che in vitro hanno dimostrato che la diminuzione dei livelli di NAD nelle cellule determina un rallentamento dei meccanismi di poliADPribosilazione, causando così l’aumento dell’ instabilità genomica conseguente a stress ossidativi o genotossici. La Nam assunta con la dieta è in grado di 8 rifornire le PARPs del substrato NAD, e in alcuni studi è stato osservato che mantenere la vitamina ad un livello ottimale è indispensabile nei malati di cancro e negli individui a rischio di esposizione ad agenti genotossici. Studi su modelli animali hanno tuttavia dimostrato che la somministrazione di Nam può avere effetti diversi sulla carcinogenesi a seconda del carcinogeno e dell’organo target. Ciò probabilmente riflette la differente sensibilità di ogni organo agli agenti che danneggiano il DNA, al fatto che la distribuzione della PARP-1 è tessuto- e cellulaspecifica, e all’osservazione che il NAD viene sintetizzato a partire da precursori vitaminici diversi (Na, Nam, NamR) a seconda dell’organo [20]. Sia la Nam che l’Na sono proposti come agenti farmacologici nei confronti di altre patologie: la Nam, ad esempio, ha azione protettiva nei confronti della neurodegenerazione indotta dall’assunzione di etanolo durante lo sviluppo del feto [21] e la somministrazione di alte dosi di Na è in grado di abbassare i livelli di colesterolo e di trigliceridi nel sangue [22] [23]. 9 1.2 Metabolismo del NAD L’anello piridinico della Nam, introdotta con la dieta, viene incorporato nella molecola del NAD. La Nam infatti è considerata il principale precursore del NAD nei mammiferi [24]. Mentre nei procarioti, la molecola del NAD viene costruita anche de novo a partire da quattro diversi composti: l’L-aspartato (L-asp), il didrossiacetone fosfato (DHAP), il fosforibosil pirofosfato (PRPP) e l’ATP, metaboliti di pathways essenziali quali il ciclo dell’acido citrico, la glicolisi e la via dei pentoso fosfati (fig.4). Figura 4: Precursori metabolici del NAD La biosintesi del NAD(P) può avvenire sia a partire da precursori semplici (via de novo), sia attraverso il riciclo dei prodotti di degradazione dei nucleotidi piridinici (via di recupero, o salvage pathway) [25]. 10 1.3 Via de novo Negli eubatteri la via de novo inizia con la sintesi del QA da parte del complesso enzimatico NadA-NadB [26]. Il primo enzima coinvolto in questo processo, l’Laspartato ossidasi (EC 1.4.3.16), codificato dal gene nadB, produce acido imminoaspartico da L-aspartato. Questo intermedio imminico instabile, viene convertito dalla chinolinato sintetasi (EC 2.5.1.72), il prodotto del gene nadA, in QA (fig. 5). Figura 5: Metabolismo del NAD in Eubatteri Negli eucarioti, e recentemente in alcuni procarioti, si è visto come la sintesi del QA può avvenire a partire dall’amminoacido triptofano [27], attraverso una serie di reazioni enzimatiche, che complessivamente prende il nome di via delle chinurenine (kynurenine pathway). In entrambi i gruppi di organismi, il QA viene convertito a NaMN dalla chinolinato fosforibosiltrasferasi (EC 2.4.2.19), enzima codificato dal gene nadC. Esso viene adenilato a NaAD dalla nicotinato mononucleotide adenililtrasferasi (EC 2.7.7.18), codificata dal gene nadD nei batteri e dagli enzimi NMN adeniltrasferasi nei mammiferi (NMNAT, EC 2.7.7.18). Questi ultimi sono in grado di sintetizzare NAD a partire anche dal suo immediato precursore NMN. 11 Infine, l’enzima NAD sintetasi (EC 6.3.5.1), codificato dal gene nadE nei batteri, catalizza la reazione di amidazione del NaAD, con produzione di NAD. Il NADP è sintetizzato tramite la fosforilazione del NAD, catalizzata dall’enzima NAD chinasi (EC 2.7.1.23), codificato dal gene nadF nei batteri [28]. 1.4 Vie di recupero Il NAD viene degradato e riutilizzato attraverso diverse vie di recupero (PNC – pyridine nucleotide cycle) che utlizzano come precursori alcuni derivati piridinici preformati, tra i quali la Nam, l’Na e l’NMN. L’Na e la Nam possono essere assimilati dall’ambiente, ma sono anche prodotti attraverso la degradazione intracellulare del NAD. Il NAD viene degradato in diverse forme da enzimi differenti, quali la NAD glicoidrolasi (EC 3.2.2.5), la DNA ligasi (EC 6.5.1.1), la NAD(P) nucleosidasi (EC 3.2.2.5), la poli(ADP-riboso) polimerasi (EC 2.4.2.30), le mono-ADP-ribosiltrasferasi (EC 2.4.2.31) e la NAD pirofosfatasi (EC 3.6.1.22) [29]. Per i patogeni, questa via di recupero offre la possibilità di ottenere questo cofattore direttamente dal loro ospite. La Nam può essere riciclata a NAD attraverso l’azione dell’enzima NDasi (pncA, EC 3.5.1.19) che converte la Nam in Na, e della nicotinato fosforibosiltrasferasi (pncB, EC 2.4.2.11) che fosforibosila l’Na prodotto dalla prima reazione a NaMN. L’NaMN così prodotto può essere riciclato a NAD attraverso l’attività dei due enzimi comuni sia alla via de novo che alle vie di recupero sopra descritti: la nicotinato mononucleotide adenililtrasferasi (NadD nei batteri, NMNAT nei mammiferi) e la NAD sintetasi. La via biosintetica che porta alla formazione di NAD dall’Na è detta via di Preiss-Handler. Tale via si ritrova in numerosi procarioti ed eucarioti, inclusi i mammiferi, e ciò lascia dedurre la natura universale del pathway metabolico (fig. 6). 12 Figura 6: Via di recupero del NAD 1.5 Nicotinamide deamidasi Un ruolo chiave nel controllo dei livelli intracellulari di Nam può essere svolto dall’enzima nicotinamide deamidasi (NDasi) che deamida l’anello piridinico della Nam con formazione di Na (fig.7). Figura 7: Reazione catalizzata dalla Nicotinamide deamidasi (NDasi) Nei mammiferi tale attività enzimatica è stata rilevata più precisamente nell’uomo, nel ratto e nel coniglio. La NDasi è stata purificata e parzialmente caratterizzata dai microsomi del fegato di coniglio [30]. Si tratta di una glicoproteina contenente il 2,4% di mannosio e lo 0,57% di glucosamina; è costituita da 4 subunità di 64000 13 Da, per un peso molecolare di circa 218000 [31]. Il pH ottimale della proteina purificata è fortemente dipendente dalla concentrazione della Nam [30]. Il valore della Km per la Nam è compreso tra 20 e 250 mM [32]. E’ stato dimostrato che nell’omogenato di fegato è presente un inibitore dell’attività NDasica che è stato poi identificato come acidi grassi polinsaturi quali acido oleico, linoleico e arachidonico, che causano la distruzione della struttura enzimatica [31]. Il trattamento dell’enzima invece con reagenti come diisopropilfluorofosfato (DFP) e carbobenzossiamide-2-fenietilclorometilchetone (ZPCK) che agiscono in maniera specifica sui residui di serina e di istidina, ha messo in evidenza che questi residui sono implicati nel meccanismo catalitico dell’enzima [33]. La NDasi, purificata da fegato di coniglio, possiede anche attività esterasica nei confronti di composti come il p-NPA e il p-NPN e la Km per tali composti è di qualche ordine di grandezza più bassa di quella per la Nam [30]. Uno studio relativamente più recente ha individuato una NDasi citoplasmatica presente nel terreno di crescita di neuroblastomi murini [34]. L’enzima è stato purificato e caratterizzato. Le sue proprietà molecolari sono simili a quelle dell’enzima microsomiale. Si tratta anche in questo caso di una glicoproteina con 1,7% di mannosio e 1,5% di N-acetilglucosamina, formata da 2 subunità di 65000 e 50000 Da, per un peso molecolare complessivo di 230000. Nei batteri la NDasi è stata purificata e caratterizzata da E. Coli [35]. L’enzima ha un peso molecolare di 30000 Da, un pH ottimale di 7,2 e una Km nei confronti della Nam di 70 μM. Il gene pncA , che codifica per tale proteina è stato individuato e localizzato [36]. La NDasi da lievito mostra caratteristiche simili alla deamidasi batterica [37]. Essa, infatti, è una proteina monomerica di 34000 Da, con un pH ottimale tra 5,5 e 7 e una Km per la nicotinamide di 33 μM. Il gene che codifica l’enzima NDasi è stato identificato solo nei procarioti e negli eucarioti mono e pluricellulari (Saccharomyces C. e C. Elegans). Sebbene dati bioinformatici dimostrano che non esiste un gene omologo nei mammiferi, non si può escludere che tale attività sia a carico di un altro enzima. In un precedente lavoro di tesi, svolto presso il nostro laboratorio, si è dimostrato come lo stesso enzima, purificandolo da fegato di coniglio, deamida la Nam ad Na, ed ha attività e sequenza aminoacidica della carbossilesterasi. 14 Pertanto questa prima parte del lavoro di ricerca è volto alla parziale purificazione e caratterizzazione dell’enzima estratto da fegato di maiale e di coniglio; valutare se in entrambi gli organismi le due attività enzimatiche (NDasica e Carbossilesterasica) sono a carico dello stesso enzima o di enzimi diversi. Una volta stabilito che è lo stesso enzima che catalizza entrambe le reazioni enzimatiche, si è proseguito nella seconda parte del lavoro, alla trasformazione di cellule di mammifero contenenti il gene che codifica per la NDasi umana, volta alla caratterizzazione dello stesso. Le carbossilesterasi (CEs) sono proteine ubiquitarie e identificate in un ampio numero di specie dai batteri all’uomo. Come suggerisce il loro nome, sono membri di proteine appartenenti alla classe delle esterasi (EC 3.1.1.1 per CEs) [38] [39]. Le CEs tagliano l’estere carbossilico nel corrispondente alcool e acido carbossilico (fig.8). Figura 8: Reazione catalizzata dalla CE Le CEs di mammifero sono importanti nel metabolismo e nella detossificazione di numerosi composti endogeni e xenobiotici [40]. Esse giocano anche un ruolo cruciale nell’attivazione dei profarmaci nell’uomo. I profarmaci contengono legami esteri che possono aumentare la solubilità e bio-disponibilità di agenti terapeutici [41]. Le CEs di mammifero agiscono su un’ampia varietà di esteri, amidi e tioesteri [40] e metabolizzano numerosi composti analgesici e narcotici, inclusa l’aspirina [42], cocaina [43], eroina [44], e la procaina [42]. L’enzima utilizza un meccanismo di idrolisi in due step, nel quale la serina catalitica è attivata dall’attacco nucleofilo dei residui di istidina e glutammato presenti nella triade catalitica [45]. L’acilenzima intermedio formatosi tra la serina e una porzione di substrato è rilasciato nel secondo step della reazione o attaccando una molecola di acqua (idrolisi) o un alcol (trans esterificazione) [45]. 15 E’ stato rilevato inoltre che possono svolgere anche un’attività deamidasica nei confronti di ammidi aromatiche. Nell’uomo ci sono due classi di CEs, la hCE1, che è principalmente prodotta nel fegato ma può anche essere isolata dai macrofagi e dall’ epitelio intestinale umano [46] e la hCE2 umana, che è espressa più ampiamente nell’intestino tenue, fegato, reni, cuore e muscolo scheletrico [47]. Una terza CE cervello-specifica, è stata isolata nel 1999 e chiamata isoforma 3 (hCE3) [48]. Nell’uomo la proteina hCE1 è codificata dal gene CES-1, può dare origine a 3 isoforme (a,b,c) che differiscono tra loro per un amminoacido e per la loro diversa espressione tissutale. L’enzima hCE1 è un trimero (circa 180 KDa) a localizzazione prevalentemente epatica e si differenzia dalla forma intestinale hCE2, codificata dal gene CES-2, con la quale condivide un 48% d’identità aminoacidica. La proteina hCE-1b è localizzata nel reticolo endoplasmatico e il segnale di localizzazione risiede nei 18 aminoacidi presenti all’estremità NH2terminale; mentre gli aminoacidi presenti all’estremità COOH-terminale, HIEL, impediscono la secrezione della proteina dalla cellula. Poiché è stato dimostrato che la proteina priva dell’estremità NH2-terminale è inattiva, è ragionevole ipotizzare che la glicosilazione, che avviene sul reticolo endoplasmatico, è necessaria per terminare la maturazione della proteina e renderla attiva. L’eliminazione invece dell’estremità COOH-terminale non inattiva la proteina [49]. 16 2 MATERIALI E METODI Per dimostrare che la carbossilesterasi possiede anche attività deamidasica, dalla Sigma, abbiamo acquistato due preparazioni enzimatiche commerciali di Rabbit Liver Esterase (Sigma E0887) e Porcine Liver Esterase (Sigma E2884) e dissolte in TFK 100 mM, pH 7.5 e su queste due preparazioni commerciali abbiamo poi determinato sia l’attività carbossilesterasica, che quella deamidasica. 2.1 Attività enzimatica L’attività enzimatica sia della CEs, che della NDasi è stata determinata rispettivamente con il metodo spettrofotometrico in continuo e con il saggio in HPLC discontinuo; e viene definita come la quantità di enzima che catalizza la formazione di 1 μmole di prodotto, o la scomparsa di 1 μmole di substrato, in un minuto nelle condizioni ottimali del saggio. 2.2 Saggio spettrofotometrico continuo per la determinazione dell’attività enzimatica della carbossilesterasi I metodi spettrofotometrici derivano dalla necessità di avere saggi rapidi ed affidabili per la determinazione dell’attività in campioni provenienti da fonti diverse e a differenti gradi di purificazione. L’attività enzimatica della carbossilesterasi di coniglio e maiale, sono state determinate utilizzando il p-nitrophenyl acetate (p-NPA) 0.5 mM come substrato, seguendo l’andamento dell’assorbanza ad una lunghezza d’onda di 405 nm ed utilizzando un coefficiente di estinzione molare di 16,4 mM-1*cm-1 per i calcoli. Brevemente, la miscela di reazione per la misurazione dell’idrolisi del p-NPA è costituita da una soluzione contenente: 100 mM Tris/HCl (pH 7.5), 0,4 mM p-NPA e 0,01 mg/ml di enzima in un volume finale di 1,0 ml. L’attività enzimatica, espressa in U/mL, è calcolata misurando l’incremento lineare di assorbanza della miscela a 405 nm nell’unità di tempo (ΔE/ΔT) con la seguente formula: 17 ATTIVITÀ (U/mL) = (ΔE/Δt) . Vmix . 1000/ ε . Venz dove: ΔE = aumento dell’assorbanza a 405 nm nell’intervallo di tempo Δt; Δt = intervallo di tempo nel quale avviene l’incremento lineare di assorbanza ΔE; Vmix = volume totale della miscela di saggio, espressa in mL; ε = coefficiente di estinzione millimolare del p-nitrofenolo; Venz = volume di preparazione enzimatica nella miscela di saggio, espresso in μL. Tutti i dati sono stati corretti sottraendo l’incremento l’assorbanza della miscela d’incubazione senza l’enzima. 2.3 Saggio in hplc per la determinazione dell’attività enzimatica della NDasi L’attività della NDasi è stata determinata mediante saggio in HPLC discontinuo. La miscela di reazione standard per la determinazione dell’attività della NDasi contiene: 100 mM Tris/HCl (pH 7.5), 100 mM Nam, 0,1 mg/ml di enzima in 1,0 ml finale. La reazione inizia con l’aggiunta di substrato, mentre viene bloccata a tempi definiti, aggiungendo un volume di HClO4 1,2 M pari ad ½ del volume della miscela di reazione (concentrazione finale HClO4 0,4 M). Dopo 10 minuti in ghiaccio, la miscela viene centrifugata per 3 minuti a 13000 g per allontanare le proteine precipitate, e neutralizzata con K2CO3 0,8 M fino al raggiungimento di un pH = 6.0. Una ulteriore centrifugazione a 13000 g x 3 minuti serve ad allontanare il precipitato salino dal sovranatante, il quale verrà sottoposto a cromatografia a fase inversa in HPLC. A tale scopo viene utilizzata una colonna contenente la resina KINETEX C-18-S (Phenomenex 0,46 cm x 15 cm x 2,6 μm, 100 Å) equilibrata in tampone formiato d’ammonio 5 mM. L’eluizione viene effettuata applicando un gradiente continuo di acetonitrile fino al 50% nel tampone di equilibrazione. La separazione ha una durata di 15 minuti e il flusso viene mantenuto costante a 0,75 18 mL/min. La temperatura è mantenuta costante a 18°C e la lunghezza d’onda del rivelatore è impostata a 260 nm. Le caratteristiche del gradiente sono riportate in Tab1: Tempo (min) Flusso (ml/min) %A %B 0 0,75 100 0 2 0,75 100 0 9 0,75 50 50 10 0,75 50 50 11 0,75 100 0 15 0,75 100 0 Tabella 1: Gradiente per la separazione dei nucleotidi piridinici mediante cromatografia a fase inversa in HPLC. A = Tampone formiato d’ammonio 5 mM. B = acetonitrile al 50% nel tampone A. Confrontando l’area dell’Na ottenuto iniettando in colonna il campione con l’area del Na a concentrazione nota (standard) è possibile risalire alle μmoli di Na iniettate. Tenendo conto delle diluizioni a cui viene sottoposta la miscela durante i passaggi di deproteinizzazione e neutralizzazione, si risale all’attività enzimatica espressa in Unità/mL (U/mL) utilizzando la seguente formula: ATTIVITÀ (U/mL) = N · D · 1000 / Venz · t dove: N = μmoli di Na iniettate; D = fattore di diluizione della miscela di reazione, espresso in minuti; Venz = volume di preparazione enzimatica aggiunto alla miscela di reazione, espresso in μL; t = tempo di incubazione, espresso in minuti. 19 2.4 TSK-DEAE-5PW Le preparazioni commerciali della RLE e PLE, sono state caricate su una colonna a scambio anionico TSK-DEAE 5PW utilizzata in FPLC (dimensioni 8 mm x 75 mm), ed equilibrata con tampone 10 mM Tris/HCl pH 7.5 (tampone A). L’eluizione è stata effettuata con gradiente lineare di NaCl da 0 M a 0,5 M in tampone A. Le frazioni eluite sono state poi saggiate per verificare l’attività CE e NDasica. Le caratteristiche del gradiente sono riportate in Tabella 2: ml %B Flusso (ml/min) 0-5 0 (0.5) 5-60 0-100 (0.5) 60-62.5 100 (0.5) 62.5-65 100-0 (0.5) 65-67.5 (0.5) 0 Tabella 2: Caratteristiche del gradiente utilizzato per l’analisi in HPLC Sono state raccolte frazioni di 0,5 ml e saggiate per le attività sopramenzionate. 2.5 Elettroforesi in condizioni denaturanti su gel di poliacrilammide (SDS-PAGE) La visualizzazione del contenuto proteico nelle diverse frazioni eluite dalla purificazione è stata ottenuta mediante elettroforesi in condizioni denaturanti su gel di poliacrilammide (SDS-PAGE) al 12% [50]. Dopo la corsa elettroforetica a 150 V per circa 1 h, il gel è stato colorato per 45 minuti con la soluzione di Comassie Brilliant Blue R-250 0,1% (W/V), acido acetico 10% (V/V) e metanolo 50% (V/V). La decolorazione è stata ottenuta mantenendo il gel in agitazione in una soluzione di metanolo 50% (V/V) e acido acetico 10% (V/V) fino ad ottenere l’ottimale visualizzazione delle bande proteiche. 20 2.6 Western Blot Proteine separate mediante elettroforesi, possono essere trasferite dal gel ed immobilizzate su una matrice, detta matrice di trasferimento. Il trasferimento dal gel alla matrice può essere compiuto mediante semplice diffusione, capillarità, aspirazione o elettroforesi. Il trasferimento mediante elettroforesi è più rapido, efficiente e riproducibile quando il gel da cui trasferire le proteine è l’acrilammide. Il tampone di trasferimento utilizzato è il Transfer Buffer contenente 10 mM CAPS, pH= 11 (impedisce il blocco dell’N-terminale) e Metanolo al 10%. Dopo la corsa elettroforetica i campioni sono stati trasferiti su una membrana di polivinildenfluoruro (PVDF, Millipore) precedentemente equilibrata per 3 secondi in metanolo (100%), 3 minuti in acqua e 30 secondi nel tampone di trasferimento costituito da 10 mM CAPS, pH= 11.0, metanolo 10% v/v. Il gel, equilibrato nel tampone di trasferimento per 10 minuti, è stato messo a contatto con la membrana PVDF procedendo all’assemblaggio dei componenti come mostrato in Fig 9: Figura 9: Preparazione del sandwich per il trasferimento delle proteine dal gel al PVDF. Il sandwich così composto viene immerso nel tampone di trasferimento all’interno di una cameretta elettroforetica. Il trasferimento avviene a 4°C, in lieve agitazione, per 3 ore a 250 mA. 21 Lo standard di proteine per la determinazione dei pesi molecolari trasferito su membrana di PVDF è stato tagliato e colorato con una soluzione costituita da metanolo 50%, acido acetico 10% e Coomassie Blue Brilliant R-250 0.7%, e successivamente posta in una soluzione decolorante costituita da metanolo 50% e acido acetico 10%. Il resto della membrana invece, dopo un abbondante lavaggio in tampone 10 mM Tris, pH= 7.5, 150 mM NaCl (TBS), è stato incubato per tutta la notte a 4°C in tampone composto da TBS e albumina sierica bovina (BSA) per bloccare i siti idrofobici della membrana di PVDF rimasti liberi dopo il trasferimento. Dopo un esteso lavaggio con tampone 20 mM Tris, pH= 7.5, 500 mM NaCl, Tween 20 0.05% (v/v), Triton X-100 0.2% (v/v) (TBS-Tween/Triton) la membrana è stata incubata con l’anticorpo da coniglio primario con anti-His alla diluizione di 1:1000 a temperatura ambiente per un’ora. Previo lavaggio con TBSTween/Triton e poi TBS, la membrana è stata infine incubata con l’anticorpo secondario da capra coniugato con perossidasi di rafano, diluito 1:1000 nella soluzione di TBS-Buffer addizionata di latte liofilizzato 10% per 1 ora a temperatura ambiente. I segnali sono stati rilevati mediante chemioluminescenza attraverso il software Quantity One (ChemiDocTM XRS, Biorad). 2.7 Proteolisi limitata La proteolisi limitata è responsabile dell’attivazione di un’ampia gamma di proteine immature ed è quindi implicata in un numero di sistemi biologicamente importanti [51] [52] [53]. Basti pensare alla conversione del tripsinogeno in tripsina che avvia l’attivazione di tutti gli altri enzimi precursori del succo pancreatico. Le proteasi sono state ampiamente utilizzate in molte aree della biochimica, nel sequenziamento, nell’(in) attivazione enzimatica, nella degradazione [54] [55]. Tutte queste reazioni idrolitiche, si verificano in condizioni denaturanti così che il peptide verrà tagliato, lungo la sequenza aminoacidica locale, in corrispondenza di quelle sequenze che soddisfano le caratteristiche della proteasi in questione [56]. Questa applicazione è utile per la determinazione della sequenza aminoacidica, in 22 caso di digestione completa i cui frammenti possono poi essere analizzati con la spettrofotometria di massa. L’utilizzo della proteolisi in condizioni denaturanti preclude però ogni possibilità di ottenere informazioni sulla struttura tridimensionale delle proteine. Per questo tipo di studi è necessario operare in condizioni native, inoltre le condizioni di reazione per la proteolisi limitata sono scelte in modo tale da garantire che la proteina non venga degradata completamente. Per la digestione sono utilizzati vari metodi. In genere il rapporto tra proteasi e proteina si aggira tra 1:50 e 1:100 in questo modo la proteolisi è incompleta e gli intermedi possono essere osservati man mano che vengono formati. Molte delle reazioni di proteolisi, sono osservate attraverso SDS-PAGE, comunque, l’elettroforesi di proteine digerite, raramente permette di identificare in maniera precisa il sito di taglio; per determinare il punto esatto dove la proteasi taglia la proteina è buona norma effettuare una degradazione di Edman [57] [58]. Il sito iniziale di taglio, può alterare la stabilità della proteina, la quale successivamente si sfolda, esponendo tutto il peptide alla completa degradazione da parte della proteasi. Nella proteolisi limitata, i siti tagliati dalle proteasi sono quelli più superficiali, quindi esposti al solvente, come i loop o i segmenti di connessione tra domini. Questa assunzione, confermata da osservazioni sperimentali, è stata ampiamente utilizzata per studiare l’accessibilità dei siti, nelle proteine sconosciute. Affinché la proteolisi abbia luogo è richiesto un unfolding locale della proteina. Modelli plausibili derivati sulla base di strutture note proteolizzate hanno mostrato che è necessario che almeno un tratto di 10 aminoacidi lungo la catena polipeptidica dia luogo ad unfolding locale. In maniera simile è stato dimostrato che i foglietti β sono inadatti ad essere tagliati dalla proteasi. Nell’α-elica invece, sono presenti minori restrizioni geometriche al local unfolding, sebbene sia probabile che le costrizioni energetiche sfavoriscano il taglio all’interno dell’elica [57]. Il sito in cui taglia la proteasi, si è visto che forma dei deboli legami idrogeno con il resto della proteina. Per cui il sito più suscettibile al taglio è stato caratterizzato 23 essere quello che instaura le più deboli interazioni con il resto della proteina e perciò è la zona più favorevole a svolgersi. 2.8 Clonaggio ed espressione della carbossilesterasi umana (hCE1b) in sistemi eucariotici Il vettore plasmidico usato per l’espressione in cellule di mammifero è il pcDNA3.1/myc-His A 5.5 kb della INVITROGEN (V855-20) (fig. 10). In questo vettore, l’espressione della proteina ricombinante è sotto il controllo del Figura 10: Mappa del vettore d’espressione pcDNA3.1/myc-His A promotore del citomegalovirus, localizzato a monte di un polilinker costituito da diversi siti di restrizione e dentro il quale viene inserito il gene che deve essere clonato. In questo modo la proteina viene prodotta fusa all’estremità carbossiterminale con l’epitopo myc, che ne permette la rivelazione in immunoblotting, e con una coda di 6 residui di Istidina (6 x His-Tag) che ne permette, invece, la purificazione mediante resina di affinità Ni-NTA. Il vettore contiene anche un cDNA che codifica per il gene che fornisce resistenza all’ampicillina, il quale può essere usato per la selezione delle cellule trasfettate. 24 I costrutti ricombinanti vengono propagati e selezionati in cellule di E.Coli TOP 10 F’ fatte crescere in presenza di ampicillina. Il plasmide infatti presenta il gene AmpR che codifica per l’enzima -lattamasi che idrolizza l’ampicillina. Il vettore è in grado, inoltre, di replicare ad alto numero di copie, grazie alla presenza dell’origine di replicazione SV40, che viene stimolata dalla porzione large dell’antigene T di SV40, espresso in determinati tipi di cellule di mammifero quali, ad esempio, le COS-7 ( fibroblasti renali di scimmia, fig.11). Figura 11:Cellule COS-7 fibroblasti di Cercopithecus aethiops ( monkey, African green) Da glicerinati di Top10 F’ contenenti il pcDNA3.1 che possiede la sequenza della carbossilesterasi umana hCES1b è stato estratto il DNA plasmidico con il kit: NucleoSpin Plasmid (MN); con questo kit, il pellet batterico, contenente il DNA plasmidico viene risospeso in un buffer di lisi alcalino in modo da liberare il DNA plasmidico dalle cellule ospiti di E.coli. Un’ulteriore buffer neutralizza il lisato e crea le condizioni appropriate per il legame del DNA plasmidico alla membrana del NucleoSpin Plasmid QuickPure Column. Le proteine precipitate, il DNA genomico, ed i detriti cellulari, sono pellettati mediante centrifugazione. Il DNA plasmidico puro viene in fine eluito con un buffer contenente 5 mM Tris/HCl, pH= 8.5. Una volta estratto il DNA plasmidico, questo dapprima viene tagliato con l’enzima di restrizione EcoRI al fine di linearizzare il plasmide, successivamente viene tagliato con altri due enzimi di restrizione (EcoRI e XhoI) per vedere se è presente l’inserto. Gli enzimi utilizzati sono entrambi della Fermentas. 25 2.9 Amplificazione mediante pcr del cDNA codificante hCE1b La reazione di PCR è stata condotta nel tampone addizionato di MgCl 2 2 mM, dNTP 200 mM, dell’opportuna coppia di primers 0,3 μM (le sequenze dei primers sono riportate in tabella 3), delle opportune quantità di DNA stampo (plasmide pcHUMCAR) e di Pfu-polimerasi High Fidelity (Biotools) secondo le indicazioni della casa produttrice. Alla miscela di reazione è stato aggiunto anche DMSO 10% a causa dell’elevato contenuto in GC del templato. L’amplificazione è stata affettuata in thermal cycler (GeneAmp PCR system 2400 Perkin Elmer Life sciences), impostando 35 cicli termici e una temperatura di annealing di 50°C. Gli amplificati sono stati caricati su un gel d’agarosio 1% e purificati con il kit High pure Product PCR Purification Kit (Roche) secondo le istruzioni della ditta produttrice. Enzima di restrizione associato Fw (5’ 3’) 5’-CCTAGAATTCATGTGGCTCCGTGCCTTTATCCTGGC-3’ EcoRI_FW Rev (5’ 3’) 5’-TTTGCTCGAGTTATTCTGTCTGGGGTGGCT-3’ XhoI_REV Tabella 3: Sequenze dei primers Fw e Rev usati per il clonaggio in pcDNA 2.10 Clonaggio di hCE1b in PCDNA3.1/MYC-HIS A I siti di restrizione inseriti nella coppia di primers utilizzata per l’amplificazione del cDNA hanno permesso il clonaggio direzionale nel vettore d’espressione pcDNA3.1/myc-His A. L’inserto e il vettore sono stati digeriti con gli enzimi di restrizione negli opportuni tamponi (Fermentas) secondo le indicazioni fornite dalla ditta produttrice. Dopo ogni digestione preparativa, inserto e vettore sono stati caricati su gel di agarosio 1% e purificati con il kit di purificazione High Pure Product PCR Purification Kit (Roche). 26 Vettore ed inserto, preparati come descritto e recanti le opportune estremità sticky complementari, sono stati tra loro saldati mediante T4 DNA ligasi (FERMENTAS) secondo le istruzioni della ditta produttrice ed utilizzando nella miscela di ligazione 2 U di enzima, un rapporto molare vettore:inserto 1:5 ed incubazione a 22°C per 1 ora. L’intera miscela di ligazione (20 μl) è stata utilizzata per trasformare cellule di E.coli TOP10 F’. Brevemente, il protocollo di trasformazione prevede, dopo l’aggiunta della miscela di ligazione ad un’ aliquota di 200 μl di cellule competenti, l’incubazione in ghiaccio per 30 minuti seguita da shock termico a 37°C per 5 minuti. L’aliquota di cellule, previa aggiunta di 500 μl di terreno LB (Luria-Bertani; triptone 1%, estratto di lievito 0,5%, NaCl 1%, pH= 7.0), è stata incubata per 40 minuti a 37°C in agitazione. La miscela è stata piastrata su piastre di LB-agar (terreno LB addizionato di agar alla concentrazione di 15 g/l) addizionate di ampicillina ad una concentrazione finale di 100 μg/ml. Le piastre sono state lasciate in incubazione a 37°C overnight e le colonie cresciute sono state saggiate per la presenza dei plasmidi ricombinanti mediante colony-PCR e caricamento degli amplificati su gel d’agarosio 1%. Una generica miscela di saggio per colonyPCR contiene dNTP 200 μM, l’opportuna coppia di primers specifici per il cDNA d’interesse (0,5 μM ciascuno), il templato rappresentato da una porzione di colonia prelevata con un puntale sterile, Taq-polimerasi (Biotools) 1U e il relativo tampone in presenza di MgCl2 1,5 mM. Le colonie positive alla colony-PCR vengono fatte crescere in terreno LB addizionato di ampicillina alla concentrazione finale di 100 μg/ml. I plasmidi ricombinati vengono estratti dalle colture con il kit Nucleo Spin Plasmid (Macherey-Nagel) secondo le istruzioni della ditta produttrice ed in seguito digeriti con gli opportuni enzimi di restrizione per verificare il rilascio dell’inserto. Il corretto inserimento e l’assenza di mutazioni nell’inserto viene infine stabilito mediante sequenziamento nucleotidico. 27 2.11 Estrazione del DNA codificante hCE1b Da glicerinati di Top10 F’ contenenti il pcDNA3.1 che possiede la sequenza della carbossilesterasi umana hCE1b è stato estratto il DNA plasmidico con il kit: NucleoSpin Plasmid (MN); con questo kit, il pellet batterico, contenente il DNA plasmidico viene risospeso in un buffer di lisi alcalino in modo da liberare il DNA plasmidico dalle cellule ospiti di E.coli. Un’ulteriore buffer neutralizza il lisato e crea le condizioni appropriate per il legame del DNA plasmidico alla membrana del NucleoSpin Plasmid QuickPure Column. Le proteine precipitate, il DNA genomico, ed i detriti cellulari, sono pellettati mediante centrifugazione. Il DNA plasmidico puro viene in fine eluito con un buffer contenente 5 mM Tris/HCl, pH= 8.5. Una volta estratto il DNA plasmidico, questo dapprima viene tagliato con l’enzima di restrizione EcoRI al fine di linearizzare il plasmide, successivamente viene tagliato con altri due enzimi di restrizione (EcoRI e XhoI) per vedere se è presente l’inserto. Gli enzimi utilizzati sono entrambi della Fermentas. 2.12 Mutagenesi sito-specifica La mutagenesi sito-specifica è stata effettuata sul vettore di espressione pcDNA 3.1/myc-His A(Invitrogen) contenente l’intero cDNA codificante per la hCE1b. In particolare è stato mutato il nucleotide in posizione 1522 presente sul cDNA codificante per la hCE1b utilizzando il kit “QuickChange XL II site-directed mutagenesis kit” (Stratagene), seguendo il protocollo fornito dalla ditta produttrice. È stata eseguita una reazione di mutagenesi utilizzando la seguente coppia di primers: Fw (5’ 3’) 5’-GGAACTGGGGTCACCTGGACCAGGTGG-3’ hCE1_MUT_FW Rev (5’ 3’) 5’-CCACCTGGTCCAGGTGACCCCAGTTCC-3’ hCE1_MUT_REV Tabella 4: Sequenze dei primers Fw e Rev usati per la mutagenesi 28 La presenza effettiva della mutazione nel plasmide risultante è stata verificata attraverso il sequenziamento del vettore. 2.13 Trasfezione delle cellule COS-7 Il costrutto ricombinante pcDNA-hCE1b viene inserito nelle cellule di mammifero COS-7 per l’espressione della proteina ricombinante, attraverso la tecnica della trasfezione. A seconda del destino a cui il DNA inserito va incontro si può distinguere tra trasfezione stabile e trasfezione transiente. La trasfezione è stabile quando il DNA esogeno si integra stabilmente nel genoma cellulare e viene quindi trasmesso anche alle cellule figlie. La selezione delle cellule che hanno ricevuto il DNA esogeno avviene ponendo le stesse in un mezzo selettivo per circa 2-3 settimane, fino alla selezione delle singole colonie che vengono poi propagate nel normale terreno di crescita. La trasfezione è transiente quando il vettore resta nella cellula come elemento extracromosomico, cioè non integrato nel genoma cellulare. In questo caso l’espressione della proteina ha una durata limitata nel tempo. Le cellule infatti, dopo 48-72 ore, vengono raccolte e lisate. L’espressione della proteina ricombinante nella frazione solubile dei lisati cellulari è valutata mediante immunoblotting e medinate saggi di attività enzimatica. La trasfezione del costrutto ricombinante in cellule COS-7 è stata da noi effettuata in maniera transiente mediante l’impiego di Lipofectamina (Invitrogen). La lipofectamina è una formulazione di liposomi cationica, la quale forma dei complessi con le cariche negative delle molecole degli acidi nucleici per permettergli di attraversare la membrana cellulare (fig. 12). Il DNA contenente i liposomi (con la carica positiva sulla loro superficie) possono fondersi la carica negativa della membrana plasmatica delle cellule vive, e permettere l’introduzione del DNA all’interno della cellula. 29 Figura 12: Trasfezione transiente mediante l'utilizzo di liposomi Il terreno utilizzato per la crescita è il D-MEM (Dulbecco’s modified Eagle’s medium) High glucose 4,5 g/l, supplementato con L-glutammina 4 mM, anfotericina B [250 μg/ml], penicillina-streptomicina [10,000 U/ml penicillina – 10,000 μg/ml streptomicina] e FBS 10% (siero bovino fetale). La riproduzione delle cellule avviene in incubatore a 37°C, in atmosfera controllata di CO2 5%. Le cellule sono state fatte crescere nel terreno di crescita, in fiasche con area di 75 cm2 , fino a raggiungere una confluenza dell’80%. Il plasmide è stato prorogato in cellule di E.coli e successivamente estratto con kit endotoxin-free Pure Link HiPure Plasmid Filter Purification Kit (Invitrogen). Alle cellule nei pozzetti è stata aggiunta una soluzione DNA-Lipofectamina, in terreno OPTIMEM (Gibco) nel rapporto 1:2,5 e lasciata per 2 ore a 37°C con 5% di CO2. Il terreno OPTIMEM è stato sostituito con il terreno di crescita delle COS-7 e le cellule sono state incubate per altre 48 ore. Successivamente sono state staccate con tripsina, risospese nel terreno DMEM e centrifugate a 1000 g per 5 minuti a 4°C. Il pellet cellulare così ottenuto è stato lavato con PBS, quindi le cellule sono state rotte per sonicazione nel tampone di lisi così costituito: 100 mM Tris/HCl pH= 7.5 Il sonicato è stato centrifugato a 13000 rpm per 5 minuti e il supernatante ottenuto è stato utilizzato per la determinazione della concentrazione proteica, la determinazione dell’attività carbossilesterasica, purificazione dell’estratto grezzo mediante cromatografia di affinità Ni-NTA e per esperimenti di immunoblotting al fine di verificare l’espressione della proteina ricombinante. 30 2.14 La resina di affinità Ni-NTA L’espressione e la purificazione di proteine ricombinanti facilita la produzione e la caratterizzazione dettagliata di teoricamente tutte le proteine. Sebbene una grande varietà di sistemi di espressione eterologhi siano stati sviluppati nel corso degli anni e sono ancora oggi usati per produrre proteine ricombinanti, la purificazione delle proteine di interesse può essere ancora uno step problematico. Le procedure di purificazione classiche possono essere sempre impiegate, ma in molti casi le tecniche del DNA ricombinante hanno permesso la costruzione di proteine di fusione in cui specifici tag di affinità sono aggiunti alla sequenza proteica d’interesse; l’utilizzo di questi tag di affinità semplifica la purificazione delle proteine di fusione ricombinanti, attraverso l’utilizzo di metodi cromatografici di affinità. La resina Ni-NTA agarose è composta da acido nitrilotriacetico (NTA) immobilizzato su una matrice di Sepharose CL-6B. Il gruppo funzionale della resina è l’acido nitrilotriacetico, un chelante di metalli tetradentato che occupa quattro dei sei siti di legame della sfera di coordinazione dello ione nickel; gli altri due siti possono interagire con gli anelli imidazolici dei 6 residui istidinici consecutivi presenti nella coda con cui viene funzionalizzata la proteina ricombinante. Questa coda (6xHis tag) può essere posta sia all’N- che al Cterminale della proteina di interesse. La resina Ni-NTA lega saldamente le proteine con code istidiniche permettendo la purificazione ad omogeneità anche di proteine ricombinanti che costituiscono una bassissima percentuale (<<1%) del contenuto proteico totale [59]. L’eluizione viene condotta utilizzando concentrazioni elevate di imidazolo o istidina che competono con i residui di istidina per il legame alla resina, oppure attraverso la protonazione, abbassamento dal pH, dei residui di istidina che vengono respinti dalla carica positiva dello ione metallico. La Ni-NTA agarose offre una elevata capacità di legame (5-10 mg di proteina con 6 residui di istidina all’estremità di fusione per millilitro di resina) con interazioni non aspecifiche molto ridotte. 31 2.15 Immunoblotting Allo scopo di visualizzare la proteina hCE1b ricombinante, espressa in cellule COS-7, sono stati messi a punto degli esperimenti di immunoblotting. Pertanto un’opportuna quantità di estratto grezzo delle cellule trasfettate è stata caricata su un gel SDS-PAGE di Tricina al 10%, quindi trasferita su membrana di PVDF. La membrana è stata successivamente incubata con l’anticorpo primario anti-myc e lasciata a 4°C overnight. L’incubazione con l’anticorpo secondario anti-mouse IgGHRP e la rivelazione, effettuata in chemiluminescenza, sono state condotte utilizzando il kit Super Signal West Femto Maximum Sensivity Substrate (Pierce), secondo le istruzioni della ditta produttrice. 2.16 Estrazione dei nucleotidi con etanolo bollente da pellet di cellule Hep G2 I pellet vengono risospesi in 600 μl di tampone Hepes 10 mM, 75% etanolo, pH 7.1 bollente e poi incubati a 100°C per 3 minuti. Dopo centrifugazione a 13000 rpm per 10 minuti, i campioni sono stati portati a secco tramite la speed-vac e risospesi in 600 μl di acqua [60]. 2.17 Estrazione acida dei nucleotidi da pellet di cellule HepG2 I pellet vengono risospesi in 550 μl di HClO4 0,4 M. Dopo 10 minuti in ghiaccio, le cellule vengono centrifugate a 13000 rpm per 10 minuti e il sovranatante è stato neutralizzato con K2CO3 1 M fino al raggiungimento di un pH pari a 6.0. Un’ulteriore centrifugazione a 13000 rpm per un minuto serve poi a separare il precipitato salino dal sovranatante. 32 2.18 Preparazione degli enzimi ancillari NadD, PncC, NadE e determinazione delle loro attività. 2.18.1 NaMN adeniltrasferasi (NadD) L’enzima ancillare NaMN adeniltrasferasi (NadD) è stato purificato da pellet di cellule E.coli BL21 precedentemente trasformate con il plasmide pOC29 contenente il gene corrispondente. Il pellet è stato risospeso in un tampone di lisi (Tris-HCl 20 mM, pH 8.0, MgCl2 1 mM, EDTA 0,5 mM, PMSF 2 mM) in un volume pari a 1/20 del volume originale della coltura. Dopo rottura meccanica delle cellule per sonicazione (3 cicli da 1 minuto con pause da 1 minuto), la sospensione cellulare è stata centrifugata a 13000 rpm per 10 minuti. Il sovranatante rappresenta l’estratto grezzo. Dopo aver determinato la concentrazione proteica dell’estratto grezzo attraverso il metodo Bradford [61], è stata determinata l’attività enzimatica mediante un saggio spettrofotometrico continuo. L’estratto grezzo è stato caricato su una colonnina contenente la resina Ni-NTA, collegata ad un sistema FPLC (AKTA, Biotech Pharmacia). Tale resina viene utilizzata nella cromatografia per chelatura di metalli, che sfrutta la capacità di certi ioni metallici, specialmente Ni2+, Cu2+, Zn2+, Hg2+ e Cd2+, di legare proteine formando complessi di coordinazione con i gruppi imidazolici dell’istidina, i gruppi indolici del triptofano o i gruppi tiolici di residui di cisteina. La resina Ni-NTA agarose utilizza lo ione Ni2+ ed è composta da acido nitrilacetico (NTA) immobilizzato su una matrice di SEPHAROSE CL-6B. Il gruppo funzionale della resina è proprio l’NTA che grazie alle sue proprietà di chelante dei metalli, occupa quattro siti di legame della sfera di coordinazione dello ione Ni 2+ presente nella resina. I restanti due siti di coordinazione restano quindi liberi per l’interazione con gli anelli imidazolici dei residui istidinici presenti sulle proteine ricombinanti. La resina è stata equilibrata in un tampone Tris-HCl 50 mM pH 7.5, NaCl 0,15 M (tampone A), Imidazolo 10 mM, ad un flusso costante di 1 ml/min. Dopo un lavaggio con lo stesso tampone di equilibrazione (10 volumi di colonna), l’eluizione è stata eseguita in 45 minuti applicando un gradiente discontinuo di 33 imidazolo da 10 mM a 350 mM, nel tampone A. Le caratteristiche del gradiente sono riportate in Tabella 5: Tempo (min) % (A + Imidazolo 10mM) % (A+ Imidazolo 350mM) Durata (min) 0,0 10,0 20,0 45,0 100 94 0 0 6 100 1,0 15,0 END Tabella 5: Caratteristiche del gradiente utilizzato per la cromatografia in FPLC L’eluato è stato raccolto in frazioni che sono state saggiate per verificare la presenza dell’attività enzimatica. Le frazioni attive sono state riunite in un unico pool conservato a -20°C. Il saggio spettrofotometrico continuo per la determinazione dell’attività enzimatica prevede l’allestimento di una miscela di reazione in cui sono presenti sia il campione di cui si vuole saggiare l’attività NaMN adeniltrasferasica, sia tutti gli enzimi coinvolti nella formazione del NADH a partire dal NaAD. Figura 13: Il NADH viene sintetizzato a partire dall’NaMN prodotto nella miscela di reazione in seguito ad una serie di reazioni ancillari catalizzate dagli enzimi NadD, NadE e alcol deidrogenasi In particolare, un’opportuna quantità di campione viene aggiunto ad una miscela costituita da Hepes 56 mM pH 7.5, etanolo assoluto 0,5% v/v, semicarbazide 14 mM, MgCl2 11 mM, NH4Cl 4,5 mM, ATP 1 mM, NaMN 0,1 mM, ADH 0,03 mg/mL, BSA 0,56 mg/mL e NadE (45 μg di proteine di un estratto grezzo di E. coli BL21 che iperesprimono l’enzima ricombinante NadE). La velocità di formazione del NaAD, direttamente proporzionale alla velocità di formazione del NADH, viene determinata andando a misurare nel tempo l’aumento di assorbanza a 340 nm, alla temperatura di 37°C. L’attività enzimatica (U/mL) è calcolata sulla base dell’aumento lineare di assorbanza a 340 nm della miscela nel tempo (ΔE/Δt) rispetto ad un bianco preparato con la miscela di saggio sopra descritta nella quale al posto del campione viene aggiunto un identico 34 volume di acqua. Infatti, nel calcolo dell’attività enzimatica è necessario tenere in considerazione l’aumento di assorbanza causato dall’attività NaMN adeniltrasferasica endogena, presente negli estratti ricombinanti di E.coli. L’attività enzimatica, espressa in U/mL, viene calcolata con la formula: Ae (U/mL) = (ΔE/Δt) ∙ Vmix ∙ 1000/ ε ∙ Venz Dove: ΔE = aumento dell’assorbanza a 340 nm nell’intervallo di tempo Δt Δt = intervallo di tempo nel quale avviene l’incremento lineare di assorbanza ΔE Vmix = volume totale della miscela di saggio, espressa in mL ε = coefficiente di estinzione millimolare del NADH (6,2 mM-1 ∙ cm-1) Venz = volume di preparazione enzimatica nella miscela di saggio, espresso in μL. 2.18.2 NMN deamidasi (PncC) L’espressione della proteina ricombinante PncC è stata ottenuta facendo crescere il clone di E. coli proveniente dalla libreria ASKA [62]iperesprimente la proteina di interesse. Le cellule sono state fatte crescere a 37°C in agitazione nel terreno Luria Bertani addizionato di Cloramfenicolo 34 μg/ml fino ad una OD600 pari a 0.4, dopodiché le colture sono state incubate a 20°C e addizionate di IPTG 1 mM per indurre l’espressione delle proteine. Dopo 12 ore dall’induzione, le cellule sono state raccolte mediante centrifugazione a 5000 g per 10 minuti e i pellet congelati a -20°C. Per la preparazione degli estratti grezzi, i pellet cellulari sono stati opportunamente risospesi in tampone di lisi (Tris-HCl 50 mM, NaCl 0,15 M, PMSF 1 mM, DTT 1 mM e 2 μg/ml di ciascuno dei seguenti inibitori di proteasi: chimostatina, antipaina, leupeptina, pepstatina) in un volume pari a 1/20 del volume originale della coltura. Dopo rottura meccanica delle cellule per sonicazione (3 cicli da 1 minuto con pause da 1 minuto), le sospensioni cellulari sono state centrifugate a 13000 g per 10 minuti. I sovranatanti, che rappresentano gli estratti grezzi, sono stati sottoposti ad analisi elettroforetica per verificare l’avvenuta espressione delle proteine. 35 Anche per la determinazione dell’attività di questo enzima si è utilizzato il metodo spettrofotometrico continuo utilizzato per NadD. La quantità di NaMN formata viene determinata misurando allo spettrofotometro la formazione di NADH in seguito a una serie di reazioni ancillari che prevedono l’utilizzo degli enzimi NadD, NadE e alcol deidrogenasi. Figura 14: Il NADH viene sintetizzato a partire dall’NMN prodotto nella miscela di reazione in seguito ad una serie di reazioni ancillari catalizzate dagli enzimi PncC, NadD, NadE e alcol deidrogenasi Come per la precedente attività, un’opportuna quantità della preparazione enzimatica viene aggiunta ad una miscela costituita da Hepes 56 mM pH 7.5, etanolo assoluto 0,5% v/v, semicarbazide 14 mM, MgCl2 11 mM, NH4Cl 4,5 mM, ATP 1 mM, NMN 1 mM, ADH 0,03 mg/mL, BSA 0,56 mg/mL, NadD (45 μg di proteine di un estratto grezzo di E.coli BL21 che iperesprimono l’enzima ricombinante NadD), NadE (45 μg di proteine di un estratto grezzo di E. coli BL21 che iperesprimono l’enzima ricombinante NadE). La velocità di formazione dell’NaMN, direttamente proporzionale alla velocità di formazione del NADH, viene determinata andando a misurare nel tempo l’aumento di assorbanza a 340 nm, alla temperatura di 37°C. L’attività enzimatica (U/mL) è calcolata sulla base dell’aumento lineare di assorbanza a 340 nm della miscela nel tempo (ΔE/Δt) rispetto ad un bianco preparato con la miscela di saggio sopra descritta nella quale al posto della preparazione enzimatica viene aggiunto un identico volume di acqua. Infatti, nel calcolo dell’attività enzimatica è necessario tenere in considerazione l’aumento di assorbanza causato dall’attività NMN deamidasica endogena, presente negli estratti ricombinanti di E.coli. Per il calcolo dell’attività enzimatica, viene utilizzata la stessa formula descritta nel paragrafo precedente. 36 2.18.3 NAD sintetasi (NadE) Glicerinati di cellule di E.coli BL21 trasformate con i costrutti d’interesse vengono inoculati in terreno liquido LB addizionato di ampicillina (concentrazione finale 0,1 mg/ml). Dopo crescita overnight a 37°C, le precolture vengono inoculate in terreno LB addizionato di ampicillina in modo tale da ottenere una OD600 compresa tra 0,05 e 0,1. Le colture vengono cresciute a 37°C fino al raggiungimento di una OD600 compresa tra 0,5 e 0,8; vengono quindi poste a 25°C e dopo 30 minuti, si procede all’induzione dell’espressione delle proteine aggiungendo IPTG (concentrazione finale 0,4mM). La crescita viene condotta per tutta la notte a 25°C. Le cellule sono quindi raccolte mediante centrifugazione a 5000 g per 10 minuti e i pellet vengono conservati a -20°C. Il pellet viene risospeso nello stesso tampone di lisi usato per la purificazione di PncC e NadD. Dopo sonicazione e centrifugazione, l’estratto grezzo viene caricato su una colonna contenente 1 ml di resina Ni-NTA equilibrata con Tris-HCl 50 mM, pH 7.5, NaCl 0,15 M, imidazolo 10 mM. Dopo un lavaggio con Tris-HCl 50 mM, pH 7.5, NaCl 0,15 M, imidazolo 40 mM, la proteina viene eluita con Tris-HCl 50 mM, pH 7,5, NaCl 0,15 M, imidazolo 250 mM. Il pool costituito dalle frazioni attive viene sottoposto a gel filtrazione su colonna contenente la resina PD10, equilibrata ed eluita con HEPES/KOH 50 mM, pH 7.5, NaCl 0,3 M. Anche in questo caso, ad ogni passaggio delle procedure di purificazione descritte vengono determinate la concentrazione proteica, con il metodo Bradford [61]e l’attività enzimatica mediante il saggio spettrofotometrico continuo. Come per le precedenti attività, un’opportuna quantità della preparazione enzimatica viene aggiunta ad una miscela costituita da Hepes 56 mM pH 7.5, etanolo assoluto 0,5% v/v, semicarbazide 14 mM, MgCl2 11 mM, NH4Cl 4,5 mM, ATP 1 mM, NaAD 1 mM, e ADH. Anche in questo caso andiamo a valutare il NADH che si forma dal NAD andando a misurare nel tempo l’aumento di assorbanza a 340 nm, alla temperatura di 37°C. L’attività enzimatica (U/mL) è calcolata sulla base dell’aumento lineare di assorbanza a 340 nm della miscela nel tempo (ΔE/Δt) rispetto ad un bianco preparato con la miscela di saggio sopra descritta nella quale al posto della preparazione enzimatica viene aggiunto un 37 identico volume di acqua. Infatti, nel calcolo dell’attività enzimatica è necessario tenere in considerazione l’aumento di assorbanza causato dall’attività endogena, presente negli estratti ricombinanti di E.coli. 2.19 Rilevazione e quantificazione dei mononucleotidi mediante saggio in HPLC I livelli intracellulari dei mononucleotidi sono stati determinati mediante la loro conversione a NaAD, sfruttando l’attività degli enzimi NMN deamidasi (PncC) e NaMN adeniltrasferasi (NadD): il primo è responsabile della trasformazione di NMN a NaMN, il secondo della conversione di NaMN a NaAD. A tale scopo 100 μl degli estratti nucleotidici preparati con l’estrazione acida sono stati addizionati a tre miscele di reazione (mix 1, 2, 3) contenente in 150 μl finali tampone fosfato di potassio 100 mM pH 8.0, NaF 10 mM, MgCl2 1 mM, ATP 1 mM, 4 mU di PncC e 4 mU di NadD ricombinanti purificati. In una prima miscela l’estratto nucleotidico è incubato in assenza degli enzimi ancillari e questo ci darà la quantità del NaAD endogeno; nella seconda miscela l’estratto è incubato in presenza di NadD e il NaAD rivelato in questa miscela corrisponderà al NaAD endogeno più quello derivante dall’NaMN. Nella terza miscela l’estratto è incubato con entrambi gli enzimi ancillari, NadD e PncC e qui il NaAD sarà la somma del NaAD endogeno, quello formato dal NaMN e quello formato dall’NMN. Dopo 20 minuti di incubazione a 37°C, le reazioni vengono bloccate aggiungendo un volume di HClO4 1,2 M pari a ½ della miscela di reazione (concentrazione finale HClO 4 0,4 M). Dopo 10 minuti in ghiaccio, le miscele acidificate vengono centrifugate per 5 minuti a 13000 rpm (per allontanare le proteine precipitate) e neutralizzate con K2CO3 0,8 M fino al raggiungimento di un pH pari a 6.0. Un’ulteriore centrifugazione a 13000 rpm per un minuto serve poi a separare i precipitati salini dai sovranatanti che sono stati direttamente sottoposti a cromatografia in HPLC. Per la separazione cromatografica è stata utilizzata una colonna contenente la resina Supelcosil LC-18-S (25 cm x 4 mm), equilibrata in tampone A (fosfato di potassio 0,1 M pH 6.0). L’eluizione è stata effettuata applicando un gradiente 38 discontinuo di metanolo nel tampone A. Il gradiente ha una durata di 35 minuti e il flusso viene mantenuto a 1,3 ml/min. La temperatura alla quale sono state effettuate le corse è 18°C. Il sistema HPLC utilizzato è dotato di un rilevatore diode-array che consente l’analisi del campione nell’intervallo di lunghezze d’onda compreso tra 200 e 350 nm. Le caratteristiche del gradiente, realizzato mescolando in proporzioni diverse il tampone A con il tampone B (tampone A contenente il 20% di metanolo) sono riportate in Tabella 6: Tempo (min) %A %B Durata (min) 0 100 0 - 9,0 88 12 6,0 15,0 55 45 2,5 17,5 0 100 2,5 25,5 100 0 5,0 35,0 END Tabella 6: Caratteristiche del gradiente utilizzato per l'analisi in HPLC. per durata s'intende l'intervallo di tempo che il sistema impiega a raggiungere la composizione della fase mobile indicata nella seconda e terza colonna, a partire dal tempo della corsa cromatografica indicato nella prima colonna. Confrontando l’area del picco dell’ NaAD del campione con l’area del dinucleotide a concentrazione nota (standard), è possibile risalire alle μmoli di NaAD formate nella miscela di reazione. Tenendo conto delle diluizioni a cui viene sottoposta la miscela durante i passaggi di deproteinizzazione e neutralizzazione, si risale all’attività enzimatica espressa in U/mg utilizzando la seguente formula: Ae (U/mg) = N ∙ D / mg proteine ∙ T Dove: N = μmoli di NaAD iniettate D = fattore di diluizione della miscela di reazione T = tempo d’incubazione della miscela di reazione, espresso in minuti mg proteine = quantità di proteine presenti nel campione, espresse in mg. 39 2.20 Saggio ciclico fluorimetrico Al fine di aumentare sia la sensibilità sia la velocità di esecuzione del saggio, il NaAD che si forma a seguito delle reazioni enzimatiche precedentemente descritte, è dapprima convertito a NAD tramite l’enzima NadE, e poi rilevato mediante un saggio ciclico fluorimetrico sviluppato da Graeff and Lee [63]. Brevemente la procedura prevede l’allestimento di tre miscele di reazione (75 μL finali) costituite da estratto nucleotidico del nostro campione, tampone fosfato di potassio 100 mM pH 6.5, NaF 10 mM, MgCl2 1 mM, ATP 2,5 mM, 4 mU di PncC ricombinante che trasforma l’NMN in NaMN e 4 mU di enzima NadD ricombinante che trasforma l’NaMN in NaAD, Hepes 56mM, pH7.5, etanolo assoluto 0,5% (v/v), semicarbazide 14 mM, MgCl2 11 mM ed un eccesso di ADH da S. cerevisiae tale da ridurre tutto il NAD endogeno a NADH. Le miscele di reazione sono incubate a 37°C per 10 minuti e successivamente addizionate con 25 μL di HCl 0,8 M che oltre a stoppare le reazioni, distrugge il NADH, sia quello endogeno sia quello prodotto dall’ADH, che altrimenti contribuirebbe alla fluorescenza. Successivamente, le miscele sono neutralizzate con 25 μL di NaOH 0,8 M per raggiungere un pH pari a 6.0. A 125 μL di queste miscele, si aggiunge un tampone costituito da Hepes 56 mM pH 7.5, etanolo assoluto 0,5% v/v, semicarbazide 14 mM, MgCl2 11 mM, NH4Cl 4,5 mM e l’enzima NAD sintetasi (NadE) al fine di ottenere una stechiometrica conversione di tutto il NaAD a NAD. Viene poi aggiunto il reagente ciclico che contiene: tampone fosfato di sodio 100 mM pH 8.0, etanolo 2%, resazurina 30 μM, FMN 10 μM, ADH da S. cerevisiae 0,1mg/ml in BSA 0,1 mg/ml, diaphorase 0,01 mg/ml. Durante il ciclo si ha la conversione della resazurina nel composto altamente fluorescente resorufina. La reazione di fluorescenza è stata monitorata in un lettore di piastre con eccitazione a 530 nm ed emissione a 590 nm. 40 3 RISULTATI (parte I) 3.1 CE e NDasi di fegato di coniglio e maiale In questa prima parte del lavoro di tesi, abbiamo acquistato due preparazioni commerciali di CE provenienti da fegato di coniglio e maiale; e su questi due enzimi, abbiamo testato sia l’attività CE, che NDasica. Per verificare se ambedue le attività sono a carico dello stesso enzima abbiamo proceduto con prove cromatografiche, in modo osservare la coeluizione o separazione delle due attività. Per la determinazione di entrambe le attività enzimatiche, sono stati allestiti due saggi già descritti nella sezione 2.2, 2.3. Da quest’analisi sono emersi i seguenti risultati riportati in tabella: ESTERASI DA FEGATO DI CONIGLIO (0,83 mg/ml) Nam deamidase 6,6 mU/ml 7,9 mU/mg Carbossilesterase 32,21 U/ml 38,8 U/mg Entrambe le attività sono effettivamente presenti nella preparazione commerciale con rapporto carbossilesterasi/deamidasi stimato pari a ~5000. Con una separazione elettroforetica mediante SDS-PAGE si è osservato come la preparazione commerciale non fosse omogenea elettroforeticamente (fig.15); per tale motivo si è proceduto con una cromatografia a scambio anionico per osservare la coeluizione o separazione delle due attività. RABBIT liver (3ug) RABBIT liver (12ug) STD 97,4 KDa 66,2 KDa 60,0 KDa 45,0 KDa 31 KDa 14,4 KDa Figura 15: SDS PAGE 12% della preparazione commerciale della RLE 41 Dalla cromatografia a scambio anionico, abbiamo raccolto tutte le frazioni eluite, e su ognuna è stata determinata sia l’attività CE che NDasica. Il grafico che segue, mostra come la preparazione commerciale della esterasi da fegato di coniglio, eluisca in un unico picco. Il grosso picco alla fine del gradiente è presente anche nel bianco e quindi ininfluente. mAu λ=280 λ=260 200 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 ml Figura 16: Profilo di assorbanza della cromatografia TSK-DEAE Entrambe le attività coeluiscono nel picco di assorbanza osservato nel profilo. Mentre nelle altre frazioni non è statto osservato nulla. Effettuando un SDS-PAGE delle frazioni raccolte nel picco attivo, si osserva come la preparazione commerciale sia elettroforeticamente omogenea. STD 97,4 KDa 66,2 KDa 45,0 KDa 31 KDa 14,4 KDa Figura 17: SDS PAGE 12% del picco attivo 42 Per la esterasi da fegato di maiale abbiamo seguito lo stesso protocollo della esterasi da fegato di coniglio appena descritto ottenendo i seguenti risultati: ESTERASI DA FEGATO DI MAIALE (13,5 mg/ml) Nam deamidase 104 U/ml 8 mU/mg Carbossilesterase 1659 U/ml 122,9 U/mg Anche in questo caso, entrambe le attività sono effettivamente presenti nella preparazione commerciale ma con rapporto carbossilesterasi/deamidasi molto più alto pari a ~15000. PORCINE LIVER (16.5ug/ul) STD 97,4 KDa 66,2 KDa 60,0 KDa 45,0 KDa 31 KDa 14,4 KDa Figura 18: SDS PAGE 12% della preparazione commerciale della PLE Anche la preparazione enzimatica da fegato di maiale non è omogenea in elettroforesi. Cerchiata, la banda attesa di ~60000 Da come per la precedente. Anche per questa preparazione commerciale, abbiamo effettuato una TSK-DEAE ed anche in questo caso, abbiamo osservato come per la esterasi di coniglio, anche in quella di maiale entrame le attività coeluiscano in un unico picco di assorbanza. 43 30 280nm 260nm 25 ml 20 15 10 5 0 -5 0 20 40 60 80 mAu Figura 19: Profilo di assorbanza della cromatografia TSK-DEAE 3.2 Determinazione della Km su RLE e PLE Entrambe le preparazioni enzimatiche commerciali di RLE e PLE, sono state utilizzate per la determinazione del parametro cinetico Km, nei confronti del p-NPA e Nam. Il valore di tale parametro può essere utile per comprendere meglio se tale attività enzimatica ha un significato fisiologico. Per l’analisi cinetica della reazione catalizzata dalla RLE, l’attività è stata determinata con il saggio spettrofotometrico continuo variando la concentrazione del substrato p-NPA. Sono state utilizzate le seguenti concentrazioni: 13,2 μM, 20,4 μM, 30 μM, 30,72 μM, 45,6 μM, 60,48 μM, 80,4 μM, 80,64 μM, 100,8 μM, 120 μM, 149,76 μM. In figura è riportato il grafico della velocità della reazione in funzione della concentrazione del substrato e il grafico dei doppi reciproci. 44 A B Grafico 1: A. Grafico lineare diretto di Eisental e Cornish-Bowden. B. Grafico di Lineweaver-Burk per la RLE Il grafico 1 mette in evidenza come l’enzima carbossilesterasi segua la cinetica di Michaelis-Menten, in quanto la curva rappresentata un ramo di iperbole. Tale comportamento è confermato dal grafico dei doppi reciproci, in cui i dati sperimentali danno origine ad una retta intersecante l’asse delle ascisse (grafico 1). Dai dati grafici è stata calcolata una Km di 28,67 μM. I risultati da noi ottenuti sono in accordo con i valori riportati in letteratura [33] [30]. Per la determinazione della Km per le PLE, come per la RLE, è stato utilizzato il saggio spettrofotometrico in continuo e le concentrazioni di substrato utilizzate per il saggio, vanno da una concentrazione di 38.6 μM fino a ~1800 μM. In figura è 45 riportato il grafico della velocità della reazione in funzione della concentrazione del substrato e il grafico dei doppi reciproci. A B Grafico 2: A Grafico lineare diretto di Eisental e Cornish-Bowden. B. Grafico di Lineweaver-Burk per la PLE Anche in questo caso, il grafico 2 mette in evidenza come l’enzima carbossilesterasi segua la cinetica di Michaelis-Menten, in quanto la curva rappresentata un ramo di iperbole. Dai dati grafici è stata calcolata una K m di 259,72 μM. I risultati da noi ottenuti sono in accordo con i valori riportati in letteratura [64] [65]. 46 Per l’analisi cinetica della reazione catalizzata dalla NDasi di coniglio e di maiale, l’attività è stata determinata con il saggio HPLC discontinuo, come descritto nella sezione 2, variando la concentrazione del substrato Nam. Per la determinazione della Km di coniglio le concentrazioni di substrato vanno da 2.352 mM fino a 142.36 mM. Nam Deamidase from Rabbit Liver 0.05 0.04 v 0.03 0.02 0.01 0.00 0 25 50 75 100 125 150 [Nam] A Lineweaver-Burk Nam Deamidase from Rabbit Liver 500 1/v 400 300 200 100 0 0.0 B 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 1/[Nam] Grafico 3: A Grafico lineare diretto di Eisental e Cornish-Bowden. B. Grafico di Lineweaver-Burk per la RLE Il grafico 3 mette in evidenza come l’enzima segua la cinetica di Michaelis-Menten, in quanto la curva rappresentata un ramo di iperbole. Dai dati grafici è stata calcolata una Km di 51,91 mM. Da questa analisi emerge che mentre per la 47 Carbossilesterasi (from Rabbit Liver), che ha una Km di ~30 μM, lavoriamo a Vmax nei saggi di reazione, per la Nam Deamidase, non lavoriamo a Vmax, ma lavoriamo intorno alla Km. Per la determinazione della Km di maiale, le concentrazioni di substrato vanno da 4,47 mM fino a 272,86 mM. Nam Deamidase from PORCINE LIVER 0.07 0.06 0.05 v 0.04 0.03 0.02 0.01 0.00 0 100 200 300 [Nam] A Lineweaver-Burk Nam Deamidase from Porcine Liver 600 500 1/v 400 300 200 100 0 0.0 B 0.1 0.2 0.3 1/[Nam] Grafico 4: Grafico lineare diretto di Eisental e Cornish-Bowden. B. Grafico di Lineweaver-Burk Anche in questo caso l’enzima segue la cinetica di Michaelis-Menten, come mostrato dai grafici. Dalle prove è stato calcolato un valore di Km di 225,7 mM. Da questi valori di Km emerge essendo questi valori così alti, probabilmente potrebbero non avere un significativo ruolo fisiologico all’interno della cellula. 48 3.3 Mutagenesi pcDNA 3.1/hCE-1b Dopo aver dimostrato che entrambe le attività enzimatiche della CE e NDasi sono a carico dallo stesso enzima, si è deciso di passare allo studio dell’enzima umano. Il glicerinato contenente la sequenza della carbossilesterasi umana isoforma b è stato rimesso in crescita e successivamente mandato a sequenziare. Dall’analisi di sequenza effettuata sul plasmide in nostro possesso, ci siamo accorti della presenza di una mutazione sul nucleotide 1522: è sostituita la citosina in posizione 1522, che invece è presente in tutte le numerose sequenze in banca dati. Figura 20: Sequenza nucleotidica della hCES1b allineata con la sequenza nucleotidica della rCES Confrontando la sequenza della carbossilesterasi umana con quella di coniglio, della quale si conosce anche la struttura cristallografica [60], ci si è accorti che: 1. Questa citosina sostituita determina lo scambio di un aminoacido con uno completamente diverso. 2. Inoltre, questo aminoacido sostituito è in una posizione vicina al sito attivo e potrebbe essere importante per l’attività. 49 Dopo aver effettuato una mutagenesi per introdurre il nucleotide corretto, ed esserci accertati che la mutazione ha avuto esito positivo, decidiamo di procedere con la trasfezione transiente del costrutto ricombinante pcDNA/hCE-1b in cellule di COS-7. Al termine della trasfezione transiente, il lisato cellulare delle cellule trasfettate, è stato caricato su una colonnina Ni-NTA, che lega saldamente le proteine con code istidiniche permettendo la purificazione della proteina ricombinante. L’avvenuta espressione della proteina nelle cellule è stata determinata mediante rivelazione in immunitaria della membrana PVDF sulla quale sono state immobilizzate le proteine di cellule trasfettate e di cellule di controllo, cioè non trasfettate, e mostra la presenza di un’unica banda, del peso molecolare atteso, solo in corrispondenza delle cellule trasfettate. CP CT STD Figura 21: Immunoblotting di lisato di cellule COS7 non trasfettate (CT) e di lisato di cellule COS7 trasfettate con hCES1b (CP) L’espressione della proteina è stata confermata anche mediante rivelazione dell’attività CE che è risultata essere: COS7 trasfettate COS7 non trasfettate CE 0,9415 U/ml 0,2482 U/mg NDasi ND ND CE 0,010 U/ml - NDasi ND ND Nello stesso campione non è stata rilevata alcuna attività NDasica a causa della scarsità del materiale di partenza. I saggi di attività sono stati allestiti come descritti nella sezione 2.2, 2.3. 50 Il lisato di cellule trasfettate, purificato attraverso la Ni-NTA, è stato successivamente dializzato con la colonna PD-10 con lo scopo di allontanare l’imidazolo utilizzato per staccare la proteina ricombinante dalla resina di affinità Ni-NTA, in quanto si è visto che l’imidazolo determina l’autoidrolisi del p-NPA [61], impedendoci in questo modo di determinare correttamente l’attività della CE. Gli stessi campioni sono stati caricati su gel per vedere l’eventuale presenza di proteina ricombinante: CP STD 1,6 μg di CAMPIONE CARICATO 97,4 KDa 60,0 KDa 66,2 KDa 45,0 KDa 31 KDa 14,4 KDa Figura 22: SDS-PAGE al 12% di lisato di cellule COS7 trasfettate Come ulteriore prova che la proteina purificata era effettivamente la hCE1b, abbiamo effettuato un esperimento di proteolisi limitata e sequenziati alcuni frammenti ottenuti. Figura 23: SDS-PAGE 12% della hCE1b sottoposta a proteolisi limitata 51 La sequenza dei frammenti cerchiati ha dato il seguente risultato: HPSSPPVVD Abbiamo cercato questa sequenza all’interno di quella della Carboxylesterase 1 isoform b precursor trovando un riscontro positivo: Carboxylesterase 1 isoform b precursor [Homo sapiens] >gi|68508965|ref|NP_001020365.1| carboxylesterase 1 isoform b precursor [Homo sapiens] MWLRAFILATLSASAAWGHPSSPPVVDTVHGKVLGKFVSLEGFAQPVAIFLGIPF AKPPLGPLRFTPPQPAEPWSFVKNATSYPPMCTQDPKAGQLLSELFTNRKENIP LKLSEDCLYLNIYTPADLTKKNRLPVMVWIHGGGLMVGAASTYDGLALAAHENVV VVTIQYRLGIWGFFSTGDEHSRGNWGHLDQVAALRWVQDNIASFGGNPGSVTIF GESAGGESVSVLVLSPLAKNLFHRAISESGVALTSVLVKKGDVKPLAEQIAITAGC KTTTSAVMVHCLRQKTEEELLETTLKMKFLSLDLQGDPRESQPLLGTVIDGMLLL KTPEELQAERNFHTVPYMVGINKQEFGWLIPMQLMSYPLSEGQLDQKTAMSLLW KSYPLVCIAKELIPEATEKYLGGTDDTVKKKDLFLDLIADVMFGVPSVIVARNHRD AGAPTYMYEFQYRPSFSSDMKPKTVIGDHGDELFSVFGAPFLKEGASEEEIRLSK MVMKFWANFARNGNPNGEGLPHWPEYNQKEGYLQIGANTQAAQKLKDKEVAF WTNLFAKKAVEKPPQTEHIEL La sequenza: MWLRAFILATLSASAAWG costituisce il peptide segnale che probabilmente la cellula produce e taglia dopo che il peptide è stato sintetizzato. Il peptide segnale è una breve sequenza amminoacidica, costituita da circa 20-40 residui, in massima parte idrofobici, che permette il corretto smistamento delle proteine sintetizzate dalla cellula. In genere è localizzato all'estremità N-terminale della proteina, anche se, in alcune proteine, è stato riscontrato a livello del Cterminale. Rappresenta, dunque, la prima porzione della proteina ad essere sintetizzata (la sintesi proteica procede infatti in direzione N-ter/C-ter) e quindi a fuoriuscire dal ribosoma. Esso viene riconosciuto da una particolare nucleo-proteina, la particella di riconoscimento del segnale (RSP) la quale presenta, inoltre, domini di riconoscimento per specifiche proteine di superficie del RE. In tal modo, non appena il peptide segnale fuoriesce dal ribosoma, viene legato dalla RSP che, 52 interagendo con le proteine del RE, trascina con sè, sulla superficie del RE, il complesso proteina-ribosoma, dando in tal modo origine al RE ruvido. Una volta sulla membrana del RE, la proteina nascente viene fatta entrare nel lume del reticolo, grazie a canali proteici ottenuti dall'assemblaggio di più sub-unità proprio a seguito dell'arrivo del complesso proteina-ribosoma. La superficie interna di questi canali è costituita in massima parte da residui amminoacidici idrofobici che possono interagire con i residui idrofobici del peptide segnale. In tal modo la proteina penetra, man mano che viene sintetizzata, nel lume del RE, mentre la sua estremità N-terminale rimane adesa al canale. Terminata la sintesi della proteina, specifiche peptidasi, localizzate sul versante luminale della membrana del RE, scindono il peptide segnale permettendo il rilascio completo della proteina nel lume del RE, dove subirà diverse trasformazioni post-traduzionali (es. la glicosilazione). Purtroppo a causa della scarsità di materiale a disposizione, nonostante numerosi tentativi per aumentare la quantià di materiale prodotto dalle cellule, non si è riusciti a determinare l’attività NDasica della proteina ricombinante in cellule di COS7. 53 4 RISULTATI (parte II) 4.1 Studio sulle vie biosintetiche del NAD Nella seconda parte del lavoro di tesi abbiamo iniziato la messa a punto di un saggio per la determinazione delle attività degli enzimi chiave delle vie biosintetiche amidate e deamidate del NAD. Il principio del saggio è schematizzato in figura: I prodotti delle reazioni catalizzate da questi enzimi sono NMN e NaMN. L’NaMN è convertito in NaAD usando l’ NaMN adeniltrasferasi ricombinante (NadD), il quale mostra una stretta specificità per il mononucleotide deamidato e catalizza la sua adenilazione in modo ATP-dipendente. L’ NMN è convertito a NaAD in due reazioni consecutive: la prima prevede la sua deamidazione a NaMN ad opera dell’ NMN deamidasi ricombinante (PncC), la seconda consiste nell’adenilazione dell’ NaMN a NaAD catalizzata da NadD. La completa conversione dei mononucleotidi a NaAD è assicurata dall’irreversibilità della reazione catalizzata da PncC, dall’utilizzo di un eccesso di ATP che sposta l’equilibrio della reazione NadD-dipendente verso la formazione dell’ NaAD e dalla stretta specificità di substrato dell’enzima NadD. Una volta formato, il NaAD viene quantificato mediante analisi HPLC o convertito a NAD mediante la NAD sintetasi ricombinante da E.coli (NadE). Il NAD così formato viene rilevato attraverso il saggio ciclico fluorimetrico sviluppato da Graeff e Lee [63] che prevede due reazioni enzimatiche: nella prima reazione l’alcol deidrogenasi da S.cerevisiae 54 riduce il NAD a NADH, nella seconda reazione la diaforasi da C.kluyveri riossida il NADH a NAD con la simultanea conversione della resazurina nel composto altamente fluorescente resorufina. 4.2 Conversione dell’NaMN e NMN in NaAD e quantificazione mediante HPLC L’analisi diretta dei mononucleotidi mediante HPLC è ostacolata dalla loro scarsa capacità di legarsi alla fase stazionaria apolare delle colonne cromatografiche che operano in fase inversa e quindi dalla loro tendenza ad eluire insieme ad altre molecole nel volume escluso. Al contrario, l’ NaAD si lega fortemente alla resina ed eluisce con la fase mobile polare, consentendo di utilizzare un gradiente e quindi di trovare le condizioni migliori per una risoluzione ottimale. In aggiunta l’NaAD ha un coefficiente di estinzione molare 3,8 volte maggiore di quello dei mononucleotidi. Il metodo è stato inizialmente sviluppato per valutare la concentrazione intracellulare dei mononucleotidi NaMN e NMN. I livelli dei mononucleotidi sono stati analizzati come descritto in Materiali e Metodi. L’intera procedura è schematizzata in Figura 24. 55 Figura 24: Schema della procedura utilizzata per la determinazione dell’NMN e dell’NaMN descritta nella sezione Materiali e Metodi. In basso è rappresentata parte del cromatogramma dell'analisi in HPLC dove viene mostrato il picco dell’ NaAD formato nelle tre miscele di reazione. Al fine di verificare la stechiometrica conversione dei mononucleotidi in NaAD, quantità note di NMN e NaMN, in un range da 0,2 a 1,0 nmoli, sono state convertite a NaAD e il dinucleotide formato è stato quantizzato in HPLC. 56 Come mostrato in figura i mononucleotidi sono stati completamente convertiti in NaAD in 5 minuti, usando 4 mU di PncC e NadD. È stata inizialmente valutata l’accuratezza del metodo per l’estrazione dei mononucleotidi utilizzando cellule Hep G2 e C6. A tale scopo quantità note di NaMN ed NMN sono state aggiunte agli estratti nucleotidici delle cellule preparati mediante estrazione acida o etanolo bollente, come descritto nella sezione 2. Il recupero è stato determinato calcolando la differenza tra i campioni con lo spike e quelli senza spike. Entrambi i metodi estrattivi danno risultati simili, con un recupero in un intervallo compreso tra il 90% e 96%. L’estrazione acida è più rapida rispetto all’estrazione con etanolo; quest’ultima però rappresenta anche uno step di concentrazione e può essere conveniente usarla quando si trattano campioni diluiti. Il limite di rilevazione del saggio in HPLC è 3 pmoli di NaAD iniettate, che corrispondono a 4,5 pmoli di NMN o NaMN nella miscela di reazione. La sensibilità del metodo è 0,4 pmol mononucleotidi/mg di pellet cellulare. L’analisi è stata applicata ad estratti nucleotidici acidi di Hep G2 e C6 e i risultati sono mostrati in tabella. 57 C6 Rattus Hep-G2 pmoli/mg NaAD 0,4 ≤ 0,4 NaMN 1,44 0,52 NMN 1,12 8,2 Si osserva che negli astrociti i livelli di NaMN e NMN sono molto simili. Nelle cellule epatiche invece i livelli di NMN sono significativamente più alti di quelli dell’ NaMN. Questi risultati suggeriscono che negli epatociti la biosintesi del NAD avvenga preferenzialmente attraverso la via amidata Nam -> NMN -> NAD, mentre negli astrociti anche la via deamidata Na -> NaMN -> NaAD -> NAD potrebbe contribuire in maniera significativa alla sintesi del NAD. 4.3 Conversione dell’NaAD a NAD e quantificazione mediante saggio ciclico fluorimetrico Per aumentare la sensibilità ed esecuzione del saggio al fine di usarlo per la determinazione dell’attività enzimatica degli enzimi responsabili della biosintesi dell’ NMN e NaMN, il NaAD che si forma nella miscela di reazione viene misurato dopo la sua conversione a NAD mediante il saggio ciclico fluorimetrico, come descritto in materiali e metodi. La linearità del saggio è stata valutata usando differenti concentrazioni di NMN, NaAD e NAD in un intervallo compreso tra 0,5 e 3 pmol. Come mostrato in figura sia la fluorescenza che la linearità del saggio sono simili per i tre nucleotidi: ciò indica che la conversione dell’NMN in NaAD e NAD è stechiometrica e la presenza degli enzimi ancillari non influisce sulla fluorescenza. 58 59 5 CONCLUSIONI (parte I) La Nam, conosciuta anche come niacinamide è l’amide dell’acido nicotinico. La Nam è una vitamina idrosolubile che fa parte del gruppo delle vitamine B. La Na, conosciuto anche come niacina, è convertito a Nam, in vivo, e, se le due sono identiche per la funzione vitaminica, la Nam non ha gli stessi effetti farmacologici della niacina. Nelle cellule la niacina è annessa nel NAD e NADP. NAD+ e NADP+ sono coenzimi in un’ampia varietà di reazioni enzimatiche di ossidoriduzioni. L’importanza di tale vitamina nella dieta è stata messa in evidenza 70 anni fa dalla scoperta che la sua carenza nel regime alimentare era responsabile dello sviluppo della pellagra umana. Il NAD+, infatti, può essere descritto come un anello nicotinamidico, legato attraverso un legame -N-glicosidico al C-1 del ribosio di un residuo adenosindifosforibosilico. Tale legame viene scisso, in reazioni non-redox NAD dipendenti, da enzimi implicati in importanti processi cellulari quali il CD38, le PARPs e le sirtuine, con la conseguente liberazione di Nam e metaboliti vari, quali rispettivamente cADPR, ADP-riboso, e O-acetil-ADP-riboso, implicati nei meccanismi di trasduzione del segnale. Questi enzimi, utilizzando il NAD come substrato e quindi producendo un consumo effettivo della molecola, contribuiscono alla modulazione della maggior parte del pool cellulare del dinucleotide piridinico; tale attività degradativa è a sua volta regolata dalla Nam, il prodotto comune di tutte le reazioni sopra citate. E’ stato dimostrato, infatti, che la Nam è un inibitore potente degli enzimi che degradano il NAD. Poiché le costanti d’inibizione (Ki) della Nam per tali enzimi è dell’ordine micromolare, le variazioni anche minime della concentrazione di tale molecola possono influire su processi cellulari significativi. Inoltre, la Nam svolge importanti funzioni anche dal punto di vista farmacologico. La somministrazione di dosi anche 100 volte più elevate rispetto al fabbisogno giornaliero come vitamina (15-20 mg/giorno) è utilizzata, o si trova in fase di studio preclinico, per la cura di diverse patologie quali tubercolosi, AIDS, diabete, malattie neurodegenerative. Sebbene i meccanismi molecolari dell’azione della Nam in queste patologie devono ancora essere delucidati in dettaglio, l’ effetto 60 benefico di questo nucleotide piridinico, in alcune di queste patologie, sembra essere consistente con un meccanismo nel quale la Nam inibisce gli enzimi implicati nel catabolismo del NAD. Uno degli enzimi oggetto del presente lavoro è la nicotinamide deamidasi. Il gene per tale enzima è stato identificato nei procarioti e negli eucarioti mono e pluricellulari (S. Cerevisiae e C. Elegans). Mentre i dati bioinformatici supportano la tesi che tale gene non esiste nell’uomo in quanto non è stato trovato un omologo umano, alcuni lavori in letteratura riportano la presenza dell’attività nicotinamide deamidasica in alcuni tessuti di mammiferi quali il ratto, il coniglio e l’uomo. In un precedente lavoro è stato purificato ad omogeneità l’enzima dotato di attività NDasica da fegato di coniglio; la sequenza di tale enzima ha rilevato che si trattava in realtà della CES. Le carbossilesterasi sono enzimi che svolgono un ruolo importante nel metabolismo e nella detossificazione di numerosi composti endogeni e xenobiotici. Tali enzimi, idrolizzano il legame di un’ampia varietà di esteri carbossilici, tra cui numerosi composti analgesici e narcotici quali aspirina, cocaina, eroina ecc. E’ stato rilevato inoltre che possono svolgere anche un’attività deamidasica nei confronti di ammidi aromatiche. In questo progetto di ricerca, abbiamo confermato che la CES da mammifero è in grado di deamidare la Nam ad Na, usando preparazioni commerciali di esterasi di fegato di coniglio e di maiale. Attraverso dei saggi enzimatici si è osservato come tali enzimi siano in grado di catalizzare sia la reazione di rottura dell’estere carbossilico nel corrispondente alcol ed acido carbossilico, sia la reazione di deamidazione della Nam ad Na. Per essere certi che è lo stesso enzima a catalizzare entrambe le reazioni, attraverso delle prove cromatografiche, abbiamo osservato la coeluizione di ambedue le attività (carbossilesterasica e deamidasica) in un unico picco di assorbanza. Lo studio della cinetica di queste due preparazioni enzimatiche nei confronti della Nam, ha mostrato dei valori di Km molto alti, il che ci farebbe escludere un possibile ruolo fisiologico dell’enzima. L’obiettivo successivo è stato quello di valutare se anche la CES umanana fosse dotata di attività nam deamidasica. 61 Nell’uomo la proteina omologa alla CE di coniglio, hCE1 (identità di sequenza con rCE = 81%) è codificata dal gene CES-1 che può dare origine a 3 isoforme (a,b,c). Per dimostrare che tale enzima è responsabile dell’attività deamidasica è stata tentata l’espressione della proteina in sistemi di espressione eucariotici quali le cellule di mammifero COS7 allo scopo di produrre la proteina con le necessarie modifiche post-traduzionali, quali la glicosilazione, indispensabile per una corretta funzionalità enzimatica. Tuttavia, non è stata ottenuta una quantità sufficiente di proteina idonea agli studi necessari. Va sottolineato che per rilevare l’attività deamidasica della CE umana è stata utilizzata un’alta concentrazione di Nam(100 mM) in accordo con il valore della Km per la Nam riportato in letteratura pari a 40 mM. L’alto valore di K m indica un’attività deamidasica non significativa da un punto di vista fisiologico, a sostegno dell’ ipotesi che nei mammiferi, la via di deamidazione della Nam a Na è assente. L’unica eccezione può essere rappresentata da una certa attività deamidasica svolta nell’intestino dai batteri commensali che potrebbe contribuire al salvage della Nam dell’ospite. Tuttavia, non si può escludere che l’attività enzimatica sia sottoposta a regolazione. Nel tentativo di individuare un eventuale effettore di tale attività, potrebbe essere interessante continuare ad indagare sull’ipotesi che la carbossilesterasi umana possa avere anche attività Nam deamidasica e svolgere quindi un ruolo importante anche nel metabolismo di questa vitamina. I risultati ottenuti nella prima parte della tesi, suggeriscono l’assenza di una significativa attività Nam deamidasica in cellule di mammifero. Nei mammiferi è anche assente l’omologo dell’enzima NMN deamidasi che è stato recentemente identificato nei batteri. Sembra quindi che non esista nessuna connessione tra la via amidata verso quella deamidata per la sintesi del NaAD. 62 6 CONCLUSIONI (parte II) Le due forme mononucleotidiche della vitamina B 3, il nicotinato mononucleotide (NaMN) e la sua forma amidata, nicotinamide mononucleotide (NMN), vengono sintetizzate nella cellula a partire dalle tre forme della vitamina B3: acido nicotinico (Na), nicotinammide (Nam) e nicotinammide riboside (NamR). I due mononucleotidi sono intermedi della biosintesi del coenzima NAD; mentre l’NMN viene direttamente convertito nel coenzima NAD; l’NaMN viene dapprima adenilato nel corrispondente dinucleotide NaAD che successivamente viene amidato a NAD. Negli ultimi anni, l’NMN è stato oggetto di particolari studi in quanto si è osservato che la sua somministrazione ripristina significativamente i livelli di NAD nel fegato e nel tessuto adiposo di topi diabetici dove si sono ridotti, migliorando la tolleranza al glucosio [66] e ripristina la secrezione d’insulina in topi alimentati con una dieta ad alto contenuto di fruttosio [67]. Inoltre, è stato dimostrato che stimola la proliferazione delle cellule della muscolatura lisca vascolare, contribuendo al rimodellamento della parete del vaso sanguigno in seguito a danneggiamento [68]. In un altro lavoro è riportato che l’NMN svolge un ruolo protettivo anche nel sistema nervoso; è stato infatti dimostrato che è in grado di ridurre i danni cerebrali indotti da ischemia [69]. L’attenzione nei confronti di questo mononucleotide, porta con sè la necessità di avere a disposizione un saggio semplice e sensibile per la determinazione dei suoi livelli in campioni di varia natura. I metodi riportati in letteratura per la rivelazione dei mononucleotidi sono basati sulla separazione in HPLC e rivelazione in UV [70], separazione in HPLC seguita da analisi in spettrometria di massa (LC/MS/MS ANALYSIS) [71] e cromatografia in HPLC dopo derivatizzazione dell’NMN in un composto fluorescente [72]. In alcuni casi, questi metodi hanno dato risultati contrastanti, ad esempio, per la determinazione dell’NMN nel siero, il quale è risultato essere 80-90 μM quando determinato mediante cromatografia HPLC e rivelazione in UV, e inferiore a 50 nM con la LC/MS/MS ANALYSIS. 63 L’obiettivo di questo lavoro, è stato quello di mettere a punto un saggio sensibile, ma anche accurato, rapido e possibilmente meno costoso di quelli sopra citati, che potesse essere applicato anche alla determinazione degli enzimi della via biosintetica del NAD che catalizzano la formazione dell’NMN e dell’ NaMN. Il nostro saggio prevede la trasformazione dei mononucleotidi a NaAD e la successiva quantificazione del dinucleotide mediante HPLC. Gli enzimi utilizzati per le reazioni sono coinvolti nella biosintesi del NAD nei batteri e tutti vengono utilizzati in forma ricombinante ed hanno delle peculiari proprietà catalitiche. PncC è stata identificata e caratterizzata per la prima volta nel nostro laboratorio. NadD è specifico per l’NaMN. Per aumentare la sensibilità e velocità di esecuzione del saggio, il NaAD viene trasformato a NAD e quest’ultimo viene rivelato mediante un saggio ciclico fluorimetrico già descritto in letteratura [63]. In conclusione: utilizzando gli enzimi della biosintesi del NAD nei batteri, abbiamo messo a punto un saggio per la contemporanea rivelazione dei mononucleotidi piridinici. Nella seconda parte del mio lavoro di tesi, è stato iniziato lo sviluppo di un saggio per la determinazione delle attività degli enzimi chiave delle diverse vie (amidata e deamidata). Si tratta di un saggio che fa uso di enzimi ancillari di origine batterica che convertono i prodotti delle reazioni catalizzate dagli enzimi di interesse (NMN e NaMN) in NaAD. Quest’ultimo viene poi valutato mediante un saggio ciclico fluorimetrico. La messa a punto del saggio ha previsto inizialmente l’ottimizzazione della procedura per la quantizzazione dei mononucleotidi NaMN e NMN. 64 Bibliografia [1] F. Li, Z. Z. Chong and K. Maiese, “Cell life versus cell longevity: the mysteries surrounding the NAD+ precursor nicotinamide,” Curr. Med. Chem., no. 13, pp. 883-895, 2006. [2] H. D. Turner JB, «THE ABSORPTION OF SOME B-GROUP VITAMINS BY SURVIVING RAT INTESTINE PREPARATIONS,» Q.J. EXP. PHYSIOL. COGN. MED. SCI., vol. 47, pp. 107-33, 1962. [3] C. Bernofsky, "Physiology aspects of pyridine nucleotide regulation in mammals," Mol. Cell Biochem., no. 33, pp. 135-143, 1980. [4] I. A. H. O. IJICHI H, «STUDIES ON THE BIOSYNTHESIS OF NICOTINAMIDE ADENINE DINUCLEOTIDE. 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